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CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 13:12
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01/12/2016 09:02
 
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San Rodolfo Sherwin Sacerdote e martire

1 dicembre


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Rodesley, Inghilterra, 1550 circa - Tyburn, Londra, 1 dicembre 1581

Ralph Sherwin, sacerdote del Vicariato Apostolico d’Inghilterra, è uno dei 40 martiri d’Inghilterra e Galles canonizzati da Papa Paolo VI il 25 ottobre 1970, in quanto morti per la loro fedeltà alla Chiesa di Roma ed al Papa.

Martirologio Romano: A Londra sempre in Inghilterra, santi Edmondo Campion, Rodolfo Sherwin e Alessandro Briant, sacerdoti e martiri sotto la regina Elisabetta I, insigni per ingegno e fortezza nella fede. Sant’Edmondo, che fin da giovane aveva fatto professione di fede cattolica, ammesso a Roma nella Compagnia di Gesù e ordinato sacerdote a Praga, tornò in patria, dove, per essersi adoperato nel confortare gli animi dei fedeli con la sua parola e i suoi scritti, fu ucciso, dopo molti tormenti, a Tyburn. Insieme a lui subirono gli stessi supplizi i santi Rodolfo e Alessandro, il secondo dei quali ottenne in carcere di essere ammesso nella Compagnia di Gesù.

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02/12/2016 08:44
 
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San Roberto di Matallana Abate cistercense

2 dicembre


Borgogna ? – Matallana (Valladolid), Spagna, 1185







L’Ordine Cistercense lo celebra il 2 dicembre, ed i storici dell’Ordine ne hanno tramandato alcune notizie piuttosto scarse. Non si sa quando nacque, ma nel 1175 egli era già un monaco cistercense del monastero di La Creste nella Borgogna; regione storica della Francia, che fu sede delle riforme monastiche dei Cluniacensi e dei Cistercensi.
Appunto nel 1175 lasciò il suo monastero con alcuni monaci e andò a fondarne uno nuovo a Matallana a circa 25 km dall’odierna Valladolid in Spagna, ponendolo sotto la protezione del re Alfonso VIII di Castiglia (1155-1214) detto Il Nobile.
Ignoriamo quanto visse, ma morì dieci anni dopo il suo giungere a Matallana, nel 1185 e le sue spoglie furono deposte come reliquie nell’altare maggiore della chiesa del monastero, fatta costruire con grande munificenza dalla regina Beatrice moglie del re s. Ferdinando III di Castiglia (1199-1252) e della badessa del monastero di Las Huelgas (Burgos), donna Berenguela.
Detta deposizione è certamente la testimonianza di una vita, oltre che di fondatore, che in quei tempi era già un titolo di santità, anche di uomo di Dio e degno abate e guida dei suoi monaci cistercensi.
Attualmente le sue reliquie sono venerate nella chiesa parrocchiale di Matallana; si racconta che presso la sua tomba sono avvenuti moti miracoli. E’ stato invocato come protettore contro le calamità delle campagne, in particolare contro le cavallette.


Autore: Antonio Borrelli

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03/12/2016 07:06
 
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San Cassiano di Tangeri Martire

3 dicembre


m. Tangeri, 30 ottobre 298

Etimologia: Cassiano = armato di elmo, dal latino


Emblema: Palma


Martirologio Romano: A Tangeri in Mauritania, nell’odierno Marocco, san Cassiano, martire.







Nel Martirologio Geronimiano, al 3 dicembre, è commemorato Carlo, martire a Tangeri, che è nominato anche da Prudenzio. Il Baronio introdusse nel Martirologio Romano, allo stesso giorno, I'elogio di Cassiano, mutuandolo dal De Natalibus che, a sua volta, l'aveva ricavato da una passio annessa in appendice a quella di s. Marcello centurione, martirizzato a Tangeri il 30 ottobre 298.
Secondo questo testo, poco attendibile, Cassiano, segretario (exceptor militaris) del prefetto del pretorio Aurelio Agricolano, dovendo assistere per motivi d'ufficio al processo di Marcello, si indignò per l'ingiusta condanna del martire e protestò clamorosamente, gettando via lo stilo e le tavolette su cui scriveva. Arrestato immediatamente e giudicato per il grave atto di indisciplina, fu condannato a morte. Oltre che al 3 dicembre, Cassiano è celebrato anche al 1o, assieme ad altri martiri, sia nel Martirologio Geronimiano sia nel Romano: il gruppo, però, è chiaramente fittizio.
È da notare che il De Natalibus confonde Cassiano con il martire omonimo venerato a Imola, poiché afferma che il corpo di Cassiano, sepolto a Tangeri, dopo qualche tempo, fu portato nella città romagnola.


Autore: Agostino Amore

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04/12/2016 09:54
 
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Santa Barbara Vergine e martire

4 dicembre


sec. III



Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti. (Avvenire)

Patronato: Architetti, Minatori, Moribondi, Fucili e polvere da sparo, Vigili del Fuoco


Etimologia: Barbara = straniera, dal greco


Emblema: Palma, Torre


Martirologio Romano: A Nicomedia, commemorazione di santa Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.



Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioMaria:





Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”.
La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.


Autore: Gian Domenico Gordini

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05/12/2016 07:27
 
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San Dalmazio (Dalmazzo) di Pavia Martire

5 dicembre




Emblema: Palma




Ascolta da RadioRai:




Fu venerato a Pedona (oggi Borgo San Dalmazzo), già in diocesi di Asti, almeno dal sec. VI. La sua più antica biografia, nota in due recensioni, deriverebbe, secondo il Gabotto, da un originale redatto tra il 570 e il 650, mentre, secondo il Lanzoni, sarebbe stata composta nel sec. VII o nell'VIII. L'autore, forse un monaco longobardo del monastero di Pedona che attinse a tradizioni orali, lo dice nato a Forum Germarzorum (S. Damiano Macra) in epoca precostantiniana e lo presenta come ecclesiastico ed evangelizzatore di Pedona.
All'inizio del sec. X, quando questa località fu devastata dai Saraceni, il corpo del santo fu portato a Quargnento, dove sulla sua tomba fu posta l'iscrizione: " ic requiescit corpus sancti Dalmatii repositum ab Audace episcopo Astensi".
In Francia, sin dal sec. IX, Dalmazio è considerato martire. Fonti più recenti lo dicono oriundo della Germania, evangelizzatore di molte città del Piemonte, dell'Emilia e della Gallia, ucciso per la fede nel 254. Il Martirologio Romano, fondandosi su liste episcopali manipolate, lo ricorda, a torto, il 5 dicembre, come vescovo di Pavia, dove, tuttavia, gli era dedicata una chiesa. Di certo si sa che a Pedona esisteva una basilica eretta in suo onore, e che il 5 dicembre molti pellegrini, provenienti anche da paesi lontani, convenivano al suo sepalcro. Probabilmente Dalmazio fu un evangelizzatore locale di Pedona, in un'epoca non facilmente determinabile, e perciò vi fu venerato come santo; il 5 dicembre sarebbe l'anniversario della sua morte, oppure della sua elevazione all'onore degli altari.


Autore: Antonio Rimoldi

Fonte:

Bibliotheca Sanctorum
[Modificato da Coordin. 05/12/2016 07:29]
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06/12/2016 09:24
 
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Sant' Apollinare di Trieste Martire

6 dicembre










Trieste celebra il 6 dicembre, come proprio martire, un s. Apollinare non ricordato nei documenti agiografici antichi (martirologi, sacramentari). La sua “passio”, di origine piuttosto recente, lo fa suddiacono morto per la fede sotto Caracalla. Il prefetto Lucinio, mandato da Roma a Trieste, lo avrebbe condannato prima alla pena del fuoco e poi a quella della decapitazione. Il Lanzoni lo identifica con s. Apollinare di Ravenna facendo presente: “Le due rive dell’Adriatico si scambiarono reliquie dei loro santi e come la riva occidentale trasformò quelli della sponda orientale in santi propri, così la riva orientale quelli occidentali”.


