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CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 13:12
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12/09/2015 07:25
 
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Sant’ Autonomo Vescovo e martire

12 settembre




Martirologio Romano: In Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Autonomo, vescovo e martire.







È sconosciuto agli antichi martirologi. Gli Acta s. Autonomi, che sembrano redatti sotto l'imperatore Giustino (518-527), non meritano credito. Secondo essi, Autonomo nacque in Italia dove ricevette anche l'episcopato. In seguito alla persecuzione di Diocleziano si rifu­giò in Bitinia, eleggendo a centro della sua atti­vità una località chiamata Sorea, non ancora iden­tificata, donde svolse un intenso apostolato per tutta l'Asia Minore e dove innalzò una cappella in onore di s. Michele. Tornato a Sorea da uno dei suoi viaggi, vi subì il martirio, vittima di un tumulto dei pagani irati per la distruzione dei loro idoli da parte dei cristiani. Autonomo fu ucciso ai piedi dell'al­tare mentre celebrava la Messa, il 12 sett. di un anno indeterminato. Sotto l'imperatore Costantino, un certo Severiano innalzò sul sepolcro del martire una cappella che, essendo andata in rovina, fu sostituita, al tempo dell'imperatore Giustino, da un oratorio : l'autore della passio asserisce di aver­lo visitato venerando le reliquie del santo ivi con­servate.
La chiesa di S. Autonomo, dove si rifugiò l'im­peratore Maurizio (Teofilatto Simocatta, Hist., VIII, 9, 9) era situata sulle coste della Bitinia. Nella Vita di s. Teodoro Siceota (BHG, II, pp. 276-77, n. 1748) è ricordato il monastero di S. Auto­nomo, ma senza indicare la località in cui sorgeva.


Autore: Filippo Caraffa

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13/09/2015 07:08
 
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Sant' Amato di Remiremont Abate

13 settembre




Nasce a Grenoble tra il 565 e il 570 da Eliodoro, nobile romano. Entrò nel monastero di Agauno, nel Vallese, nel 581 e fu ordinato sacerdote e vi rimase per 30 anni per poi ritirarsi da eremita. Fondò il monastero doppio di Habend nei Vosgi assieme a sant’Eustasio. Amato morì un 13 settembre. Apparso più volte dopo morto compiendo molti miracoli, le sue spoglie furono trasportate nell’interno della chiesa di Santa Maria. Dal 670 la sua festa è celebrata il 13 settembre San Leone IX fece la ricognizione delle reliquie il 3 dicembre 1049. Amato è onorato soprattutto a Grenoble e a Saint Dié. (Avvenire)

Etimologia: Amato = caro, benvoluto, dal latino


Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: Sui monti Vosgi in Neustria, sempre in Francia, sant’Amato, sacerdote e abate, insigne per austerità, digiuni e desiderio di solitudine, che resse con saggezza il monastero di Habend da lui fondato insieme a san Romaríco.







La sua "Vita" anonima, scritta qualche tempo dopo la sua morte e abbastanza fedele alla realtà storica, lo dice nato a Grenoble tra il 565 e il 570 da Eliodoro, nobile romano. Entrato nel monastero di Agauno, nel Vallese, nel 581 e ordinato sacerdote, vi rimase per trent'anni, ritirandosi poi a vita eremitica. Durante i tre anni trascorsi in una cella costruita nei dintorni del monastero, compì vari miracoli, tra i quali quello di far scaturire una sorgente per alleviare ai monaci la fatica di portargli l'acqua. Divenuto predicatore dopo un incontro con s. Eustasio, Amato fondò, insieme con Romarico, potente feudatario convinto dalle sue parole a farsi monaco, il monastero doppio di Habend nei Vosgi; ma rinunziò alla carica di abate in favore di Romarico, e nominò badessa Macteflede. Poi si ritirò di nuovo in una grotta, dalla quale usciva solo la domenica e i giorni festivi per consigliare e ammaestrare i religiosi dei due cenobi.
Amato morì un 13 settembre, dopo un periodo di freddezza nei rapporti con s. Eustasio e con il monastero di Luxeuil, dovuto ad alcuni malintesi ed agli intrighi del monaco Agrestio, e conclusosi poi con il perdono da parte di s. Eustasio (627-28).
Apparso più volte dopo morto compiendo molti miracoli, le sue spoglie furono trasportate nell'interno della chiesa di S. Maria, dove ricevettero la venerazione dei fedeli. Dal 670 la sua festa è celebrata il 13 settembre. S. Leone IX fece la ricognizione delle reliquie il 3 dicembre 1049. Amato è onorato soprattutto a Grenoble e a St. Dié.


Autore: Alfonso Codaghengo

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14/09/2015 07:13
 
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Sant' Alberto di Gerusalemme Vescovo e martire

14 settembre


Castel Gualtieri, Parma, 1149 - San Giovanni d'Acri, Palestina, 14 settembre 1214



Nato verso la metà del secolo XII nella città di Castel Gualtieri, in Emilia (Italia), entrò tra i Canonici Regolari della Santa Croce di Mortara (Pavia), e fu Priore nel 1180. Vescovo di Bobbio nel 1184, fu trasferito l'anno seguente a Vercelli, che governò per vent'anni. In questo periodo svolse, con fermezza e prudenza, missioni di portata nazionale ed internazionale. Fu mediatore di pace tra le città di Pavia e Milano nel 1194 e tra le città di Parma e Piacenza cinque anni dopo. Nel 1191 celebrò un sinodo diocesano di grande valore per la parte disciplinare, che continuò a servire di norma fino ai tempi moderni. Esplicò anche una grande attività legislativa a favore di ordini religiosi: dettò gli statuti per i canonici di Biella e fu tra i consiglieri per la regola degli Umiliati. Fu eletto nel 1205 Patriarca di Gerusalemme e poco dopo nominato legato papale per la provincia ecclesiastica di Gerusalemme. Arrivò in Palestina all'inizio del 1206 e dimorò in Accon (Acri), perché allora Gerusalemme era occupata dai saraceni. In Palestina sviluppò una notevole azione di pacificazione non solo tra i cristiani, ma anche tra questi e i non cristiani, e realizzò la sua missione con molta energia. Durante il suo patriarcato, riunì in comunità gli eremiti del monte Carmelo e diede loro una Regola. Il 14 settembre 1214, durante una processione, Alberto fu ucciso a colpi di coltello dal Maestro dell'Ospedale di S. Spirito, che egli aveva rimproverato e dimesso per la sua cattiva vita.

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco


Martirologio Romano: Ad Akko in Palestina, sant’Alberto, vescovo, che, trasferito dalla Chiesa di Vercelli a quella di Gerusalemme, scrisse una regola per gli eremiti del monte Carmelo e, mentre celebrava la festa della Santa Croce, fu trafitto con la spada da un uomo malvagio da lui rimproverato.








Alberto Avogadro o dei conti di Sabbioneta, di origine francese, nacque a Castrum Gualtierii (odierno Castel Gualtieri), in Emilia (Italia), verso il 1150. Entrò tra i Canonici Regolari di S. Croce di Mortara (Pavia), e vi divenne priore nel 1180. Nel 1184 fu vescovo di Bobbio e nel 1185 di Vercelli. Eminente per la sua vita, per il suo sapere e per la sua reputazione, Alberto governò la diocesi di Vercelli per 20 anni. Fu mediatore di pace (tra Milano e Pavia, 1194; tra Parma e Piacenza, 1199). Per la sua mediazione tra il Papa Clemente III e Federico Barbarossa fu nominato Principe dell’Impero. Nel 1194 dettò gli Statuti dei Canonici di Biella. Nel 1205 Papa Innocenzo III lo nominò Patriarca latino di Gerusalemme, con l’ufficio di Legato papale per la Terrasanta. Sbarcò a San Giovanni d'Acri nel 1206, vale a dire l'anno della morte di San Bertoldo, e si legò in stretta amicizia con San Brocardo.
Appena quest'ultimo ebbe preso le redini del governo dell'Ordine carmelitano, s'indirizzò al santo Patriarca per ottenerne la soluzione di molti dubbi e difficoltà che si proponevano dai suoi religiosi sulla maniera in cui doveva intendersi la vita comune nel Carmelo.
Gli asiatici avevano le loro antiche tradizioni dalle quali non volevano discostarsi; gli europei, d'altro lato, trovavano questo genere di vita tutto differente da quello che avevano veduto praticare nei monasteri del loro paese, e ben presto la pace del santo Monte avrebbe potuto essere posta in pericolo.
Sant'Alberto vi provvide componendo, di concerto con San Brocardo, una Regola piena di saggezza, ammirabile transazione tra l'Oriente e l'Occidente, che riunì a poco a poco tutti gli spiriti, e non ha cessato di produrre, d'allora in poi, frutti divini di santità in un numero quasi infinito di cuori generosi. Successive approvazioni di questa norma da parte di vari Papi aiutarono il processo di trasformazione del gruppo verso un Ordine Religioso, cosa che avvenne, nel 1247, con la approvazione definitiva, da parte di Papa Innocenzo IV , di tale testo come Regola. L'Ordine del Carmelo fu così inserito nella corrente degli Ordini Mendicanti. Sant'Alberto morì, durante la processione dell'Esaltazione della santa Croce, il 14 settembre del 1214, pugnalato, ad Acri, dal Maestro o Priore dell’Ospedale di S. Spirito, da lui rimproverato e mandato via dal suo ufficio, per cattiva condotta. E’ venerato a Vercelli e dai canonici regolari l’8 aprile (forse il giorno in cui diede la Regola agli eremiti), dai Carmelitani e dal Patriarcato latino di Gerusalemme il 16, 17, 25 e 26 settembre.

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15/09/2015 08:09
 
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Sant' Albino di Lione Vescovo

15 settembre




Etimologia: Albino = bianco, dal latino


Martirologio Romano: A Lione in Francia, sant’Albino, vescovo, che succedette a san Giusto.








