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CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 13:12
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09/05/2017 08:29
 
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San Banban Sapiens

9 maggio










Tutti i martirologi, tranne il Félire Oengusso Céli Dé, menzionano a questa data la festa di Banbán sapiens (o ecnaid). Alcuni Annali (cf. Annala Uladh, ed. W. M. Hennessy e 13. Mac Carthy, Dublino 1887-1901, s.a. 685; Dubaltach mac Firbisigh, Three fragments, ed. j. 0' Donovan, Dublino 1860, p. 88; The annals of Tigernach, ed. W. Stokes, in Revue Celtique, XVI-XVIII [189597], p. 209) ricordano la morte di Banbán sapiens al 686 e i Three fragments e gli Annali di Tigernach aggiungono che egli era un fer-légi . nd di Cell Dara (= Kildare). Si potrebbe esser tentati ad identificare Banban con il personaggio menzionato nel Conimentario alle Epistole Cattoliche, scritto circa il 655, ma ci sono alcune difficoltà di cronologia (cf. A. Holder, Altirische Nanien im Reichenauer Codex CCXXXIII, in Archiv fúr Celtische Lexikographie, 111, 4 [1907], p. 266).

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10/05/2017 07:29
 
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Santi Quarto e Quinto Martiri di Roma

10 maggio


sec. IV

Martirologio Romano: Nello stesso luogo (A Roma sulla via Latina), commemorazione dei santi Quarto e Quinto, martiri.







La più antica notizia di questi santi si trova nel Martirologio Geronimiano che li ricorda il 10 magg. con l'indicazione topografica ad centum aulas sulla via Latina. Quale fosse il luogo cosi designato non si sa, ma gli Itinerari del sec. VII concordemente attestano che i sepolcri dei due mar­tiri si trovavano nella chiesa dei santi Gordiano ed Epimaco. Il latercolo del Geronimiano fu tra­scritto dai martirologi storici e da questi passò anche nel Romano, in cui il Baronio vi aggiunse che i corpi di Quarto e Quinto sarebbero stati trasfe­riti a Capua. Questa notizia non ha un solido fon­damento e dipende dal fatto che nel famoso mo­saico absidale della chiesa di S. Prisco a Capua, erano raffigurati due santi omonimi. Ciò condusse anche qualche studioso locale ad asserire che Quar­to e Quinto fossero due chierici capuani martiriz­zati a Roma e si giunse persino a farne due ve­scovi della predetta città. Rimane dubbio se i due santi del mosaico capuano debbano identificarsi con i romani dal momento che di nessuno di loro si hanno altre più sicure notizie.


Autore: Agostino Amore

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12/05/2017 08:57
 
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San Domenico della Calzada Eremita

12 maggio


m. 12 maggio 1109

Martirologio Romano: Nella Castiglia in Spagna, in una località poi insignita del suo nome, san Domenico, detto della Calzada, sacerdote, che costruì ponti e strade ad uso dei pellegrini di Santiago di Compostela e provvide con amore alle loro necessità nelle celle e nella foresteria che in questo luogo aveva fatto costruire.








Nato nei dintorni di Burgos (Spagna), dopo aver fatto il pastore, tentò, ma invano, di entrare nei monasteri di Valvanera (Logrono) e di S. Millán della Cogolla. La sua deformità fisica e la sua insufficienza intellettuale impedirono agli abati di riceverlo. Qualche tempo dopo, però, fu ordinato sacerdote dal legato papale Gregorio di Ostia, di cui divenne intimo e fedele amico e compagno di viaggio attraverso la Spagna. Alla morte di lui, avvenuta il 9 maggio 1048, Domenico si ritirò sulle rive dell'Oja, in un punto dove i pellegrini diretti a Compostella erano soliti guadare il fiume, dedicandosi al loro servizio. Costruì un ospizio, nel quale essi potessero riposare la notte, un ponte che rendesse loro agevole e sicuro il passaggio, e trasformò la pista in una comoda strada (in spagnolo calzada), aiutato dagli abitanti della località, attirati dalla sua santa vita e dai miracoli che compiva, e anche da Alfonso VI. Attorno alla cella, dove abitava, e alla cappella, dove pregava, si andò formando, lui ancora vivente, la città di San Domenico della Calzada. Morì il 12 maggio 1109 e fu sepolto nella chiesa del luogo. La festa ricorre il giorno della morte.


Autore: Justo Fernández Alonso

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13/05/2017 10:54
 
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Sant' Agnese di Poitiers Badessa

13 maggio


m. 588

Etimologia: Agnese = pura, casta, dal greco


Martirologio Romano: A Poitiers nella regione dell’Aquitania, in Francia, santa Agnese, badessa, che, consacrata dalla benedizione di san Germano di Parigi, governò con grande spirito di carità il monastero della Santa Croce.








Agnese, educata «ab ineunte aetate loco filiae» dalla regina santa Radegonda, quando questa, dopo essersi ritirata dalla corte, fondò il monastero di Santa Croce a Poitiers, pregata dalla sua benefattrice, che non voleva per sé tale incarico, ne divenne badessa, con la benedizione abbaziale datale da san Germano, vescovo di Parigi, presenti altri vescovi.
Dopo qualche anno, in seguito a contrasti insorti tra il monastero e il vescovo della città Meroveo per questioni di giurisdizione, la santa ritenne opportuno ritirarsi temporaneamente ad Aries insieme con Radegonda; al suo ritorno introdusse nel monastero le regole dettate da san Cesario per una abbazia femminile di San Giovanni di Aries. La prudenza con cui Agnese esercitava la difficile arte del governo, oltre ad attirare al monastero più di 200 religiose, fece si che, dopo la morte di santa Radegonda, poté riconciliarsi con Meroveo, che ebbe l'alta direzione del cenobio. I rapporti fra le due autorità migliorarono ancora con Venanzio Fortunato, successore di Meroveo, il quale ha lasciato precise testimonianze intorno alle virtù di Agnese nelle sue lettere e nei suoi versi.
Agnese morì il 13 maggio 588, nove mesi dopo Radegonda, e fu sepolta nella chiesa di Santa Maria fuori le mura della città.
Il nuovo Proprio della diocesi di Poitiers ricorda le sant'Agnese e il 13 maggio.


Autore: Charles Lefebvre

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14/05/2017 09:56
 
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San Costanzo di Vercelli Vescovo

14 maggio


m. Vercelli, 541 circa

San Costanzo, tredicesimo vescovo di Vercelli, successore di Sant’Eusebio II, fu insigne poeta e cultore della memoria dei santi locali. San Flaviano promosse inoltre la decorazione con particolari ornamenti, dell’antica basilica eusebiana.

Etimologia: Costanzo = che ha fermezza, tenace, dal latino


Emblema: Mitra, Pastorale








San Costanzo fu il tredicesimo vescovo di Vercelli, succedendo così a Sant’Eusebio II nel 530 circa. Dunque, storicamente parlando, questo personaggio non è assolutamente da confondere con il santo omonimo venerato nel cuneese, presunto martire della Legione Tebea. Poco si sa purtroppo di questo santo pastore vercellese, che sedette sulla cattedra episcopale che fu del grande protovescovo Sant’Eusebio, del quale il suo immediato predecessore non era che un omonimo.
Nel 1572 vennero alla luce, durante alcuni lavori nella cripta dell’antica basilica eusebiana, gli epitaffi di alcuni vescovi tra i quali proprio Costanzo. Recava iscritto il suo elogio funebre che, come si usava a quel tempo presso il celebre cenobio attiguo alla cattedrale, era in versi poetici, probabilmente redatti dal suo successore San Flaviano, grande poeta. Purtroppo sia l’epitaffio che il suo contenuto sono andati persi e ciò giustifica la carenza di notizie sul conto di Costanzo.
E’ sopravvissuta tuttavia all’oblio del tempo l’iscrizione sepolcrale delle due sorelle del vescovo, le sante monache Costanza ed Esuperia, festeggiate al 18 febbraio, che come si apprende da tale fonte avrebbero ricevuto il sacro velo proprio dal loro congiunto.
San Costanzo è festeggiato al 14 maggio, anche se in realtà purtroppo la sua memoria non compare più sul calendario liturgico diocesano.