Autore: Filippo Caraffa

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07/12/2016 08:46
 
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Sant' Atenodoro Martire

7 dicembre




Martirologio Romano: In Siria, sant’Atenodoro, martire, che, come si tramanda, dopo essere stato torturato con il fuoco e con altri supplizi sotto l’imperatore Diocleziano e il governatore Eleusio, fu, infine, condannato a morte, ma crollato a terra il suo carnefice, né osando alcun altro colpirlo con la spada, pregando si addormentò nel Signore.

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08/12/2016 10:05
 
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Santa Sabina e sorelle Martiri nelle Fiandre

8 dicembre


Mercia, Inghilterra, IX secolo - † Cassel (Fiandre), 819

Etimologia: Sabina = nativa della Sabina


Emblema: Palma








Stranamente le varie sante martiri con il nome di Sabina, tranne una che è di Roma, titolare della bellissima chiesa sull’Aventino, furono tutte straniere, anche se il nome Sabina, molto diffuso nella Roma imperiale, aveva il significato di “abitante della Sabina”, zona storica dell’Italia Centrale, comprendente soprattutto la provincia di Rieti.
La santa Sabina di cui parliamo è venerata insieme alle due sorelle Elfrida ed Edith, a Caestre (presso Hazebrouck in Fiandra, Belgio); nel paese esiste un antichissimo culto collegato al ricordo del martirio delle tre giovani donne.
La vicenda si svolse nel secolo IX, nel cui inizio Sabina, Elfrida ed Edith, che erano figlie di Genolfo re di Mercia in Inghilterra, si convertirono al cristianesimo, rinunciando ai rispettivi promessi sposi destinati loro dal padre; poi decisero di recarsi in pellegrinaggio a Roma.
Affrontarono la traversata della Manica e sbarcarono nelle Fiandre, accolte a Cassel da una comunità di pie donne; dopo qualche tempo ripresero il viaggio, ma attraversando una vicina foresta, furono assassinate da alcuni sicari pagati dai tre pretendenti rimasti delusi, era l’anno 819.
Sul luogo dell’eccidio fu costruita una chiesetta chiamata Cappella delle tre Vergini, dove si verificarono molti miracoli e vi si recavano numerosi pellegrini.
La loro festa celebrativa si teneva l’8 dicembre; ancora oggi nella prima domenica di luglio, si svolge, in loro onore una processione. Nell’XI secolo fu costruito un santuario, dedicato alla Madonna delle Grazie, più volte ristrutturato e il cui campanile fu costruito nel 1889; all’interno vi è la Cappella delle tre Vergini di Caestre.


Autore: Antonio Borrelli

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09/12/2016 06:47
 
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San Siro di Pavia Vescovo

9 dicembre


sec. IV



Nel giovinetto che porse a Gesù i pani e i pesci per il miracolo della moltiplicazione, una leggenda fiorita in Italia, identifica il primo vescovo di Pavia, san Siro. Tale leggenda sarebbe riferita dall'autore del «De laudibus Papiae», uno scritto del 1330. Dietro a questo scritto ci sarebbe la «Vita di san Siro», risalente all'ottavo secolo e con l'intenzione di vantare l'anzianità della Chiesa di Pavia nei confronti di quella di Milano, dalla quale la prima dipendeva. Secondo questa Vita le origini del vescovado pavese sono da collegarsi con Aquileia, il cui primo vescovo Ermagora venne consacrato dall'evangelista Marco. Ermagora a sua volta avrebbe consacrato vescovi Siro, giunto in Italia al seguito di Pietro e Marco, ed Evenzio, inviandoli ad evangelizzare Pavia. Giunto a Pavia Siro estense la sua attività missionaria dal Ticino all'Adige, predicando a Verona, Brescia, Lodi e anche a Milano, dove Evenzio, inviato da Siro, avrebbe dato sepoltura ai martiri Gervasio e Protasio, ponendo sulla loro tomba una pietra sepolcrale con l'epitaffio dettato dal vescovo di Pavia. Le reliquie di san Siro sono conservate nella cattedrale di Pavia. (Avvenire)

Patronato: Pavia


Etimologia: Siro = nativo della Siria, dal latino


Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: A Pavia, san Siro, primo vescovo della città.



Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioRai:
Ascolta da RadioMaria:





Motivo di discussione, e di molteplici confronti fra Studiosi, è la presa di posizione di alcuni che ancora oggi identificano San Siro con quel giovinetto galileo che porse a Gesù Cristo i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione, facendo risalire ai tempi apostolici il transito terreno del Santo. In sintesi, e molti Documenti ne rendono ampia testimonianza, San Siro fu un Vescovo itinerante (e il Protovescovo di Pavia), che evangelizzò una vasta area dell’Italia settentrionale, vissuto nel IV secolo. Ad inquadrarlo cronologicamente nel IV secolo decine di fonti, le più autorevoli delle quali: Bibliotheca Hagiografica Latina, Bibliotheca Sanctorum, Le Diocesi d’Italia (Mons. Francesco Lanzoni), Storia Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia (Mons. Vittorio Lanzani), Notizie appartenenti alla storia della sua Patria (G. Robolini). In breve e in risposta alle tesi che riportano la venuta di San Siro nella Nostra Penisola a seguito di San Pietro: “… la fondazione della diocesi è più tarda perché se il terzo vescovo di Pavia, Evenzio, visse, come è storicamente accertato, tra il 381 e il 397, il primo vescovo risale al massimo a metà del IV secolo” (Cattabiani A., Santi d’Italia, Milano: Bur Saggi, 2004, Vol. II, pp. 879 - 880). Il tentativo di fare apparire apostolica la fondazione della Chiesa di Pavia sono molteplici e ripetuti: escludendo testimonianze che troppo ci riportano indietro nel tempo e che utilizzavano come scusa la retrodatazione per tentare di separarsi da un vincolo ormai stretto che legava la Diocesi di Milano con quella di Pavia ad essa subordinata, si distinse sul finire del 1800 il Sacerdote Cesare Prelini di Pavia. Quest’ultimo, come si narra, scoprì sul pavimento, incise su una pietra della Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio a Pavia (dove per secoli rimasero le spoglie mortali di San Siro, prima di essere traslate in Duomo), le lettere SURVS EPC (Siro Vescovo). Quella pietra, insieme con un’altra a questa complementare andarono a formare un’avello, subito identificato come prima sepoltura del Santo. A dar man forte al Prelini, il Principe degli archeologi cristiani: Giovanni Battista De’ Rossi, che assegnò all’inizio del II secolo la scritta SURVS e non la scritta EPC, considerata di mano più tarda (Vedi anche Bollettino di Archeologia Cristiana, Serie III, Anno I, N. 111, 1876). Confortato da ciò il Prelini compose tra il 1880 e il 1890 i due Volumi di: San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia – studio storico critico e riservò al De’ Rossi e alla sua dissertazione ampio spazio. Nonostante ciò negli anni a seguire altri studi assodarono che San Siro non era da considerarsi vissuto in epoca apostolica ma bensì nella prima metà del IV secolo e il De’ Rossi ritrattò la sua sentenza. Mons. Vittorio Lanzani, dal suo punto di vista inquadra l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago di reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque come una prova archeologica di alta antichità che tramanda il nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della sua memoria e della custodia delle sue reliquie” (Storia Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia, p. 20). A dar manforte alle sopraccitate fonti si aggiungono quelle iconografiche, molto spesso poste in secondo piano, ma in questo caso assai efficaci, al fine di ancorare il Santo Patrono alla storia: Angelo Maria Raggi (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll.1242-43) parla della più antica e nota figurazione di S.Siro, quale il bassorilievo che possiamo ammirare nella Chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio a Pavia sul pilastro antistante la cappella a lui dedicata: “In esso il Santo è figurato in abiti pontificali, con un pastorale ed un libro in mano, in una tipologia convenzionale ripresa anche in altre opere posteriori”. F. Gianani aggiunge: “Il bassorilievo era policromo, come se ne rilevano le tracce… Il Santo è rappresentato in abiti pontificali, anche col bastone pastorale, ma senza mitra. La sua casula (la pianeta) era dipinta di rosso, la dalmatia in verde, l’omophorion o pallio in giallo, il viso e le mani leggermente rosate” (Città di Pavia - La Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia e nell’Arte, p.24). Ora l’importante scritto di Angelo Maria Raggi: “Sino a tutto il sec. XVI, come si nota, non esiste alcun riferimento alla pretesa identificazione di S. nel giovinetto galileo che porse a Gesù i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione… Questi compaiono solo dopo il 1600 (e spesso vennero arbitrariamente aggiunti anche a dipinti anteriori)”. (Bibliotheca Sanctorum, coll.1242-43).

