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CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 13:12
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29/08/2016 07:07
 
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Santa Basilla Martire a Sirmio

29 agosto




Martirologio Romano: Presso Srijem nell’odierna Croazia, santa Basilla.








Il Martirologio Siriaco (sec. IV) ricorda al 29 agosto il dies natalis di Basilla, martire a Sirmio, città della Pannonia Inferiore. Nel Martirologio Geronimiano, che pure menziona Basilla al 29 agosto, alla santa è attribuita la qualifica di vergine.
Oltre alle commemorazioni delle antiche fonti, null'altro si può reperire su Basilla, e sussiste anche qualche dubbio sulla sua qualifica di martire.


Autore: Pietro Gini

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30/08/2016 07:22
 
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Beati Diego Ventaja Milan e Emanuele Medina Olmos Vescovi e martiri

30 agosto


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† Almeria, Spagna, 30 agosto 1936



Nato a Ohanes (Spagna) il 22 giugno 1880, Diego Ventaja Milan era vescovo di Almeria dal 16 luglio 1935. Il 5 agosto 1936 fu arrestato dai miliziani rossi, insieme con Emanuele Medina Olmos, nato a Lanteira (Spagna) il 9 agosto 1869, vescovo di Cadice e altri ecclesiastici. Furono trucidati in odio alla fede il 30 agosto 1936. Nel processo di canonizzazione ai due vescovi sono uniti 7 fratelli delle Scuole Cristiane, uccisi nello stesso tempo. Il processo di beatificazione iniziò in Almeria il 7 febbraio 1956. Papa Giovanni Paolo II ha beatificato questi 9 martiri il 10 ottobre 1993.

Martirologio Romano: Ad Almería sempre in Spagna, passione dei beati martiri Diego Ventaja Milán, vescovo di Almeria, e Emanuele Medina Olmos, vescovo di Cadice, che, condotti in carcere in odio al nome cristiana, sopportarono pazientemente insulti e angherie, finché di notte furono trucidati.








Durante i tragici eventi della guerra civile spagnola (1936-1939) le complicazioni che sorsero, a partire dal 1936, si ripercorsero anche sulla vita della Diocesi di Almeria, situata in una delle zone più povere della Spagna. Il gruppo dei martiri di Almeria e costituito dal Vescovo di Almeria, Diego Ventaja Milán, dal Vescovo di Guadix-Baza, Manuel Medina Olmos e da sette Fratelli delle Scuole Cristiane: Aurelio María, José Cecilio, Edmigio, Amalio, Valerio Bernar do, Teodomiro Joaquin e Evencio Ricardo.



Il beato DIEGO VENTAJA MILÁN nacque, il 22 giugno 1880, ad Ohanes provincia e diocesi di Almeria, da Juan Ventaja e Palmira Milán. Al battesimo il successivo giorno 24, gli furono imposti i nomi Diego José Paulino. Completat brillantemente gli studi superiori al Sacro Monte in Granada, Diego fu destinato come borsista al Collegio S. Giuseppe di Roma per seguire i corsi di Filosofia, Teologia e Diritto all'Universiti Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1902, rientrò a Granada con tre dottorati e fu nominato cappellano del Sacro Monte e, anni dopo, Canonico della sua Chiesa Magistrale. Per trentatre anni condusse la vita ordinaria di Canonico e Professore del Collegio, offrendo nel contempo 1a sua collaborazione fattiva nelle Scuole dell'Ave Maria, fondate dal Servo di Dio Andres Manjón, sino ad esserne nominato Vice-Direttore.



Presidente del Capitolo del Sacro Monte, confessore di numerose comunità religiose, Professore di Teologia Morale e membro del Consiglio Accademico del Seminario Centrale di Granada, il 4 maggio 1935 Pio XI destinava Diego Ventaja Milán alla guida della diocesi di Almeria. Consacrato vescovo il 29 giugno 1935 faceva la sua entrata in Almeria il 16 luglio successivo. I quattro cento giorni del suo ministero episcopale vissuti con esemplare umiltà e fortezza terminarono con la via Crucis sul Calvario insieme al suo amico, il vescovo Manuel Medina Olmos.



Il beato MANUEL MEDINA OLMOS nacque il 9 agosto 1869 a Lanteira, provincia di Granada, da Juan Medina Garzón e Pilar Olmos Núñez. A tredici anni conseguì la maturità e a 17 anni il dottorato in Teologia. Seguirono poi dottorati in Diritto, Filosofia e Lettere. All'età di 22 anni fu ordinato sacerdote, subito dopo nominato parroco del Sacrario di Guadix e Prefetto degli Studi del Seminario. Alcuni mesi dopo divenne canonico del Sacro Monte di Granada ove fu collaboratore del Servo di Dio Andres Manjòn nella conduzione della Scuole dell'Ave Maria da questi fondate. Per ben 23 anni fu poi Rettore de Sacro Monte, che era allora Università Ufficiale di Stato. Delle sue pubblicazioni menzioniamo «La obra juridica del Padre Suirez », la « Historia de la Religiòn » e la raccolta di favole «Teatro infantil ». Preconizzato Ausiliare dell'Arcivescovo di Granada nel dicembre del 1925 e consacrato nella cattedrale della città il 23 maggio del 1926, organizzò nelle stesso anno il congresso Mariano, meritandosi il plauso dei partecipanti. Nominato vescovo di Guadix-Barca il 12 ottobre 1928, prese possesso della diocesi il 30 novembre successivo, e nel periodo in cui fu vacante la diocesi di Almeria vi operò quale Amministratore Aposto­lico, fino a quando, il 16 luglio 1935, vi entrò mons. Diego Ventaja Milán. Appena trascorso un mese dal suo ingresso nella Diocesi, iniziò le visite pa­storali, la catechesi e un immenso lavoro culturale e sociale, vivendo personal­mente in uno spirito di povertà e dedizione totale.



Mons. Diego Ventaja e mons. Manuel Medina Olmos, legati da profonda amicizia e stima vicendevole per lunghi anni, trascorsero di nuovo insieme gli ultimi giorni come negli anni del Sacro Monte. Furono condotti insieme al luogo dell'esecuzione e subito fucilati. Era la notte dal 29 al 30 agosto 1936.



Il 10 ottobre 1993, Diego Ventaja Milán, Manuel Medina Olmos e i Fratelli delle Scuole Cristiane — Aurelio María, José Cecilio, Edmigio, Amalio, Valerio Bernardo, Teodomiro Joaquín e Evenzio Ricardo — sono stati proclamati Beati da Papa Giovanni Paolo II.


Autore: Andreas Resch

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31/08/2016 08:22
 
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Santi Centomila Martiri di Tbilisi

31 agosto (Chiese Orientali)


XIII secolo







Nel 1225, Gialal Ed-Din, scià di Chorezm, devastata Tbilisi, la capitale della Georgia, massacrò centomila cristiani. Il tragico è descritto in una cronaca georgiana del sec. XIV, nota con il nome di Zhamthaagmzereli [Il descrittore dei tempi], edita nell'antologia La vita della Georgia. Il katholikòs e noto storico della Chiesa georgiana Antonio I, basandosi su tale cronaca, compose nel 1768 l'opera agiografica Lode e narrazione (…), dedicata alle centomila vittime del massacro, e la incluse nella raccolta Martirika, che conteneva altri diciannove racconti di santi martiri georgiani.
Per non stupire il lettore con un numero così elevato di vittime, Antonio I concluse la Cronaca dicendo che, assieme ai cittadini di Tbilisi, erano periti anche gli abitanti dei villaggi, rifugiatisi nelle fortezze della capitale a causa dell'invasione. Difatti, per ordine di Giala Ed-Din, chiunque non avesse rinunciato al cristianesimo, profanando oggetti sacri quali icone e croci, sarebbe stato condannato a morte per decapitazione. La cronaca attesta: “Molti fecero vedere la splendida vittoria e non rinunciarono alla religione, né profanarono le sante icone”. Tuttavia, Antonio I ritiene che molti nel testo della Cronaca non significhi tutti, e aggiunge che alcuni dei prigionieri “rimasero privi della corona”.
Il giorno della commemorazione dei Centomila Martiri della Chiesa georgiana è il 31 agosto.


Autore: Enrico Gabidzashvili

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01/09/2016 07:25
 
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Sant’ Anea Corpo santo

1° settembre










A Como, nella chiesa di S. Croce, fuori le mura antiche, si venera questo fanciullo che morì a Roma per la fede. Il suo corpo giunse a Como nel 1700 e fu posto nella cappella dell’Addolorata. La notizia è tolta dal Martirologio della chiesa di Como redatto dal p. Luigi Tatti, comasco, autore che scrisse molto, ma con assoluta mancanza di spirito critico: tuttavia di Anea egli dice prudentemente che si ignorano l’anno, il giorno, il genere di martirio subito ed il suo persecutore. Attualmente si ritiene che Anea sia uno dei “Corpi Santi” estratti dalle catacombe in varie epoche. La festa del santo cade la prima domenica di settembre, mentre i Bollandisti pongono Anea tra i Praetermissi del 1° settembre.