Autore: Fabio Arduino

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15/05/2017 08:34
 
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Santi Pietro, Andrea, Paolo e Dionisia Martiri

15 maggio


sec. III

Martirologio Romano: A Lámpsaco in Ellesponto, nell’odierna Turchia, passione dei santi Pietro, Andrea, Paolo e Dionisia, martiri.

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16/05/2017 08:50
 
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San Possidio

16 maggio




Il ricordo di S. Possidio resta unito, sia come religioso che come vescovo, a quello di s.Agostino, della cui eredità monastica è il maggiore rappresentante insieme a s. Alipio.Il rapporto di amicizia di Possidio con Alipio e Agostino sembrano essere iniziate al tempo della fondazione del monastero maschile ad Ippona.Possidio fu il primo biografo di Agostino, con il quale visse "in dolce familiarità per circa 40 anni". Fu eletto vescovo di Calama verso il 397. Per difendere i diritti della Chiesa africana si recò per ben due volte in Italia. Con Agostino ed Alipio partecipò ai Concili d' Africa, figurando anche, nella famosa riunione avvenuta a Cartagine nel 411 tra cattolici e donatisti, tra i sei prescelti dai 266 vescovi cattolici, per parlare a nome di tutti. S. Possidio muore verso il 437. Dal 1671 l'Ordine agostiniano celebra la sua festa, insieme a quella di s.. Alipio il 16 maggio.

Martirologio Romano: Commemorazione di san Possidio, vescovo di Guelma in Numidia, nell’odierna Algeria, che, discepolo e amico fedele di sant’Agostino, fu presente alla sua morte e ne scrisse una celebre biografia.







S. Possidio fu tra gli amici intimi di Agostino.
Si formò cristianamente nel monastero che questi aveva fondato accanto alla chiesa, ad Ippona, e lì visse per alcuni anni, finché, intorno al 400, fu eletto vescovo di Calama, città della Numidia.
In tale veste fu, insieme con Alipio, Evodio e qualche altro, uno dei luogotenenti più fidati e capaci di Agostino, sì che lo troviamo di frequente partecipe degli avvenimenti che contraddistinsero le controversie con i donatisti e con i pelagiani. Basterà ricordare la sua partecipazione ai Concili antidonatisti di Cartagine del 403 e 407 e, soprattutto, alla grande conferenza tenuta nel 411 sempre a Cartagine fra cattolici e donatisti. Particolarmente inviso a questi, fu da loro sottoposto a gravi violenze, mentre per dei contrasti sorti a Calama corse dei rischi anche da parte dei pagani.
Partecipò ancora ai Concili antipelagiani di Milevi nel 416 e di Cartagine nel 419, e fu incaricato di due missioni ufficiali in Italia presso l'imperatore nel 409 e nel 410. Al tempo dell'invasione vandalica, nel 428 Calama fu devastata dai barbari e Possidio si rifugiò ad Ippona, presso Agostino che viveva allora le sue ultime ore. Poté così assistere al trapasso del suo maestro ed amico, che con tanta commossa partecipazione descriverà negli ultimi capitoli della biografia.
Dopo l’incendio di Ippona ebbe modo di tornare a Calama, ma solo per poco: infatti nel 437 fu tra coloro che si opposero all’ordine di Genserico, il quale voleva imporre la fede ariana nei suoi domini, e perciò fu scacciato dalla sua sede. Dopo questo fatto non abbiamo più notizie di lui.
I Canonici Regolari e l'Ordine agostiniano ne celebrano la festa, insieme a quella di s. Alipio il 16 maggio.
Il culto di questi due massimi rappresentanti dell' eredità monastica di Agostino fu confermato da Clemente X con il breve Alias a Congregatione il 19 agosto 1672.


Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A.

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17/05/2017 08:52
 
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San Vittore Martire

17 maggio


sec. IV

Martirologio Romano: A Roma sulla via Salaria Antica nel cimitero di Basilla, san Vittore, martire.








Santi ADRIONE di ALESSANDRIA e VITTORE di ROMA, martiri

Il Martirologio Geronimiano alla data del 17 maggio ha: «In Alexandria Adrionis Victoris et Basillae»; la memoria è passata poi nel Martirologio Romano, che ricorda lo stesso giorno i nomi degli stessi santi. Si deve notare, però, che nelle diverse notizie tramandateci si è generata una certa confusione. Il Delehaye, infatti, fa notare acutamente come i codici del Geronimiano alla memoria sopra indicata fanno seguire la notizia: «Romae via Salaria vetere». Secondo lo stesso commentatore del Martirologio Romano la ricostruzione del testo sarebbe probabilmente la seguente: «Alexandriae Adrionis, Romae via Salaria vetere in coemeterio Basillae Victoris». Adrione è un martire d'Egitto, conosciuto solamente di nome; Vittore, invece, è un martire romano. Di quest'ultimo sappiamo, poi, da antiche testimonianze che era stato sepolto nel cimitero di Basilla; infatti, l'Itinerario salisburgense Notitia ecclesiarum urbis Romae, del sec. VII, scrive: «Deinde vadis ad Australem via Salaria, donec venies ad S. Ermetem, in altera spelunca Protus martyr et Iacintus deinde Victor martyr».


Autore: Filippo Caraffa

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18/05/2017 06:49
 
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Beato Burcardo di Beinwil Sacerdote

18 maggio


sec. XII

Martirologio Romano: Nel territorio di Argovie nell’odierna Svizzera, beato Burcardo, sacerdote, che, parroco del villaggio di Beinwil, si dedicò assiduamente all’impegno pastorale verso il gregge a lui affidato.








Nacque a Langenmat presso Muri (Svizzera), dove si trova il monastero benedettino di San Martino, fondato nel 1027. Resse la parrocchia di Beinwil e morì in fama di santità tra il 1185 e il 1228, probabilmente nel 1192, il 18 maggio; più tardi, però, la sua festa venne fissata al 20 agosto confondendo il beato con l'omonimo vescovo di Worms.
Appena sepolto nel cimitero della chiesa, Burcardo divenne oggetto di culto: già nel 1228, sulla sua tomba ardeva una lampada giorno e notte. Un documento del 1407 ci informa delle offerte deposte dai pellegrini presso il sepolcro. Altre testimonianze sul culto e sui miracoli operati da Burcardo risalgono al 1587; l'anno seguente fu fondata a Beinwil una confraternita intitolata a lui e ai ss. Pietro e Paolo. La sua tomba fu aperta tre volte: nel 1619, quando fu costruita l'attuale cappella, nel 1754 e nel 1784, allorché le reliquie furono deposte nel monumento sepolcrale. La Sacra Congregazione dei Riti fece esaminare accuratamente, nel 1814, gli argomenti per il continuo culto di Burcardo e concesse nel 1817 di celebrare la Messa e l'Ufficio in suo onore; nel 1866 la sua festa fu ammessa nel Proprio della diocesi di Basilea.
In un'incisione del XVII sec., Burcardo è rappresentato con un uccello (civetta o corvo) : secondo la leggenda, infatti, il beato risuscitò, dopo che dei servi malvagi glielo avevano ucciso, il volatile col quale soleva svagarsi.
Ancor oggi, la devozione verso Burcardo è viva e i fedeli, fiduciosi nell'intercessione del beato, raccolgono l'acqua della fonte detta appunto «di Burcardo» che sgorga presso il suo sepolcro.


Autore: Giovanni Battista Villiger



Fonte:

Bibliotheca Sanctorum


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19/05/2017 08:49
 
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Sant' Evonio

19 maggio










EVONIO (EN0NI0, IGONIO, IVONIO), venerato in ALVERNIA, santo.

La sola traccia di un culto ad Evonio (Ivo?) appare a Issoire in Alvernia e si fonda su un documento del 950: è il titolare diuna parrocchia e se ne fa menzione localmente il 19 maggio.
Non è possibile identificare questo santo: si è voluto vedere in lui un vescovo di Arles o un compagno di s. Preietto di Clerinont.La prima ipotesi è formalmente smentita dalla lista critica del Duchesne, la seconda rimane incontrollabile: essa permetterebbe solamente di collocare la sua esistenza nel sec. VII.


Autore: René Wasselynck

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20/05/2017 08:19
 
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Santa Aurea di Ostia Martire

20 maggio




Martirologio Romano: Presso Ostia nel Lazio, santa Aurea, martire.








