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18/08/2014 07:38
 
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Sant' Elena Madre di Costantino

18 agosto

Drepamim (Bitinia), III sec. – ? † 330 ca.


Di famiglia plebea, Elena venne ripudiata dal marito, il tribuno militare Costanzo Cloro, per ordine dell'imperatore Diocleziano. Quando il figlio Costantino, sconfiggendo il rivale Massenzio, divenne padrone assoluto dell'impero, Elena, il cui onore venne riabilitato, ebbe il titolo più alto cui una donna potesse aspirare, quello di «Augusta». Fu l'inizio di un'epoca nuova per il cristianesimo: l'imperatore Costantino, dopo la vittoria attribuita alla protezione di Cristo, concesse ai cristiani la libertà di culto. Un ruolo fondamentale ebbe la madre Elena: forse è stata lei a contribuire alla conversione, poco prima di morire, del figlio. Elena testimoniò un grande fervore religioso, compiendo opere di bene e costruendo le celebri basiliche sui luoghi santi. Ritrovò la tomba di Cristo scavata nella roccia e poco dopo la croce del Signore e quelle dei due ladroni. Il ritrovamento della croce, avvenuta nel 326 sotto gli occhi della pia Elena, produsse grande emozione in tutta la cristianità. A queste scoperte seguì la costruzione di molte basiliche. Morì probabilmente intorno al 330. (Avvenire)

Etimologia: Elena = la splendente, fiaccola, dal greco

Martirologio Romano: A Roma sulla via Labicana, santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, che si adoperò con singolare impegno nell’assistenza ai poveri; piamente entrava in chiesa mescolandosi alle folle e in un pellegrinaggio a Gerusalemme alla ricerca dei luoghi della Natività, della Passione e della Risurrezione di Cristo onorò il presepe e la croce del Signore costruendo venerande basiliche.