Autore: Alfonso Codaghengo

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02/09/2016 07:01
 
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Beato Alessandro Carlo Lanfant Sacerdote gesuita, martire

2 settembre


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Lione, Francia, 9 settembre 1726 - Abbazia Saint-Germain-des-Prés, Parigi, 2 settembre 1792

Anne-Alexandre-Charles-Marie Lanfant (Alessandro Carlo Lanfant) nacque a Lione il 9 settembre 1726 da famiglia borghese e, a quindici anni, entrò nella Compagnia di Gesù ad Avignone. Dedicatosi all'insegnamento, professò i voti religiosi nel 1760. Dal 1° settembre 1768, in seguito alla soppressione dei Gesuiti in Lorena, per qualche tempo fu predicatore dell'imperatrice Maria Teresa a Vienna; poi si stabilì a Parigi. Rinomato oratore, grande devoto del Sacro Cuore, Lanfant ricevette il titolo di predicatore del re Luigi XVI. Erano tempi difficili per il cattolicesimo francese, la Rivoluzione era alle porte, pronta a eliminare i fedeli del Papa. Il Lanfant si rifiutò di prestare giuramento sulla Costituzione civile e fu accusato di aver aiutato il sovrano ad assolvere il precetto pasquale. Alla fine dell'agosto 1792 fu arrestato e finì vittima dei massacri del 2 settembre 1792 presso l'abbazia Saint-Germain-des-Prés a Parigi insieme a molti altri religiosi. Fu beatificato da Pio XI il 17 ottobre 1926. (Avvenire)







Anne-Alexandre-Charles-Marie Lanfant nacque a Lione il 9 settembre 1726 da una famiglia borghese ed all’età di quindici anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù presso Avignone. Compiuta una brillante carriera nell’insegnamento ad Aix, Besancon e Marsiglia, professo i voti religiosi nel 1760 e da quel momento si dedicò al ministero delle missioni presso Nancy. Dal 1° settembre 1768, in seguito alla soppressionedei Gesuiti in Lorena, per qualche tempo fu predicatore dell’imperatrice Maria Teresa a Vienna, per poi tornare a Parigi ove si stabilì.
Rinomato oratore, stimato persino dai nemici della fede, grande devoto del Sacro Cuore, Padre Lanfant ricevette il titolo di predicatore del re Luigi XVI. Erano tempi duri per il cattolicesimo francese, la Rivoluzione era alle porte, pronta a mietere un’innumerevole schiera di martiri fedeli al Papa. Anche il Lanfant, infatti, rifiutò fermamente di prestare il giuramento sulla Costituzione civile del clero e fu accusato di aver aiutato il sovrano ad assolvere il precetto pasquale per mano di un sacerdote refrattario.Verso la fine dell’agosto 1792 fu arrestato e cadde vittima per la sua fede durante i massacri di settembre, il 2 settembre 1792 presso l’abbazia Saint-Germain-des-Prés in Parigi insieme a molti altri religiosi.
Padre Lanfant fu beatificato da Papa Pio XI il 17 ottobre 1926 con altre 190 vittime della medesima persecuzione. Dei suoi scritti non restano che una raccolta di Sermoni e le “Mémories et correspondance secrète du P. Lanfant, confesseur du roi, pendant trois années de la Révolution, 1790, 1791, 1792”.


Autore: Fabio Arduino

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03/09/2016 07:43
 
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Beato Andrea Dotti

3 settembre


Sansepolcro, 1250 c. - Barucola, 31 agosto 1315








Nacque a Sansepolcro, probabilmente dalla famiglia Dotti, intorno al 1250. Membro di una potente famiglia cittadina, fu avviato alla carriera delle armi. Dopo il 1273 conobbe san Filippo Benizi, insigne propagatore dell’Ordine dei Servi di Maria, del quale ascoltò un’omelia sulla rinuncia ai beni terreni.
Decise così di abbracciare la vita religiosa nell’Ordine dei Servi di Maria, vestendo l’abito religioso nel 1278. Nel 1280 fu ordinato sacerdote. Tornò a Sansepolcro nel 1285. Incerta la tradizione che lo vuole predicatore in Umbria, Toscana, Piemonte e Lombardia fra 1290 e 1295, mentre sicura è la sua azione in favore dell’unificazione degli eremi di Montevicchi e della Barucola (o Vallucola), sulla montagna di Sansepolcro, al convento cittadino dei Servi di Maria nel 1294-1295. Andrea visse la sua vita religiosa nel convento di Sansepolcro e nell’eremo della Barucola, dove si trattenne per lunghi periodi. Proprio alla Barucola, la mattina del 31 agosto 1315, nell’ora da lui stesso predetta e dopo una notte trascorsa in preghiera, fu chiamato a Dio. Il suo corpo, ritrovato dai confratelli nell’atto di pregare sotto un grande faggio, fu trasportato a Sansepolcro e da allora è custodito nella chiesa di Santa Maria dei Servi.
Il culto prestato da tempo immemorabile al beato Andrea fu confermato da papa Pio VII nel 1806. La memoria liturgica ricorre il 3 settembre (il 31 agosto per l'Ordine dei Servi di Maria). Il corpo del beato è conservato all’interno dell’altare maggiore della chiesa di Santa Maria dei Servi in Sansepolcro.


Autore: Andrea Czortek

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04/09/2016 07:49
 
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Santa Candida di Napoli

4 settembre


Napoli, I secolo



Secondo la leggenda era un'anziana donna del paese, afflitta da una grave infermità; allorché l'apostolo Pietro passò dalla città campana per raggiungere Roma, la santa lo supplicò di guarirla, promettendogli in cambio la sua adesione al Cristianesimo. Pietro compì dunque un esorcismo, risanando finalmente la donna. A prodigio compiuto, Candida decise di convocare anche un suo amico malato, Aspreno, il quale ricevette anch'egli la guarigione da parte dell'apostolo, venendo infine nominato, al momento della sua partenza, vescovo di Napoli. Candida morì nel 78, probabilmente martire nella sua città natale, al tempo dell'imperatore Vespasiano (68-79).

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05/09/2016 07:06
 
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Santa Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu) Vergine, Fondatrice

5 settembre


Skopje, Macedonia, 26 agosto 1910 - Calcutta, India, 5 settembre 1997



Agnes Gonxhe Bojaxhiu, nata nell’attuale Macedonia da una famiglia albanese, a 18 anni concretizzò il suo desiderio di diventare suora missionaria ed entrò nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo giunse in India. Nel 1931 emise i primi voti, prendendo il nuovo nome di suor Maria Teresa del Bambin Gesù (scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegnò storia e geografia alle allieve del collegio di Entally, nella zona orientale di Calcutta. Il 10 settembre 1946, mentre era in treno diretta a Darjeeling per gli esercizi spirituali, avvertì la “seconda chiamata”: Dio voleva che fondasse una nuova congregazione. Il 16 agosto 1948 uscì quindi dal collegio per condividere la vita dei più poveri tra i poveri.Il suo nome è diventato sinonimo di una carità sincera e disinteressata, vissuta direttamente e insegnata a tutti. Dal primo gruppo di giovani che la seguirono sorse la congregazione delle Missionarie della Carità, poi espanse in quasi tutto il mondo. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997. È stata beatificata da san Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003. La sua canonizzazione è stata fissata a domenica 4 settembre 2016.

Martirologio Romano: A Calcutta in India, beata Teresa (Agnese) Gonhxa Bojaxhiu, vergine, che, nata in Albania, estinse la sete di Cristo abbandonato sulla croce con la sua immensa carità verso i fratelli più poveri e istituì le Congregazioni delle Missionarie e dei Missionari della Carità al pieno servizio dei malati e dei diseredati.



Ascolta da RadioRai:





Al piano terra della Mother House, la casa-madre nella Lower Circular Road di Calcutta, c’è la cappella semplice e disadorna dove dal 13 settembre 1997, dopo i solenni funerali di Stato, riposano le spoglie mortali di Madre Teresa. Fuori, nel fitto dedalo di viuzze, i rumori assordanti della metropoli indiana: campanelli di risciò, vociare di bimbi, lo sferragliare di tram scalcinati attraverso i gironi infernali della miseria. Dentro, invece, il tempo sembra fermarsi ogni volta, cristallizzato in una specie di bolla rarefatta: la cappella accoglie una tomba povera e spoglia, un blocco di cemento bianco su cui è stata deposta la Bibbia personale di Madre Teresa e una statua della Madonna con una corona di fiori al collo, accanto a una lapide di marmo con sopra inciso, in inglese, un versetto tratto dal Vangelo di Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (15,12).