Gli antichi cataloghi della chiesa di Lione collocano questo vescovo tra Giusto e Martino, al quattordicesimo posto da san Fotino. Giusto prese parte al concilio di Aquileia nel 381 e si può pensare che non molto tempo dopo rinunziasse alla cattedra e si ritirasse in un eremo; per conseguenza l'episcopato di Albino dovrebbe avere avuto principio un po' dopo quell'anno. Gli si attribuisce la costruzione della chiesa di Santo Stefano, cattedrale di Lione, e del relativo battistero. Non si sa quando morì alla fine del sec. IV o all'inizio del V. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa dei Maccabei, divenuta più tardi di San Giusto. La sua festa si celebra il 15 settembre.


Autore: Charles Lefebvre

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16/09/2015 02:52
 
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San Cipriano Vescovo e martire

16 settembre


Cartagine (Tunisia), ca. 210 - 14 settembre 258

Cipriano nacque a Cartagine verso il 210. Dopo tre anni dalla sua conversione al Cristianesimo, fu eletto vescovo della sua città. Ritiratosi in clandestinità durante la persecuzione di Valeriano, venuto a conoscenza di essere stato condannato a morte, tornò a Cartagine per dare testimonianza di fronte ai propri fedeli e venne decapitato nel 258.

Etimologia: Cipriano = nativo di Cipro, dal greco e latino


Emblema: Bastone pastorale, Palma


Martirologio Romano: Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14 settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo.



Ascolta da RadioRai:
Ascolta da RadioMaria:




Di Cipriano giovane sappiamo che è nato pagano a Cartagine intorno al 210. Battezzato verso il 245, nel 249 è vescovo di Cartagine. Nel 250 l’imperatore Decio ordina che tutti i sudditi onorino le divinità pagane (offrendo sacrifici, o anche solo bruciando un po’ d’incenso) e ricevano così il libello, un attestato di patriottismo. Per chi rifiuta, carcere e tortura. O anche la morte: a Roma muore martire papa Fabiano. A Cartagine, Cipriano si nasconde, guidando i fedeli come può dalla clandestinità.
Cessata la persecuzione (primavera 251) molti cristiani, che hanno ceduto per paura, vorrebbero tornare nella Chiesa. Ma quelli che non hanno ceduto si dividono tra indulgenti e rigoristi. Cipriano è più vicino ai primi, e con altri vescovi d’Africa indica una via più moderata, inimicandosi i fautori dell’epurazione severa. A questo punto le sue vicende s’intrecciano con quelle di Cornelio, un presbitero romano d’origine patrizia. Eletto papa a 14 mesi dal martirio di Fabiano, si trova di fronte a uno scisma provocato dal dotto e dinamico prete Novaziano, che ha retto la Chiesa romana in tempo di sede vacante. Novaziano accusa di debolezza Cornelio (che è sulla linea di Cipriano) e dà vita a una comunità dissidente che durerà fino al V secolo.
Da Cartagine, Cipriano affianca Cornelio e si batte contro Novaziano, affermando l’unità della Chiesa universale. Non è solo sintonia personale con papa Cornelio: Cipriano parte dall’unità dei cristiani innanzitutto con i rispettivi vescovi, e poi dei vescovi con Roma quale sede principalis, fondata su Pietro capo degli Apostoli. Ucciso in guerra l’imperatore Decio, il suo successore Treboniano Gallo è spinto a perseguitare i cristiani perché c’è la peste, e la “voce del popolo” ne accusa i cristiani, additati come “untori” in qualunque calamità. Si arresta anche papa Cornelio, che muore in esilio nel 253 a Centumcellae (antico nome di Civitavecchia). E viene definito “martire” da Cipriano, che appoggia il suo successore Lucio I contro lo scisma di Novaziano. Lucio muore però dopo un anno (254). Gli succede Stefano I, e durante il suo pontificato c’è uno strappo con Cartagine, per il battesimo amministrato da eretici e scismatici, che è valido per Stefano e nullo per Cipriano.
Questi poi accusa Stefano di considerare ingiustamente il primato di Pietro come un diritto all’ingerenza continua nella vita delle singole Chiese. Il dissidio si estende pericolosamente, ma nell’agosto 257 papa Stefano muore, e intanto l’imperatore Valeriano ordina un’altra persecuzione. Cipriano viene mandato in esilio, dove apprende che il nuovo papa Sisto II è morto martire a Roma, col diacono Lorenzo. Liberato, può far ritorno a Cartagine; ma nel settembre 258 lo arrestano di nuovo, e il giorno 14 muore decapitato. In questo stesso giorno Cornelio e Cipriano sono ricordati per sempre insieme dalla Chiesa.


Autore: Domenico Agasso

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17/09/2015 07:55
 
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Beato Antonio Morell Mercedario

17 settembre


† 15 giugno 1492

Originario di Tolosa (Francia), il Beato Antonio Moreli era professore e decano dell'Università tolosana esperto nelle lingue: latina, greca, ebraica e nelle altre lingue orientali.XXII° Maestro Generale dell'Ordine Mercedario, rimase in carica per 12 anni, fu eletto il 25 febbraio 1480, durante il suo generalato l'Ordine conseguì un grande impulso in Francia. Nel 1482, i due redentori, Santi Giovanni Zorrosa e Giovanni Huete inviati da lui a Granada in Spagna, furono catturati e martirizzati dai mori.Impareggiabile e famoso per i meriti, morì santamente il 15 giugno 1492, il suo corpo fu sepolto nel suo convento di Santa Maria in Tolosa.
L'Ordine lo festeggia il 17 settembre

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18/09/2015 08:00
 
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Beati Ambrogio Maria da Torrente (Salvatore Chulia Ferrandis) e 4 compagni Martiri

18 settembre


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Torrente, Valencia, 16 aprile 1866 – 18 settembre 1936

Martirologio Romano: A Montserrat nella stessa regione in Spagna, beati martiri Ambrogio (Salvatore) Chuliá Ferrandis e Valentino (Vincenzo) Jaunzarás Gómez, sacerdoti, e Francesco (Giusto) Lerma Martínez, Riccardo (Giuseppe) López Mora e Modesto (Vincenzo) Gay Zarzo, religiosi del Terz’Ordine di San Francesco degli Incappucciati della beata Vergine Addolorata, che sempre nella medesima persecuzione ricevettero la corona del martirio per la testimonianza data a Cristo.







Compì gli studi ecclesiastici nel Seminario Conciliare di Valencia ma, ricevuto il diaconato, entrò nella congregazione dei “terziari cappuccini”.
Il 14 aprile del 1892, venne ordinato sacerdote e il 5 luglio del 1898 si consacrò perpetuamente al Signore mediante la professione religiosa. Sequestrato nella sua casa paterna, il 21 agosto del 1936 venne condotto nella prigione “La Torre”, del suo paese natale. Lì, il padre Ambrogio ed altri nove terziari cappuccini, in pratica, condussero una vita di comunità. Dalla strada li si sentiva cantare i dolori della Vergine e le Piaghe del Padre san Francesco.
All’alba del 18 settembre del 1936, con altri sette sacerdoti e religiosi, venne giustiziato nel distretto “La Mantellina”, detto anche “Puchà d’Alt”.
E’ stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II, domenica 11 Marzo 2001.

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19/09/2015 07:20
 
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Sant' Abbone (o Goerico) di Metz Vescovo

19 settembre




Martirologio Romano: A Metz in Austrasia, ancora nel territorio dell’odierna Francia, san Goeríco o Abbone, vescovo, che succedette a sant’Arnolfo, il corpo del quale traslò con venerazione in questa città.








I suoi due nomi ci sono stati tramandati sotto forme diverse: il primo, Abbone, nelle varianti Abbo, Appo, Abdo, Albo; il secondo nelle varianti Goerìco, GoherIco, Goderìco. Nei cataloghi ufficiali della diocesi risulta il trentesimo vescovo di Metz, avendo governato quella chiesa dal 625 al 642 o 643. Nei martirologi germanici, in quello di Metz e di altre città della Gallia è ricordato il 19 settembre come « vescovo e confessore, mirabile per santità, amabile coi suoi sudditi ». Di lui ci sono pervenute due vite, di poco posteriori al Mille, ma sono di scarso valore storico.
Nacque in Aquitania, tra il 565 e il 575, figlio, a quanto sembra, di Gamardo e forse cugino o nipote del vescovo suo predecessore, sant' Arnolfo, di cui egli riconobbe i resti a Remiremont nel 641 riportandoli a Metz. Si dice abbia avuto due figlie: Vittorina e Precia (o Aprincia), alla quale egli stesso da vescovo impose il velo della verginità e che più tardi divenne santa. Secondo tutti i documenti che ci parlano di lui Abbone fu un valoroso guerriero, riportò numerose vittorie contro i barbari e per le sue straordinarie doti di capitano percorse tutti i gradi della carriera militare, giungendo fino alle più alte dignità. Si dice anche che, ferito in uno scontro, perdette la vista e che sopportò tale infelicità con cristiana pazienza. Recatosi a Metz e datosi a opere di bene, per intercessione di sant' Arnolfo, riacquistò la vista e fu iniziato agli ordini sacri. Nel 625 diventò vescovo di Metz. Qui fece costruire la chiesa di San Pietro infra domum o ad imagines; fu molto onorato dal re Dagoberto, che lo nominò nel suo testamento (636), e tenne corrispondenza con Desiderio, vescovo di Cahors. Nel secolo X, a Metz, esisteva una chiesa in suo onore. Un breviario stampato a Parigi nel 1535 e un breviario del 1554 hanno di lui un Ufficio con nove lezioni; l'Ufficio è tolto dal Comune, ma con tre antifone e orazione propria.


Autore: Andrea Tessarolo

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20/09/2015 08:38
 
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Beato Adelpreto di Trento Vescovo e martire

20 settembre


† Rovereto (Trento), 1177 ca.

Emblema: Bastone pastorale, Palma


Martirologio Romano: Presso la città di Arco in Trentino, beato Adelpreto, vescovo, che, strenuo difensore dei poveri, degli orfani e della libertà della Chiesa, fu tratto dai nemici in un agguato e morì crudelmente percosso.