E' commemorata nel Martirologio Geronimiano il 20 maggio coll'indicazione topografica in Ostia e il 22 agosto con quella in Portu Romano. Nel Martirologio Romano invece è ricordata il 24 agosto con un breve elogio tratto dalla passio. In realtà esisteva ad Ostia una chiesa dedicata ad Aurea che Sergio I (m. 701), Leone III (m. 816) e Leone IV (m. 855) fecero successivamente restaurare, ma della santa non si hanno notizie storicamente sicure e quelle contenute nella sua passio e in quella di Censorino sono assolutamente false. In breve possono così sintetizzarsi le tradizioni agiografiche concernenti Aurea: al tempo di Claudio ella fu arrestata ed interrogata dallo stesso imperatore, e dopo essere stata torturata, fu esiliata ad Ostia e confinata nei suoi possessi. Ma, di nuovo arrestata, Aurea fu ancora tormentata e infine gettata in mare con una pietra al collo. Il suo corpo, portato a riva dalle onde, fu sepolto da Nonno il 29 agosto di un anno imprecisato. L'antica chiesa di Sant'Aurea, ingrandita verso la fine del 1400, quando Baccio Pontelli costruì il castello e la incluse nella cinta di difesa, è oggi la chiesa cattedrale della diocesi suburbicaria di Ostia.


Autore: Giovanni Battista Proja

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22/05/2017 07:58
 
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Santi Casto ed Emilio Martiri

22 maggio


m. 203

Martirologio Romano: In Africa, santi Casto ed Emilio, martiri, che conclusero la loro passione nel fuoco. Come scrive san Cipriano, vinti in un primo combattimento, il Signore li rese in una seconda prova vincitori, facendoli più forti di quelle fiamme a cui i corpi avevano precedentemente ceduto.








Santi CASTO ed EMILIO, martiri

Sono commemorati il 22 maggio nel Calendario cartaginese, nel Martirologio Geronimiano e nel Romano. Arrestati durante la persecuzione di Decio (ca. 250) vinsero la debolezza iniziale e, toccati dalla grazia, affrontarono eroicamente il carnefice, lavando col sangue la vergogna della precedente caduta.
Unica fonte su di loro è san Cipriano, che, nel De lapsis, li addita a esempio di vittoria del coraggio sulla paura. Sant'Agostino compose un sermone in loro onore nell'anniversario del martirio, senza fornire altre notizie.


Autore: Guido Tammi

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23/05/2017 08:07
 
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Sant' Ilarione Jugskie Monaco russo

23 maggio










Santi DOROTEO e ILARIONE JUGSKIE
Nella festa liturgica della Chiesa russa dedicata a tutti i santi di Rostov e Jaroslavl’ il 23 maggio, questi due santi monaci sono accomunati, ma in realtà essi sono i fondatori di due diversi monasteri.
Doroteo era monaco del monastero delle Grotte a Pskov, secondo la tradizione, quando nel 1615 gli svedesi minacciarono l’invasione della regione, ebbe in sogno la Madre di Dio che l’invitò a portare in salvo l’icona della Odighitrìa. Con l’assenso e la benedizione dell’egumeno (abate) egli partì e portando con sé l’icona si avviò verso la sua regione natale; giunto alla confluenza dei due rami del fiume Jug, il monaco si fermò per riposare e appese l’icona al rami di un pino.
Pronto a ripartire, cercò di staccare l’icona dal ramo, ma per quanto si adoperasse questo non gli riuscì, allora comprese la volontà di Dio e si fermò in quel luogo vivendo da eremita e morendovi nel 1622.
Alcuni anni dopo fu costruito l’eremo di Jugskoj nella cui cappella fu deposto il corpo del santo monaco e la sua icona miracolosa. L’eremo è stato sempre aperto fino all’inizio del Novecento.
Di Ilarione si sa solamente che diede origine al monastero della Dormizione della Madre di Dio presso il fiume Moca, vicino alla città di Povolzsk. L’eremo esisteva già nel 1613; nel 1655 venne messo alle dipendenze del monastero Savvino-Storozevskij e infine soppresso nel 1708.
Ilarione è raffigurato come un anziano con capelli castani e barba e abiti monastici, mentre Doroteo ha un’iconografia più ampia collegata all’icona della Santa Madre di Dio appesa all’albero e lui inginocchiato davanti.


Autore: Antonio Borrelli

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24/05/2017 09:09
 
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Santa Giovanna Moglie di Chuza

24 maggio


I secolo

Il Martyrologium Romanum pone in data odierna la commemorazione di Santa Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode. Giovanna con altre donne servì Gesù e gli Apostoli ed il giorno della resurrezione del Signore, trovata la lapide del sepolcro ribaltata, lo riferì prontamente ai discepoli.

Martirologio Romano: Commemorazione della beata Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode, che insieme ad altre donne serviva Gesù e gli Apostoli con i propri beni e il giorno della Risurrezione del Signore trovò la pietra del sepolcro ribaltata e ne diede annuncio ai discepoli.







Tra le numerosissime sante e beate di nome Giovanna, la santa venerata oggi è sicuramente una delle meno note. Celeberrima è l’eroina francese Santa Giovanna d’Arco e della medesima nazionalità sono le altre più famose sante omonime. La santa odierna è invece un personaggio citato nel Nuovo Testamento (Lc 8,2-3), una delle sante donne che Gesù aveva guarite da spiriti cattivi e da infermità, moglie di Chuza, procuratore di Erode.
Giovanna, con Maria Maddalena, Susanna ed altre, era tra le più fedeli discepole del Signore: esse con i dodici apostoli lo seguirono durante tutto il suo ministero pubblico, dalla Galilea alla Giudea. Anche Giovanna fu poi così testimone privilegiata della passione del Cristo ed il mattino di Pasqua si recò alla sua tomba con Maria Maddalena e Maria di Giacomo, portando con sé gli aromi preparati.
Sempre secondo il racconto dell’evangelista Luca, le donne impaurite trovarono la pietra scostata dal sepolcro e il corpo di Gesù era scomparso. Due uomini in vesti sfolgoranti apparvero allora loro invitandole a non cercare tra i morti colui che è vivo: “Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno” (Lc 24,6-7).
Esse si ricordarono allora delle parole del Signore e, tornate dal sepolcro, si fecero messaggere del lieto annunzio agli Undici apostoli superstiti ed a tutti gli altri discepoli. Ad essi, però, parve più un vaneggiamento da parte delle donne e non credettero loro. Solo “Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto” (Lc 24,12).
Con questi brevi passi evangelici si esauriscono purtroppo tutte le informazioni che abbiamo al riguardo di Giovanna, della quale neppure successive tradizioni ci hanno tramandato ulteriori curiosità sulla sua vita, come invece accaduto per numerosi altri personaggi evangelici.
Il Martyrologium Romanum pone in data odierna, 24 maggio, la commemorazione di Santa Giovanna, talvolta soprannominata “la Mirofora” per l’aver portato aromi alla tomba del Salvatore.


Autore: Fabio Arduino

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25/05/2017 08:48
 
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Santa Maddalena Sofia Barat Vergine

25 maggio


Joigny, Borgogna, 13 dicembre 1779 - Parigi, Francia, 25 maggio 1865



Figlia di un bottaio, Maddalena Sofia Barat nacque il 13 dicembre 1779 a Joigny, presso Auxerre, nella Borgogna; morì a 86 anni nel 1865. Fondò a Parigi nel 1800 la Società del Sacro Cuore con lo scopo dell'educazione e dell'istruzione delle ragazze, specialmente dei ceti superiori; a queste scuole ella sempre annetterà alcune classi per i bambini poveri. La sua spiritualità è essenzialmente ignaziana, così come i principi della sua regola. La stessa santa spiega che "lo spirito della società è fondato essenzialmente sull'orazione e la vita interiore" e che il suo fine è di "glorificare il Sacro Cuore".
Nel corso del Giubileo del 1925 indetto da Papa Pio XI furono celebrate da marzo a giugno numerose canonizzazioni: Pietro Canisio, dottore della Chiesa; Teresa di Lisieux (o di Gesù Bambino), religiosa professa dell'Ordine del Carmelo; Maria Maddalena Postel e Maddalena Sofia Barat, due sante educatrici della gioventù.

Etimologia: Maddalena = di Magdala, villaggio della Galilea - Sofia = sapienza, saggezza, da


Emblema: Giglio


Martirologio Romano: A Parigi in Francia, santa Maddalena Sofia Barat, vergine, che fondò la Società del Sacro Cuore di Gesù e si adoperò molto per la formazione cristiana delle giovani.