Madre Teresa di Calcutta, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex-Jugoslavia, oggi Macedonia), da una famiglia cattolica albanese. A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è già in India.
Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù(scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegnerà storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Oltre il muro di cinta del convento c’era Motijhil con i suoi odori acri e soffocanti, uno degli slum più miserabili della megalopoli indiana, la discarica del mondo. Da lontano suor Teresa poteva sentirne i miasmi che arrivavano fino al suo collegio di lusso, ma non lo conosceva. Era l’altra faccia dell’India, un mondo a parte per lei, almeno fino a quella fatidica sera del 10 settembre 1946, quando avvertì la “seconda chiamata” mentre era in treno diretta a Darjeeling, per gli esercizi spirituali.
Durante quella notte una frase continuò a martellarle nella testa per tutto il viaggio, il grido dolente di Gesù in croce: “Ho sete!”. Un misterioso richiamo che col passare delle ore si fece sempre più chiaro e pressante: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Quel genere di persone che non sono niente, che vivono ai margini di tutto, il mondo dei derelitti che ogni giorno agonizzavano sui marciapiedi di Calcutta, senza neppure la dignità di poter morire in pace.
Suor Teresa lasciò il convento di Entally con cinque rupie in tasca e il sari orlato di azzurro delle indiane più povere, dopo quasi 20 anni trascorsi nella congregazione delle Suore di Loreto. Era il 16 agosto 1948. La piccola Gonxha di Skopje diventava Madre Teresa e iniziava da questo momento la sua corsa da gigante.
Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione ottiene il suo primo riconoscimento, l’approvazione diocesana. È una ricorrenza mariana, la festa del Rosario, e di certo non è casuale, dal momento che a Maria è dedicata la nuova famiglia religiosa.
L’amore profondo di Madre Teresa per la Madonna aveva salde radici nella sua infanzia, a Skopje, quando mamma Drone, che era molto religiosa, portava sempre i suoi figli (oltre a Gonxha c’erano Lazar e Age) in chiesa e a visitare i poveri, ed ogni sera recitavano insieme il rosario.
“La nostra Società – si legge nel primo capitolo delle Costituzioni – è dedicata al Cuore Immacolato di Maria, Causa della nostra Gioia e Regina del Mondo, perché è nata su sua richiesta e grazie alla sua continua intercessione si è sviluppata e continua a crescere”.
La figura della Vergine ha ispirato lo Statuto delle Missionarie della Carità, al punto che ognuno dei 10 capitoli delle Costituzioni è introdotto da una citazione tratta dai passi mariani dei Vangeli. La Madonna è detta la prima Missionaria della Carità in ragione della sua visita a Elisabetta, in cui dette prova di ardente carità nel servizio gratuito all’anziana cugina bisognosa di aiuto. In aggiunta ai tre usuali voti di povertà, castità e obbedienza, ogni Missionaria della Carità ne fa un quarto di "dedito e gratuito servizio ai più poveri tra i poveri", riconoscendo in Maria l’icona del servizio reso di tutto cuore, della più autentica carità.
(…)La devozione al Cuore Immacolato di Maria è l’altro aspetto del carisma mariano e missionario dell’opera di Madre Teresa, praticato con i mezzi più tradizionali e più semplici: il S. Rosario, pregato ogni giorno e in ogni luogo, persino per la strada; il culto delle feste mariane (la professione religiosa delle sue suore cade sempre in festività della Madonna); la preghiera fiduciosa a Maria affidata anche alle “medagliette miracolose”( Madre Teresa ne regalava in gran quantità alle persone che incontrava); l’imitazione delle virtù della Madre di Dio, in special modo l’umiltà, il silenzio, la profonda carità.
"I thirst" (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. Questa frase, il grido dolente di Gesù sulla croce che le era rimbombato nel cuore la fatidica sera della "seconda chiamata", costituisce la chiave della sua spiritualità.
La figura minuta di Madre Teresa, il suo fragile fisico piegato dalla fatica, il suo volto solcato da innumerevoli rughe sono ormai conosciuti in tutto il mondo. Chi l’ha incontrata anche solo una volta, non ha più potuto dimenticarla: la luce del suo sorriso rifletteva la sua immensa carità. Essere guardati da lei, dai suoi occhi profondi, amorevoli, limpidi, dava la curiosa sensazione di essere guardati dagli occhi stessi di Dio.
Attiva e contemplativa al tempo stesso, nella Madre c’erano idealismo e concretezza, pragmatismo e utopia. Lei amava definirsi "la piccola matita di Dio", un piccolo semplice strumento fra le Sue mani. Riconosceva con umiltà che quando la matita sarebbe diventata un mozzicone inutile, il Signore l’avrebbe buttata via, affidando ad altri la sua missione apostolica: "Anche chi crede in me compirà le opere che io compio, e ne farà di più grandi" (cfr. Gv 14, 12).
Madre Teresa è scomparsa a Calcutta la sera del venerdì 5 settembre 1997, alle 21.30. Aveva 87 anni. Il 26 luglio 1999 è stato aperto, con ben tre anni di anticipo sui cinque previsti dalla Chiesa, il suo processo di beatificazione; e ciò per volontà del S. Padre che, in via del tutto eccezionale, ne ha voluto accelerare la procedura: per la gente Madre Teresa è già santa.
Il suo messaggio è sempre attuale: che ognuno cerchi la sua Calcutta, presente pure sulle strade del ricco Occidente, nel ritmo frenetico delle nostre città. “Puoi trovare Calcutta in tutto il mondo – lei diceva – , se hai occhi per vedere. Dovunque ci sono i non amati, i non voluti, i non curati, i respinti, i dimenticati”.
I suoi figli spirituali continuano in tutto il mondo a servire “i più poveri tra i poveri” in orfanotrofi, lebbrosari, case di accoglienza per anziani, ragazze madri, moribondi. In tutto sono 5000, compresi i due rami maschili, meno noti, distribuiti in circa 600 case sparse per il mondo; senza contare le molte migliaia di volontari e laici consacrati che portano avanti le sue opere. “Quando sarò morta – diceva lei –, potrò aiutarvi di più…”.


Autore: Maria Di Lorenzo

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06/09/2016 07:25
 
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San Cagnoaldo di Laon Vescovo

6 settembre


† 635 circa

Martirologio Romano: A Laon in Francia, san Cagnoaldo, vescovo, che fu discepolo di san Colombano e unico ministro nel suo eremo vicino a Bregenz.








Discende da un’illustre famiglia borgognona: suo padre, Cagnerico era un potente Signore, commensale di Teodoberto, Re d’Austrasia; sua madre, Laudegonda era donna profondamente saggia e cristiana. Il fratello, San Faro, dopo aver ricoperto ruoli importanti a corte ed essere stato sposato, si separò col consenso della moglie che prese il velo e divenne Vescovo di Meaux; anche la sorella, Burgundofara, è Santa e fu fondatrice del noto Monastero di Faremoutier. In un tale contesto di nobiltà e di santità lui stesso gustò sin da giovane del piacere delle cose sante e, giunto ad un’età idonea, fu inviato dal padre a Luxeuil per essere educato sotto la guida di S. Colombano. Qui crebbe nell’esercizio della virtù e nella scienza assieme a tanti giovani nobili. Tra questi eccellette, tanto da attirarsi una particolare amicizia di San Colombano che lo chiamava «giovane devoto a Dio» e volle, cosa non frequente nel mondo monastico, che diventasse Prete. Lo prese con sé come intimo collaboratore, associandolo alle sue missioni.
Si pone al 590 l’anno dell’ingresso di Cagnoald a Luxeuil, ossia sin dalla sua fondazione. Quando San Colombano fu esiliato da Teodorico II, Cagnoald lasciò la sua Sede e lo seguì, lavorando con lui nella regione del Lago di Costanza. Era l’anno 610 e a San Colombano fu proibito di condurre con sé altri monaci che non fossero irlandesi o bretoni; gli uomini del principe dovettero usare la violenza per imporre il rispetto dell’ordine, relegando i monaci franchi entro il Monastero, ove rimasero a lungo sinché la proibizione fu tolta per intercessione di Sant’Agile, cugino di Cagnoald; è allora che il Santo poté ricongiungersi al suo maestro. Probabilmente lo raggiunse quando questi era ospite dal padre, Cagnerico; qui venne trattenuto un certo tempo, non volendo il Nobile privarsi di una simile presenza edificante e fu durante questo soggiorno che San Colombano impose il velo a Burgundofara, ancora bimba e la consacrò a Dio. Cagnoald seguì Colombano a Brégentz, condividendone le fatiche, imitandone le virtù a divenendo testimone dei prodigi che compiva. Mentre rimanevano eremiti su una montagna, per ordine di Colombano pose un limite alle scorribande che un orso faceva nella foresta, devastando i vegetali di cui i due si nutrivano: Cagnoald tracciò un solco con una verga e intimò alla bestia di non oltrepassarlo, cosa che l’animale fece.
Quando nel 612 il persecutore Teodorico combatté a Tolbiac col fratello, Teodoberto, Colombano ebbe in visione gli eventi; li comunicò a Cagnoald e questi in un impeto irriflessivo disse a Colombano di pregare perché Teodorico perdesse. Ma Colombano lo riprese, rammentandogli il dovere di pregare per i nemici e di lasciare al Giudice giusto il compito di decidere. Teodorico vinse e Colombano dovette fuggire anche di lì, recandosi in Italia, dove fonderà il Monastero di Bobbio. A questo punto Cagnoald si separò da lui e rientrò a Luxeuil dove riprese la vita cenobitica. Di qui fu inviato in aiuto della sorella nella fondazione del Monastero di Eboriac (poi Faremoutier), e il successo di questa fondazione dimostra quale grazia Dio accorda all’opera dei suoi Santi. Mentre era in ciò impegnato, morto il Vescovo Richeberto, Cagnoald fu designato a sostituirlo a Laôn, sesto di quella Sede, nel 623. Non si hanno notizie degli atti del suo episcopato, salvo la partecipazione al Concilio di Reims, di cui firma i decreti assieme a prelati quali San Donato, Vescovo di Besançon, che era con lui cresciuto a Luxeuil; di San Sulpizio, Vescovo di Bourges; di Pallade, Vescovo d’Auxerre; di San Anserico, Vescovo di Soissons; di San Bertrando, Vescovo di Cambrai; di Hadouin, Vescovo di Mans; di San Arnolfo, Vescovo di Metz, etc. Fu certo un Vescovo che godette di stima universale, per prudenza, dolcezza, carità verso poveri e malati. Il 22 novembre 631 sottoscrive l’atto con cui Sant’Eligio dota il Monastero da lui fondato a Solignac, sotto la Regola di San Colombano. Muore in data imprecisata tra il 632 ed il 640, mentre si trovava nel Monastero di Saint-Vincent.
Inumato nel coro di Saint-Vincent, vi fu riscoperto nel 1196 dall’Abate Ugo che lo tolse dalla terra e lo mise in una cassa, poi distrutta dagli Inglesi. Nel XVII secolo fu ulteriormente sistemato e un femore donato nel 1643 alla Cattedrale di Laôn; nel 1623 alcune reliquie furono date alle religiose di Faremoutier. Molte volte, in occasione di epidemie e disastri, gli abitanti di Laôn sperimentarono la potenza dell’intercessione del loro Santo. Tutti i resti sparirono durante la Rivoluzione, Abbazia compresa che fu in parte distrutta.


Autore: Marco Faraldi

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07/09/2016 07:34
 
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Figlia di un cittadino pagano della Borgogna, la cui moglie morì dando alla luce questo splendido fiore, fu affidata ad una balia cristiana la quale, dopo averla battezzata, fece crescere Regina nella fede e nell'amore.

Figlia di nobile pagano ben presto si avvicinò alla fede cristiana e contrariamente a quanto avrebbe voluto il padre dedicò la sua vita alla castità e alla preghiera divenendo così un'umile pastorella andando a vivere come eremita.

La sua bellezza attirò l'attenzione del prefetto Olibrio, il quale, sapendo che era di stirpe nobile, voleva sposarla a tutti i costi, ma lei rifiutò e disubbedì al volere di suo padre, che cercava di convincerla a sposare un uomo ricco.

Così il padre non stentò a rinchiuderla in una prigione, e subire le più tremende torture. Una notte le apparve una croce e una voce gli avrebbe rassicurato il suo rilascio imminente.

All'età di 15 Regina fu decapitata, al momento dell'esecuzione una colomba bianca apparve nel cielo e causò la conversione di molti dei presenti.
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09/09/2016 07:43
 
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Santi Giacinto, Alessandro e Tiburzio Martiri in Sabina

9 settembre




Emblema: Palma


Martirologio Romano: In Sabina al trentesimo miglio da Roma, san Giacinto, martire.