Autore: Michele Chieppi

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10/12/2016 08:20
 
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Santi Edmondo Gennings e Swithun Wells Martiri

10 dicembre


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† Londra, Inghilterra, 10 dicembre 1591

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, santi martiri Edmondo Gennings, sacerdote, e Swithin Wells, che, condannati a morte durante la persecuzione della regina Elisabetta I, il primo perché sacerdote, l’altro per avergli dato ospitalità, furono impiccati davanti alla porta di casa e torturati fino alla morte.



Ascolta da RadioRai:




Il 10 dicembre 1591 furono martirizzati a Londra ben sette cattolici, colpevoli di fedeltà alla Santa Sede e di non aver aderito all’anglicanesimo, in seguito ad un decreto reale che rafforzò le leggi contro il cattolicesimo. Tra di essi figurano Edmondo Gennings e Swithun Wells.
Edmondo Gennings, alias “Ironmonger” (“ferramenta”), era nato a Lichfield nel 1567. Compiuti gli studi a Reims, ricevette l’ordinazione presbiterale a Soissons e dal 9 aprile 1590 iniziò a svolgere il suo ministero in Inghilterra. Approdato a Whitby, si diresse verso il suo paese natale, ma qui scoprì che i suoi genitori erano ormai morti. Raggiunse allora Londra in cerca di suo fratello Giovanni, acceso puritano, che lo avvertì del pericolo di morte se fosse diventato sacerdote e del discredito che avrebbe gettato suoi suoi amici.
Edmondo si trasferì allora in campagna per qualche mese, ma nell’autunno del 1591 fece ritorno a Londra, ove celebrò l’Eucaristia in casa di un anziano maestro, Swithun Wells, e di sua moglie Margherita. Durante la Messa, sopraggiunse il notorio Topeliff, l’inquisitore, con i suoi soldati. I membri della congregazione riuscirono a tenerli a bada sino al termine della celebrazione, poi però Edmondo fu arrestato insieme con un altro sacerdote, Polidoro Plasden, i coniugi Wells ed altri due laici, Giovanni Mason e Sidney Hodgson, tutti accusati di essere suoi complici.
Tutti e sei furono condannati a morte e giustiziati: Edmondo fu impiccato, sventrato e squartato, mentre Swithun solamente impiccato. Ciò avvenne a Gray’s Inn Fields, nei pressi della casa dei Wells. Il medesimo giorno Polidoro Plasden ed i due laici furono giustiziati con la medesima atrocità presso Tyburn, insieme al sacerdote Eustazio White e Brian Lacy. La signora Wells fu invece graziata, ma morì comunque in prigionia dieci anni dopo.
Giovanni, il fratello di Edmondo Gennings, suo unico parente ancora in vita, al momento dell’assassinio affermò che egli “anelava, piuttosto che temere, una fine precoce e sanguinosa dei suoi parenti più prossimi”, tuttavia dieci girni dopo si convertì anch’egli al cattolicesimo ed entrò tra i frati minori. Divenne addirittura ministro dei francescani inglesi e, tra il 1619 ed il 1621, fondò il convento delle Terziarie Inglesi a Bruxelles, che poi trasferì a Taunton.
Edmondo Gennings e Swithun Wells furono beatificati nel 1929 con numerose altre vittime della medesima persecuzione e canonizzati da Papa Paolo VI il 25 ottobre 1970 con il gruppo dei Quaranta Martiri d’Inghilterra e Galles. Nel 1929 fu proposta anche la causa di canonizzazione della signora Wells, in attesa di ulteriori prove.



Autore: Fabio Arduino

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11/12/2016 09:36
 
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Santa Mirabilia di Gesù Pidal y Chico de Guzmán Vergine carmelitana

11 dicembre


Madrid, Spagna, 4 novembre 1891 - Aldehuela, Spagna, 11 dicembre 1974



Carmelitana scalza, nata a Madrid nel 1891, Maria Maravillas de Jesus è stata una delle sante vissute in anni più recenti tra quelle proclamate da Giovanni Paolo II: la sua canonizzazione risale infatti al 4 maggio 2003, appena 29 anni dopo la sua morte. Maravillas Pidal, come si chiamava prima di abbracciare la vita religiosa, era la figlia dell'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede. Entrò giovanissima tra le Carmelitane scalze al celebre monastero di El Escorial, a Madrid. Quando ancora professava i voti temporanei avvertì che il Signore la chiamava a fondare un monastero al Cerro de los Angeles, la località nei pressi di Getafe dove il re Alfonso XIII aveva fatto costruire un monumento al sacro Cuore di Gesù. Fu la prima di una lunga serie di fondazioni, che si spinsero fino a Kottayam in India. Ma anche le Carmelitane scalze dovettero fare i conti con la guerra civile: madre Maria Maravillas e le sue religiose nel luglio 1936 furono costrette a lasciare il monastero, dove poterono far ritorno solo tre anni dopo. Da qui lo spirito contemplativo delle Carmelitane tornò a diffondersi presto per tutta la Spagna. Madre Maria Maravillas morì l'11 dicembre 1974. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nella cittadina La Aldehuela nella regione di Madrid sempre in Spagna, santa Mirabilia di Gesù Pidal y Chico de Guzmán, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, che fondò molti monasteri in Spagna e in India, unendo la vita contemplativa a una operosa carità.








