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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

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    00 17/10/2013 11:23
    CONCLUSIONE.

    477. La conoscenza dunque di noi stessi, congiunta colla conoscenza
    di Dio, fomenta l'intima e affettuosa unione dell'anima con Dio. Dio e`
    la perfezione infinita, noi l'estrema indigenza; vi e` quindi tra i due
    connaturalita` e proporzione: noi troviamo in lui tutto cio` che ci
    manca. Dio si china verso di noi per avvolgerci nel suo amore e nei
    suoi benefici e noi ci protendiamo verso di Lui, come verso l'unico
    Essere che puo` colmare la nostra deficienza, il solo che puo`
    correggere la nostra irrimediabile debolezza. Assetati di felicita` e
    d'amore, non li troviamo che in Colui il quale, col suo amore, ci
    sazia tutti i desideri del cuore e ci da` insieme perfezione e
    felicita`. Ripetiamo dunque la si` nota parola: "Noverim te, Domine, ut
    amem te, noverim me, ut despiciam me".

    sez. III. La conformita` alla volonta` di Dio 478-1.

    478. La conoscenza di Dio non unisce soltanto la nostra intelligenza
    al pensiero divino ma tende all'amore, perche` tutto e` amabile in Dio;
    la conoscenza di noi stessi, mostrandoci il bisogno che abbiamo di
    Dio, ce lo fa ardentemente sospirare e ci getta tra le divine sue
    braccia. Ma la conformita` alla divina volonta` ci unisce ancor piu`
    direttamente e piu` intimamente a Colui che e` la fonte di ogni
    perfezione; assoggetta infatti e unisce a Dio la volonta`, che, essendo
    la regina delle facolta`, tutte le mette al servizio del Sommo Padrone.
    Si puo` quindi dire che il grado di perfezione dipende dal grado di
    conformita` alla divina volonta`. A farlo meglio intendere, esporremo:
    * 1^ la natura di questa conformita`;
    * 2^ l'efficacia santificatrice.

    I. Natura della confirmita` alla volonta` di Dio.

    479. Sotto il nome di conformita` alla divina volonta` intendiamo
    l'intiera e affettuosa sottomissione della nostra volonta` a quella di
    Dio, sia alla volonta` significata, sia alla volonta` di beneplacito.

    Infatti la volonta` di Dio ci si presenta sotto doppio aspetto. a) E` la
    regola morale delle nostre azioni, significandoci chiaramente, per
    mezzo dei precetti o dei consigli, quello che dobbiamo fare. b) Tutto
    sapientemente governa, dirigendo gli avvenimenti per farli convergere
    alla gloria sua e alla salute degli uomini; ci viene quindi
    manifestata dai provvidenziali avvenimenti che accadono in noi e fuori
    di noi.

    La prima si chiama volonta` significata, perche` chiaramente ci
    significa cio` che dobbiamo fare. La seconda si chiama volonta` di
    beneplacito, perche` i provvidenziali avvenimenti ci dicono quale sia
    il beneplacito di Dio.

    Esporremo dunque:
    * 1^ che cosa sia la volonta` significata di Dio;
    * 2^ che cosa sia la volonta` di beneplacito;
    * 3^ quali siano i gradi di sottomissione a quest'ultima.
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    1^ LA VOLONTA` SIGNIFICATA DI DIO.

    480. La conformita` alla volonta` significata di Dio consiste nel
    volere tutto cio` che Dio ci significa essere di sua intenzione. Ora,
    dice S. Francesco di Sales 480-1, "la dottrina cristiana ci
    propone chiaramente le verita` che Dio vuole che crediamo, i beni che
    vuole che speriamo, le pene che vuole che temiamo, cio` che vuole che
    amiamo, i comandamenti che vuole che osserviamo, i consigli che
    desidera che seguiamo. Tutto cio` si chiama volonta` significata di Dio,
    perche` Dio ci significo` e manifesto` che vuole e intende che tutto
    questo sia creduto, sperato, temuto, amato e praticato".

    La volonta` significata comprende dunque, secondo lo stesso
    Dottore 480-2, quattro cose: i comandamenti di Dio e della Chiesa,
    i consigli, le ispirazioni della grazia, e, per le comunita`, le
    Costituzioni e le Regole.

    481. a) Dio essendo nostro Supremo Padrone, ha diritto di
    comandarci; ed essendo infinitamente sapiente e buono, nulla ci
    comanda che non sia insieme utile alla gloria sua e alla felicita`
    nostra; dobbiamo quindi, con tutta semplicita` e docilita`,
    sottometterci alle sue leggi, legge naturale o legge divina positiva,
    legge ecclesiastica o giusta legge civile, perche`, come dice S. Paolo,
    ogni legittima autorita` viene da Dio, e l'obbedire ai Superiori che
    comandano nei limiti dell'autorita` loro conferita, e` un obbedire a
    Dio, come il resistere ad essi, e` un resistere a Dio stesso: "Omnis
    anima potestatibus sublimioribus subdita sit: non est enim potestas
    nisi a Deo; quae autem sunt, a Deo ordinata sunt. Itaque qui resistit
    potestati, Dei ordinationi resistit; qui autem resistunt, ipsi sibi
    damnationem acquirunt" 481-1. Non esaminiamo qui in quali casi la
    disobbedienza alle varie leggi e` grave o leggiera, avendolo gia` fatto
    nella nostra Teologia morale. Ci basti il dire, rispetto alla
    perfezione, che quanto piu` fedelmente e cristianamente osserviamo le
    leggi tanto piu` ci avviciniamo a Dio, perche` la legge e` l'espressione
    della sua volonta`. Aggiungiamo pure che i doveri del proprio stato
    rientrano nei comandamenti, essendo come una specie di precetti
    particolari che obbligano i cristiani in virtu` della vocazione
    speciale e degli uffici che Dio loro assegna.

    Non possiamo quindi santificarci senza osservare i comandamenti e i
    doveri del proprio stato; trascurarli sotto pretesto di fare opere di
    supererogazione e` illusione pericolosa e vera aberrazione, perche` e`
    chiaro che il precetto va innanzi al consiglio.

    482. b) L'osservanza dei consigli non e` per se` necessaria alla
    salute e non cade sotto un diretto ed esplicito precetto. Abbiamo pero`
    detto, parlando dell'obbligo della perfezione (n. 353), che, per
    conservare lo stato di grazia, e` necessario fare talora opere di
    supererogazione e quindi praticare alcuni consigli: e` un obbligo
    indiretto fondato sul principio che chi vuole il fine vuole anche i
    mezzi.

    Ma, ove si tratti di perfezione, abbiamo provato, n. 338, che non
    si puo` sinceramente ed efficacemente tendervi senza la pratica di
    alcuni consigli, di quelli che convengono alla propria condizione.
    Cosi` una maritata non puo` praticare i consigli che si opponessero
    all'adempimento dei suoi doveri verso il marito o i figli; un
    sacerdote obbligato al ministero non puo` vivere da certosino. Ma,
    quando si mira alla perfezione, bisogna bene risolversi a fare di piu`
    di quanto e` strettamente comandato: quanto piu` generosamente uno si da
    alla pratica dei consigli compatibili coi doveri del proprio stato,
    tanto piu` s'avvicina a Nostro Signore e alla divina perfezione, perche`
    questi consigli sono espressione dei suoi desiderii rispetto a noi.

    483. c) Convien dire lo stesso delle ispirazioni della grazia,
    quando sono espresse chiaramente e accertate dal direttore; puo` dirsi
    allora che siano come consigli particolari diretti a questa o a
    quell'anima.

    Si devono per altro premurosamente sottoporre, nel loro complesso, al
    giudizio del direttore, perche` altrimenti si correrebbe pericolo di
    cadere nell'illusione. Cosi` certe anime ardenti e appassionate, dotate
    di viva immaginazione, si persuadono facilmente che Dio parli loro,
    mentre sono le passioni che suggeriscono questa o quella pratica molto
    pericolosa. Certe anime meticolose o scrupolose prenderebbero per
    divine ispirazioni cio` che sarebbe soltanto espressione di esaltata
    fantasia o suggestione diabolica fatta per ingenerare scoraggiamento.
    Cassiano ne cita parecchi esempi nelle sue Conferenze sulla
    discrezione 483-1; e i direttori sperimentati sanno che la
    fantasia o il demonio suggeriscono talvolta pratiche moralmente
    impossibili, contrarie ai doveri del proprio stato, colorandole come
    ispirazioni divine. Queste suggestioni cagionano turbamento; se si
    seguono, si diventa ridicoli, si perde o si fa perdere un tempo
    prezioso; se vi si resiste, uno si crede ribelle a Dio, si disanima e
    finisce col cadere nel rilassamento. Bisogna quindi farne una qualche
    verificazione e la regola che si puo` dare e` questa: se si tratta di
    cose ordinarie, che le anime fervorose della propria condizione
    sogliono generalmente fare e che non turbano l'anima, si facciano pure
    generosamente, riserbandosi di parlarne poi al proprio direttore; se
    si tratta invece di cose anche minimamente straordinarie, che le anime
    buone generalmente non fanno, bisogna astenersene, finche` non si sia
    consultato il direttore, e intanto starsene quieti adempiendo
    generosamente i doveri del proprio stato.

    484. Fatta questa restrizione, e` chiaro che chi tende alla
    perfezione deve prestare attento orecchio alla voce dello Spirito
    Santo che interiormente gli parla "Audiam quid loquatur in me Dominus
    Deus"; 484-1 e prontamente, generosamente eseguire quanto chiede:
    "Ecce venio ut faciam, Deus, voluntatem tuam" 484-2. E` questo
    infatti un corrispondere alla grazia, la quale docile e costante
    corrispondenza e` appunto quella che ci rende perfetti: "Adjuvantes
    exhortamur ne in vacuum gratiam Dei recipiatis" 484-3. Il
    carattere distintivo delle anime perfette sta appunto nell'ascoltare e
    mettere in pratica queste divine ispirazioni: "Quae placita sunt ei
    facio semper" 484-4.

    481. d) Quanto alle persone che vivono in comunita`, sono tanto piu`
    perfette, a parita` di cose, quanto piu` generosamente obbediscono alle
    regole e costituzioni: queste infatti sono mezzi di perfezione
    approvati in modo esplicito o implicito dalla Chiesa e che uno si
    obbliga ad osservare entrando in comunita`. Come abbiamo spiegato al
    n. 375, il mancare per fragilita` a qualche regola particolare, in
    se` non e` certamente peccato; ma, oltre che spesso in queste volontarie
    negligenze ci s'insinua un motivo piu` o meno peccaminoso, e` certo che,
    non osservandole, sia pure per fragilita`, uno si priva di preziose
    occasioni di farsi dei meriti. Resta pur sempre vero che l'osservare
    la regola e` uno dei mezzi piu` sicuri di fare la volonta` di Dio e di
    vivere per lui: "Qui regulae vivit, Deo vivit;" e che il mancarvi
    volontariamente e senza ragione e` abuso della grazia.

    Quindi l'obbedienza alla volonta` di Dio significata e` il mezzo normale
    per giungere alla perfezione.

    2^ LA CONFORMITA` ALLA VOLONTA` DI BENEPLACITO.

    486. Questa conformita` consiste nel sottomettersi a tutti i
    provvidenziali avvenimenti voluti o permessi da Dio per il nostro
    maggior bene e principalmente per la nostra santificazione.

    a) Si appoggia sopra questo fondamento: che nulla succede senza il
    volere o il permesso di Dio, e che Dio, essendo infinitamente sapiente
    e infinitamente buono, nulla vuole e nulla permette se non per il bene
    delle anime, anche quando noi non riusciamo a vederlo. E` quello che
    diceva Tobia in mezzo alle afflizioni e ai rimbrotti della moglie:
    "Justus es, Domine... et omnes viae, tuae misericordia et veritas et
    judicium" 486-1; e` quello che proclamava la Sapienza: "Tua autem,
    Pater, Providentia, gubernat... Attingit ergo a fine usque ad finem
    fortiter, et disponit omnia suaviter" 486-2. Ed e` specialmente cio`
    che viene inculcato da S. Paolo: "Diligentibus Deum omnia cooperantur
    in bonum" 486-3.

    Ma per capir questa dottrina, bisogna guardar le cose con l'occhio
    della fede e dell'eternita`, della gloria di Dio e della salute degli
    uomini. Chi si ferma alla vita presente e alla terrena felicita`, non
    riuscira` mai a intendere i disegni di Dio, che volle assoggettarci
    alla prova quaggiu` per ricompensarci poi nel cielo. Tutto e`
    subordinato a questo fine, non essendo i mali presenti che un mezzo
    per purificarci l'anima, rinsaldarla nella virtu`, e farci acquistare
    dei meriti; ogni cosa poi per la gloria di Dio che resta il fine
    ultimo della creazione.

    487. b) E` dunque un dovere per noi di sottometterci a Dio in tutti
    gli avvenimenti lieti o tristi che siano, nelle pubbliche calamita` o
    nelle private sventure, nelle intemperie delle stagioni, nella poverta`
    e nei patimenti, nel lutto che ci colpisce come nel gaudio,
    nell'ineguale ripartizione dei doni naturali o soprannaturali, nella
    poverta` come nella ricchezza, nei rovesci come nei buoni successi,
    nelle aridita` come nelle consolazioni, nella malattia come nella
    sanita`, nella morte e nei dolori ed incertezze che l'accompagnano.
    Come diceva il Santo Giobbe: 487-1 "Se riceviamo il bene dalla
    mano di Dio, perche` non dovremo riceverne anche il male? Si bona
    suscepimus de manu Dei, mala quare non suscipiamus?"S. Francesco di
    Sales, commentando queste parole, ne ammira la bellezza: 487-2 "O
    Dio, quale parole di grandissimo amore! Pensa, Teotimo, che dalla mano
    di Dio Giobbe ricevette i beni, dichiarando con cio` che non aveva
    tanto stimato i beni perche` beni quanto perche` provenivano dalla mano
    del Signore. Stando cosi` le cose, ne conchiude che bisogna
    amorosamente sopportare le avversita` perche` procedono dalla stessa
    mano del Signore, che e` egualmente amabile quando distribuisce
    afflizioni come quando largisce consolazioni". Le afflizioni infatti
    ci porgono occasione di meglio attestare il nostro amore a Dio;
    l'amarlo quando ci ricolma di beni e` cosa facile, ma spetta solo
    all'amore perfetto il ricevere i mali dalla sua mano, non essendo essi
    amabili se non per riguardo di chi li da`.

    488. Questo dovere di sottomissione al beneplacito di Dio negli
    avvenimenti tristi e` dovere di giustizia e d'obbedienza, perche` Dio e`
    Supremo nostro Padrone che ha su di noi ogni autorita`; e` dovere di
    sapienza, perche` sarebbe follia volersi sottrarre all'azione della
    Provvidenza, mentre che nell'umile rassegnazione troviamo la pace; e`
    dovere d'interesse, perche` la volonta` di Dio non ci prova che per
    nostro bene, per esercitarci nella virtu` e farci acquistare dei
    meriti; ma e` sopratutto dovere d'amore perche` l'amore e` dono di se`
    fino all'immolazione.

    489. c) Tuttavia, per agevolare alle anime tribolate la
    sottomissione alla divina volonta`, e` bene, quando non sono ancor
    giunte all'amor della croce, suggerir loro alcuni mezzi per addolcirne
    i patimenti. Due rimedi li possono alleviare, uno negativo e l'altro
    positivo. 1) Il primo e` di non aggravarli con falsa tattica: ci sono
    di quelli che radunano i loro mali passati, presenti e futuri, e ne
    formano come un ammasso che pare loro insopportabile. Bisogna invece
    fare il contrario: a ogni giorno basta il suo malanno: "sufficit diei
    malitia sua" 489-1. In cambio di ravvivar le ferite del passato
    ormai cicatrizzate, bisogna o non pensarvi piu` o pensarvi solo per
    considerare i vantaggi che se ne sono tratti: i meriti acquistati,
    l'aumento di virtu` prodotto con la pazienza, l'assuefazione al dolore.
    Cosi` il dolore si attenua; perche` un male non ci punge se non quando
    vi fissiamo l'attenzione; una maldicenza, una calunnia, un insulto non
    ci arrovellano se non quando li veniamo acrimoniosamente ruminando.

    Quanto all'avvenire e` follia l'impensierirsene. E` certamente da savi
    il prevederlo a fine di prepararvici per quanto possiamo; ma pensare
    anticipatamente ai mali che possono coglierci e attristarcene, e` uno
    sprecare il tempo e le forze a tutto nostro danno; perche` in fin dei
    conti questi mali potrebbero non accadere; che se poi ci coglieranno,
    penseremo allora a sopportarli con l'aiuto della grazia che ci sara`
    data per addolcirli; in questo momento non l'abbiamo, onde, lasciati
    alle sole nostre forze, non possiamo che soccombere sotto il peso d'un
    carico che ci addossiamo da noi stessi. O non e` meglio abbandonarsi
    nelle mani del Padre celeste e bandire inesorabilmente, come cattivi e
    malefici, i pensieri o i fantasmi che ci rappresentano dolori passati
    o futuri?

    490. 2) Il rimedio positivo e` di pensare, nel momento in cui si
    soffre, ai grandi vantaggi del dolore. Il dolore e` un educatore, e` una
    forza, e` una fonte di meriti. E` un educatore, che ci illumina e ci
    fortifica, rammentandoci che quaggiu` siamo poveri esiliati diretti
    verso la patria e che non dobbiamo trastullarci a cogliere i fiori
    delle consolazioni, la vera felicita` non potendosi avere che nel
    cielo. Ora, come canta il poeta:

    "Se l'esilio ci porge troppo amore,
    Con la patria lo scambia il nostro cuore!"

    E` anche una forza: l'abitudine del piacere fiacca l'attivita`,
    svigorisce l'animo e dispone a vituperose cadute; il dolore invece,
    non per se` ma per la reazione che provoca, tende e aumenta le energie
    e ci rende atti alle piu` maschie virtu`, come si vide nel corso della
    grande guerra.

    491. B) E` pure una fonte di meriti per se` e per gli altri. I
    patimenti, pazientemente sopportati per Dio e in unione con Gesu`
    Cristo, meritano un peso eterno di gloria, come S. Paolo continuamente
    ripeteva ai primi cristiani: "Stimo non adeguati i patimenti del
    momento presente rispetto alla ventura gloria da rivelarsi in noi.
    Perche` il momentaneo, leggiero fardello della tribolazione nostra,
    oltre ogni misura sublimissimo eterno peso, di gloria prepara a noi:
    Existimo enim quod non sunt condignae passiones hujus temporis ad
    futuram gloriam quae revelabitur in nobis... 491-1 Momentaneum et
    leve tribulationis nostrae... aeternum gloriae pondus operatur in
    nobis" 491-2. E per le anime generose aggiunge che, soffrendo con
    Gesu`, ne compiono la passione e contribuiscono con lui al bene della
    Chiesa: "Adimpleo ea quae desunt passionum Christi in carne mea pro
    corpore ejus quod est Ecclesia" 491-3. Il che infatti risulta
    dalla dottrina della nostra incorporazione a Cristo, n. 142 e ss.
    Questi pensieri non tolgono certamente il dolore ma ne attenuano in
    modo singolare l'asprezza, facendocene toccar con mano la fecondita`.

    Tutto dunque c'invita a conformare la nostra volonta` a quella di Dio,
    anche in mezzo alle tribolazioni; vediamone ora i gradi.

    3^ GRADI DI CONFIRMITA` ALLA VOLONTA` DI DIO.

    492. S. Bernardo distingue tre gradi di questa virtu`, che
    corrispondono ai tre gradi della perfezione cristiana: "L'incipiente,
    mosso dal timore, sopporta la croce di Cristo pazientemente; il
    proficiente, mosso dalla speranza, la porta con un certo gaudio; il
    perfetto, consumato nella carita`, l'abbraccia con ardore" 492-1.

    A) Gl'incipienti, sorretti dal timor di Dio, non amano i patimenti,
    cercano anzi di scansarli; ma pure preferiscono patire anziche`
    offendere Dio, e, pur gemendo sotto il peso della croce, la subiscono
    con pazienza: sono rassegnati.

    B) I proficienti, sorretti dalla speranza e dal desiderio dei beni
    celesti, e sapendo che ogni patimento ci vale un peso eterno di
    gloria, non cercano ancora la croce ma la portano volentieri con un
    certo gaudio: "Euntes ibant et flebant mittentes semina sua; venientes
    autem venient cum exultatione, portantes manipulos suos" 492-2.

    C) I perfetti, guidati dall'amore, vanno piu` oltre: per glorificar Dio
    che amano, per conformarsi piu` perfettamente a Gesu` Cristo, vanno
    incontro alle croci, le desiderano, le abbracciano con ardore, non gia`
    perche` siano amabili in se` ma perche` sono un mezzo di attestare il
    nostro amore a Dio e a Gesu` Cristo. Si rallegrano, come gli Apostoli,
    d'essere stati stimati degni di oltraggi per il nome di Gesu`: come S.
    Paolo, sovrabbondano di gaudio in mezzo alle tribolazioni 492-3.
    Quest'ultimo grado si chiama santo abbandono: ne riparleremo piu` tardi
    trattando dell'amor di Dio 492-4.

    II. Efficacia santificatrice della conformita` alla volonta` di Dio.

    493. Da quanto dicemmo risulta chiaro che questa conformita` alla
    volonta` di Dio non puo` che santificarci, perche` unisce la nostra
    volonta`, e quindi pure le altre nostre facolta`, a Colui che e` la fonte
    di ogni santita`. A meglio rilevarlo, vediamo in che modo ci purifica,
    ci riforma e ci conforma a Gesu` Cristo.

    494. 1^ Questa conformita` ci purifica. Gia` nell'antica Legge, Dio fa
    spesso notare che e` pronto a perdonare tutti i peccati e a rendere
    all'anima il fulgido candore della primitiva sua purita`, ov'ella cambi
    di cuore e di volonta`: "Lavamini, mundi estote; auferte malum
    cogitationum vestrarum ab oculis meis; quiescite agere perverse;
    discite benefacere... Si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix
    dealbabuntur... 494-1 ". Ora il conformare la propria volonta` a
    quella di Dio, e` certamente un mutar di cuore, un cessare di far il
    male, un imparare a fare il bene. E non e` pur questo il significato di
    quel testo tante volte ripetuto: "Melior est enim oboedientia quam
    victimae" 494-2? Nel Nuovo Testamento, N. Signore dichiara, fin dal
    primo suo ingresso nel mondo, che con l'ubbidienza sostituira` tutti i
    sacrifizi dell'Antica legge: "Holocautomata pro peccato non tibi
    placuerunt, tunc dixi: Ecce venio... ut faciam, Deus, voluntatem
    tuam" 494-3. Gesu` infatti ci redense con l'ubbidienza spinta fino
    all'immolazione di se` nel corso di tutta la vita e principalmente sul
    Calvario: "factus oboediens usque ad mortem, mortem autem
    crucis" 494-4. Con l'ubbidienza dunque e con l'accettazione delle
    prove provvidenziali, espieremo anche noi in unione con Gesu` i nostri
    peccati e ci purificheremo l'anima.

    495. 2^ Ci riforma. Cio` che ci deformo` e` l'amore disordinato del
    piacere, a cui cedemmo per malizia o per fragilita`. Ora la conformita`
    alla volonta` di Dio ci guarisce da questa doppia causa di ricadute.

    a) Ci guarisce dalla malizia, che nasce anch'essa dall'attacco alle
    creature e principalmente dall'attacco al proprio giudizio e alla
    propria volonta`. Conformando infatti la nostra volonta` a quella di
    Dio, accettiamo i giudizi suoi come regola dei nostri, i suoi precetti
    e i suoi consigli come regola della nostra volonta`; ci distacchiamo
    quindi dalle creature e da noi stessi e dalla malizia che da questi
    attacchi derivava.

    b) Rimedia alla nostra fragilita`, fonte di tante miserie; in cambio di
    appoggiarci su noi stessi che siamo cosi` fragili, con l'ubbidienza ci
    appoggiamo su Dio che, essendo onnipotente, ci fa partecipare alla sua
    forza e resistere alle piu` gravi tentazioni: "Omnia possum in eo qui
    me confortat" 495-1. Quando noi facciamo la sua volonta`, Dio si`
    compiace di fare la nostra esaudendo le nostre preghiere e reggendo la
    nostra debolezza.

    Liberi cosi` dalla malizia e dalla debolezza, cessiamo d'offendere
    deliberatamente Dio e veniamo a riformare a grado a grado la nostra
    vita.

    496. 3^ E la rendiamo quindi conforme a quella di Nostro Signore
    Gesu` Cristo. a) La conformita` piu` reale, piu` intima, piu` profonda, e`
    quella che esiste tra due volonta`. Ora, con la conformita` alla volonta`
    di Dio, noi assoggettiamo e uniamo la volonta` nostra a quella di Gesu`,
    il cui cibo era di fare la volonta` del Padre; come lui e con lui, noi
    non vogliamo se non cio` che vuole Dio e cio` nel corso dell'intiero
    giorno: abbiamo quindi fusione di due volonta` in una sola, unum velle,
    unum nolle; non facciamo piu` che una cosa sola con lui, ne abbracciamo
    i pensieri, i sentimenti, i voleri: "Hoc enim sentite in vobis quod et
    in Christo Jesu" 496-1; onde potremo presto ripetere la parola di
    S. Paolo: "Vivo autem, jam non ego, vivit vero in me
    Christus 496-2 : vivo non gia` piu` io, ma vive in me Cristo".

    497. b) Assoggettando la volonta`, assoggettiamo e uniamo a Dio tutte
    le altre nostre facolta`, che sono sotto il dominio, e quindi l'anima
    intiera, che si viene a poco a poco conformando ai sentimenti, ai
    voleri, ai desideri di Nostro Signore; onde gradatamente acquista
    tutte le virtu` del divino Maestro. Cio` che si disse della carita`,
    n. 318, si puo` anche dire della conformita` alla volonta` di Dio
    che ce e` la piu` autentica espressione; contiene dunque, come la
    carita`, al dire di S. Francesco di Sales, tutte le virtu` 497-1:
    "L'abbandono e` la virtu` delle virtu`; e` il fiore della carita`; l'odore
    dell'umilta`; il merito, a quanto pare, della pazienza; e il frutto
    della perseveranza". Percio` Nostro Signore chiama coi dolci nomi di
    fratello, di sorella, di madre, quelli che fanno la volonta` di suo
    Padre: "Quicumque enim fecerit voluntatem Patris mei, qui in cealis
    est, ipse meus frater et soror et mater est" 497-2.
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    CONCLUSIONE.

    498. La conformita` alla volonta` di Dio e` dunque uno dei piu` grandi
    mezzi di santificazione; non possiamo quindi conchiudere meglio che
    con queste parole di S. Teresa 498-1 : "L'unica ambizione di
    colui che comincia a far orazione, -- non si dimentichi questo che e`
    importantissimo, -- dev'essere di porre ogni studio nel rendere la sua
    volonta` conforme a quella di Dio... sta in cio` tutta la maggior
    perfezione che si possa toccare nel cammino spirituale. Quanto piu`
    questa conformita` e` perfetta, tanto piu` si riceve dal Signore e tanto
    piu` si e` avanti in questo cammino". E aggiunge che avrebbe anche lei
    desiderato di vivere in questa via di conformita`, senza essere elevata
    a ratti ed estasi, tanto era convinta che questa via basta alla piu`
    alta perfezione.

    sez. IV. La preghiera 499-1.

    499. La preghiera compendia e compie tutti gli atti precedenti: e`
    desiderio di perfezione, perche` non si pregherebbe sinceramente se non
    si volesse diventar migliori; suppone una certa conoscenza di Dio e di
    se` stessi, perche` forma delle relazioni tra questi due; conforma la
    nostra volonta` a quella di Dio, perche` ogni buona preghiera contiene
    esplicitamente o implicitamente un atto di sottomissione al Supremo
    nostro Padrone. Ma poi perfeziona tutti questi atti col farci
    prostrare innanzi alla divina Maesta` per adorarla e implorar nuove
    grazie che ci aiutino a progredire verso la perfezione. Esporremo
    quindi:
    * 1^ la natura della preghiera;
    * 2^ l'efficacia come mezzo di perfezione;
    * 3^ il modo di convertire la vita in abituale preghiera.

    I. Natura della preghiera.

    500. Qui prendiamo la parola preghiera nel senso piu` generale, in
    quanto e` ascensione dell'anima a Dio. Ne esporremo:
    * 1^ la nozione;
    * 2^ le varie forme;
    * 3^ la preghiera perfetta ossia il Pater.

    1^ CHE COS'E` LA PREGHIERA.

    501. Troviamo presso i Padri tre definizioni della preghiera che si
    compiono a vicenda. Nel senso piu` generale, 1) e`, come dice
    S. Giovanni Damasceno 501-1, un'ascensione dell'anima a Dio
    "ascensus mentis in Deum"; e, prima di lui, S. Agostino aveva scritto
    che e` un affettuoso slancio verso Dio 501-2 : "Oratio namque est
    mentis ad Deum affectuosa intentio". 2) In senso piu` ristretto, si
    definisce una domanda a Dio di cose convenienti: "petitio decentium a
    Deo" 501-3. Per esprimere le mutue relazioni che la preghiera
    pone fra Dio e l'anima, ci viene presentata come una conversazione con
    Dio: "Oratio conversatio sermocinatioque cum Deo est" 501-4.
    Tutti questi aspetti sono veri e, riunendoli, si puo` definir la
    preghiera: un'elevazione dell'anima a Dio per rendergli i nostri
    doveri e chiedergli le grazie necessarie a divenir migliori per la sua
    gloria.

    502. La parola elevazione e` una metafora che indica lo sforzo che
    facciamo per staccarci dalle creature e da noi stessi e pensare a Dio,
    il quale non solo ci avvolge da ogni lato ma risiede anche nel piu`
    intimo dell'anima nostra. Essendo noi pur troppo inclinati a
    sparpagliare le nostre facolta` su una folla di oggetti, ci e`
    necessario uno sforzo per strapparle a questi beni futili e seduttori
    e raccoglierle e concentrarle in Dio. Questa elevazione si chiama
    colloquio, perche` la preghiera, adorazione o domanda che sia, richiede
    una risposta da Dio e suppone quindi una specie di conversazione con
    lui, sia pur brevissima.

    E` chiaro che in questa conversazione, il primo atto dev'essere di
    rendere a Dio i nostri doveri di religione, cosi` come si comincia col
    salutare la persona con cui si conversa; solo dopo avere adempito
    questo elementare dovere si possono esporre le proprie richieste.
    Molti questa cosa dimenticano e di qui una delle ragioni per cui le
    loro domande sono poco esaudite. E anche quando chiediamo grazie di
    santificazione o di salute, non bisogna dimenticare che il fine
    principale dev'essere la gloria di Dio; onde le ultime parole della
    nostra definizione "a divenir migliori per la sua gloria".
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    2^ LE VARIE FORME DELLA PREGHIERA.

    503. A) Per ragione del doppio fine inteso dalla preghiera, si
    distingue l'adorazione e la domanda.

    a) L'adorazione. L'adorazione propriamente detta si volge al Padrone
    Supremo; ma poiche` Dio e` anche nostro benefattore, dobbiamo
    ringraziarlo; e avendolo noi offeso, siamo obbligati a riparar qeusto
    oltraggio.

    1) Il primo sentimento necessario quando ci innalziamo a Dio e`
    l'adorazione, cioe` "il riconoscimento in Dio dell'altissima sua
    sovranita` e in noi della piu` profonda dipendenza" 503-1. Tutta la
    natura a suo modo adora Dio; ma quella che e` priva di sentimento e di
    ragione, non ha cuore per amarlo ne` intelletto per intenderlo. Si
    contenta quindi di spiegarci sotto gli occhi il suo ordine, le varie
    sue operazioni e i suoi ornamenti: "non puo` vedere ma si mostra, non
    puo` adorare ma vi ci porta; non ci lascia ignorare quel Dio che ella
    non intende. Ma l'uomo, animale divino, pieno di ragione e
    d'intelligenza e capace di conoscere Dio per mezzo di se` e di tutte le
    creature, e` pure sollecitato e da se` e da tutte le creature a
    rendergli le sue adorazioni. E` questa la ragione per cui e` collocato
    in mezzo al mondo, misterioso compendio del mondo, perche`,
    contemplando l'intiero universo e raccogliendolo in se`, unicamente a
    Dio e se` e tutte le cose riferisca; cosicche` egli non e` il
    contemplatore della natura visibile se non perche` sia l'adoratore
    della natura invisibile che tutto trasse dal nulla con la sua
    onnipotenza" 503-2. In altre parole l'uomo e` il Pontefice della
    creazione, incaricato di glorificar Dio a nome suo e a nome di tutte
    le creature. E lo fa riconoscendo: "che Dio e` natura perfetta e quindi
    incomprensibile; che Dio e` natura somma; che Dio e` natura benefica...
    noi siamo naturalmente portati a venerare cio` che e` perfetto... a
    dipendere da cio` che e` sommo... ad aderire a cio` che e`
    buono" 503-3.

    504. Ecco perche` i mistici si dilettano d'adorare nelle creature la
    potenza, la maesta`, la bellezza, l'attivita`, la fecondita` di Dio
    nascosto in queste creature: "Mio Dio, io vi adoro in tutte le vostre
    creature; vi adoro vero ed unico sostegno di ogni cosa; nulla sarebbe
    senza di voi e nulla sussiste se non in voi. Vi amo, o mio Dio, e lodo
    la vostra maesta` che si manifesta sotto l'esterno di tutte le
    creature. Tutto cio` che vedo, o mio Dio, non serve che ad esprimere
    l'arcana vostra bellezza, ignota agli occhi degli uomini. Adoro il
    vostro splendore e la vostra maesta` mille volte piu` belli di quelli
    del sole. Adoro la vostra fecondita` mille volte piu` ammirabile di
    quella che scopresi negli astri" 504-1.

    505. 2) L'adorazione e` seguita dalla riconoscenza; perche` Dio non e`
    soltanto il Supremo nostro Padrone ma anche l'insigne nostro
    benefattore, a cui dobbiamo tutto cio` che siamo e tutto cio` che
    abbiamo cosi` nell'ordine della natura come nell'ordine della grazia.
    Ecco il perche` ha diritto a una perpetua riconoscenza, perche`
    riceviamo costantemente da lui nuovi benefici. La Chiesa quindi
    quotidianamente c'invita, prima del solenne momento del Canone, a
    ringraziar Dio di tutti suoi benefici especialmente di quello che
    tutti li compendia, del beneficio eucaristico: "Gratias agamus Domino
    Deo nostro. Vere dignum et justum est, aequum et salutare gratias
    agere"... -- Ecco perche` ci suggerisce sublimi formule di
    ringraziamento: "Gratis agimus tibi propter magnam gloriam
    tuam" 505-1. Segue in questo gli esempi di Gesu` che spesso
    ringraziava il Padre suo, e le lezioni di S. Paolo che c'invita a
    ringraziar Dio di tutti i suoi benefici: "In omnibus gratias agite,
    haec est voluntas Dei 505-2... Gratias Deo super inenarrabili dono
    ejus" 505-3... Del resto gli uomini di cuore non hanno bisogno
    che loro si rammenti questo dovere; si sentono spinti dal ricordo dei
    divini benefici ad esprimere la continua riconoscenza di cui il loro
    cuore ribocca.

    506. 3) Ma nello stato di natura decaduta, un terzo dovere e`
    necessario, quello dell'espiazione e della riparazione. Troppo spesso
    infatti abbiamo coi nostri peccati offesa l'infinita` maesta` di Dio,
    servendoci degli stessi suoi doni per oltraggiarlo. E` un'ingiustizia,
    che esige quella piu` perfetta riparazione che ci sia possibile di
    offrire e che consiste in tre atti principali: l'umile confessione
    delle colpe: Confiteor Deo omnipotenti; una sincera contrizione: cor
    contritum et humiliatum non despicies; la coraggiosa accettazione
    delle tribolazioni che Dio vorra` mandarci; e, se vogliamo essere
    generosi, vi aggiungeremo l'offerta di noi stessi come vittime
    d'espiazione, unendoci alla vittima del Calvario. Potremo allora
    umilmente implorare e sperare il perdono: Misereatur... Indulgentiam.
    E potremo pur chiedere novelle grazie.

    507. b) La domanda, petitio decentium a Deo, e` gia` di per se un
    omaggio reso a Dio, alla sua potenza, alla sua bonta`, all'efficacia
    della grazia; e` un atto di confidenza che onora colui al quale e`
    rivolto 507-1.

    Il fondamento della preghiera e` per un verso l'amor di Dio per le sue
    creature e pei suoi figli, e per l'altro il bisogno urgente che
    abbiamo del suo aiuto. Fonte inesauribile di tutti i beni, Dio brama
    diffonderli nelle anime: bonum est sui diffusivum. Essendo nostro
    Padre, null'altro maggiormente desidera che di comunicarci la sua vita
    e di accrescercela. Per meglio riuscire a quest'intento invia stilla
    terra l'unico suo Figlio, il quale si presenta pieno di grazia e di
    verita` appunto per colmarci dei suoi tesori. Anzi, c'invita a chiedere
    le sue grazie promettendo di concedercele: "Petite et dabitur vobis,
    quaerite et invenietis, pulsate et aperietur vobis" 507-2. Siamo
    quindi sicuri di riuscir graditi a Dio nel porgergli le nostre
    suppliche.