Il Martirologio Geronimiano al 9 settembre riporta questa notizia: "in Sabinis Miliario XXX Jacinti, Alexandri, Tiburti". L'affermazione fu ripresa dai martirologi medievali e dal Romano. Di un martire Giacinto nella Sabina non restano Atti; la menzione piú antica di culto nella località la si ha nel Liber Pontificalis. Ivi infatti si narra che Leone III (795-816) donò alla basilica "ubi corpus eius requiescit, vestem de stauraci pulcherrimam". Il problema che si pone è questo: giacinto è un martire sabino autentico o va identificato con il martire romano omonimo deposto sulla via Salaria vetus (11 settembre) assieme a Proto, o ancora con l'altro martire romano dello stesso nome sepolto in un cimitero della via Labicana (3 agosto)? Il Lanzoni opina che il termine corpus del Liber Pontificalis equivalga a "porzione di corpo". Inoltre, osserva sempre il Lanzoni, dato che i martiri della via Salaria non godevano culto solamente in oma e vicinanze, ma lungo l'intero tracciato della via consolare, si potrebbe ammettere che il Giacinto della Sabina sia l'omonimo della Salaria vetus, comemorato fuori del territorio romano. Nel IX sec. abano Mauro identificò il Giacinto sabino con quello menzionato in una leggendaria passio in cui si narra che un certo Giacinto fu gettato in mare, ma, salvatosi miracolosamente, fu poi decapitato; tuttavia non esiste alcuna precisazione di località.
Per quanto riguarda Alessandro e Tiburzio sembra ai commentatori dei Martirologi Geronimiano e Romario che si tratti di errate trascrizioni. Invece di Alexandri dovrebbe leggersi Alexandria (città), mentre Tiburzio sarebbe il martire romano della via Labicana (11 agosto) qui erroneamente inserito


Autore: Gian Domenico Gordini

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10/09/2016 07:19
 
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San Salvio di Albi Vescovo

10 settembre




Martirologio Romano: Ad Albi in Aquitania, ora in Francia, san Salvio, vescovo, che, condotto fuori dal chiostro, fu ordinato contro il suo volere per questa sede e, scoppiata la peste, da buon pastore non volle lasciare mai la città.

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11/09/2016 07:29
 
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Santi Vincenzo, Ramiro e compagni Martiri

11 settembre










Una tardiva ‘Passio’ racconta che s. Vincenzo abate di S. Claudio, monastero sito nella città di León in Spagna, rimase vittima di una persecuzione che Riciliano, ultimo re degli svevi, ariano, aveva scatenato contro i cattolici, nella seconda metà del secolo VI.
Vincenzo fu condotto davanti ad un tribunale e qui professò la sua fede cattolica, parlando apertamente contro gli ariani, che professavano la eresia di Ario (280-336), secondo cui il Verbo incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature.
La condanna degli eretici da parte di due Concili, instaurò una lotta non solo ideologica fra il cristianesimo ufficiale ed i fautori dell’eresia.
Per la sua intransigenza dottrinaria, Vincenzo venne decapitato l’11 marzo e sepolto nella chiesa del suo monastero; secondo l’iscrizione sulla lastra della tomba, sarebbe morto nel 630.
Due giorni dopo il suo martirio, vennero uccisi anche Ramiro, priore dello stesso monastero e dodici monaci; del martirio di questo gruppo esistono altre due ‘passiones’ anch’esse tardive e leggendarie.
Le reliquie dell’abate Vincenzo furono in seguito trasferite ad Oviedo, dove ancora si conservano nella cosiddetta ‘Camera Santa’ della cattedrale.
Invece le reliquie di Ramiro e dei dodici monaci, furono trasferite nella cattedrale di León, il 26 aprile 1596. La festa di tutti ricorre a León l’11 marzo, mentre nei martirologi benedettini ricorre l’11 settembre, data riportata anche dal ‘Martirologio Romano’.


Autore: Antonio Borrelli

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13/09/2016 09:57
 
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Sant' Amato di Sens (o di Sion) Vescovo

13 settembre




Etimologia: Amato = caro, benvoluto, dal latino


Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: A Breuil-sur-le-Lys nel territorio di Amiens, in Francia, transito di sant’Amato, vescovo di Sion nell’odierna Svizzera, che per ordine del re Teodorico III fu mandato in esilio e vi morì.







Una sua Vita dell'XI sec. e una menzione nella Vita Rictrudis (X sec.) lo dicono vescovo di Sion nel Vallese (Svizzera) non prima del 660. Egli sarebbe stato esiliato dal re Thierry o Teodorico III (675-91) prima a Péronne nel monastero di s. Ultano, e successivamente, alla morte di questi, a Bruel-surla-Lys, presso s. Mauronte figlio di s. Rictrude, dove morì intorno al 690. Le reliquie di Amato furono traslate da Bruel-sur-la-Lys a Douai in una chiesa a lui dedicata in questa città. La sua festa si celebra il 13 settembre.
Intorno a questo santo non mancano, tuttavia, alcune confusioni, verificatesi col tempo nella tradizione. Il Martirologio di Sion (XII sec.) lo confonde con s. Amato, abate di Remiremont, mentre il Martirologio Romano nomina al 13 settembre un Amato, vescovo di Sens (lat. Senonensis) tra il 614 e il 627: il nome di questo vescovo appare nei cataloghi episcopali compilati nel sec. XII (nei cataloghi anteriori è evidente che esso sia stato inserito in un secondo tempo). E' chiaro, però, che nella tradizione bisogna supporre una confusione tra Senonensis (Sens) e Sedunensis (Sion), poiché nelle liste dei vescovi di Sens del VII sec., che sono ben conosciuti, è impossibile inserire il nome di questo Amato.


Autore: Alfonso Codaghengo

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14/09/2016 07:31
 
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San Materno di Colonia

14 settembre


Colonia (Germania), IV secolo

Martirologio Romano: A Colonia, in Germania, san Materno, vescovo, che condusse alla fede in Cristo gli abitanti di Tongeren, Colonia e Treviri.







Lo conosciamo come il primo vescovo nella storia cristiana di Colonia. Ma dal IX secolo è nata in Germania (e il luogo d’origine è Treviri) una singolare leggenda, secondo la quale Materno sarebbe arrivato dalla Palestina. Non solo: è indicato pure come discepolo di Pietro apostolo, e da questi mandato ad annunciare il Vangelo nel mondo germanico. Questo racconto fantasioso tendeva a presentare Treviri come prima sede vescovile di Germania, e quindi dotata di giurisdizione “per anzianità” sulle altre.
Il Materno della storia, invece, vescovo di Colonia, è un personaggio importante della Chiesa, ormai libera per opera dell’imperatore Costantino, ma esposta – finite le persecuzioni esterne – al travaglio interno dei cristiani che si fanno male da soli. Materno è uno dei pacificatori, chiamato dalla sua Germania ad appianare un duro contrasto che è nato nel Nordafrica.
È lo scisma detto donatista, dal nome del vescovo Donato che ne è diventato l’uomo di punta. Lo scisma dei rigoristi, avversi a ogni indulgenza verso i cristiani che hanno ceduto per paura durante la persecuzione di Diocleziano, e che sono detti traditores (da tradere = consegnare) perché hanno consegnato i libri sacri all’autorità romana. La visione donatista è drammaticamente elitaria e avversa a ogni indulgenza: i pochi cristiani buoni devono “segregarsi” per sempre dalla massa dei mediocri e malfidi. Di qui si arriva poi a negare validità agli atti di ministero compiuti da chi sia ritenuto indegno. E così i donatisti di Cartagine non riconoscono il nuovo vescovo Ceciliano, perché uno dei suoi consacranti ha ceduto durante la persecuzione. Invocano come arbitro l’imperatore Costantino, e questi nel maggio 313 scrive al papa Milziade di aver convocato Ceciliano a Roma, con sostenitori e avversari, "perché possa essere ascoltato in presenza vostra, come pure dei vostri colleghi Reticio, Materno e Marino, ai quali ho ordinato di accorrere a Roma" (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica). Reticio è vescovo di Autun, e Marino di Arles. Con essi parte Materno alla volta di Roma. L’imperatore Costantino, pur obbedendo a convenienze politiche sue, ha promosso un atto incisivo di collegialità ecclesiale, affidando il caso africano anche a vescovi di Gallia e di Germania (papa Milziade, o Melchiade, è africano).
Altro non sappiamo di Materno, dopo questa sua missione a Roma, che si conclude con un giudizio favorevole a Ceciliano (ma senza mettere fine allo scisma, che travaglierà ancora sant’Agostino). Mentre a Treviri la leggenda cercava di impadronirsi della sua figura, a Colonia si cominciava a venerarlo come santo. Un culto popolare di cui danno testimonianza anche le splendide vetrate del XIII secolo, nella cappella del duomo dedicata al suo nome.


Autore: Domenico Agasso

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15/09/2016 07:44
 
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San Nicomede di Roma Martire

15 settembre




Emblema: Palma


Martirologio Romano: A Roma, san Nicomede, martire, il cui corpo, sepolto nel cimitero sulla via Nomentana, fu onorato dal papa Bonifacio V con una basilica sepolcrale.







Di lui si parla nella leggendaria ‘passio’ dei santi Nereo ed Achilleo composta nel V-VI secolo il cui autore, afferma che Nicomede era un sacerdote (presbitero).
Fu scoperto mentre seppelliva il corpo della martire Felicola e arrestato da un certo Flacco, giacché non volle sacrificare agli dei, fu sottoposto ad una crudele flagellazione, durante la quale morì; il suo corpo fu gettato nel Tevere; un suo chierico di nome Giusto lo recuperò e lo seppellì in un orticello lungo la via Nomentana.
L’autore della ‘passio’ non accenna al giorno della morte ma dal contesto si può desumere che fu al tempo dell’imperatore Domiziano (51-96), studi e recensioni successive ipotizzano il 15 settembre; mentre altra ‘passio’ del secolo VII pone la sua morte al 1° giugno sotto Massimiano (240-310).
Comunque sia, l’esistenza e il culto di questo martire Nicomede sono attestati da documenti degni di fede, mentre le notizie biografiche sono incerte; del resto egli è citato in almeno otto 'Martirologi' storici, in quello ‘Romano’ è rimasta la sua festa al 15 settembre.
Già nel secolo VII, si sa che i pellegrini veneravano, sulla via Nomentana, il sepolcro del martire, sul quale il papa Bonifacio V (619-625) aveva fatta erigere una basilica, restaurata poi da Adriano I (†795).