Maravillas Pidal y Chico de Guzmán, questo il suo nome da laica, nacque a Madrid il 4 novembre 1891 da una famiglia profondamente cristiana; il padre Luis Pidal y Mon, secondo marchese di Pidal, a quel tempo era ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede.
Sentì la chiamata alla vita religiosa sin dalla fanciullezza, pertanto Maravillas mise in pratica tutte le virtù cristiane, che coronò con la sua entrata nel 1919, nel monastero delle Carmelitane Scalze di El Escorial (Madrid), dove pronunciò i voti il 7 maggio 1921.
Nei primi anni della sua vita religiosa nel monastero, vide realizzato il suo ardente desiderio di una vita umile e appartata.
Nel 1923 quando ancora era professa di voti temporanei, si sentì ispirata in diverse occasioni dal Signore, a fondare un monastero carmelitano nel Cerro de los Angeles (Getafe) luogo dove nel 1919, il re Alfonso XIII aveva inaugurato un monumento al Cuore di Gesù e aveva fatto la consacrazione della Spagna al Sacro Cuore di Gesù.
Il 19 maggio 1924 lasciava l’Escorial, trasferendosi con tre religiose e per ubbidienza ai superiori, fondò il monastero a Getafe, territorio allora ricadente nell’archidiocesi di Madrid, attualmente sede di nuova diocesi.
Nominata prima priora della nuova Comunità dal vescovo di Madrid, il 31 ottobre del 1926, poté vedere inaugurato il monastero sorto accanto al monumento di Cristo Re, che seppe animare con fortezza e dolcezza, instaurando una fedeltà teresiana totale, un grande spirito apostolico, un senso profondo dell’ideale contemplativo.
Pur rispettando la clausura, visse la sua vita contemplativa interessandosi delle necessità dei bisognosi; inoltre grande era il suo amore per la Croce che rasentava l’eroismo, per penitenza dormì per più di 35 anni per sole tre ore al giorno, vestita e seduta per terra con la testa appoggiata al letto.
Nel 1933 otto sue suore fondarono un monastero di clausura a Kottayam in India, dove vorrebbe recarsi lei stessa, ma ne viene impedita dai superiori.
A causa della rivoluzione spagnola, che tanto insanguinò la Spagna, con la persecuzione e l’odio contro chiunque avesse a che fare con la religione, madre Maria Maravillas de Jesus, il 22 luglio 1936, è costretta a lasciare il monastero con tutte le religiose.
Accolte dapprima dalle Orsoline francesi di Getafe, nell’agosto seguente ripara in una casa di Madrid e poi attraverso Valencia, Barcellona, Port-Bou, Lourdes, rientrano dall’altra parte della Spagna, stabilendosi nell’antico eremo dell’Ordine Carmelitano a Las Batuecas (Salamanca).
Nel maggio 1939 viene riaperto il monastero del Cerro de los Angeles e da lì partiranno le suore da lei guidate, che grazie alla meravigliosa fioritura di vocazioni carmelitane, apriranno varie Case a Mancera (1944), Duruelo (Avila) nel 1947, Cabrera (1950), Arenas de San Pedro (1954), Cordova (1956), Aravaca - Madrid (1958), La Aldehuela (1961), Malaga (1964); infine restaurò e potenziò nel 1966, il monastero dell’Incarnazione di Avila e la casa di s. Teresa.
Grazie alle molte vocazioni, attirate dalla sua forte personalità, poté mandare nel 1954, tre sue suore al monastero di Cuenca (Ecuador) bisognoso di rinforzo. Fece costruire un convento e chiesa per i Carmelitani Scalzi in provincia di Toledo; la gente la chiamò “la santa Teresa de Jesus del XX secolo”.
Si ritirò nel 1961 nel convento di La Aldehuela (Madrid) da dove in grande povertà, dirigeva il movimento e la vita regolare dei tanti monasteri, con la sua parola materna ed il suo esempio; nel 1972 la Santa Sede approvò l’Associazione di S. Teresa, da lei costituita per i suoi monasteri, di cui fu eletta presidente, associazione impegnata in iniziative sociali.
Nel 1967 aveva promosso la fondazione a Ventorro di collegi per bambini privi di scuole; nel 1969 poté consegnare 16 case prefabbricate ad altrettante famiglie di baraccati.
Tra il 1972 ed il 1974 aiuta e sostiene la costruzione di un rione di 200 abitazioni, con la chiesa e le opere sociali, a Perales del Rio, collaborando con il parroco locale. Con la bontà di coloro che si fidavano di lei e della sua opera, aiutò la costruzione della nuova clinica per religiose e monache a Pozuelo di Alarcón (Madrid).
Fu colpita da una polmonite il Venerdì Santo del 1967 e da allora andò sempre più indebolendosi, anche se non si risparmiava nella fedeltà alla Regola ed alle Costituzioni.
Morì santamente dopo breve malattia l’11 dicembre 1974 nel monastero della Aldehuela (Madrid); donna notissima per le sue virtù e le sue capacità umane, Madre Maravillas lasciò una traccia notevole con il suo spirito di orazione contemplativa, con il desiderio di aiutare la Chiesa e con l’anelito di salvare gli uomini, che la resero fedelissima alla sua vocazione e autrice coraggiosa di grandi opere per la gloria di Dio.
La sua spiritualità si esprimeva nella preghiera continua, nell’eccezionale povertà sua e dei suoi monasteri, nella vita austera sostenuta dal lavoro, che permetteva di mantenersi e di aiutare così, anche grandi iniziative ecclesiali, sociali e benefiche, che ancora parlano di lei.
La sua salma riposa nella poverissima cappella del monastero di La Aldehuela, la causa canonica fu introdotta il 19 giugno 1980, è stata beatificata da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1998, in Piazza S. Pietro a Roma.
Il 4 maggio 2003, lo stesso pontefice l’ha canonizzata proclamandola santa a Madrid, con la partecipazione di una immensa folla.


Autore: Antonio Borrelli

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12/12/2016 08:01
 
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San Simone Hoa Medico, sindaco, martire

12 dicembre


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Mai Vinh, Vietnam, 1787 circa - An Hòa, Vietnam, 12 dicembre 1840

Martirologio Romano: A Huê in Annamia, ora Viet Nam, san Simone Phan Ðàc Hòa, martire, che, medico e padre di famiglia, insigne per la sua carità verso i poveri, catturato per aver dato ospitalità ai missionari sotto l’imperatore Minh M?ng, dopo il carcere e le flagellazioni coronò il martirio con la decapitazione.







Quando nel XVI secolo gli europei giunsero la prima volta nell’odierno Vietnam, regione un tmpo nota come Indocina, vari regni erano qui in guerra tra loro, seppur tutti soggetti in qualche modo all’influenza cinese. Portoghesi ed olandesi istituirono centri commerciali ed i francesi, dal 1770, dopo aver ceduto l’India agli inglesi cominciarono ad insediarsi proprio in Vietnam. In questo momento periodo di espansione colonialistica e di pressione da parte cinese, l’attività missionaria intrapresa dalla Chiesa cattolica ricevette sporadici attacchi: vescovi, sacerdoti e laici, sia europei che indigeni, subirono il martirio in odio alla fede cristiana. Non si conoscono i nomi di tutti questi insigni testimoni di Cristo, ma comunque ben 117 di essi sono stati dichiarati “santi” da Papa Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988.
Una violenta persecuzione si scatenò tra il 1838 ed il 1840, dopo un periodo di circa vent’anni di pace e tolleranza religiosa. Gia Long, signore e potente guerriero, si era proclamato imperatore sin dal 1806 e dopo il 1820, quando Minh Mang ascese al trono cinese, condivise la decisione di opporsi ai cambiamenti sociali, culturali e tecnologici provenienti dall’Occidente. Minh, fedelissimo seguace del confucianesimo, mal tollerava l’attività missionaria promossa dai cristiani, ignorando forse che Cristo stessso quale uomo fu asiatico e non europeo. Anche Gia Long seguì la sua linea di opposizione ad una religione ritenuta occidentale: nel 1832 emanò infatti un decreto di espulsione per tutti i missionari stranieri, con l’ordine di distruggere anche tutte le chiese. Ai cristiani vietnamiti fu dunque chiesto di rinnegare la loro fede e calpestare il crocifisso.
Ai cattolici francesi parve allora di scorgere nel sovrano vietnamita un nuovo Nerone, ma non riuscirono ad intervenire per arginare le persecuzioni. In una grande ondata di violenza sette o otto sacerdoti francesi ed un numero imprecisato di laici vietnamiti subirono il martirio, tra i quali il dottor Simone Phan Dac Hoa. Questi era nato a Mai Vinh nel 1787 circa. Laico molto rispettato dalla comunità locale, padre di famiglia, esercitava la professione di medico e divenne sindaco. Era affiliato alla Società Parigina delle Missioni Estere. Il 12 dicembre 1840 presso An Hòa fu barbaramente torturato e poi decapitato. Simone Hoa è stato beatificato nel 1900 ed infine canonizzato nel 1988.


Autore: Fabio Arduino

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13/12/2016 08:43
 
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Santi Pietro Cho Hwa-so e cinque compagni Martiri

13 dicembre




Martirologio Romano: Nel territorio di Tiyen-Tiyou in Corea, santi Pietro Cho Hwa-sŏ, padre di famiglia, e cinque compagni, martiri, che, sebbene tentati dal mandarino con promesse e torture a rinnegare la religione cristiana, resistettero fino alla decapitazione.