Entrando nella basilica di San Pietro, alla base dei quattro enormi pilastri che sorreggono la cupola di Michelangelo e fanno da corona all’altare della Confessione, sotto il quale c’è la tomba dell’apostolo Pietro, si alzano maestose e magnifiche le statue di sant’Elena, raffigurata con la Croce, sant’Andrea, santa Veronica e san Longino. L’opera è stata realizzata dagli allievi di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Nell’iconografia orientale sant’Elena è raffigurata spesso insieme al figlio, l’Imperatore Costantino (274-337), ambedue posti ai lati della Croce e tale rappresentazione è dovuta ai due grandi meriti di cui si rivestirono madre e figlio: Elena ritrovò la vera Croce del martirio del Salvatore e Costantino diede libertà di culto ai cristiani, che per trecento anni erano stati perseguitati ed uccisi a causa della Fede.
Il nome di santa Elena (Flavia Iulia Helena) riconduce immaginariamente ad origini prestigiose, perché madre dell’Imperatore, ma la realtà è un’altra. Nacque nel 248 circa a Drepamim, in Bitinia (antica regione, che fu regno autonomo e provincia romana, situata nella parte nord-occidentale dell’Asia Minore, delimitata dalla Propontide, dal Bosforo Tracio e dal Ponto Eusino, oggi Mar Nero), città che prenderà il nome di Elenopoli per volontà di Costantino, in onore della madre. Ella discendeva da umile famiglia, secondo sant’Ambrogio (339-340-397) esercitava l’ufficio di stabularia, ovvero «ragazza addetta alle stalle» e il Vescovo di Milano la definisce anche una bona stabularia, «buona locandiera». Proprio qui conobbe il romano Costanzo Cloro (250 ca.-306), tribuno militare, che la volle sposare, nonostante lei fosse di grado sociale inferiore.
Il 27 febbraio 274 nella città di Naissus, in Serbia, nacque il figlio Costantino che Elena crebbe con amore e dedizione. Costanzo, essendosi distinto per la sua abilità militare, il 1° marzo 293, a Mediolanum, venne nominato da Massimiano (250 ca.-310) proprio Cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell’Impero. Stessa decisione prese Diocleziano (244-311) con Galerio (250 ca.-311), facendo sorgere la tetrarchia, «il governo a quattro». Costanzo, per manovre di potere, ripudiò Elena e si unì in matrimonio a Teodora, figliastra di Massimiano; con queste nozze Costanzo si vide assegnate la Gallia e la Britannia. Con il ritiro di Diocleziano e Massimiano, divenne egli stesso Augusto il 1º maggio del 305, scegliendo come proprio Cesare e successore Flavio Valerio Severo (?-307). Tuttavia, alla sua morte, sopraggiunta l’anno seguente a Eboracum, durante una spedizione contro i Pitti e gli Scoti, le truppe proclamarono Augusto il figlio Costantino, che si pose l’obiettivo di riunificare l’Impero romano sotto il suo potere nel 324. Le spoglie paterne vennero cremate e portate a Treviri: i resti del mausoleo di Costanzo Cloro sono stati presumibilmente identificati nel 2003.
Elena, a causa del ripudio, tornò umilmente nell’ombra, mentre il figlio venne allevato alla corte di Diocleziano. Tuttavia il nascondimento si ruppe allorquando Costantino venne proclamato Imperatore dai suoi soldati nel 306. L’Imperatrice madre andò a risiedere prima a Treviri, poi a Roma e venne accolta con il massimo onore, ricevendo il titolo di Augusta. Costantino la ricoprì di alta dignità, dandole libero accesso al tesoro imperiale e facendo coniare delle monete con il suo nome e la sua effigie. Elena visse nella preghiera e diede prova di grande pietà e carità, moltiplicando le donazioni per l’edificazione e la vita delle chiese. Dei privilegi ricevuti mai ne abusò, anzi se ne servì per beneficiare generosamente persone di ogni ceto e addirittura intere città. Soccorreva i poveri con vesti e denaro, inoltre, grazie alla sua intercessione, salvò numerosi prigionieri condannati al carcere oppure ai lavori forzati o all’esilio.
Fu madre di splendida Fede e quanto abbia influito sul figlio per l’emanazione dell’editto di Milano del 313, che riconosceva libertà di culto al Cristianesimo, non è dato sapere; tuttavia esistono due ipotesi storiografiche: una deriva da sant’Eusebio (283 ca.-371), il quale affermava che Elena fosse stata convertita al Cristianesimo dal figlio, e l’altra da sant’Ambrogio, che sosteneva il contrario. Quest’ultima è la versione maggiormente avvalorata dai fatti, in quanto Costantino ricevette dal Vescovo Eusebio di Nicomedia (?-341) il battesimo nel 337, in punto di morte.
Elena visse in modo esemplare la sua Fede, nell’attuare le virtù cristiane e nel praticare le buone opere; partecipava con raccoglimento e con devozione alle funzioni religiose e a volte, per confondersi con i fedeli, indossava semplici abiti. Sovente invitava i poveri a pranzo nel suo palazzo, servendoli con le proprie mani.