Autore: Antonio Borrelli

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16/09/2016 10:00
 
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San Vitale di Savigny Abate

16 settembre




Martirologio Romano: A Savigny nella Normandia in Francia, san Vitale, abate, che, lasciati gli incarichi terreni, apprese a coltivare in luoghi deserti una più stretta osservanza e aggregò molti seguaci nel cenobio da lui stesso fondato.

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17/09/2016 08:50
 
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San Stanislao di Gesù Maria (Jan Papczynski) Sacerdote, fondatore

17 settembre


Podegrodzie, Polonia, 18 maggio 1631 - Góra Kalwaria, Polonia, 17 settembre 1701



Jan Papczynski nacque il 18 maggio 1631 a Podegrodzie, in Polonia. Entrato tra i padri Scolopi col nome di Stanislao di Gesù Maria, divenne sacerdote nel 1619. Il suo impegno per una maggior osservanza della Regola lo vide costretto a chiedere di essere dimesso dalla congregazione, per evitare ulteriori attriti con i confratelli della Provincia polacca. L’11 dicembre 1670 compì un atto di offerta a Dio e alla Vergine Immacolata, promettendo di impegnarsi a propagandarne il culto con la fondazione di un nuovo istituto, i Chierici mariani sotto il titolo della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Padre Stanislao propose la sua idea di vita religiosa a un gruppo di eremiti che vivevano a Puszcza Korabiewska (attuale Puszcza Mariańska). L’ordine – l’ultimo di chierici regolari nella storia della Chiesa – ricevette l’erezione canonica dal vescovo di Poznań. L’approvazione pontificia avvenne il 21 settembre 1699. Tra le sue particolarità, oltre a quella della difesa dell’Immacolata Concezione, entrarono anche la preghiera per le anime del Purgatorio, specie quelle dei soldati e di coloro che muoiono improvvisamente, e la predicazione ai contadini scarsamente istruiti dal punto di vista religioso. Padre Stanislao, ormai malato, morì il 17 settembre 1701 a Nowa Jerozolima (oggi Góra Kalwaria), nel piccolo convento attiguo alla chiesetta detta “Cenacolo del Signore”, dove attualmente è sepolto. È stato beatificato il 16 settembre 2007 e canonizzato domenica 5 giugno 2016.








Nascita e primi anni
Jan Papczyński nacque il 18 maggio 1631 a Podegrodzie, in Polonia, probabilmente ultimogenito del fabbro Tommaso e di Sofia, nativa di Tacikowska. Quasi nulla sappiamo di suo fratello Pietro e delle altre sei sorelle. Terminati gli studi elementari, frequentò la scuola media parrocchiale di Podegrodzie tra il 1649 e 1650, poi presso i collegi gesuiti di Leopoli ed a Rawa Mazowiecka. Qui nel 1654 completò anche il biennio di filosofia.

Sacerdote tra gli Scolopi
Entrò dunque dagli Scolopi nel noviziato di Podoliniec, assumendo il nome religioso di Stanislao di Gesù Maria. Durante il secondo anno di noviziato intraprese a Varsavia gli studi teologici e qui nel 1656 professò i voti semplici. Fu ordinato diacono e, nel, 1661 sacerdote.
Padre Stanislao si distinse innanzitutto quale maestro di retorica, ma durante il suo soggiorno a Varsavia, tra il 1663 ed il 1669, divenne anche famoso come predicatore e confessore. Tra i penitenti che si rivolsero a lui vi fu anche il nunzio apostolico in Polonia, Antonio Pignatelli, poi asceso al soglio di Pietro col nome di Innocenzo XII. Il santo sacerdote prestava inoltre particolare attenzione ai problemi interni al suo istituto e fu promotore di una più stretta osservanza della regola, nonché di un maggior peso dei religiosi della provincia polacca nell’elezione dei loro superiori.

Dimissioni e fondazione dei Chierici Mariani
La provincia era però divisa su tali argomenti in due fazioni nettamente contrapposte e per riportare la pace al Papczyński non restò che chiedere nel 1670 la dimissione dalle Scuole Pie.
Intraprese dunque la fondazione di un nuovo ordine religioso, i Chierici Mariani dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, che con ben due secoli d’anticipo rispetto alla proclamazione pontificia di tale dogma promosse il culto di cotanto singolare privilegio mariano. A tal fine scelse per la novella congregazione l’abito bianco, che egli stesso assunse nel 1671.
Per dare maggiore impulso alla sua opera decise di associarsi con Stanislao Krajewski ed i suoi compagni, che vivevano nell’eremitaggio di Korabiew, odierna Puszcza Mariańska. Padre Papczyński fu nominato superiore dal vescovo Swiecicki il 24 ottobre 1673 e proprio tale data è comunemente considerata quale fondazione ufficiale dei Padri Mariani.

Erezione canonica e carattere specifico
L’unione suddetta impose a questi ultimi un’impostazione di vita eremitica e penitenziale di stretta clausura, ma ciò fu di aiuto per giungere nel 1679 all’erezione canonica, pur non concordando propriamente con il carattere che il fondatore voleva imprimere al nascente istituto, per esempio nell’opera di assistenza pastorale ai parroci.
Spinto dalle esperienze mistiche delle pene del Purgatorio e dalle richieste rivoltegli dalle anime dei soldati caduti in battaglia contro i turchi, padre Stanislao sin dal 1676 volle includere tra le principali finalità della congregazione il suffragio per le anime maggiormente bisognose del Purgatorio, in particolare le vittime della guerra e della peste.

Attività apostolica e consolidamento della congregazione
Dal 1677 ottenette una seconda casa, cioè quella di Nuova Gerusalemme presso l’odierna Góra Kalwaria, ove lui stesso si stabilì e rimase sino alla morte nel piccolo convento attigua alla chiesetta detta “Cenacolo del Signore”. Qui svolse un’intensa attività apostolica, anche in favore della povera gente delle campagne.
Rimase sempre attento all’osservanza della regola e si dedicò con premura al governo dell’istituto religioso. Onde provvedere ad una sua maggiore stabilità giuridica ed alla possibilità di emettere i voti solenni da parte dei mariani, ma solo nel 1699 ottenne l’approvazione pontificia che, ritenendo la “Norma Vitae” quale Costituzioni, concedette loro la Regola delle Dieci Virtù della Beata Vergine Maria, che comportò però l’aggregazione all’Ordine Serafico degli Osservanti.

La morte e la sua eredità
Ormai seriamente malato, il santo fondatore morì il 17 settembre 1701, lasciando parecchi scritti spirituali.
A quel tempo l’ordine contava solo una ventina di membri, ma nel XVIII secolo trovarono nuovo vigore grazie all’opera riformatrice intrapresa da Padre Casimiro Wyszynski e nel 1786 papa Pio VI concesse loro l’indipendenza dagli Osservanti. Nel 1908 i Mariani erano ormai ridotti ad un solo membro, ma il provvidenziale ingresso del beato Giorgio Matulaitis portò ad una nuova riforma che diede nuova vita a questa famiglia religiosa, portandola a contare centinaia di membri in tutto il mondo: Polonia, Stati Uniti d’America, Inghilterra, Portogallo, Germania, Argentina, Brasile, Australia, Lituania, Lettonia e Italia; la Casa generalizia è a Roma.

La causa di beatificazione
Mentre era ancora in vita, padre Stanislao di Gesù Maria era circondato da un’incontestata fama di santità e già nel 1751 fu promossa la causa per portarlo alla gloria degli altari. È facile comprendere il motivo per cui i processi si protrassero per secoli, vista la movimentata storia dell’ordine, ma con il primo papa polacco, san Giovanni Paolo II, la causa ritrovò lo slancio decisivo: il 13 giugno 1992 il Pontefice autorizzò la promulgazione del decreto con cui lui veniva dichiarato Venerabile.

Il primo miracolo e la beatificazione
Sotto il pontificato di Benedetto XVI, il 16 dicembre 2006, è stato riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione: la nascita di un bambino polacco, Sebastian, avvenuta nel 2001, nonostante fossero sopraggiunte complicazioni durante la gravidanza. La beatificazione si è svolta a Lichen, in Polonia, il 16 settembre 2007, presieduta dall’allora Segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, come inviato del Santo Padre.

Il secondo miracolo e la canonizzazione
Come secondo miracolo per la canonizzazione è stata convalidata la guarigione di una giovane donna polacca, Barbara. Mentre era prossima al matrimonio, nella Quaresima del 2008, prese ad avere qualche problema respiratorio, poi perse conoscenza ed entrò in terapia intensiva. Sua madre ricevette nella sua parrocchia un libretto con la novena per chiedere grazie mediante il Beato Stanislao e iniziò la preghiera: nel giro di pochi giorni, Barbara riprese conoscenza e, quando venne sottoposta a esame radiologico, si vide che i polmoni non avevano alcun segno di malattia. Si sposò poche settimane dopo; oggi ha due bambini.
La canonizzazione è stata celebrata da papa Francesco domenica 5 giugno 2016 a Roma, insieme a quella della Beata Maria Elisabetta Hesselblad, durante il Giubileo straordinario della Misericordia.


Autore: Don Fabio Arduino

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18/09/2016 08:34
 
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Sant' Eumenio di Gortina Vescovo

18 settembre




Martirologio Romano: A Górtina nell’isola di Creta, sant’Eumenio, vescovo.