    508. Noi del resto ne abbiamo urgente bisogno. Nell'ordine della
    natura come nell'ordine della grazia siamo poveri, mendici Dei sumus;
    siamo d'una estrema indigenza. Essenzialmente dipendenti da Dio, non
    possiamo anche nell'ordine della natura neppur conservare l'esistenza
    da lui largitaci; dipendiamo in cio` dalle cause fisiche che
    ubbidiscono anch'esse a Dio. Indarno diremo d'avere un cervello e
    delle braccia, e che possiamo, con la nostra energia, trarre dal seno
    della terra cio` che ci e` necessario alla vita: questo cervello e
    queste braccia ci sono conservati da Dio e non vengono all'esercizio
    se non sono mossi dal divino suo concorso; la terra non produce frutti
    se Dio non l'innaffia con le sue piogge e non la feconda coi raggi del
    suo sole; e poi quanti accidenti imprevisti possono distruggere i
    raccolti gia` maturi? Ma quanto maggiore non e` la nostra dipendenza da
    Dio nell'ordine soprannaturale! Abbiamo bisogno di luce per ben
    guidarci, e chi ce la dara` se non il Padre dei lumi? abbiamo bisogno
    di coraggio e di forza per seguire la luce, e chi ce li dara` se non
    l'Onnipotente? Che dunque rimane se non implorare il soccorso di Colui
    che altro non brama se non di venirci in aiuto?

    509. Ne` si dica che Dio con la sua scienza conosce tutto cio` che ci
    e` necessario ed utile. Dio, risponde S. Tommaso, per pura liberalita`
    ci concede certamente molte cose senza che noi le chiediamo; ma ce ne
    sono di quelle che non vuol concedere che alla preghiera; e cio` per
    nostro bene, perche` poniamo la confidenza in lui e lo riconosciamo
    come autore dei nostri beni: "Ut scilicet fiduciam quamdam accipiamus
    recurrendi ad Deum, et ut recognoscamus eum esse bonorum nostrorum
    auctorem" 509-1. Per un verso noi, pregando, ci sentiamo crescere
    la fiducia d'essere esauditi; e per l'altro vi e` meno pericolo che
    dimentichiamo Dio. Lo dimentichiamo gia` troppo; che sarebbe se non
    avessimo bisogno di ricorrere a lui nei nostri affanni?

    Ha dunque ragione Dio di esigere da noi la preghiera sotto forma di
    domanda.

    510. B) Se poi ci facciamo a considerare le forme o le varieta` della
    preghiera, possiamo distinguere la preghiera mentale e la preghiera
    vocale, la preghiera privata e la preghiera pubblica.

    a) Quanto al modo di espressione, la preghiera e` mentale o vocale,
    secondo che si compie nell'interno dell'anima oppure s'esprime al di
    fuori.

    1) La preghiera mentale e` quindi una specie di interna conversazione
    con Dio che non si manifesta al di fuori: "Orabo spiritu, orabo et
    mente" 510-1. Ogni atto interno che abbia per fine di unirci a
    Dio colla conoscenza e coll'amore, come sarebbe il raccoglimento, la
    considerazione, il ragionamento, l'esame, lo sguardo affettuoso, la
    contemplazione, lo slancio del cuore verso Dio, puo` dirsi preghiera
    mentale. Tutti questi atti infatti ci inalzano a Dio, compresevi
    quelle riflessioni sopra noi stessi che mirano a rendere l'anima
    nostra meno indegna di Colui che l'abita. Servono tutti ad accrescere
    le nostre convinzioni e a farci praticar le virtu`; sono come un
    tirocinio di quella vita celeste che altro non e` se non affettuosa ed
    eterna visione di Dio. Cotesta preghiera e` pure alimento e anima della
    preghiera vocale 510-2.

    511. 2) Questa si esprime con parole e con gesti. Se ne fa spesso
    menzione nella Sacra Scrittura che c'invita a usare la voce, la bocca,
    le labbra per proclamare le lodi di Dio: "Voce mea^ ad Dominum
    clamavi... Domine, labia mea aperies et os meum annuntiabit laudem
    tuam" 511-1. Ma perche` esprimere a questo modo i nostri
    sentimenti dacche` Dio ce li legge nel piu` profondo del cuore? Per
    offrire a Dio non solo l'ossequio dell'anima ma anche quello del
    corpo, e specialmente di quel verbo da lui largitoci per esprimere il
    nostro pensiero. Tal e` in sostanza l'insegnamento di S. Paolo, quando,
    dopo aver detto che Gesu` mori` per noi fuori di Gerusalemme, c'invita
    ad uscire da noi stessi e ad unirci al nostro Mediatore di religione
    per offrire a Dio un'ostia di lode, l'ossequio delle nostre labbra:
    "Per mezzo di lui offriamo dunque a Dio un sacrifizio di lode, vale a
    dire il frutto di labbra che ne celebrino il nome: Per ipsum ergo
    offeramus hostiam laudis semper Deo, idest fructum labiorum
    confitentium nomini ejus" 511-2. Ed e` pure per stimolar la
    devozione col suono stesso della voce: "Ut homo seipsum excitet verbis
    ad devote orandum" 511-3; la psicologia infatti dimostra che il
    gesto intensifica l'interno sentimento. E` finalmente per
    l'edificazione del prossimo, perche` il vedere o l'udire altri pregar
    con fervore accresce la devozione.

    512. b) La preghiera vocale poi e` privata o pubblica secondo che si
    fa in nome d'un individuo o d'una societa`. Abbiamo provato altrove che
    la societa`, come tale, deve a Dio sociali ossequi, perche` e` anch'essa
    obbligata a riconoscerlo come Sovrano Padrone e benefattore. Ecco
    perche` S. Paolo esortava i primi cristiani a unirsi insieme per
    glorificar Dio con Gesu` Cristo non solo con un sol cuore, ma anche con
    una voce sola: "Ut unanimes uno ore honorificetis Deum et patrem
    Domini nostri Jesu Christi" 512-1. Gia` Nostro Signore aveva
    invitato i discepoli a unirsi insieme per pregare, promettendo di
    venire in mezzo a loro per appoggiarne le suppliche: "Ubi enim sunt
    duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio
    eorum" 512-2. Se cio` e` vero d'una riunione di due o tre persone,
    quanto piu` quando molti si radunano insieme per rendere ufficialmente
    gloria a Dio? Dice S. Tommaso che l'efficacia della preghiera e` allora
    irresistibile: "Impossibile est preces multorum non exaudiri, si ex
    multis orationibus fiat quasi una" 512-3. Come infatti un padre,
    che pur resisterebbe alle preghiere d'uno dei figli, s'intenerisce
    quando li vede tutti uniti nella stessa domanda, cosi` il Padre Celeste
    non sa resistere alla dolce violenza che gli vien fatta dalla
    preghiera comune d'un gran numero dei suoi figli.

    513. Preme dunque assai che i cristiani si radunino spesso per
    adorare e pregare in comune; per questo la Chiesa li convoca, nei
    giorni di domenica e di festa, al santo sacrifizio della messa che e`
    la preghiera pubblica per eccellenza, e agli uffici religiosi.

    514. Ma non potendoli convocare tutti i giorni e pur meritando Dio
    di essere quotidianamente glorificato, ella incarica i sacerdoti e i
    religiosi di soddisfare piu` volte al giorno questo dovere della
    pubblica preghiera. Ed essi lo fanno con l'ufficio divino, che
    recitano non in nome proprio ma a nome di tutta la Chiesa e per tutti
    gli uomini. Conviene quindi assai che si uniscano allora in modo piu`
    particolare al Gran Religioso di Dio, al Verbo Incarnato, per
    glorificar Dio con lui e per lui, per ipsum et cum ipso et in ipso, e
    per chiedere nello stesso tempo tutte le grazie che abbisognano al
    popolo cristiano.
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    3^ IL PATER NOSTER.

    515. Fra le preghiere che recitiamo in pubblico o in privato non ve
    n'e` alcuna piu` bella di quella insegnataci da Nostro Signore medesimo,
    il Pater. A) Vi troviamo prima di tutto un insinuante esordio, che ci
    mette alla presenza di Dio e stimola la nostra confidenza: Pater
    noster, qui es in caelis. Il primo passo da fare quando si prega e`
    d'accostarsi a Dio; ora la parola Pater ci mette subito alla presenza
    di Colui che e` Padre per eccellenza, Padre del Verbo per generazione e
    Padre nostro per adozione; e` dunque il Dio della Trinita` che ci si
    mostra, circondandoci di quel medesimo amore di cui circonda suo
    Figlio; e poiche` questo Padre e` nei cieli, vale a dire e` onnipotente e
    fonte di tutte le grazie, ci sentiamo tratti ad invocarlo con intiera
    filiale confidenza, essendo della famiglia di Dio e tutti fratelli,
    perche` tutti figli di Dio: Pater noster.

    516. B) Viene poi l'oggetto della preghiera; chiediamo tutto cio` che
    possiamo desiderare e in quell'ordine in cui lo dobbiamo desiderare:
    a) prima di tutto il fine principale, la gloria di Dio: "Sia
    santificato il tuo nome", cioe` sia riconosciuto e proclamato santo;
    b) poi il fine secondario, l'aumento del regno di Dio in noi che
    prepara il nostro ingresso nel regno dei cieli, "venga il tuo regno";
    c) il mezzo essenziale per ottenere questo doppio fine, che e` la
    conformita` alla divina volonta`: "sia fatta la tua volonta` come in
    cielo cosi` in terra". Vengono appresso i mezzi secondari, che formano
    la seconda parte del Pater: d) il mezzo positivo, il pane quotidiano,
    pane del corpo e pane dell'anima, perche` l'uno e l'altro ci sono
    necessarii per sussistere e progredire, "dacci oggi il nostro pane
    quotidiano"; e) infine i mezzi negativi, che abbracciano: 1) la
    remissione del peccato, il solo vero male, peccato che vien perdonato
    a noi in quella misura con cui noi perdoniamo altrui: "rimetti a noi i
    nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori";
    2) l'allontanamento delle prove e delle tentazioni che potrebbero
    farci soccombere: "non c'indurre in tentazione"; 3) e da ultimo
    l'allontanamento dei mali fisici, delle miserie della vita, in quanto
    sono ostacolo alla nostra santificazione: "ma liberaci dal male. Cosi`
    sia".

    Preghiera sublime, perche` tutto vi si riferisce alla gloria di Dio; e
    nello stesso tempo semplice e alla portata di tutti, perche`, pur
    glorificando Dio, chiediamo tutto cio` che vi e` di piu` utile per noi.
    Ecco perche` i Padri e i Santi presero diletto a
    commentarla 516-1, e il Catechismo del Concilio di Trento ne da`
    lunga e molto soda spiegazione.

    II. Efficacia della preghiera come mezzo di perfezione.

    517. La preghiera ha tanta efficacia per santificarci che i Santi
    ripetevano a gara l'adagio: "Sa ben vivere chi sa ben pregare: Ille
    recte novit vivere qui recte novit orare". Produce infatti tre
    mirabili effetti: 1) ci distacca dalle creature; 2) ci unisce
    totalmente a Dio; 3) ci trasforma gradatamente in lui.

    518. 1^ Ci distacca dalle creature in quanto sono ostacolo alla
    nostra unione con Dio. E` cosa che viene dal suo stesso concetto: per
    inalzarci a Dio, e` necessario anzitutto districarci dalla stretta
    delle creature. Da queste attratti per via dei seducenti diletti che
    ci offrono, dominati pure dall'egoismo, non possiamo sfuggire a questa
    doppia morsa senza spezzare i vincoli che ci attaccano alla terra. Ora
    nulla produce meglio questo santo effetto quanto l'elevazione
    dell'anima verso Dio con la preghiera: per pensare a lui e alla sua
    gloria, per amarlo, siamo obbligati a uscir di noi stessi e
    dimenticare le creature e le perfide loro lusinghe. E giunti che siamo
    presso di lui, uniti in intima conversazione con lui, le sue
    perfezioni infinite, la sua amabilita` e la vista dei beni celesti
    compiono il distacco dell'anima nostra da questa terra: quam sordet
    tellus dum caelum aspicio! Veniamo a odiar sempre piu` il peccato
    mortale, che ci svierebbe intieramente da Dio; il peccato veniale, che
    ci ritarderebbe nell'ascensione verso di lui; e adagio adagio anche le
    imperfezioni volontarie, che ci diminuiscono l'intimita` con lui.
    Impariamo pure a combattere piu` vigorosamente le inclinazioni
    sregolate che sussistono nel fondo della nostra natura, perche`
    intendiamo meglio che tendono ad allontanarci da Dio.

    519. 2^ Si perfeziona cosi` la nostra unione con Dio, diventando di
    giorno in giorno piu` intiera e piu` perfetta.

    A) Piu` intiera: la preghiera infatti afferra, per unirle a Dio, tutte
    le nostre facolta`: a) la parte superiore dell'anima, l'intelligenza,
    occupandola nel pensiero delle cose divine; la volonta`, dirigendola
    verso la gloria di Dio e gl'interessi delle anime; il cuore, lasciando
    che si effonda in un cuore sempre aperto, sempre amoroso e
    compassionevole, e produca affetti che non possono essere che
    santificanti; b) le facolta` sensitive, aiutandoci a fissare su Dio e
    su Nostro Signore la fantasia e la memoria, le emozioni e le passioni
    in cio` che hanno di buono; c) il corpo stesso, aiutandoci a
    mortificare i sensi esterni, fonti di tante divagazioni, e a regolare
    il contegno secondo le regole della modestia.

    B) Piu` perfetta: la preghiera, quale l'abbiamo spiegata, produce
    infatti nell'anima atti di religione inspirati dalla fede, sorretti
    dalla speranza e avvivati dalla carita`: "Fides credit, spes et caritas
    orant, sed sine fide esse non possunt; ac per hoc et fides
    orat" 519-1. Ora qual cosa piu` nobile e piu` santificante di
    questi atti delle virtu` teologali? Vi si aggiungano ancora gli atti
    d'umilta`, d'obbedienza, di fortezza, di costanza, che la preghiera
    suppone, e sara` facile vedere in che modo perfettissimo l'anima
    s'unisce a Dio con questo santo esercizio.

    520. 3^ Non e` quindi meraviglia che l'anima cosi` si trasformi
    progressivamente in Dio. La preghiera e`, a cosi` dire, una santa
    comunione con lui: quando noi gli presentiamo umilmente i nostri
    ossequi e le nostre domande, egli si china verso di noi e ci comunica
    le sue grazie che producono questa santa trasformazione.

    A) Il sol fatto di considerare le divine sue perfezioni, di ammirarle,
    di prendervi una santa compiacenza, le attira gia` in noi col desiderio
    che fa nascere di potervi in qualche modo partecipare; l'anima,
    immersa in questa affettuosa contemplazione, si sente a poco a poco
    come tutta pervasa e compenetrata di quella semplicita`, di quella
    bonta`, di quella santita`, di quella serenita`, che altro non chiede che
    di comunicarsi a noi.

    521. B) Allora Dio si china verso di noi per esaudire le nostre
    preghiere e concederci copiose grazie; quanto piu` noi cerchiamo di
    rendergli i nostri doveri tanto piu` egli pensa a santiicare un'anima
    che lavora alla sua gloria. Possiamo chiedere molto, purche` lo
    facciamo con umilta` e fiducia; nulla puo` rifiutare alle anime umili
    che si danno piu` pensiero degli interessi suoi che dei loro. Le
    illumina con la sua luce per mostrare loro il vuoto, il nulla delle
    cose umane; le attira a se`, svelandosi ai loro sguardi come Sommo
    Bene, fonte di tutti i beni; da` alla loro volonta` la forza e la
    costanza che le occorre per non volere e non amare se non cio` che ne e`
    degno. Non possiamo conchiudere meglio che con le parole di
    S. Francesco di Sales 521-1 : "Per mezzo di lei (l'orazione) noi
    parliamo a Dio e Dio a sua volta parla a noi; noi aspiriamo a lui e
    respiriamo in lui, ed egli a sua volta ispira in noi e respira su
    noi". Felice scambio che riuscira` a tutto nostro vantaggio, perche`
    tende nientemeno che a trasformarci in Dio, facendocene partecipare i
    pensieri e le perfezioni! Vediamo dunque in che modo tutte le nostre
    azioni possono essere trasformate in preghiera.
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    III. Come trasformare le nostre azioni in preghiera.

    522. Essendo la preghiera cosi` efficace mezzo di perfezione,
    dobbiamo pregare spesso e con insistenza, come dice Nostro Signore:
    "Oportet semper orare et non deficere" 522-1; la qual cosa viene
    confermata da S. Paolo col consiglio e coll'esempio: "Sine
    intermissione orate... Memoriam vestri facientes in orationibus
    nostris sine intermissione" 522-2. Ma come mai si puo`
    continuamente pregare e attendere nello stesso tempo ai doveri del
    proprio stato? Non e` cosa impossibile? Vedremo che non c'e` difficolta`
    quando si sappia ben ordinare la vita. Per riuscirvi bisogna:
    * 1^ praticare un certo numero di esercizi spirituali secondo i
    doveri del proprio stato;
    * 2^ trasformare in preghiera le azioni comuni.

    523. 1^ Gli esercizi di pieta`. Ad alimentare la vita di preghiera
    bisogna innanzitutto fare alcuni esercizi spirituali il cui numero e
    la cui lunghezza variano secondo i doveri del proprio stato. Qui
    parleremo dgli esercizi che convengono ai sacerdoti e ai religiosi,
    lasciando ai direttori la cura d'adattare questo programma ai semplici
    fedeli.

    Tre categorie d'esercizi formano l'anima sacerdotali alla preghiera:
    la meditazione del mattino, con la santa messa, ci propone
    l'ideale a cui mirare e ci aiuta a conseguirlo; l'ufficio divino,
    le pie letture e le divozioni essenziali conservano l'anima
    nell'abitudine della preghiera; gli esami della sera ci faranno
    rilevare e riparare i nostri difetti.

    524. A) Gli esercizi del mattino sono qualchecosa [sic] di sacro di
    cui non si puo` far senza quando si e` sacerdoti o religiosi, senza
    rinunziare al pensiero della propria perfezione. a) Prima di tutto la
    meditazione, affettuosa conversazione con Dio per richiamare l'ideale
    che dobbiamo tenere continuamente dinanzi agli occhi e a cui dobbiamo
    vigorosamente tendere. Ideale che e` quello stesso tracciatoci dal
    divino Maestro: "Estote ergo vos perfecti sicut et Pater vester
    caelestis perfectus est" 524-1. Dobbiamo quindi metterci alla
    presenza di Dio, fonte e modello di ogni perfezione, e per venire piu`
    al pratico, alla presenza di N. S. Gesu` Cristo, che attuo` sulla terra
    questa ideale perfezione e ci merito` la grazia d'imitare le sue virtu`.
    Presentatigli i nostri ossequi, lo attiriamo in noi, entrando nei suoi
    pensieri con profonde convinzioni sulla virtu` speciale che vogliamo
    praticare e con ardenti preghiere che ci ottengono la grazia di
    praticar cotesta virtu`; e umilmente ma vigorosamente cooperiamo a
    questa grazia prendendo una generosa risoluzione sulla detta virtu` che
    ci studieremo di mettere in pratica nel corso della
    giornata 524-2. b) La santa messa ci conferma in questa
    disposizione mettendoci avanti agli occhi, nelle mani, a nostra
    disposizione, la vittima santa che dobbiamo imitare; e la comunione ce
    ne fa passar nell'anima i pensieri, i sentimenti, le interne
    disposizioni, le grazie, il divino spirito che restera` in noi per
    tutto il giorno. Siamo cosi` pronti per l'azione, quell'azione che,
    avviata dal suo influsso, non sara` che una continua preghiera.

    525. B) Ma perche` cio` avvenga, occorrono ogni tanto esercizi che
    rinnovino e stimolino l'unione con Dio. a) Sara` prima di tutto la
    recita del divino ufficio, che S. Benedetto ottimamente chiama opus
    divinum, in cui, in unione col grande Religioso del Padre,
    glorificheremo Dio e gli chiederemo grazie per noi e per tutta la
    Chiesa; quindi la s. messa, il piu` importante atto di tutta la
    giornata. b) Verranno poi le pie letture, letture della S. Scrittura,
    letture di opere e di vite di Santi, che ci porranno di nuovo in
    intima relazione con Dio e coi suoi Santi. c) E finalmente le
    divozioni essenziali che devono alimentar la nostra pieta`, vale a dire
    la visita al SS. Sacramento, che non e` in sostanza che un secreto
    colloquio con Gesu`; e la recita del rosario, che ci fa conversare con
    Maria e riandarne in cuore i misteri e le virtu`.

    526. C) Giunta la sera, l'esame generale e particolare, che sara`
    come una specie di umile e sincera confessione al Sommo Sacerdote, ci
    mostrera` in che modo abbiamo nella giornata messo in pratica l'ideale
    concepito al mattino. Vi sara` sempre, purtroppo, una certa diversita`
    tra le nostre risoluzioni e la loro attuazione; ma senza disanimarci,
    ci rimetteremo coraggiosamente all'opera; e poi in santa confidenza ed
    abbandono prenderemo un poco di riposo per lavorar meglio il domani.

    La confessione settimanale o al piu` tardi quindicinale, e il ritiro
    mensile, facendoci dare uno sguardo complessivo a piu` ampia parte
    della vita, perfezioneranno questo esame di noi stessi e ci porgeranno
    occasione di spirituale rinnovamento.

    527. 2^ Tal e` il complesso di esercizi spirituali che non ci
    lasceranno perdere di vista per notevole tempo la presenza di Dio. Ma
    che si dovra` fare per colmare il vuoto tra questi vari esercizi e
    trasformare in preghiera tutte le nostre azioni? S. Agostino e
    S. Tommaso ci insegnano come scioglere la questione. Il
    primo 527-1 ci dice di far della vita, delle azioni, dei negozi,
    dei pasti, dello stesso sonno, un inno di lode alla gloria di Dio:
    "Vita^ sic canta ut nunquam sileas... si ergo laudas, non tantum lingua^
    canta, sed etiam assumpto bonorum operum psalterio; laudas cum agis
    negotium, laudas cum cibum et potum capis, laudas cum in lecto
    requiescis, laudas cum dormis; et quando non laudas?" Il secondo poi
    compendia cosi` il pensiero del primo: "Tamdiu homo orat, quamdiu totam
    vitam suam in Deum ordinat" 527-2.

    La carita` e` quella che dirige tutta la nostra vita a Dio. Il mezzo
    pratico per far cosi` tutte le azioni e` di offrirle, prima di
    cominciarle, alla SS. Trinita`, in unione con Gesu` che vive in noi e
    secondo le sue intenzioni (n. 248).

    528. Quanto importi il far le nostre azioni in unione con Gesu` e`
    assai bene spiegato dall'Olier, che prima mostra in che modo Gesu` e` in
    noi per santificarci 528-1: "Non solo abita in noi come Verbo con
    la sua immensita`... ma abita pure in noi come Cristo, con la sua
    grazia, per renderci partecipi della sua unzione e della divina sua
    vita... Gesu` Cristo e` in noi per santificarci, santificar noi e le
    opere nostre, per riempire di se` tutte le nostre facolta`: vuol essere
    la luce della nostra mente, l'amore e il fervore del nostro cuore, la
    forza e la virtu` di tutte le nostre facolta`, affinche` in lui possiamo
    conoscere, amare e adempire i voleri di Dio suo Padre, sia per
    lavorare a suo onore, sia per soffrire e tollerare ogni cosa a sua
    gloria". Spiega quindi come le azioni che facciamo da noi e per noi
    siano difettose 528-2: "Le nostre intenzioni e i nostri pensieri
    tendono al peccato per la corruzione della nostra natura; e se noi ci
    lasciamo andare ad operar da noi stessi e a seguir le nostre
    inclinazioni, opereremo in peccato". Onde la conclusione e` che bisogna
    rinunziare alle proprie intenzioni per unirsi a quelle di Gesu`.
    "Vedete quindi quanta cura si deve avere, al principio delle azioni,
    di rinunziare a tutti i sentimenti, a tutti i desideri, a tutti i
    pensieri propri, a tutte le proprie volonta`, per entrare, secondo
    S. Paolo, nei sentimenti e nelle intenzioni di Gesu` Cristo: "hoc enim
    sentite in vobis quod et in Christo Jesu" 528-3.

    Quando le azioni sono lunghe, e` utile rinnovar questa offerta con un
    affettuoso sguardo al crocifisso, e, meglio ancora, a Gesu` che vive in
    noi; e lasciare che l'anima si sfoghi in frequenti giaculatorie che ci
    inalzeranno il cuore a Dio.

    Cosi` anche le piu` comuni nostre azioni saranno preghiera e ascensione
    dell'anima a Dio, e noi attueremo il desiderio di Gesu`: "oportet
    semper orare et non deficere" 528-4.

    529. Ecco dunque i quattro mezzi interni di perfezione, che tendono
    tutti a glorificar Dio e insieme a perfezionarci l'anima. Il desiderio
    della perfezione e` infatti un primo slancio verso Dio, un primo passo
    verso la santita`; la conoscenza di Dio, e` Dio che viene attirato in
    noi e che ci aiuta a darci a lui per via di amore; la conoscenza di
    noi stessi ci mostra meglio il bisogno che abbiamo di Dio e stimola il
    desiderio di riceverlo per colmare il vuoto che e` in noi; la
    conformita` alla divina volonta` ci trasforma in lui; la preghiera ci
    innalza a lui e trae nello stesso tempo in noi le sue perfezioni,
    facendovici partecipare per renderci piu` simili a lui; tutto quindi ci
    porta a Dio perche` tutto viene da lui.

    Vedremo ora come i mezzi esterni tendano al medesimo fine.

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    00 17/10/2013 11:26


    ART. II. I MEZZI ESTERNI DI PERFEZIONE.

    530. Questi mezzi possono ridursi a quattro principali:
    * la direzione, che ci da` una guida sicura;
    * il regolamento di vita, che ne continua e ne compie l'azione;
    * le letture e le esortazioni spirituali, che ci propongono
    l'ideale da attuare; e
    * la santificazione delle relazioni sociali, che rende
    soprannaturali tutte le nostre relazioni col prossimo.

    sez. I. Della direzione spirituale 530-1.

    Cercheremo di porre bene in luce due cose:
    * 1^ la necessita` morale della direzione;
    * 2^ i mezzi per assicurarne la buona riuscita.

    I. Necessita` morale della direzione.

    La direzione, benche` non sia assolutamente necessaria alla
    santificazione delle anime, e` per loro il mezzo normale di progresso
    spirituale, come viene dimostrato dall'autorita` e dalla ragione
    fondata sull'esperienza.

    1^ PROVA D'AUTORITA`.

    531. A) Dio, avendo costituita la Chiesa come societa` gerarchica,
    volle che le anime fossero santificate per mezzo della sottomissione
    al Papa e ai Vescovi nel foro esterno, ai confessori nel foro interno.
    Quindi quando Saulo si converti`, Gesu`, in cambio di rivelargli egli
    stesso i suoi disegni, lo manda ad Anania perche` conoscesse dalla sua
    bocca cio` che doveva fare. Partendo da questo fatto, Cassiano, S.
    Francesco di Sales e Leone XIII mostrano la necessita` della direzione:
    "Troviamo, dice quest'ultimo, alle origini stesse della Chiesa una
    celebre manifestazione di questa legge: benche` Saulo, spirante minacce
    e carneficine, avesse inteso la voce di Cristo stesso e gli avesse
    chiesto: Signore, che volete ch'io faccia? pure fu inviato ad Anania,
    in Damasco: Entra in citta` e la` ti sara` dello quel che devi fare." E
    aggiunge: "Cosi` fu sempre praticato nella Chiesa; questa e` la dottrina
    unanimemente professata da tutti coloro che, nel corso dei secoli,
    rifulsero per scienza e santita`" 531-1.

    532. B) Non potendo citare tutte le tradizionali autorita`, daremo
    uno sguardo ad alcuni testimoni che si possono considerare come i
    rappresentanti autentici della teologia ascetica. Cassiano, che aveva
    passato lunghi anni fra i monaci della Palestina, della Siria e
    dell'Egitto, consegno` la loro e sua dottrina in due opere. Nella
    prima, il libro delle Istituzioni, raccomanda vivamente ai giovani
    cenobiti di aprire il cuore al vegliardo incaricato della loro
    direzione, di manifestargli senza falsa vergogna i piu` segreti
    pensieri, e di rimettersi intieramente al suo parere nel discernimento
    del buono e del cattivo 532-1. Ritorna su questo punto nelle sue
    Conferenze, e, mostrati i pericoli a cui s'espongono coloro che non
    consultano gli anziani, conchiude che il miglior mezzo di trionfare
    delle piu` pericolose tentazioni e` di manifestarle a un saggio
    consigliere, adducendo in cio` l'autorita` di S. Antonio e dell'abate
    Serapione 532-2.

    Cio` che Cassiano insegna ai monaci d'Occidente, S. Giovanni Climaco
    l'inculca ai monaci d'Oriente nella Scala del Paradiso. Agli
    incipienti fa notare che coloro che vogliono uscir dall'Egitto e
    domare le sregolate passioni, hanno bisogno d'un Mose` che faccia loro
    da guida. Ai proficienti dichiara che, per seguir Gesu` Cristo e godere
    della santa liberta` dei figli di Dio, bisogna umilmente affidar la
    cura dell'anima propria a un uomo che sia il rappresentante del divino
    Maestro; e badare a sceglierlo bene, perche` gli si dovra` ubbidire con
    semplicita`, nonostante i piccoli difetti che si potessero notare in
    lui, l'unica cosa da temersi essendo quella di seguire il proprio
    giudizio 532-3.

    533. Per il Medioevo basteranno due autorita`. S. Bernardo vuole che
    i novizi nella vita religiosa abbiano una guida, un pedagogo che li
    istruisca, li diriga, li consoli e li animi 533-1. Alle persone
    piu` avanzate in eta`, per esempio al canonico Ogier, dichiara che chi
    prende se` stesso a maestro o direttore, si fa discepolo d'uno stolto:
    "qui se sibi magistrum constituit, stulto se discipulum facit"; e
    aggiunge: "Non so che cosa pensino gli altri di se` stessi su questo
    argomento; io parlo per esperienza, e quanto a me dico che mi e` piu`
    facile e piu` sicuro comandare a molti che guidar me solo" 533-2.
    Nel secolo XIV, S. Vincenzo Ferreri, eloquente predicatore domenicano,
    dopo avere affermato che la direzione fu sempre praticata dalle anime
    che vogliono progredire, ne da` questa ragione: "Chi ha un direttore al
    quale obbedisce senza riserva e in tutte le cose, arrivera` molto piu`
    facilmente e piu` presto che non farebbe da solo, anche se fornito di
    vivissima intelligenza e di dotti libri in materia
    spirituale" 533-3.

    534. Non nelle sole comunita` ma anche nel mondo si sentiva il
    bisogno d'una guida spirituale: ne sono prova le lettere di
    S. Girolamo, di S. Agostino e di molti altri Padri a vedove, a
    vergini, a secolari 534-1. Ha dunque ragione S. Alfonso di dire,
    spiegando i doveri del confessore, che uno dei principali e` quello di
    dirigere le anime pie 534-2.

    Del resto la ragione stessa, illuminata dalla fede e dall'esperienza,
    ci mostra la necessita` d'un direttore per progredire nella perfezione.

    2^ PROVA DI RAGIONE FONDATA SULLA NATURA DEL PROGRESSO SPIRITUALE.

    535. A) Il progresso spirituale e` lunga e penosa ascensione per
    ripido sentiero, fiancheggiato da precipizi: grave imprudenza sarebbe
    l'avventurarvisi senza un'esperta guida. E` cosi` facile illudersi sul
    conto proprio! Non e` possibile che vediamo intieramente chiaro quando
    si tratta di noi stessi, dice S. Francesco di Sales, non possiamo
    essere giudici imparziali in causa propria, per una certa compiacenza
    "cosi` segreta ed impercettibile che, se non si ha buona vista, non si
    puo` scoprire, e quelli stessi che ne son presi, non la conoscono se
    non la si fa loro vedere" 535-1. Onde conchiude che abbiamo
    bisogno d'un medico spirituale per fare una diagnosi imparziale sullo
    stato dell'anima nostra e prescrivere i rimedii piu` efficaci: "Oh!
    perche` vorremmo essere maestri di noi stessi per cio` che riguarda lo
    spirito, quando non lo siamo per cio` che riguarda il corpo? Non
    sappiamo forse che i medici, quando sono infermi, chiamano altri
    medici per farsi indicare i rimedi buoni per loro?" 535-2

    536. B) A capir meglio questa necessita`, basta esporre brevemente i
    principali scogli che s'incontrano in ognuna delle tre vie che
    conducono alla perfezione.

    a) Gli incipienti hanno da temere le ricadute e, per evitarle, devono
    fare lunga e laboriosa penitenza, proporzionata al numero e alla
    gravita` delle colpe. Ora gli uni, dimenticando presto il passato,
    vogliono entrar subito nella via dell'amore, e questa presunzione e`
    presto seguita dal ritiro delle consolazioni sensibili, dallo
    scoraggiamento e da nuove cadute; gli altri si danno con eccesso alle
    mortificazioni esteriori compiacendosene vanamente, onde si guastano
    la salute, e, volendo poi curarsi, cadono nel rilassamento. E` quindi
    necessario che un esperto direttore tenga gli uni nello spirito e
    nella pratica della penitenza, e calmi l'intempestivo ardore degli
    altri.

    Altro scoglio e` l'aridita` spirituale che succede alle consolazioni
    sensibili: si teme allora essere abbandonati da Dio, si omettono gli
    esercizi di pieta` perche` paiono sterili, e si cade nella tiepidezza.
    Chi dunque fara` schivare questo pericolo se non un saggio direttore,
    il quale, nel tempo delle consolazioni, avvertira` che non durano
    sempre, e al venire dell'aridita`, consolera`, rassicurera`, fortifichera`
    queste anime, mostrando che non c'e` nulla di meglio per rassodarci
    nella virtu` e purificare il nostro amore?

    537. b) Entrando nella via illuminativa, non occorre forse ancora
    una guida per discernere le principali virtu` che convengono a questa,
    o a quella persona, i mezzi per esercitarvisi, il metodo da seguire
    per fruttuosamente esaminarsi sui progressi fatti e sulle debolezze
    commesse? E quando sorga quel sentimento di stanchezza, che presto o
    tardi si prova accorgendosi che la via della perfezione e` piu` lunga e
    piu` penosa di quanto uno s'immaginava, chi fara` che questa impressione
    non degeneri in tiepidezza se non l'affetto paterno d'un direttore che
    sapra` indovinare l'ostacolo, prevenire lo scoraggiamento, consolare il
    penitente, stimolarlo a sforzi novelli e fargli intravedere i frutti
    di questa prova sopportata valorosamente?

    538. c) Piu` necessaria ancora e` la direzione nella via unitiva. Per
    entrarvi, e` necessario coltivare i doni dello Spirito Santo con
    generosa e costante docilita` alle ispirazioni della grazia. Ora, per
    discernere le ispirazioni divine da quelle che vengono dalla natura o
    dal demonio si ha spesso bisogno degli avvisi di un savio e
    disinteressato consigliere. Piu` indispensabile ancora e` quando si
    entra nelle prime prove passive, quando le aridita`, le noie, i timori
    della divina giustizia, le insistenti tentazioni, l'impossibilita` di
    meditare in modo discorsivo e le contraddizioni del di fuori vengono a
    rovesciarsi addosso a una povera anima e a gettarla in profondo
    turbamento; e` chiaro che ci vuole allora una guida che prenda a
    rimorchio questa sperduta navicella. Avviene lo stesso quando si
    godono le dolcezze della contemplazione: questo stato suppone tanta
    discrezione, umilta`, docilita`, e principalmente tanta prudenza per
    saper ben conciliare la passivita` con l'attivita`, che e` moralmente
    impossibile non smarrirsi senza i consigli d'una guida molto accorta.
    Ecco perche` Santa Teresa apriva l'anima con tanta semplicita` ai suoi
    direttori; ecco perche` S. Giovanni della Croce ritorna spesso sulla
    necessita` di aprirsi tutto al direttore: "Dio, dice, brama talmente
    che l'uomo si assoggetti alla direzione d'un altro uomo, che non vuole
    assolutamente vederci prestar piena credenza alle verita`
    soprannaturali da lui stesso comunicate prima che siano passate per il
    canale d'una bocca umana" 538-1.

    539. A compendiare quanto abbiamo detto, non c'e` di meglio che
    citare le parole del P. Godinez: "Su mille persone che Dio chiama alla
    perfezione dieci appena corrispondono, e su cento che Dio chiama alla
    contemplazione, novantanove mancano all'appello... Bisogna riconoscere
    che una delle cause principali e` la mancanza di maestri spirituali...
    Costoro sono, dopo la grazia di Dio, i nocchieri che guidano le anime
    attraverso lo sconosciuto mare della vita spirituale. E se nessuna
    scienza, nessuna arte, per semplice che sia, puo` essere imparata senza
    un maestro che l'insegni, tanto meno si potra` imparare quell'alta
    sapienza della perfezione evangelica ove s'incontrano cosi` profondi
    misteri... Stimo quindi cosa moralmente impossibile che, senza
    miracolo o senza maestro, un'anima possa per lunghi anni passare per
    cio` che vi e` di piu` alto e di piu` arduo nella vita spirituale senza
    correr rischio di perdersi".

    540. Si puo` dunque dire che la via normale per far progressi nella
    vita spirituale sta nel seguire i consigli d'un saggio direttore.
    Infatti la maggior parte delle anime fervorose ne sono persuase e
    praticano la direzione al santo tribunale della penitenza. Quando, in
    questi ultimi anni, si volle formare una schiera di anime elette,
    nessun altro mezzo fu giudicato migliore della direzione
    premurosamente praticata nei patronati, nelle colonie estive e
    principalmente nei ritiri chiusi. Nulla dunque di piu` efficace per
    santificar le anime, a patto che vi si osservino le regole che ora
    richiameremo.

    II. Regole per assicurare la buona riuscita della direzione.

    Perche` la direzione sia proficua, e` necessario:
    * 1^ determinarne bene l'oggetto;
    * 2^ procurare la collaborazione del direttore e del diretto.

    1^ OGGETTO DELLA DIREZIONE.