Maddalena Sofia Barat è una straordinaria testimone della vitalità della Chiesa all’indomani della Rivoluzione Francese. Ultima di tre figli, nacque nella famiglia, molto religiosa e modestamente agiata, di un bottaio della Borgogna, a Joigny (Auxerre), nella notte del 13 dicembre 1779. Venne alla luce mentre in una casa vicina divampava un incendio, era talmente gracile che fu battezzata il mattino seguente. Il fratello Luigi, futuro gesuita, più grande di undici anni e suo padrino di battesimo, ritenne suo dovere trasmetterle l’amore per il sapere e istruirla secondo la fede che avevano in comune. Con un metodo molto esigente, le insegnò latino, greco, storia, fisica e matematica. Nel 1793, durante il periodo del Terrore, fu però imprigionato e rischiò seriamente la ghigliottina. Libero grazie alla caduta di Robespierre, il giovane fu ordinato sacerdote nel 1795. Trasferitosi a Parigi con la sorella, continuò ad insegnarle la teologia, lo studio della Bibbia e dei Padri della Chiesa. Maddalena, apprendendo pure l’italiano e lo spagnolo, raggiunse un livello d’istruzione eccezionale per una donna di quei tempi. Nel tempo libero ricamava e insegnava clandestinamente il catechismo ai bambini del quartiere Marais. Fin da giovanissima si era imposta un’esigente disciplina spirituale con la quale maturò la decisione di vestire l’abito delle carmelitane. I disegni divini erano però differenti. Il fratello le presentò Padre Giuseppe Varin che stava ricostituendo, in Francia, la Compagnia dei Gesuiti e pensava alla riapertura delle scuole cristiane, chiuse durante la Rivoluzione. Il sacerdote vide il soggetto ideale per dar vita al suo progetto proprio in Maddalena che così, ventunenne, il 21 novembre 1800 si consacrò al Signore con tre compagne. Nasceva la Società del Sacro Cuore per l’educazione e l’istruzione femminile. La denominazione però, per motivi politici, fu ufficiale solo dal 1815.
Nel 1801 il concordato tra la Santa Sede e la Francia finalmente pose fine alle persecuzioni e Maddalena poté andare ad insegnare ad Amiens, in quella che fu poi la prima casa dell’Istituto. Nel 1804 si acquisì un ex monastero visitandino di Grenoble e, per mirabile disegno divino, suor Maddalena conobbe Filippina Duchesne (canonizzata nel 1988). La giovane, figlia di un avvocato che a causa della soppressione del convento si dedicava all’insegnamento, entrò nella Società.
Nel 1805 suor Maddalena fu eletta, a soli venticinque anni, superiora generale: ricoprirà la carica fino alla morte, spendendo tutte le energie per lo sviluppo dell’Istituto. A Poitiers, in un’antica abbazia cistercense, aprì il noviziato. Grazie alla serietà dell’insegnamento le scuole erano continuamente richieste e si moltiplicarono in pochi anni. Non mancarono le prove, a causa di problemi interni con le suore o quando dovette chiudere alcune case per le leggi anti-clericali. Con un carisma eccezionale e con la forza della preghiera, seppe valutare ogni situazione con saggezza. Convocò nella Casa Madre di Parigi tutte le superiori locali affinché venisse stabilito il programma dell’Istituto e, con lungimiranza, si approvarono regole anche per le necessità mutevoli dei tempi. Nel 1831 Madre Maddalena scrisse a S. Filippina: ”i tempi cambiano ed anche noi dobbiamo cambiare il nostro modo di essere”. I collegi erano prevalentemente per i ceti agiati ma affiancati da classi di bambini poveri e da laboratori di cucito. Con i proventi delle prime si finanziavano le seconde.
Madre Barat viaggiò instancabilmente su e giù per la Francia e in molti paesi europei. Trattò con personalità, negoziò, comprò, costruì e cedette case, a volte in contesti ostili. Ne fondò in Svizzera, Inghilterra, Austria, Italia, Irlanda, Belgio, Spagna, Olanda, Germania, Polonia e pure in Algeria. Si recò tre volte a Roma e a Torino (1823) collaborò con Tancredi e Giulia di Barolo, anch’essi impegnati nella istruzione della gioventù. Per merito di S. Filippina, nel 1818, l’Istituto andò oltre oceano, in America del Nord, e in condizioni durissime raggiunse persino le tribù Potawatomi.
L’epistolario della Fondatrice conta migliaia di lettere, spesso scritte durante i viaggi: con esse guidava le suore sparse per il mondo. Affermava: “ il troppo lavoro è un pericolo per un’anima incompleta, per chi ama Nostro Signore esso è un abbondante raccolto”. Madre Barat diede vita complessivamente a centocinque case. Nel dicembre del 1826 la Società ebbe, con una celerità inusuale, l’approvazione pontificia di Leone XII.
La spiritualità di S. Maddalena Sofia era ispirata a S. Ignazio di Loyola e alla devozione al Sacro Cuore. Diceva: “Questa piccola Società è tutta consacrata alla gloria del Sacro Cuore di Gesù e alla propagazione del suo culto; tale è il fine che devono prefiggersi tutte quelle che ne diverranno membri”, “lo spirito della Società è fondato essenzialmente sull’orazione e la vita interiore”. Compito principale è l’educazione della gioventù per “rifare nelle anime i fondamenti solidi della fede nell’Eucaristia ed allevare una folla di adoratrici”. Venerava la Vergine Maria, “Mater Admirabilis”, guardando al suo “Cuore Immacolato” che svela i tesori della vita interiore e come “Madre Addolorata”, per restare “fedeli e calme ai piedi della Croce”. Dal carattere garbato e imparziale, fu perseverante nelle grandi fatiche che dovette affrontare. Ebbe il merito di istruire le donne, in un contesto sociale rinnovato, quando la cultura era prerogativa maschile.
Nel 1864, ormai ottantacinquenne, voleva dimettersi ma le suore non rinunciarono alla sua guida. Le fu affiancata una vicaria. L’anno successivo fu colpita da una paralisi nella Casa Madre di Parigi. Spirò il 25 maggio 1865, festa dell’Ascensione del Signore. Per umiltà non aveva mai acconsentito ad un ritratto che fu dunque fatto sul letto di morte. La congregazione contava tremilacinquecento suore, in sedici paesi.
Papa Pio XI la canonizzò durante il Giubileo del 1925. Il suo corpo, trovato incorrotto nel 1893, fu traslato nel 1904 in Belgio (a Jette), a seguito dell’espulsione delle religiose dalla Francia. Dal 1998 è a Bruxelles, mentre le sue figlie sono oggi presenti in tutti i continenti per educare i giovani, nei grandi centri come nei piccoli villaggi.


PREGHIERA
O Santa Maddalena Sofia,
che foste scelta da Dio in modo ammirabile per far conoscere
ed amare il Divin Cuore di Gesù
e compiste così fedelmente questa missione,
gradite oggi l’omaggio della nostra fiducia e delle nostre preghiere.
Guidateci nella via della dolcezza e dell’umiltà,
infiammate i nostri cuori dello zelo da cui il vostro fu consumato,
proteggeteci sempre affinché meritiamo di vedere un giorno
i nostri nomi scritti in quel Cuore Sacratissimo
e di fare in Lui solo la nostra dimora, nel tempo
e nell’eternità.
Amen.