La devozione per s. Adelpreto a Trento, ha avuto alti e bassi e anche contestazioni sulla santità della sua figura; dal 1913 la sua festa, che almeno dal XVI secolo era al 27 marzo, non compare più nel calendario diocesano, nonostante che fosse insieme a s. Vigilio, contitolare dell’altare maggiore della Cattedrale.
Di lui si ignora la sua origine, né la data della nascita; fu vescovo di Trento dal 1156 o 1157 e si sa che nel 1158 accompagnò scortandoli nelle valli trentine, i legati del papa Adriano IV (1154-1159) diretti in Germania, dall’imperatore Federico.
Federico Barbarossa già si era fatto incoronare imperatore nel 1155 ed era in piena guerra con il Papato e con i Comuni italiani, per affermare i diritti universali dell’Impero e proprio in quell’anno, fece la sua seconda discesa in Italia, conquistando Milano.
Non è stato chiarito tuttora, quale fu il contegno di Adelpreto, di fronte allo scisma provocato dalla lotta fra Impero e Papato; politicamente si appoggiò all’imperatore, forse era proprio originario della Germania e per la posizione geografica di Trento, gravitante con i suoi vescovi-principi nell’ambito imperiale.
Fautore quindi del partito ghibellino, forse rivestì la carica di Vicario imperiale; sul suo governo della diocesi e principato tridentino, si hanno scarse notizie per poter ricostruire un quadro credibile.
Morì di morte violenta verso il 1177, ucciso da un certo Aldrigitus, membro della nobile famiglia di Castelbarco nei pressi di Rovereto; Adelpreto fu sepolto nel duomo di Trento.
La diocesi tridentina, gli tributò sempre un culto di martire, sul suo sepolcro fu messa una lamina romanica di rame dorato, raffigurante la scena dell’uccisione, ora conservata nel tesoro del Duomo.
Nel Settecento lo storico Girolamo Tartarotti (1706-1761), accese una polemica sul suo culto, basandosi sulla contrastante figura del vescovo-guerriero, caduto in battaglia, quale si era formata nella tradizione popolare.
Nel 1703 la città fece un voto, invocando s. Adelpreto, contro l’assalto dei Francesi.


Autore: Antonio Borrelli

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21/09/2015 07:17
 
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Sant' Alessandro di Roma Martire

21 settembre


II secolo



Vescovo nelle vicinanze di Roma, i suoi miracoli attirarono l'attenzione del popolo ed egli fu arrestato e martirizzato sulla via Claudia, a circa venti miglia da Roma. San Damaso traslò le sue reliquie in una chiesa romana.

Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco


Martirologio Romano: Sempre a Roma al ventesimo miglio della via Cassia in località ad Baccanas, sant’Alessandro, martire.








Deposto al XXI miglio della via Cassia, è indicato al 21 settembre dalla passio, da Adone, dal Martyrologium Parvum Romanum e dal Martirologio Romano. La passio, pur non avendo valore storico, contiene indicazioni topografiche veritiere. La passio chiama vicus Baccatensis o Baccanensis al XX miglio della via Claudia la statio segnalata ad Baccanas al XXI miglio della via Cassia dall'Itinerario di Antonino e dalla Tavola Peutingeriana. La via Cassia si diramava dalla Claudia all'XI miglio da Roma. La passio appare scritta da un presbitero Crescenziano, il quale chiede la concessione di un'area cimiteriale per circuitu loci pedes CCC, ai tempi degli Antonini; sul sepolcro sarebbe stata posta l'epigrafe: «Hic requiescit sanctus et venerabilis martyr Alexander episcopus cuius depositio celebratur undecimo Kal. octobris». Viene ivi dedicata una chiesa «in Christi nomine, conferente plebe, X Kal. apriles, Constantino II et Crispo II consulibus » (a. 321).
Adone ha utilizzato un altro testo della passio e dà la notizia che il papa Damaso avrebbe fatto per il martire «cryptam condignam » sulla via Claudia al XX miglio da Roma, dove lo avrebbe deposto al «VI Kal. dec. quando et festivitatem ei dicavit». Questa notizia si legge nel Martirologio di Adone, nel Parvum Romanum e in Baronio. Il De Rossi ha messo in rilievo che ancora nel 1053 una bolla di Leone IX ricorda una «massa Clodiana cum lacu Baccanis et ecclesia Sant'Alexandri quae est in Baccanis». A questa chiesa forse appartengono i due pilastrini con tralci di vite e monogrammi di Cristo, ivi rinvenuti in un'area cimiteriale all'aperto, ora nel museo cristiano Pio Lateranense. Il De Rossi rileva ancora che effettivamente al XVII miglio della Cassia esisteva una villa di Settimio Geta (Caracalla), dove fu, secondo la passio, giudicato il martire.


Autore: Enrico Josi

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22/09/2015 07:08
 
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Beato Alfonso da Cusco Mercedario

22 sttembre




Il Beato Alfonso da Cusco, fu mercedario laico converso del convento di San Giovanni in Laterano di Arequipa in Perù. Condusse una vita di grande santità e famoso per i miracoli compiuti, nel giorno da lui predetto ricco di meriti volò al regno dei cieli.
L'Ordine lo festeggia il 22 settembre.

Etimologia: Alfonso = valoroso e nobile, dal gotico

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23/09/2015 08:04
 
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Sant' Adamnano Abate

23 settembre




Martirologio Romano: Nell’isola di Iona in Scozia, san Adamnano, sacerdote e abate: ottimo conoscitore delle Scritture e instancabile amante dell’unità e della pace, con la sua predicazione persuase molti sia in Scozia sia in Irlanda a celebrare la Pasqua secondo la consuetudine romana.








Nacque circa il 624 a Drumhome, nel Donegal (Irlanda), da una nobile famiglia imparentata con san Colomba, fondatore del monastero di Hy (Iona), dove ben presto anche Adamnano entrò, sotto il governo di Seghino. Distintosi per le sue virtù, nel 679 Adamnano fu eletto successore di Failbhe e divenne il nono abate di Tona. Aifrido, che alla morte del padre Oswy, re di Northumbria, era stato cacciato in esilio dall'usurpatore Ecfrido, si rifugiò presso Adamnano, e dal popolo fu soprannominato Dalta Adhamnain («alunno di Adamnano») a significare i legami di profonda amicizia che lo univano all'abate. Dopo che nel 685 Alfrido, morto Ecfrido, aveva visto riconosciuti i suoi diritti, Adamnano nel 686 fu inviato presso di lui per ottenere la restituzione di alcuni prigionieri catturati da Berct nel Meath: ricevuto con grandi onori, Adamnano riportò completo successo nella sua missione e tornò in Irlanda con sessanta compatrioti.
Nel 688, nel corso di una seconda visita ad Aifrido, Adamnano visitò numerose chiese inglesi e tra esse le abbazie di Wearmouth e di Jarrow, dove l'abate san Ceolfrido lo convinse ad adottare nella Chiesa irlandese l'uso romano per la tonsura e per la celebrazione della Pasqua. Tornato ad Hy, si prodigò, senza notevoli risultati però, per far accettare ai suoi monaci gli usi romani, ma nel 692, visitando l'Irlanda, egli riuscì a convincere il popolo a conformarsi ai precetti generali.
Nel 697 presiedette un Concilio a Birr, alla fine del quale fu promulgata la «legge degli innocenti» (Cain Adomnain, «legge di Adamnano»), volta a preservare le donne e i fanciulli dagli orrori della guerra. Nel 701 Adamnano partecipò al Concilio di Tara, in cui fu condannato un capo tribù, colpevole di un grave delitto: sentenza questa di notevole valore giuridico e sociale, stante la grande tracotanza di quei despoti locali. Nel 704, il 23 settembre, Adamnano morì nella sua abbazia, dove ebbe sepoltura.
Adamnano è patrono di Drumhome e a Raphoe si celebra un Eunan, primo vescovo di quella abbazia, da alcuni identificato con Adamnano. Venerato inoltre nelle contee di Derry e di Sligo, Adamnano gode di un popolare culto presso la Chiesa scozzese, nelle contee di Aberdeen, Banff e Forfar. Sembra che il nome Adam, tanto comune tra gli scozzesi, non sia altro che una corruzione di Adamnan (che, però, secondo Colgan, significherebbe forse «piccolo Adamo»).
Adamnano, che diede notevole impulso allo scriptorium monastico, fu buon latinista, tanto da meritarsi l'elogio di Beda: «vir bonus et sapiens», ma le sue opere sono scritte in un latino un po' rozzo. Probabilmente durante la seconda visita ad Aifrido, nel 688, Adamnano dedicò al re l'opuscolo De Locis Sanctis (ritenuto da Beda «legentibus multis utillimum»), una relazione del viaggio a Gerusalemme del vescovo franco Arculfo. L'opera, da cui Beda derivò il Situ Hierosolymae urbis atque ipsius Iudaeae, per tutto il Medioevo restò la principale fonte per la conoscenza della Terra Santa. Tra il 692 e il 697, Adamnano scrisse la Vita San Columbae in tre libri, fondandosi sulle leggende e sulle tradizioni irlandesi.
Ad Adamnano sono anche attribuite, senza molto fondamento, alcune prescrizioni ecclesiastiche: i Canones Adamnani (Mansi, XII, coli. 154 sg.). Un viaggio nell'oltretomba è l'argomento della Fis Adamnáin («la visione di Adamnano») in irlandese, ma Adamnano certamente non ne è l'autore. L'opera di Adamnano è edita nella Patrologia latina del Migne (PL, LXXXVIII, coil. 721-816) e la miglior fonte, per lo studio della sua vita, è la Historia Ecclesiastica di Beda, che, nel 688, all'età di tredici anni, vide Adamnano.
La festa di Adamnano cade il 23 settembre.


Autore: Cuthbert Mc Grath

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24/09/2015 07:36
 
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Santi Andochio, Tirso e Felice Martiri

24 settembre




Martirologio Romano: A Seaulieu nel territorio di Autun in Francia, santi Andochio, Tirso e Felice, martiri.