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19/09/2016 08:14
 
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San Giovanni di Spoleto Vescovo

19 settembre


m. 19 settembre 887







Giovanni nacque a Spoleto, capitale dell'amonimo potente Ducato, in pieno secolo IX. Cresciuto ed educato presso la scuola episcopale cittadina, fu ordinato presbitero e si distinse per lo spirito di preghiera, umiltà e carità. Alla morte del vescovo Pietro II fu chiamato a succedergli nella cattedra episcopale.
Duca di Spoleto era Guido II di Nantes - futuro imperatore - che nella seconda metà dell'anno 887 si portò in Francia, aspirando alla successione di quel regno, con la moglie Ageltrude, il figlio Lamberto - anche lui futuro imperatore - e il nipote Guido IV; la Corte fu naturalmente accompagnata dall'esercito. Un trattato di pace, stipulato in precedenza dal Duca con i Saraceni che infestavano l'Italia centrale e meridionale, dava a sperare nella sicurezza di Spoleto, circondata anche da fortissime mura.I Saraceni, certi che Guido II sarebbe rimasto in Francia come sovrano, assalirono Spoleto e la depredarono recando anche notevoli danni agli edifici. Il popolo che riuscì a salvarsi, si rifugiò nei dintorni, mentre gli invasori si nascosero nei boschi circostanti per depredare i viandanti. L'arcivescovo Giovanni, unica autorità rimasta in città e conscio del pericolo, visitava i suoi fedeli dispersi.
Il 19 settembre 887, dopo aver celebrato i Sacri Misteri in una delle basiliche martiriali presso Spoleto, mentre ritornava ancora rivestito degli abiti sacri, fu circondato dai Saraceni che lo colpirono con le lance ed infine lo decapitarono.
Il corpo dell'arcivescovo-martire riposa, veneratissimo, in preziosa urna, entro l'altare maggiore della basilica di San Pietro extra moenia in Spoleto ed è invocato per le malattie tumorali e per la concordia famigliare.


Autore: Mons. Giorgio Orioli

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20/09/2016 07:08
 
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Santa Candida Martire a Cartagine

20 settembre




Etimologia: Candida = semplice, innocente, dal latino


Emblema: Palma








Secondo il Martirologio Romano subì il martirio a Cartagine al tempo dell'imperatore Massimiano il 20 settembre d'un anno imprecisato. Tuttavia, il Baronio non cita documenti antichi all'infuori del Galesino e del calendario della Chiesa di Cordova in Spagna. La menzione di Santa Candida vergine e martire si trova anche nei calendari mozarabici.


Autore: Aldo Brunacci

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21/09/2016 07:49
 
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San Quadrato di Magnesia

21 settembre




Martirologio Romano: In Grecia, commemorazione di san Quadrato, discepolo degli Apostoli, che, come si tramanda, durante la persecuzione dell’imperatore Adriano, raccolse con fede e carità la Chiesa dispersa per timore e dedicò all’imperatore un libro in difesa della religione cristiana dall’insigne dottrina apostolica.

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22/09/2016 07:05
 
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San Settimio di Jesi Vescovo e martire

22 settembre




Nato in Germania, Settimio si dedicò agli studi liberali e alla vita militare. In contrasto con la famiglia, si convertì al cristianesimo trasferendosi in Italia. Messosi a predicare a Milano, venne costretto alla fuga in seguito alla persecuzione di Diocleziano, nel 303. Recatosi a Roma, operò numerosi prodigi e conversioni al punto che papa Marcello I lo consacrò vescovo di Jesi, dove si scontrò con il giudice Florenzio. Quest’ultimo gli impose di compiere un sacrificio agli dei entro cinque giorni, secondo l’editto imperiale. Settimio continuò ad operare conversioni e miracoli, per cui, allo scadere del termine fissato dal giudice, venne decapitato. Il corpo venne ritrovato nel 1469 e quindi traslato in cattedrale. È venerato come protovescovo della diocesi di Jesi, di cui è il patrono, e considerato il costruttore della prima cattedrale, benché dedicata al Santissimo Salvatore. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale, Palma








S. Settimio è venerato come protovescovo della diocesi di Jesi e considerato il costruttore della prima cattedrale, che benché dedicata al S.mo Salvatore conservò il nome di Settimio come nome del fondatore (come era uso per i ‘Titoli’ romani).
Antichissimi documenti jesini, portano come data della morte del santo vescovo e martire il 461; l’Ufficio proprio racconta che Settimio nato in Germania, si dedicò agli studi liberali e alla vita militare, poi in contrasto con il parere dei parenti, si convertì al cristianesimo e venne in Italia con alcuni amici.
Si mette a predicare la fede a Milano, ma è costretto ad andarsene a seguito del dilagare della persecuzione di Diocleziano (303). Si reca a Roma dove opera prodigi e molte conversioni al punto che papa Marcello I (308-309) lo consacra vescovo di Jesi.
Ma in questa città trova il giudice Florenzio che lo blocca nel suo apostolato e gli da l’ultimatum di sacrificare agli dei entro cinque giorni, secondo l’editto imperiale; Settimio continua ad operare conversioni e miracoli, per cui alla fine dei cinque giorni, viene decapitato.
Il suo corpo venne ritrovato nel 1469 e quindi traslato in cattedrale; nel 1623 gli venne consacrato un nuovo altare. Il culto comunque è anteriore di molto al 1469, perché la cattedrale di Jesi a quell’epoca era già intitolata a S. Settimio, almeno fin dal 1208.
La sua celebrazione fino al 1623 era al 5 settembre e dopo quell’anno fu fissata al 22 settembre; è il patrono della città.


Autore: Antonio Borrelli

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23/09/2016 08:40
 
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Santa Rebecca Moglie d’Isacco

23 settembre (24 dicembre)




Nipote di Abramo, seconda moglie di Isacco, madre di Giacobbe e di Esaù.