Autore: Daniele Bolognini

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26/05/2017 07:53
 
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San Pardo Vescovo di Larino o di Mira

26 maggio


Mira?, Grecia – Lucera (Foggia), VII secolo







La dignità di vescovo non è messa in discussione dagli studiosi, quello che invece li fa trovare discordanti è la città di cui fu vescovo. Un gruppo di esperti afferma che san Pardo fu vescovo di Larino (Campobasso) nel Molise, considerandolo il primo della sede episcopale.
Mentre un’altro gruppo afferma che fu vescovo di una città del Peloponneso in Grecia (Mira?), del quale la leggenda racconta, che costretto a fuggire dalla sua sede a causa della persecuzioni (forse quelle derivate dall’iconoclastia), si rifugiò a Roma presso il papa Gregorio II.
Il pontefice gli offrì più volte un’altra sede episcopale, ma egli rifiutò costantemente, desideroso di vivere in solitudine e penitenza in un eremo situato presso Lucera (Foggia), dove poi effettivamente visse in santità gli ultimi anni della sua vita. A questo punto bisogna ricordare che in quei tempi era diventata una vera ossessione per i fedeli delle comunità, avere nella propria chiesa il corpo di un santo o di un martire da venerare; per cui fiorivano i furti o le appropriazioni più o meno violente di dette reliquie, da altri centri che le possedevano, gli agiografi le chiamano “sacre rapine”.
Così anche gli abitanti di Larino riuscirono ad impossessarsi del corpo di s. Pardo nel X secolo, e gli eressero una chiesa dedicata al suo nome, che divenne poi la cattedrale della città, tuttora esistente.
Ad ogni modo qualunque sia la versione giusta, il periodo in cui visse e morì s. Pardo, fu nel VII secolo; c’è da aggiungere che il ‘furto’ delle reliquie di s. Pardo, scaturì per la necessità di sostituire le reliquie di s. Primiano e di s. Firmiano, martiri larinesi, che in precedenza erano state a loro volta trafugate dagli abitanti di Lesina, città sorta sulla costa ad opera degli abitanti di Lucera, la cui città era stata distrutta dai bizantini, e quindi costretti a fuggire in altro luogo.
Come patrono della città e della diocesi di Larino, s. Pardo viene celebrato il 26 maggio, ma i festeggiamenti in suo onore vanno dal 25 al 27 maggio, con sfilata di carri infiorati sul tipo degli antichi carri romani (plaustri) tirati da coppie di buoi e fiaccolata.

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27/05/2017 08:10
 
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San Giulio (il veterano) di Durostoro Martire

27 maggio


255 - 302

Martirologio Romano: A Silistra in Mesia, nell’odierna Bulgaria, san Giulio, martire, che, veterano dell’esercito ormai in pensione, fu arrestato in tempo di persecuzione dagli ufficiali e portato davanti al governatore Massimo e, avendo disprezzato in sua presenza gli idoli e confessato con grande fermezza la fede di Cristo, fu punito con la condanna a morte.

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28/05/2017 09:32
 
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Santi Emilio, Felice, Priamo e Feliciano Martiri venerati in Sardegna

28 maggio




Etimologia: Emilio = cortese o emulo, dal latino


Emblema: Palma




Ascolta da RadioRai:




Sono commemorati nel Geronimiano e in altri martirologi antichi il 28 maggio Ma Priamo sta per Primo e Felice si identifica con Feliciano: due autentici martiri romani del 9 giugno Di Emilio non si sa nulla. L'indicazione della Sardegna come luogo del martirio è un errore. E' ben vero che in quest'isola nel 1620 furono trovate le reliquie di Priamo, Luciano (corruzione di Feliciano) ed Emiliano (variante di Emilio), ma i sardi sono famosi per apporre nomi di santi a una grande quantità di ossa scavate nelle loro chiese e per fabbricare epigrafi spurie.

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30/05/2017 08:08
 
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Santi Basilio ed Emmelia Sposi

30 maggio


† Cesarea di Cappadocia, 370 circa

Martirologio Romano: A Cesarea in Cappadocia, nell’odierna Turchia, santi Basilio e Emmelia, che furono i genitori dei santi vescovi Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Pietro di Sivas e di santa Macrina, vergine. Questi santi coniugi, scacciati dalla loro terra al tempo dell’imperatore Galerio Massimiano, abitarono nei deserti del Ponto e, terminata la persecuzione, riposarono in pace, lasciando ai figli l’eredità delle loro virtù.







Innumerevoli, anche se purtroppo poco conosciute, sono le coppie di sposi che in duemila anni di cristianesimo sono ascese alle più alte vette della santità. Talvolta anche i loro figli, più o meno numerosi sono venerati come santi, come si può ben vedere da alcuni esempi che seguono: Santi Vitale e Valeria (con i figli Gervasio e Protasio), Santi Mario e Marta (con i figli Abaco e Audiface), Santi Paolo e Tatta (con i figli Sabiniano, Massimo, Rufo ed Eugenio), Santi Gregorio e Nonna (con i figli Gregorio Nazianzeno, Gorgonia e Cesario), Santi Vincenzo Maldegario e Valdetrude (con i figli Landerico, Dentellino, Aldetrude e Madelberta), Santi Adabaldo e Rictrude (con i figli Adalsinda, Clotsinda, Mauronto ed Eusebia), Santi Fileto e Lidia (con i figli Macedone e Treopepio), Santi xenofobe e Maria (con i figli Arcadio e Giovanni), Santi Flaviano e Dafrosa (con le figlie Bibiana e Demetria), Santi Simeone Stefano Nemanja e Anastasia-Anna (con i figli Saba arcivescovo serbo e Stefano primo incoronato), Santi Nicola II e Alessandra Romanov (con i figli Alessio, Anastasia, Maria, Olga e Tatiana), Sant’Areta martire con la moglie e quattro figlie, Venerabili Louis Martin e Zelie Guerin (con la figlia Santa Teresa di Gesù Bambino) e Servi di Dio Jozef & Wiktoria Ulma (con loro sei piccoli bambini Jozef, Wiktoria, Stanislawa, Barbara, Wladyslaw, Franciszek, Antoni e Maria).
In data odierna, 30 maggio, il Martyrologium Romanum commemora i santi coniugi Basilio ed Emmelia, , genitori dei santi vescovi Basilio Magno (2 gennaio), Gregorio di Nissa (10 gennaio) e Pietro di Sebaste (9 gennaio), e della santa vergine Macrina della “la Giovane” (19 luglio), onde distinguerla dall’omonima nonna paterna, detta invece “l’anziana” (14 gennaio). Basilio ed Emmelia, originari di Cesarea di Cappadocia, furono mandati in esilio nel Ponto al tempo di Galerio Massimiano. Finita la persecuzione anticristiana poterono fare ritorno nella loro città, lasciando ai santi figli l’eredità delle loro virtù ed addormentandosi così in pace verso l’anno 370. Anche Macrina l’Anziana patì la persecuzione e l’esilio nei pressi del Mar Nero.

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31/05/2017 08:04
 
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Santi Canzio, Canziano e Canzianilla Martiri

31 maggio


sec. IV

Canzio, Canziano e Canzianilla, che la la tradizione vuole fratelli, caddero sotto Diocleziano agli inizi del IV secolo e vennero sepolti ‘ad aquas Gradatas’. Nella stessa località, corrispondente all’odierno S. Canzian d’Isonzo, venne scoperta recentemente la relativa basilica paleocristiana e la stessa tomba, con notevoli resti ossei di tre individui. La venerazione dei martiri è attestata dal racconto di S. Massimo di Torino (sec. V), da una celebre cassetta-reliquiario in argento conservata a Grado della fine del sec. V e dall’affermazione di Venanzio Fortunato (fine sec. VI) : " Aquileiensium si forte accesseris urbem, Cantianos Domini nimium venereris amicos ". In età altomedioevale esisteva in detta località un monastero in loro onore, dedicato a S. Maria. Il culto dei martiri era già anticamente diffuso nell’Italia settentrionale (Lombardia), in Francia e in Germania.

Martirologio Romano: Ad Aquileia in Friuli, santi Canzio, Canziano e Canzianilla, martiri, che, arrestati dal persecutore mentre si allontanavano su un carro dalla città, furono infine condotti al supplizio.