Sconosciuti a Gregorio di Tours, sono però commemorati nel Martirologio Geronimiano il 24 settembre con la precisa indicazione topografica di Saulieu, presso Autun. La notizia dipende forse dalla passio, composta nel sec. V e strettamente collegata a quelle di Benigno di Digione, di Andeolo e dei Santi Gemelli di Langres. L'autore, attraverso una ostentata precisione di nomi e particolari, manifesta una reale ignoranza di qualsiasi elemento concernente la vita dei santi ed intesse uno dei soliti favolosi romanzi. In sostanza si può ritenere soltanto che i tre martiri abbiano consistenza storica, senza per altro poter affermare di più.
Secondo la passio, sant'Ireneo, apparso in sogno a san Policarpo, lo prega di inviare in Gallia dei missionari. Scelti i presbiteri Benigno e Andochio ed il diacono Tirso, essi sbarcano a Marsiglia e, passando per Lione, si dirigono ad Autun. Ivi sono accolti da un certo Fausto, del quale battezzano il figlio e i nipoti. Arriva intanto alla borgata di Saulieu l'imperatore Aureliano e scopre che Andochio e Tirso predicano nella casa di un certo Felice. Tutti e tre sono arrestati, interrogati, tormentati, gettati nel fuoco, ma sempre inutilmente, finché non vengono uccisi. Il pio Fausto ne cura la sepoltura. Forse la passio riecheggia tradizioni locali, che volevano collegare l'evangelizzazione di Saulieu con Lione, ma è una fonte troppo infida e storicamente poco fondata.


Autore: Agostino Amore

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25/09/2015 07:09
 
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Beato Antonio Cid Rodriguez Coadiutore salesiano, martire

25 settembre


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Allariz, Spagna, 15 aprile 1890 - Madrid, Spagna, 25 settembre 1936







Nacque nei pressi di Allariz (Orense) il 15 aprile 1890 e fu battezzato il giorno seguente. Fece il Noviziato a Siviglia ed emise la professione l'8 dicembre del 1909. Umile e pio, lavorò come insegnante in diversi collegi.La rivoluzione lo trovò a Santander. Si rifugiò allora a Bilbao presso alcuni parenti, ma la sua condizione di religioso fu presto conosciuta. A mezzanotte del 25 settembre 1936 quattro miliziani irruppero nel suo domicilio, e avendogli trovato un crocifisso e altri oggetti religiosi, lo condussero alla fucilazione.
Beatificato il 28 ottobre

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26/09/2015 04:55
 
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Beato Bonaventura da Puzol (Julio Esteve Flors) Sacerdote e martire

26 settembre


>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

1897 - 1936

Martirologio Romano: Nel villaggio di Gilet sempre nella medesima regione, beato Bonaventura (Giulio) Esteve Flors, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che nello stesso periodo passò al Signore sotto la violenza dei nemici della fede.







Nacque il 9 ottobre 1897 a Puzol (Valencia) e fu battezzato il 10 ottobre seguente nella parrocchia de los Santos Juanes di Puzol. Era figlio di D. Vicente Esteve e di Donna Josefa Flors, da cui nacquero nove figli.
Il piccolo Julio fece i suoi studi nel Seminario serafico, vestendo poi l’abito cappuccino il 15 settembre 1913 cambiando il nome in quello di Buenaventura. Emise la professione temporanea il 17 settembre 1914 e quella perpetua il 18 settembre 1918. Inviato a Roma per perfezionare gli studi, divenne dottore in filosofia all’Università Gregoriana. In questa stessa città fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Filipos, José Palica, il 26 marzo 1921. Al suo rientro in Provincia fu nominato lettore di filosofia e di diritto canonico nello Studentato di teologia di Orihuela. Si distinse anche come predicatore, conferenziere, direttore spirituale, ma soprattutto come uomo di Dio. Cose che ci vengono confermate dal Sig. Juan F. Escrirá: “Si dedicò allo studio e alla predicazione. Era di temperamento pacifico. Era inoltre persona molto accorta e intelligente, come pure molto educato e corretto. Molto edificante tra i fedeli. Era un autentico uomo di Dio.” Dati che vengono confermati anche dal Sig. Vicente Aguilar, abitante di Puzol: “Lavorò specialmente nel campo apostolico della predicazione della parola di Dio. Le sue qualità più notevoli erano: una grande bontà e intelligenza. Era molto umile e mortificato”. Con la persecuzione religiosa si vide obbligato ad abbandonare il convento, conducendo una vita di preghiera: “Nel periodo in cui stette nascosto - afferma il Sig. Vicente Aguilar - non si lamentava che Dio permettesse tali cose, nonostante che presentisse che si trattava di un tempo di martirio e di persecuzione per la Chiesa, come disse a coloro che parlavano con lui o lo frequentavano. Nonostante ciò, si mostrava sereno nella sua vita di costante preghiera”. Si era rifugiato nella casa paterna di Carcagente, da dove fu sequestrato dal Comitato di Puzol il 24 settembre 1936 per fare alcune dichiarazioni. La notte del 26 settembre insieme ad altri detenuti sarebbe condotto nel cimitero di Gilet (Valencia), dove fu ucciso alle due del mattino. Prima di morire P. Buenaventura aveva dichiarato: “Mi preparo [ ? ] per la palma del martirio”. E avanti di essere giustiziato disse ai suoi carnefici: “Con la stessa misura con cui misurerete ora, sarete poi misurati voi”. Finita la guerra, queste stesse parole furono ricordate dai suoi carnefici quando caddero nelle mani della giustizia. “Ora ci succede quello che ci disse il frate”, ricordarono. La Sig. Vicenta Esteve Flors, sorella del P. Buenaventura, ricorda come suo fratello “si comportò negli ultimi istanti con la stessa serenità di sempre, e avanti di essere fucilato diede l’assoluzione a circa tredici detenuti che erano trasportati in un camion, fra i quali c’erano anche il padre e il fratello del Servo di Dio”.
Fu sepolto nel cimitero di Gilet, in una fossa comune. Terminata la guerra civile, i suoi resti furono esumati, riconosciuti dalla sorella Vicenta e trasportati nel panteon dei martiri del cimitero di Puzol. Attualmente riposano nella cappella dei martiri cappuccini del convento della Maddalena di Massamagrell.

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27/09/2015 08:38
 
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Santi Adolfo e Giovanni di Cordova Martiri

27 settembre




Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, santi martiri Adolfo e Giovanni, fratelli, che durante la persecuzione dei Mori, al tempo del re ‘Abd ar-Rahman II, furono coronati dal martirio per Cristo.








Fioriti nella città di Cordova, in Spagna, durante la dominazione araba nella prima metà del sec. IX. Sant'Eulogio (m. 859) dice che erano originari di Siviglia, figli di un nobile musulmano e di Artemia, cristiana. Questa, morto il marito, si trasferì con Adolfo, Giovanni e la figlia Aurea a Cordova per potervi più liberamente professare la sua religione. Lì Adolfo e Giovanni si convertirono al cristianesimo, attirandosi lo sdegno dei parenti paterni, che li denunziarono al califfo Abd-el-Rhaman II (822-852). Arrestati e condannati, subirono il martirio verso l'824. Mentre la madre entrava nel monastero di Cutellara, di cui diventò poi badessa, la sorella Aurea più tardi, attratta dall'eroico esempio dei fratelli, abbracciò la fede cristiana, seguì la madre nel monastero e morì martire il 19 luglio dell'856. I corpi dei due santi furono sepolti nella chiesa di San Cipriano a Cordova. Qui nell'858 furono visitati da Usuardo, il celebre autore del martirologio, e da Odilardo. Usuardo li introdusse nel suo Martirologio al 27 settembre. Nello stesso giorno sono ricordati nel Calendario di Cordova del 961, nei martirologi successivi e, finalmente, nel Martirologio Romano. L'abate Speraindeo, contemporaneo dei due martiri e maestro di sant'Eulogio, ne scrisse la vita, che purtroppo è andata perduta. La passio, edita nel Martyrologium hispanum, da G. Tamayo Salazar, che propende ad identificarla con quella di Speraindeo, è giudicata dai Bollandisti, che la ripubblicarono negli Acta SS. Septembris, un apocrifo di epoca incerta.


Autore: Garcia Pietro Altabella

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28/09/2015 06:01
 
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San Venceslao Martire

28 settembre - Memoria Facoltativa


Stochow, Praga, Repubblica Ceca, ca. 907 - Stará Boleslav, Repubblica Ceca, 929/935



Vissuto nel X secolo, principe di Boemia, fu educato cristiana mente dalla nonna Santa Ludmilla. Giovanissimo, successe al padre dopo un periodo di emergenza della madre che gli preferiva il secondogenito Boleslao. Ella fomentò a tal punto la rivalità fra i due fratelli che Boleslao assalì Venceslao mentre si recava da solo, come era solito fare, in chiesa per il Mattutino. Difesosi dalla spada di Boleslao, a cui il risparmio alla vita, venne ucciso dai suoi seguaci. Venceslao visse nel periodo in cui, in Boemia, il Cristianesimo era agli albori e l'attività apostolica e missionaria erano molto difficili e pericolose. Egli, profondamente religioso, contribuì alla diffusione del messaggio evangelico, promuovendo religiosamente e culturalmente il proprio popolo e, per la sua bontà e per la sua rettitudine, divenne il santo più popolare della Boemia.

Patronato: Patrono della Boemia


Etimologia: Venceslao = gloria della corona (della reggia), dal polacco


Emblema: Corona, Palma


Martirologio Romano: San Venceslao, martire: duca di Boemia, fu educato alla sapienza umana e divina dalla zia paterna Ludmilla e, pur severo con sé stesso, fu però uomo di pace nell’amministrare il regno e misericordioso verso i poveri e riscattò in massa gli schiavi pagani in vendita a Praga, perché fossero battezzati; dopo avere affrontato molte difficoltà nel governare i suoi sudditi e nell’educarli alla fede, tradito da suo fratello Boleslao, fu ucciso in chiesa a Stará Boleslav in Boemia da alcuni sicari.



Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioRai:
Ascolta da RadioMaria:





C’è un luogo d’Europa che appartiene alla memoria di tutto il mondo, insieme a una data: piazza San Venceslao di Praga, 1968. Essa ricorda la “primavera”, col grido del popolo ceco per la libertà, e poi il lutto per l’invasione comunista del Paese, nell’estate dell’oppressione. Le gioie e i dolori di tutti si esprimevano qui, intorno alla statua di san Venceslao, eretta alla fine dell’Ottocento.
Venceslao (Václav in lingua ceca) è figlio di Vratislav duca di Boemia: perde il padre da ragazzo e gli succede nel governo, sia pure con la reggenza di sua madre Drahomira. E’ cristiano, educato dalla nonna paterna Ludmilla, che la Chiesa venera come santa, uccisa a causa della sua fede per ordine della nuora Drahomira, madre di Venceslao. Questi, rispetto ai prìncipi del tempo, è tra i più colti: ha studiato anche il latino.
Una volta assunto il potere effettivo, Venceslao si adopera per la cristianizzazione del Paese, chiamandovi missionari tedeschi, perché questo fa parte della sua linea generale di governo: avvicinare la Boemia all’Europa occidentale e alla sua cultura (anche se non mancano conflitti con regnanti germanici).
La tradizione fa di lui un modello del coraggio generoso: durante la lotta contro un duca boemo, Venceslao gli propone di risolvere la controversia con un duello tra loro due, in modo da non sacrificare tante vite di soldati; e il nemico si riconcilia con lui. La sua giovane età e il suo stile ne fanno un modello per molti suoi sudditi, ma proprio la vasta popolarità mette contro di lui – per motivi religiosi e di potere – una parte della nobiltà, che obbedisce (o che si è imposta) al suo fratello minore Boleslao.
Di qui, una congiura per ucciderlo, dando tutto il ducato boemo al fratello. Questi, non osando aggredire Venceslao in Praga, lo invita nel suo castello di Stará Boleslav. Si pensa di ucciderlo durante il pranzo, ma certe parole di Venceslao fanno temere che abbia scoperto il complotto. Allora lo si aspetta quando va in chiesa (da solo, come sempre) per recitarvi la preghiera delle Ore. E qui viene assassinato. Dice una leggenda che Boleslao tentò per primo di colpirlo, ma Venceslao reagì buttandolo a terra e facendogli cadere la spada; poi generosamente la raccolse e la volle restituire al fratello in segno di perdono.
Questo fu il suo ultimo gesto di grandezza, troncato dai sicari di Boleslao che lo colpirono a morte tutti insieme. Secondo un’altra leggenda, nessuno riuscì a lavare il suo sangue, sparso sul pavimento in legno. Il corpo fu poi portato a Praga e sepolto nella chiesa di San Vito. Già nel secolo X Venceslao fu oggetto di culto, e nel secolo successivo diventò il simbolo dello Stato boemo. Più tardi la Chiesa scriverà il suo nome nel Martirologio Romano, venerandolo come martire per la fede.
La Chiesa lo venera come santo dal 1729.


Autore: Domenico Agasso

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29/09/2015 05:25
 
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Beato Carlo di Blois Duca di Bretagna

29 settembre


Blois, 1318-19 - Auray 1364



Figlio di Guido di Châtillon conte di Blois e di Margherita di Valois, sorella di Filippo VI di Francia, sposò (1337) Giovanna di Penthièvre, figlia di Guido, secondogenito di Arturo II di Bretagna. Alla morte, senza eredi diretti, di Giovanni III, figlio primogenito di Arturo, si aprì la lotta per la successione tra Carlo e Giovanni di Montfort, figlio di secondo letto di Arturo. La questione fu risolta dalla Corte dei pari di Francia con un verdetto favorevole a Carlo (1341), che non fu però accettato da Giovanni. Ne seguì tra i due pretendenti (a Giovanni, morto nel 1345, si sostituì poi il figlio omonimo), appoggiati rispettivamente da Filippo VI di Francia ed Edoardo III d'Inghilterra, una lunga guerra, che si innestò in quella dei Cent'anni e che terminò, dopo varie vicende tra cui una lunga prigionia di Carlo (1347-56; dal 1348 nella Torre di Londra) e alcuni tentativi di pace, nel 1364 con la sconfitta e la morte di Carlo in battaglia e l'assegnazione del ducato a Giovanni di Montfort. La fama di santità di cui Carlo si era circondato in vita, si consolidò dopo la sua morte, sì che Urbano V dette inizio (1369) al processo di canonizzazione, continuato poi sotto Gregorio XI ma forse mai giunto a conclusione. Comunque Pio X (1904) ne confermò il culto come beato.

Martirologio Romano: Presso Vannes sulla costa della Bretagna, beato Carlo da Blois, uomo pio, mite e umile: duca di Bretagna, avrebbe desiderato entrare tra i Frati Minori, ma, costretto a difendere la propria sovranità contro un nemico, forte nelle difficoltà, subì una lunga carcerazione e fu ucciso in combattimento presso Auray.








Nacque nel 1320 da Guido di Châtillon e da Margherita di Valois, sorella del re di Francia, Filippo VI. Unì alle doti fisiche e intellettuali profonde virtù cristiane: pietà, umiltà, spirito di sacrificio. Il 4 giugno 1337 fu dato come sposo a Giovanna di Penthièvre, nipote del duca di Bretagna e sua erede presuntiva. Morto il 30 aprile 1341 Giovanni III di Bretagna, Carlo, per difendere i diritti della moglie, dovette scendere in armi contro Giovanni di Montfort, fratellastro del defunto, che rivendicava per sé il ducato. Questa lotta di successione, un capitolo della guerra «dei cent'anni», trasformò la Bretagna in un campo di battaglia dove si affrontarono Francia e Inghilterra, alleate dei due partiti avversi. Carlo, leale cavaliere, si fece un dovere di combattere, anche se la sua indole lo avrebbe portato a una vita di contemplazione e di preghiera. Scriverà: «Sarebbe stato meglio che io fossi frate minore, perché il popolo di Bretagna non può aver pace a causa dei nostri contrasti e tuttavia io non posso farci nulla senza il consiglio dei baroni».
Dal 1341 al 1347 la guerra gli fu favorevole: in questo periodo apportò nella chiesa dei Francescani di Guingamp abbellimenti sontuosi e fece costruire una cappella reale dedicata a san Luigi d'Angiò. Ma il 20 giugno 1347 cadde prigioniero nella battaglia della Roche-Derrien. Conobbe allora una lunga e dolorosa cattività a Londra (1348-56): in quegli anni scrisse la biografia del suo santo prediletto, Ivo, di cui aveva ottenuto dal papa la canonizzazione. Liberato, poté godere di una pace relativa: nel 1363 la guerra riprese nonostante gli arbitrati e, il 29 novembre 1364, Carlo soccombette nella battaglia di Auray. Il suo corpo, rivestito del cilicio, fu inumato presso i Francescani di Guingamp. Subito il popolo lo venerò come santo, ma fu sette anni dopo la sua morte che Giovanna di Penthièvre fece intraprendere le pratiche per ottenere la canonizzazione di Carlo, nonostante gli sforzi contrari di Giovanni IV di Montfort. Il papa Gregorio XI, trascurando l'opposizione del duca, aprì il processo apostolico che si tenne dal 9 settembre al 18 dicembre 1371 e di cui si conserva copia degli atti nel ms. Vat. Lat. 4025. Le guerre e lo scisma di Occidente fermarono la procedura, ma la causa fu ripresa il 4
settembre 1892: il 14 dicembre 1904, Pio X confermò il culto immemorabile reso a Carlo dichiarandolo beato.
Il culto verso di lui fu organizzato, fin dall'inizio, dai Francescani. Andata distrutta (1591), durante le guerre di religione, la chiesa di Guingamp, il corpo di Carlo fu trasportato nella nuova chiesa della Madonna delle Grazie, fuori di città, che divenne meta frequentatissima di pellegrinaggi. Vi si conservano ancora, in un modesto reliquiario, offerto nel 1753 dal duca di Châtillon, resti del beato.
Viene festeggiato il 20 giugno a Blois; e il 30 ottobre nelle diocesi di Bretagna.


Autore: Hubert Claude

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30/09/2015 07:46
 
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Sant' Amato di Nusco Vescovo

30 settembre


Nusco, 1003 ca. - 30 settembre 1093

Originario di Nusco, in Irpinia, tra le valli dell'Ofanto e del Calore, Amato nasce intorno al 1003. Figlio di in una famiglia benestante del luogo, diventa sacerdote in giovane età. Nel 1048 è il primo vescovo della città, consacrato dal pastore di Salerno Alfano I. Restaura ed edifica alcune chiese nel centro irpino, abitato fin dall'epoca longobarda. Affida ai Benedettini il monastero di Santa Maria in Fondigliano, a 5 chilometri da Nusco (che verrà poi soppresso nel 1460), e, dopo aver devoluto i suoi beni alla Chiesa, muore il 30 settembre 1093. Numerosi i miracoli e le guarigioni avvenuti sul sepolcro del santo. Un fatto che fece sì che il suo successore, Ruggero, gli dedicasse una chiesa. Eletto patrono della città di Nusco è invocato contro i terremoti, calamità naturale ricorrente dei monti irpini. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: Presso Nusco in Campania, sant’Amato, vescovo.







Pur non essendo abbastanza antica (1461), la sua ‘Vita’ fu scritta da Francesco da Ponte, essa non è molto attendibile. Amato nacque a Nusco, il terzo Comune più alto della provincia di Avellino (mt. 914), che sorge su un monte isolato della catena appenninica irpina, tra le valli dell’Ofanto e del Calore e per la sua posizione panoramica è definito “balcone dell’Irpinia”.
La sua nascita avvenne intorno al 1003, in una famiglia benestante, divenne sacerdote molto giovane e nel 1048 sarebbe stato consacrato primo vescovo della città, dall’arcivescovo di Salerno Alfano I.
Nusco abitata già in epoca molto antica, si sviluppò probabilmente in epoca longobarda, presso un castello, attorno al quale sant’Amato vescovo, raggruppò gli abitanti dei villaggi del circondario.
Restaurò ed edificò alcune chiese, tra cui la cattedrale dedicata al protomartire S. Stefano; fece di tutto per soccorrere i poveri, affidò ai Benedettini il monastero di S. Maria in Fondigliano, posto a 5 km da Nusco e soppresso poi nel 1460, e dopo aver devoluto i suoi beni alla Chiesa, morì il 30 settembre 1093.
Sul suo sepolcro avvennero numerose guarigioni, che gli procurarono il culto di santo, il suo successore Ruggero gli dedicò per questo una chiesa.
Dopo aver dimostrato l’autenticità del suo testamento, si è potuto fissare al 30 settembre 1093 la data della sua morte, in contrasto con l’opinione dei monaci benedettini di Montevergine (AV), che volendolo classificare ad ogni costo, come discepolo del loro fondatore s. Guglielmo da Vercelli (1085-1142), non esitarono a spostare la data della sua morte al 31 agosto 1193, quindi 100 anni dopo.
Patrono della città di Nusco è invocato contro i terremoti, calamità naturale ricorrente dei monti irpini.
Il ‘Martirologio Romano’ lo celebra al 30 settembre.