    541. A) Principio generale. L'oggetto della direzione e` tutto cio`
    che riguarda la formazione spirituale delle anime. La confessione
    tocca soltanto l'accusa delle colpe; la direzione va molto piu` in la`.
    Risale alle cause dei peccati, alle inclinazioni profonde, al
    temperamento, al carattere, alle abitudini contratte, alle tentazioni,
    alle imprudenze; e cio` per poter trovare i veri rimedii, quelli che
    mirano alla radice stessa del male. Per meglio combattere i difetti,
    si occupa delle opposte virtu`, virtu` comuni a tutti i cristiani e
    virtu` speciali a ogni categoria di persone; dei mezzi per meglio
    praticarle; degli esercizi spirituali che, come la meditazione,
    l'esame particolare, la devozione al SS. Sacramento, al Sacro Cuore,
    alla SS. Vergine, ci forniscono armi spirituali per avanzarci nella
    pratica delle virtu`. Tratta della vocazione, e, regolata che sia
    questa partita, dei doveri particolari di ogni stato. L'oggetto
    dunque, come si vede. ne e` molto esteso.

    542. B) Applicazioni. a) Per ben dirigere un'anima, il direttore
    deve conoscere cio` che vi e` di principale nella sua vita passata, le
    colpe abituali, gli sforzi gia` tentati per correggersene e i risultati
    ottenuti, a fine di veder bene cio` che resta da fare; poi le
    disposizioni presenti, le inclinazioni, le ripugnanze, il genere di
    vita che si mena, le tentazioni che si provano e la tattica tenuta per
    vincerle, le virtu` di cui si sente maggior bisogno e i mezzi usati per
    acquistarle; tutto cio` per poter dare piu` opportuni consigli.

    b) Solo allora si puo` piu` facilmente stendere un programma di
    direzione; programma pieghevole che s'adatti allo stato attuale del
    penitente per renderlo migliore. Non si puo` infatti guidare tutte le
    anime allo stesso modo; bisogna prenderle al punto in cui si trovano,
    per aiutarle a salire gradatamente, senza far troppi salti, il ripido
    sentiero della perfezione. E poi le une sono piu` ardenti e generose,
    le altre piu` calme e piu` lente; non tutte sono chiamate allo stesso
    grado di perfezione.

    543. Vi e` pero` un ordine progressivo da seguire, onde si puo` avere
    una certa unita` di direzione. Diamone alcuni esempi.

    1) Da principio si deve inseenare alle anime a santificar bene tutte
    le azioni ordinarie, offrendole a Dio in unione con Nostro Signore
    (n. 238). E` questa una pratica da osservare per tutta la vita e
    su cui bisogna ritornare assai spesso, collegandola collo spirito di
    fede che e` cosi` necessario in tempi di tanto naturalismo.

    2) La purificazione dell' anima con la pratica della penitenza e della
    mortificazione non deve mai smettersi intieramente e bisogna
    richiamarvi spesso le anime dirette, tenendo conto delle loro
    spirituali disposizioni per variare opportunamente gli esercizi di
    questa virtu`.

    3) L'umilta`, come virtu` fondamentale, dev'essere inculcata quasi fin
    da principio e richiamata spesso ai penitenti in tutti gli stadii
    della vita spirituale.

    4) La carita` verso il prossimo viene frequentemente violata anche
    dalle persone devote, onde vi si insistera` molta negli esami di
    coscienza e nelle confessioni.

    5) Essendo l'unione abituale con Nostro Signore, modello e
    collaboratore, uno dei mezzi piu` efficaci di santificazione, non si
    deve temere di ritornarvi sopra di frequente.

    6) La forza di carattere, fondata su convinzioni profonde e` virtu`
    particolarmente necessaria ai di` nostri, onde bisogna diligentemente
    coltivarla e aggiungervi l'onesta` e la lealta` che ne sono
    inseparabili.

    7) L'apostolato e` specialmente richiesto in un secolo di proselitismo
    come il nostro, e il direttore deve mirare a formar schiere di anime
    elette, che possano aiutare il sacerdote nelle mille occorrenze
    dell'evangelizzazione delle anime.

    Quanto al resto, non c'e` che da tener conto di quanto diremo spiegando
    le tre vie.
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    2^ DOVERI DEL DIRETTORE E DEL DIRETTO.

    La direzione non otterra` serii risultati se direttore e diretto non
    lavorano insieme a quest'opera comune, animati tutti e due di buona
    volonta`.

    1) I doveri del direttore.

    544. S. Francesco di Sales dichiara che il direttore deve possedere
    tre doti principali 544-1 : "bisogna che sia pieno di carita`, di
    scienza e di prudenza: se manca una di queste tre doti, c'e` pericolo".

    A) La carita` che gli e` necessaria e` un affetto soprannaturale e
    paterno che gli fa vedere nei diretti figli spirituali affidatigli da
    Dio stesso, perche` vi faccia crescere Gesu` Cristo e le sue virtu`:
    "Filioli mei, quos iterum parturio donec formetur Christus in
    vobis" 544-2.

    a) Li circonda quindi tutti della stessa sollecitudine e delle stesse
    premure facendosi tutto a tutti per tutti santificarli, spendendo
    tempo, cure e anche se stesso, per formare in loro le cristiane virtu`.
    Avverra` certamente che, nonostante gli sforzi si sentira` talora
    attratto piu` verso gli uni che verso gli altri, ma dovra` con la
    volonta` reagire contro le simpatie od antipatie naturali; e schivera`
    con la massima cura quelle affezioni sensibili che mirerebbero a crear
    degli attacchi, innocenti da principio, poi disturbanti e pericolosi
    cosi` per la sua riputazione come per la sua virtu`. Voler affezionare a
    se` cuori fatti per amar Dio, e` una specie di tradimento, come ben dice
    l'Olier: "Avendoli Nostro Signore scelti (si tratta dei direttori di
    anime) per andare a conquistargli dei regni, vale a dire i cuori degli
    uomini, che gli appartengono, che acquisto` coll'efflusione del sangue
    e in cui vuole stabilire il suo impero, in cambio di dargli questi
    cuori come a loro legittimo sovrano, li prendono per se` e se ne
    rendono padroni e proprietari...... Oh! quale ingratitudine, quale
    infedelta`, quale oltraggio, quale perfidia!" 544-3. E sarebbe
    pure porre quasi insormontabile ostacolo al progresso spirituale dei
    diretti, come all'avanzamento proprio, non volendo Dio saperne di
    cuori divisi.

    545. b) Questa bonta` non deve pero` essere debolezza ma associarsi
    alla fermezza e alla franchezza; il direttore avra` il coraggio di fare
    paterne ammonizioni, di additare e di combatterei difetti dei
    penitenti, e di non lasciarsi dirigere da loro. Vi sono persone molto
    destre, molto cerimoniose, che vogliono si` un direttore ma a patto che
    s'acconci ai loro gusti e alle loro fantasie; piu` che direzione
    costoro cercano approvazione della loro condotta: per star in guardia
    contro abusi di questo genere, ove potrebbe andarne anche della sua
    coscienza, il direttore non si lascera` cogliere dai raggiri di questi
    o di queste penitenti, ma, ricordandosi che rappresenta Gesu` Cristo,
    dara` ferme decisioni secondo le regole della perfezione e non secondo
    i desideri dei diretti.

    546. c) Specialmente nella direzione delle donne occorre riserbo e
    fermezza. Il P. Desurmont, uomo di grande esperienza, scrive a questo
    proposito 546-1: "Nessuna prola affettuosa, nessuna espressione
    di tenerezza, nessun secreto colloquio che non sia indispensabile;
    nulla di troppo espressivo ne` nello sguardo ne` nel gesto, neppur
    l'ombra di familiarita`; in fatto di conversazioni il puro necessario;
    in fatto di relazioni diverse da relazioni di coscienza, solo quelle
    che hanno seria utilita`; nessuna direzione fuori del confessionale e
    nessun commercio epistolare per quanto e` possibile". Quindi, pur
    mostrando la premura che si porta alla loro anima, bisogna nascondere
    quella che si porta alla loro persona: "non devono neppur sospettare
    che si pensa a loro o che si ha premura di loro, perche` sono
    cosiffatte che, se si accorgono che ci sia stima particolare o
    affezione, cadono quasi irresistibilmente nel naturale o per vanita` o
    per affetto". E aggiunge: "Generalmente e` bene che ignorino quasi di
    esser dirette. La donna ha il difetto della sua buona qualita`: e`
    istintivamente pia ma e` anche istintivamente orgogliosa della sua
    pieta`. L'addobbo dell'anima la impressiona come quello del corpo.
    L'accorgersi che si vuole arnarla di virtu`, e` ordinariamente un
    pericolo per lei". Si dirigono quindi senza dirlo; e si danno loro
    consigli di perfezione come se si trattasse di cose comuni alle anime.

    547. B) Alla santa premura aggiungera` la scienza, cioe` la conoscenza
    della teologia ascetica tanto necessaria al confessore, come abbiamo
    provato al n. 36. Non lascera` dunque di leggere e rileggere
    autori spirituali, correggendo i giudizi suoi su quelli di cotesti
    autori e confrontando la condotta sua con quella dei Santi.

    548. C) Ma gli occorre sopratutto prudenza e sagacia per dirigere le
    anime non secondo le proprie idee ma secondo i movimenti della grazia,
    il temperamento e il carattere dei penitenti, e le soprannaturali loro
    inclinazioni 548-1.

    a) Il P. Libermann faceva giustamente osservare che il direttore non e`
    che uno strumento a servizio dello Spirito Santo 548-2; deve
    quindi prima di tutto studiarsi di conoscere, con prudenti
    interrogazioni, l'azione di questo divino Spirito in un'anima;
    "Considero, scriveva, come punto capitale in fatto di direzione, il
    discernere in ogni anima le disposizioni che vi si trovano: cio` che lo
    stato interiore di quest'anima puo` portare; il lasciar operare la
    grazia con grande liberta`; il distinguere le false ispirazioni dalle
    vere e impedire alle anime di deviare o di eccedere nelle loro
    inclinazioni". In un'altra lettera aggiunge: "Il direttore, visto che
    abbia e accertato che Dio opera in un'anima, non deve far altro che
    guidare quest'anima in guisa che essa segua la grazia e sia fedele.
    Mai deve ispirarle i propri gusti e le proprie inclinazioni, ne`
    guidarla secondo il suo modo di fare o il suo modo di vedere. Il
    direttore che si regolasse cosi`, stornerebbe spesso le anime dalla
    condotta di Dio e contrarierebbe spesso la grazia di Dio in loro".

    Aggiungeva pero` che questo si applica alle anime che corrono difilate
    alla perfezione. Per le tiepide e rilassate sta al direttore a
    studiarsi con esortazioni, consigli, riprensioni, con tutte le
    industrie dello zelo, di strapparle al loro letargo spirituale.

    549. b) La prudenza di cui qui si tratta, e` dunque prudenza
    soprannaturale, fortificata dal dono del consiglio, che il direttore
    deve continuamente chiedere allo Spirito Santo. L'invochera`
    particolarmente nei casi difficili, recitando in cuore un Veni Sancte
    Spiritus prima di dare importanti risoluzioni; e, dopo averlo
    consultato, badera` ad ascoltarne con filiale docilita` la interiore
    risposta, per trasmetterla al suo diretto: "Sicut audio, judico, et
    judicium meum justum est" 549-1. Sara` allora veramente lo
    strumento dello Spirito Santo, instrumentum Deo conjunctum, e
    fruttuoso ne sara` il ministero.

    Tuttavia questa attenzione di prender consiglio da Dio non gl'impedira`
    di adoprare tutti i mezzi suggeriti dalla prudenza per ben conoscere
    il diretto. Non si contentera` delle sue affermazioni ma ne osservera`
    la condotta, ascoltera` quelli che lo conoscono, e senza accettarne
    tutti i giudizi, ne terra` conto secondo le regole della prudenza.

    550. c) La prudenza lo guidera` non solo nei consigli che dara` ma
    anche in tutte le circostanze che riguardano la direzione. 1) Cosi` non
    consacrera` che il tempo necessario a questa parte del suo ministero
    per quanto importante sia; non lunghe conversazioni, non chiacchiere
    inutili, non domande indiscrete; tenersi solo a cio` che e` essenziale e
    veramente utile al bene delle anime: un consiglio preciso, una pratica
    chiaramente esposta bastano ad occupare un'anima per una quindicina di
    giorni o per un mese. Sopratutto poi avra` direzione virile, e si
    studiera` di guidare i diretti in modo che possano, dopo qualche tempo,
    non gia`, fare intieramente da se` ma almeno contentarsi di piu` breve
    direzione e risolvere le difficolta` ordinarie per mezzo dei principii
    generali loro inculcati.

    2) Se per giovani e uomini si puo` far la direzione dovunque, anche
    passeggiando o in un cortile di ricreazione, bisogna essere assai
    riservati con donne; d'ordinario non si devono ricevere che in
    confessionale e dirigere che in confessione, brevemente, senza
    lasciarle entrare in particolari inutili. Noi siamo di tutti e avendo
    il tempo assai limitato, non conviene sprecarlo. Si deve certamente
    esser pazienti e dare a ogni anima tutto il tempo necessario, ma
    ricordarsi pure che vi sono altre anime bisognose del nostro
    ministero.

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    00 17/10/2013 11:27
    2) I doveri del diretto.

    551. Il diretto vedra` Nostro Signore nella persona del direttore;
    infatti se e` vero che ogni autorita` viene da Dio, la cosa e` anche piu`
    vera quando si tratta dell'autorita` che il sacerdote esercita sulle
    coscienze: il potere di legare e di sciogliere, di aprire e di
    chiudere le porte del cielo, di guidar le anime nelle vie della
    perfezione, e` il piu` divino di tutti i poteri, e non puo` quindi
    trovarsi se in chi e` il rappresentante ufficiale e l'ambasciatore di
    Cristo: "Pro Christo ergo legatione fungimur, tamquam Deo exhortante
    per nos" 551-1. E` questo il principio da cui derivano i tre
    doveri verso il direttore: rispetto, confidenza, docilita`.

    552. A) Bisogna rispettarlo come il rappresentante di Dio, rivestito
    della sua autorita` in cio` che ha di piu` intimo e di piu` onorevole.
    Percio` se avesse qualche difetto, non ci si fissa il pensiero e non se
    ne guarda che l'autorita` e la missione. Si schiveranno quindi
    attentamente quelle critiche acerbe che fanno perdere o attenuano il
    rispetto filiale che gli si deve avere. Si evitera` pure quella
    eccessiva familiarita` che e` difficilmente compatibile col vero
    rispetto. Questo rispetto sara` temperato dall'affetto, affetto
    semplice e cordiale ma rispettoso come di figlio a padre; affetto che
    escluda il desiderio d'esserne amato in particolare, e le piccole
    gelosie che talora ne seguono. "Deve insomma essere amicizia forte e
    dolce, tutta santa, tutta sacra, tutta divina e tutta
    spirituale" 552-1.

    553. B) Rispetto accompagnato pure da filiale confidenza e da grande
    apertura di cuore. "Trattate con lui (col direttore) a cuore aperto,
    dice S. Francesco di Sales 553-1, con tutta sincerita` e fedelta`,
    manifestandogli chiaramente il bene e il male vostro senza finzioni ne`
    dissimulazioni: a questo modo il vostro bene sara` esaminato e diverra`
    piu` sicuro e il male sara` corretto e rimediato... Abbiate in lui somma
    confidenza associata a sacra riverenza, in modo che la riverenza non
    diminuisca la confidenza e la confidenza non impedisca la riverenza".
    Bisogna quindi aprirgli il cuore con intiera confidenza, palesargli le
    tentazioni e le debolezze perche` ci aiuti a vincerle o a guarirle, i
    desideri e le risoluzioni per averne l'approvazione, il bene che
    intendiamo fare perche` lo rinsaldi, i futuri disegni perche` li esamini
    e ci suggerisca i mezzi di porli in esecuzione, tutto cio` insomma che
    si riferisce al bene dell'anima nostra. Quanto piu` ci conoscera` tanto
    piu` potra` saviamente consigliarci, incoraggiarci, consolarci,
    fortificarci, cosicche`, uscendo dalla direzione, ripeteremo le parole
    dei discepoli d'Emmaus: "Non e` vero che il cuore ci ardeva dentro
    mentre ci parlava?" 553-2

    554. Vi sono persone che bramerebbero di aver questa perfetta
    apertura, ma che, per una certa timidita` o riserbo, non sanno come
    esporre lo stato dell'anima loro. Ne facciano parola col direttore ed
    egli le aiutera` con opportune interrogazioni, e, occorrendo, col
    prestar loro qualche libro che insegni il modo di conoscersi e di
    scrutarsi; rotto che sia il ghiaccio, le comunicazioni diverranno poi
    facili.

    Altri invece sono inclinati a discorrer troppo e cangiar la direzione
    in pia chiacchierata; si ricordino costoro che il tempo del sacerdote
    e` limitato, che altri aspettano il loro turno e potrebbero
    impazientirsi di queste lungaggini. Bisogna quindi sbrigarsi,
    lasciando pur qualche cosa per la prossima seduta.

    555. C) La franchezza dev'essere accompagnata da grande docilita`
    nell'ascoltare e nel seguire i consigli del direttore. Non c'e` nulla
    di meno soprannaturale che volerlo indurre nei nostri sentimenti e
    nelle nostre idee; nulla pure di piu` nocivo al bene dell'anima; perche`
    non si cerca allora la volonta` di Dio ma la propria, con questa
    circostanza aggravante che si abusa d'un mezzo divino a fine
    egoistico. L'unico nostro desiderio dev'essere di conoscere la divina
    volonta` per mezzo del direttore, e non di estorcerne l'approvazione
    con piu` o meno abili raggiri; si potra` riuscire a ingannare il
    direttore ma non a ingannare chi e` da lui rappresentato.

    Abbiamo certo il dovere di fargli conoscere i nostri gusti e le nostre
    ripugnanze, e se scorgiamo difficolta` o una specie d'impossibilita` a
    mettere in pratica quel tal suo consiglio, dobbiamo dirglielo con
    tutta semplicita`; ma, fatto questo, non ci resta che sottometterci.
    Assolutamente parlando, il direttore puo` ingannarsi ma non
    c'inganniamo noi nell'ubbidirgli, salvo naturalmente il caso che ci
    consigliasse qualche cosa di contrario alla fede o ai costumi, che
    allora bisognerebbe cambiar direttore.

    556. D) Ma solo per gravi ragioni e dopo matura riflessione bisogna
    scegliere un altro direttore. E` infatti necessario aver certa
    continuita` nella direzione, che non puo` aversi quando si cambia di
    frequente guida spirituale.

    a) Vi sono persone tentate di cambiar confessore: per curiosita`, per
    sapere quale sara` la condotta d'un altro; e` facile che uno si stanchi
    di sentir spesso gli stessi consigli, tanto piu` se riguardano cose
    sgradite alla natura; per incostanza perche` riesce sempre un poco
    difficile attenersi a lungo alle stesse pratiche; per superbia,
    volendo andare al direttore che gode maggior riputazione o che e` piu`
    in voga, oppure desiderando trovarne uno che ci lisci di piu`; per una
    specie d'inquietudine, la quale fa che non si e` mai contenti di cio`
    che si ha e che si vada sempre sognando perfezione immaginaria; per
    mal regolato desiderio di far conoscere il proprio interno a vari
    confessori, perche` se ne prendano pensiero o ci rassicurino; per falsa
    vergogna, per nascondere al direttore ordinario certe umilianti
    debolezze. E` chiaro che questi sono motivi insufficienti e quindi da
    scartarsi se si vuole alacremente progredire nella vita spirituale.

    557. b) Per altro verso bisogna rammentare che la Chiesa insiste
    sempre piu` sulla liberta` che si deve avere nella scelta del
    confessore; chi dunque ha buone ragioni per rivolgersi ad altri, non
    deve esitare a farlo. Quali sono queste ragioni? 1) Se, nonostante
    tutti gli sforzi fatti, uno non riesce ad aver pel proprio direttore
    il rispetto, la confidenza e l'apertura di cui abbiamo parlato,
    bisogna cambiarlo, quand'anche si trattasse di sentimenti privi di
    buono o sodo fondamento 557-1; perche` non si potrebbe allora trar
    profitto dai suoi consigli. 2) Tanto piu` poi se ci fosse fondatamente
    da temere che ci distogliesse dalla perfezione o per motivi troppo
    naturali o per affetto troppo vivo e troppo sensibile che ci
    dimostrasse. 3) Cosi` pure se uno chiaramente si accorgesse che il
    direttore non ha ne` la scienza, ne` la prudenza, ne` la discrezione
    necessaria.

    Sono certamente casi rari; ma quando si presentassero, bisogna
    ricordarsi che la direzione non fa del bene se non quando direttore e
    diretto lavorano insieme con mutua confidenza.
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    sez. II. Il regolamento di vita 558-1.

    558. Questo regolamento e` destinato a continuar l'opera del
    direttore, dando al penitente principii e regole che lo aiutino a
    santificar tutte le azioni con l'obbedienza, e a porgergli una savia e
    sicura norma di condotta. Ne esporremo:
    * 1^ l'utilita`;
    * 2^ le qualita`;
    * 3^ il modo d'osservarlo.

    I. Utilita` d'una regola di vita.

    Utile anche ai semplici fedeli che vogliano santificarsi nel mondo,
    questa regola e` piu` specialmente necessaria ai membri di comunita` e ai
    sacerdoti che vivono nel ministero. Giova non solo alla santificazione
    nostra ma anche alla santificazione del prossimo.

    559. 1^ Utilita` per la santificazione nostra. Per santificarsi e`
    necessario utilizzar bene il tempo, rendere soprannaturali le proprie
    azioni e seguire un certo programma di perfezione. Ora una regola di
    vita, ben concertata col direttore, ci procura questo triplice
    vantaggio.

    A) Ci fa utilizzar meglio il tempo. Confrontiamo infatti la vita d'una
    persona che segue una regola di vita e quella d'un'altra che non ne
    ha.

    a) Senza regolamento si spreca fatalmente molto tempo: 1) nascono
    infatti allora esitazioni su cio` che sia meglio fare; s'impiega tempo
    a deliberare, a pesare il pro ed il contro, e poiche` per molte cose
    non si trova ragion decisiva, si puo` rimanere incerti; onde, prendendo
    la natura il sopravvento, si e` esposti a lasciarsi trascinare dalla
    curiosita`, dal piacere o dalla vanita`. -- 2) Si trasanda pure
    facilmente un certo numero di doveri: non essendosi previsto ne'
    determinato il momento e il luogo favorevole di adempiere cotesti
    doveri, se ne omettono alcuni perche` non si trova piu` il tempo di
    farli.

    3) Tali negligenze rendono incostanti: uno fa ora un vigoroso sforzo
    per ripigliarsi e ora si abbandona alla naturale indolenza, appunto
    perche` non si ha una regola fissa per correggere l'incostanza della
    natura.

    560. b) Invece con un ben determinato regolamento si risparmia molto
    tempo: 1) Non piu` esitazioni: si sa esattamente cio` che si deve fare e
    quando; se non si riesce a fissar l'orario in modo matematico, almeno
    si sono posti dei punti fermi e fissati, dei principii sugli esercizi
    di pieta`, sul lavoro, sulle ricreazioni, ecc. 2) Non piu` l'imprevisto
    o almeno poca cosa: perche`, anche per le circostanze straordinarie che
    possono capitare, si e` gia` determinato quali esercizi si possono
    abbreviare, e come vi si puo` supplire con altre pratiche; in ogni
    caso, cessando l'imprevisto, si ritorna immediatamente alla regola. --
    3) Non piu` incostanza, perche` il regolamento ci sollecita a far sempre
    cio` che e` prescritto ogni giorno e nelle principali ore del giorno. Si
    formano cosi` buone abitudini che danno stabile ordine alla nostra vita
    e ne assicurano la perseveranza; i nostri giorni diventano giorni
    pieni, pieni di opere buone e di meriti.

    561. B) La regola ci aiuta a rendere soprannaturali tutte le nostre
    azioni. a) Infatti vengono tutte fatte per obbedienza; onde questa
    virtu` aggiunge lo speciale suo merito al merito proprio di ogni atto
    virtuoso. In questo senso vale il detto che vivere secondo la regola e`
    vivere per Dio, perche` e` fare costantemente la santa sua volonta`. Vi e`
    pure in questa fedelta` alla regola un innegabile valore educativo: in
    cambio del capriccio e del disordine, che tendono a prevalere in una
    vita mal regolata, prendono il sopravvento la volonta` e il dovere e
    quindi l'ordine e l'assestamento: la volonta` e` assoggettata a Dio e le
    facolta` inferiori si piegano ad obbedire alla volonta`: e` un
    progressivo ritorno allo stato di giustizia originale.

    b) E` facile allora avere, in tutte le azioni, intenzioni
    soprannaturali: il solo fatto di vincere i propri gusti e i propri
    capricci mette gia` ordine nella vita e dirige le azioni a Dio; inoltre
    un buon regolamento di vita prescrive un momento di raccoglimento
    prima di ogni principale azione e ci suggerisce le migliori intenzioni
    soprannaturali per ben compirla; ognuna quindi viene esplicitamente
    santificata e diventa atto d'amor di Dio. Chi potra` dire il numero di
    meriti cosi` accumulati ogni giorno!

    562. C) La regola traccia un programma di perfezione.

    a) Ed e` veramente un programma quello che abbiamo descritto e il
    seguirlo e` un progredire verso la perfezione: e` la via della
    conformita` alla volonta` di Dio tanto lodata dai Santi.

    b) E poi non vi e` compita regola di vita che non indichi le principali
    virtu` da praticare secondo la condizione del penitente e il suo stato
    spirituale. Occorrera` certo di dover talora modificare questo piccolo
    programma pei nuovi bisogni che potranno nascere; ma e` cosa che si
    fara` d'accordo col direttore, inserendola poi nel regolamento di vita
    perche` serva di guida.

    563. 2^ La santificazione del prossimo, com'e` chiaro, non potra` che
    guadagnarci. Per santificar gli altri, bisogna unire la preghiera
    all'azione, utilizzar bene il tempo consacrato all'apostolato e dar
    buon esempio. Or questo fa per l'appunto chi e` fedele al regolamento.

    A) Trova in una vita ben regolata il modo pratico di conciliar la
    preghiera con l'azione. Persuaso che anima dell'apostolato e` la vita
    interiore, si fissa nel regolamento un certo numero di ore per la
    meditazione, per la santa messa, per il ringraziamento e per tutti gli
    esercizi necessari allo spirituale alimento dell'anima (n. 523).

    Il che non toglie che consacri un notevole tempo all'apostolato; sa
    infatti disporre bene di tutti gli istanti (n. 560), e ne trova
    quindi per far tutto con ordine e metodo; ha le ore stabilite per le
    diverse opere parrocchiali, per le confessioni, per l'amministrazione
    dei sacramenti; i fedeli ne sono avvertiti, e, purche` si dia loro il
    tempo veramente necessario, sono anche essi contenti di sapere a qual
    preciso momento possono trovare il sacerdote.

    564. B) Rimangono pure edificati degli esempi di puntualita` e di
    regolarita` che da` il sacerdote: non possono fare a meno di pensare e
    di dire che e` l'uomo del dovere, costantemente fedele ai regolamenti
    fissati dall'autorita` ecclesiastica. Quindi quando poi lo sentono
    proclamare dal pulpito o dal confessionale l'obbligo d'obbedire alle
    leggi di Dio e della Chiesa, ci si sentono stimolati dal suo esempio
    piu` ancora che dalle sue parole, e osservano piu` fedelmente i divini
    comandamenti.

    Ecco come un sacerdote, il quale osservi il regolamento di vita,
    santifica se` e gli altri; il che e` vero anche per i laici che si
    consacrano all'apostolato.

    II. Qualita` di una regola di vita.

    A produrre questi santi effetti, la regola dev'essere concertata col
    direttore, pieghevole e salda nello stesso tempo e distribuire i
    doveri secondo la relativa loro importanza.

    565. 1^ Dev'essere concertata col direttore, come richiedono la
    prudenza e l'obbedienza: a) la prudenza, perche`, per stendere una
    regola di vita pratica, occorre molta discrezione ed esperienza,
    vedere non solo cio` che e` bene in se` ma anche cio` che e` bene per
    quella determinata persona; cio` che le e` possibile e cio` che ne supera
    le forze; cio` che e` opportuno nell'ambiente in cui vive e cio` che non
    lo e`. Ora ci son ben poche persone che possano saviamente regolare
    tutte queste cose. b) D'altra parte uno dei vantaggi del regolamento e`
    quello di porgere occasione a praticar l'obbedienza: il che non
    avverrebbe se uno se lo fissasse da se` senza sottoporlo a una
    legittima autorita`.

    566. 2^ Dev'essere abbastanza salda per reggere la volonta` e insieme
    abbastanza pieghevole per adattarsi alle varie circostanze che
    occorrono nella vita reale e che sconcertano talora le nostre
    previsioni.

    a) Sara` salda, se contiene tutto cio` che e` necessario per fissare,
    almeno come principio, il tempo e il modo di fare i vari esercizi
    spirituali, di compiere i doveri del nostro stato, di praticar le
    virtu` che convengono al nostro genere di vita.

    567. b) Sara` pieghevole, se, pur determinando questi punti, lasci
    una certa latitudine per modificar l'orario, per sostituire ad una
    pratica, che non sia essenziale, un'altra equivalente e che meglio
    convenga alle circostanze, e anche per abbreviare qualche esercizio
    quando la carita` o uno stringente dovere lo esiga, salvo poi a
    compierlo in un altro momento.

    Questa pieghevolezza deve principalmente applicarsi alle formule di
    preghiera o d'offerta delle azioni, secondo la savia osservazione di
    S. G. Eudes 567-1 : "Onde io vi prego di ben notare che la
    pratica delle pratiche, il secreto dei secreti, la devozione delle
    devozioni, sta nel non essere attaccati ad alcuna pratica od esercizio
    particolare di devozione, ma di avere grande cura in tutti i vostri
    esercizi ed azioni di darvi allo Spirito Santo di Gesu`, e di darvigli
    con umilta`, confidenza e distacco da tutte le cose, affinche`,
    trovandovi senza attaccamento al vostro pensiero e alle vostre
    devozioni e disposizioni, abbia pieno potere e liberta` di operare. in
    voi secondo i suoi desideri, di mettere in voi quelle disposizioni e
    quei sentimenti di devozione che vorra`, e di condurvi per le vie che
    gli piacera`".

    568. 3^ Dara` finalmente a ogni dovere la rispettiva importanza. Vi e`
    infatti una gerarchia nei doveri: a) E` chiaro che Dio vi deve occupare
    il primo posto, poi la salute dell'anima nostra e da ultimo la
    santificazione del prossimo. Non vi e` certamente alcun vero conflitto
    tra questi doveri; devono invece, se vogliamo, conciliarsi fra loro
    molto bene: chi glorifica Dio in sostanza lo conosce e lo ama, cioe` si
    santifica e lo fa pure conoscere ed amare dal prossimo. Ma chi volesse
    occupar tutto il tempo nell'apostolato trascurando il gran dovere
    della preghiera, e` evidente che trascurerebbe per cio` stesso il mezzo
    piu` efficace dello zelo; ed e` parimente chiaro che se uno mette da
    parte la cura della propria santificazione, si sentira` presto mancare
    il vero zelo per santificar gli altri. Procurando dunque di dare a Dio
    la parte sua, che e` la prima, e di serbarsi il tempo di lavorare, coi
    piu` essenziali esercizi, alla propria santificazione, si e` sicuri
    d'esercitar l'apostolato in modo piu` fecondo, Quindi i primi e gli
    ultimi momenti del giorno saranno per Dio e per noi; potremo poi darci
    all'azione, pur interrompendola ogni tanto con qualche buon pensiero a
    Dio. Cosi` la nostra vita sara` divisa tra la preghiera e l'apostolato.

    b) Ma in certe urgenti circostanze bisogna applicare un altro
    principio ed e` questo: si deve fare cio` che preme di piu`, id prius
    quod est magis necessarium. Sarebbe il caso d'un sacerdote chiamato al
    letto d'un moribondo: si lascia tutto per corrervi; cercando pero` di
    occuparsi per via in santi pensieri, che tengano il posto
    dell'esercizio spirituale che si doveva fare in quel momento.
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    III. Del modo d'osservar la propria regola.

    569. Perche` la regola sia santificante, bisogna osservarla
    integralmente e cristianamente.

    1^ Integralmente, vale a dire in tutte le sue parti, compresa la
    puntualita`. Se infatti, senza motivo ragionevole, sceglieremo tra i
    vari punti, ne verra` che osserveremo quelli che sono meno incomodi e
    trascureremo quelli che sono piu` penosi. Perderemo cosi` i principali
    vantaggi annessi all'esatta sua osservanza; perche` anche nei punti
    osservati saremo esposti a lasciarci guidare dal capriccio o almeno
    dalla propria volonta`. Bisogna quindi praticar tutta intiera la regola
    e, se e` possibile, alla lettera; che se per grave ragione non si puo`,
    e` necessario seguir lo spirito della regola facendo tutto cio` che,
    moralmente parlando, e` possibile.

    570. Vi sono due difetti da evitare, lo scrupolo e la rilassatezza.
    1) Via gli scrupoli: se c'e` qualche grave ragione di dispensarsi da un
    punto, di differirlo o di sostituirlo con qualche equivalente, si
    faccia senza inquietudine. Cosi` un urgente dovere del nostro stato,
    per esempio la visita d'un infermo ci dispensa dalla visita al
    SS. Sacramento nel caso che tornassimo troppo tardi; e vi suppliremo
    allora pensando a Nostro Signore lungo la via; cosi` pure la cura dei
    bambini dispensa una madre di famiglia da una comunione di regola se
    non e` possibile conciliare questi due doveri: la comunione spirituale
    sostituisce allora la comunione sacramentale.

    2) Ma via pure la rilassatezza: l'immortificazione, il desiderio di
    discorrere a lungo senza necessita`, la curiosita` ecc., non sono
    ragioni sufficienti per differire un esercizio, col rischio
    d'ometterlo poi intieramente. Cosi`, chi non puo` compiere un dato
    dovere nella forma abituale deve studiarsi di compierlo sotto altra
    forma: per esempio, un sacerdote obbligato a portare il viatico in
    tempo di meditazione, si studiera` di convertire in una specie di
    meditazione affettiva l'adempimento di questo dovere, porgendo ossequi
    al Dio dell'Eucaristia che porta sul cuore 570-1.

    571. La puntualita` fa parte dell'osservanza integrale della regola:
    chi, senza buona ragione, non comincia un esercizio al tempo
    stabilito, resiste gia` alla grazia che non conosce ritardi, si espone
    a non aver poi piu` il tempo di farlo intieramente, o, se si tratta di
    esercizio pubblico, a far indebitamente aspettare i fedeli se si e` nel
    ministero, o gli alunni se si e` professori, dando un cattivo esempio
    che si sentiranno pur troppo inclinati a seguire.

    572. 2^ Cristianamente, vale a dire con intenzione soprannaturale,
    per far la volonta` di Dio e dargli cosi` la piu` sicura prova del
    proprio amore. In questa purita` d'intenzione sta l'anima della regola:
    e` lei che da` a ognuna delle nostre azioni il suo vero valore,
    convertendola in atto d'obbedienza e d'amore. Per praticarla, bisogna
    raccogliersi un pochino prima di operare, domandarci che cosa vuole la
    regola in quel momento e conformarvi la condotta per piacere a Dio:
    "quae placita sunt ei facio semper". Cosi`, praticando la regola, si
    vivra` costantemente per Dio: "qui regulae vivit, Deo vivit".

    sez. III. Le letture e le esortazioni spirituali 573-1.

    573. Queste letture od esortazioni sono compimento e continuazione
    della direzione: un libro spirituale e` in sostanza una direzione
    scritta; e un'esortazione e` una direzione orale rivolta a molte anime
    insieme. Ne esporremo:
    * 1^ l'utilita`;
    * 2^ le disposizioni necessarie per trarne profitto.

    I. Utilita` delle letture e delle conferenze spirituali.

    574. A) Della Sacra Scrittura. Sta senz'altro, al primo posto la
    lettura dei Libri santi e specialmente del Nuovo Testamento.

    a) Le anime veramente pie fanno dei Santi Vangeli la loro delizia
    perche` vi trovano: 1) gl'insegnamenti e gli esempi di Nostro Signor
    Gesu` Cristo, e nulla le forma meglio alla soda pieta`, nulla piu`
    efficacemente le trae all'imitazione del divino, Maestro.

    Avremmo mai capito che cos'e` l'umilta`, la dolcezza, la pazienza, la
    sopportazione delle ingiurie, la verginita`, la carita` fraterna spinta
    fino all'immolazione di se`, se non avessimo letto e meditato gli
    esempi e le lezioni di Nostro Signore su queste virtu`? I filosofi
    pagani, e in particolare gli stoici, scrissero certamente belle pagine
    su alcune di queste virtu`; ma qual differenza tra quelle esercitazioni
    letterarie e l'accento persuasivo ed efficace del divino Maestro! Si
    sente nei primi il letterato e spesso l'orgoglioso moralista che si
    colloca sopra il volgo: "Odi profanum vulgus et arceo"; in Nostro
    Signore invece si nota una perfetta semplicita` che sa abbassarsi
    all'intelligenza del popolo; e poi Gesu` pratica cio` che insegna, e
    cerca non la gloria sua ma la gloria di Colui che l'invio`.

    2) Inoltre le anime credenti sanno che ogni parola, ogni azione del
    Maestro contiene una grazia speciale che agevola la pratica delle
    virtu` di cui leggono il racconto; adorano il Verbo di Dio nascosto
    sotto la scorza della lettera e lo supplicano di illuminarle, di far
    loro intendere, gustare e praticare i suoi insegnamenti. Questa
    lettura e` come una meditazione e un pio colloquio con Gesu`, ed escono
    da questa conversazione piu` risolute che mai a seguire Colui che
    ammirano ed amano.

    b) Gli Atti degli Apostoli e le Epistole somministrano pure alimento
    alla pieta`: sono gl'insegnamenti di Gesu` vissuti dai discepoli,
    esposti, commentati, adattati ai bisogni dei fedeli da coloro a cui
    affido` la cura di continuar l'opera sua: nulla di piu` commovente, di
    piu` efficace di questo primo commento del Vangelo.