Venanzio Fortunato (m. 600 ca.), vescovo di Poitiers, ma trevigiano di origine, nel poema De vita S. Martini dice : « Aut Aquileiensem si fortasse accesseris urbem Cantianos Domini nimium venereris amicos » (IV, 658-59, in PL, LXXXVIII, col. 424).
Questi Canziani o Canzii sono i nostri tre martiri. Solo la fama che la Chiesa d'Aquileia godeva nell'antichità cristiana può spiegare la diffusione che il culto di questi tre suoi martiri ha avuto al di qua e al di là delle Alpi. I loro nomi ricorrono più volte nei martirologi : in quello Romano il 31 magg., nel Geronimiano, oltre che al 30 (Additamenta) e al 31 magg., anche il 15, il 16 e il 17 giug., da soli oppure assieme ad altri santi, associati dalla leggenda al loro martirio, come Proto (o Protico) e Crisogono (o Grisogono), ovvero affiancati per errore di copisti, come Giovano, Muzio, Clemente, Ciria (o Ciriaco) e altri. Eppure ben poco sappiamo di loro. La più antica passio (histo-ria) è andata perduta; ne conosciamo l'esistenza perché vi attinse alcune notizie un'omelia che, erroneamente attribuita a s. Ambrogio (PL, XVII, coll. 728-29), pare sia di s. Massimo di Torino (ibid., LVII, coll. 701-702). Questa omelia dice che i tre Canzii, fratelli di sangue, furono martirizzati insieme poco lontano da Aquileia, mentre se ne allontanavano in cocchio.
Forse la stessa historia servì da canovaccio alla Passio SS. Cantii, Cantiani et Cantianillae, conservataci in varie redazioni sotto forma di lettera indirizzata da s. Ambrogio ai vescovi d'Italia. Racconta che i tre fratelli, romani della nobile famiglia Anicia e quindi parenti dell'imperatore Carino, quando scoppiò a Roma la persecuzione di Diocleziano, emanciparono, dopo averli fatti istruire e battezzare, i loro settantatré schiavi, distribuirono ai poveri i beni che possedevano in città e assieme a Proto, loro pedagogo, partirono per Aquileia, ove pure possedevano molti beni, allo scopo d'incontrarsi con Grisogono. Ma la persecuzione vi infuriava non meno che a Roma per opera del preside Dulcizio e del comes Sisinnio. Grisogono era stato martirizzato ad Aquas Gradatas (uno scalo sull'Isonzo, ora S. Cancian d'Isonzo, a quindici chilometri ca. da Aquileia) un mese prima dell'arrivo dei Canzii. Questi allora si diedero a visitare i cristiani in prigione e a predicare coraggiosamente Gesù Cristo, operando molti miracoli. Citati innanzi al preside, rifiutarono di comparire, forti della loro parentela con l'imperatore Carino. La loro condanna a morte dovette essere confermata dagli imperatori Diocleziano e Massimiano. Presentendola, i tre fratelli, sempre insieme con Proto, s'erano recati ad Aquas Gradatas sulla tomba del martire Grisogono. Raggiunti da Sisinnio, non avendo voluto rendere omaggio agli dei, furono decapitati. Il prete Zeno (o Zoilo), lo stesso che aveva dato sepoltura a s. Grisogono, si affrettò a seppellirli in una cassa di marmo (in locello marmoreo) presso il sepolcro di lui. Così la passio che i Bollandisti dichiarano senz'altro fittizia (Martyr. Rom., p. 217) e che, secondo il Lanzoni, risale nella sua prima redazione alla metà del sec. V. L'autore e i successivi redattori hanno rimpolpato il poco che si sapeva del martirio dei Canzii con elementi tolti dalle passiones romane dei santi Proto e Giacinto, pedagoghi di s. Eugenia (cf. BHL, II, p. 1015, nn. 6975-77) e di s. Crisogono, pedagogo di s. Anastasia (cf. BHL, I, p. 270, n. 1795).
Il Chronicon gradense racconta che verso la metà del sec. VI un prete di nome Geminiano asportò da Aquileia, assieme a quelle di altri martiri, anche le spoglie dei Canzii e le portò a Grado, ove il patriarca Paolo le fece tumulare nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, fissandone la festa il 31 magg., anniversario della morte (cf. G. Monticolo, Cronache veneziane antichissime, I, Venezia 1890, pp. 37, 41). Il racconto contiene un nucleo di verità. Difatti, Paolo (o Paolino) d'Aquileia, il primo a chiamarsi patriarca, in seguito all'invasione longobarda, nel 568 si rifugiò a Grado portando con sé i preziosi reliquiari dei corpi santi per sottrarli a rapine sacrileghe. È probabile che nel 579, quando fu dedicato il duomo di Grado, siano stati deposti sotto l'altare principale.
Nel 1871 vi fu dissotterrata una piccola urna marmorea, contenente due cassette d'argento, in una delle quali, di forma ellittica, l'iscrizione dice chiaramente esservi contenute reliquie dei tre Canzii, assieme a quelle di s. Quirino di Pannonia e di s. Latino, forse il vescovo di Brescia; si tratta di piccole reliquie. Questo potrebbe spiegare come altre chiese vantino o si siano vantate di possedere le salme dei Canzii o, probabilmente, solo reliquie: il duomo di Milano, S. Crisogono di Seriate nella diocesi di Bergamo, S. Maria in Organis a Verona, la cattedrale di Hildesheim nella Sassonia e, specialmente, la chiesa del monastero di S. Maria d'Estampes nella diocesi di Sens, in Francia. Ve le avrebbe fatte deporre il re Roberto II il Santo (999-1031), che le aveva ottenute da Milano. Ogni anno venivano portate solennemente in processione il martedì di Pasqua, anniversario della loro deposizione ad Estampes e il 31 magg., anniversario del martirio. All'intercessione dei tre martiri aquileiesi vennero attribuiti molti miracoli. Nel 1249, le reliquie furono poste in una cassettina d'argento e nel 1620 furono riposte in un'altra più bella. Una parte passò alla chiesa metropolitana di Sens, anzi in questa diocesi i tre Canzii non avevano solo festa, ma anche Ufficio proprio.


Autore: Ireneo Daniele

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01/06/2017 08:07
 
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San Secondo di Amelia Martire

1 giugno


m. 303/305








I padri Bollandisti pubblicarono al 1 giugno degli Acta Sanctorum una Passio di San Secondo inviata loro dalla città di Pergola. Qui le reliquie del santo erano giunte da Gubbio nel 1285. Ma almeno una terza città, Amelia, che però in questi Acta non compare mai, annovera tra i suoi patroni il medesimo martire.
Dal testo di una Passio di origine farfense, apprendiamo che Secondo era un soldato ed apparteneva alla famiglia dell’imperatore Aureliano (214-277).
Durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (303-305) il proconsole Dionisio lo fece prelevare da Amelia, portare al suo cospetto presso il tribunale di Spoleto ma, non essendo riuscito a convincerlo ad abiurare la fede cristiana, lo fece ripetutamente torturare. Mentre veniva sottoposto ai supplizi, Secondo implorò da Dio un segno che facesse convertire i suoi persecutori; a questo punto un violento terremoto abbatté il grandioso tempio di Ercole eretto proprio in onore dell’imperatore Massimiano Erculio.
Dionisio, infuriato, ordinò allora di riportarlo ad Amelia ed affogarlo nel Tevere, che scorreva a pochi chilometri dalla città. Eseguita la sentenza, i soldati presero la via del ritorno ma un orso sbarrò loro la strada, ne uccise alcuni, mentre gli altri, terrorizzati dalla fine dei propri compagni, corsero dal sacerdote Eutizio chiedendo perdono dell’atto compiuto e facendosi poi battezzare da lui. Intanto, il corpo di Secondo, riemerso miracolosamente dal fiume, venne recuperato e sepolto da una matrona di nome Eudossia in un suo terreno appena fuori le mura di Amelia dove poi sorse la chiesa a lui dedicata.
La versione eugubina della Passio parla invece di Gubbio come residenza di Secondo, di Gubbio è anche Eudossia, e fuori della città di Gubbio ella lo fa seppellire.
Non è difficile capire come le due versioni dipendano una dall’altra, forse con una precedenza temporale per quella amerina. Va fatto anche notare come la Passio di Secondo sia sovrapponibile a quella di Valentino ed Ilario, martiri di Viterbo, venerati il 3 novembre, il cui culto è stato diffuso proprio dai monaci di Farfa, monaci benedettini che, quasi certamente, portarono tale culto anche sull’isola Polvese, sul lago Trasimeno, dove eressero una loro chiesa in onore del medesimo santo.
Un’ultima annotazione sull’affinità delle vicende del Secondo amerino con i santi Secondo di Salussola (Biella) e di Pinerolo (Torino): anche questi erano dei militari, appartenenti alla leggendaria “Legione Tebea”; così, pure il culto di San Secondo di Salussola venne diffuso da monaci benedettini, della Novalesa. A questo punto forse non è da escludere una sovrapposizione e una diffusione di culti del medesimo martire in almeno alcune delle città in cui è venerato.


Autore: Emilio Lucci, archivista diocesano di Amelia

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02/06/2017 07:34
 
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San Niceforo Patriarca di Costantinopoli

2 giugno


Costantinopoli, 758 circa - 829 - Costantinopoli, 2 giugno 828

Nell’avviversario della morte, il Martyrologium Romanum ricorda oggi San Niceforo, patriarca di Costantinopoli. Accanito difensore delle tradizioni dei padri, si oppose fortemente all’imperatore iconoclasta Leone Armeno. Fu allora allontanato dalla sua sede episcopale e rinchiuso a lungo in un monastero, ove morì.