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14/12/2016 12:34
 
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San Pompeo di Pavia Vescovo

14 dicembre


Sec. IV

Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: A Pavia, san Pompeo, vescovo, che, successore di san Siro, dopo pochi e pacifici anni passò al Signore.







Cinque giorni or sono, parlammo di San Siro, primo Vescovo di Pavia e favoloso evangelizzatore di gran parte della valle del Po. Nell'opera imponente di gettare la rete del pescatore d'uomini su quella terra piana e ferace, stesa a perdita d'occhio attorno alle torri e ai campanili di Pavia, egli ebbe come collaboratore San Pompeo.
San Pompeo che successe a San Siro quando questi - non si sa bene in quale anno, anzi in quale secolo - riposò nella meritata gloria. Non ci sarebbe perciò da aggiungere molto altro su questo Santo, secondo Vescovo dell'elenco dei pastori che la tradizione assegna a Pavia. Anche perché, sul conto di San Pompeo, si sa assai poco, per non dire quasi nulla. Bisogna ricorrere alla vita dello stesso San Siro, per sapere che l'episcopato di Pompeo fu breve e pacifico. Nient'altro.
A lui successe il Vescovo San Giovenzo; mentre San Pompeo sarebbe stato sepolto, con San Siro, in quella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio che avrebbe dovuto essere una specie di sfida in muratura dei fedeli di Pavia nei confronti dei fedeli di Milano; dei devoti di San Siro contro i " tifosi " di Sant'Ambrogio.
Per queste scarse e precarie notizie, non sarebbe stato necessario dedicare il giorno a San Pompeo - e con questo non sarebbero state diminuite affatto le vere e grandi glorie della città di Pavia. Se lo abbiam fatto, è perché, bene o male, egli è il più celebre dei pochi Santi che portano il nome di Pompeo. Nome glorioso e famoso, come si sa, per aver designato il grande condottiero e uomo politico dell'antica Roma; compagno prima e avversario poi di Giulio Cesare, il quale, si narra, pianse quando gli fu presentata la testa dei valoroso antagonista, mozzata a tradimento, per ordine del Re egiziano Tolomeo XII, fratello e sposo di Cleopatra.
Non c'è dubbio che la diffusione del nome di Pompeo sia dovuta, non alla devozione di un Santo, ma al ricordo dell'antico condottiero romano.
Di lui si vanta la decisione con la quale liquidò i resti del partito di Mario; la risolutezza con la quale ristabilì l'ordine in Spagna; la spietatezza con la quale annientò le ultime bande degli schiavi ribelli di Spartaco;
la fulmineità con la quale liberò l'Adriatico dei pirati; l'abilità con la quale guerreggiò in Asia Minore e nel Ponto, battendo il Re Mitridate. Finalmente, l'accanimento con il quale contese a Cesare, nella sfortunata guerra civile, il dominio assoluto, cioè l'imperium, del mondo romano.
Fatti d'arme, imprese distruttive, episodi di sangue. La gloria dei condottieri si fonda sempre su questi elementi, che gettano un'ombra cruenta sui loro meriti, per grandi che siano di fronte all'impassibile e quasi disumano giudizio della Storia.
Dei Santi, invece, anche quando non si sa quasi nulla, come nel caso di San Pompeo, di una cosa si può essere sicuri: che noi li ricordiamo per aver essi compiuto, certamente e solamente, delle opere di bene.

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15/12/2016 07:43
 
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San Valeriano di Avensano Vescovo

15 dicembre




Martirologio Romano: Commemorazione di san Valeriano, vescovo di Avensano nell’Africa settentrionale, che, a più di ottant’anni, durante la persecuzione vandalica, si rifiutò fermamente di consegnare gli arredi sacri della Chiesa come richiesto dal re Genserico e fu per questo scacciato tutto solo fuori della città, con l’ordine che nessuno gli prestasse ospitalità né in casa né tra i campi; giacque, dunque, per lungo tempo a cielo aperto sulla pubblica strada, giungendo, in tal modo, al termine della sua santa vita da confessore della retta fede.

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16/12/2016 10:34
 
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Sant' Aggeo Profeta

16 dicembre


VI secolo a.C.



Il santo profeta Aggeo, al tempo di Zorobabel, re di Giuda, ammonì il popolo perché riedificasse la casa del Signore, dove poi sarebbe stata posta l’Arca della Santa Alleanza.

Etimologia: Aggeo = protettore delle abitazioni e delle strade, secondo i latini


Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Aggeo, profeta, che, al tempo di Zorobabele, re di Giuda, esortò il popolo a riedificare la casa del Signore, nella quale affluiranno le ricchezze di tutte le genti.



Ascolta da RadioRai:





Nel pieno del tempo d’Avvento, il 16 dicembre, il nuovo Martyrologium Romanum pone la “commemorazione di Sant’Aggeo profeta”, annoverato tra i profeti minori dell’Antico Testamento per la brevità dei suoi scritti, ma non per la secondarietà del suo messaggio, e dunque non meno importante al cospetto di Dio.
Il libro biblico a lui attribuito si suddivide principalmente in quattro parti: messaggio a Giosuè ed a Zorobabele (1,1-15); parole di incoraggiamento (2,1-9); la situazione migliorerà (2,10-19); Dio conserverà i capi (2,20-23).In seguito alla caduta di Gerusalemme avvenuta nel 587 a.C., i sopravvissuti furono schiavizzati e deportati in Babilonia. Uno sconvolgimento internazionale provocò il cambio della potenza allora dominante nel mondo, portando così Ciro di Persia ad impossessarsi di ciò che rimaneva della potenza babilonese nel 539 a.C..Tra le prime decisioni di tale sovrano vi fu quella di concedere a tutti quegli ex-prigionieri che lo avessero desiderato di fare ritorno in patria. Un notevole numero di Giudei accettò dunque l’amichevole offerta ed iniziò la ricostruzione della comunità.Essendo però tempi difficili, si dovette procedere alla ricostruzione di mura, città, case e strade, dissodare il terreno ed arruolare un esercito al fine di difendersi dalle incursioni degli ostili popoli vicini.Purtroppo, dopo un entusiastico avvio dei lavori di riedificazione del Tempio di Gerusalemme, l’interesse andò degenerando e tutto venne sospeso nel 536 a.C.. Dopo ben 16 anni di inattività e di interessi contrastanti, il santo profeta Aggeo cominciò a predicare il suo messaggio, incitando la popolazione a riprendere i lavori di modo che Dio tornasse ad avere un degno luogo di culto.I quattro messaggi di Aggeo sono tutti databili attorno al 520 a.C..
Nel primo di essi, diretto a Giosuè ed a Zorobabele, rispettivamente capi religioso e politico, il profeta rinfaccia alla popolazione di trascorrere troppo tempo in divertimenti mentre il Tempio del Signore è ancora in rovina.Il secondo messaggio era invece indirizzato a coloro che desideravano lavorare, ma temevano che i risultati della loro attività avessero potuto essere insignificanti.Gli ultimi due messaggi denunziarono infine la dilagante corruzione, assicurando la protezione di Dio su coloro che rispondono positivamente alla sua chiamata ed in particolare su Zorobabele.In sostanza il messaggio complessivo e fondamentale del libro di Aggeo è assai semplice: la nostra vita spirituale è più importante di quella materiale. Occorre perciò costruire una dimora per Dio sia esternamente, sia all’interno del proprio cuore, se si desidera godere della benedizione di Dio.


Autore: Fabio Arduino

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17/12/2016 07:53
 
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San Graziano (Gaziano) di Tours Vescovo

18 dicembre




Etimologia: Graziano = riconoscente, caro, dal latino


Emblema: Bastone pastorale


Martirologio Romano: A Tours nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Gaziano, primo vescovo, che si dice sia stato trasferito da Roma a questa città e sia stato sepolto nel cimitero cristiano del luogo.