    575. c) Nell'Antico Testamento: 1) vi sono parti che devono trovarsi
    tra le mani di tutti, come i Salmi. "Il Salterio, scrive il
    Lacordaire 575-1, era il manuale di pieta` dei nostri padri; si
    vedeva sulla tavola del povero come sull'inginocchiatoio dei Re. E`
    anche oggi, in mano al sacerdote, il tesoro da cui attinge le
    aspirazioni che lo conducono all'altare, l'arca che lo accompagna tra
    i pericoli del mondo e nel deserto della meditazione". E` il libro di
    preghiera per eccellenza, in cui si trovano espressi, con linguaggio
    pieno di vita e di freschezza, i piu` bei sentimenti d'ammirazione,
    d'adorazione, di timore filiale, di riconoscenza e d'amore, le
    suppliche piu` ardenti nelle piu` varie e piu` penose circostanze, i
    richiami dei giusto perseguitato alla divina giustizia, i gemiti di
    pentimento del peccatore contrito ed umiliato, la speranza di
    misericordioso perdono e le promesse di vita migliore. Leggerli,
    meditarli e conformarvi i sentimenti, e` certo occupazione molto
    santificante 575-2.

    2) Anche i libri sapienziali possono essere fruttuosamente letti dalle
    anime pie; vi troveranno, insieme coi premurosi inviti della Sapienza
    increata a vita migliore, la descrizione delle principali virtu` da
    praticare riguardo a Dio, al prossimo e a se` stessi.

    3) Quanto ai libri storici e profetici, perche` la lettura ne sia
    proficua occorre una certa preparazione, e vi si deve sopratutto
    vedere l'azione provvidenziale di Dio sul popolo eletto, per
    preservarlo dall'idolatria e continuamente ricondurlo, non ostante i
    suoi traviamenti, al culto del vero Dio, alla speranza del Liberatore,
    alla pratica della giustizia, dell'equita`, della carita`, specialmente
    verso i piccoli e gli oppressi. Quando si possegga questa
    preparazione, vi si trovano attraentissime pagine; e se insieme con le
    buone opere vi si narrano pure le debolezze dei servi di Dio, e` per
    ricordarci l'umana fragilita` e farci ammirare la divina misericordia
    che perdona i peccatori pentiti 575-3.

    576. B) Degli autori spirituali. Sono, chi li sappia scegliere tra i
    migliori, specialmente tra i santi, maestri insieme ed ammonitori.

    a) Sono maestri, che, possedendo la scienza dei santi e avendola
    praticata, ci fanno capire e gustare i principi e le regole della
    perfezione; ci rinsaldano la persuasione rispetto all'obbligo di
    tendere alla santita`; ce ne indicano i mezzi, mezzi tanto piu` efficaci
    in quanto che li praticarono loro stessi; ci esortano, ci animano, ci
    traggono a seguirli.

    Sono maestri tanto piu` utili in quanto che sono sempre a nostra
    disposizione; e, con l'aiuto del direttore, possiamo scegliere quelli
    che convengono meglio allo stato dell'anima nostra trattenendoci con
    loro quanto vogliamo. Vi sono infatti ottimi autori adatti alle
    condizioni di ogni anima, e che rispondono a tutti i loro attuali
    bisogni; tutto sta a saperli scegliere bene e leggerli col desiderio
    di trarne profitto.

    577. b) Sono pure ammonitori assai benevoli, che ci svelano i nostri
    difetti con riguardo e dolcezza. Son paghi di mostrarci l'ideale da
    perseguire, invitandoci a studiar noi stessi con l'aiuto di questo
    specchio spirituale, per rilevar lealmente le nostre buone qualita` e i
    nostri difetti, le tappe gia` percorse e quelle che dobbiamo ancora
    percorrere per accostarci alla perfezione. Ci sono cosi` agevolate le
    riflessioni su noi medesimi e le generose risoluzioni.

    Non e` quindi meraviglia che la lettura dei libri spirituali, comprese
    le vite dei Santi, abbiano causato conversioni come quelle d'Agostino
    e d'Ignazio, e condotto ai piu` alti gradi di perfezione anime che
    altrimenti sarebbero vissute nella mediocrita`.

    578. C) Delle conferenze spirituali. Queste conferenze hanno sulle
    letture un doppio vantaggio: a) s'adattano meglio ai bisogni speciali
    degli uditori, essendo state composte espressamente per loro; b) sono
    piu` vive e, a parita` di condizioni, piu` efficaci dei libri, piu` atte a
    trasfondere la persuasione nelle anime: lo sguardo, il tono della
    voce, il gesto, in una parola l'azione oratoria, fanno risaltar meglio
    il valore delle cose dette. Ma, perche` cio` avvenga, e` chiaro che chi
    parla deve essersi nutrito l'anima alle migliori sorgenti, sentirsi
    profondamente convinto di cio` che dice e chiedere a Dio di benedire e
    di avvivare le sue parole. E si richiede pure che gli uditori siano
    ben disposti.
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    00 17/10/2013 11:28


    II. Disposizioni per approfittare delle letture e delle
    conferenze 579-1.

    579. La lettura spirituale e` in sostanza destinata ad alimentare lo
    spirito di preghiera, ed e` un modo di far meditazione e di trattenersi
    con Dio, di cui l'autore spirituale e` interprete.

    580. 1^ Ci vuole quindi un grande spirito di fede, che ci faccia
    veder Dio nell'autore e nel predicatore, "tamquam Deo exhortante per
    nos" 580-1. Cio` che diventa piu` facile quando colui che scrive o
    parla si e` egli stesso imbevuto della dottrina evangelica e puo` dire
    in tutta verita` che il suo insegnamento non e` suo ma di Gesu` Cristo:
    "Mea doctrina non est mea, sed ejus qui misit me" 580-2.

    In ogni caso i lettori o gli uditori reciteranno una preghiera,
    fervida quanto piu` sara` possibile, per chiedere a Nostro Signore la
    grazia di degnarsi di parlar loro al cuore per mezzo del divino suo
    Spirito. Poi staranno in guardia contro la curiosita`, che cerca piu` di
    saper cose nuove che di edificarsi; contro la vanita`, che vuol
    conoscere le cose spirituali per poterne parlare e farsi valere;
    contro lo spirito di critica, che, in cambio di trar profitto da cio`
    che viene insegnato, l'ascolta per criticarne la sostanza o la forma
    letteraria. Non si mirera` ad altro che a ben profittarne.

    581. 2^ Ci vuole un sincero desiderio di santificarsi: non si trae
    infatti vantaggio dalle letture o dalle conferenze se non in quanto
    uno vi cerca la propria santificazione. Si deve quindi:

    a) Aver fame e sete di perfezione, ascoltare o leggere con quella
    attenzione operosa che cerca avidamente la parola di Dio, che applica
    a se` e non agli altri cio` che legge o sente, ruminandolo per meglio
    digerirlo e metterlo in pratica. Vi si trova allora copioso alimento,
    qualunque sia l'argomento trattato, perche` nella vita spirituale tutto
    si intreccia e si connette: cio` che direttamente si applica agli
    incipienti si puo` facilmente adattare a quelli che sono piu`
    progrediti; cio` che si dice per costoro serve d'ideale ai primi; cio`
    che si riferisce al futuro consiglia risoluzioni per il presente,
    perche` a questo modo uno si dispone a ben compire i doveri che
    obbligheranno solo piu` tardi; e cosi` la lotta vittoriosa contro le
    tentazioni future si prepara con la vigilanza nel presente. Si puo`
    quindi trar sempre partito per il presente da tutto cio` che vien
    detto, sopratutto poi se si presta orecchio al predicatore interiore
    che parla nel piu` intimo dell'anima a chi lo sappia ascoltare "Audiam
    quid loquatur in me Dominus Deus" 581-1.

    582. b) Ecco perche` e` necessario leggere lentamente, "fermandovi,
    dice S. G. Eudes 582-1, a considerare, ruminare, pesare, gustare
    le verita` che maggiormente vi commuovono, per imprimervele bene nella
    mente e trarne atti ed affetti". La lettura o l'esortazione diventa
    allora una meditazione: infatti uno si investe a poco a poco dei
    pensieri e dei sentimenti che si leggono o si ascoltano, si desidera
    di metterli in pratica, e se ne chiede internamente la grazia.

    583. 3^ Ci vuole finalmente lo sforzo serio per cominciare a mettere
    in pratica cio` che si legge o si ascolta. E` cio` che raccomandava
    S. Paolo ai suoi lettori, scrivendo che non sono gia` giusti coloro che
    ascoltano la legge ma quelli che la mettono in pratica: "Non enim
    auditores legis justi sunt apud Deum, sed factores legis
    justificabuntur" 583-1. Non fa del resto che commentar la parola
    del Maestro, il quale, nella parabola della semente, dichiara che
    traggono profitto della parola di Dio quelli che, "avendo ascoltata la
    parola con cuore buono ed ottimo, la custodiscono e la fanno
    fruttificare per mezzo della costanza" 583-2.

    Dobbiamo quindi imitare S. Efrem, che riproduceva nelle opere cio` che
    aveva appreso nelle letture: "pingebat actibus paginam quam
    legerat" 583-3. La luce non ci vien data se non per l'opera, onde
    il primo atto deve essere uno sforzo per vivere secondo l'insegnamento
    ricevuto "Estote factores verbi et non auditores tantum" 583-4.

    sez. IV. La santificazione delle relazioni sociali.

    584. Fin qui abbiamo parlato delle relazioni tra l'anima e Dio,
    sotto la guida del direttore. Ma e` chiaro che siamo obbligati ad aver
    numerose relazioni con molte altre persone, relazioni di famiglia e
    d'amicizia, relazioni professionali, relazioni d'apostolato. Ebbene
    tutte possono e devono essere santificate e contribuire a rassodarci
    nella vita interiore. Per agevolar questa santificazione, esporremo i
    principii generali che devono regolare queste relazioni, facendone poi
    l'applicazione alle principali relazioni.

    I. Principii generali.

    585. 1^ Nel disegno primitivo le creature erano destinate a portarci
    a Dio, ricordandoci ch'egli e` l'autore e la causa esemplare di tutte
    le cose. Ma, dopo la caduta, esse ci attirano in modo che, se non
    stiamo all'erta, ci distolgono da Dio o almeno ci ritardano il cammino
    verso di lui. Bisogna quindi reagire contro questa tendenza, e, con lo
    spirito di fede e di sacrificio, servirci delle persone e delle cose
    soltanto come mezzi per andare a Dio.

    586. 2^ Ora,tra le relazioni che abbiamo con le persone, ve ne sono
    delle volute da Dio, come le relazioni domestiche o quelle richieste
    dai doveri del nostro stato. Tali relazioni devono essere mantenute e
    rese soprannaturali. Infatti non si diventa liberi da questi doveri
    pel fatto che si aspira alla perfezione; si e` invece obbligati a
    compirli in modo piu` perfetto degli altri. Bisogna pero` renderle
    soprannaturali riconducendole al nostro ultimo fine che e` Dio. Il
    mezzo migliore per farlo sta nel considerar le persone con cui siamo
    in relazione, come figli di Dio, fratelli in Gesu` Cristo, rispettarle
    e amarle in quanto possedono doti che sono un riflesso delle
    perfezioni di Dio, e sono destinate a parteciparne la vita e la
    gloria. Cosi` in esse consideriamo e amiamo Dio.

    587. 3^ Vi sono invece relazioni pericolose o cattive che tendono a
    farci cadere in peccato o col destare in noi lo spirito mondano, o
    coll'attaccarci alle creature per via del piacere sensibile o sensuale
    che proviamo in loro compagnia e al quale siamo esposti a consentire.
    Fuggire, per quanto e` possibile, queste occasioni e` cosa obbligatoria
    e, se non si puo` evitar l'occasione, e` dovere l'allontanarla
    moralmente, rafforzando la volonta` contro l'affetto disordinato a tali
    persone. Chi opera altrimenti, compromette la propria santificazione e
    la propria salute; perche` chi ama il pericolo in esso perisce: "Qui
    amat periculum, in illo peribit" 587-1. Quanto piu` dunque si vuol
    essere perfetti, tanto piu` si deve fuggire le occasioni pericolose,
    come spiegheremo piu` tardi parlando della fede, della carita` e delle
    altre virtu`.

    588. 4^ Finalmente vi sono relazioni che per se` non sono ne` buone ne`
    cattive ma semplicemente indifferenti, e che possono quindi, secondo
    le circostanze o l'intenzione, riuscir utili o nocive: tali sono, per
    esempio, le visite, le conversazioni, le ricreazioni. Un'anima che
    tende alla perfezione rendera` buone queste relazioni con la purita`
    d'intenzione e con la moderazione che serbera` in ogni cosa. Prima di
    tutto non cerchera` se non quelle che sono veramente utili alla gloria
    di Dio, al bene delle anime o a quel necessario sollievo che e`
    richiesto dalla salute del corpo o dal bene dell'anima. Poi, nell'uso
    di queste cose utili, pratichera` quella prudenza, quella modestia,
    quella temperanza, che tutto riconduce all'ordine voluto da Dio.
    Quindi via quelle lunghe conversazioni oziose che sono perdita di
    tempo e occasione di mancare all'umilta` e alla carita`; via quei
    prolungati e smodati divertimenti che stancano il corpo e deprimono
    l'anima 588-1. Insomma si tenga sempre presente la regola data
    dall'Apostolo: "Omne quodcumque facitis in verbo aut in opere, omnia
    in nomine Domini Jesu Christi, gratias agentes Deo et Patri per
    ipsum". 588-2
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    00 17/10/2013 11:29
    II. Santificazione delle relazioni domestiche.

    589. La grazia non distrugge la natura ma la perfeziona. Ora le
    relazioni domestiche furono istituite da Dio stesso: volle che la
    specie umana si propagasse per mezzo della legittima e indissolubile
    unione dell'uomo e della donna, e che questa unione fosse ancor piu`
    rinsaldata dai figli che ne nascerebbero. Onde le intimissime e
    affettuosissime relazioni tra marito e moglie, tra genitori e figli,
    che la grazia del sacramento del matrimonio aiuta a rendere
    soprannaturali.

    1^ DELLE RELAZIONI TRA GLI SPOSI CRISTIANI. 590-1

    590. Assistendo alle nozze di Cana ed elevando il matrimonio
    cristiano a dignita` di sacramento, Nostro Signore mostro` agli sposi
    che la loro unione puo` essere santificata e ne merito` loro la grazia.

    A) Prima del matrimonio, l'amore cristiano, amore tenero e ardente,
    casto e soprannaturale, ne unisce i cuori e li prepara a sopportar piu`
    validamente i pesi della famiglia. La natura e il demonio tentano, e`
    vero, d'insinuare in quest'affetto un elemento sensuale che potrebbe
    essere pericoloso per la virtu`; ma i fidanzati cristiani, sorretti
    dalla pratica dei sacramenti, sapranno dominar questo elemento, e
    renderanno soprannaturale il mutuo amore, rammentandosi che tutti i
    nobili sentimenti vengono da Dio e a lui si devono riferire.

    591. B) La grazia del sacramento, unendone i cuori con vincolo
    indissolubile, ne affinera` e purifichera` l'amore. Avranno
    continuamente dinanzi agli occhi le parole di S. Paolo che afferma che
    l'unione loro e` immagine di quella misteriosa unione che corre tra
    Cristo e la Chiesa 591-1. "Le donne siano sommesse ai propri
    mariti come al Signore: perche` l'uomo e` capo della donna come Cristo e`
    capo della Chiesa, lui Salvatore del suo corpo. Quindi come la Chiesa
    e` sommessa a Cristo, cosi` anche le donne ai mariti in tutto. Uomini,
    amate le spose, come Cristo amo` la Chiesa e diede se` stesso per lei,
    per santificarla, mondandola nel lavacro dell'acqua, mediante la
    parola di vita, per farsi comparire davanti la Chiesa vestita di
    gloria, senza macchia o ruga o altra tal cosa, ma che sia santa e
    immacolata. Cosi` anche i mariti devono amar le loro mogli come i
    propri corpi... Percio` anche ognuno di voi ami la moglie come se`
    stesso; la moglie poi abbia in riverenza il marito". Quindi rispetto e
    mutuo amore, che si avvicini il piu` possibile all'amore di Cristo per
    la Chiesa; obbedienza della moglie al marito in tutto cio` che e`
    legittimo; premura e protezione del marito verso la moglie; tali sono
    i doveri che l'Apostolo addita agli sposi cristiani.

    592. C) Quando Dio da` loro dei figli, li ricevono dalla sua mano
    come un sacro deposito, li amano non solo come parte di se` stessi ma
    come figli di Dio, membri di Gesu` Cristo, futuri cittadini del cielo;
    li circondano di continuo affetto e premura; danno un'educazione
    cristiana, studiandosi di formare in essi le stesse virtu` di Nostro
    Signore, ed esercitano a questo fine con riguardo, delicatezza, forza
    e dolcezza, l'autorita` data loro da Dio. Non dimenticano che, essendo
    rappresentanti di Dio, devono evitare quella debolezza che tende a
    viziare i figli e quell'egoismo che vorrebbe goderne senza formarli
    alla virtu` e al lavoro. Con l'aiuto di Dio e degli educatori, che
    scelgono con la massima cura, ne fanno uomini e cristiani, esercitando
    cosi` una specie di sacerdozio in seno alla famiglia; potranno quindi
    fare assegnamento sulla benedizione di Dio e sulla riconoscenza dei
    figli.

    2^ DEI DOVERI DEI FIGLI VERSO I GENITORI.

    593. A) La grazia, che santifica le relazioni tra gli sposi,
    perfeziona pure e rende soprannaturali i doveri di rispetto, di
    affetto e di obbedienza che i figli devono ai genitori.

    a) Ci mostra nei genitori i rappresentanti di Dio e della sua
    autorita`; a loro, dopo Dio, dobbiamo la vita, la sua conservazione e
    la buona sua direzione. Il nostro rispetto per loro deve quindi
    giungere fino alla venerazione: ammirando in essi una partecipazione
    della divina paternita`, "ex quo omnis paternitas in caelis et in
    terra" 593-1, della sua autorita`, delle sue perfezioni, Dio
    stesso dobbiamo venerare in loro.

    b) L'affetto, la bonta`, la sollecitudine loro verso di noi ci
    appariscono come un riflesso della provvidenza e della bonta` divina,
    onde il nostro amor filiale diventa piu` puro e piu` intenso, giungendo
    persino alla piu` assoluta dedizione, tanto che saremmo pronti a
    sacrificarci per loro e dare, occorrendo, la vita nostra per salvar la
    loro; prestiamo quindi tutta l'assistenza corporale e spirituale di
    cui hanno bisogno, secondo tutta la nostra possibilita`.

    c) Vedendo in loro i rappresentanti dell'autorita` di Dio, non esitiamo
    a obbedirli, in tutto, ad esempio di Nostro Signore che, per trenta
    anni, fu sottomesso a Maria e a Giuseppe: "et erat subditus
    illis" 593-2. Questa obbedienza non ha altri limiti fuori di
    quelli posti dallo stesso Dio, cioe` che si e` obbligati a obbedire piu`
    a Dio che agli uomini; ond'e` che in cio` che riguarda il bene
    dell'anima, e specialmente rispetto alla vocazione, al solo confessore
    dobbiamo obbedire, dopo averlo informato delle condizioni di famiglia.
    Anche in questo imitiamo Nostro Signore, il quale, quando la Madre gli
    chiese perche` l'avesse abbandonata, rispose: "Non sapevate che io
    debbo occuparmi delle cose del Padre mio? Nesciebatis quia in his quae
    Patris mei sunt, oportet me esse?" 593-3 Rimangono cosi` salvi i
    diritti e i doveri di tutti.

    594. B) Entrando nel chiericato, abbandoniamo il mondo e fino a un
    certo punto anche la famiglia, per entrare nella grande famiglia
    ecclesiastica, e occuparci quindi innanzi principalmente della gloria
    di Dio, del bene della Chiesa e delle anime. Gli interni sentimenti di
    rispetto e d'affetto per i genitori non cangiano certo, anzi si
    affinano, ma le esterne manifestazioni dipenderanno quindi innanzi dai
    doveri del nostro stato; nulla dobbiamo fare per piacere ai genitori
    ove ne venga danno al nostro ministero. Il primo nostro dovere e` di
    occuparci delle cose di Dio; ove dunque accadesse che il modo di
    vedere, i consigli, le esigenze loro si opponessero a cio` che da noi
    richiede il servizio delle anime, con dolcezza ed affetto ma con
    fermezza faremo loro intendere che, nei doveri del nostro stato,
    dipendiamo solo da Dio e dai superiori ecclesiastici 594-1.
    Continueremo pero` a onorarli, ad amarli, ad assisterli secondo tutta
    la possibilita` compatibile coi doveri del nostro ufficio.

    Cotesta regola s'applica pure, e a piu` forte ragione, a coloro che
    entrano in una congregazione o in un ordine religioso 594-2.

    III. Santificazione delle relazioni d'amicizia 595-1.

    L'amicizia puo` essere mezzo di santificazione o serio ostacolo alla
    perfezione, secondo che e` soprannaturale o naturale e sensibile.
    Parleremo dunque:
    * 1^ delle vere amicizie;
    * 2^ delle amicizie false;
    * 3^ delle amicizie in cui c'e` un misto di soprannaturale e di
    sensibile.

    1^ DELLE VERE AMICIZIE.

    Ne diremo la natura e i vantaggi.

    595. A) Natura. -- a) Essendo l'amicizia una mutua comunicazione tra
    due persone, si specifica innanzi tutto secondo la varieta` delle
    comunicazioni e la qualita` dei beni che si comunicano. Il che viene
    molto bene spiegato da S. Francesco di Sales 595-2: "Quanto piu`
    squisite saranno le virtu` in cui comunicate, tanto piu` perfetta sara`
    l'amicizia. Se comunicate in scienze, l'amicizia e` certamente assai
    lodevole; piu` lodevole ancora se comunicate in virtu`, nella prudenza,
    nella moderazione, nella fortezza, nella giustizia. Se poi la vostra
    mutua comunicazione riguarda la carita`, la devozione, la perfezione
    cristiana, oh Dio! quanto preziosa sara` l'amicizia! Sara` eccellente
    perche` viene da Dio, eccellente perche` tende a Dio, eccellente perche`
    ne e` vincolo Dio, eccellente perche` durera` eternamente in Dio! Oh! che
    buona cosa e` amare sulla terra come si ama in cielo e imparare ad
    averci in questo mondo quella reciproca tenerezza che ci avremo
    eternamente nell'altro!"

    La vera amicizia e` dunque in generale un'intima corrispondenza tra due
    anime per farsi scambievolmente del bene. Puo` restare semplicemente
    onesta, se i beni che si comunicano sono di ordine naturale. Ma
    l'amicizia soprannaturale e` di ordine assai superiore. E` un'intima
    corrispondenza tra due anime che si amano in Dio e per Dio, a fine di
    scambievolmente aiutarsi a perfezionar la vita divina che possedono.
    Fine ultimo ne e` la gloria di Dio, fine immediato il progresso
    spirituale, e Gesu` il vincolo di unione tra i due amici. Tal e` il
    pensiero del Beato Etelredo: "Ecce ego et tu et spero quod tertius
    inter nos Christus sit"; che il Lacordaire traduce cosi`: "Non posso
    piu` amar persona senza che l'anima prenda posto dietro il cuore e che
    Gesu` Cristo venga a fare il terzo in mezzo a noi" 595-3.

    596. b) Percio` quest'amicizia, in cambio di essere appassionata,
    predominante, esclusiva come l'amicizia sensibile, ha per doti la
    calma, il riserbo e la mutua confidenza. E` affetto calmo e moderato,
    appunto perche` fondato sull'amor di Dio ne partecipa la virtu`; onde e`
    pure affetto costante, che va crescendo, al rovescio dell'amore
    passionale che tende ad affievolirsi. Ed e` accompagnata da savio
    riserbo: in cambio di cercar familiarita` e carezze come l'amicizia
    sensibile, e` piena di rispetto e di riservatezza, perche` non desidera
    altro che comunicazioni spirituali. Questa riservatezza non impedisce
    pero` la confidenza; mutuamente stimandosi e vedendo nella persona
    amata un riflesso delle divine perfezioni, si prova per lei confidenza
    grandissima, che e` del resto reciproca; il che porta intime
    comunicazioni, perche` si brama di partecipare alle soprannaturali doti
    dell'amico. Si comunicano quindi i pensieri, i disegni, i desideri di
    perfezione. E bramando di scambievolmente perfezionarsi, non si
    peritano di avvertirsi dei difetti e di aiutarsi a correggerli. La
    mutua confidenza che regna tra i due amici impedisce all'amicizia di
    diventare inquieta, affannosa, esclusiva; non si ha per male che
    l'amico abbia altri amici, anzi se ne gode pel bene suo e per quello
    del prossimo.

    597. B) E` chiaro che tale amicizia presenta grandi vantaggi. a) La
    S. Scrittura ne fa frequenti elogi: "Un amico fedele e` tetto robusto,
    e chi lo trova ha trovato un tesoro... l'amico fedele e` balsamo
    vitale: Amicus fidelis protectio fortis; qui autem invenit illum
    invenit thesaurum... Amicus fidelis, medicamentum vitae et
    immortalitatis" 597-1. Nostro Signore ce ne diede l'esempio
    nell'amicizia che ebbe per Giovanni, il quale era conosciuto per
    "l'amato da Gesu`, quem diligebat Jesus" 597-2. S. Paolo ha amici
    a cui porta profondo affetto; soffre della loro assenza e la sua piu`
    dolce consolazione e` di rivederli; cosi` e` inconsolabile perche` non
    trova Tito al luogo convenuto, "eo quod non invenerim Titum fratrem
    meum" 597-3; si rallegra appena lo ritrova: "Consolatus est nos
    Deus in adventu Titi... magis gavasi sumus super gaudio
    Titi" 597-4. Si vede pure quale affetto nutriva per Timoteo e
    quanto bene gli faceva la sua presenza e che aiuto gli dava a farne
    anche agli altri; lo chiama quindi suo collaboratore, suo figlio, suo
    carissimo figlio, suo fratello: "Timotheus adjutor meus... filius
    meus... Timotheus frater... Timotheo dilecto filio" 597-5.

    Anche l'antichita` cristiana ci porge illustri esempi di amicizia: uno
    dei piu` celebri e` quello di S. Basilio e di S. Gregorio
    Nazianzeno 597-6.

    598. b) Da questi esempi si deducono tre ragioni a mostrare quanto
    utile sia l'amicizia cristiana, specialmente per il sacerdote di
    ministero.

    1) Un amico e` una tutela rispetto alla virtu`, protectio fortis. Noi
    sentiamo il bisogno d'aprire il cuore a un intimo confidente; il
    direttore risponde talora a questo bisogno, ma non sempre: la sua
    amicizia paterna e` diversa dall'amicizia fraterna che cerchiamo noi.
    Abbiamo bisogno d'un nostro pari con cui poter discorrere con tutta
    liberta`. Se non lo troviamo, correremo pericolo di far confidenze
    biasimevoli a persone che non sempre riusciranno innocue per noi e per
    loro.

    2) E` pure un intimo consigliere a cui apriamo volontieri i dubbi e le
    difficolta` e che ci aiuta a risolverli; e` un monitore savio e
    affettuoso, che, vedendoci all'opera e sapendo cio` che si dice di noi,
    ci dira` la verita`, facendoci cosi` schivar talora molte imprudenze.

    3) E` finalmente un consolatore, che ascoltera` amorevolmente il
    racconto delle nostre pene, e trovera` nel suo cuore le parole
    necessarie per addolcirle e confortarci.

    599. Si puo` chiedere se queste amicizie siano da approvarsi nelle
    comunita`, potendosi infatti temere che portino danno all'affetto che
    deve unire tutti i membri e che generino gelosie. Bisogna certamente
    badare che tali amicizie non rechino nocumento alla carita` comune, e
    che siano non solo soprannaturali ma tenute entro i giusti limiti
    fissati dai superiori. Con queste riserve, anche coteste amicizie
    hanno i loro vantaggi, perche` i religiosi hanno essi pure bisogno d'un
    consigliere, d'un consolatore e d'un monitore che sia insieme un
    amico. Tuttavia anche nelle comunita`, anzi piu` che altrove, bisogna
    premurosamente evitare tutto cio` che puo` aver colore di falsa
    amicizia.
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    00 17/10/2013 11:29

    2^ DELLE FALSE AMICIZIE.

    Ne esporremo la natura, i pericoli, i rimedi.

    600. A) La natura. a) Le false amicizie sono quelle che si fondano
    su doti sensibili o frivole, mirando a godere della presenza e dei
    vezzi della persona amata. E` dunque in fondo mascherato egoismo,
    perche` si ama uno per il piacere che si prova in sua compagnia. E` vero
    che si e` pronti a rendergli servizio ma per il piacere che si prova a
    maggiormente affezionarselo.

    b) S. Francesco di Sales ne distingue tre specie: le amicizie carnali,
    che cercano i diletti della volutta`; le amicizie sensuali, che si
    attaccano principalmente alle doti esterne e sensibili, "come il
    diletto di veder la bellezza, d'udire una voce soave, di toccare e
    simili" 600-1; le amicizie frivole, fondate su certe vane qualita`
    che le teste piccole chiamano virtu` e perfezione, come sarebbe di
    ballar bene, giocar bene, cantar bene, acconciarsi bene, sorridere con
    grazia, aver grazioso l'aspetto.

    601. c) Queste specie di amicizie cominciano generalmente all'eta`
    della puberta`; nascono dal bisogno istintivo che allora si prova di
    amare e di essere amati. Sono spesso una specie di deviazione
    dell'amore sessuale: fuori delle comunita` tali amicizie si formano tra
    i giovani e le giovani, e quando vanno un po' troppo oltre, prendono
    il nome di innamoramenti 601-1. Nelle comunita` chiuse si formano
    tra persone dello stesso sesso e si chiamano amicizie particolari. Si
    provano talora anche in eta` piu` avanzata; cosi` certi uomini sentono
    affetto sensibile verso giovani che hanno giovanile e grazioso
    aspetto, indole aperta e amabili maniere.

    602. d) I segni caratteristici onde si riconoscono le amicizie
    sensibili, si desumono dall'origine, dallo sviluppo, dagli effetti.

    1) Quanto all'origine, cominciano repentinamente e fortemente, perche`
    provengono da simpatia naturale e istintiva; si fondano su doti
    esterne e brillanti o che almeno paiono tali; e sono accompagnate da
    emozioni vive e talora appassionate.

    2) Nel loro sviluppo s'alimentano di conversazioni talora di nessuna
    importanza ma affettuose, talora troppo intime e pericolose; di
    sguardi frequenti, che, in certe comunita`, suppliscono alle
    conversazioni particolari; di carezze, di strette di mano espressive
    ecc.

    3) Quanto agli effetti, sono premurose, predominanti, esclusive;
    parebbe che debbano durare eterne; ma basta una separazione a cui
    seguono altri affetti per troncarle spesso molto bruscamente.

    603. B) I pericoli di queste specie d'amicizie sono evidenti.

    a) Sono uno dei piu` grandi ostacoli al progresso spirituale: Dio, che
    non vuole saperne di cuori divisi, comincia col fare interni
    rimprovero, e, se la sua voce non viene ascoltata, si ritira a poco a
    poco dall'anima, privandola di lumi e di consolazioni interiori. A
    mano a mano che queste affezioni crescono, si perde il raccoglimento
    interiore, la pace dell'anima, il gusto degli esercizi spirituali e
    del lavoro.

    b) Onde perdite considerevoli di tempo: il pensiero corre troppo
    spesso all'amico assente, e impedisce l'applicazione della mente e del
    cuore alle cose serie e alla pieta`.

    c) Sottentra il disgusto e lo scoraggiamento; la sensibilita` prende il
    sopravvento sulla volonta` che diventa debole e languida.

    d) Sorgono allora pericoli per la santa purita`. Si vorrebbe bene
    contenersi nei limiti dell'onesta`, ma si pensa che l'amicizia dia
    certi diritti e si ammettono familiarita` sempre piu` sospette. E` pendi`o
    sdrucciolevole, e chi si espone al pericolo finisce col soccombervi.

    604. C) Il rimedio sta nel combattere queste false amicizie fin dal
    principio, vigorosamente e con mezzi positivi.

    a) Fin dal principio, essendo allora piu` facile perche` il cuore non e`
    ancora profondamente attaccato; con qualche energico sforzo vi si
    riesce, sopratutto se si ha il coraggio di parlarne al confessore e
    accusarsi delle minime debolezze. Aspettando, il distacco sara` assai
    piu` laborioso 604-1.

    b) Ma, per trionfare, occorrono provvedimenti radicali: "Tagliate,
    troncate, spezzate; non basta scucire in queste folli amicizie,
    bisogna stracciare; non basta scogliere i nodi, bisogna rompere o
    troncare" 604-2. Quindi non solo non si deve andare a cercare
    colui che si ama in questo modo, ma schivar pure di pensare
    volontariamente a lui; e se talora non si puo` evitare di trovarsi in
    sua compagnia, bisogna trattarlo con gentilezza e carita` ma senza
    fargli confidenze o dargli speciali segni d'affetto.

    c) A meglio riuscirvi si adoprano mezzi positivi, cercando di
    occuparsi e di immergersi piu` attivamente che sia possibile nella
    pratica dei doveri del proprio stato; e quando cio` non ostante si
    presenta alla mente il pensiero di colui che si ama, se ne coglie
    occasione per fare un atto d'amore verso Nostro Signore, dicendo per
    esempio: "Voi solo, o Gesu`, io voglio amare, unus est dilectus meus,
    unus est sponsus meus in aeternum", A questo modo uno si approfitta
    della stessa tentazione per maggiormente amar colui che solo si merita
    il nostro cuore.
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    00 17/10/2013 11:30
    3^ DELLE AMICIZIE SOPRANNATURALI E NELLO STESSO TEMPO SENSIBILI.

    605. Avviene talvolta che nelle nostre amicizie vi e` un misto di
    naturale e di soprannaturale. Si vuole veramente il bene
    soprannaturale dell'amico, ma si desidera nello stesso tempo di
    goderne la presenza, la conversazione, e si soffre troppo della sua
    assenza. Il che viene molto bene descritto da S. Francesco di
    Sales 605-1: "Si comincia con l'amor virtuoso, ma, se non si e`
    molto prudenti, vi si mescolera` presto l'amor frivolo, poi l'amor
    sensuale, poi l'amor carnale; si`, vi e` pericolo anche nell'amor
    spirituale se non si sta ben in guardia, benche` in questo sia piu`
    difficile di prendere abbaglio, perche` la sua purezza e il suo candore
    fanno rilevar meglio le sozzure che Satana ci vuol mescolare; onde,
    quando vi si mette, lo fa con maggior astuzia, tentando di insinuarvi
    le impurita` quasi insensibilmente".

    606. Qui pure bisogna dunque vigilare sul proprio cuore e prendere
    mezzi efficaci per non scivolare sul pericoloso pendi`o.

    a) Se predomina l'elemento soprannaturale, l'amicizia si puo`
    conservare e fomentare purificandola. Ma occorre prima di tutto
    astenersi da cio` che fomenta l'elemento troppo sensibile,
    conversazioni frequenti e affettuose, familiarita` ecc.; bisogna ogni
    tanto sapersi privare di una visita, che sarebbe del resto legittima,
    e troncare una conversazione che diventa ormai inutile. A questo modo
    si acquista una certa padronanza sulla propria sensibilita` e se ne
    schivano i pericolosi traviamenti.

    b) Se predomina l'elemento sensibile, bisogna, per alquanto tempo,
    rinunciare a ogni relazione particolare con quell'amico, fuori degli
    incontri necessarii; e in tali incontri sopprimere ogni parola
    affettuosa. Si lascia cosi` raffreddare la sensibilita`, aspettando che
    regni la calma nell'anima per riprendere le relazioni. Le nuove
    relazioni assumono allora un tutt'altro carattere; che se avvenisse
    altrimenti, bisognerebbe sopprimerle per sempre.

    c) In ogni caso, bisogna giovarsi di queste occasioni per rinvigorir
    l'amore a Gesu`, protestando che non si vuole amare che in lui e per
    lui, e rileggere spesso i due capitoli VII e VIII del secondo libro
    dell'Imitazione di Cristo. Cosi` le tentazioni ci si convertono in
    occasione di vittoria.

    IV. Santificazione delle relazioni professionali 607-1.

    607. Le relazioni professionali sono mezzo di santificazione od
    ostacolo al progresso spirituale, secondo il modo con cui si
    considerano e si compiono i doveri del proprio stato. I doveri
    impostici dalla nostra professione sono in sostanza conformi in se`
    alla volonta` di Dio; se noi li compiamo come tali, con l'intenzione di
    obbedire a Dio e di regolarci secondo le leggi della prudenza, della
    giustizia e della carita`, contribuiscono a santificarci 607-2. Se
    nelle nostre relazioni professionali non abbiamo invece altro scopo
    che di procurarci onori e ricchezze a dispetto delle leggi della
    coscienza, queste relazioni diventano sorgente di scandalo e di
    peccato.

    A) Il primo dovere e` dunque quello d'accettare la professione in cui
    la Provvidenza ci ha posti, come espressione della volonta` di Dio su
    di noi, e di perseverarvi finche` non abbiamo giuste ragioni di
    cambiarla. Dio infatti volle che vi fossero varie arti e mestieri e
    varie professioni, e se per una serie di avvenimenti provvidenziali ci
    troviamo in una di esse, si puo` ben credere che tale sia per noi la
    volonta` di Dio. Eccettuiamo il caso in cui, per savie e legittime
    ragioni, credessimo di dover cambiare di condizione; perche` tutto cio`
    che e` conforme alla retta ragione, entra allora nei disegni della
    provvidenza. Quindi, padroni od operai, industriali o commercianti,
    agricoltori o finanzieri, il dovere e` di esercitare la propria
    professione, per sottomettersi alla divina volonta`, regolandosi
    secondo le leggi della giustizia, dell'equita` e della carita`. Allora
    nulla vieta di santificare ognuna delle nostre azioni, riferendole
    all'ultimo fine; il che non esclude punto lo scopo secondario di
    guadagnare il denaro necessario alla sussistenza propria e della
    famiglia. Ci furono infatti santi in tutte le condizioni.