Mantenne un atteggiamento prudente allorquando si consumò l’oscura tragedia familiare di Costantino, il quale nel 326 fece giustiziare a Pola il figlio Crispo - nato nel 302 circa dalla prima moglie Minervina (?-307 ca.) - su istigazione della matrigna Fausta (289/290-326), sua seconda moglie, che poi fece uccidere. Crispo fu colpito da damnatio memoriae: alcuni storici antichi sostengono che Crispo e Fausta avessero una relazione, ma esiste anche l’ipotesi che Fausta avesse accusato ingiustamente Crispo di averla molestata e in seguito Costantino l’avesse punita per la falsa denuncia... Tutta questa lugubre vicenda ha lasciato una traccia archeologica: nel Duomo di Treviri sono stati rinvenuti i frammenti di un soffitto a cassettoni - i cui riquadri erano stati dipinti con la raffigurazione dei membri della famiglia imperiale - probabilmente eseguito in occasione delle nozze di Crispo nella parte del palazzo a lui destinato. Successivamente il volto del principe fu cancellato. Poco dopo il palazzo venne distrutto e al suo posto, probabilmente per volontà di Elena, fu edificata una chiesa. Forse, proprio per questi foschi episodi, che coinvolgevano il figlio, a 78 anni, nel 326, l’Imperatrice intraprese un pellegrinaggio penitenziale in Terra Santa. Qui si adoperò per la costruzione delle Basiliche della Natività a Betlemme e dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi, che Costantino poi ornò splendidamente. Secondo lo storico bizantino Zosimo (seconda metà V secolo), fu in seguito ai rimorsi per la morte del figlio che l’Imperatore si avvicinò ancor più al Cristianesimo.
La tradizione racconta che Elena, salita sul Golgota per purificare il sacro luogo dagli edifici pagani qui fatti costruire dai romani, scoprì la vera Croce di Cristo. E venne eseguita la prova: su di essa fu posto il cadavere di un uomo, il quale resuscitò. Questo miracolo è stato rappresentato da molti artisti, celebri sono i dipinti nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma e quelli presenti nel famoso ciclo di san Francesco ad Arezzo, firmato da Piero della Francesca (1416/1417 ca.-1492).
Alla santa madre di Costantino è anche attribuito il ritrovamento della Santa Croce e degli strumenti della Passione, i quali sono custoditi e venerati nella Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, che lei fece innalzare dopo l’eccezionale scoperta. Le sante reliquie sono: parti della Croce di Cristo, il titulus crucis (il cartiglio originario infisso sopra la Croce), la croce di uno dei due ladroni, la spugna imbevuta d’aceto, un chiodo e parte della corona di spine. Gli altri tre chiodi si trovano uno nella Corona Ferrea a Monza, uno sospeso sopra l’altare maggiore del Duomo di Milano e uno, dalla tradizione più dubbia, nel Duomo di Colle di Val d’Elsa in provincia di Siena. Inoltre, nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme si trova la cappella di Sant’Elena, il cui pavimento era stato coperto con terra proveniente dalla Terra Santa.
Elena morì a circa 80 anni (329 ca.), assistita dal figlio, in un luogo non identificato; il suo corpo fu trasportato a Roma e sepolto sulla via Labicana ai due lauri, oggi Torpignattara, in un sarcofago di porfido, collocato in uno splendido mausoleo a forma circolare con cupola, che si può ammirare - e vale davvero la pena andarvi – presso le Catacombe di Sant’Agnese. Ma esiste anche quest’altra versione della Tradizione: sull’isola di Sant’Elena, vicino a Venezia, venne edificata nel 1028 la prima cappella dedicata alla madre di Costantino e fu affidata agli Agostiniani, che accanto costruirono anche un convento. Nel 1211 giunse a Venezia da Costantinopoli il corpo dell’Imperatrice, grazie al monaco agostiniano Aicardo e venne posto proprio in quella cappella, che, in seguito, gli Agostiniani inglobarono in una chiesa più grande. Nel XV secolo il convento e la chiesa passarono ai monaci Benedettini Olivetani. Sotto la dominazione napoleonica, nel 1810, la chiesa venne sconsacrata e l’urna fu trasportata nella basilica di San Pietro. La chiesa dell’isola di Sant’Elena fu riaperta al culto nel 1928 ed affidata all’Ordine dei Servi di Maria; negli anni successivi l’urna venne riposta nuovamente all’interno dell’edificio sacro. Forse, là dove si attesta come «salma» della santa Imperatrice, si può pensare ad essa come a delle parti del corpo, visto che era uso, nei primi secoli, scomporre le membra dei martiri e dei santi per farne reliquie e soddisfare, in tal modo, la devozione di più fedeli in diversi luoghi.
Fu da subito considerata una santa e quando i pellegrini arrivavano a Roma non omettevano di visitare anche il suo sepolcro, situato tangente al portico d’ingresso della Basilica dei Santi Marcellino e Pietro. L’imponente sarcofago fu trasportato nell’XI secolo al Laterano e oggi è conservato nei Musei Vaticani. Il culto si diffuse largamente in Oriente e in Occidente. Il monaco benedettino Usuardo (?-877 ca.) fu il primo ad inserire il nome di sant’Elena nel suo Martirologio al 18 agosto, la sua opera, molto diffusa nel Medioevo, servì poi di base al Martirologium Romanum, redatto sotto il pontificato di Gregorio XIII (1502-1585).
Nell’841-842 le reliquie sarebbero state trasferite dal monaco Teugiso da Roma all’abbazia di Hatvilliers, presso Reims. Oggi tre chiese si fregiano dell’onore di custodire le reliquie della santa Imperatrice: la basilica dell’Ara Coeli a Roma; l’antica chiesa abbaziale di Hautvilliers e la chiesa di Saint-Leu-Saint-Gilles a Parigi, dove i Cavalieri del Santo Sepolcro avevano stabilito la sede delle loro riunioni.
Sant’Elena è la santa patrona di Pesaro ed Ascoli Piceno e viene venerata con culto speciale anche in Germania, a Colonia, Treviri, Bonn e in Francia ad Elne, che in origine si chiamava Castrum Helenae. È considerata la protettrice dei fabbricanti di chiodi e di aghi ed è invocata da chi cerca gli oggetti smarriti. In Russia si semina il lino nel giorno della sua festa, affinché cresca lungo, si dice, come i suoi capelli.