GAZIANO (lat. Catianus, Gatianus, Gratianus; fr. Cassien, Gatien, Gratien), santo.
Gregorio di Tours (m. 594), nell'Historia Francorum, racconta che nell'anno 250 furono inviati da Roma sette vescovi per evangelizzare la Gallia. Fra questi sette missionari figura Turonicis Catianus episcopas. D'altra parte, nel capitolo De Turonicis episcopis con cui termina l'Historia, Gregorio dà il catalogo cronologico dei vescovi di Tours: in testa figura Gaziano con un episcopato di cinquant'anni, dopo il quale la sede sarebbe rimasta vacante trentasette anni. Il successore di Gaziano sarebbe stato Litorius che governò la diocesi per trentatre anni; e il terzo vescovo fu s. Martino, l'ordinazione del quale si colloca nel 371 o 372.
Che cosa si può ritenere di tutto ciò? Gregorio ha raccolto dalla tradizione orale i nomi dei sette vescovi—ivi compreso quello di Gaziano—cosí come la data del loró invio in Gallia. Se si può ritenere il nome di Gaziano, la precisione cronologica è assai piú dubbia. La durata dei due primi episcopati e quella della vacanza sono state evidentemente calcolate per accordare la data della missione e quella dell'ordinazione di s. Martino. E' assai probabile che Gregorio abbia anticipato indebitamente le origini della Chiesa di Tours.
Gaziano dovrebbe porsi alla fine del sec. III o all'inizio del IV. In compenso i dettagli dati dallo stesso Gregorio sulla sepoltura di Gaziano: "in ipsius vici cimiterio, qui erat christianorum" ha tutte le apparenze di essere esatto. Vi era dunque un cimitero nel suburbio di Tours.
La cattedrale di Tours, primitivamente consacrata a s.Maurizio, è attualmente dedicata a s. Gaziano; ecco perchè è chiamata comunemente dal popolo La Gatianne. La festa di s. Gaziano è fissata al 18 dicembre.


Autore: Henri Platelle

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19/12/2016 07:35
 
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Santi Francesco Saverio Hà Trong Mau e compagni Martiri

19 dicembre




Martirologio Romano: In località Bắc-Ninh nel Tonchino, ora Viet Nam, santi martiri Francesco Saverio Hà Trọng Mậu, Domenico Bùi Văn Úy, catechisti, Tommaso Nguyễn Văn Đệ, sarto, e Agostino Nguyễn Văn Mới e Stefano Nguyễn Văn Vinh, contadini, dei quali l’uno neofita e l’altro ancora catecumeno: per essersi rifiutati di recare oltraggio alla croce, patirono tutti carcere e supplizi e furono, infine, strangolati per ordine dell’imperatore Minh Mạng.

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20/12/2016 23:12
 
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San Baiulo (e Liberato) Martiri romani

20 dicembre




Etimologia: Liberato = signific. chiaro


Emblema: Palma








Sul martire Baiulo ci sono problemi di storicità in quanto il nome è sicuramente un errore di interpretazione nel manoscritto originale.
Il martire Liberato è invece autentico, anche se il nome originale suona come Liberale. Molti documenti ricordano il suo dies natalis tra il 20 o 21 dicembre a Roma e sepolto nel cimitero della via Salaria. Antichi documenti ricordano che la sua tomba era custodita nel sottosuolo della basilica dedicata al martire Giovanni. Non sappiamo come e quando sia morto Liberato: alcuni sostengono che la sua morte sua avvenuta sotto il regno di Claudio il Goto (269-70). Secondo due antiche iscrizioni apprendiamo che era di nobile famiglia, era console e che durante il suo ufficio fu messo a morte. Infine che lo stesso Floro, suo carnefice, costruì il suo sepolcro che poi fu distrutto dall’invasione di Alarico (410?) e successivamente restaurato.
La memoria liturgica è il 20 dicembre.


Autore: Don Marco Grenci

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21/12/2016 07:53
 
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San Giacomo da Valenza Martire mercedario

21 dicembre


† Algeri, 1362

Nato a Valenza in Spagna, San Giacomo, all'età di 27 anni entrò nel convento mercedario di El Puig dove prese l'abito dell'Ordine.Molto amico dei poveri, condusse una vita tutta crocifissa nella pratica di rigide austerità che tutti i religiosi l'ammiravano. Nell'anno 1362 trovandosi ad Algeri in Africa per redimere schiavi, fu preso dai giudei mentre predicava Cristo nella sinagoga, in odio della sua fede fu ucciso con bastoni e pietre e glorioso raggiunse il coro dei martiri.
L'Ordine lo festeggia il 21 dicembre.

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22/12/2016 04:40
 
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Sant' Ischirione di Alessandria Martire

22 dicembre


m. 250

Ucciso durante la persecuzione di Decio, per essersi rifiutato di fare sacrifici agli idoli.

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Ischirione, martire in Egitto, che, nello stesso periodo, essendosi rifiutato di fronte a richiami e maltrattamenti di sacrificare agli idoli, fu ucciso trafitto nelle viscere da un palo acuminato.

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23/12/2016 07:44
 
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Santa Bincema Vergine e martire

23 dicembre


III secolo

Santa Bincema, vergine e martire, vissuta nel III secolo d.C., è annoverata tra i santi martiri della Sardegna nel Santuario della Cattedrale di Cagliari.

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24/12/2016 08:34
 
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Sant' Alberto Chmielowski Religioso, Fondatore

25 dicembre


Aigolonija, Polonia, 20 agosto 1845 - Cracovia, 25 dicembre 1916

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco


Martirologio Romano: A Cracovia in Polonia, sant’Alberto (Adamo) Chmielowski, religioso, che, illustre pittore, si consacrò ai poveri, proponendosi di essere disponibile in tutto verso di loro, e fondò le Congregazioni dei Frati e delle Suore del Terz’Ordine di San Francesco al servizio dei bisognosi.