    608. B) Ma poiche` le molteplici occupazioni e relazioni sopraffanno
    la mente e tendono quindi a sviarla da Dio, sono necessari sforzi
    spesso rinnovati per offrire a Dio e rendere soprannaturali azioni che
    sono di lor natura profane, come abbiamo indicato piu` sopra al
    n. 248.

    609. C) Inoltre, vivendo noi in un mondo poco onesto, ove gli uomini
    si contendono rabbiosamente gli onori e le ricchezze senza darsi gran
    pensiero delle leggi della giustizia e dell'equita`, occorre
    rammentarsi che bisogna anzitutto cercare il regno di Dio e la sua
    giustizia, non adoprando per arrivare ai propri scopi che mezzi
    legittimi. Il miglior criterio per discernere cio` che e` e cio` che non
    e` permesso, sta nell'osservare come si regolano gli uomini onesti e
    cristiani della stessa professione: vi sono infatti usi ammessi che
    non si possono cambiare e a cui uno non puo` sottrarsi senza incorrere
    lui e gli altri in perdite considerevoli.

    Quando tali usi sono comunemente seguiti dai buoni cristiani della
    stessa professione, vi si puo` conformar la condotta fino a che si
    possano di comune intesa riformare senza danneggiar i propri legittimi
    interessi 609-1. Ma convien badar bene di non imitare le
    abitudini e i consigli dei commercianti o degli industriali senza
    coscienza che vogliono arricchire ad ogni costo anche a scapito della
    giustizia; la loro disonesta` e la loro buona riuscita non giustificano
    l'uso di mezzi illeciti: bisogna cercare anzitutto il regno di Dio e
    la sua giustizia, il resto verra` di soprappiu`: "Quaerite ergo primum
    regnum Dei et justitiam ejus: et haec omnia adjicientur
    vobis" 609-2. Un cristiano che li imitasse darebbe scandalo.

    610. D) I doveri professionali, cosi` intesi e praticati,
    contribuiscono molto al nostro progresso spirituale. Sono essi infatti
    che compongono la trama delle nostre giornate, e Nostro Signore ci
    mostro` col suo esempio che le occupazioni piu` comuni, come il lavoro
    manuale, possono contribuire nello stesso tempo alla santificazione
    nostra e alla salute dei nostri fratelli. Se dunque un operaio o un
    uomo d'affari osserva le regole della prudenza, della giustizia, della
    fortezza, della temperanza, dell'equita` e della carita`, ha ogni giorno
    molteplici occasioni di praticar tutte le virtu` cristiane, di
    acquistarsi numerosi meriti, e, se vuole, di edificare il prossimo
    aiutandolo cogli esempi e con i consigli a salvarsi. E` cio` che fecero
    in passato e fanno al presente molti padri e molte madri di famiglia,
    molti padroni e molti operai, molti giovani e molti uomini maturi, che
    col loro modo di lavorare e di trattar gli affari, fanno stimar la
    religione da essi praticata, e si valgono poi della loro influenza per
    esercitare l'apostolato.
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    00 17/10/2013 11:30
    V. Santificazione delle relazioni d'apostolato.

    611. Che le opere d'apostolato possano e debbano essere per noi un
    mezzo di santificazione e` cosa che facilmente si capisce. Eppure ci
    sono di quelli che vi trovano indirettamente una fonte di
    dissipazione, di spirituale infiacchimento, e anche occasione di
    peccato e causa di dannazione. Si richiami qui la parola d'un uomo
    d'azione che diceva a Don Chautard: "Il lavorar per gli altri fu
    quello che mi rovino`!" 611-1. Ci sono infatti di quelli che si
    lasciano talmente sopraffare dalle opere esterne che non trovano piu`
    il tempo di fare gli esercizi piu` essenziali di pieta`; onde un
    decadimento morale che fa rivivere le passioni e prepara la via a
    dolorose cadute: all'amore soprannaturale per le anime si mescola
    insensibilmente un elemento naturale e sensibile.

    Si cerca di farsi mutuamente coraggio col pensiero che l'intento
    principale e` di fare e di ricevere del bene, si commettono intanto
    imprudenze, si viene a familiarita`, e si finisce male. In ogni caso,
    dove manca la vita interiore, uno si fa ben pochi meriti e l'azione
    esterna non ottiene che magri risultati, perche` la grazia di Dio non
    scende a fecondare un ministero ove la preghiera non ha quasi posto. E`
    quindi necessario avvivare le opere esterne con lo spirito di
    preghiera. Ecco i mezzi principali a ben riuscirvi.

    612. A) Prima di tutto bisogna ricordarsi che c'e` una gradazione nei
    mezzi di zelo e che i piu` efficaci sono la preghiera, il sacrifizio,
    l'esempio, e in ultimo luogo la parola e l'azione. Chi voglia
    convincersene, ricordi gli esempi di Nostro Signore, la cui vita fu
    tutta una perpetua preghiera e un sacrifizio perpetuo, e che comincio`
    col praticare cio` che poi insegno` agli altri, passando trent'anni
    nella vita nascosta prima di darsi ai tre anni di ministero pubblico.
    Ne` si dimentichi la condotta degli Apostoli che si esonerarono di
    certe opere di carita` affidandole ai diaconi, per poter piu`
    liberamente attendere alla preghiera e alla predicazione del Vangelo:
    "Nos vero orationi et ministerio verbi instantes erimus" 612-1.
    Si ascolti sempre l'eco della parola di S. Paolo che dice che ne` colui
    che pianta ne` colui che innaffia fanno il bene, ma Dio che solo fa
    crescere la semente: "Neque qui plantat est ali'quid, neque qui rigat,
    sed qui incrementum dat, Deus" 612-2.

    Si dara` dunque il primo posto alla preghiera (n. 470): non si
    sacrificheranno gli esercizi essenziali, come la meditazione, il
    ringraziamento, la recita devota del divino ufficio, l'esame di
    coscienza, l'offerta esplicita delle azioni principali, persuasi che
    si rende cosi` piu` servizio alle anime che se si consacrasse tutta la
    vita all'azione. Il pastore di anime dev'essere, come dice
    S. Bernardo, un serbatoio e non un semplice canale: il canale lascia
    passare tutto cio` che ha a mano a mano che lo riceve; il serbatoio
    prima empie se` stesso, e poi da` ad altrui della sua ripienezza senza
    proprio danno: "Si sapis, concham te exhibebis et non
    canalem" 612-3.

    613. B) Un secondo mezzo per non dimenticare la vita interiore, e` di
    mirare a formar una schiera d'anime elette, senza per questo
    trascurare il popolo. A riuscirvi, si sente meglio la necessita` di
    essere uomo interiore; gli studi ascetici che si fanno, i consigli che
    si danno agli altri, le pratiche di virtu` che si inculcano, ci
    conducono per forza alla vita di preghiera e di sacrifizio. Ma per
    questo bisogna che uno sia nella generosa disposizione di fare cio` che
    consiglia altrui; non c'e` allora da temere il rilassamento e la
    tiepidezza. Molti sacerdoti rivennero alla vita interiore per questa
    premura di formare una schiera di anime elette.

    614. C) Nell'insegnamento che si da` ai fedeli, dommatico o morale
    che sia, si segua un programma ben definito, onde si riesca ad esporre
    il complesso dei dommi e delle virtu` cristiane: nel preparare queste
    istruzioni, uno alimenta la propria devozione, perche` e` naturale che
    si voglia praticar noi cio` che si consiglia altrui.

    615. D) Finalmente, nell'esercizio ordinario del ministero
    parrocchiale, in occasione di battesimi, matrimoni, funerali, visite
    agli infermi, visite di condoglianza o anche di semplice cortesia,
    bisogna rammentarsi che si e` sacerdoti ed apostoli, cioe` servi delle
    anime. Quindi, dopo alcune benevoli parole, non bisogna peritarsi di
    inalzar le menti e i cuori a Dio; una conversazione sacerdotale deve
    sempre suggerire un Sursum corda.

    Con questi vari mezzi conserveremo e accresceremo la vita interiore; e
    il nostro ministero, avvivato dalla grazia, produrra` frutti
    centuplicati: "qui manet in me et ego in eo, hic fert fructum
    multum" 615-1.

    Ecco dunque come tutte le nostre relazioni col prossimo possono e
    devono diventar soprannaturali; riescono allora tutte occasione di
    progresso nella virtu` e di aumento in noi di quella vita divina di cui
    abbiamo ricevuto una copiosa partecipazione.
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    SINTESI GENERALE.

    616. Termina qui la prima parte del nostro lavoro: i Principi della
    vita soprannaturale. Tutto cio` che abbiamo detto deriva logicamente
    dai dommi di nostra fede e tutto viene ricondotto all'unita`, cioe` a
    Dio, nostro fine, e a Gesu` Cristo, nostro mediatore; e la vita
    cristiana ci si presenta come il dono di Dio all'anima e il dono
    dell'anima a Dio.

    1^ E` il dono di Dio all'anima. Da tutta l'eternita` la SS. Trinita` ci
    amo` e ci predestino` a quella vita soprannaturale che e` una
    partecipazione della vita divina. Questa Trinita`, che vive nell'anima
    nostra, e` la causa efficiente ed esemplare nello stesso tempo di
    cotesta vita, e opera sua e` l'organismo soprannaturale che ci abilita
    a fare atti deiformi.

    Ma il Verbo Incarnato ne e` la causa meritoria come pure il modello piu`
    perfetto, modello adattato alla nostra debolezza, perche`, pur essendo
    Dio, e` uomo come noi, e` nostro amico, e` nostro fratello, anzi il capo
    d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra. Maria, associata
    all'opera redentrice, non puo` essere separata dal Figlio, onde ci si
    presenta come il primo scalino per andare a Gesu`, come Gesu` e` il
    mediatore necessario per andare al Padre. Gli Angeli e i Santi, parte
    anch'essi della grande famiglia di Dio, ci aiutano con le preghiere e
    con gli esempi.

    617. 2^ Per corrispondere alle divine cortesie, l'anima si da`
    intieramente a Dio, coltivando la vita che le e` cosi` liberalmente
    largita. La coltiviamo lottando contro la concupiscenza che alberga in
    noi; facendo atti soprannaturali che, oltre meritarci un aumento di
    vita divina, ci fanno acquistar buone abitudini ossia delle virtu`; e
    frequentando i sacramenti, che aggiungono ai nostri meriti una virtu`
    santificatrice che viene da Dio stesso.

    L'essenza della perfezione e` l'amor di Dio spinto fino all'immolazione
    di se`: combattere e svigorire in noi l'uomo vecchio per farvi vivere
    Gesu` Cristo, ecco il compito nostro. Attendendovi, ossia adoprando i
    mezzi di perfezione, non cessiamo di tendere a Dio per mezzo di Gesu`
    Cristo.

    Il desiderio della perfezione non e` in sostanza che lo slancio
    dell'anima che cerca di corrispondere al preveniente amor di Dio; e ci
    porta a conoscere e ad amare Colui che e` tutto amore, "Deus caritas
    est"; a conoscere noi stessi per meglio sentire il bisogno di Dio e
    gettarci tra le misericordiose sue braccia. Quest'amore si manifesta
    con la piu` perfetta conformita` possibile alla volonta` di Dio,
    palesataci dalle sue leggi ed dai suoi consigli; come pure dai lieti o
    tristi avvenimenti che tutti servono a farcelo maggiormente amare; e
    con la preghiera, che, diventando abituale, inalza costantemente
    l'anima nostra a Dio. I mezzi esterni ci richiamano anch'essi a Dio,
    perche` la direzione, il regolamento di vita e le pie letture, ci
    assoggettano alla sua santa volonta`; le relazioni che abbiamo col
    prossimo, in cui vediamo un riflesso delle divine perfezioni, ci
    portano pure a Colui che e` il centro di ogni cosa. Or avendo, nell'uso
    di questi mezzi, continuamente davanti agli occhi Gesu` nostro modello,
    nostro collaboratore, nostra vita, ci veniamo trasformando in lui;
    Christianus alter Christus.

    Si attua cosi` a poco a poco l'ideale di perfezione tracciato ai suoi
    discepoli dall'Olier in capo al "Pietas Seminarii": "Vivere summe Deo
    in Christo Jesu Domino nostro; ita ut interiora Filii ejus intima
    cordis nostri penetrent: vivere per Dio, per Dio solo, in sommo grado,
    incorporandosi a Gesu` Cristo, per guisa che le interne sue
    disposizioni penetrino nel piu` intimo dell'anima nostra e diventino
    nostre".
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    FINE DELLA PRIMA PARTE.
    _________________________________________________________________

    409-1 S. Fr. de Sales, Teotimo, l. XII, c. 2-3; Alvarez de Paz,
    De vita^ spirit., t. I, l. V; Rodriguez, Prat. della Perf., P. I,
    Tr. I: Della stima della perfezione; Le Gaudier, De perfect. vitae
    spiritualis, P. II, sez. 1a..

    411-1 E` cio` che nota S. Tommaso nella Ia. IIae, q. 30, a. I, ad 1:
    "Appetitus sapientiae vel aliorum spiritualium bonorum, intendum
    concupiscentia nominatur... propter intensionem appetitu^s superioris
    partis, ex quo fit redundantia in appetitum inferiorem, ut simil etiam
    ipse inferior appetitus suo modo tendat in siprituale bonum consequens
    appetitum superiorem... sicut dicitur: Cor meum et anima mea
    exultaverunt in Deum vivum".

    412-1 Jerem., XXX, 3.

    412-2 S. Agostino, Le confessioni, l. I, n. 1.

    412-3 Ps. XLI, 2, LXII, 2.

    416-1 Autobiografia, c. XIII, p. 164.

    417-1 Luc., I, 53.

    418-1 Matth., VII, 8.

    419-1 I Thess., IV, 3.

    419-2 Sap., VII, 7; cfr. Prov. I, 20-33.

    419-3 Joan., VII, 37. Come nota S. Tommaso (I, q. 12, a. 6), il
    desiderio rende l'anima piu` atta e meglio disposta a ricevere
    l'oggetto desiderato: "desiderium quodammodo facit desiderantem aptum
    et paratum ad susceptionem desiderati".

    420-1 Ps. CXVIII, 131; LXXX, 11.

    422-1 Matth., VI, 33.

    423-1 Luc., IX, 62.

    423-2 Philip., III, 14.

    423-3 S. Agostino, Sermo 169, n. 18.

    423-4 Questo aveva capito E. Psichari, Les Voix qui crient dans
    le de'sert, quando, prima della sua conversione definitiva, nel deserto
    della Mauritania, diceva del santo quale egli lo concepiva: "Fino alla
    morte serba l'inquietudine della perfezione, quello scontento di se`
    che altro non e` che il sentimento della sua reale impotenza. A misura
    ch'ei si affina nella vita morale, vede maggiormente approfondirsi
    l'abisso che lo separa dal suo Dio. Quanto piu` si avvicina alla
    perfezione, tanto piu` se la vede fuggir dinanzi. Cosi` la sua vita e` un
    perpetuo ribollimento, un moto perpetuo, una gloriosa ascensione e
    come una scalata al cielo che non lascia respiro".

    424-1 Luc., XVI, 10.

    427-1 A. Boissel, Retraites ferme'es, pratique et the'orie.

    433-1 Bossuet, Della conoscenza di Dio e di se` stesso; Elevazioni
    sui Misteri; Meditazioni sul Vangelo; L. Bail, The`ologie affective;
    Lessius, De perfectionibus moribusque divinis; P. d'Argentan, Les
    Grandeurs de Dieu; Contenson, Theologia mentis et cordis; Faber, Il
    Creatore e la creatura, Il Prezioso Sangue (Salesiana, Torino); Sauve',
    Dieu intime, Je'sus intime, L'homme intime, etc.; P. Saudreau, O. P.,
    Le Divine Parole; M. d'Herbigny, La The'ologie du re've'le', c. VIII-XI;
    P. R. Garrigou-Lagrange, Le Divine Perfezioni (Ferrari, Roma).

    434-1 Matth., V, 48. Parole cosi` commentate dal 4^ Concilio Lat.:
    "Estote perfecti perfectione gratiae sicut Pater vester caelestis
    perfectus est perfectione naturae" (Denzing. 432).

    434-2 Dialog., I, p. 40. trad. Hurtaud.

    441-1 Matth., XI, 28.

    443-1 Sum. Theol., I, q. I, a. 4.

    444-1 E` appunto quello che fa la scuola francese del secolo XVII,
    con Be'rulle, Condren, Olier, S. Giovanni Eude`s e gli altri, come si
    puo` vedere in H. Bremond, t. III.

    444-2 Imit., l. III, c. 1.

    445-1 Si veda in particolare La Journe'e chre'tienne dell'Olier,
    ove questa dottrina e` mirabilmente applicata.

    446-1 S. Tommaso, I, q. 8, a. 3; Lessus, De Perfectionibus
    moribusque divinis, l. II; Rodriguez, Pratica, P. I, Tr. 6; P. Piny,
    O. P., La presenza di Dio. I tre diversi modi per rendersi Dio
    presente, etc. (Marietti, Torino); P. Plus, S. J., Dio in noi
    (Mariettl, Torino).

    446-2 Atti, XVII, 28.

    446-3 Ps., CXLIV, 18.

    452-1 Si trovera` nell'Appendice un piccolo studio sui
    caratteri, che agevolera` quest'esame. Cf.
    Dosda, L'union avec Dieu, t. 1, p. IIa., C. XXI.

    467-1 Esercizi spirituali, 1a. settimana. -- Le parole tra
    virgolette sono il testo stesso di S. Ignazio.

    467-2 Nel Metodo di S. Sulpizio, vi si aggiunge l'adorazione,
    cioe` tutti gli atti di religione, con cui adoriamo, lodiamo,
    benediciamo, amiamo e ringraziamo Dio; e vi si mette al cospetto di
    Gesu`, modello e giudice, come abbiamo esposto al n. 462.

    469-1 Gli esami particolari del Tronson suggeriscono per ogni
    virtu` o difetto, particolarita` che serviranno a meglio determinare
    l'oggetto dell'esame.

    478-1 P. de Caussade, L'abbandono alla Divina Provvidenza, I P.,
    l. I (Galla, Vicenza); L. Gaudier, op. cit., p. III, sez. II;
    S. Fr. di Sales, Il Teotimo, l. VIII-IX (Salesiana, Torino);
    S. Alfonso, La confirmita` ai divini voleri; Desurmont, OEuvres,
    t. II, sur La Providence; Mgr Gay, Vie et verbes chre'tiennes, Tr. XI,
    XIV; Dom V. Lehodey, Le Saint Abandon, P. 1a..

    480-1 Il Teotimo o Trattato dell'amor di Dio, l. VIII, c. 3.

    480-2 Trattenimento XV.

    481-1 Rom., XIII, 1-2.

    483-1 Confer. 15, c. 5-8.

    484-1 Ps. LXXXIV, 9.

    484-2 Hebr., X, 9.

    484-3 II Cor., VI, 1.

    484-4 Joan., VIII, 29.

    486-1 Tob., III, 2.

    486-2 Sap., XIV, 3; VIII, 1.

    486-3 Rom., VIII, 28.

    487-1 Job., II, 10.

    487-2 Amor di Dio, l. IX, c. 2.

    489-1 Matth., VI, 34.

    491-1 Rom., VIII, 18.

    491-2 II Cor., IV, 17.

    491-3 Colos., I, 24.

    492-1 "Qui initiatur a timore, crucem Christi sustinet patienter;
    qui proficit in spe, portat libenter; qui vero consummatur in
    caritate, amplectitur jam ardenter". (S. Bernardo, I Serm., S. Andreae,
    5.)

    492-2 Ps. CXXV, 6.

    492-3 De Imit. Christi, l. III. c. 17.

    492-4 S. Fr. di Sales, Il Teotimo, l. IX, c. 15.

    494-1 Isa., I, 16-18.

    494-2 I Reg., XV, 22; cfr. Osea, VI, 6; Matth., IX, 13; XII, 7.

    494-3 Hebr., X, 6, 7.

    494-4 Phil., II, 8.

    495-1 Phil., IV, 13.

    496-1 Philip., II, 5.

    496-2 Galat., II, 20.

    497-1 Trattimento XI.

    497-2 Matth., XII, 50.

    498-1 Castello interiore, 2a. Mansione (Versione del Mella,
    Vol. III, p. 322; Versione del P. Federico, T. II, p. 253).

    499-1 S. Thom., IIa. IIae, q. 83-84; Suarez, De Religione, Tr. IV,
    l. I, De oratione; Alvarez de Paz, t. III, l. I; S. Alfonso de
    Liguori, Del Gran mezzo della Preghiera; P. Monsabre', La Preghiera,
    Filosofia e Teologia della Preghiera (Marietti, Torino); P. Rmie`re,
    L'Apostolato della Preghiera; P. Sertillanges, La Prie`re, 1917.

    501-1 De Fide orthodoxa, l. III, c. 24. P. G.;, XCIV, 1090.

    501-2 Serm. IX, n. 3.

    501-3 S. Giov. Damasceno, l. c.

    501-4 S. Greg. Nisseno, Oraz. I., De oratione Domini, P. G.,
    XLIV, 1124.

    503-1 Bossuet, Sermone sul culto di Dio, e'd. Lebarq, t. V,
    p. 106.

    503-2 Bossuet, l. c., p. 108.

    503-3 Boss uet, l. c., p. 108.

    504-1 J.-J. Olier, Journe'e chre't., P. II, Actes quand ou va a` la
    campagne.

    505-1 Gloria in excelsis Deo.

    505-2 I Thess., V, 18.

    505-3 II Cor., IX, 15.

    507-1 "Per orationem homo Deo reverentiam exhibet, in quantum
    scilicet ei se subjicit, et profitetur orando se eo indigere sicut
    auctore suorum bonorum". S. Tommaso, IIa. IIae q. 83, a. 3.

    507-2 Matth., VII, 7.

    509-1 Sum. theol., IIa. IIae, q. 83, a. 2 ad 3. -- Cfr. Monsabre',
    La Preghiera, 1906, p. 54-55.

    510-1 I Cor., XIV, 15.

    510-2 Nella seconda parte ritorneremo sull'orazione mentale,
    indicando qual genere si conviene a ognuna delle tre vie.

    511-1 Ps. III, 17; L, 5.

    511-2 Hebr., XIII, 15.

    511-3 S. Tommaso, In libr. IV Sent., d. XV, q. 4, a. 2, qcl. 5,
    sol. 1.

    512-1 Rom., XV, 6.

    512-2 Matth., XVIII, 20.

    512-3 Commentar. in Matth., c. XVIII, 20.

    516-1 Molti di questi commenti reca l'Hurter: Opuscula Patrum
    selecta, t. II; Cfr. Sum. Theol., IIa. IIae, q. 83, a. 9; S. Teresa,
    Cammino della perfezione; P. Monsabre', La Preghiera divina, il Pater.

    519-1 S. Agostino, Enchirid., VII.

    521-1 Teotimo, l. V, c. 1.

    522-1 Luc., XVIII, 1.

    522-2 I Thess., V, 17; I, 2.

    524-1 Matth., V, 48.

    524-2 Spiegheremo questo punto piu` tardi quando esporremo il
    metodo d'orazione.

    527-1 In Psalm. CXLVI, n. 2.

    527-2 Comment. in Rom., c. 1, lez. 5.

    528-1 Cate'ch. chre'tien, P. IIa., lez. 5. -- Cfr. P. Plus, Comment
    toujours prier, 1926.

    528-2 Cate'ch., lez. VI.

    528-3 Philip., II, 5.

    528-4 Luc., XVIII, 1.

    530-1 Cassiamo, Collationes, coll. II, c. 1-13; S. Giov. Climaco,
    La Scala del Paradiso, 4^ gradino, n. 5-12; Godinez, Praxis Theologiae
    mysticae, l. VIII, c. 1; Schram, Inst. theol. mysticae, P. II, c. I,
    sez. 327-353; S. Fr. di Sales, La Folitea, P. I, c. 4; Tronson, Traite' de
    l'obe'issance, P. II; P. Faber, Progressi dell'anima nella vita
    spirituale, c. XVIII; F. Vincent, S. Fr. di Sales directeur d'a^mes,
    1923, p. 397-562; H. Noble, O. P., Lacordaire apo^tre et directeur des
    jeunes gens, 1910; Desurmont, Charite' sacerdotale, sez. 183-225; Abbate
    d'Agnel e Dr D'Espiney, Direction de conscience, 1922.

    531-1 Epist. Testem benevolentiae, 22 gen. 1899.

    532-1 Cassiano, De Coenobiorum institut., I. IV, c. 9;
    P. L. XLIX, 161.

    532-2 Co'llationes, II, 2, 5, 7, 10-11; P. L. XLIX, 526, 529, 534,
    537-542.

    532-3 Scala Paradisi, Grad. I-IV; P. G., LXXXVIII, 636, 680-681.

    533-1 "Sed quoniam areta et ardua est via quae ducit ad vitam,
    tanquam parvulis in Christo paedagogus vobis, o filioli, ac nutritius
    necessarius est, qui doceat, deducat, foveat vos, et tanquam alludat
    parvulis, ac blanditiis quibusdam consoletur". (De diversis,
    sermo VIII, 7.)

    533-2 Epist. LXXXVII, 7.

    533-3 De vita spirituali, tr. del P. Bernadot, P. II, c. I.

    534-1 Si vedano gli esempi citati dal P. Faber nel Progressi
    dell'anima etc., c. XVIII.

    534-2 Praxis confessarii, ed. Gaude', n. 121-171. Indica, al.
    n. 122, l'oggetto principale di questa direzione: "In tribus praecipue
    posita est directio confessarii quoad animas spirituales, scilicet in
    meditatione et contemplatione, in mortificatione et in frequentia^
    sacramentorum".

    535-1 La Filotea, P. III, c. 28 (Salesiana, Torino).

    535-2 Sermoni: Per la festa di N. S. della Neve.

    538-1 Avvisi e Sentenze spirituali: Del Maestro spirituale.

    544-1 La Filotea, P. I, c. IV.

    544-2 Gal., IV, 19.

    544-3 L'E'sprit d'un directeur des a^mes, p. 60-61; in questo
    opuscoletto ritorna spesso sullo stesso pensiero.

    546-1 L'E'sprit d'un directeur des a^mes, p. 60-61; in questo
    opuscoletto ritorna spesso sullo stesso pensiero.

    548-1 Appunto cosi` faceva S. Francesco di Sales, come molto bene
    dimostra F. Vincent. op. cit., p. 439-481.

    548-2 La direction spirituelle, d'apre's les e'crits et les
    exemples du Ve'n. Libermann,
    2^e e'd., p. 10-22.

    549-1 Joan., V, 30.

    551-1 II Cor., V, 20.

    552-1 S. Francesco di Sales, La Filotea, P. I, c. IV.

    553-1 Ibidem.

    553-2 Luc., XXIV, 32.

    557-1 Questo appunto scriveva il P. Libermann a un giovane
    (op. cit. pag. 131): "Sono certo che tutte le pene che avete
    contro il buon Signor N. sono infondate, ma non importa. Per cambiar
    direttore, non si tratta di sapere se le pene che si angustiano siano
    vere o false, basta che ci facciano del male".

    558-1 S. Francesco di Sales, La Filotea, Ia. P., c. III; P. III,
    c. XI; Tronson, Manuel di Se'minariste, P. I, Confe'r. II; Traite' de
    l'obe'issance, P. III; Ribet, L'Asce'tique, c. XLI.

    567-1 La vita e il regno di Gesu` nelle anime (Marietti, Torino).

    570-1 S. Francesco di Sales era maestro nel tracciare e nel far
    praticare una regola di vita rispondente ai doveri del proprio stato:
    "Sotto la sua direzione, dice la Madre di Chaugy (Mem. su S. Chantal,
    p. 62), la baronessa di Chantal comincio` una vita tutta nuova senza
    che la sua pieta` fosse incomoda ad alcuno. Ella istruiva e divertiva i
    figli, non era mai ne` triste ne` impacciata, interrompeva per fino
    senza scrupoli gli esercizi di pieta` o li rimetteva ad altro tempo
    quando la carita` lo richiedeva."

    573-1 S. Bonaventura, De modo studendi in Scriptura^; Mabillon,
    Des e'tudes monastiques, P. II, c. II, II, XVI; Le Gaudier, op.
    cit., P. V., sez. I; Tronson, Manuel, P. II, Conf. I, XV, XVI; Ribet,
    Asce'tique, c. XLIV; D. Columba Marmion, Le Christ ide'al du moine,
    p. 519-524.

    575-1 Lettere ad un giovane sulla vita cristiana, 2a. lettera.

    575-2 Numerosi commenti ne agevolano l'intelligenza; additiamo
    tra i piu` recenti, quelli del Fillion (Libreria Vescovile, Mondov1) e
    dell'Hugueny, O. P., nei quali si da` insieme il senso letterale e lo
    spirituale per la devota recita del divino Ufficio.

    575-3 La versione della Bibbia del Crampon, corretta da illustri
    professori che per modestia vollero nascondere i loro nomi, e il
    Compendio che ne e` stato fatto, renderanno ai lettori intelligenti i
    piu` grandi servizi. I lettori italiani possono ricorrere: 1^ a "La
    Sacra Bibbia commentata dal P. Marco Sales 0. P.", ottimo commento
    edito dal Marietti e dal Berruti di Torino; 2^ a "La Sacra Bibbia,
    tradotta dai testi originali e annotata per cura del P. A. Vaccari
    S. J.", edita dal Pontificio Istituto Biblico di Roma.

    579-1 J. Gauderon, La lecture spirituelle d'apre`s les principes
    de S. J. Eudes, Vie Spirituelle, Giugno 1921, p. 185-202.

    580-1 II Cor., V, 20.

    580-2 Joan., VII, 16.

    581-1 Ps. LXXXIV, 9.

    582-1 Il regno di Gesu`, p. II. sez. XV.

    583-1 Rom., II, 13.

    583-2 "Qui in corde bono et optimo audientes verbum retinent, et
    fructum afferunt in patientia^". (Luc., VIII, 15).

    583-3 Ennodius, in ejus vita.

    583-4 Jac., I, 22.

    587-1 Eccli., III, 27.

    588-1 Sulla santificazione delle visite, delle conversazioni, dei
    giuochi e dei viaggi, si veda Tronson, Ex. part., LXXVIII-XC.

    588-2 Col., III, 17.

    590-1 S. Francesco di Sales, Vita devota, IIIa. P.,
    c. XXXVIII-XXXIX.

    591-1 Ephes., V, 22-33.

    593-1 Ephes., III, 15.

    593-2 Luc., II, 51.

    593-3 Luc., II, 49.

    594-1 A. Chevrier, Le Ve'ritable disciple, 1922, p. 101-112.

    594-2 Rodriguez, Pratica,, P. IIa., Tr. V, L'affetto disordinato
    ai parenti.

    595-1 S. Fr. di Sales, La Filotea, P. III, c. 17-22 (Salesiana,
    Torino); Ribet, Asce'tique, c. XLIII, p. 437-441; 448-451;
    Ad. a Denderwindeke, Comp. Theol. acseticae, 1921, n. 437-439; Rouzic,
    De l'amitie'.

    595-2 La Filotea, P. III, c. 19.

    595-3 P. Chocarne, Vie de Lacordaire, t. II, c. XV.

    597-1 Eccl., VI, 14-16.

    597-2 Joan., XIII, 23.

    597-3 II Cor., II, 13.

    597-4 II Cor., VII, 6, 13.

    597-5 Rom., XVI, 21; I Cor., I, 1; I Tim., I, 2.

    597-6 S. Fr. di Sales, l. cit., c. 19, ne riferisce molti altri.

    600-1 Op. cit., c. 17.

    601-1 S. Francesco di Sales, l. c., c. 18.

    604-1 E` cio` che nota Ovidio nel De remediis amoris:

    "Principiis obsta, sero medicina paratur
    Cum mala per longas invaluere moras".

    604-2 Vita devota, c. XXI.

    605-1 Vita devota, l. c., C. XX.

    607-1 A. Desurmont, La saintete' dans les relations sociales,
    OEuvres, t. XI, p. 272 ss; Charite' sacerdotale, t. II, sez. 205-213.

    607-2 Si puo` trar profitto su questo argomento dal secondo
    sermone di Bourdaloue per la festa di Ognissanti, ove dimostra come i
    Santi seppero santificar la loro condizione con la religione e
    giovarsi della loro condizione per rendere piu` perfetta la loro
    religione.

    609-1 Cosi` la tariffa dei salari, nella stessa professione e
    nello stesso luogo, e` determinata da usi che un padrone non potrebbe
    modificare senza esporsi a perdite che l'obbligherebbero presto a
    chiudere l'officina.

    609-2 Matth., VI, 33.

    611-1 L'anima dell'apostolato 1915, p. 73.

    612-1 Atti, VI, 4.

    612-2 I Cor., III, 7.

    612-3 San Bernardo, In cantica, sermo XVIII, 3.

    615-1 Joan., XV, 5.
    _________________________________________________________________
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    00 19/10/2013 16:31
    PARTE SECONDA
    Le Tre Vie
    ______________

    OSSERVAZIONI PRELIMINARI 618-1

    618. I principii generali, esposti nella prima parte, s'applicano a
    tutte le anime e formano gia` un complesso di motivi e di mezzi atti a
    condurci alla piu` alta perfezione. Ma, come abbiamo detto piu` sopra
    (n. 340-343), vi sono nella vita spirituale varii gradi e tappe
    diverse da percorrere: e` quindi necessario specificarli e adattare i
    principii generali ai bisogni particolari delle anime, tenendo conto
    non solo del carattere, delle inclinazioni, della vocazione, ma anche
    del grado di perfezione in cui si trovano, affinche` il direttore possa
    guidare ogni anima secondo cio` che le conviene.

    Lo scopo quindi di questa seconda parte e` di seguire l'anima nelle
    progressive sue ascensioni, dal primo momento in cui concepisce il
    sincero desiderio di avanzarsi nella pieta` fino alle piu` alte vette
    della perfezione: lungo e spesso penoso cammino, ove pero` si gustano
    pure le piu` dolci consolazioni.

    Prima di cominciare la descrizione delle tre vie, esporremo:
    * 1^ il fondamento di questa distinzione;
    * 2^ il savio modo di applicar questa distinzione;
    * 3^ la speciale utilita` di questa seconda parte.

    I. FONDAMENTO DELLA DISTINZIONE DELLE TRE VIE.

    619. Adoperiamo questa espressione delle "tre vie" per conformarci
    al linguaggio tradizionale. E` pero` da notare che qui non si tratta di
    tre vie parallele o divergenti, ma piuttosto di tre tappe diverse
    lungo la stessa via, o, in altre parole, di tre principali gradi della
    vita spirituale percorsi dalle anime che corrispondono generosamente
    alla grazia di Dio. In ognuna poi di queste vie sono parecchie tappe,
    di cui indicheremo le piu` importanti, dovendone i direttori tener
    conto; vi sono pure forme e varieta` che dipendono dal carattere, dalla
    vocazione, dalla provvidenziale missione di ogni anima 619-1. Ma,
    come con S. Tommaso notammo, si possono ridurre a tre i gradi di
    perfezione, secondo che si comincia, si progredisce o si arriva al
    termine della vita spirituale sulla terra (n. 340-343). Intesa in
    questo largo senso, la divisione delle tre vie e` fondata nello stesso
    tempo sull'autorita` e sulla ragione.

    620. 1^ Sull'autorita` della S. Scrittura e della Tradizione.

    A) Si potrebbe certamente trovare nel Vecchio Testamento molti testi
    riguardanti la distinzione delle tre vie.

    Cosi` Alvarez de Paz l'appoggia su questo passo, che gli porge poi la
    divisione del suo libro: Declina a malo, et fac bonum, inquire pacem
    et persequere eam 620-1 : Declina a malo, schiva il peccato: ecco
    la purificazione dell'anima o la via purgativa; fac bonum, fa il bene,
    ossia pratica la virtu`: ecco la via illuminativa; inquire pacem, cerca
    la pace, quella pace che non si puo` trovare se non nell'intima unione
    con Dio: ecco la via unitiva. E` un'ingegnosa interpretazione del testo
    ma non vi si puo` vedere un valido argomento.

    621. B) Nel Nuovo Testamento: a) si possono citare, tra le altre,
    quelle parole di Nostro Signore che compendiano la spiritualita`
    descritta dai Sinottici: "Si quis vult post me venire, abneget
    semetipsum et tollat crucem suam quotidie et sequatur me" 621-1.
    L'abnegazione o la rinunzia, abneget semetipsum, ecco il primo grado;
    il portar la croce suppone la pratica positiva delle virtu`, ossia il
    secondo grado; il sequatur me e` in sostanza l'intima unione con Gesu`,
    l'unione con Dio, e quindi la via unitiva. Vi e` qui certo il
    fondamento d'una vera distinzione tra i vari mezzi di perfezione ma
    non una prova perentoria.

    622. b) Neppur S. Paolo insegna in modo esplicito la distinzione
    delle tre vie; descrive pero` tre stati dell'anima onde sorse piu` tardi
    questa distinzione.

    1) Richiamando cio` che facevano gli atleti per conquistar una caduca
    corona, Paolo si paragona a loro dicendo che egli pure si sforza di
    correre e di lottare, ma, in cambio di batter l'aria, castiga il suo
    corpo e lo tratta da schiavo per schivare il peccato e la riprovazione
    che ne e` il castigo: "Ego igitur sic curro non quasi in incertum, sic
    pugno non quasi aerem verberans, sed castigo corpus meum et in
    servitutem redigo, ne forte, cum aliis praedicaverim, ipse reprobus
    efficiar" 622-1. Or questi sono appunto gli esercizi della
    penitenza e della mortificazione, fatti sotto l'influsso d'un salutare
    timore, per domar la carne e purificar l'anima. E quante volte
    rammenta ai cristiani che bisogna spogliarsi del uomo vecchio e
    crocifiggere la carne con i suoi vizi e le sue cupidigie? Abbiamo qui
    proprio cio` che chiamiamo via purgativa.