Martirologio Romano: Presso il Bosforo nella Propontide, oggi in Turchia, transito di san Niceforo, vescovo di Costantinopoli, che, tenace difensore delle tradizioni avite, si oppose con fermezza all’imperatore iconoclasta Leone l’Armeno sostenendo il culto delle sacre immagini; espulso dalla sua sede, fu relegato per lungo tempo in un monastero, dove migrò serenamente al Signore.








Niceforo è un santo che fu patriarca di Costantinopoli nell’epoca di quel rigurgito di iconoclastia che si ripresentò nel IX secolo, benché la questione fosse stata dogmaticamente risolta già nel II Concilio Ecumenico di Nicea del 787.
Niceforo nacque intorno al 758 da una famiglia agiata. Partecipò come segretario al secondo concilio di Nicea del 787. Dopo la caduta dell’imperatrice Irene (802), Niceforo ritornò nella capitale gestendo una casa per i poveri.
Alla morte del patriarca Tarasio (806), l'Imperatore Niceforo I decise di nominare patriarca Niceforo, benché fosse un semplice laico.
Non sappiamo molto dei primi anni del ministero episcopale di Nioceforo. Le notizie aumentano con il sorgere dei problemi, allorquando il patriarca si oppose alla politica religiosa imperiale. Sotto l’impero di Leone V l’Armeno (813-820), infatti, esattamente nel dicembre 814, ci fu uno scontro tra l’imperatore e il patriarca, dovuto al fatto Leone aveva ripreso la tendeza iconoclasta. San Niceforo, sostenuto da un’ampia schiera di vescovi e teologi iconòduli (tra cui san Teodoro Studita), invece, si poneva sulla linea della tradizione che non solo promuoveva la venerazione delle immagini sacre, ma ne affermava anche la liceità dogmatica. Per il suo strenuo coraggio di non sottomettersi ai compromessi imperiali, san Niceforo fu deposto e costretto all’esilio.
Niceforo dovette ritirarsi nel monastero di San Teodoro, a nord di Crisopoli (località poi distrutta, attualmente corrispondente al quartiere Üsküdar di Istanbul). Tra l’814 e l’820 ebbe modo di comporre, tra le sue opere religiose e storiche, scritti che riguardano la controversia iconoclastica.
Sotto Michele II ricevette la proposta di tornare patriarca a condizione che non si immischiasse nella controversia iconoclastica, ma il santo vescovo rifiutò. Rimase in quel monastero fino alla sua morte, che avvenne nell’828.
Morto in esilio, il suo corpo fu solennemente riportato a Costantinopoli dall’imperatrice Teodora, il 13 marzo 846.
E' venerato sia dalla Chiesa Cattolica che dalle Chiese Ortodosse il giorno 2 giugno. Gli ortodossi ricordano anche la traslazione del suo corpo il 13 marzo.

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03/06/2017 14:37
 
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San Cecilio di Cartagine

3 giugno


sec. III

Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, san Cecilio, sacerdote, che condusse san Cipriano alla fede di Cristo.








Il suo vero nome è Ceciliano, come risulta dall'unica fonte coeva che ne parla, la Vita San Cypriani del diacono Ponzio.
San Gerolamo (De viris illustribus, 67, in PL, XXIII, col. 714) per una svista lo chiamò Cecilio e tale lezione fu seguita dal Baronio, che lo introdusse nel Martirologio Romano il 3 giugno. Erronea è, pertanto, la sua identificazione con Cecilio Natale, uno degli interlocutori dell'Octavius di Minucio Felice.
Prete cartaginese, Cecilio convertì il futuro san Cipriano, il quale gli restò tanto devoto che egli, vicino a morte, gli affidò serenamente la moglie e i figli. «Uomo giusto e di lodata memoria», secondo Ponzio, non risulta che abbia avuto culto nell'antichità.


Autore: Ireneo Daniele

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04/06/2017 09:42
 
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San Petroc Abate

4 giugno


VI secolo

Emblema: Bastone


Martirologio Romano: In Cornovaglia, san Petroc di Galles, abate.







Parecchie chiese del Devon ed in Cornovaglia portano il nome di San Petroc (o Pedrog), il cui culto è assai antico e ben radicato, nonostante scarseggino fonti scritte sul suo conto, ritenute tardive ed assai leggendarie.
Probabilmente Petroc era un principe gallese, figlio di un re o di un capo tribù, e William Worcestre ne parlò come di un sovrano della Cumbria, visitando il suo sepolcro nel XV secolo. Petroc si trasferì nel sud dell’isola britannica con alcuni compagni e si stabilì nel monastero di Lanwethinoc, così denominato dal nome del fondatore Wethinoc, ed in seguito conosciuto come Petrocstowe, l’odierno Padstow, con il diffondersi del santo oggi festeggiato. Altri due luoghi, Little Petheric e Trebetheric, portano questo nome. La “Vita” medioevale, redatta nell’abbazia di Saint-Méen e forse copiata da una più antica del priorato di Bodmin, racconta che Petroc ed i suoi compagni studiarono per vent’anni in Irlanda, come asserito anche dalla “Vita” di San Kevin. Terminato il periodo di formazione, s’imbarcarono all’estuario del fiume Camel, giungendo a stabilirsi a Lanwethinoc. Qui Petroc condusse per trent’anni una vita molto austera, interrotta solamente da un pellegrinaggio a Roma ed a Gerusalemme.
Di ritorno dal lungo pellegrinaggio, disse ai suoi monaci che la tormenta che colpiva la regione sarebbe terminata il giorno seguente, ma poiché il vento e la pioggia non cessarono, pensò di essere stato troppo presuntuoso nel credere che lo Spirito Santo l’avesse ispirato. Riprese allora la strada per Gerusalemme, in segno di penitenza, ed in questo secondo viaggio raggiunse secondo Nicholas Roscarrock “l’Oceano orientale”, forse il golfo di Aqaba.
Una “Vita” più antica, scritta da Giovanni di Tynmouth, che gli Acta Sanctorum classificano quale “vita suspecta”, narra che arrivò sino in India, ove in riva la mare vide volteggiare sopra di lui un globo splendente che lo trasportò in un’isola ove trascorse ben sette anni. Trascorso tale periodo il medesimo globo lo riportò dove lo aveva prelevato e sulla spiaggia trovò un lupo a custodire il bastone e la pelle di pecora che aveva lasciato lì. Non si possono però non notare molti parallelismi tra questa storia e parecchi racconti mitologici classici.
Ritornato infine in Cornovaglia, Petroc occupò il suo tempo con la preghiera e compiendo opere di carità. Crebbe così la sua fama di santità e molte leggende folcloristiche della Cornovaglia sorsero sul suo conto: guarì parecchi ammalati, salvò la vita ad un cervo durante una caccia e convertì il cacciatore ed i suoi assistenti, ammansì un mostro locale ed ordinò un medicamento per un drago presentatosi a lui con una scheggia in un occhio.
Particolari più convincenti sono contenti in un’altra versione della sua vita, proveniente dall’abbazia di Saint-Méen e scritta da un canonico di Bodmin: essa è inclusa in un manoscritto del XIV secolo scoperto a Ghota in Germania nel 1937 e conosciuto come “Vita di Ghota”. Da essa si apprende che Petroc fece edificare una cappella ed un mulino presso Little Petherick, ove aveva stabilito una seconda comunità monastica. In seguito si ritirò in un luogo remoto sul Bodmin Moor, ma nuovamente alcuni fratelli non resistettero ad unirsi a lui.
Rendendosi conto dell’approssimarsi della fine della sua vita, decise di visitare per un’ultima volta Little Petherick e Lanwethenoc. Lungo il cammino, verso metà strada gli mancarono le forze e morì nella casa di un certo Rovel, forse nel luogo su cui oggi sorge la fattoria di Treravel.
La festa di San Petroc, ancora oggi citata in data odierna dal Martyrologium Romanu, ricorreva sin dai più antichi calendari delle contee occidentali, così come nel Salterio di Bosworth e nel Messale di Roberto di Jumièges, essendo infatti anche ricordato nel calendario di Sarum. Le città di Exeter e Glastonbury rivendicano le sue reliquie.
Alla fine del X secolo i monaci si trasferirono a Bodmin, ormai divenuto il centro del culto del santo, ma le sue reliquie vennero trafugate da un certo Martino, canonico del priorato di Bodmin che, nascosto il bottino sotto l’abito, lo portò all’abbazia di Saint-Méen in Bretagna. Il priore di Bodmin fece allora appello al re Enrico II, che ordinò immediatamente la restituzione del maltolto.
Secondo Roger de Hoveden “il sopraccitato priore di Bodmin, ritornando in Inghilterra con gioia, riportò il corpo del beato Petroc in uno scrigno d’avorio”. Le reliquie furono allora prese in custodia a Winchester da Walter di Coutances, custode del sigillo reale, ed il re stesso insieme con tutta la corte si prostrarono dinnanzi ad esse. Il reliquiario suddetto, dopo vari trasferimenti, trovò infine collocazione dal 1970 nel British Museum.