Fratel Alberto, al secolo Adamo Chmielowski, nacque a Igolomia, presso Cracovia (Polonia), il 20 agosto del 1845, primo di quattro figli, da Adalbert e Józefa Borzystawska, discendenti da una famiglia nobile. Adamo trascorse l'infanzia a Varsavia. Sin dai primi anni era molto caritatevole verso i poveri e divideva con loro quel che aveva.
Mandato a Pietroburgo, nella scuola dei cadetti, dopo un anno la madre lo fece ritornare in famiglia, preoccupata dell'influsso che aveva sul figlio l'educazione russa, e lo inviò a frequentare il ginnasio di Varsavia. Rimasto orfano dei genitori, fu affidato alle cure della zia paterna Petronela.
Nel 1863 scoppiò in Polonia l'insurrezione contro l'oppressione zarista. Adamo, allora studente dell'Istituto di Agricoltura a Pulawy, vi aderì con entusiasmo e, durante un combattimento, il 30 settembre 1863, presso Melchów, rimase gravemente ferito; fatto prigioniero, gli fu amputata, senza anestesia, la gamba sinistra, dimostrando un eccezionale coraggio.
Grazie all'interessamento dei parenti, fuggì dalla prigionia e fu costretto a lasciare la propria Patria. Fu a Parigi per studiare pittura; passò poi a Gand (Belgio) ove frequentò la facoltà d'ingegneria, quindi riprese gli studi di pittura all'Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera.
In ogni ambiente emergeva la sua personalità cristiana che, tradotta in coerenza di vita e di impegno professionale, influenzava quanti lo frequentavano.
Nel 1874, Chmielowski tornò in Patria. Alla ricerca di un nuovo ideale di vita, si pose la domanda: " Servendo l'arte si può servire anche Dio? ". la sua produzione artistica, che comprendeva per lo più soggetti profani, fu continuata poi con soggetti sacri. Uno dei migliori suoi quadri religiosi, l'" Ecce Homo ", fu il risultato di una profonda esperienza sull'amore misericordioso di Cristo verso l'uomo e condusse Chmielowski ad una metamorfosi spirituale.
Convinto che per servire Dio " bisogna dedicare a lui l'arte ed il talento ", nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico. Dopo sei mesi dovette lasciare il noviziato a cagione della cattiva salute.
Superata una profonda crisi spirituale, cominciò una nuova vita, dedicata tutta a Dio ed ai fratelli. Abitando dai parenti in Podolia (parte della Polonia assoggettata alla Russia), conobbe il III Ordine di S. Francesco, cominciò a visitare le parrocchie della zona, restaurando quadri e diffondendo tra la gente rurale lo spirito terziario. Costretto a lasciare la Podolia, si recò a Cracovia, dove si stabilì presso i Padri Cappuccini. Lì continuò la sua attività di pittore e si dedicò contemporaneamente all'assistenza dei poveri, destinando a loro il ricavato dei suoi quadri.
Per caso venne a conoscenza della tragica situazione dei poveri, ammassati nei cosiddetti posti di riscaldamento o dormitori pubblici di Cracovia e decise di venire loro in aiuto.
Per amore verso Dio e verso il prossimo, Chmielowski rinunciò al successo dell'arte, al benessere materiale, agli ambienti aristocratici e decise di vivere tra quei poveri, per sollevarli dalle loro miserie morali e materiali. Nella loro dignità calpestata scoprì il Volto oltraggiato di Cristo e volle in essi rinnovarlo.
Il 25 agosto 1887 vestì un saio grigio, prese il nome di Fratel Alberto e un anno dopo, con il consenso del Cardinale Dunajewski, pronunciò i voti di terziario francescano, dando inizio alla Congregazione dei Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi dei Poveri (1888), i quali presero cura del dormitorio maschile. In seguito Fratel Alberto assunse l'assistenza delle donne del dormitorio pubblico femminile; le sue collaboratrici dettero origine anche al ramo femminile della Congregazione (1891), che affidò alla Serva di Dio Suor Bernardyna Jabkonska.
Insieme con le sue Congregazioni si dedicò, con piena disponibilità, al servizio dei più poveri, dei diseredati, degli abbandonati, degli emarginati e dei vagabondi. Per loro organizzò i ricoveri come case di assistenza materiale e morale, che offrivano lavoro volontario, di natura artigianale, assieme ai frati e alle suore nella stessa dimora, permettendo loro di guadagnare per il proprio sostentamento.
Nonostante l'invalidità e la protesi rudimentale alla gamba, viaggiava molto per fondare i nuovi asili in altre città della Polonia e per visitare le case religiose. Queste case erano aperte a tutti, senza distinzione dinazionalità o di religione. Oltre agli asili, fondò anche nidi e orfanatrofi per bambini e giovani, case per anziani e incurabili e cucine per il popolo. Mandò le suore a lavorare negli ospedali militari e nei lazzaretti durante la prima guerra mondiale.
Nel corso della sua vita sorsero in tutto 21 case religiose, nelle quali prestavano la loro opera 40 frati e 120 suore.
Con l'esempio della sua vita insegnò che "bisogna essere buoni come il pane ... che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame". Osservò lui stesso e raccomandò ai suoi religiosi la massima povertà evangelica sull'esempio di S. Francesco d'Assisi. la sua opera caritativa la affidò con fiducia totale alla Provvidenza divina. La forza per svolgere la sua attività l'attinse dalla preghiera, dall'Eucaristia e dall'amore per il Mistero della Croce.
Colpito da cancro allo stomaco, mori a Cracovia il giorno di Natale del 1916, nel ricovero per i poveri. Prima di morire, indicando l'immagine della Madonna di Czestochowa, disse ai fratelli e alle suore: " Questa Madonna è la vostra Fondatrice, ricordatevi questo ". E ancora: " Prima di tutto osservate la povertà ".
In quanti lo avevano avvicinato e conosciuto, lasciò un meravigliosa testimonianza di fede e di carità.
A Cracovia e in tutta la Polonia ,è conosciuto come i Padre dei poveri e, per la sua povertà evangelica, è chiamati il "S. Francesco polacco del XX secolo".
Fratel Alberto lasciò nella storia della Chiesa una tracci; incisiva. Egli non soltanto interpretò in modo giusto il Var gelo sulla misericordia del Cristo e lo accettò, ma soprat tutto lo introdusse nella propria vitareligiosa.
Oggi i Fratelli Albertini e le Suore Albertine realizzano i carisma del Fondatore prestando il loro servizio in Polonia le suore sono diffuse anche in Italia, USA e America Latina.
Il 22 giugno 1983 Papa Giovanni Paolo II beatificò Frate Alberto a Cracovia, durante il suo secondo viaggio apostolico: in Polonia. Proclamandolo Santo il 12 novembre 1989 a Roma la Chiesa lo addita come un modello, per i nostri tempi di testimonianza dell'amore verso Dio, che si manifesta nel l'amore cristiano verso il prossimo, nello spirito della bontà evangelica.

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26/12/2016 09:52
 
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Sant' Eutimio di Sardi Vescovo e martire

26 dicembre




Martirologio Romano: A Sardi in Lidia, nell’odierna Turchia, sant’Eutimio, vescovo e martire, che, condannato all’esilio dall’imperatore iconoclasta Michele per il culto delle sacre immagini, consumò, infine, il suo martirio sotto l’impero di Teofilo, crudelmente fustigato con nervi di bue.

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27/12/2016 07:56
 
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Santa Nicarete (Niceras) di Costantinopoli Vergine

27 dicembre




Morta intorno al 504. Nata a Nicomedia, ma residente a Costantinopoli, dove divenne una leale amica e sostenitrice di san Giovanni Crisostomo condividendone le sofferenze e l'esilio.







Sozomeno è il solo storico che menzioni Nicarete. Originaria di una grande famiglia di Nicomedia, era venuta a Costantinopoli durante il governo di s. Giovanni Crisostomo (398-404) di cui si guada­gnò la stima e l'affetto; ma alle cariche che egli voleva affidarle (diaconessa, superiora di un gruppo di vergini della Chiesa) ella preferì la vita ritirata e umile. Quando Giovanni Crisostomo fu espulso per la prima volta, ella venne privata della mag­gior parte dei suoi beni; utilizzò tuttavia il poco che le era rimasto per opere di carità, specialmente verso i malati.
Quando nel 404 scoppiò la persecuzione contro i partigiani di Giovanni Crisostomo, Nicarete lasciò Co­stantinopoli.
Si ignora la data e il luogo della sua morte.
Né in Oriente, né in Occidente questa santa è stata menzionata nei calendari; C. Baronio per pri­mo l'introdusse alla data arbitraria del 27 dic. nel Martirologio Romano.


Autore: Joseph-Marie Sauget

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28/12/2016 16:31
 
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Sant' Antonio di Lerins Monaco

28 dicembre




Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Antonio, monaco, che, uomo illustre per garbo e preparazione, dopo aver condotto vita solitaria, si ritirò ormai vecchio nel monastero di Lérins in Provenza, dove si addormentò piamente nel Signore.