    2) Scrivendo ai Filippesi, dichiara ch'ei non e` per anco giunto alla
    perfezione ma che segue il Maestro e si sforza di raggiungerlo, non
    guardando indietro ma alacremente spingendosi verso la me`ta: "Quae
    quidem retro sunt obliviscens, ad ea quae sunt priora extendens meipsum
    ad destinatum prosequor, ad bravium supernae vocationes Dei in Christo
    Jesu" 622-2. E aggiunge che tutti coloro che tendono alla
    perfezione devono far lo stesso: "Quicumque ergo perfecti sumus, hoc
    sentiamus... imitatores mei estote, fratres" 622-3... E altrove:
    "Imitatores mei estote sicut et ego Christi, siate miei imitatori come
    io sono di Gesu` Christo" 622-4. Sono appunto le caratteristiche
    della via illuminativa, in cui il principale dovere e` d'imitar Nostro
    Signore.

    3) Quanto alla via unitiva, la descrive sotto le due sue forme: la via
    unitiva semplice, in cui uno si studia di far costantemente vivere in
    se` Gesu`: "Vivo autem jam non ego, vivit vero in me
    Christus" 622-5; e la via unitiva straordinaria, accompagnata da
    estasi, da visioni e da rivelazioni: "Scio hominem in Christo ante
    annos quatuordicem, sive in corpore nescio sive extra corpus nescio,
    Deus scit, raptum hujusmodi usque ad tertium caelum" 622-6.

    Vi e` dunque nell'Epistole di S. Paolo un sodo fondamento per la
    distinzione delle tre vie che la Tradizione verra` meglio determinando.

    623. La Tradizione fissa a poco a poco esattamente questa
    distinzione, appoggiandola ora sulla differenza fra le virtu` teologali
    e ora sui diversi gradi di carita`.

    a) Clemente Alessandrino e` uno dei primi autori che espone il primo
    metodo. Per diventar gnostico ossia uomo perfetto, bisogna percorrere
    parecchie tappe: astenersi dal male per timore e mortificar le
    passioni; poi fare il bene o praticar le virtu` sotto l'influsso della
    speranza; e infine fare il bene per amor di Dio 623-1. Lo stesso
    modo di vedere induce Cassiano a distinguere tre gradi nell'ascensione
    dell'anima a Dio: il timore che e` proprio degli schiavi, la speranza
    che e` propria dei mercenari che lavorano per essere ricompensati, la
    carita` che e` propria dei figli di Dio 623-2.

    b) S. Agostino parte da un altro concetto: consistendo la perfezione
    nella carita`, appunto nella pratica di questa virtu` egli distingue
    quattro gradi: la carita` che principia, la carita` che progredisce, la
    carita` che e` gia` adulta, la carita dei perfetti 623-3; questi due
    ultimi gradi si riferiscono alla via unitiva, onde la sua dottrina in
    sostanza non differisce da quella dei suoi predecessori. Anche San
    Bernardo distingue tre gradi nell'amor di Dio: dopo aver mostrato che
    l'uomo comincia con l'amare se` stesso, aggiunge che, sentendo la
    propria insufficienza, si fa a cercar Dio con la fede e ad amarlo per
    ragione dei suoi benefici; poi, a forza di frequentarlo, viene ad
    amarlo e per i suoi benefici e per se stesso: e finalmente finisce con
    amarlo d'amore intieramente disinteressato 623-4. Da ultimo
    S. Tommaso, perfezionando la dottrina di S. Agostino, chiaramente
    dimostra che vi sono nella virtu` della carita` tre gradi corrispondenti
    alle tre vie o tre tappe, n. 340-343.

    624. 2^ La ragione fa veder la giustezza di questa distinzione.
    Poiche` la perfezione consiste essenzialmente nell'amor di Dio, vi
    saranno tanti gradi di perfezione quanti gradi d'amore. Ora:

    A) Prima di giungere alla perfezione dell'amore, e` necessario
    purificar l'anima dalle colpe passate e premunirla contro le future.

    La purita` di cuore e` la prima condizione per veder Dio, vederlo
    chiaramente nell'altra vita, intravvederlo e unirsi a lui in questa:
    "Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt" 624-1. Or questa
    purita` di cuore suppone l'espiazione delle colpe passate con una
    sincera e austera penitenza, la lotta vigorosa e costante contro le
    tendenze cattive che ci portano al peccato, la preghiera, la
    meditazione e gli esercizi spirituali necessari per fortificar la
    volonta` contro le tentazioni, insomma un complesso di mezzi che
    tendono a purificar l'anima e rassodarla nella virtu`: questo complesso
    di mezzi si chiama via purgativa.

    625. B) Purificata e riformata che sia, l'anima deve ornarsi delle
    virtu` cristiane positive, che la renderanno piu` simile a Gesu` Cristo;
    s'applica quindi a seguirlo a passo a passo, a copiarne
    progressivamente le disposizioni interiori, praticando insieme le
    virtu` morali e le teologali: le prime la indociliscono e la
    fortificano, le seconde principiano ad unirla positivamente a Dio; le
    une e le altre vengono praticate parallelamente, secondo i bisogni del
    momento e le ispirazioni della grazia. A meglio riuscirvi, l'anima
    perfeziona la meditazione, che diviene sempre piu` affettiva, e si
    sforza di amare e imitare Gesu`, avanzandosi cosi` nella via
    illuminativa; perche` seguire Gesu` e` seguir la luce: qui sequitur me
    non ambulat in tenebris.

    626. C) Viene poi il momento in cui l'anima, purificata dalle colpe,
    indocilita e fortificata, pronta alle ispirazioni dello Spirito Santo,
    non aspira piu` che all'intima unione con Dio; lo cerca da per tutto,
    anche in mezzo alle piu` gravi occupazioni; si attacca a lui e gode
    della sua presenza. La meditazione si semplifica sempre piu` e diventa
    affettuoso e prolungato sguardo su Dio e sulle cose divine, sotto
    l'influsso ora latente e ora cosciente dei doni dello Spirito Santo;
    e`, in altri termini, la via unitiva 626-1.

    Vi sono certamente in queste tre grandi tappe gradazioni e varieta`
    "multiformis gratia Dei" 626-2; ne descriveremo alcune, lasciando
    che lo studio delle vite dei Santi faccia conoscere le altre.

    II. SAVIO MODO DI APPLICARE QUESTA DISTINZIONE.

    627. Per applicar questa distinzione, si richiede molta delicatezza
    e molta accortezza; bisogna certo studiare i principii che verremo
    esponendo, ma piu` ancora ogni singola anima con tutte le sue
    particolarita`, tenendo conto dell'azione speciale dello Spirito Santo
    sopra di lei. Per aiutare il direttore in tale studio, non saranno
    inutili le seguenti osservazioni.

    628. A) Nella distinzione delle tre vie non vi e` nulla di assoluto o
    di matematico: a) si passa dall'una all'altra senz'accorgersene, senza
    che sia possibile porre tra loro un palo di confine. In che modo
    conoscere se un'anima e` ancora nella via purgativa o agli inizi della
    via illuminativa? Vi e` tra le due un terreno comune di cui e`
    impossibile fissare gli esatti confini. b) Del resto il progresso non
    e` sempre costante: si tratta di movimento vitale, con varie
    alternative, con flussi e riflussi; ora si progredisce e ora si
    indietreggia; talora anche pare che si rimanga nello stesso posto
    senza sensibile avanzamento.

    629. B) Ci sono poi vari gradi in ognuna di queste vie. a) Tra le
    anime incipienti ve ne sono di quelle che hanno serbata la battesimale
    innocenza; e` chiaro che, a parita` di condizioni, le prime dovranno
    esercitare piu` lungamente dalle seconde nella penitenza. b) Vi sono
    pure varieta` di temperamento, di attivita`, di energia e di costanza:
    altri praticano fervidamente gli esercizi della penitenza e altri solo
    a malincuore; alcuni sono generosi e non vogliono rifiutare a Dio cosa
    alcuna, altri non corrispondono ai suoi inviti che scarsamente. E`
    quindi evidente che tra queste anima, le quali per altro sono tutte
    nella via purgativa, vi saranno presto differenze molto grandi.
    c) Cosi` pure, tra quelli che si esercitano nella purificazione
    dell'anima solo da alcuni mesi e quelli che vi hanno gia` consacrato
    parecchi anni e sono ormai prossimi alla via illuminativa, vi e`
    notevole distanza. d) Bisogna anche e sopra tutto tener conto
    dell'azione della grazia: alcune anime sembrano riceverla in tanta
    copia da poterne prevedere un rapido progresso versi le cime della
    perfezione; altre ne ricevono molto meno e fanno progressi piu` lenti:
    si ricordi il direttore che la sua azione dev'essere subordinata a
    quella dello Spirito Santo, n. 548.

    Non bisogna quindi immaginarsi che vi siano quadri rigidi, ove si
    possano far entrare tutte le anime; bisogna invece pensare che ogni
    anima ha le sue particolarita`, di cui si deve tener conto, e che i
    quadri tracciati dagli autori spirituali devono essere tanto cedevoli
    da adattarsi a tutte le anime.

    630. C) Nella direzione delle anime poi vi e` un doppio scoglio da
    schivare: alcuni vorrebbero saltar delle tappe, ossia percorrere
    rapidamente i gradi inferiori per giungere piu` presto all'amor di Dio;
    altri invece sono sempre allo stesso punto e si fermano troppo, per
    colpa loro, nei gradi inferiori, per difetto di generosita` o di
    metodo. Ai primi il direttore ripetera` spesso che ottima cosa e` l'amar
    Dio ma che all'amor puro ed effettivo non si giunge che con la
    rinunzia e la penitenza, n. 321. Ai secondi porgera`
    incoraggiamenti e consigli, sia per stimolarne l'ardore, sia per
    aiutarli a perfezionare i metodi di meditazione o d'esame.

    631. D) Quando gli autori spirituali insegnano che questa o quella
    virtu` conviene a questa o a quella via devono intendersi con gran
    riserbo. In sostanza tutte le virtu` fondamentali convengono a ognuna
    delle tre vie, sebbene in grado diverso. Cosi` gl'incipienti devono
    certamente esercitarsi in modo speciale nella virtu` della penitenza ma
    non possono farlo se non praticando le virtu` teologali e le cardinali,
    in modo pero` diverso dalle anime proficienti, servendosene
    principalmente per purificar l'anima con la rinunzia e con le virtu`
    mortificative. Nella via illuminativa si coltiveranno queste stesse
    virtu` ma in diverso grado, in forma piu` positiva, e con la mira di
    rassomigliar meglio al divino modello. Si fara` lo stesso nella via
    unitiva ma in grado superiore, come manifestazione dell'amor verso Dio
    e sotto l'influsso dei doni dello Spirito Santo.

    Cosi` anche i perfetti, pur applicandosi principalmente all'amor di
    Dio, non cessano di purificarsi l'anima con la penitenza e con la
    mortificazione; pratiche di penitenza che sono pero` condite con amor
    piu` puro e piu` inteso, [sic] onde riescono anche efficaci.

    632. E) Pari osservazione convien pur fare per i vari generi
    d'orazione: generalmente parlando, la meditazione discorsiva conviene
    agl'incipienti, l'orazione di semplicita` e la contemplazione alla via
    unitiva. Ma l'esperienza mostra che il grado d'orazione non sempre
    corrisponde al grado di virtu`: che vi sono persone le quali, o per
    educazione o per temperamento o per abitudine, restano a lungo nella
    pratica della meditazione discorsiva o affettiva, pur essendo
    intimamente e abitualmente unite a Dio; e che altre, di mente piu`
    intuitiva e di piu` affettuoso cuore, fanno volontieri orazione di
    semplicita`, senza per altro esser giunte al grado di virtu` richiesto
    dalla via unitiva.

    Importa assai fin da principio aver sott'occhio queste osservazioni,
    per non mettere tra le virtu` separazioni assolute che non ci sono.
    Quindi noi, esponendo le singole virtu`, procureremo d'indicare quali
    gradi convengono agl'incipienti, quali ai proficienti e quali ai
    perfetti.
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    00 19/10/2013 16:32
    III. UTILITA` DELLO STUDIO DELLE TRE VIE.

    Il fin qui detto mostra quanto sia utile e necessario il savio studio
    delle tre vie.

    633. 1^ E` necessario prima di tutto ai direttori spirituali. Infatti
    e` chiaro "che gl'incipienti e i perfetti devono essere guidati con
    regole diverse" 633-1; perche`, aggiunge il P. Grou 633-2, "la
    grazia degli incipienti non e` la stessa di quella delle anime
    proficienti, ne` la grazia delle anime proficienti e` la stessa di
    quella delle persone consumate nella perfezione".

    Quindi la meditazione discorsiva, necessaria agl'incipienti,
    intorpiderebbe le anime piu` progredite. Parimenti, riguardo alle
    virtu`, vi e` un modo di praticarle che corrisponde alla via purgativa,
    un altro alla via illuminativa, un terzo alla via unitiva. Ora un
    direttore che non ha approfondito queste questioni, sara` tentato di
    dirigere quasi tutte le anime allo stesso modo e consigliare ad ognuna
    cio` che riesce bene a lui. Se l'orazione affettiva semplificata e`
    utilissima a lui, sara` tentato di consigliar lo stesso metodo a tutti
    i suoi penitenti, dimenticando che a tale orazione non si giunge se
    non a grado a grado. Chi nella pratica abituale dell'amor di Dio trova
    tutto cio` che e` necessario alla sua santificazione, sara` indotto a
    consigliare a tutti la via dell'amore come la piu` breve e la piu`
    efficace, dimenticando che l'uccellino senz'ali e` incapace di volare a
    tali altezze. Un altro che non abbia mai praticato l'orazione di
    semplice sguardo biasimera` le persone che vi si provano, parendogli
    che cosiffatto metodo non sia che pigrizia spirituale. Il direttore
    invece che ha diligentemente studiato le progressive ascensioni delle
    anime fervorose, sapra` adattare i consigli e la direzione al vero
    stato dei suoi penitenti, a maggior bene dell'anima loro.

    634. 2^ Anche i semplici fedeli studieranno con vantaggio queste
    diverse tappe; essi devono certamente lasciarsi dirigere dalla loro
    guida spirituale; ma quando, con letture bene scelte, abbiano
    afferrato, almeno nelle grandi linee, le differenze che corrono fra le
    tre vie, capiranno meglio i consigli del direttore e sapranno trarne
    maggior profitto.

    Verremo dunque ordinatamente studiando le tre vie spirituali, ma senza
    dimenticare che non vi sono quadri rigidi, e che ogni via comporta
    molte varieta` e molte forme diverse.
    _________________________________________________________________

    618-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 24, a. 9; q. 183, a. 4; Tom. di
    Vallgornera, Mystica Theol., q. II, a. II; Le Gaudier, De perf. vitae
    spiritualis, IIa. p., sez. I, c. 1; Scaramelli, Direttorio ascetico.
    Tr. 2^, Introd.; Schram, Instit. theol. mysticae, XXVI; A. Saudreau, I
    gradi della vita spirituale, Prefazione; A. Desurmont, Charite'
    sacerdotale, 138-140.

    619-1 Cosi`, nella via unitiva, si distinguono generalmente due
    forme: la via unitiva semplice e la via unitiva accompagnata da
    contemplazione infusa, come spiegheremo piu` avanti.

    620-1 Ps. XXXIII, 25.

    621-1 Luc., IX, 23.

    622-1 I Cor., IX, 26-27.

    622-2 Phil., III, 13-14.

    622-3 Phil., III, 15, 17.

    622-4 I Cor., IV, 16.

    622-5 Gal., II, 20.

    622-6 II Cor., XII, 2.

    623-1 Stromata, VI, n. 12.

    623-2 Confer., X1, 6-8.

    623-3 De nat. et gratia^, c. LXX, n. 84.

    623-4 Epist. XI, n. 8; P. L., CLXXXII, 113-114.

    624-1 Matth., V, 8.

    626-1 S. Giovanni della Croce, seguito da un certo numero
    d'autori, ha una terminologia speciale sulle tre vie che e` necessario
    conoscere: chiama incipienti quelli che sono prossimi alla
    contemplazione oscura, o notte dei sensi: proficienti, quelli che sono
    gia` nella contemplazione passiva: perfetti, quelli che hanno gia`
    attraversata la notte dei sensi e quella dello spirito. Cf. Hoornaert,
    nota sulla Notte oscura, t. III delle Opere spirituali (p. 5-6).

    626-2 I Petr., IV, 10.

    633-1 Articles d'Issy, n. XXXIV.

    633-2 Manuale delle anime interiori, Parigi, 1901, p. 71.
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    PARTE SECONDA
    Le Tre Vie
    _________________________________________________________________

    LIBRO I

    La purificazione dell'anima
    o la via purgativa
    ______________

    INTRODUZIONE 635-1

    635. Cio` che costituisce la via purgativa, o lo stato degli
    incipienti, e` la purificazione dell'anima nell'intento di giungere
    all'intima unione con Dio.

    Spieghiamo dunque:
    * 1^ che cosa intendiamo per incipienti e
    * 2^ lo scopo cui debbono mirare.

    I. CHE COSA SI HA DA INTENDERE PER INCIPIENTI?

    636. 1^ Caratteri essenziali. Gl'incipienti nella vita spirituale
    sono quelli che, vivendo abitualmente nello stato di grazia, hanno un
    certo desiderio di perfezione ma conservano affetto al peccato veniale
    e sono esposti a ricadere di tanto in tanto in alcune colpe gravi.
    Spieghiamo queste tre condizioni.

    a) Vivono abitualmente nello stato di grazia, e quindi ordinariamente
    lottano con buon esito contro le tentazioni gravi. Escludiamo quindi
    coloro che cadono spesso in peccato mortale e non ne fuggono le
    occasioni, che hanno delle velleita` di convertirsi ma non volonta`
    ferma ed efficace di farlo. Costoro non sono in via verso la
    perfezione; sono peccatori, sono mondani che bisogna prima di tutto
    staccare dal peccato mortale e dalle occasioni di
    commetterlo 636-1.

    b) Hanno un certo desiderio di perfezione o di progresso spirituale,
    quantunque questo desiderio possa essere ancor debole ed imperfetto.
    Con cio` escludiamo quei mondani, purtroppo numerosi, la cui sola
    ambizione e` di schivare il peccato mortale, ma che non hanno alcun
    sincero desiderio di progredire. Infatti questo desiderio, come
    abbiamo dimostrato al n. 414, e` il primo passo verso la perfezione.

    c) Conservano pero` alcuni affetti al peccato veniale deliberato e ne
    commettono quindi con frequenza; si distinguono cosi` dalle anime
    proficienti, le quali si sforzano di troncare ogni affetto ai peccati
    veniali, benche` di tanto in tanto volontariamente ne commettano. La
    ragione di questi affetti sta nel fatto che le loro passioni non sono
    ancora ben padroneggiate; onde nascono frequenti e acconsentiti moti
    di sensualita`, di superbia, di vanita`, di collera, d'invidia, di
    gelosia, parole e atti contrari alla carita`, ecc. Quante persone, che
    si dicono devote, conservano di tali affetti, che fanno loro
    commettere colpe veniali deliberate, e le espongono quindi a cadere di
    tanto in tanto in colpe gravi!

    637. 2^ Varie categorie. Vi sono dunque varie categorie di
    incipienti:--

    a) Le anime innocenti che desiderano progredire nella via spirituale:
    fanciulli, giovinetti, giovanette, persone del mondo che, non contenti
    di schivare il peccato grave, vogliono far qualche cosa di piu` per Dio
    e bramano perfezionarsi. Ce ne sarebbero anche di piu`, se i sacerdoti
    si dessero premura di svegliare in loro questo desiderio di
    perfezione, al catechismo, nel patronato, nei vari circoli
    parrocchiali. Si rilegga quindi quanto abbiamo detto su questo
    argomento al n. 409-430.

    b) I convertiti, che, dopo commessi gravi peccati, ritornano
    sinceramente a Dio, e per allontanarsi piu` efficacemente dall'abisso,
    vogliono andare avanti nelle vie della perfezione. Anche qui possiamo
    dire che ve ne sarebbero assai piu` se i confessori badassero a
    rammentare ai penitenti che, per non indietreggiare, e` necessario
    avanzare, e che il solo mezzo efficace di schivare il peccato mortale
    e` di tendere alla perfezione (cf. n. 354-361).

    c) Gli intiepiditi, che, dopo essersi dati una prima volta a Dio e
    aver fatto qualche progresso, caddero poi nel rilassamento e nella
    tiepidezza: costoro hanno bisogno, quand'anche fossero gia` pervenuti
    alla via illuminativa, di rifarsi alle pratiche austere della via
    purgativa e riprendere da capo il lavoro della perfezione. Per
    aiutarli nei loro sforzi, si dovra` studiosamente premunirli contro i
    pericoli del rilassamento e della tiepidezza, combattendone le cause
    che ordinariamente sono la storditaggine o la leggerezza, l'apatia e
    una certa infingardaggine.

    638. 3^ Due classi di incipienti. Tra gl'incipienti gli uni mostrano
    generosita` maggiore e gli altri molto minore: onde le due classi che
    S. Teresa distingue tra loro.

    a) Nella prima mansione del Castello interiore^638-1 descrive
    queste anime che, pur trovandosi ancora molto legate al mondo, hanno
    nondimeno dei buoni desideri, recitano alcune preghiere, ma
    ordinariamente con la mente piena di mille affari che ne sopraffanno i
    pensieri. Hanno ancora molti attacchi ma si sforzano di quando in
    quando di liberarsene. In virtu` di questi sforzi, entrano nelle prime
    piu` basse stanze del Castello, ma entra con loro una folla di rettili
    e d'animali velenosi (le loro passioni), che impediscono di ammirar la
    bellezza del castello e dimorarvi tranquille. Questa mansione, benche`
    la meno alta, e` gia` di grande ricchezza; ma terribili sono le astuzie
    e gli artificii del demonio per impedire a queste anime di avanzarsi;
    il mondo, in cui sono ancora ingolfate, le sollecita coi suoi piaceri
    e coi suoi onori; ed esse ne sono facilmente vinte, ma pure desiderano
    di schivare il peccato e fanno opere degne di lode. Insomma queste
    anime tentano di associar la pieta` con la vita mondana; la loro fede
    non e` cosi` illuminata e la volonta` cosi` forte e generosa da farle
    rinunziare non solo al peccato ma anche a certe occasioni pericolose;
    non capiscono abbastanza la necessita` della frequente preghiera, ne`
    d'una rigorosa penitenza o mortificazione. Ma pur vogliono non solo
    salvarsi l'anima, si` anche progredire nell'amor di Dio, facendo
    qualche sacrificio.

    639. b) La seconda classe di incipienti e` descritta da S. Teresa
    nella seconda mansione. Sono le persone che fanno gia` orazione e
    intendono meglio che bisogna far sacrifici per progredire, ma che
    intanto, per mancanza di coraggio, ritornano talora alle prime
    mansioni, esponendosi di nuovo alle occasioni di peccato: amano ancora
    i piaceri e le seduzioni del mondo, e cadono talora in qualche colpa
    grave, rialzandosene pero` subito, perche` ascoltano la voce di Dio che
    le chiama al pentimento. Non ostante le sollecitazioni del mondo e del
    demonio, meditano sulla fragilita` dei falsi beni della terra e sulla
    morte che presto verra` a separarnele. Amano allora sempre di piu` Colui
    da cui ricevono numerose testimonianze d'amore; capiscono che fuori di
    lui non possono trovar ne` pace ne` sicurezza, e bramano schivare i
    traviamenti del figliuol prodigo. E` dunque uno stato di lotta, in cui
    soffrono molte tentazioni che le assalgono, ma dove pure Dio si degna
    di consolarle e di fortificarle. Conformandosi alla volonta` di Dio,
    che e` il gran mezzo di perfezione, finiranno con l'uscire da quelle
    mansioni ove circolano ancora le bestie velenose, per giungere a
    quella regione ove saranno al riparo dai loro morsi.

    640. Non tratteremo successivamente di queste due classi, perche` i
    mezzi da suggerire sono poi gli stessi. Ma il direttore ne terra` conto
    nei consigli particolari che dovra` dare. Cosi` volgera` specialmente
    l'attenzione delle anime della prima classe sulla malizia e sugli
    effetti del peccato; sulla necessita` di schivarne le occasioni, ed
    eccitera` in esse vivo desiderio di pregare, di far penitenza e di
    mortificarsi; alle anime piu` generose consigliera` inoltre piu` lunga
    meditazione e la lotta contro i vizi capitali, vale a dire contro
    quelle profonde inclinazioni che sono la sorgente di tutti i nostri
    peccati.
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    II. LO SCOPO A CUI MIRARE.

    641. Abbiamo detto, n. 309, che la perfezione essenzialmente
    consiste nell'unione con Dio per mezzo della carita`. Ma, essendo Dio
    la stessa santita`, non possiamo essergli uniti se non possedendo la
    purita` di cuore, che abbraccia un doppio elemento: l'espiazione del
    passato e il distacco dal peccato e dalle sue occasioni per
    l'avvenire.

    La purificazione dell'anima e` dunque il primo lavoro degli incipienti.

    Si puo` anche aggiungere che l'anima tanto piu` intimamente si unira` con
    Dio quanto piu` sara` pura e distaccata. Ora la purificazione e` piu` o
    meno perfetta secondo i motivi che la ispirano e gli effetti che
    produce.

    A) La purificazione rimane imperfetta se e` ispirata principalmente da
    motivi di timore e di speranza, timore dell'inferno e speranza del
    cielo e dei beni celesti. Gli effetti ne sono incompleti: si rinunzia
    certo al peccato mortale che ci priverebbe del cielo, ma non si
    rinunzia ai peccati veniali, anche deliberati, perche` questi non
    impediscono l'eterna salvezza.

    B) Vi e` dunque una purificazione piu` perfetta, la quale, senza
    escludere il timore e la speranza, ha per motivo principale l'amor di
    Dio, il desiderio di piacergli e quindi di schivare tutto cio` che
    anche leggermente l'offende. Si avvera allora la parola del Salvatore
    alla donna peccatrice: "Le sono rimessi i molti suoi peccati perche`
    molto ella ha amato"641-1.

    A questa seconda purificazione devono mirare le anime buone; il
    direttore pero` si ricordi che molti incipienti non sono subito capaci
    di levarsi tant'alto, e, pur parlando dell'amor di Dio, proponga anche
    quei motivi di timore e di speranza che operano piu` fortemente
    sull'anima loro.

    DIVISIONE DEL PRIMO LIBRO.

    642. Conosciuto il fine, bisogna determinare i mezzi necessari a
    conseguirlo, che si riducono poi a due: la preghiera, che ci ottiene
    la grazia, e la mortificazione con cui alla grazia corrispondiamo. Ma
    la mortificazione prende vari nomi secondo gli aspetti sotto cui si
    considera: si chiama penitenza, quando ci fa espiare le colpe passate;
    mortificazione propriamente detta, quando prende di mira l'amor del
    piacere per diminuire il numero delle colpe nel presente e nel futuro;
    lotta contro i vizi capitali, quando combatte le profonde inclinazioni
    che ci portano al peccato; lotta contro le tentazioni, quando resiste
    agli assalti dei nostri nemici spirituali. Onde cinque capitoli:
    * Cap. I. -- La preghiera degl'incipienti.
    * Cap. II. -- La penitenza per riparare il passato.
    * Cap. III. -- La mortificazione per assicurar l'avvenire.
    * Cap. IV. -- La lotta contro i vizi capitali.
    * Cap. V. -- La lotta contro le tentazioni.

    Tutti questi mezzi suppongono chiaramente la pratica delle virtu`
    teologali e delle virtu` morali nel primo loro grado: non si puo`
    infatti pregare, far penitenza e mortificarsi, senza credere
    fermamente alle verita` rivelate, senza sperare i beni del cielo e
    senza amar Dio, senza esercitarsi nella prudenza, nella giustizia,
    nella fortezza e nella temperanza. Ma noi tratteremo di queste virtu`
    nella via illumunativa, ove conseguono il pieno loro sviluppo.
    _________________________________________________________________

    635-1 A. Saudreau, I gradi, Via purgativa, 1. I-II (Marietti,
    Torino); Schryvers, Les principes, II P., c. II.

    636-1 Vi sono alcuni autori che, col P. Marchetti, (Rev. d'Asce't.
    et de Mystique, gen. 1920, p. 36-47), pensano che si debba estendere
    la via purgativa anche ai peccatori per convertirli, ma confessa che
    in cio` si allontana dalla dottrina comune. La conversione dei
    peccatori e i mezzi da suggerire per perseverare nello stato di grazia
    fanno parte della Morale piu` che dell'Ascetica. Aggiungiamo tuttavia
    che i motivi che presto proporremo per schivare il peccato mortale,
    confermeranno quelli insegnati dalla Morale.

    638-1 Il Castello interiore e` la corona e la sintesi di tutte le
    opere di S. Teresa e fu da lei composto nel 1577, nel monastero di
    Toledo, cinque anni prima di morire, pregatane dai Padri Graziano e
    Velasquez. Vengono in esso chiaramente ed esattamente descritti i
    sette principali gradi di orazione corrispondenti a sette stati della
    vita spirituale. Mentre la Santa stava pensando, la vigilia della
    festa della SS. Trinita`, quale avrebbe dovuto essere l'idea
    fondamentale, di questo Trattato, Dio si degno` di suggerirgliela egli
    stesso, mostrandole l'anima in grazia sotto il simbolo di un magnifico
    globo di cristallo in forma di castello con sette grandi abitazioni.
    Nella settima, che e` nel centro, abita Dio stesso, cinto di mirabile
    fulgore che illumina tutte le altre divisioni a proporzione della loro
    prossimita` al centro. Fuori del castello tenebre, immondezze e bestie
    velenose, che s'avventano a coloro che s'avventurano in quelle
    regioni. Porta d'ingresso ne e` l'orazione, che ci fa rientrare in noi
    stessi e trovar Dio. Porta d'uscita il peccato mortale, di cui la
    Santa fa una terribile descrizione.

    Delle sette grandi concentriche abitazioni, le prime due corrispondono
    alla via purgativa, la terza alla via illuminativa, colla quarta
    comincia la contemplazione infusa.

    (I primi traduttori italiani delle opere di S. Teresa tradussero il
    vocabolo spagnuolo moradas, indicante le sette grando abitazioni del
    Castello, con mansioni; parola ben scelta, perche` non si tratta
    propriamente di sette stanze o sale o aule che si voglia dire, ma di
    sette grandi spazii ideali. Infatti, scrive S. Teresa nel secondo
    capitolo della prima mansione: < considerarne poche, ma un milione di stanze, perche` di molte maniere
    entrano qui anime e tutte con buona intenzione>>. Questo vocabolo anche
    noi riterremo nelle citazioni. N. d. T.)

    641-1 Luc., VII, 47.
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    PARTE SECONDA
    Le Tre Vie

    LIBRO I
    La purificazione dell'anima
    o la via purgativa
    _________________________________________________________________

    CAPITOLO I.

    La preghiera degl'incipienti 643-1.

    643. Abbiamo gia` esposto (n. 499-521) la natura e l'efficacia
    della preghiera. Richiamate coteste nozioni agli incipienti, converra`:
    1^ inculcar loro la necessita` e le condizioni della preghiera;
    2^ formarli a poco a poco agli esercizi spirituali che fanno per loro;
    3^ insegnar loro a meditare.
    * Art. I. -- Della preghiera in generale
    + Necessita`.
    + Condizioni.
    * Art. II. -- Dei principali esercizi spirituali.
    * Art. III. -- Della meditazione
    + Nozioni generali.
    + Vantaggi e necessita`.
    + Della meditazione degl'incipienti.
    + Metodi principali.

    ART. I. NECESSITA` E CONDIZIONI DELLA PREGHIERA.

    sez. I. Necessita` della preghiera.

    644. Quanto dicemmo del doppio fine della preghiera, adorazione e
    domanda (n. 503-509), ce ne mostra molto bene la necessita`. E`
    infatti evidente che, come creature e come cristiani, siamo obbligati
    a glorificar Dio con l'adorazione, la riconoscenza e l'amore; e che,
    come peccatori, dobbiamo offrirgli i nostri doveri di riparazione
    (n. 506). Qui pero` si tratta principalmente della preghiera come
    domanda, e della sua necessita` assoluta come mezzo di salute e di
    perfezione.

    645. La necessita` della preghiera e` fondata sulla necessita` della
    grazia attuale. E` di fede che, senza questa grazia, siamo
    nell'impotenza assoluta di salvarci, tanto piu` poi di giungere alla
    perfezione, n. 126. Da per noi, per quanto buon uso facciamo della
    liberta`, non possiamo ne` positivamente disporci alla conversione, ne`
    perseverare nel bene per un tempo notevole, specialmente poi
    perseverare sino alla morte: "Senza di me, dice Gesu` ai suoi
    discepoli, voi non potete far nulla; non potete avere neppure un buon
    pensiero, aggiunge S. Paolo, perche` e` Dio che opera in noi il volere e
    il fare: "Sine me nihil potestis facere... non quod sufficientis simus
    cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis... operatur in vobis et velle
    et perficere" 645-1.

    Ora, lasciando la prima grazia che ci e` largita gratuitamente senza
    preghiera come quella che e` il principio stesso della preghiera, e`
    inconcussa verita` che la preghiera e` il mezzo normale, efficace e
    universale per cui Dio vuole che otteniamo tutte le grazie attuali.
    Ecco perche` Nostro Signore inculca si` spesso la necessita` della
    preghiera per ottenere la grazie: "Chiedete, egli dice, e otterrete,
    cercate e troverete, picchiate e vi sara` aperto; perche` chi chiede
    riceve, chi cerca trova, e si apre a chi bussa 645-2. E` come se
    dicesse, aggiungono quasi tutti i commentatori: se non chiedete non
    riceverete nulla, se non cercate non troverete nulla. Questa necessita`
    della preghiera Gesu` la richiama sopratutto quando si tratta di
    resistere alla tentazione: "vigilate et orate ut non intretis in
    tentationem: spiritus quidem promptus est, caro autem
    infirma" 645-3. S. Tommaso ne conchiude che ogni fiducia non
    fondata sulla preghiera e` presuntuosa, perche` Dio, il quale non e` per
    giustizia obbligato a darci la sua grazia, non ha promesso di darcela
    se non dipendentemente dalla preghiera. Egli conosce certamente i
    nostri bisogni spirituali senza che noi glieli esponiamo; ma pure
    vuole che le nostre preghiere siano la molla che muove la sua
    misericordia, affinche` lo riconosciamo come autore dei beni che ci
    concede 645-4.

    646. Cosi` l'intese la Tradizione. Il concilio di Trento, facendo sua
    la dottrina di S. Agostino, dice che Dio nulla comanda d'impossibile,
    perche` comanda di fare cio` che possiamo e di chiedere cio` che non
    possiamo e con la grazia sua ci aiuta a chiederlo 646-1; suppone
    quindi chiaramente che vi sono cose impossibili senza la preghiera; ed
    e` appunto la conclusione che ne trae il Catechismo romano: "la
    preghiera ci fu data come strumento necessario per ottenere cio` che
    desideriamo; vi sono infatti cose che possiamo ottenere solo col suo
    aiuto 646-2.

    647. Avviso al direttore. E` cosa assai importante insistere su
    questa verita` per gl'incipienti; perche` molti, imbevuti senza pur
    saperlo di pelagianismo o di semipelagianismo, s'immaginano di potere
    con la volonta` e con l'energia arrivare a tutto. E` vero che
    l'esperienza viene presto a convincerli che le migliori risoluzioni
    restano spesso inadempiute nonostante i loro sforzi; ma il direttore
    se ne giovera` per ripetere, senza mai stancarsi, che solo con la
    grazia e con la preghiera possono riuscire ad osservarle; e questa
    dimostrazione sperimentale tornera` di singolar conferma alle loro
    convinzioni sulla necessita` della preghiera; esporra` pure le
    condizioni della sua efficacia.

    sez. II. Condizioni essenziali della preghiera.

    648. Avendo gia` provata la necessita` della grazia attuale per tutti
    gli atti necessari alla salute, n. 126, ne possiamo conchiudere
    che questa grazia e` pur necessaria a pregar bene. S. Paolo lo dichiara
    nettamente: "Lo Spirito porge la mano alla fiacchezza nostra; perche`
    quello che s'ha da chiedere, come conviene, non sappiamo; ma lo
    Spirito stesso l'implora per noi con gemiti inenarrabili: quid oremus
    sicut oportet, nescimus, sed ipse Spiritus postulat pro nobis
    gemitibus inenarrabilibus 648-1. Aggiungiamo che questa grazia e`
    offerta a tutti, anche ai peccatori, e che quindi tutti possono
    pregare.

    Benche` lo stato di grazia non sia necessario per pregare, pure aumenta
    singolarmente il valore delle nostre preghiere, perche` fa di noi gli
    amici di Dio e le membra viventi di Gesu` Cristo.

    Esamineremo le condizioni richieste dalla preghiera:
    * 1^ da parte dell'oggetto;
    * 2^ da parte di chi prega.
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    00 19/10/2013 16:36
    I. Da parte dell'oggetto.

    649. La condizione piu` importante, da parte dell'oggetto, e` di
    chiedere soltanto i beni che ci conducono alla vita eterna, prima di
    tutto le grazie soprannaturali, e secondariamente, in quanto saranno
    utili alla eterna nostra salute, i beni d'ordine temporale. Tale e` la
    regola fissata da Nostro Signore stesso: "Cercate in primo luogo il
    regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date
    di giunta. Quaerite primum regnum Dei et justitiam ejus, et haec omnia
    adjicientur vobis 649-1. Come infatti abbiamo detto,
    n. 307-308, la felicita`, come la perfezione dell'uomo, consiste
    nel possesso di Dio e quindi nelle grazie necessarie a questo fine.
    Onde non dobbiamo chiedere nulla che non sia in relazione con questo
    fine.

