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CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 13:12
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20/08/2016 04:35
 
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San Bernardo Tolomei Fondatore degli Olivetani

20 agosto


Siena, 1272 - 20 agosto 1348



Giovanni (questo il nome di battesimo) si unisce ai Disciplinanti di Santa Maria, sodalizio di laici dediti alla preghiera e alla carità. Sui 40 anni la svolta: lascia tutto e si ritira fuori città, ad Accona, campagna deserta e incolta tra collinette di creta. Qui lui e alcuni amici si scavano grotte per vivere da eremiti.
Dopo qualche anno, gli eremiti decidono di unirsi, vivendo in comunità sull’altura di Monte Oliveto, presso Buonconvento, a sudest di Siena. Qui nasce nel 1319 il monastero di Santa Maria, con la Regola benedettina. Bernardo fa eleggere come primo abate il suo amico Patrizio Patrizi, ma poi dovrà obbedire ai monaci, che vogliono lui per capo fino alla morte. Intanto è chiamato a fondare una decina di altri monasteri. E così si ritrova inaspettatamente fondatore e capo di un Ordine religioso, coi suoi “monaci bianchi”, presenti sempre a Monte Oliveto anche all’inizio del Terzo Millennio, fedeli alla Regola benedettina del pregare e lavorare, coltivando una spiritualità mariana che orienterà anche altre famiglie religiose, e impegnati in un’attività culturale di vasta influenza in Italia e in Europa.

Martirologio Romano: A Siena, transito del beato Bernardo Tolomei, abate, che, fondatore della Congregazione Olivetana sotto la regola di san Benedetto, si applicò con premura all’osservanza della disciplina monastica e, durante una epidemia di peste diffusasi in tutta l’Italia, morì presso i monaci di Siena che ne erano stati colpiti.








Ha aspettato 661 anni per vedersi proclamare santo: vicende storiche e l’incessante scorrere dei secoli hanno pesato sulla sua causa di canonizzazione, al punto che solo domenica 26 aprile il Papa ha potuto dichiarare santo Giovanni Bernardo Tolomei, il fondatore degli Olivetani. Nasce il 10 maggio 1272 a Siena e viene battezzato con il nome di Giovanni; la sua è una delle famiglie più nobili e potenti della città, e questo potrebbe fare la differenza tra noi e lui; ma la crisi politica, economica e morale che caratterizza il periodo in cui vive lo rende straordinariamente nostro contemporaneo, a dimostrazione che nulla di nuovo avviene sotto il sole e, soprattutto, che in qualsiasi momento si può fare della nostra vita un capolavoro d’amore. Un brillante percorso scolastico e una memoria prodigiosa fanno di lui, ancora giovanissimo, uno dei docenti di Giurisprudenza nella prestigiosa università senese. Sono stati invece i domenicani della città a trasfondergli una fede autentica, una carità operosa e un grande amore per la preghiera: virtù che non lo abbandonano, anche quando si lascia avvolgere dai fasti di una vita spensierata e gaudente. In età matura attraversa una crisi religiosa, dalla quale emerge con fatica. Tutto inizia con una misteriosa malattia agli occhi, che peggiora al punto da portarlo alla completa cecità; unico barlume di speranza, in questo periodo buio dentro e fuori di lui, resta quello che ha imparato dai Domenicani e che lo porta a promettere di donarsi interamente a Dio se solo potrà recuperare la vista. Che prodigiosamente ritorna, almeno in quantità tale da permettergli una vita autonoma e da consentirgli, alla soglia dei 40 anni, di adempiere il suo voto. Ma non dai Domenicani (ai quali pure deve tanta riconoscenza) e neppure in una delle congregazioni già esistenti: le tante crisi che agitano il Trecento e forse anche il ricordo dei suoi recenti anni troppo gaudenti, gli impongono di cercare Dio nella solitudine, nella preghiera e nella contemplazione. È così che, insieme ad un paio di amici, nobili e ricchi come lui, e come lui desiderosi di incontrare Dio, si rifugia in una proprietà della sua famiglia, ricca di rovi e di vecchi ulivi, da dissodare e disboscare. Quei giovanotti, con le mani ben curate e senza calli, faticano ad adattarsi a quei lavori manuali, ma compiono progressi straordinari sulla strada che porta a Dio. E sono contagiosi, perché attirano, con il loro esempio e con la loro vita austera, tanti altri. La comunità cresce, arricchita da “nobili e ignobili”, come dicono le cronache del tempo: cioè dai figli delle famiglie nobili come da quelli delle famiglie proletarie: vivono in fraternità, secondo lo spirito delle prime comunità cristiane, mettendo tutto in comune e lavorando per vivere; come cella non hanno altro che le grotte di cui la zona è ricca. La gelosia finisce anche per lambire questa straordinaria comunità penitente e orante, facendo circolare voci malevoli. Arrivano i legati di papa Giovanni XXII, mandati a controllare cosa ci sia di vero, e devono ammettere che tutto funziona; solo si raccomandano che la nuova comunità, viste le proporzioni che sta assumendo, si dia una regola, scegliendola tra quelle esistenti e già approvate dalla Chiesa. Nasce così la congregazione e il monastero di Santa Maria del Monte Oliveto: la Regola cui si rifanno è quella di San Benedetto, il loro abito è di colore bianco in onore della Madonna e Giovanni Tolomei sceglie il nome di Bernardo, in onore dell’abate di Chiaravalle, anch’ egli innamorato di Maria. Non accetterà mai di essere ordinato prete giudicandosene indegno e accontentandosi di essere semplice diacono; come non accetterà per lungo tempo di essere abate del monastero che ha fondato: ufficialmente, dice, per i suoi problemi di vista e per le sue incapacità; in realtà, per l’umiltà che gli impone di essere l’ultimo di tutti e al servizio di tutti. Quando capisce che l’essere abate è il modo vero per mettersi a completo servizio dei confratelli, accetta anche questa nomina, diventando il modello dei monaci. Che crescono di numero, come i monasteri che bisogna aprire ovunque, e che in quella carica lo riconfermano, ogni anno, per 26 anni, praticamente fino alla morte. La peste nera del 1348 mette alla prova la coerenza e la carità di Fra Bernardo e dei suoi monaci: non solo li manda a curare gli appestati, ma lui stesso scende a Siena per incoraggiarli e sostenerli. Muoiono a decine (almeno 80) e anche Fra Bernardo ne è contagiato. Muore di peste il 20 agosto, vittima dell’amore che non solo ha insegnato, ma concretamente esercitato. Fino al dono completo di sé.

Autore: Gianpiero Pettiti

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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