Autore: Cristina Siccardi





Nell’iconografia, specie orientale, sant’Elena è raffigurata spesso insieme al figlio l’imperatore Costantino e ambedue posti ai lati della Croce. Perché il grande merito di Elena fu il ritrovamento della Vera Croce e di Costantino il merito di aver data libertà di culto ai cristiani, che per trecento anni erano stati perseguitati ed uccisi a causa della loro fede.
Di Elena i dati biografici sono scarsi, nacque verso la metà del III secolo forse a Drepamim in Bitinia, cittadina a cui fu dato il nome di Elenopoli da parte di Costantino, in onore della madre.
Elena discendeva da umile famiglia e secondo s. Ambrogio, esercitava l’ufficio di ‘stabularia’ cioè locandiera con stalla per gli animali e qui conobbe Costanzo Cloro ufficiale romano, che la sposò nonostante lei fosse di grado sociale inferiore, diventando così moglie ‘morganatica’.
Nel 280 ca. a Naisso in Serbia, partorì Costantino che allevò con amore; ma nel 293 il marito Costanzo divenne ‘cesare’ e per ragioni di Stato dovette sposare Teodora, figliastra dell’imperatore Massimiano Erculeo; Elena Flavia fu allontanata dalla corte e umilmente rimase nell’ombra.
Il figlio Costantino venne allevato alla corte di Diocleziano (243-313) per essere educato ad un futuro di prestigio; in virtù del nuovo sistema politico della tetrarchia, nel 305 Costanzo Cloro divenne imperatore e Costantino lo seguì in Britannia nella campagna di guerra contro i Pitti; nel 306 alla morte del padre, acclamato dai soldati ne assunse il titolo e il comando.
Divenuto imperatore, Costantino richiamò presso di sé Elena sua madre, dandole il titolo di ‘Augusta’, la ricoprì di onori, dandole libero accesso al tesoro imperiale, facendo incidere il suo nome e la sua immagine sulle monete.
Di queste prerogative Elena Flavia Augusta ne fece buon uso, beneficò generosamente persone di ogni ceto e intere città, la sua bontà arrivava in soccorso dei poveri con vesti e denaro; fece liberare molti condannati dalle carceri o dalle miniere e anche dall’esilio.
Fu donna di splendida fede e quanto abbia influito sul figlio, nell’emanazione nel 313 dell’editto di Milano che riconosceva libertà di culto al cristianesimo, non ci è dato sapere.
Ci sono due ipotesi storiche, una di Eusebio che affermava che Elena sia stata convertita al cristianesimo dal figlio Costantino e l’altra di s. Ambrogio che affermava il contrario; certamente deve essere stato così, perché Costantino ricevé il battesimo solo in punto di morte nel 337.
Ad ogni modo Elena visse esemplarmente la sua fede, nell’attuare le virtù cristiane e nel praticare le buone opere; partecipava umilmente alle funzioni religiose, a volte mischiandosi in abiti modesti tra la folla dei fedeli; spesso invitava i poveri a pranzo nel suo palazzo, servendoli con le proprie mani.
Tenne un atteggiamento prudente, quando ci fu la tragedia familiare di Costantino, il quale nel 326 fece uccidere il figlio Crispo avuto da Minervina, su istigazione della matrigna Fausta e poi la stessa sua moglie Fausta, sospettata di attentare al suo onore.
E forse proprio per questi foschi episodi che coinvolgevano il figlio Costantino, a 78 anni nel 326, Elena intraprese un pellegrinaggio penitenziale ai Luoghi Santi di Palestina.
Qui si adoperò per la costruzione delle Basiliche della Natività a Betlemme e dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi, che Costantino poi ornò splendidamente.
La tradizione narra che Elena, salita sul Golgota per purificare quel sacro luogo dagli edifici pagani fatti costruire dai romani, scoprì la vera Croce di Cristo, perché il cadavere di un uomo messo a giacere su di essa ritornò miracolosamente in vita.