    1^ I beni temporali in se stessi sono troppo al disotto di noi, troppo
    incapaci di soddisfare le aspirazioni del nostro cuore e di renderci
    felici, onde non possono essere l'oggetto principale delle nostre
    preghiere. Ma, avendo noi fino a un certo punto bisogno di questi beni
    per vivere e assicurar la nostra salute, ci e` lecito chiedere il pane
    quotidiano, tanto quello del corpo come quello dell'anima,
    subordinando pero` il primo al secondo. Puo` darsi infatti che un bene
    particolare che ci pare desiderabile, poniamo la ricchezza, ci diventi
    poi pericoloso per l'eterna salute; onde non si puo` chiederlo che
    subordinatamente ai beni eterni.

    650. 2^ Anche quando si tratta di questa o quella grazia
    particolare, non conviene chiederla che conforme alla divina volonta`,
    Nella infinita sua sapienza Dio sa meglio di noi cio` che a ogni anima,
    secondo la sua condizione e il suo grado di perfezione, si conviene.
    Come bene osserva S. Francesco di Sales, noi dobbiamo voler la nostra
    salute come la vuol Dio, quindi risolutamente volere e abbracciare le
    grazie che ci distribuisce, perche` e` necessario che la nostra volonta`
    sia conforme alla sua 650-1; ma quando si tratta di grazie
    particolari, come sarebbe questa o quella forma di orazione, di
    consolazione, di aridita` ecc., non bisogna chiedere nulla in modo
    assoluto ma subordinar tutto alla volonta` di Dio 650-2. Dio
    distribuisce le grazie di consolazione o di aridita`, di riposo o di
    lotta, secondo i disegni della infinita sua sapienza e i bisogni
    dell'anima nostra. Non ci resta quindi che rimetterci a lui per la
    scelta delle grazie che ci sono piu` utili. Possiamo certo esprimere un
    desiderio, ma con umile sommessione alla volonta` del Padre Celeste:
    egli ci esaudira` sempre se preghiamo come si conviene; ci concedera`
    talora anche piu` e meglio di quel che domandiamo, onde noi, non solo
    non ce ne dobbiamo lamentare, ma dobbiamo anzi benedirnelo 650-3.

    II. Condizioni da parte del soggetto.

    Le condizioni piu` essenziali per rendere efficaci le nostre preghiere,
    sono: l'umilta`, la confidenza e l'attenzione, o almeno lo sforzo serio
    per stare attenti.

    651. 1^ L'umilta` nasce dalla natura stessa della preghiera. Essendo
    la grazia essenzialmente gratuita e non avendovi noi alcun diritti,
    siamo, dice S. Agostino, rispetto a Dio, dei mendicanti, e dobbiamo
    implorare dalla sua misericordia cio` che per giustizia non possiamo
    ottenere. Cosi` pregava Abramo il quale, al cospetto della maesta`
    divina, si riguardava come polvere e cenere: "Loquar ad Dominum Deum,
    cum sim pulvis et cinis 651-1; cosi` pregava Daniele, quando
    chiedeva la liberazione del popolo ebreo, appoggiandosi non sui meriti
    suoi e sulle sue virtu`, ma sulla ricchezza delle divine misericordie:
    "Neque enim in justificationibus nostris prosternimus preces ante
    faciem tuam; sed in miserationibus tuis multis" 651-2; cosi`
    pregava il pubblicano che fu esaudito: "Deus, propitius esto mihi
    peccatori" 651-3, mentre il superbo fariseo vide respinta la sua
    preghiera. Gesu` stesso ce ne da` la ragione: "Chiunque si esalta sara`
    umiliato e chi si umilia sara` esaltato: quia omnis qui se exaltat
    humiliabitur, et qui se humiliat exaltabitur". Ben lo intesero i suoi
    discepoli, e S. Giacomo ripete con insistenza: "Dio resiste ai superbi
    e da` le sue grazie agli umili: Deus superbis resistit, humilibus autem
    dat gratiam" 651-4. Ed e` giustizia questa: perche` il superbo
    attribuisce a se` l'efficacia della sua preghiera mentre l'umile
    l'attribuisce a Dio. Or vorremmo noi che Dio ci esaudisse a spese
    della sua gloria, per nutrire e fomentare la nostra vanita`? L'umile
    invece confessa che tutto gli proviene da Dio; quindi Dio,
    esaudendolo, lavora per la gloria sua e insieme per il bene del
    supplicante.

    652. 2^ Quindi la vera umilta` genera la confidenza, quella
    confidenza che non si fonda sui meriti nostri ma sull'infinita bonta`
    di Dio e sui meriti di Gesu` Cristo.

    a) La fede c'insegna che Dio e` misericordia, e che quindi si piega con
    tanto maggior amore verso di noi quanto piu` noi riconosciamo le nostre
    miserie; perche` la miseria chiama la misericordia. Invocarlo con
    fiducia, e` in sostanza un onorarlo, e` proclamare che egli e` la fonte
    di tutti i beni e nulla tanto desidera quanto di largirceli. Ci
    dichiara quindi le tante volte nella S. Scrittura che esaudisce coloro
    che sperano in lui: "Quiniam in me speravit, liberabo eum: clamabit ad
    me et ego exaudiam eum 652-1. Nostro Signore c'invita a pregare
    con confidenza e per insinuarci questa disposizione ricorse non solo
    alle esortazioni piu` premurose ma anche alle piu` tenere parabole. Dopo
    avere affermato che chi chiede riceve, aggiunge: "Chi e` mai tra voi
    che, chiedendogli il figlio del pane, gli porgera` un sasso?... Se
    dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri
    figliuoli, quanto piu` il Padre vostro che e` nei cieli concedera` cio`
    che e` buono a coloro che lo pregano" 652-2. Ritorna su questo
    punto nell'ultima Cena: "In verita`, in verita` vi dico... tutto cio` che
    chiederete al Padre nel nome mio, io lo faro`, affinche` il Padre sia
    glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa in mio nome, la
    faro` 652-3... In quel giorno chiederete nel nome mio, e non vi
    dico 652-4 che preghero` io pure il Padre per voi. Perche` anche il
    Padre vi ama avendo voi amato me". Sarebbe quindi un diffidare di Dio
    e delle sue promesse, sarebbe un far poca stima dei meriti infiniti di
    Gesu` e dell'onnipotente sua mediazione, il non avere assoluta fiducia
    nella preghiera.

    653. b) Pare talvolta, e` vero, che Dio faccia il sordo alle nostre
    preghiere, perche` vuole che la nostra confidenza sia perseverante, a
    fine di farci meglio sentire la profondita` della nostra miseria e il
    pregio della grazia; ma ci mostra pure, coll'esempio della
    Cananea 653-1, che anche quando pare che ci respinga, gode poi di
    lasciarsi fare dolce violenza. Una donna Cananea viene a supplicar
    Gesu` di guarirle la figlia tormentata dal demonio. Il Maestro non le
    risponde; essa allora si rivolge ai discepoli, importunandoli con le
    grida, tanto che essi pregano Gesu` d'intervenire. Gesu` risponde di
    essere venuto pei soli figli d'Israele. Senza punto disanimarsi, la
    povera donna gli si prostra ai piedi, dicendo: "Signore, aiutatemi.
    Gesu` replica con apparente durezza che non e` bene prendere il pane dei
    figli per gettarlo ai cani. -- E lei: E` vero, Signore; ma anche i
    cagnolini mangiano almeno le briciole che cadono dalla tavola del
    padrone. -- Vinto da cosi` constante [sic] e umile confidenza, Gesu` le
    concede finalmente il favore domandato e le guarisce sull'istante la
    figlia. Poteva farci intendere meglio che se, nonostante il poco buon
    esito delle nostre preghiere, perseveriamo nell'umile fiducia, siamo
    sicuri d'essere esauditi?

    654. 3^ Ma a questa perseverante fiducia e` necessario aggiungere
    l'attenzione o almeno il serio sforzo per pensare a cio` che diciamo a
    Dio. Le distrazioni involontarie, quando cerchiamo di respingerle e
    diminuirne il numero, non sono ostacolo alla preghiera, perche`
    l'anima, appunto per questi sforzi che facciamo, resta orientata verso
    Dio. Ma le distrazioni volontarie, che deliberatamente accettiamo o
    che solo fiaccamente respingiamo o di cui non vogliamo sopprimere le
    cause, nelle preghiere di precetto sono peccati veniali, e nelle altre
    sono negligenze e mancanze di rispetto verso Dio, che non lo
    dispongono molto ad esaudirci. La preghiera e` un'udienza che il nostro
    Creatore si degna di concederci, una conversazione col Padre celeste
    in cui lo supplichiamo che si degni d'ascoltar le nostre parole e
    badare alle nostre suppliche: "Verba mea auribus percipe Domine...
    intende voci orationis meae 654-1; e nel momento stesso che gli
    chiediamo di ascoltarci e di parlarci, non faremmo serio sforzo per
    capir cio` che diciamo e per stare attenti alle divine ispirazioni? Non
    sarebbe un'incoerenza e una mancanza di religione? Non meriteremo il
    rimprovero che Nostro Signore faceva ai Farisei? "Questo popolo mi
    onora con la punta delle labbra ma il suo cuore e` lontano da me:
    Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a
    me" 654-2.

    655. Bisogna quindi seriamente sforzarsi di cacciar prontamente ed
    energicamente le distrazioni che si presentano, sapercene umiliare e
    giovarcene per rinnovar l'unione con Gesu` e pregare con lui. E` pur
    necessario diminuire il numero delle distrazioni, combattendo
    vigorosamente le cause, l'abituale dissipazione della mente, la
    liberta` della fantasia, i pensieri e gli affetti che sopraffanno la
    mente e il cuore, e abituarsi a poco a poco al pensiero, spesso
    rinnovato, della presenza di Dio con l'offerta delle proprie azioni e
    colle giaculatorie. Adoprando questi mezzi, non c'e` ragione
    d'inquietarci delle distrazioni involontarie che ci passano per la
    mente o ci turbano la fantasia: sono prove e non colpe, e, sapendo
    fare, ci accrescono i meriti e il valore delle preghiere.

    656. Triplice e` l'attenzione che possiamo porre nelle preghiere:
    1) quando badiamo a pronunziar bene le parole, si ha l'attenzione
    verbale, che suppone gia` un certo sforzo per pensare a cio` che si
    dice; 2) se badiamo di preferenza a ben comprendere il senso delle
    parole, si ha l'attenzione letterale o intellettuale; 3) se, lasciando
    da parte il senso letterale, l'anima si inalza a Dio per adorarlo,
    benedirlo, unirsi a lui, o per addentrarsi nel mistero che si onora, o
    per chiedere a Dio tutto cio` che gli chiede la Chiesa e tutto cio` che
    gli chiede Gesu`, si ha l'attenzione spirituale o mistica. Piu` che
    agl'incipienti, quest'ultima conviene alle anime proficienti. A coloro
    che cominciano a gustar la preghiera, bisognera` raccomandare l'una o
    l'altra delle due prime specie d'attenzione, secondo il carattere e le
    inclinazioni di ciascuno e le circostanze in cui si trova.

    ART. II. DEGLI ESERCIZI DI PIETA` DEGLI INCIPIENTI.

    657. Essendo la preghiera uno dei grandi mezzi per salvarsi, il
    direttore iniziera` a poco a poco gl'incipienti alla pratica di quegli
    esercizi spirituali che costituiscono la trama d'una vita seriamente
    cristiana, tenendo conto dell'eta`, della vocazione, dei doveri del
    loro stato, del carattere, delle inclinazioni soprannaturali e dei
    progressi loro.

    658. 1^ Lo scopo a cui si ha da mirare e` di giungere adagio adagio
    ad abituar le anime alla preghiera, in modo che la loro vita sia fino
    a un certo punto una vita di preghiera (n. 522). Ma e` chiaro che
    occorre tempo notevole e sforzi diuturni per accostarsi a questo
    ideale, che non e` alla portata degl'incipienti ma che il direttore
    deve conoscere per meglio guidarvi i penitenti.

    659. 2^ I principali esercizi che servono a convertir la vita in
    abituale preghiera, oltre la preghiera del mattino e della sera che i
    buoni cristiani non mancano mai di fare, sono:

    A) La meditazione del mattino, su cui torneremo presto, e la santa
    messa con la santa comunione che ci mostrano l'ideale a cui dobbiamo
    tendere e ci aiutano a conseguirlo (n. 524). Vi sono pero` persone
    che, per i doveri del loro stato, non possono assistere tutti i giorni
    alla messa; vi potranno supplire con la comunione spirituale da farsi
    alla fine della meditazione o anche mentre attendono alle occupazioni
    manuali. In ogni caso bisognera` ammaestrarle del come trar profitto
    dalla messa e dalla comunione, quando vi potranno assistere, adattando
    alla loro capacita` quanto abbiamo detto al n. 271-289; e
    soprattutto poi del come seguire con intelligenza gli uffici liturgici
    delle domeniche e delle feste, perche` la sacra liturgia ben compresa e`
    una delle migliori scuole di perfezione.

    660. B) Nel corso della giornata, bisognera` consigliare, oltre
    l'offerta spesso rinnovata delle azioni principali, alcune
    giaculatorie, alcune buone letture adattate allo stato dell'anima
    sulle verita` fondamentali, sul fine dell'uomo, sul peccato, sulla
    mortificazione, sulla confessione e sugli esami di coscienza,
    aggiungendovi alcune vite di Santi celebri per la pratica della
    penitenza; il che sara` luce per l'intelletto, stimolo per la volonta` e
    ottimo mezzo per facilitar la meditazione. La recita di alcune diecine
    del Rosario meditandone i misteri, accrescera` la devozione alla
    SS. Vergine e l'abitudine di unirsi a Nostro Signore. La visita al
    SS. Sacramento, la cui durata variera` con le occupazioni, verra` a
    rianimar lo spirito di pieta`; e ognuno potra` vantaggiosamente servirsi
    dell'Imitazione, specialmente del libro quarto, e delle Visite al
    SS. Sacramento di Sant'Alfonso de' Liguori.

    661. C) La sera, un buon esame di coscienza integrato dall'esame
    particolare aiutera` gl'incipienti a rilevar le mancanze, a prevedere i
    rimedi, a rimettere la volonta` nella ferma risoluzione di far meglio,
    non permettendo cosi` che cadano nel rilassamento e nella tiepidezza.
    Sara` necessario richiamare anche qui quanto abbiamo detto sugli esami,
    n. 460-476, e sulla confessione, n. 262-269, ricordando che
    gl'incipienti devono esaminarsi principalmente sui peccati veniali
    deliberati, essendo questa vigilanza il mezzo migliore per evitare o
    per immediatamente riparare i peccati mortali in cui si avesse la
    disgrazia di cadere in un momento di sorpresa.

    662. 3^ Consigli al direttore. A) Il direttore vigilera` perche` i
    penitenti non si carichino di esercizi di pieta` troppo numerosi, che
    verrebbero poi a nuocere all'adempimento dei doveri del loro stato, o
    che sarebbero di ostacolo alla vera devozione. Vale certamente meglio
    recitar qualche preghiera di meno ma mettervi maggior attenzione e
    pieta`. Ce lo dice il Signore stesso: "Nelle preghiere non moltiplicate
    le parole come fanno i pagani, che pensano d'essere esauditi a furia
    di parlare. Non li imitate dunque, perche` il Padre vostro sa di che
    avete bisogno prima ancora che glielo domandate 662-1. E appunto
    allora insegno` quella breve e sostanziale preghiera del Pater, che
    contiene tutto cio` che possiamo chiedere, n. 515-516. Ora ci sono
    incipienti che facilmente pensano di essere tanto piu` pii quante piu`
    preghiere vocali fanno; si rammenti loro la parola del Maestro e si
    mostri che una preghiera attenta di dieci minuti vale piu` di un'altra
    di venti seminata di distrazioni piu` o meno volontarie, e sara` un
    grande servizio. Per aiutarli a fissar l'attenzione, si rammenti che
    pochi secondi impiegati a mettersi alla presenza di Dio e ad unirsi a
    Nostro Signore, assicureranno in modo singolare l'efficacia della
    preghiera.

    663. B) Per le preghiere che si debbono ripetere di frequente, e`
    utile, a schivar l'abitudine, insegnare un metodo semplice e facile
    onde fissar l'attenzione. Cosi`, per esempio, quanto al Rosario, se si
    bada a meditarne i misteri con la doppia intenzione di onorare la
    SS. Vergine e di attirare in noi la virtu` speciale che corrisponde al
    mistero, se ne trae maggior vantaggio e la recita diventa una piccola
    meditazione. Ma sara` anche bene far notare che non si puo`,
    ordinariamente almeno, attendere nello stesso tempo al senso letterale
    dell'Ave Maria e allo spirito del mistero, e che basta fissarsi o
    sull'uno o sull'altro.

    ART. III. DELLA MEDITAZIONE 664-1.

    Esporremo:
    * 1^ Le nozioni generali sulla meditazione;
    * 2^ i vantaggi e la necessita`;
    * 3^ i caratteri distintivi della meditazione degl'incipienti;
    * 4^ i metodi principali.
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    sez. I. Nozioni generali.

    664. 1^ Nozione ed elementi costitutivi. Abbiamo detto, n. 510,
    che vi sono due specie di preghiera: la preghiera vocale, che si
    esprime con parole o con gesti, e la preghiera mentale, che si fa
    nell'interno dell'anima. Questa si definisce: un'elevazione e una
    applicazione dell'anima a Dio, per porgergli i nostri doveri e
    diventar migliori alla sua gloria.

    Abbraccia cinque elementi principali: 1) i doveri di religione che si
    rendono a Dio o a Nostro Signor Gesu` Cristo o ai Santi;
    2) considerazioni su Dio e sulle nostre relazioni con lui, per
    alimentare e rinvigorire le nostre convinzioni sulle virtu` cristiane;
    3) riflessioni sopra noi stessi per vedere a che punto siamo nella
    pratica delle virtu`; 4) preghiere propriamente dette per chiedere la
    grazia necessaria a praticar meglio questa o quella virtu`;
    5) risoluzione per far meglio nell'avvenire. Non e` necessario che
    questi atti seguano nell'ordine indicato ne` che si facciano tutti
    nella stessa meditazione; ma perche` la preghiera meriti il nome di
    meditazione e` necessario che duri un certo tempo, distinguendosi cosi`
    dalle giaculatorie.

    Quando le anime crescono in perfezione e hanno gia` convinzioni che
    basta rapidamente rinnovare, la meditazione si semplifica e consiste
    talvolta in un semplice sguardo affettuoso, come spiegheremo piu`
    tardi.

    665. 2^ Origine. Bisogna distinguere bene tra meditazione in se`
    stessa e metodi di meditazione.

    A) La meditazione, sotto una forma o sotto un'altra, ci fu in ogni
    tempo: i libri dei profeti, i Salmi, i libri Sapienziali, sono pieni
    di meditazioni che alimentavano la pieta` degli Israeliti; e Nostro
    Signore, coll'insistere sul culto in spirito e verita`, col passar le
    notti in preghiera, col far nell'orto degli Olivi e sul Calvario lunga
    orazione, preparava la via a quelle anime interiori che dovevano nel
    corso dei secoli ritirarsi nella cella del cuore a pregarvi Dio in
    secreto. I libri di Cassiano e di S. Giacomo Climaco, senza parlare
    delle opere dei Padri, trattano esplicitamente della meditazione e
    dell'orazione, anche nelle sue forme piu` alte come la contemplazione.
    Si puo` dire che il trattato di S. Bernardo De Consideratione e` in
    sostanza un trattato sulla necessita` della riflessione e della
    meditazione. La Scuola di S. Vittore insiste molto sulla pratica della
    meditazione per giungere alla contemplazione 665-1. E si sa quanto
    S. Tommaso raccomandi la meditazione come mezzo di crescere nell'amor
    di Dio e di darsi a lui 665-2.

    666. B) La meditazione poi od orazione metodica data dal
    quindicesimo secolo; si trova esposta nel Rosetum di Giovanni
    Mauburnus 666-1 e negli autori benedettini della stessa epoca.
    S. Ignazio, negli Esercizi Spirituali, da` parecchi metodi di
    meditazione molto precisi e molto vari; S. Teresa descrive meglio
    d'ogni altro i vari generi di orazione; e i suoi discepoli espongono
    le regole della meditazione metodica 666-2. S. Francesco di Sales
    traccia egli pure un metodo di orazione alla sua Filotea, e la Scuola
    Francese del secolo XVII avra` presto il suo, che l'Olier e il Tronson
    perfezioneranno e che oggi vien detto il metodo di S.-Sulpizio.

    667. Differenza tra la meditazione e l'orazione. I due vocaboli
    meditazione e orazione si prendono spesso l'un per l'altro; volendoli
    distinguere, il primo e` riservato a quella forma di preghiera mentale
    in cui domina la considerazione o il ragionamento e che e` percio` detta
    meditazione discorsiva; il secondo si applica principalmente a quelle
    forme di preghiera mentale in cui dominano gli affetti pii e gli atti
    della volonta`. Ma la meditazione discorsiva contiene gia` anch'essa
    degli affetti, e l'orazione affettiva e` generalmente preceduta o
    accompagnata da alcune considerazioni, tranne quando l'anima viene
    colta dalla luce della contemplazione.

    668. Il genere di orazione che conviene generalmente agl'incipienti
    e` quello della meditazione discorsive, che e` necessaria per acquistare
    o fortificarne le convinzioni. Vi sono pero` anime affettive che, quasi
    fin da principio, fanno larga parte agli affetti; tutti poi devono
    essere avvertiti che la parte migliore dell'orazione consiste negli
    atti di volonta`.
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    sez. II. Vantaggi e necessita` dell'orazione.

    I. Vantaggi.

    669. La meditazione, quale fu da noi descritta, e` utilissima
    all'eterna salute e alla perfezione.

    1^ Ci distacca dal peccato e dalle sue cause. Se pecchiamo, avviene
    infatti per irriflessione e fiacchezza di volonta`. Ora la meditazione
    corregge questo doppio difetto.

    a) Ci illumina sulla malizia del peccato e sui terribili suoi effetti,
    mostrandoceli alla luce di Dio, della eternita` e di cio` che fece Gesu`
    per espiare il peccato. "E` lei, dice il P. Crasset 669-1, che ci
    conduce (col pensiero) in quei sacri deserti ove si trova Dio solo
    nella pace, nella quiete, nel silenzio e nel raccoglimento; lei che ci
    conduce spiritualmente nell'inferno a vedervi il nostro posto; al
    cimitero a vedervi la nostra dimora; in cielo a vedervi il nostro
    trono; nella valle di Giosafat a vedervi il nostro giudice; a Betlemme
    a vedervi il nostro Salvatore; sul Tabor a vedervi il nostro amore;
    sul Calvario a vedervi il nostro esempio". -- Ci distacca pure dal
    mondo e dai falsi suoi diletti; ci ricorda la fragilita` dei beni
    temporali, gli affanni che ci procurano, il vuoto e il disgusto che
    lasciano nell'anima; ci rinfranca contro la perfidia e la corruzione
    del mondo e ci fa comprendere che Dio solo puo` formar la nostra
    felicita`. -- Ci distacca specialmente da noi stessi, dalla nostra
    superbia, dalla nostra sensualita`, mettendoci in faccia a Dio che e` la
    pienezza dell'essere, e in faccia al nostro nulla, e mostrandoci che i
    sensuali diletti ci abbassano al di sotto dei bruti, mentre le gioie
    divine ci nobilitano e ci inalzano a Dio.

    b) Ci invigorisce la volonta` non solo dandoci convinzioni, come fu
    detto, ma guarendo a poco a poco la nostra inerzia, la nostra codardia
    e la nostra incostanza; infatti solo la grazia di Dio, aiutata dalla
    cooperazione nostra, puo` guarire queste debolezze. Ora la meditazione
    ci fa sollecitare questa grazia con tanto maggior ardore, quanto piu`
    abbiamo con la riflessione sentito la nostra impotenza; e gli atti di
    dolore, di contrizione e di fermo proponimento che facciamo durante la
    meditazione, con le risoluzioni che vi prendiamo, sono gia` una attiva
    cooperazione alla grazia.

    670. 2^ Ci fa pure praticar tutte le grandi virtu` cristiane:
    1) illumina la nostra fede, mettendoci sotto gli occhi le verita`
    eterne; regge la nostra speranza, aprendoci l'adito a Dio per
    ottenerne l'aiuto; stimola la nostra carita`, manifestandoci la
    bellezza e la bonta` di Dio: 2) ci rende prudenti con le considerazioni
    che ci suggerisce prima di operare; giusti, conformandoci la volonta` a
    quella di Dio; forti, facendoci partecipare alla divina potenza;
    temperanti calmandoci l'ardore dei desideri e delle passioni. Non vi
    sono dunque virtu` cristiane che con la meditazione non si possano da
    noi acquistare: aderiamo per mezzo di lei alla verita` e la verita`,
    liberandoci dai vizi, ci fa praticar la virtu`: "cognoscetis veritatem,
    et veritas liberabit vos" 670-1.

    671. 3^ Prepara cosi` la nostra unione e anche la nostra
    trasformazione in Dio. E` infatti una conversazione con Dio, che
    diventa ogni giorno piu` intima, piu` affettuosa e piu` lunga, perche`
    continua poi nel corso delle giornate anche in mezzi al lavoro,
    n. 522. Ora, a forza di frequentare l'autore di ogni perfezione,
    l'anima se ne imbeve, se ne compenetra, come la spugna che si riempie
    del liquido in cui viene immersa, come il ferro che, posto nella
    fornace, s'arroventa, si ammolisce e prende le qualita` del fuoco.

    II. Della necessita` della meditazione.

    672. 1^ Per i semplici cristiani. A) La meditazione metodica e`
    efficacissimo mezzo di santificazione, ma non e` peraltro necessaria
    all'eterna salute pei cristiani in generale. Necessario e` il pregare
    per porgere a Dio i nostri doveri e riceverne grazie: il che, com'e`
    chiaro, non puo` farsi senza una certa attenzione della mente e un
    qualche desiderio del cuore. Alla preghiera bisogna pure aggiungere
    riflessioni sulle grandi verita` e sui principali doveri cristiani con
    applicazione a se` stessi; ma tutto questo puo` farsi senza meditazione
    metodica, ascoltando le istruzioni parrocchiali, facendo buone
    letture, esaminando la propria coscienza.

    673. B) E` pero` molto utile e salutare a tutti coloro che vogliono
    progredire e salvarsi l'anima, tanto agl'incipienti come alle anime
    piu` avanzate; si puo` anzi dire che e` il mezzo piu` efficace per
    assicurarsi l'eterna salute, n. 669. Tal e` l'insegnamento di
    S. Alfonso che ne da` questa ragione: con gli altri esercizi di pieta`,
    come il Rosario, l'ufficiolo della Madonna, il digiuno, si puo`
    purtroppo continuare a vivere in peccato mortale; ma con la
    meditazione non si puo` rimanere a lungo nel peccato grave: o si
    lasciera` la meditazione o si rinunziera` al peccato 673-1; come puo`
    infatti uno presentarsi ogni giorni davanti a Dio, autore d'ogni
    santita`, con la chiara coscienza di essere in istato di peccato
    mortale, senza prendere, con l'aiuto della grazia, la ferma
    risoluzione di detestare il peccato e andare a gettarsi ai piedi d'un
    confessore per ottenere il perdono di cui vede l'assoluta necessita`?
    Se invece non si ha un momento fisso e un sicuro metodo per riflettere
    sulle grandi verita`, uno si lascia trascinar dalla disperazione e
    dagli esempi del mondo e sdrucciola insensibilmente nel peccato.

    674. 2^ Morale necessita` della meditazione per i sacerdoti addetti
    al ministero. Non parliamo qui di quei sacerdoti che, essendo
    religiosi e recitando il divino ufficio lentamente e piamente, possono
    trovare in questa recita e nelle letture e preghiere che fanno, un
    equivalente della meditazione. Si noti pero` che, anche negli Ordini in
    cui si recita l'ufficio in coro, la regola prescrive almeno mezz'ora
    di meditazione, appunto perche` si e` persuasi che la preghiera mentale
    e` l'anima delle preghiere vocali e ne assicura la fervorosa
    recitazione. E aggiungiamo che le Congregazioni fondate dopo il secolo
    XVI, insistono anche di piu` sulla meditazione, e che il Codice di
    Diritto Canonico prescrive ai Superiori di vigilare perche` tutti i
    religiosi, non legittimamente impediti, consacrino ogni giorno un
    certo tempo all'orazione mentale 674-1.

    Ma parliamo qui dei sacerdoti di ministero, immersi nelle fatiche
    apostoliche, e diciamo che la pratica abituale della meditazione, ad
    ora determinata, e` moralmente necessaria alla loro perseveranza e alla
    loro santificazione. Hanno infatti numerosi e importanti doveri da
    adempiere sotto pena di colpa grave, e d'altra parte sono talvolta
    soggetti a insistenti tentazioni nell'esercizio stesso del loro
    ministero.

    675. A) Ora, per resistere a queste tentazioni e adempiere
    fedelmente e soprannaturalmente tutti i loro doveri, e` necessario che
    abbiano profonde convinzioni e grazie particolari che ne reggano la
    vacillante volonta`; e nella meditazione quotidiana soltanto, come
    tutti convengono, le une e le altre si acquistano.

    Ne` si dica che possono anch'essi trovar nella santa messa e nel divino
    ufficio equivalenti alla meditazione. La messa e il breviario, detti
    con attenzione e devozione, sono certamente mezzi efficaci di
    perseveranza e di progresso; ma l'esperienza insegna che un sacerdote,
    tutto occupato nelle fatiche del ministero, non compie bene questi due
    cosi` importanti doveri se non attinga nell'abituale meditazione lo
    spirito di raccoglimento e di preghiera. Se trascura questo santo
    esercizio, come trovera`, fra le occupazioni e l'affari`o onde e`
    assediato, il tempo di seriamente raccogliersi e ritemprarsi nello
    spirito soprannaturale? E se questo non fa, viene presto assalito da
    numerose distrazioni anche in mezzo alle occupazioni piu` sante, le
    convinzioni gli si affievoliscono, scema l'energia, le negligenze e le
    debolezze aumentano, sopravviene la tiepidezza; e quando sorga
    tentazione grave, persistente, rabbiosa, non avendo piu` presenti alla
    mente le forti convinzioni necessarie a respingere il nemico, e`
    esposto a soccombere 675-1. "Se fo meditazione, dice Don
    Chautard 675-2, sono come rivestito d'un'armatura d'accaio e
    invulnerabile ai dardi del nemico. Ma senza la meditazione essi mi
    coglieranno certamente... O meditazione o grandissimo rischio di
    dannazione pel sacerdote che e` a contatto col mondo, dichiarava senza
    esitare il pio, dotto e prudente P. Desurmont, uno dei piu`
    esperimentati predicatori di esercizi spirituali agli ecclesiastici.
    Per l'apostolo, non c'e` via di mezza tra la santita`, se non acquistata
    almeno desiderata e cercata (sopratutto con la meditazione
    quotidiana), e la progressiva perversione, diceva a sua volta il Card.
    Lavigerie".

    676. B) Ma poi non gli basta schivare il peccato: per compiere bene
    i suoi doveri di religioso di Dio e di salvatore di anime, e`
    necessario che sia abitualmente unito a Gesu`, Sommo Sacerdote, che
    solo glorifica Dio e salva le anime. Ora come potra` stare abitualmente
    unito a lui fra le occupazioni e i pensieri del ministero se non ha un
    tempo fisso e abbastanza lungo per ritemprarsi in quest'unione, per
    lungamente e affettuosamente pensare a questo divino Modello e con la
    preghiera attirarsene lo spirito, le disposizioni, la grazia? Con
    quest'unione le sue energie sono centuplicate, la sua fiducia e`
    considerevolmente accresciuta, e assicurata la fecondita` del suo
    ministero: non e` lui che parla ma Gesu` che parla per sua bocca,
    tamquam Deo exhortante per nos; non e` lui che opera, ei non e` che
    strumento nelle mani di Dio; e perche` si studia d'imitar le virtu` di
    Nostro Signore, muove le anime ancor piu` con l'esempio che con le
    parole. Ma se cessa di far la meditazione, perdera` l'abitudine del
    raccoglimento e della preghiera e non sara` piu` che un bronzo sonoro e
    un cembalo squillante.

    677. Quindi il Papa Pio X, di santa memoria, proclamo` nettamente la
    necessita` della meditazione pel sacerdote 677-1; e il Codice di
    Diritto Canonico prescrive ai Vescovi di vigilare affinche` i sacerdoti
    consacrino ogni giorno un po' di tempo all'orazione mentale "ut idem
    quotidie orationi mentali per aliquod tempus incumbant (can. 125, 2^);
    e che lo stesso facciano gli alunni del Seminario: "ut alumni
    Seminarii singulis diebus... per aliquod tempus mentali orationi
    vacent" (can. 1367, 1^). Non e` questo un dichiarare in termini
    equivalenti la necessita` morale della meditazione per gli
    ecclesiastici?

    E` dunque un non intendersi di psicologia il consigliare agli
    ecclesiastici, occupati nella vita parrocchiale, di metter da parte la
    meditazione per dire piu` devotamente la messa e il brevario.
    L'esperienza dimostra che, quando non si fa piu` meditazione, la recita
    devota dell'ufficio riesce quasi impossibile: si dice quando si puo`,
    con molte interruzioni, con la mente piena di cio` che si e` sentito e
    di cio` che si dovra` sentire. In verita` e` la meditazione del mattino
    quella che assicura la devota celebrazione della messa e fa che uno si
    raccolga un tantino prima di cominciare il breviario.

    678. Cio` che diciamo dei sacerdoti, non si puo` forse dire, fino a un
    certo punto, anche di quei generosi laici che consacrano parte del
    loro tempo all'apostolato? Se vogliono che quest'apostolato riesca
    fecondo, e` necessario che sia avvivato dallo spirito interiore e dalla
    meditazione. Ne` si dica che il tempo dato a questo esercizio e` rubato
    alle opere di zelo. Sarebbe rasentar l'errore pelagiano il pensare che
    l'azione sia piu` necessaria della grazia e della preghiera, mentre poi
    l'apostolato e` tanto piu` fecondo quanto piu` e` animato da profonda vita
    interiore, alimentata a sua volta dalla meditazione.
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    sez. III. Caratteri generali della meditazione degl'incipienti.

    Abbiamo gia` detto che la meditazione degl'incipienti e` principalmente
    discorsiva e che vi domina il ragionamento, pur lasciando un certo
    posto agli affetti della volonta`. Ci resta da esporre:
    * 1^ su quali argomenti debbono ordinariamente meditare;
    * 2^ quali difficolta` v'incontrano.

    I. Su quali argomenti debbono meditare gl'incipienti.

    679. In generale debbono meditare su tutto cio` che puo` ispirar loro
    un crescente orrore del peccato, sulle cause delle loro colpe, sulla
    mortificazione che ne e` il rimedio, sui principali doveri del loro
    stato, sul buon uso e sull'abuso della grazia, su Gesu` modello dei
    penitenti.

    680. 1^ A concepire un orrore sempre crescente del peccato,
    mediteranno: a) sul fine dell'uomo allo stato soprannaturale, sulla
    caduta e sulla redenzione (n. 59-87); sui diritti di Dio,
    creatore, santificatore e redentore; su certi attributi divini che
    possono allontanarli dal peccato, come la sua immensita` che lo rende
    presente a ogni creatura e soprattutto all'anima che e` in istato di
    grazia; la sua santita` che l'obbliga a odiare il peccato; la sua
    giustizia che lo castiga; la sua misericordia che l'inclina a
    perdonare. Tutte queste verita` infatti tendono a farci fuggire il
    nemico di Dio, il distruttore della vita soprannaturale largitaci da
    Dio come il grande segno del suo amore e dal Redentore restituitaci a
    prezzo del suo sangue.

    b) Sul peccato: la sua origine, il suo castigo, la sua malizia, i suoi
    terribili effetti, (n. 711-735); sulle cause che conducono al
    peccato, la concupiscenza, il mondo e il demonio, n. 193-227.

    c) Sui mezzi di espiare e di prevenire il peccato, la penitenza,
    n. 705, e la mortificazione delle varie nostre facolta`, delle
    nostre tendenze viziose e soprattutto dei sette peccati capitali,
    traendone questa conclusione pratica che non si puo` star sicuri fino a
    che queste viziose inclinazioni non siano state estirpate o almeno
    padroneggiate: tratteremo presto di tutte queste questioni.

    681. 2^ Bisogna pure meditare a mano a mano su tutti i doveri
    positivi del cristiano: 1) doveri generali di religione verso Dio, di
    carita` verso il prossimo, di giusta diffidenza di noi stessi per
    ragione della nostra impotenza e delle nostre miserie: un incipiente
    rimarra` specialmente impressionato da cio` che e` esterno in queste
    virtu`; il che peraltro servira` di preparazione alle virtu` piu` sode che
    pratichera` poi nella via illuminativa; -- 2) doveri particolari
    riguardanti l'eta`, la condizione, il sesso, lo stato di vita: la
    pratica di questi doveri e` infatti la migliore delle penitenze.

    682. 3^ Essendo capitale nella vita cristiana la parte della grazia,
    sara` necessario iniziare a poco a poco gl'incipienti a cio` che nella
    vita cristiana e` fondamentale, adattando ad essi cio` che dicemmo
    dell'abitazione dello Spirito Santo nell'anima, della nostra
    incorporazione a Cristo, della grazia abituale, delle virtu` e dei
    doni. Da principio non capiranno certamente che i primi elementi di
    queste grandi verita`, ma il poco che ne intenderanno avra` grandissima
    efficacia sulla loro formazione e sul loro progresso spirituale; solo
    quando si medita su cio` che Dio ha fatto e non cessa di fare per noi,
    uno si sente portato ad essere piu` generoso nel divino servizio. Non
    dimentichiamo che S. Paolo e S. Giovanni predicavano queste verita` ai
    pagani convertiti, i quali erano anch'essi incipienti nella via
    spirituale.