Autore: Antonio Borrelli

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01/10/2015 06:25
 
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Sant' Abreha Re d'Etiopia

1 ottobre


IV secolo







Secondo tar­dive leggende copte Abreha e il fratello Asbeha sareb­bero stati i primi re etiopi convertiti da s. Frumenzio (morto ca. nel 380) al Cristianesimo. La Chiesa copta ne festeggia la memoria il 1° ott. (nel 4° giorno di paopi) insieme con il re Aizana e il fratello Sazana. Ma, se Aizana, re nel 356, fece eri­gere ad Aksum iscrizioni che rivelano chiaramente l'indole pagana e se bisogna attendere un re della seconda metà del sec. V, il presunto Tazana (nome di grafia incerta), per leggere ad Aksum iscrizioni votive che esaltino un solo Dio del cielo e del mon­do, non si vede come nella corte etiope possa esser penetrato il cristianesimo prima del sec. V.
Fu necessario, infatti, che maturassero particola­ri condizioni politiche, cioè che la dominazione etiope nell'Arabia meridionale, minacciata dalla ostilità dei Persiani, si appoggiasse a Bisanzio, di­venendo la protettrice ufficiale del cristianesimo, perché questo sostituisse la religione precedente.
Se questa rivoluzione accadde, come testimonia Cosma Indicopleuste nell'ambito del sec. VI, non è chiaro quanto credito si possa concedere ad una notizia che l'anticipa di due secoli.


Autore: Giorgio Eldarov

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02/10/2015 05:20
 
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Beato Andrea Ximenez Mercedario

2 ottobre




Fulgido per la santità della vita e l'autorevolezza dovunque si trovasse, il Beato Andrea Ximenez, fu un religioso mercedario esemplare facendo onore alla Chiesa ed al propio Ordine. Passando in redenzione nel regno moro di Granada in Spagna, liberò da una dura oppressione 128 schiavi. Alla fine glorioso raggiunse la felicità eterna in Gesù Cristo.
L'Ordine lo festeggia il 2 ottobre

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03/10/2015 07:42
 
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Beato Adalgotto di Coira Vescovo

3 ottobre




Martirologio Romano: A Coira in Svizzera, beato Adalgotto, vescovo, che, discepolo di san Bernardo a Chiaravalle, fu grande benemerito della disciplina monastica.








Ne ignoriamo luogo e data di nascita. Monaco a Citeaux, poi discepolo di san Bernardo di Chiaravalle, forse abate di Disentis nel 1150, venne richiesto come vescovo, probabilmente perché originario della città, dagli abitanti e dal clero di Coira (Chur), in Svizzera, e vi fu consacrato nel 1151 dall'arcivescovo di Magonza. Diede alla sua vita privata ed al suo episcopato un'impronta di austerità: riformò il clero, ricondusse i monasteri posti sotto la sua giurisdizione ad una più rigida osservanza della regola, sorvegliò i buoni costumi della popolazione. Fu in rapporti politici col pontefice Stefano III e con l'imperatore Federico I, ma non scese mai a compromessi su quanto riguardava i diritti della Chiesa. Restaurò chiese e monasteri, tra i quali Cazis, Schännis, Munster, Müstail, S. Lucio di Coira; l'11 giugno 1160 consacrò la cripta di Marianberg, come testimonia un'iscrizione, e probabilmente fu lui a promuovere la costruzione della bella cattedrale di Coira.
Morì in età avanzata il 3 ottobre 1160; le sue reliquie, divenute presto oggetto di venerazione, operarono alcuni miracoli.
Il suo nome fu inserito nel Catalogo dei santi e beati cistercensi, compilato dall'abate di Citeaux, Giovanni di Cirey, nel 1492, dove sono registrate anche le varianti del nome: Algott, Adelgorio. Il 4 maggio 1881 la Congregazione dei Riti ne approvò il culto ab immemorabili; le Congregazioni Cistercensi di Mehrerau e di San Bernardo in Italia lo ricordano il 3 ottobre, ma non tutti gli riconoscono il titolo di santo: il Menologium Cisterciense lo dice, infatti, beato.


Autore: Goffredo Venuta

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04/10/2015 08:46
 
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Beato Alfonso Tabela Mercedario

4 ottobre


† Lisbona, Portogallo, 1550

Famoso per la cultura e la pietà, il BeatoAlfonso Tabela, fu gloria del Portogalloche onorò la provincia mercedaria diCastiglia.Mandato a redimere in Africa, liberò nellacittà di Algeri 50 fanciulli dal pericolodell'apostasia.Morì gloriosamente nel bacio del Signorenella sua patria in città di Lisbona l'anno1550.
L'Ordine lo festeggia il 4 ottobre.

Etimologia: Alfonso = valoroso e nobile, dal gotico

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05/10/2015 07:34
 
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Beato Alberto Marvelli Laico

5 ottobre


Ferrara, 21 marzo 1918 - Rimini, 5 ottobre 1946



Nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, secondogenito di sette fratelli. Trasferitosi a Rimini con la famiglia nel 1930, Alberto Marvelli si formò all'interno dell'oratorio Salesiano e nell'Azione Cattolica, nelle cui file fece le prime esperienze di apostolato. Laureatosi in ingegneria, lavorò presso la Fiat; fu allievo ufficiale a Trieste. Durante la guerra si prodigò instacabilmente nell'opera dei soccorsi; finiti i combattimenti si impegnò nell'opera di ricostruzione. Nel 1945 entrò a far parte della "Società Operai di Cristo". Presidente dei Laureati Cattolici, Vice Presidente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica, membro dell'esecutivo della Democrazia Cristiana, membro delle Conferenze di S. Vincenzo, Alberto Marvelli fu animatore di svariate iniziative di carità e di impegno sociale. Consigliere comunale dopo la Liberazione, Assessore ai Lavori Pubblici, Presidente del Consorzio Idraulico, Capo della Sezione Autonoma del Genio Civile. Morì il 5 ottobre 1946, a 28 anni, investito da un autoveicolo militare delle truppe di occupazione. Il 23 marzo 1986 fu promulgato il decreto sull'eroicità delle virtù; ad Alberto Marvelli venne così conferito il titolo di "Venerabile". La sua tomba è ora nella chiesa di S. Agostino.

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco









Splendido esempio di giovane professionista, di laico impegnato nell’apostolato e nella costruzione di un mondo migliore anche come politico, in un’Italia che subiva gli ultimi contraccolpi della devastante Seconda Guerra Mondiale.
Nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, ma fu Rimini che divenne il centro della sua opera e della sua vita, dopo che l’agiata famiglia, di solida formazione cattolica, vi si era trasferita nel 1930.
Fin dall’adolescenza ebbe un potente desiderio della santità, concepito non solo come bisogno della sua anima, ma anche come mezzo indispensabile per cooperare alla salvezza del prossimo. Oltre l’opera di formazione morale ricevuta nell’ambiente familiare, a Rimini si aggiunse quella dell’Oratorio Salesiano e specialmente dell’Azione Cattolica, nelle cui fila ed organizzazione fece le prime esperienze di apostolato.
Si laureò nel 1941 in ingegneria all’Università di Bologna e lavorò per alcuni mesi presso la FIAT di Torino, nello stesso anno in pieno periodo di guerra, fu chiamato a prestare il servizio militare prima a Trieste e poi a Treviso; congedato nel settembre 1944, ritornò a Rimini, dove fu coinvolto nelle vicende drammatiche della città, devastata dalla guerra non ancora finita.
Al termine del conflitto mondiale, si dedicò con slancio alla ricostruzione morale e materiale della città; ebbe vari incarichi, come direttore dell’Ufficio Alloggi, Assessore Comunale, ingegnere del Genio Civile, membro della direzione cittadina della Democrazia Cristiana; tutto ciò gli diede una visibilità pubblica, facendolo diventare necessario per tutti.
In campo diocesano, nel 1945 entrò a far parte della Società Operai del Getsemani, di cui fondò a Rimini un reparto; ebbe l’incarico di Presidente dei Laureati Cattolici.
Le eccezionali doti che Alberto Marvelli possedeva, umane e spirituali, vissute con genuinità, sincerità e naturalezza, esercitavano un fascino su tutti, di qualunque idea politica o sociale fossero. Ed è con sorpresa che si constata come con la sua giovane età e alla luce del breve periodo della sua esistenza, abbia potuto svolgere un’attività così vasta e intensa in svariati campi.
Nell’apostolato profuse il suo particolare carisma, tramite i contatti personali, i discorsi, le lezioni, le conferenze; animò tante iniziative di carità e di assistenza sociale; fu membro delle Conferenze di S. Vincenzo con predilezione verso i poveri ed abbandonati.
Istituì per questi bisognosi, anche la ‘Messa del povero’ a cui seguiva la domenica, un pranzo sereno che serviva lui stesso. La forza che animava tanto dinamismo, era l’amore di Dio, alimentato con l’assidua preghiera e con la comunione quotidiana; nel suo ‘Diario’ stampato dopo la sua morte, si possono verificare le tappe di questo costante e progressivo maturare nella vita interiore, fino ad arrivare alle vette dei mistici; fra l’altro scriveva: ”Gesù mi invita a salire, ad ascendere. Ho un desiderio intenso di farmi santo attraverso la vita che il Signore mi riserva”.
Si dedicò generosamente nell’Italia del dopoguerra, all’attività politica ispirata ai principi cristiani, riscuotendo rispetto e stima dagli stessi avversari, si candidò nella lista della Democrazia Cristiana per l’elezione della prima Amministrazione Comunale, ma il Signore dispose diversamente.
Il 5 ottobre 1946, mentre si recava a tenere l’ultimo comizio, fu investito da un autoveicolo militare, morendo poche ore dopo a soli 28 anni, fra il compianto generale della rinata Italia e della diletta Rimini.
La figura di Alberto Marvelli si staglia come un autentico precursore del Concilio Vaticano II, riguardo il ruolo nella Chiesa e nella società, dell’apostolato dei laici.
Papa Giovanni Paolo II il 29 agosto 1982, lo additò alle migliaia di giovani convenuti a Rimini per il “Meeting dell’amicizia”, come modello da seguire per la gioventù cattolica.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 1° marzo 1968, e la salma traslata dal cimitero nella chiesa di S. Agostino. Il 22 marzo 1986 è stato promulgato il decreto sulle virtù e dato il titolo di venerabile.
E' stato beatificato da Papa Giovanni II il 5 settembre 2004 a Loreto.