Autore: Fabio Arduino

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05/06/2017 06:35
 
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Santi Marciano, Nicandro, Apollonio e compagni Martiri

5 giugno


sec. III

Martirologio Romano: In Egitto, santi Marciano, Nicandro, Apollonio e compagni, martiri, che come si tramanda, per aver professato la fede cristiana, dopo atroci supplizi, furono rinchiusi in un recinto murario ed esposti al sole ardente, morendo infine estenuati dal calore, dalla sete e dalla fame.

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07/06/2017 09:08
 
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San Coloman (Colman) di Druim Mor Vescovo e abate

7 giugno


sec. VI

Fondò, in Irlanda, il monastero di Dromore, a sud-ovest di Belfast, che diventò poi sede episcopale. Diresse come vero pastore il monastero e la diocesi. Morì verso la metà del sec. VI.

Martirologio Romano: In Irlanda, san Colmán, vescovo e abate del monastero di Dromore da lui stesso fondato, che nel territorio di Down si adoperò mirabilmente per la fede.








Di nobile prosapia e nativo di Dalriada nell'Irlanda, Colomàn fu affidato giovanissimo dai suoi genitori alle cure di san Caylan (detto anche Mochae), abate di Noendrum. Dopo aver studiato la Sacra Scrittura con sant'Ailbeo di Emly, fondò intorno al 514, per esortazione di Macnissa (Macanisius), vescovo di Connor, il monastero di Dromore sulle rive del fiume Lagan, a sud-ovest di Belfast, luogo che sembra essergli stato suggerito dallo stesso san Macnissa. Lì rimase poi sempre, vi morì verso la metà del sec. VI e vi fu molto probabilmente sepolto, benché il Breviario di Aberdeen indichi a torto Inchmahome (Perthshire, Scozia) come luogo della sua sepoltura. Dal Medioevo Colomàn è venerato alla data del 6 giugno, mentre nei calendari irlandesi viene festeggiato il 7 giugno; infatti, in tale giorno il Martirologio di Tallaght (p. 48) reca Mocholmoc Dromma Moir.


Autore: Niccolò Del Re

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08/06/2017 08:41
 
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San Gildardo di Rouen Vescovo

8 giugno


m. 511/3 circa

Martirologio Romano: A Rouen in Francia, san Gildardo, vescovo.

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09/06/2017 09:52
 
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Santa Tecla Martire

9 giugno




Etimologia: Tecla = che ha fama per merito degli dei o anche che ha fama divina, dal greco


Emblema: Palma









Con il nome di Tecla, i vari martirologi orientali ed occidentali, venerano ben 13 sante quasi tutte martiri dell’antichità cristiana e 1 santo martire in Egitto.
Quella che si celebra il 9 giugno fa parte di un gruppo di cinque religiose martiri, le notizie pervenutaci, nonostante lo sfoggio letterario dell’oscuro autore, sono coerenti ai fatti.
Alcune spie avevano segnalato che in un villaggio (Kasaz, vicino ad Arbela antico nome di Arbil in Iraq) vi era un prete di nome Paolo molto ricco. I soldati, circondata la casa s’impadronirono dei suoi tesori e condussero Paolo insieme a cinque religiose del luogo, davanti al principi della Regione Narsai Tamsabur.
Paolo comparso per primo si dichiarò pronto ad adorare il sole, dopo aver ricevuto la promessa che i suoi beni gli sarebbero stati restituiti. Diversamente agirono le cinque religiose che si mantennero fedeli al loro credo e pertanto Tamsabur le condannò a morte, e impose a Paolo di eseguire le decapitazioni che avvennero il 31 maggio del 347.
Ma Tamsabur volendo comunque le sue ricchezze, lo fece strangolare la notte seguente.
Le religiose: Tecla, Mariamne, Marta, Maria e Amai furono considerate come martiri e la loro festa riportata nei sinassari orientali, fu stabilita il 9 giugno (anche il 5 e 6).


Autore: Antonio Borrelli

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10/06/2017 07:52
 
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Sant' Asterio Vescovo

10 giugno




Emblema: Bastone pastorale








ASTERIO , vescovo di Petra in Arabia
Inviato dagli Ariani al concilio di Sardica del 343 perchè vi accusasse sant'Atanasio, smascherò le macchinazioni degli eretici e passò, nonostante le loro minacce, dalla parte dell'accusato. Ce lo fa sapere lo stesso sant'Atanasio.
Festa il 10 giugno.

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11/06/2017 09:45
 
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Sant' Aleide di Schaerbeek Vergine

11 giugno


m. 1250

Martirologio Romano: Nel monastero di La Chambre vicino a Bruxelles nel Brabante, nell’odierno Belgio, sant’Aléide, vergine dell’Ordine Cistercense, che, a ventidue anni, colpita dalla lebbra, fu costretta a una vita di segregazione; negli ultimi anni, perduta anche la vista, neppure un membro del corpo le era rimasto sano, salvo la lingua, per cantare le lodi di Dio.








Nata a Schaerbeek, nei pressi di Bruxelles, nella prima metà del sec. XIII, a sette anni entrò nel monastero cistercense di La Cambre, fondato da pochi anni, per essere istruita ed educata. Aleide, che era una graziosissima fanciulla, mostrò ben presto una intelligenza superiore e un grande amore verso Dio. Col passare degli anni, vestito l'abito monacale, si accrebbe la sua virtù e Aleide ebbe il dono di una visione divina, in cui, in segno delle acerbissime sofferenze che avrebbe patito, le fu data da Dio una croce d'oro. Il Signore la sottopose ad una terribile prova: Aleide fu colpita, infatti, dalla lebbra che la consumò per lunghi anni, riducendola a un povero corpo purulento. Segregata dalla comunità, offrì le sue sofferenze per la salvezza dei peccatori e la liberazione delle anime purganti. Di una sola cosa si doleva, di non poter ricevere la comunione sotto ambedue le specie. Infatti, per timore del contagio, le era interdetto accostare le labbra al calice. Tuttavia anche di questa privazione fu consolata dal Signore che le apparve e le disse: « quicumque de corpore meo gustaverit, similiter et de sanguine gaudeat, se indubitabiliter recreari: quia ubi pars, ibi totum; nec pars potest dici, sed totum debet reputari ». Nel 1249, il morbo distrusse gli occhi di Aleide ed ella dedicò a Dio questa ulteriore sofferenza, per le intenzioni di Guglielmo, re dei Romani, e di san Luigi, re di Francia, che partiva per la VI crociata.
L'11 giugno 1249 una visione rivelò ad Aleide che sarebbe dovuta rimanere su questa terra ancora un anno. Infatti, secondo la profezia, Aleide morì l'11 giugno 1250, e si narra che coloro che l'assistevano negli ultimi momenti, videro la sua anima volare direttamente in paradiso.
Con decreto del 1° luglio 1702 Clemente XI concesse ai monaci Fuliensi della Congregazione di San Bernardo la facoltà di celebrare la festa di Aleide, il cui culto nel 1870 fu esteso a tutto l'Ordine cistercense e nel 1907, ufficialmente autorizzato da Pio X, a tutte le diocesi del Belgio.
La festa di Aleide cade l'11 giugno, ma nell'Ordine cistercense e nella diocesi di Malines è celebrata il 15 giugno. Nel Menologio Cistercense il nome di Aleide è ricordato il 12 giugno.


Autore: Goffredo Venuta

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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