    683. 4^ Si potra` allora piu` facilmente propor loro Gesu` come modello
    dei veri penitenti; Gesu` che spontaneamente abbraccia la poverta`,
    l'obbedienza, il lavoro per darci l'esempio di queste virtu`; Gesu` che
    fa penitenza per noi nel deserto, nel giardino degli Ulivi, nella
    dolorosa sua passione; Gesu` che muore per noi sulla croce. Questa
    serie di meditazioni, che la Chiesa ci offre ogni anno nella sua
    liturgia, avra` il vantaggio di far praticare la penitenza in unione
    con Gesu` Cristo con piu` generosita` ed amore e quindi con maggior
    efficacia.

    II. Delle difficolta` che incontrano gl'incipienti.

    Le difficolta` speciali che gl'incipienti trovano nella meditazione
    vengono dalla loro inesperienza, dal difetto di generosita` e
    principalmente dalle numerose distrazioni a cui vanno soggetti.

    684. A) L'inesperienza li espone a convertir la meditazione in una
    specie di tesi filosofica o teologica, o in una specie di predica che
    fanno a se stessi. Anche cosi` non e` tempo perduto, perche`, in fin dei
    conti, questo modo di meditare li fa riflettere sulle grandi verita` e
    ne rinsalda le convinzioni. Tuttavia ne caverebbero maggior profitto
    procedendo in modo piu` pratico e piu` soprannaturale.

    E` quanto dovra` insegnare un buon direttore. Fara` notare: a) che queste
    considerazioni, a riuscir pratiche, devono essere piu` personali,
    applicarsi a loro stessi, ed essere seguite da un esame per vedere a
    che punto sono nella pratica di queste verita`, e cio` che possono fare
    per attuarle nella giornata; b) che la cosa piu` importante nella
    meditazione sono gli atti della volonta`, atti di adorazione, di
    riconoscenza e d'amore verso Dio; atti di umiliazione, di contrizione
    e di santi proponimenti riguardo ai loro peccati; atti di domanda per
    ottenere la grazia di emendarsi, risoluzioni sode e frequentemente
    rinnovate di far meglio nella giornata.

    685. B) Il difetto di generosita` li espone a disanimarsi quando non
    sono sorretti dalle consolazioni sensibili che Dio aveva graziosamente
    concesso da principio per attirarli a se`; le difficolta` e le prime
    aridita` li abbattono, e credendosi abbandonati da Dio, piegano al
    rilassamento. Bisogna persuaderli che Dio chiede non la buona riuscita
    ma lo sforzo, che il merito della preghiera e` tanto maggiore quanto
    piu` vi si persevera a dispetto delle difficolta` che vi si provano, e
    che, attesa la tanta generosita` di Dio verso di noi, e` vilta`
    indietreggiare davanti allo sforzo. Questo linguaggio sara` temperato
    da grande dolcezza nel modo di rammentar queste verita` e accompagnato
    da molti paterni incoraggiamenti.

    686. C) Ma l'ostacolo piu` grande viene dalle distrazioni: non
    essendo ancora l'immaginazione, la sensibilita` e gli affetti sul
    principio ben padroneggiati, le immagini profane e talora pericolose,
    i pensieri inutili e i diversi movimenti del cuore invadono l'anima
    nel momento della meditazione. Anche qui e` di somma importanza
    l'ufficio del direttore.

    a) Richiamera` fin da principio la distinzione tra distrazioni
    volontarie 686-1 e involontarie e invitera` il suo diretto a non
    occuparsi che delle prime per diminuirne il numero. Per riuscirvi:
    1) bisogna cacciare prontamente, energicamente e costantemente le
    distrazioni, appena se ne ha coscienza; per numerose o pericolose che
    siano, sono colpevoli solo quando uno ci si trattiene volontariamente;
    chi si sforza di cacciarle fa atto grandemente meritorio: se tornano
    venti volte all'assalto e venti volte le respingiamo, avremo fatto
    ottima meditazione, assai piu` meritoria di quella in cui, sorretti
    dalla grazia di Dio, ne abbiamo avuto molto poche.

    687. 2) Per cacciarle meglio, e` bene confessare umilmente la propria
    impotenza, unirsi positivamente a Nostro Signore offrendone a Dio le
    adorazioni e le preghiere. -- Occorrendo, si potra` far uso di qualche
    libro per fissar meglio l'attenzione.

    b) Ma non basta cacciar le distrazioni per diminuirne il numero,
    bisogna prendere di mira le cause. Ora molte distrazioni provengono da
    mancanza di preparazione o da abituale dissipazione. 1) Si inviteranno
    quindi a preparar meglio la meditazione fin dalla sera precedente, non
    contentandosi d'una semplice lettura ma addentrandovisi e vedendo in
    che modo l'argomento puo` diventar pratico per loro in cambio di
    abbandonarsi a fantasticherie inutili o pericolose. 2) Ma soprattutto
    si indicheranno loro quei mezzi di disciplinare la fantasia e la
    memoria di cui presto diremo. Infatti quanto piu` l'anima progredisce
    nella pratica del raccoglimento e dell'abituale distacco, tanto piu`
    diminuiscono le distrazioni. Il che del resto vedremo anche meglio
    studiando i metodi di meditazione.
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    sez. IV. Dei principali metodi di meditazione.

    688. Essendo la meditazione un'arte difficile, i Santi diedero
    sempre volentieri molteplici consigli sui mezzi di riuscirvi: di
    ottimi se ne trovano in Cassiano, in S. Giovanni Climaco e nei
    principali scrittori spirituali. Ma solo verso il secolo XV vennero
    elaborati i metodi propriamente detti che guidarono da allora in poi
    le anime nelle vie dell'orazione.

    Questi metodi paiono a primo aspetto alquanto complessi, onde e` bene
    prepararvi gl'incipienti con cio` che si puo` chiamare lettura meditata.
    Si consigliano a leggere qualche libro di pieta`, come sarebbe il primo
    libro dell'Imitazione, il Combattimento spirituale o un libro di
    meditazioni brevi e sostanziose; e si suggerisce loro di farsi dopo la
    lettura le tre seguenti domande: 1) Sono proprio convinto che cio` che
    ora ho letto e` utile o necessario al bene dell'anima mia? e in che
    modo posso rafforzare questa convinzione? 2) Ho finora ben praticato
    questo punto tanto importante? 3) Che faro` per praticarlo meglio
    quest'oggi? Aggiungendovi un'ardente preghiera per ben praticar la
    presa risoluzione, si avranno tutti gli elementi essenziali d'una vera
    meditazione.

    I. Punti comuni a tutti i metodi.

    Ci sono nei vari metodi certi punti comuni che devono essere ben
    rilevati, perche` si tratta, com'e` chiaro, delle cose piu` importanti:

    689. 1^ C'e` sempre una preparazione remota, una preparazione
    prossima, e una preparazione immediata.

    a) La preparazione remota non e` altro che uno sforzo per mettere la
    vita che uno abitualmente conduce in armonia con la meditazione.
    Abbraccia tre cose: 1) la mortificazione dei sensi e delle passioni;
    2) il raccoglimento abituale; 3) l'umilta`. Sono queste infatti ottime
    disposizioni a pregar bene: da principio non si hanno che
    imperfettamente, ma basta perche` si possa meditar con qualche frutto;
    piu` tardi si perfezioneranno a mano a mano che si progredira` nella
    meditazione.

    b) La preparazione prossima abbraccia tre atti principali: 1) leggere
    o ascoltare, la sera precedente, il soggetto della meditazione;
    2) pensarvi allo svegliarsi eccitando il cuore a sentimenti
    corrispondenti; 3) accingersi a meditare con ardore, fiducia ed
    umilta`, nel desiderio di glorificar Dio e divenir migliori. L'anima si
    trova cosi` ben disposta a conversar con Dio.

    c) La preparazione immediata, che e` in sostanza il principio della
    meditazione, consiste nel mettersi alla presenza di Dio, presente da
    per tutto e principalmente nel nostro cuore; nel riconoscersi indegni
    e incapaci di meditare; e nell'implorare l'aiuto dello Spirito Santo
    che supplisca alla nostra insufficienza.

    690. 2^ Anche nel corpo della meditazione i vari metodi contengono,
    piu` o meno esplicitamente, gli stessi atti fondamentali:

    a) atti per porgere alla Divina Maesta` i doveri di religione che le
    sono dovuti;

    b) considerazioni per convincersi della necessita` o della grandissima
    utilita` della virtu` che si vuole acquistare, a fine di chiedere con
    piu` fervida preghiera la grazia di praticarla e di risolvere la
    volonta` a fare gli sforzi necessari per cooperare alla grazia;

    c) esami o riflessioni sopra se` stessi per rilevar le proprie mancanze
    su quel punto e vedere la via che resta a percorrere;

    d) preghiere o dimande per ottenere la grazia di progredire in tale
    virtu` e di prendere i mezzi necessarii a questo scopo;

    e) risoluzioni con cui si fissa di praticare, gia` nella giornata, la
    virtu` su cui si e` meditato.

    691. 3^ La conclusione, che chiude la meditazione, abbraccia
    insieme: 1) un ringraziamento per i benefici ricevuti; 2) uno sguardo
    sul come si e` fatta la meditazione a fine di farla meglio il giorno
    seguente; 3) un'ultima preghiera per chiedere la benedizione del Padre
    celeste; 4) la scelta d'un pensiero o di una massima efficace che
    richiami nel corso del giorno l'idea principale della meditazione e
    che viene comunemente detto mazzolino spirituale.

    I vari metodi si possono ridurre a due principali: il metodo di
    S. Ignazio e il metodo di S.-Sulpizio.

    II. Il metodo di S. Ignazio 692-1.

    692. Negli Esercizi Spirituali, S. Ignazio propone parecchi metodi
    di meditazione, secondo gli argomenti su cui si medita e i risultati
    che si vogliono ottenere. Il metodo che e` generalmente piu` conveniente
    agl'incipienti e` il metodo delle tre potenze, che si chiama cosi`
    perche` vi si esercitano le tre principali facolta`: la memoria,
    l'intelletto e la volonta`. Si trova esposto nella prima settimana a
    proposito della meditazione sul peccato.

    693. 1^ Principio della meditazione. Comincia con una preghiera
    preparatoria, con cui si chiede a Dio che tutte le nostre intenzioni
    ed opere siano unicamente rivolte al servizio e alla lode della Divina
    Maesta`: ottima direzione d'intenzione.

    Vengono subito appresso due preludi: a) il primo, che e` la
    composizione del luogo, ha per fine di fissar l'immaginazione e la
    mente sul soggetto della meditazione, onde tener piu` facilmente
    lontane le distrazioni: 1) se e` oggetto sensibile, per es. un mistero
    di Nostro Signore, uno se lo rappresenta il piu` vivamente possibile,
    non come fatto avvenuto da molto tempo ma come ne [sic] fosse egli
    stesso spettatore e vi prendesse parte; cio` che serve certamente a far
    piu` impressione; 2) se e` oggetto invisibile, per esempio il peccato,
    "la composizione del luogo sara` di vedere con gli occhi
    dell'immaginazione e considerare l'anima mia imprigionata in questo
    corpo mortale; e tutto l'uomo, cioe` il corpo e l'anima, esiliato in
    questa valle di lacrime, tra gli animali privi di ragione"; ossia si
    considera il peccato in alcuno dei suoi effetti, per subito concepirne
    orrore.

    b) Il secondo preludio "sara` di chiedere a Dio cio` che voglio e
    desidero, per esempio la vergogna e la confusione di me stesso" alla
    vista dei miei peccati. Il fine pratico, la risoluzione, apparisce
    chiaramente fin da principio: in omnibus respice finem.

    694. 2^ Il corpo della meditazione consiste nell'applicazione delle
    tre potenze dell'anima (la memoria, l'intelletto e la volonta`) a ogni
    punto della meditazione. Si applica per ordine ognuna delle potenze a
    ognuno dei punti, tranne che un punto solo porga materia sufficiente
    per tutta la meditazione. Non e` pero` necessario fare in ogni
    meditazione tutti gli atti indicati: e` bene fermarsi agli affetti e ai
    sentimenti suggeriti dal soggetto.

    a) L'esercizio della memoria si fa richiamando, non in particolare ma
    nel complesso, il primo punto da meditare; cosi`, dice S. Ignazio,
    "l'esercizio della memoria intorno al peccato degli Angeli consiste
    nel pensare come furono creati nello stato di innocenza; come non
    vollero servirsi della liberta` per porgere al loro Creatore e Signore
    l'ossequio e l'obbedienza a lui dovuti; come, essendosi l'orgoglio
    impadronito della loro mente, passarono dallo stato di grazia allo
    stato di malizia, e furono dal cielo precipitati nell'inferno".

    b) L'esercizio dell'intelletto consiste nel riflettere piu` in
    particolare sullo stesso argomento. S. Ignazio non da` altre
    spiegazioni, ma vi supplisce il P. Roothaan, osservando che il dovere
    dell'intelletto e` di riflettere sulle verita` proposte dalla memoria,
    di applicarle all'anima e ai suoi bisogni, di trarne conseguenze
    pratiche, di pesare i motivi delle nostre risoluzioni, di considerare
    in qual modo abbiamo finora conformato la condotta alle verita` che
    meditiamo e come dobbiamo farlo in appresso.

    c) La volonta` ha due doveri da adempiere: esercitarsi in pii affetti e
    far buone risoluzioni. 1) Gli affetti devono certamente diffondersi
    per tutta la meditazione o essere almeno molto frequenti, perche` son
    essi che fanno della meditazione una vera preghiera; ma bisogna
    moltiplicarli soprattutto verso la fine della meditazione. Non occorre
    affannarsi di come esprimerli: i modi piu` semplici sono sempre i
    migliori. Quando ci sentiamo compresi da un buon sentimento, e` bene
    nutrirlo quanto piu` e` possibile, fino a che la nostra devozione sia
    soddisfatta. 2) Le risoluzioni saranno pratiche, atte a migliorare la
    vita, e quindi particolari, appropriate allo stato presente, possibili
    a eseguirsi lo stesso giorno, fondate su ragioni sode, umili e quindi
    accompagnate da preghiere per ottenere la grazia di metterle in
    pratica.

    695. 3^ Viene infine la conclusione, che comprende tre cose: la
    ricapitulazione delle diverse risoluzioni gia` prese; pii colloqui con
    Dio Padre, con Nostro Signore, colla SS. Vergine o con qualche Santo;
    finalmente la rivista della meditazione, ossia l'esame sul come si e`
    meditato, per rilevarne le imperfezioni e rimediarvi.

    A far meglio capire questo metodo, diamo il quadro sinottico dei
    preludi, del corpo dell'orazione e della conclusione.
    * I. Preludii.
    + 1^ Rapido richiamo della verita` da meditare.
    + 2^ Composizione del luogo per mezzo dell'immaginazione.
    + 3^ Dimanda di grazia speciale conforme al soggetto.
    * II. Corpo della meditazione; si esercita:
    + 1^ la memoria
    o Richiamando sommariamente alla mente il soggetto con le
    principali circostanze.
    + 2^ l'intelletto. Esamino:
    o 1^ Quello che devo considerare in questo soggetto.
    o 2^ Quali conclusioni pratiche ne devo trarre.
    o 3^ Quali ne sono i motivi.
    o 4^ Come ho osservato questo punto.
    o 5^ Che devo fare per osservarlo meglio.
    o 6^ Quali ostacoli devo allontanare.
    o 7^ Quali mezzi usare.
    + 3^ la volonta`
    o 1^ Con affetti fatti in tutto il corso della
    meditazione, principalmente alla fine.
    o 2^ Con risoluzioni prese alla fine d'ogni punto:
    pratiche, personali, sode, umili, fiduciose.
    * III. Conclusione.
    + 1^ Colloqui: con Dio, con Gesu` Cristo, colla SS. Vergine, coi
    Santi.
    + 2^ Rivista
    o 1^ Come ho fatto la meditazione?
    o 2^ In che e perche` l'ho fatta bene o male?
    o 3^ Quali conclusioni pratiche ne ho ricavate, quali
    domande fatte, quali risoluzioni prese, quali lumi
    ricevuti?
    o 4^ Fissare un pensiero come mazzolino spirituale.

    696. Utilita` di questo metodo. Come si vede, questo metodo e`
    pienamente psicologico e praticissimo. a) Prende tutte le facolta`,
    compresa l'immaginazione, e le applica per ordine all'argomento della
    meditazione, portandovi cosi` una certa varieta`, onde una stessa verita`
    viene considerata sotto i suoi diversi aspetti, e` voltata e rivoltata
    nella mente per ben compenetrarsene, per acquistar convinzioni e
    soprattutto per trarne conclusioni pratiche per quello stesso giorno.

    b) Pur insistendo sulla importante parte della volonta`, che si risolve
    con cognizione di causa dopo che furono ben ponderati i vari motivi,
    non trascura la parte della grazia, perche` viene istantemente chiesta
    fin da principio e vi si ritorna nei colloqui.

    c) E` particolarmente adatto agli incipienti; perche` fissa, fin nei
    minimi particolari, cio` che bisogna fare dalla preparazione alla
    conclusione, e serve di filo conduttore perche` le facolta` non si
    sviino. Non suppone del resto profonda conoscenza del domma ma quella
    soltanto che ce ne da` il catechismo, onde s'adatta ai semplici fedeli.

    d) Conviene pero` anche, semplificato che sia, alle anime piu`
    progredite; chi infatti si contenti delle grandi linee tracciate da
    S. Ignazio senza entrare in tutti i particolari aggiunti dal Padre
    Roothaan, puo` facilmente convertirlo in orazione affettiva, che
    lascera` larga parte alle ispirazioni della grazia. Tutto sta a
    sapersene sapientemente servire sotto la savia guida d'un esperto
    direttore.

    e) Gli si fece talora appunto di non dare abbastanza posto a
    N. S. Gesu` Cristo. Infatti nel metodo delle tre potenze non se ne
    parla che di passaggio; ma vi sono altri metodi insegnati da
    S. Ignazio, specialmente la contemplazione dei misteri e
    l'applicazione dei sensi, ove Nostro Signore diviene oggetto
    principale della meditazione 696-1.

    Or nulla vieta agl'incipienti di servirsi dell'uno o dell'altro
    metodo. L'appunto e` quindi infondato, chi voglia intieramente seguire
    i metodi ignaziani.
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    Coordin.
    00 19/10/2013 16:39
    III. Il metodo di S.-Sulpizio 697-1.

    697. A) Origine. Sorto dopo parecchi altri, questo metodo se ne
    giovo` per i particolari, ma l'idea madre e la grandi linee vengono dal
    Card. di Berulle, dal P. di Condren, e dall'Olier; gli accessori sono
    del Tronson.

    a) L'idea madre e` l'unione e l'adesione al Verbo Incarnato, per
    porgere a Dio gli atti di religione che gli sono dovuti e ritrarre
    nell'anima le virtu` di Gesu` Cristo.

    b) I tre atti essenziali sono: 1) l'adorazione, con cui consideriamo
    un attributo o una perfezione di Dio o una virtu` di N. S. Gesu` Cristo
    come il modello della virtu` che dobbiamo praticare, e poi porgiamo i
    nostri doveri di religione, (adorazione, ammirazione, lode,
    ringraziamento, amore, gioia o compassione) all'uno o all'altro, o a
    Dio per mezzo di Gesu` Cristo; porgendo cosi` i nostri ossequi
    all'autore della grazia, lo disponiamo ad ascoltarci favorevolmente;
    2) La comunione, con cui attiriamo in noi, per mezzo della preghiera,
    la perfezione o la virtu` adorata e ammirata in Dio o in Nostro
    Signore; 3) la cooperazione, con cui, sotto l'influsso della grazia,
    fissiamo di praticar questa virtu` prendendo almeno una risoluzione che
    ci studieremo di eseguire nella giornata.

    Tali sono le grandi linee che si trovano in Berulle, Condren e Olier.

    698. Le aggiunte completive del Tronson. Ma e` chiaro che queste
    grandi linee, se bastano per le anime progredite, sarebbero state
    insufficienti per gl'incipienti. Fu cosa presto rilevata nel Seminario
    di S.-Sulpizio, onde, pur conservando lo spirito e gli elementi
    essenziali del metodo primitivo, il Tronson aggiunse al secondo punto
    (comunione) le considerazioni e le riflessioni sopra se` stesso cosi`
    indispensabili agl'incipienti; quando si e` convinti dell'importanza e
    della necessita` d'una virtu`, e quando si vede chiaramente che ci
    manca, si chiede con molto maggior fervore, umilta` e costanza. Resta
    quindi che, in questo metodo, si insiste, anche per gl'incipienti,
    sulla preghiera come elemento principale. E` questo il motivo per cui
    il terzo punto si chiama cooperazione, per rammentarci che le nostre
    risoluzioni sono piu` effetto della grazia che della nostra volonta`, ma
    che d'altra parte la grazia non fa nulla in noi senza la nostra
    cooperazione, e che nel corso del giorno dobbiamo collaborare con Gesu`
    Cristo sforzandoci di ricopiare la virtu` su cui abbiamo meditato.

    699. B) Compendio del metodo. Il seguente quadro sinottico dara` una
    sufficiente idea del metodo. Lasciamo da parte la preparazione remota,
    che e` la stessa di quella esposta al n. 689.
    * I. Preparazione.
    + Prossima
    o 1^ La sera precedente far la scelta del soggetto della
    meditazione e fissar con precisione cio` che si dovra`
    considerare in N. S. -- le considerazioni e le dimande
    che bisognera` fare -- le risoluzioni che si dovranno
    prendere.
    o 2^ Starsene poi in grande raccoglimento e addormentarsi
    pensando al soggetto della meditazione.
    o 3^ Levatisi, cogliere il primo momento libero per
    applicarsi a questo santo esercizio.
    + Immediata
    o 1^ Mettersi alla presenza a [sic] Dio che e` dapertutto,
    e specialmente nel nostro cuore.
    o 2^ Umiliarsi davanti a Dio al pensiero dei propri
    peccati. Contrizione. Recita del Confiteor.
    o 3^ Riconoscersi incapace di pregar come si deve.
    Invocazione dello Spirito Santo: recita del Veni, Sancte
    Spiritus.
    * II. Corpo della meditazione.
    + 1^ Punto: Adorazione: Gesu` davanti agli occhi.
    o 1^ Considerare in Dio, in N. S. o in qualche Santo il
    soggetto che si sta per meditare: i sentimenti del suo
    cuore, le sue parole, le sue azioni.
    o 2^ Porgergli i nostri doveri: adorazione, ammirazione,
    lodi, ringraziamenti, amore, gioia o compassione.
    + 2^ Punto: Comunione: Gesu` attirato nel cuore.
    o 1^ Convincersi, con motivi di fede, col ragionamento o
    con semplice analisi, della necessita` od utilita` della
    virtu` considerata.
    o 2^ Riflettere su se` stesso con sentimenti di contrizione
    pel passato, di confusione pel presente, di desiderio
    per l'avvenire.
    o 3^ Dimandare a Dio le virtu` su cui si medita.
    (Specialmente per questa dimanda veniamo a partecipare
    alle virtu` di Nostro Signore). -- Chiedere pure per
    tutti gli altri nostri bisogni, per quelli della Chiesa,
    e delle persone per le quali siamo obbligati a pregare.
    + 3^ Punto: Cooperazione: Gesu` nelle mani.
    o 1^ Prendere una risoluzione particolare, attuale,
    efficace, umile.
    o 2^ Rinnovar la risoluzione dell'esame particolare.
    * III. Conclusione.
    + 1^ Ringraziar Dio di averci concesso tante grazie nella
    meditazione.
    + 2^ Chiedergli perdono delle colpe e delle negligenze commesse
    in questo santo esercizio.
    + 3^ Pregarlo di benedire le nostre risoluzioni, la presente
    giornata, la nostra vita, la nostra morte.
    + 4^ Formare il mazzolino spirituale, scegliendo uno dei
    pensieri che ci hanno fatto maggior impressione, per
    ricordarcene nel giorno e richiamar le risoluzioni.
    + 5^ Affidar tutto alla SS. Vergine.

    Sub tuum praesidium.

    700. C) Caratteristiche di questo metodo. a) Si fonda sulla dottrina
    della nostra incorporazione a Cristo (n. 142-149) e sull'obbligo
    che ne risulta di ricopiarne in noi le interne disposizioni e le
    virtu`. Per riuscirvi, dobbiamo, secondo l'espressione dell'Olier, aver
    Gesu` davanti agli occhi, per ammirarlo come modello e porgergli i
    nostri doveri (adorazione); averlo nel cuore, attirandone in noi con
    la preghiera le disposizioni e le virtu` (comunione); averlo nelle
    mani, collaborando con lui a imitarne le virtu` (cooperazione). Anima
    dunque di questo metodo e` l'unione intima con Gesu`.

    b) Antepone il dovere della religione (riverenza e amore di Dio) a
    quello della dimanda; il primo servito dev'esser Dio! E il Dio che ci
    mette innanzi non e` il Dio astratto dei filosofi, ma il Dio concreto e
    vivente del Vangelo; e` la SS. Trinita` che vive in noi.

    c) Proclamando la necessita` della grazia e dell'umana volonta` nella
    nostra santificazione, da` risalto alla grazia e quindi alla preghiera,
    ma richiede pure l'energico e costante sforzo della volonta` e
    risoluzioni particolari, attuali, frequentemente rinnovate, su cui si
    ha poi da far l'esame la sera.

    701. d) E` metodo affettivo appoggiato su considerazioni: comincia
    con affetti di religione nel primo punto; nel secondo si fanno
    considerazioni per indurre il cuore ad atti di fede nelle verita`
    soprannaturali che si meditano, atti di speranza nella divina
    misericordia, atti di amore all'infinita sua bonta`; la riflessione
    sopra se` stesso dev' essere accompagnata da dispiacere del passato, da
    confusione del presente, da fermo proposito per l'avvenire; e questi
    atti mirano a preparare una dimanda umile, fiduciosa e perseverante. A
    prolungar questa dimanda il metodo offre vari motivi esposti in
    disteso, e suggerisce di pregar pure per tutta la Chiesa e per certe
    anime in particolare. Le risoluzioni stesse devono essere accompagnate
    da diffidenza di se`, da confidenza in Gesu` Cristo, da preghiere per
    osservarle. La conclusione poi non e` che una serie di atti di
    riconoscenza, d'umilta` e di nuove preghiere.

    Cosi` si schiva di dare una piega troppo filosofica ai ragionamenti o
    alle considerazioni, e si prepara la via all'orazione affettiva
    ordinaria, e piu` tardi all'orazione semplificata; si avverte infatti
    che non e` necessario esprimere sempre tutti e in quest'ordine i nostri
    doveri, ma che e` bene "abbandonarsi agli affetti che Dio da` e ripetere
    spesso quelli a cui uno si sente attirato dallo Spirito Santo". E` vero
    che gl'incipienti generalmente impiegano maggior tempo nei
    ragionamenti che negli altri atti, ma il metodo ricorda loro
    continuamente che sono preferibili gli affetti, e a poco a poco
    riescono a farne di piu`.

    e) E` specialmente adatto ai Seminaristi e ai sacerdoti; perche`
    rammenta continuamente che, essendo il sacerdote un altro Gesu` Cristo
    pel carattere e pei poteri, dev'esserlo pure per le disposizioni e per
    le virtu`, e che tutta la loro perfezione consiste nel far vivere e
    crescere dentro di se` Gesu` Cristo "ita ut interiora ejus intima cordis
    nostri penetrent".

    702. Ottimi sono dunque questi due metodi, ognuno nel suo genere,
    atteso il fine speciale a cui mirano; e si puo` dir lo stesso di tutti
    gli altri che si avvicinano piu` o meno a questo doppio tipo 702-1.
    E` bene che ve ne siano parecchi, affinche` ogni anima possa scegliere,
    col consiglio del direttore e secondo le sue inclinazioni
    soprannaturali, quello che meglio le si conviene.

    Aggiungiamo col P. Poulain 702-2 che avviene di questi metodi
    quello che delle tante regole della retorica e della logica; e` bene
    addestrarvi gl'incipienti; ma, praticati che siansi in modo da
    possederne bene lo spirito e gli elementi principali, non si segue piu`
    il metodo che nelle sue grandi linee, e l'anima, senza cessare
    d'essere attiva, diventa piu` attenta ai movimenti dello Spirito Santo.
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    Coordin.
    00 19/10/2013 16:40
    CONCLUSIONE: EFFICACIA DELLA PREGHIERA PER LA PURIFICAZIONE
    DELL'ANIMA.

    703. Dal fin qui detto e` facile conchiudere quanto utile e
    necessaria sia la preghiera alla purificazione dell'anima. a) Nella
    preghiera-adorazione, si porgono a Dio i debiti ossequi, si ammirano,
    si lodano, si benedicono le infinite sue perfezioni, la santita`, la
    giustizia, la bonta`, la misericordia; allora Dio amorosamente si piega
    verso di noi per perdonarci, per farci concepire un profondo orrore
    del peccato che l'offende e premunirci cosi` contro nuove colpe.
    b) Nella preghiera-meditazione acquistiamo, sotto l'influsso dei lumi
    divini e delle nostre riflessioni, profonde convinzioni sulla malizia
    del peccato, sui terribili suoi effetti in questa vita e nell'altra,
    sui mezzi di ripararlo e di schivarlo: allora l'anima si riempie di
    sentimenti di confusione, d'umiliazione, di odio del peccato, di fermo
    proponimento di evitarlo, d'amor di Dio: a questo modo i peccati
    passati vengono sempre piu` espiati nelle lacrime della penitenza e nel
    sangue di Gesu`; la volonta` si rinsalda contro i minimi traviamenti e
    abbraccia con generosita` la pratica della penitenza e della rinunzia.
    c) La preghiera-dimanda, appoggiata sui meriti di Nostro Signore, ci
    ottiene copiose grazie d'umilta`, di penitenza, di fiducia e d'amore,
    che danno l'ultima mano alla purificazione dell'anima, la rafforzano
    contro le tentazioni dell'avvenire e la rassodano nella virtu`,
    massimamente nelle virtu` della penitenza e della mortificazione, che
    compiono i buoni effetti della preghiera.

    704. Avviso ai direttori. Non si raccomandera` dunque mai abbastanza
    la meditazione a tutti coloro che vogliono progredire, e il direttore
    ne deve insegnar la pratica il piu` presto possibile, farsi render
    conto delle difficolta` che vi incontrano, aiutarli a vincerle,
    mostrare come possono perfezionarne il metodo, e soprattutto come
    possono servirsene per correggersi dei difetti, praticare le opposte
    virtu`, e acquistare a poco a poco lo spirito di preghiera, che, con la
    penitenza, ne trasformera` l'anima.
    _________________________________________________________________

    643-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 83 e i suoi Commentatori; Suarez, De
    religione, Tr. IV, l. I. De oratione; Alvarez de Paz, t. III, l. I;
    Th. de Vallgornera, q. 2, disp. V; Ph. a SS. Trinitate, Summa
    theologiae mysticae, P. I, Tr. I, disc. III; L. di Granata, Tr. della
    Preghiera e della Meditazione; S. Alfonso de Liguori, Il gran mezzo
    della preghiera; P. Monsabre', La Prie`re; P. Ramie`re, L'apostolato
    della preghiera (Tipographia Arcivescovile, Modena).

    645-1 Joann., XV, 5; II Cor., III, 5; Phil., II, 13.

    645-2 Matth., VII, 7-8.

    645-3 Matth., XXVI, 41.

    645-4 Sum. Theol., IIa. IIae, q. 83, a. I, ad 3.

    646-1 Sess. VI, c. II.

    646-2 "Quas preces tamquam instrumentum necessarium nobis dedit ad
    id quod optaremus consequendum; praesertim cum quaedam esse constet quae
    nisi ejus adjumento non liceat impetrare". (Cat. Trident., P. IV, c.
    I, 3).

    648-1 Rom., VIII, 26.

    649-1 Matth., VI, 33.

    650-1 Amor di Dio, l. VIII, c. IV.

    650-2 Cio` che fa, dice Bourdaloue (Quaresimale, giovedi` della
    prima settimana, sulla preghiera) che noi non siamo esauditi, e` che ci
    serviamo della preghiera "per domandare grazie chimeriche, grazie
    superflue, grazie di nostro gusto e secondo le nostre false idee...
    Noi preghiamo e domandiamo grazie di penitenza, grazie di
    santificazione, ma grazie per l'avvenire e non pel presente; grazie
    che tolgano tutte le difficolta`, e che non ci lascino sforzi da fare
    ed ostacoli da vincere; grazie miracolose che ci trascinino come
    S. Paolo, e non grazie che ci dispongano a poco a poco, e con le quali
    noi siamo obbligati a camminare... grazie insomma che cambino tutto
    l'ordine della Provvidenza, e che rovescino tutta l'economia della
    salute.

    650-3 Nel "Saint Abandon" di Dom V. Lehodey, P. III, si troveranno
    osservazioni particolari molto savie su questo soggetto.

    651-1 Gen., XVIII, 27.

    651-2 Dan., IX, 18.

    651-3 Luc., XVIII, 13.

    651-4 Jac., IV, 6.

    652-1 Ps. XC, 14-15. Chi recita l'ufficio divino sa che il
    sentimento che predomina nei Salmi e` la fiducia in Dio.

    652-2 Matth., VII, 7-11.

    652-3 Joan., XIV, 13-14.

    652-4 Joan., XVI, 26-27.

    653-1 Matth., XV, 24-28.

    654-1 Ps. V, 2-3.

    654-2 Matth. XV, 8.

    662-1 Matth. VI, 7-8.

    664-1 Giov. Mauburnus, Rosetum exercitiorum spiritualium et
    sacrarum meditationum; Garcia de Cisneros, Exercitatorio de la vida
    espiritual; S. Ignazio, Exercitia spiritualia, con i vari suoi
    commentatori e la Bibliothe`que des Exercises de S. Ignace pubblicata
    sotto la direzione del P. Watrigant; Rodriguez Pratica della
    perfezione cristiana, Tr. V, Dell'orazione; L. di Granata, Trattato
    dell'orazione e della meditazione; A. Massoulie', Tr. de la ve'ritable
    oraison; S. Pietro d'Alcantara, La oracion y meditacion; S. Fr. di
    Sales, La Filotea, P. I., c. I-IX; Brancati de Laurea, De oratione
    christiana; Crasset, Instructions familie`res sur l'oraison mentale;
    Scaramelli, op. cit., tr. I, a. 5; Courbon, Instruc. famil. sur
    l'oraison mentale; V. Libermann, Ecrits spirit., p. 89-147; Faber, I
    Progressi dell'anima, c. XV; R. de Maumigny, Pratique de l'oraison
    mentale, t. I; Dom Vital Lehodey, Le vie dell'orazione mentale, P. I e
    II (Marietti, Torino); G. Letourneau, La me'thode d'oraison mentale de
    S.-Sulpice.

    665-1 Cfr. Ugo da S. Vittore, De modo dicendi et meditandi; De
    meditando seu meditandi artificio, P. L. CLXXVI, 877-880; 993-998.

    665-2 Sum. theol. IIa. IIae, q. 82, a. 3.

    666-1 H. Watrigant, La me'ditation me'thodique, nella Rev.
    d'Asce'tique et de Mystique, Gen. 1923, p. 13-29.

    666-2 V. P. Giov. di Gesu` Maria, Instructions des novices, P. 3a.,
    c. II, sez. 2.

    669-1 Instructions sur l'oraison, Me'thode d'oraison, c. 1,
    p. 253-254.

    670-1 Joan., VIII, 32.

    673-1 "Cum reliquis pietatis operibus potest peccatum consistere,
    sed non possunt cohabitare oratio et peccatum: anima aut relinquet
    orationem aut peccatum... Aiebat quidam servus Dei quod multi recitant
    rosarium, officium Virginis Mariae, jejunant et in peccatis vivere
    pergunt; sed qui orationem non intermittit, impossibile est ut in Dei
    offensa vitam prosequatur ducere..." (Praxis confessarii, n. 122 et
    217).

    674-1 Can. 595: "Curent superiores ut omnes religiosi... legitime
    non impediti quotidie Sacro intersint, orationi mentali vacent."

    675-1 Si meditino bene queste parole d'un sacerdote, riferite da
    Don Chautard, l'Anima dell'Apostolato, p. 73: "Nel dedicarmi agli
    altri, trovai la mia rovina. Le mie disposizioni naturali mi facevano
    provar gioia nel darmi altrui, felicita` nel rendere servizi. Aiutato
    dall'apparente buona riuscita delle mie imprese, Satana per lunghi
    anni mise tutto in opera per illudermi, per eccitare in me il delirio
    dell'azione, per disgustarmi di ogni lavoro interiore e trascinarmi
    finalmente nel precipizio". Quanto quest'ottimo autore dice della
    necessita` della vita interiore, s'applica perfettamente all'orazione,
    che e` uno dei mezzi piu` efficaci per coltivar questa vita.

    675-2 Ibid. p. 178-179.

    677-1 Exhortatio ad clerum catholicum, 4 Agosto 1908.

    686-1 Le distrazioni sono volontarie in se` quando si vogliono
    deliberatamente, -- o quando, accorgendosi che la fantasia divaga, non
    si fa nulla per reprimerne i traviamenti; volontarie nella loro causa
    quando si prevede che la tal lettura od occupazione appassionante, del
    resto inutile, diventera` fonte di distrazioni, eppure uno ci si
    abbandona lo stesso.

    692-1 Esercizi spirituali, Ia. Sett., Io. esercizio, trad.
    Jennessaux; cfr. P. Roothaan, De la manie`re de me'diter, selon les
    Exercices.

    696-1 Li esporremo trattando della via illuminativa.

    697-1 G. Letourneau, La me'thode d'oraison mentale du Se'm. de
    S.-Sulpice, Parigi, 1903, in particolare l'Appendice, p. 331-332.

    702-1 Additiamo specialmente il metodo di S. Fr. di Sales, La
    Filotea, P. II, c. II-VII; quello dei Carmelitani Scalzi, Instruction
    des novices, del V. P. G. di Gesu`-Maria, P. III, c. II; quello dei
    Cistercensi riformati, Directoire spirituel, di Dom Lehodey, 1910,
    sez. V, c. IV; quello dei Domenicani, L'Istruzione dei Novizi, del
    P. Cormier (Marietti, Torino).

    702-2 Etudes, 20 Marzo 1898, p. 782, nota 2.
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