Autore: Antonio Borrelli

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06/10/2015 09:00
 
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Beato Adalberone di Wurzburg Vescovo

6 ottobre




Martirologio Romano: A Lambach in Baviera, nell’odierna Austria, transito del beato Adalberone, vescovo di Würzburg, che, patite molte sofferenze da parte degli scismatici per aver difeso la Sede Apostolica e cacciato per due volte dalla sua sede, passò gli ultimi anni della sua vita in pace presso il monastero di Lambach da lui fondato.








Nacque verso il 1010 dalla potente famiglia di Lambach-Wels sul Traun (Alta Austria) e fu educato a Wurzburg, giacché la madre Regilla era originaria di quei dintorni, e qui compì i primi studi, che poi continuò a Parigi. Tornato a Würzburg, divenne canonico della cattedrale, finché il 30 giugno 1045 (o 1040?) fu eletto, come successore di suo zio Brunone, vescovo della medesima città. Allora si consacrò alla restaurazione della disciplina e allo sviluppo dei monasteri. Nel 1047 fece venire dei monaci lorenesi riformati da Riccardo di St-Vanne a Schwarzbach nella Bassa Franconia e nel 1056 iniziò i restauri dell'abbazia di Lambach, fondata da suo padre Arnold. Nel 1074-75 incontrò a Roma il nuovo papa Gregorio VII che preparava decreti di riforma; la situazione, tuttavia, non gli pareva che ancora esigesse una scelta tra papa e imperatore (sappiamo, però, che la sua sede, Wurzburg, parteggiava per quest'ultimo), perciò il suo appoggio a Gregorio VII fu dapprima alquanto blando. Ma i sinodi di Magonza e di Worms (1076), nei quali l'imperatore Enrico IV intendeva far eleggere un nuovo papa contro Gregorio VII, dichiarato decaduto, gli aprirono gli occhi e da allora assunse nei confronti di Enrico IV un atteggiamento indipendente, rompendo con lui, benché ne fosse padrino, e consacrandosi con convinta adesione alla causa dell'ortodossia. Si narra, infatti, che già nel gennaio 1076 tra i vescovi radunati a Worms, Adalberone insieme con Ermanno di Metz, si levasse a protestare contro l'aperta violazione delle forme giuridiche, che si andava perpetrando in quella assemblea. Enrico IV, da parte sua, indotto a miglior consiglio dall'opposizione di vescovi e di principi, tentò di salvarsi con la riconciliazione di Canossa (1077); ma essa ai suoi nemici, ormai troppo disgustati di lui, non fu gradita, né valse a trattenerli dal procedere alla elezione di un nuovo imperatore nella persona di Rodolfo di Rheinfelden, cognato dello stesso Enrico. Ciò avveniva a Forchheim il 13 marzo 1077; Enrico IV, affrettato il ritorno in Germania, nel medesimo anno strinse d'assedio Wurzburg, di cui poté impadronirsi, dopo essere riuscito a sollevare i cittadini contro Adalberone che, perciò, dovette lasciare la città. All'abbandono forzato della sede episcopale, seguì la deposizione e la sostituzione con un arcivescovo intruso (1085); nell'anno seguente, la rivolta della Baviera e la sconfitta di Enrico a Bleichfeld (11 aggosto) gli permisero di riprendere possesso della sua sede; ma il trionfo fu di breve durata, perché la città fu ripresa, poco dopo, da Enrico e Adalberone stesso cadde nelle sue mani. In quelle circostanze l'imperatore non abusò della propria vittoria; fece, anzi, ad Adalberone delle proposte abbastanza concilianti, con lo scopo palese di guadagnare l'arcivescovo al proprio partito; ma costui preferì l'esilio, pur di rimanere fedele al papa e perciò fu condotto nell'abbazia di Lambach, dove trascorse i suoi ultimi anni, considerato come un campione del papato in Germania, allo stesso modo che Altmann di Passau e Gebhard di Costanza, suoi amici, i quali, però, più giovani di lui, potevano in quegli anni attivamente influire sugli sviluppi degli avvenimenti.
Nel 1088 Adalberone rinunziò alla dignità episcopale e dedicò il monastero di Komburg, presso Schwabisch Hall, nel Württemberg; l'anno seguente incitò il conte di Achalm a fondare il monastero di Zwiefalten, in diocesi di Costanza, nel quale vennero monaci di Hirschau; il 15 settembre 1089 poté consacrare il nuovo monastero benedettino di Lambach, al quale attendeva ormai da più di trent'anni.
Adalberone morì il 6 ottobre 1090. La sua Vita, con la narrazione dei suoi miracoli, fu composta da un monaco anonimo di Lambach verso il 1205: essa si presenta di valore storicamente mediocre. Notevole, invece, la fama di santità lasciata da Adalberone e comprovata da numerosi miracoli: la breve Vita metrica, composta in suo onore da un anonimo di epoca incerta, si chiude, appunto, con queste parole (Acta SS. Octobris, III, p. 490; cf. bibl.):
Praemia nec meritis hic clesunt, nainque miraclis non dubiam testata fidem monumenta refulgent optatamque aegris reddunt consulta salutem.
E un' Oratio metrica, così, al suo inizio, esalta il santo (Acta SS., cit.):
O felix confessor Christi Adalbero qui fuisti hic in terris Deo gratus nunc in coelis sublimatus.
Anche un documento del sec. XII, che riguarda concessioni di indulgenze, comprova la fama di santità del santo, in quanto la chiesa di Lambach vien detta del «beato» Adalberone. Del resto il suo culto fu approvato nei 1883 da Leone XIII: se ne celebra la festa al 6 ottobre e una traslazione di reliquie al 16 settembre. La ricognizione delle ossa del santo avvenne nel 1884.
Iconograficamente Adalberone è rappresentato con una chiesa in mano, o in ginocchio davanti alla Vergine e al Bambino Gesù che gli appaiono in una nuvola.


Autore: Pietro Bertocchi

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07/10/2015 06:39
 
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Beate Agnese, Maddalena, Caterina, Bianca e Marianna Monache mercedarie

7 ottobre




Le Beate: Agnese, Maddalena, Caterina, Bianca e Marianna, onorarono il monastero mercedario dell’Assunzione in Siviglia (Spagna), con la loro vita di osservanza e contemplazione. Furono premiate con le consolazioni divine, veramente sapienti e dello stesso numero delle vergini prudenti, anch’esse prepararono le loro lampade con le virtù e portarono con se l’olio delle buone opere così all’arrivo dello Sposo Divino entrarono con Lui alle nozze eterne. L’Ordine le festeggia il 7 ottobre

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08/10/2015 08:42
 
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Santa Benedetta di Origny-sur-Oise Martire

8 ottobre











I suoi Atti formano un racconto favoloso, simile alla passio di Santa Saturnina, festeggiata il 20 maggio. La più antica traslazione delle reliquie avrebbe avuto luogo nel 665. Altre ne sarebbero seguite nell'876-878 e nel 1231.

La festa, che cade l'8 ottobre, è passata da Usuardo al Martirologio Romano, dove è confuso con il nome di "Laon", la città in cui visse Benedetta, con quello di Lione. Il Nuovo Martirologio Romano non è più presente.

Le sue reliquie si trovano a Origny-sur-Oise, nella diocesi di Reims


Autore: Gilbert Bataille



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09/10/2015 09:22
 
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San Dionigi e compagni Vescovo e martiri

9 ottobre - Memoria Facoltativa


sec. III

Secondo la tradizione, fu il primo vescovo di Parigi, inviato in Gallia dal Papa Fabiano nel 250. Subì il martirio insieme a Rustico ed Eleuterio. Le sue reliquie sono custodite nella Basilica che Santa Genoveffa fece erigere nel 495. Accanto ad essa nel secolo VII sorse la celebre abbazia che da lui prese il nome. (Mess. Rom.)

Etimologia: Dionigi = consacrato a Dioniso (è il dio Bacco)


Emblema: Bastone pastorale, Palma


Martirologio Romano: Santi Dionigi, vescovo, e compagni, martiri: si tramanda che san Dionigi sia giunto in Francia inviato dal Romano Pontefice e, divenuto primo vescovo di Parigi, morì martire nelle vicinanze di questa città insieme al sacerdote Rustico e al diacono Eleuterio.