Etimologia: Rebecca = avvince (gli uomini) con la bellezza, dall'ebraico








Nipote, moglie, cugina, madre di patriarchi, Rebecca è una delle più interessanti figure femminili della Bibbia; essa quasi come un filo d’unione, è presente nel racconto biblico, che narra di Abramo del quale era nipote, di Isacco suo cugino e poi sposo, di Giacobbe ed Esaù dei quali era la madre.
Rebecca il cui nome in ebraico “Ribqah” ha il significato di ‘corda’ e in senso figurato “che avvince con la sua bellezza”, compare per la prima volta nel Libro della Genesi al cap. 24,15, ripetendosi sporadicamente fino al cap. 28.
Il patriarca Abramo, molto vecchio e avanzato negli anni, essendo stato benedetto da Dio in ogni cosa, decise di dare una moglie al figlio Isacco per assicurare una discendenza alla sua stirpe; così incaricò il capo dei suoi servi Eliezer, persona di grande fiducia, di cercare una sposa adatta, escludendo le donne della terra di Canaan, i cui abitanti erano dediti al culto degli idoli; anzi secondo il principio dell’endogamia, in uso presso le tribù seminomadi, la donna doveva appartenere ad una tribù dalle comuni origini dello sposo.
Quindi il servo si avviò, con una carovana di dieci cammelli e con molti doni, verso la regione dell’alta Mesopotamia, dov’era la parentela di Abramo, giungendovi verso sera.
Si recò al pozzo, luogo preferito abitualmente nel mondo orientale, per conversare, riunirsi, contrattare e incontrarsi; per il suo simbolismo di fecondità e di vita, il pozzo era considerato il luogo ideale presso il quale combinare un matrimonio.
Qui mentre attendeva, che le donne e le fanciulle come di consueto, a sera venissero ad attingere l’acqua, il servo pregò il Signore di dare un segno per riconoscere la futura sposa di Isacco, anzi è lui stesso a stabilirlo “Ebbene la giovinetta alla quale dirò ‘Abbassa per favore la tua anfora e lasciami bere’ e quella dirà ‘Bevi e anche ai tuoi cammelli darò da bere’, sarà quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco, e da questo conoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone!”.
Così sin dal primo approccio deve essere chiaro, che sarà Dio a guidarlo nella scelta, perché la donna che sarà moglie del futuro patriarca Isacco, fa’ parte anch’essa del disegno e della promessa divina.
E mentre era in attesa, ecco avvicinarsi al pozzo ad attingere l’acqua, la giovinetta di nome Rebecca, che era figlia di Betuel, a sua volta figlio di Milca e di Nacor, fratello di Abramo; avvenente di aspetto, vergine, gradevole nei modi; Rebecca risalì con l’anfora riempita, allora Eliezer le andò incontro chiedendole per favore un po’ d’acqua da bere; la ragazza subito gli porse l’anfora dicendo: “Bevi, signor mio!. Anche per i tuoi cammelli attingerò, finché abbiano bevuto abbastanza”.
E così fece, versando nell’abbeveratoio per gli animali, l’acqua rimasta nell’anfora e ritornando al pozzo per riempirla di nuovo, finché non si fosse colmato a sufficienza per dissetare i cammelli.
Il servo di Abramo rimase sul bordo ad ammirare l’operato della ragazza, convinto che quella era la sposa cercata; le offrì dei doni in oro e Rebecca si presentò dicendo della sua parentela e lo invitò a riposarsi per la notte nella sua casa.
Ritornata dai suoi, Rebecca mostrò alla madre e al fratello maggiore Labano, i doni ricevuti; la figura del fratello Labano entra nel racconto biblico con l’atteggiamento del padrone di casa, nonostante fosse ancora vivo il padre Betel; egli mette in atto la prassi del “fratiarcato”, cioè il predominio del fratello maggiore nei confronti delle sorelle ancora nubili, pertanto Labano si recò al pozzo, dov’era il servo di Abramo in attesa e lo invitò con cortesia ad essere ospite con tutta la carovana nella sua casa.
Con atto di umiltà e servizio nei confronti dell’ospite, Labano fece la lavanda dei piedi e diede il via alla cena dell’accoglienza.
Ma Eliezer volle prima dire il motivo della sua presenza, cominciando con il raccontare le vicende del suo padrone Abramo, che aveva avuto da Sara sterile, l’atteso erede Isacco; si vede che pur essendo Labano e Rebecca pronipoti di Abramo, non erano informati sui dettagli della vita del loro zio; allora le distanze erano abissali e i contatti difficili.
Poi il servo proseguì nel raccontare l’incarico ricevuto di trovare una sposa per Isacco, fra la parentela di Abramo e il suo giuramento di adempiere a ciò; inoltre l’incontro al pozzo con Rebecca e la convinzione che il Signore avesse disposto tutto ciò.
A questo punto il servo domandò ai familiari se la giovane verrà concessa ad Isacco; la risposta affermativa venne non solo da Labano il fratello, ma anche dal padre Betuel, inserito a questo punto nel racconto biblico: “È dal Signore che la cosa procede, non possiamo parlarti né in male né in bene. Ecco Rebecca davanti a te; prendila e và e sia la moglie del figlio del tuo padrone, così come ha parlato il Signore”.
Il giorno dopo, Eliezer volle ripartire per tornare da Abramo e avuto il consenso anche di Rebecca, lasciò la casa che l’aveva ospitato, seguito da lei accompagnata solo dalla balia.
I suoi familiari nel salutarla proferirono l’antica rituale benedizione: “O tu, sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti la porta dei suoi nemici!”.
Il racconto della Bibbia si sposta poi nel deserto meridionale del Negheb, con Isacco che stava rientrando dalla zona del pozzo di Lacai-Roi, il quale alzando gli occhi vide all’orizzonte avvicinarsi la carovana do Eliezer; anche Rebecca lo vide, scivolò dal cammello e domandò al suo accompagnatore chi fosse quell’uomo che veniva loro incontro e il servo rispose: “È il mio padrone”, allora Rebecca si coprì il viso con il velo che nascondeva il viso delle donne.
Dopo aver ascoltato dal servo tutto l’accaduto, Isacco accompagnò la cugina Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara, perché ormai era lei la ‘principessa’ del clan; poi la prese come moglie e l’amò.
Termina così il lungo capitolo 24 della Genesi, tutto dedicato alla figura di Rebecca; poi si continua a parlare di lei in modo più diradato nei capitoli seguenti.
Quando sposò Rebecca, Isacco aveva 40 anni e come già successo per sua madre Sara, moglie di Abramo, anche la sua sposa dopo molti anni non gli dava figli, pertanto supplicò il Signore per lei e Dio l’esaudì e Rebecca divenne incinta a 60 anni.
Questo essere sterile delle mogli dei patriarchi e più un fatto simbolico che reale, il cui valore sta ad indicare che i futuri figli, saranno un dono straordinario del Signore; così fu per Abramo e Sara riguardo il figlio Isacco; per Isacco e Rebecca per i gemelli Esaù e Giacobbe; per Giacobbe e Rachele per il figlio Giuseppe, ecc.
Rebecca ebbe una gravidanza abbastanza pesante, perché i due gemelli si urtavano l’un l’altro dentro di lei; alla sua domanda perché ciò avveniva, il Signore rispose. “Due nazioni sono nel tuo grembo e due popoli dalle tue viscere si separeranno. Un popolo prevarrà sull’altro popolo e il maggiore servirà il minore”.
Al parto nacquero due gemelli, il primo uscì rossiccio di peli e fu chiamato Esaù, il secondo uscì nell’atto di trattenere il fratello per il calcagno e fu chiamato Giacobbe.
Una volta cresciuti, questi due gemelli prenderanno professioni diverse come diversi erano i loro caratteri; Esaù era un forte cacciatore e per questo preferito da Isacco, Giacobbe invece amava la tranquillità della tenda e preferito da Rebecca.
A questo punto ci fermiamo con il racconto biblico, che prosegue con la storia propria di Esaù e Giacobbe e degli episodi che caratterizzarono i loro rapporti, come il cedere del diritto di primogenitura da parte di Esaù, per un piatto di lenticchie; l’inganno per ottenere la ‘benedizione’ di Isacco ormai cieco, su Giacobbe al posto del fratello, ecc.
Rebecca ormai anziana, compare in secondo piano a fianco del figlio Giacobbe, nell’atto di spingerlo a ricevere la benedizione del padre-patriarca al posto di Esaù; poi ancora la si incontra mentre saluta e benedice Giacobbe mandato a Paddan-Aram, nella casa di suo fratello Labano, per sfuggire all’ira e vendetta del fratello Esaù.
Isacco morì verso i 180 anni, di Rebecca non viene detto che età avesse quando morì, certamente meno del marito, che come tutti i patriarchi, furono benedetti da Dio con una lunga vita, proprio per il loro compito di guida del popolo di Dio.
E anche Rebecca come le altre mogli di patriarchi, fu portatrice della benedizione divina, pertanto fu seppellita nella tomba di Makpela a Hebron, in terra di Canaan, accanto ad Abramo, Sara e Isacco suo marito.
Per tradizione Rebecca, considerata fra le figure sante e benedette della Bibbia, viene ricordata il 23 settembre, giorno della celebrazione anche di un’omonima martire spagnola del I secolo.
Si può aggiungere che nella liturgia Romana, essa viene ricordata anche il 24 dicembre, insieme a tutti i santi antenati di Cristo del Vecchio Testamento.

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24/09/2016 06:40
 
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Sant’ Antonio Gonzalez Domenicano, martire

24 settembre


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León (Francia) - † Nagasaki (Giappone), 24 settembre 1637

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, sant’Antonio González, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, mandato in Giappone con cinque compagni e poco dopo arrestato, fu sottoposto per due volte al supplizio dell’acqua e, preso dalla febbre, precedette gli altri nella morte sotto il comandante supremo Tokugawa Yemitsu.







Sant’Antonio González fa parte dello stuolo di 16 martiri per la fede, uccisi a Nagasaki in Giappone negli anni 1633-37; facendo seguito al numeroso gruppo di 205 martiri che donarono la loro vita, sempre a Nagasaki-Omura, negli anni 1617-32.
Essi furono vittime della persecuzione scatenata il 28 febbraio 1633, dallo “shogun” (supremo capo militare della nazione), Tokagawa Yemitsu; che con il suo (Editto n. 7), colpiva gli stranieri che “predicano la legge cristiana e i complici in questa perversità, che devono essere detenuti nel carcere di Omura”.
I sedici missionari che contavano nove padri Domenicani, tre Fratelli religiosi domenicani, due Terziarie domenicane, di cui una anche Terziaria Agostiniana, due laici, di cui uno padre di famiglia.
Avevano svolto apostolato attivo nel diffondere la fede cristiana nelle Isole Filippine, a Formosa e in Giappone; e appartenevano in diverso grado alla Provincia Domenicana del Santo Rosario, allora detta anche delle Filippine, la cui fondazione risaliva alle Missioni in Cina del 1587 e che al principio del 1600, aveva istituito una Vicaria in Giappone.
Essi furono catturati a gruppi o singolarmente, e rinchiusi nel carcere di Nagasaki e in quel quinquennio, in vari tempi ricevettero il martirio.
Dal 1633 era stata introdotta una nuova tecnica crudele di supplizio, a cui venivano sottoposti i condannati e così lasciati morire e si chiamava “ana-tsurushi”, cioè della forca e della fossa: si sospendeva il condannato ad una trave di legno con il corpo e il capo all’ingiù, e rinchiuso in una buca sottostante fino alla cintola, riempita di rifiuti; lasciandolo agonizzare e soffocare man mano per giorni.
Ma dal 1634 i cristiani prima di subire questo martirio, venivano sottoposti ad atroci tormenti come l’acqua fatta ingurgitare in abbondanza e poi espulsa con violenza e poi con la trafittura di punte acuminate tra le unghie ed i polpastrelli delle mani.
Certo la malvagità umana, quando si sfrena nell’inventare forme crudeli da infliggere ai suoi simili, supera ogni paragone con la ferocia delle bestie, che perlomeno agiscono per istinto e per procacciarsi il cibo.
I sedici martiri erano di varie nazionalità: 1 filippino, 9 giapponesi, 4 spagnoli, 1 francese, 1 italiano.
E del gruppo spagnolo faceva parte il domenicano padre Antonio González, nato a León, il quale era professore di teologia e rettore nel Collegio di San Tommaso a Manila nelle Filippine.
Fu capogruppo della spedizione domenicana, che nel 1636 andò dalle Filippine in Giappone, per aiutare i cristiani locali, rimasti privi di sacerdoti a causa della persecuzione in atto, già citata.
Il 24 settembre 1637 morì nel carcere di Nagasaki, a causa degli estremi tormenti inflittagli dai carnefici giapponesi. Diamo i nomi degli altri martiri di quel periodo, che raggruppati con il nome di ‘Lorenzo Rúiz e compagni’, sono stati beatificati il 18 febbraio 1981 a Manila nelle Filippine da papa Giovanni Paolo II e dallo stesso Pontefice canonizzati il 18 ottobre 1987, con festa liturgica per tutti al 28 settembre.
Padre Domenico Ibáñez de Erquicia, spagnolo; padre Giacomo Kyuhei Gorobioye Tomanaga giapponese; padre Michele de Aozaraza, spagnolo; padre Guglielmo Courtet, francese; padre Vincenzo Shiwozuka, giapponese; padre Luca Alonso Gorda, spagnolo; padre Giordano Giacinto Ansalone, italiano; padre Tommaso Hioji Rokuzayemon Nishi, giapponese; i tre Fratelli religiosi domenicani catechisti giapponesi: Francesco Shoyemon, Michele Kurobioye, Matteo Kohioye; le due Terziarie Domenicane: Maddalena di Nagasaki (anche Terziaria Agostiniana) e Marina di Omura; i due laici Lorenzo Rúiz di Manila (Filippine), padre di famiglia e Lazzaro di Kyoto, giapponese.
Lorenzo Rúiz è considerato il protomartire delle Filippine.


Autore: Antonio Borrelli

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25/09/2016 07:56
 
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San Solennio (Solenne) di Chartres Vescovo

25 settembre




Martirologio Romano: A Chartres nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Solenne, vescovo

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26/09/2016 08:05
 
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San Senatore d’Albano Martire

26 settembre




Martirologio Romano: Ad Albano nel Lazio, san Senatore, martire.







Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna San Senatore, martire vissuto in epoca incerta, venerato presso Albano Laziale.
E’ incredibile come la fragilissima carta scrit¬ta si sia dimostrata, nel tramandare notizie sull’origine del culto di questo santo, più resistente e longeva della pietra, del mar¬mo o del cemento, materiali assai più robusti. L’apparente paradosso della carta che rimane e della pietra che sparisce ha un esempio elo¬quente in un preziosissimo libretto compilato circa tredici secoli fa, agli inizi del VII secolo. Esso costituisce una sorta di guida turista del tempo, destinata all’utilizzo da parte dei numerosi pellegrini, desiderosi di visitare i luoghi sacri alla me¬moria dei martiri esistenti nei pressi di Roma. Grazie a tali libretto gli studiosi hanno potuto scoprire esattamente quali chiese, santuari, memo¬rie sorgevano a quel tempo attorno all’Ur¬be, anche se poi qualora qualcuno volesse rintracciarli sul posto al giorno d’oggi, scoprirebbe che in molti casi non ne resta traccia.
Anche in questo ca¬so, la parola scritta ha sconfitto la pietra. Tra le indicazioni dell’antica guida, infatti, si legge: “Percorrendo questa stessa strada (cioè la via Appia) si giunge alla città di Al¬bano, e da questa stessa città alla chiesa di San Senatore, dove si trova il corpo di Per¬petua con innumerevoli santi. Vi si compiono grandi prodigi”. Quest’ultima frase, buttata lì senza precisazioni e senza impegni, assomiglia metaforicamente alle stellette che si usano odiernamente sulle guide per segna¬lare qualcosa di rilevante, come per esempio un buon albergo, e costituiva insomma una sorta di racco¬mandazione ai pellegrini a visitare quel luogo.
In questo caso il luogo era dunque la chiesa di San Senatore, presso Albano Laziale, lungo la celebre via Appia. Conseguentemente è ragionevole pensare che l’esistenza di un edificio sacro intitolato a tale santo presupponesse l’esistenza di un santo che portasse quel nome, probabilmente vissuto e morto ad Albano, cioè nel luogo dove si svi¬luppò fiorente il suo culto. Quasi con certezza si può asserire che egli morì martire, in quanto nei primi secoli le chiese erano solitamente dedicate solo a tale categoria di santi, che purtropo non mancavo a Roma e dintorni a causa delle numerosissime persecuzioni. Un santo martire, dunque, la cui esistenza terrena si collocherebbe nei primissimi secoli dell’era cristiana, sul conto del quale sa¬rebbe però azzardato dire di più, in quanto la sua me¬moria ha subito la medesima sorte della chiesa a lui dedicata presso Albano, cioè è completa¬mente scomparsa e non ne resta che una trac¬cia soltanto tra le pagine dell’antico libretto cartaceo prima citato.
L’antichità di tale fonte è però stata considerata sufficiente dai compilatori del nuovo martirologio ufficiale della Chiesa Cattolica, che hanno così ritenuto opportuno continuare ad inserire la sua festa al 26 settembre. Altri tre santi, tutti vescovi, portano l’augusto nome di Senatore: essi occuparono rispettivamente le cattedre episcopali di Milano, Verona ed Avranches, in Francia.


Autore: Fabio Arduino

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27/09/2016 08:04
 
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San Sigeberto II Re dell'Est Anglia

27 settembre


m. 27 settembre 637







Poche e scarne notizie ci sono pervenute circa l’esistenza terrena del re martire Sigeberto II dell’Est Anglia, come anche per gli altri sovrani inglesi venerati come santi risalenti all’incirca a quel periodo.
Il nome “Sigeberto” fu portato da diversi sovrani dell’Est Anglia, dell’Essex e d’Austrasia. Alcuni di essi furono venerati come santi, come per esempio San Sigeberto il Buono, re dell’Essex, e San Sigeberto III il Giovane, re d’Austrasia. Il santo invece oggi in questione sarebbe stato un figliastro del re Redwald dell’Est Anglia. Tra i due vi era però un irrefrenabile e costante attrito, che portò il giovane Sigeberto ad essere esiliato in Gallia per tutta la durata dei regni del patrigno e del fratello Earpwald. Nel frattempo Sigeberto ebbe occasione di ricevere il battesimo ed in seguito si cimentò in una vita cristiana sempre più attiva ed impegnata. Nel 629 fu assassinato Earpwald e, dopo ben tre anni d’interregno, poté finalmente essere incoronato Sigeberto II.
Il suo principale progetto fu la conversione al cristianesimo del suo popolo e in ciò fu coadiuvato dal prezioso ausilio di San Felice di Dunwich e di San Fursa, missionario irlandese. Quest’ultimo, grazie all’aiuto del re Sigeberto, fondò un nuovo monastero a Cnobheresburg.
Dopo alcuni anni di regno Sigeberto II decise di abdicare in favore di suo cognato Ecgric e di entrare nel monastero di Betrichsworth, oggi conoscito come Bury St. Edmunds.
Nel 636 l’Est Anglia fu attaccata da un re pagano, Penda di Mercia, e Sigeberto si vide dunque costretto a lasciare l’abito monastico per guidare l’esercito. Accettò però con riluttanza e, secondo la tradizione, pose la condizione di partecipare alla battaglia disarmato. San Beda il Venerabile scrisse di lui che “non voleva portare con sé neanche un bastone”.
Inevitabilmente il 27 settembre 637 Sigeberto cadde in battaglia con il re Ecgric. I suoi ex sudditi acclamarono subito Sigeberto quale “martire” e fu da allora commemorato nell’anniversario della morte e talvolta in alcuni calendari inglesi il 25 gennaio.
In seguito gli fu erroneamente attribuito l’epistolario con San Desiderio di Cahors, redatto in realtà da San Sigeberto III d’Austrasia.
La vicenda San Sigeberto II è paragonabile a quella di altri santi re anglosassoni, come San Chenelmo e Sant’Edoardo II, e scandinavi, come Erik IX di Svezia e Olav II di Norvegia. Come avvenuto anche per molti martiri del XX secolo, il concetto di martirio è stato dunque esteso a casi di morte violenta a causa della giustizia, “per testimonium caritatis heroicis”.


Autore: Fabio Arduino

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28/09/2016 08:48
 
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San Salonio di Ginevra Vescovo

28 settembre


V secolo

San Salonio, secondo vescovo di Ginevra, inizialmente intraprese la vita monastica nell’isola di Lérins ed in seguito divenuto vescovo sostenne la dottrina del papa San Leone Magno e spiegò misticamente la Sacra Scrittura. E’ commemorato in data odierna dal nuovo Martyrologium Romanum.

Martirologio Romano: A Ginevra nell’odierna Svizzera, san Salonio, vescovo, che condusse dapprima vita monastica nell’isola di Lérins e, divenuto poi vescovo, sostenne la dottrina del papa san Leone Magno e spiegò misticamente le Sacre Scritture.







San Salonio nacque attorno all’anno 400. Suo padre Sant’Eucherio, arcivescovo di Lione, fu l’autore della celebre “Passio Agaunensium martyrum”. Suo moglie Gallia gli donò due figli Salonio appunto e Verano. Rimasto vedovo, Eucherio si ritirò nel monastero fondato da Sant’Onorato su una delle isole di Lérins e prese con sé i suoi due figli, che ricevettero così un’ottima formazione. Basta infatti citare tra coloro che furono loro maestri Ilario d’Arles e Salviano e Vincenzo di Lérins.
In seguito Verano divenne vescovo di Vence e Salonio vescovo di Ginevra, al più tardi nel 439. Salonio succedette a Sant’Isacco, primo vescovo di tale città. Partecipò attivamente alla vita della Chiesa, in particolare presenziando ai concili di Orange nel 441, Vaison nel 442 ed Arles nel 451.
Uomo assai colto, scrisse un’importante opera, l’”Expositio mystica in Parabolas Salomonis et in Ecclesiastem”, commentario dei libri biblici dei Proverbi e del Qohelet sotto forma di domanda e risposta. Ci resta però anche una lettera che egli inviò al papa San Leone I Magno.
E’ inoltre interessante constatare che altri autori gli abbiano dedicato delle loro opere. Anche suo padre Eucherio gli dedicò le sue “Instructionum libri”, con cui propose delle risposte a certe domande della Bibbia e spiegò delle parole e delle espressioni dell’ebraico e del greco. Inoltre Salviano, vescovo di Marsiglia, gli dedicò il suo “De gubernatione Dei” e svariate altre sue lettere.
Salonio morì il 28 settembre di un anno imprecisato, probabilmente all’inizio della seconda metà del V secolo. Proprio in tale anniversario il santo vescovo è ricordato ancora oggi dal nuovo Martyrologium Romanum: “A Ginevra in Svizzera, San Salonio,vescovo, che prima iniziò la vita monastica nell’isola di Lérins ed in seguito, divenuto vescovo, sostenne la dottrina di San Leone Magno Papa e spiegò misticamente la Sacra Scrittura”.
Tra i suoi successori sulla cattedra episcopale ginevrina si annoverano San Domiziano all’epoca di Santa Clodilde, San Massimo amico del re San Sigismondo, ed il celeberrimo San Francesco di Sales, esiliato a causa della riforma protestante.

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29/09/2016 07:57
 
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San Lotario I Imperatore e monaco

29 settembre


795 – 29 settembre 855

Sacro Romano Imperatore, re d'Italia dal 818 al 839, era il figlio maggiore dell'imperatore Ludovico il Pio e di sua moglie Irmengarda. Si sa poco dei primi anni della sua vita, che trascorse probabilmente alla corte di suo nonno Carlomagno, fino al 815 quando fu inviato a governare la Baviera. Quando Ludovico divise l'Impero tra i suoi figli nel 817, Lotario fu incoronato imperatore aggiunto ad Aquisgrana ed ebbe una certa superiorità sui fratelli. Nell'821 sposò Irmengarda (che morirà nel 851), ed il 5 aprile 823, fu incoronato imperatore da Papa Pasquale I a Roma. Nell'855 si ammalò seriamente, e disperando della guarigione, rinunciò al trono, divise la sua terre tra i suoi tre figli e il 23 settembre entrò nel monastero di Prüm, dove morì giorni dopo. Fu seppellito a Prüm, dove le sue spoglie furono trovate nel 1860. Il suo culto, prettamente locale, non fu mai confermato ufficialmente dalla Chiesa.

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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