Nacque da ottima famiglia nella seconda metà del sec. V a Valeria, o nella provincia omonima, in Pannonia. Rimasto orfano di padre a otto anni, Antonio fu affidato a san Severino, l'apostolo del Norico, che lo condusse nel monastero di Faviana, dove Antonio si trattenne fino alla morte del maestro, avvenuta nel 482. Accolto dallo zio Costanzio, vescovo di Lorch (Wurtemberg), Antonio entrò nella vita monastica, facendosi subito apprezzare per la sua grande umiltà. Nel 488, sotto la spinta delle incursioni di Odoacre, i Romani abbandonarono il Norico, e Antonio si trasferì al lago di Como presso un sacerdote di nome Mario, che aveva raccolto intorno a sé alcuni discepoli. Mario, nutrendo grande ammirazione per Antonio, lo sollecitò a prendere gli ordini sacri e ad assisterlo nella sua opera, ma Antonio, desideroso di solitudine, si trasferì all'altro capo del lago, dove visse per qualche tempo in una grotta con due vecchi eremiti, vicino alla tomba di san Felice.
La fama di Antonio, diffusasi subito nei dintorni, gli procurò un curioso incidente. Un uomo, che era stato condannato a morte per aver ucciso la moglie in un impeto di gelosia, si rifugiò presso Antonio per scampare alla pena, simulando il desiderio di diventare suo discepolo. Ma Antonio smascherò l'ipocrita e lo cacciò dalla sua cella. Naturalmente questo episodio accrebbe enormemente la sua notorietà, ed egli, disturbato da numerosi visitatori, varcò infine le Alpi e si stabilì a Lérins, dove finalmente trovò la pace che aveva sempre cercato; qui morì verso il 520 dopo due anni di umile vita. Non risulta che egli abbia goduto di un culto molto antico e la data del 28 dicembre, in cui è celebrato, sembra essere arbitraria. A Fréjus è commemorato il 30 dello stesso mese. Poco dopo la sua morte, sant'Ennodio di Pavia scrisse una Vita di Antonio su richiesta di Leonzio, abate di Lérins.


Autore: Alfonso Codaghengo

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29/12/2016 09:28
 
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San Liboso Vescovo e Martire

29 dicembre




Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, san Libóso, vescovo di Béja e martire, che nel Concilio di Cartagine sulla questione del battesimo degli eretici affermò: «Nel Vangelo Cristo ha detto: Io sono la verità, e non: Io sono la consuetudine».

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30/12/2016 09:36
 
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San Raniero Vescovo

30 dicembre


m. 1077

Martirologio Romano: In Abruzzo, san Raniero da Forcone, vescovo, del quale il papa Alessandro II lodò la virtù nell’amministrare i beni.

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01/01/2017 10:33
 
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San Sigismondo (Zygmunt) Gorazdowski Sacerdote

1 gennaio


1845 - 1 gennaio 1920

Nato il 1° novembre 1845 a Sanok (Polonia), svolse il suo ministero in varie parrocchie e promosse numerose opere per sacerdoti, giovani, malati e poverti. Fu autore di un celebre catechismo per il popolo, fondò un nuovo quotidiano, varie istituzioni di beneficenza e la Congregazione delle Religiose di San Giuseppe per i poveri e i malati. Morì il 1° gennaio 1920 a Leopoli (Ucraina).

Martirologio Romano: A Leopoli in Ucraína, san Sigismondo Gorazdowski, sacerdote: di origine polacca, fu insigne per pietà verso il prossimo e pioniere di attività per la difesa della vita; fondò la Congregazione delle Suore di San Giuseppe, adoperandosi con ogni mezzo per il bene dei poveri e dei bisognosi.







Secondo di sette figli, il beato Zygmunt nacque il 1° novembre a Sanok nella parte orientale della Polonia. Dopo iniziali studi per avvocato, entrò nel seminario superiore di Leopoli, pur essendo malato fin dall’infanzia di tubercolosi, allora incurabile. La malattia si aggravò al punto che dopo gli studi di teologia, dovette fermarsi per due anni per intraprendere un’energica cura, con la rassegnata fiducia in Dio.
Inaspettatamente egli migliorò, tanto quanto bastò affinché potesse ricevere l’ordinazione sacerdotale il 25 luglio 1871.
Per sei anni lavorò come vicario parrocchiale e amministratore nella zona dell’allora Galizia. Profuse a piene mani tutte le sue energie nell’opera di apostolato fra la povera gente della zona, basti ricordare che una parrocchia dell’epoca aveva nel suo raggio ben 6-7 Comuni distanti fra loro.
Accorse in aiuto degli ammalati di colera a Wojnilow, incurante del contagio deponeva i cadaveri nelle bare suscitando l’ammirazione di tutti, ebrei compresi. Dal 1877 lavorò per circa 40 anni, presso la parrocchia di s. Nicola a Leopoli, in questo periodo, la sua carità dilagò in tutti i sensi; si impegnò come editore e redattore alla stampa di giornali, articoli pedagogici e sociali, del testo del catechismo, riviste di formazione.
Fondò la ‘Casa del lavoro volontario’ per i mendicanti, la ‘Cucina popolare’, la ‘Casa di cura per malati incurabili e convalescenti di lunga degenza’, il Collegio di S. Josafat per studenti poveri, la ‘Casa del Bambin Gesù’ per ragazze madri e neonati abbandonati, inoltre fondò la Congregazione delle Suore della Misericordia di S. Giuseppe.
Grande era la sua devozione a s. Giuseppe al cui nome intestò la maggior parte delle sue opere; già in vita era chiamato il “Prete dei mendicanti”, il “Padre dei poveri”, ”l’Apostolo della Misericordia divina di Leopoli”.
Morì il 1° gennaio 1920, lasciando la Congregazione che si è diffusa in 62 case in vari Stati. Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 26 giugno 2001 a Lviv (Leopoli) in Ucraina.
Papa Benedetto XVI, nella sua prima cerimonia di canonizzazione, lo ha proclamato santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro.


Autore: Antonio Borrelli

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02/01/2017 13:31
 
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Santi Argeo, Narciso e Marcellino Martiri

2 gennaio


IV sec.

Martirologio Romano: Nel territorio di Cori a trenta miglia da Roma, santi Argéo, Narciso e Marcellino, martiri.








Santi ARGEO, NARCISSO e MARCELLINO, martiri.

Floro, seguendo i codici del Martirologio Geronimiano, al 2 gennaio ricorda i tre fratelli Argeo, Narcisso e Marcellino martiri a Tomi. Marcellino, cui è dato l'appellativo di puer, reclutato tra gli arcieri al tempo di Licinio, essendo cristiano non volle prestare servizio militare e, dopo essere stato duramente battuto e aver trascorso qualche tempo in carcere, fu gettato in mare. Adone aggiunge che Argeo e Narcisso furono decapitati e inoltre che il corpo di Marcellino, gettato sul litorale, ebbe pia sepoltura. Il Galesino, senza specificare la fonte, attesta che Argeo e Narcisso furono arrestati mentre rendevano visita al fratello in prigione. La nota di Floro, con le aggiunte di Adone, è però inesatta, anche perché nel Geronimiano, ai primi di gennaio, le notizie sono molto confuse. In effetti nel Geronimiano i tre fratelli sono celebrati il 3 gennaio, mentre la determinazione topografica di Floro, «Tomis in Ponto», è da riferirsi ai mm. Stratone, Macrobio e Marciano ricordati il 2 gennaio, e le vicende del reclutamento e della morte di Marcellino sono da connettersi con Teogene, martire di Cizico. Per determinare dunque il luogo ove i martiri furono uccisi e il giorno esatto della loro festa si deve tenere presente che nel Geronimiano al l° gennaio si legge: «Romae Via Appia coronae et milites XXX». La nota, emendata, si presenta così: «Romae, via Appia, miliario XXX, Corano territorio», ed essa appartiene ai ss. Argeo, Narcisso e Marcellino che, nella passio di san Marciano prete, risultano essere stati decapitati presso Cori. I loro corpi riposarono colà fino a quando papa Leone IV li portò, assieme ad altri, a Roma nella basilica dei SS. Quattro Coronati, come si legge nella iscrizione bipartita sulla parete sinistra della chiesa. Si ritiene quindi che Argeo, Narcisso e Marcellino siano da identificarsi con i martiri di Cori.


Autore: Mario Salsano

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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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