Ascolta da RadioRai:
Ascolta da RadioMaria:




S. Dionigi è citato in vari importanti documenti tutti datati intorno al V-VI secolo; come la ‘Vita di s. Genoveffa’ ove si dice che la santa verso il 475 costruì a Parigi la chiesa di s. Dionigi; lo storico-poeta Venanzio Fortunato, morto verso il 600, anch’egli annota nei suoi scritti la chiesa di s. Dionigi e un’altra esistente a Bordeaux; s. Gregorio di Tours (m. 594) nella sua ‘Historia Francorum’ racconta di Dionigi e il suo martirio.
Stranamente in questi antichi autori mancano notizie per i compagni di martirio e di apostolato di Dionigi vescovo, cioè Rustico prete ed Eleuterio diacono; i loro nomi compaiono per la prima volta nel secolo VI-VII nel ‘Martirologio Geronimiano’.
La prima ‘passio’ latina si ha nell’VIII secolo e posiziona al I secolo la venuta in Gallia di Dionigi e compagni, ma una seconda e terza ‘passio’ del IX sec. hanno creato un alone di leggenda intorno alla sua figura. Fu identificato con Dionigi l’Areopagita, convertito da s. Paolo e questa versione andò avanti per parecchio tempo, riportata peraltro in tanti documenti e codici; ma poi altri autorevoli testi e studi successivi hanno definitivamente divise le due figure, che si celebrano distintamente il 3 ottobre per l’Areopagita e il 9 ottobre per Dionigi di Parigi.
La versione più accreditata, lo indica come mandato da Roma insieme agli altri due compagni, ad evangelizzare nel III secolo, la Gallia, divenendo primo vescovo di Parigi che allora si chiamava Lutezia, organizzatore della prima comunità cristiana sulla Senna, e martire nel 270.
Resta il mistero del silenzio per tre secoli sulle figure di Eleuterio e Rustico, alcuni studiosi affermano che è usanza nel nominare una chiesa, di dire solo il nome del titolare principale; altri fanno l’ipotesi che Dionigi porta il nome del dio Dionisius che fra gli altri epiteti ha anche Eleutherius cioè Libero e inoltre esso era un dio che simboleggiava la natura, sempre percorrendo campi e foreste, quindi un nume rustico, da qui Rusticus.
Con la confusione che ha distinto la storia dei nomi dei santi più antichi, si può supporre che non di compagni si tratti, ma di aggettivi, questo spiegherebbe il silenzio così lungo.
Dionigi a causa delle leggende che l’hanno confuso con l’altro Dionigi l’Areopagita, si è portato con sé, tradizioni, culto e raffigurazioni, provenienti da quel periodo.
Così egli è raffigurato in tante chiese con statue, vetrate, bassorilievi, miniature, lezionari, pale d’altare, dipinti, in buona parte da solo, in vesti episcopali, spesso con la testa mozzata fra le mani; dopo l’VIII secolo è raffigurato anche insieme ad Eleuterio e Rustico.
L’iconografia è ricchissima, testimonianza della diffusione del culto a Parigi ed in tutta la Francia e poi nelle Colonie, essa rappresenta con dovizie di particolari, il processo davanti al governatore Sisinnio, il supplizio della graticola con le fiamme, la santa Comunione ricevuta da Gesù Cristo mentre era in carcere, soprattutto il martirio mediante decapitazione o rottura del cranio, avvenuta a Montmartre e con Dionigi che cammina da lì al luogo della sepoltura, con la testa portata da se stesso con le mani.

Il nome Dionigi e la variante francese Denis e Denise, è di ampia diffusione, mentre Dionisio e Dionisia è molto raro.


Autore: Antonio Borrelli

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10/10/2015 08:24
 
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SAN DANIELE COMBONI. SANTO DEL GIORNO, SI CELEBRA IL 10 OTTOBRE - La chiesa cattolica oggi, sabato 10 ottobre, celebra la memoria di San Daniele Comboni. Egli nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda: i suoi genitori erano poveri braccianti e lui fu l'unico sopravvissuto degli otto figli della coppia. A causa delle precarie condizioni economiche della famiglia, San Daniele Comboni fu mandato in un istituto per ragazzi poveri tenuto da don Nicola Mazza. Qui, sotto la guida di Mazza (che si occupava di formare sacerdoti per le missioni in Africa), decise di diventare sacerdote e di dedicare la propria vita come missionario nell'Africa sub-sahariana: questa fu la sua promessa al suo maestro. Ordinato sacerdote nel 1854, l'8 settembre 1857 partì insieme ad altri quattro sacerdoti per l'Africa centrale (attuale Sudan). San Daniele Comboni era il più giovane. Rientrò nel 1859 a causa della malaria in Italia e qui cominciò a stendere il suo piano di rigenerazione dell'Africa (il suo motto, ripreso da don Mazzi, era "salvare l'Africa con l'Africa"), con la fondazione di scuole (in luoghi dove il clima fosse sostenibile dagli europei) dove formare non solo preti e suore, ma anche medici insegnanti africani. Grazie ai finanziamenti trovati con un viaggio in mezza Europa per presentare il suo progetto tra il 1864 e il 1865, effettuò numerosi viaggi in Africa fondando scuole e combattendo la schiavitù. Fondò anche l'istituto di Missionari Comboniani del Cuore di Gesù nel 1867. Successivamente, nel 1872 fondò la rivista Nigrizia e l'istituto delle Suore Missionarie Pie Madri della Nigrizia.

L'impegno di San Daniele Comboni verso l'Africa si vede sia nella petizione presentata a favore dell'evangelizzazione dell'Africa Centrale al Concilio Vaticano I (1870) che nella decisione di Pio IX di affidare le missioni in Africa Centrale proprio ai Comboniani (1872). Dopo essere stato nominato vescovo e poi Vicario Apostolico dell'Africa Centrale nel 1877, nel 1880 Comboni effettuò il suo ultimo viaggio in Africa, l'ottavo. Morì a Khartoum (capitale del Sudan) il 10 ottobre 1881 durante un'epidemia di colera. La sua canonizzazione avvenne il 5 ottobre 2003 a causa della guarigione miracolosa della sudanese Lubna Abdel Aziz
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11/10/2015 08:25
 
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Sant' Alessandro Sauli Vescovo

11 ottobre


Milano, 15 febbraio 1534 - Calosso d’Asti, 11 ottobre 1592



Nato da antica famiglia genovese, nel 1534, si consacrò giovanissimo alla Vergine. Rifiutando una brillante carriera presso Carlo V, entrò nella Congregazione dei Chierici regolari di san Paolo (i Barnabiti). Nel segno dell'obbedienza comparì nella piazza dei mercanti vestito da nobile, ma portando sulle spalle una pesante croce. Nominato teologo del vescovo e decano della Facoltà teologica di Pavia, fu eletto Superiore generale dell'Ordine e si adoperò per mantenerne vivo lo spirito originale. Confessore di Carlo Borromeo, fu anche il direttore spirituale di personalità illustri del suo tempo, religiosi e laici. Vescovo di Aleria in Corsica, una diocesi in grande decadenza, ne riformò il clero e fu maestro di vita cristiana per tutti i ceti, placando tensioni e odi tra famiglie. La sua carità e la sua dedizione furono talmente grandi da essere chiamato «angelo tutelare», padre dei poveri, apostolo della Corsica. Nel 1904, Pio X lo iscrisse fra i santi. (Avvenire)

Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco


Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: A Calosso d’Asti in Piemonte, transito di sant’Alessandro Sauli, vescovo dapprima di Aleria in Corsica e poi di Pavia, che, membro della Congregazione dei Chierici regolari di San Paolo, diede sollievo ai poveri con mirabile carità.



Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioMaria:





Ha davvero tutto: famiglia nobile genovese, che dà senatori e dogi alla Repubblica marinara; attitudine allo studio; alte relazioni che, adolescente, gli procurano la nomina a paggio di corte: quella di Carlo V, signore d’Europa e d’America, padrone del mondo. Partendo da lì, uno come lui può arrivare in fretta ai grandi posti. Ma Alessandro Sauli non parte. A 17 anni chiede di entrare fra i Chierici Regolari di San Paolo, detti Barnabiti, perché risiedono presso la chiesa milanese di San Barnaba. Sono preti legati da una regola di vita comune, da severi compiti di studio e d’insegnamento. Uomini di punta del rinnovamento religioso.
"Domando di essere accolto", dice, "per abbandonarmi totalmente nelle mani dell’obbedienza". Nel segno dell’obbedienza si espone a una prova tra le più sgradevoli: compare nella piazza dei mercanti vestito da nobile, ma portando sulle spalle una pesante croce. Si umilia, insomma, a dar spettacolo, esponendosi allo scandalo e alla beffa. E dà inizio a una consuetudine: "Da allora, “portar la croce” fa parte delle nostre tradizioni familiari. E’ una delle più care e indimenticabili, perché ogni barnabita inizia il proprio anno di noviziato portando la croce dalla comunità alla chiesa" (P. Luis Origlia Roasio).
Ordinato sacerdote, diviene maestro e formatore di barnabiti, chiamati a esser uomini della croce e del libro, della fede e della cultura strettamente unite, nel XVI secolo come nel XX. Alessandro Sauli, in quest’opera, è talmente uomo di punta che a soli 34 anni lo fanno già superiore generale. Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, lo vuole suo confessore: "Fatto diligente esame di coscienza di tutti i suoi peccati, li confessò ad Alessandro Sauli... Del suo consiglio pieno di dottrina si giovò moltissimo" (C. Bescapé). Pio V nel 1567 lo nomina vescovo di Aleria, in Corsica, dove c’è da fare tutto, compreso lo sfamare i fedeli, vittime di carestie e pirati; e proseguendo col formare preti culturalmente degni, infondendo in loro slancio per l’evangelizzazione. Per vent’anni la Corsica ha in lui un padre e maestro. E morirebbe lì, ma deve poi obbedire a un suo allievo diventato papa, Gregorio XIV, che lo trasferisce a Pavia.
Obbedisce, anche se tanto lavoro l’ha già sfiancato. Eppure intraprende subito la visita pastorale: non smette di “portare la croce”, finché un minimo di forze lo sorreggono. Viene per lui l’ultimo giorno nel dolce scenario d’autunno del Piemonte meridionale: a Calosso d’Asti, dove accetta l’ospitalità del signore del luogo. Ma non nei saloni nobili: se ne sta al pianterreno con i lavoranti, vicino alla portineria. E qui, con le prime nebbie fra le colline, muore l’“Apostolo della Corsica”. Il corpo ritorna poi a Pavia, dove sarà inumato in cattedrale. Nel 1904, Pio X Sarto lo iscriverà fra i santi.


Autore: Domenico Agasso

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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