Questo episodio leggendario è stato raffigurato da tanti artisti, ma i più noti sono i dipinti nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma e nel famoso ciclo di S. Francesco ad Arezzo di Piero della Francesca.
Insieme alla Croce furono ritrovati anche tre chiodi, i quali furono donati al figlio Costantino, forgiandone uno nel morso del suo cavallo e un altro incastonato all’interno della famosa Corona Ferrea, conservata nel duomo di Monza.
L’intento di Elena era quello di consigliare al figlio la moderazione ed indicargli che non c’è sovrano terreno che non sia sottoposto a Cristo; inoltre avrebbe indotto Costantino a costruire la Basilica dell’Anastasis, cioè della Resurrezione.
Elena morì a circa 80 anni, assistita dal figlio, verso il 329 in un luogo non identificato; il suo corpo fu però trasportato a Roma e sepolto sulla via Labicana “ai due lauri”, oggi Torpignattara; posto in un sarcofago di porfido, collocato in uno splendido mausoleo a forma circolare con cupola.
Fu da subito considerata una santa e con questo titolo fu conosciuta nei secoli successivi; i pellegrini che arrivavano a Roma non omettevano di visitare anche il sepolcro di s. Elena, situato tangente al portico d’ingresso della Basilica dei Santi Marcellino e Pietro.
Il grandioso sarcofago di porfido fu trasportato nell’XI secolo al Laterano e oggi è conservato nei Musei Vaticani. Il suo culto si diffuse largamente in Oriente e in Occidente, l’agiografo Usuardo per primo ne inserì il nome nel suo ‘Martirologio’ al 18 agosto e da lì passò nel ‘Martirologio Romano’ alla stessa data; in Oriente è venerata il 21 maggio insieme al figlio s. Costantino imperatore.
Gli strumenti della Passione da lei ritrovati, furono custoditi e venerati nella Basilica romana di S. Croce in Gerusalemme, da lei fatta costruire per tale scopo, le sue reliquie hanno avuto una storia a parte, già dopo due anni dalla sepoltura a Roma, il corpo fu trasferito a Costantinopoli e posto nel mausoleo che l’imperatore aveva preparato per sé.
Poi le notizie discordano, una prima tradizione dice che nell’840 il presbitero Teogisio dell’abbazia di Hauvilliers (Reims) trasferì le reliquie in Francia; una seconda tradizione afferma che verso il 1140 papa Innocenzo II le trasferì nella Basilica romana dell’Aracoeli e infine una terza tradizione dice che il canonico Aicardo le portò a Venezia nel 1212.
È probabile che il percorso sia stato Roma - via Labicana, poi Reims e dopo la Rivoluzione Francese le reliquie siano state definitivamente collocate nella Cappella della Confraternita di S. Croce nella chiesa di Saint Leu di Parigi; qualche reliquia deve essere giunta negli altri luoghi dell’Aracoeli a Roma e a Venezia.
S. Elena è la santa patrona di Pesaro e Ascoli Piceno, venerata con culto speciale anche in Germania, a Colonia, Treviri, Bonn e in Francia ad Elna, che in origine si chiamava “Castrum Helenae”.
Inoltre è considerata la protettrice dei fabbricanti di chiodi e di aghi; è invocata da chi cerca gli oggetti smarriti; in Russia si semina il lino nel giorno della sua festa, affinché cresca lungo come i suoi capelli.
Nel più grande tempio della cristianità, S. Pietro in Vaticano, s. Elena è ricordata con una colossale statua in marmo, posta come quelle di s. Andrea, la Veronica, s. Longino, alla base dei quattro enormi pilastri che sorreggono la cupola di Michelangelo e fanno da corona all’altare della Confessione, sotto il quale c’è la tomba dell’apostolo Pietro.


Autore: Antonio Borrelli
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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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