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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

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    00 15/10/2013 12:16
    ADOLFO TANQUEREY
    Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
    _________________________________________________________________

    PREFAZIONE
    ALLA QUINTA EDIZIONE.
    ______________

    Questo libro, come e` indicato dal titolo, piu` che un trattato completo
    e` un compendio che puo` servire di buon avviamento a studi piu`
    particolareggiati e piu` profondi. Ad evitare l'aridita` d'un compendio,
    abbiamo di proposito sviluppato, con riflessioni atte a fomentare la
    pieta`, i punti piu` essenziali della vita interiore, come l'abitazione
    dello Spirito Santo nell'anima, la nostra incorporazione a Cristo,
    l'ufficio di Maria nella nostra santificazione, la natura della
    perfezione e la necessita` di tendervi. Cosi` pure, trattando delle tre
    vie, insistiamo su cio` che puo` indurre le anime alla confidenza,
    all'amore e alla pratica delle virtu`.

    Convinti che il Domma e` il fondamento della Teologia ascetica e che
    l'esposizione di quanto Dio ha fatto e continua a fare per noi e` lo
    stimolo piu` efficace della vera divozione, abbiamo procurato di
    richiamar brevemente quelle verita` di fede su cui si fonda la vita
    interiore. Quindi il nostro trattato e` innanzi tutto dottrinale,
    inteso a dimostrare che la perfezione cristiana deriva logicamente dai
    nostri dommi, e sopratutto dall'Incarnazione che ne e` il centro. Ma e`
    nello stesso tempo pratico, perche` nulla e` piu` efficace di una fede
    viva e illuminata per animarci agli sforzi energici e costanti,
    richiesti dalla riforma di se` e dalla pratica delle virtu`. Onde ci
    studiamo fin dalla prima parte di trarre dai nostri dommi le
    conclusioni pratiche che spontaneamente ne derivano, di dedurne i
    mezzi generali di perfezione e di stimolare i lettori a mettere in
    pratica cio` che attentamente hanno letto: < non auditores tantum>> 1.

    Nella seconda parte, che e` eminentemente pratica, continuiamo ad
    appoggiare le nostre conclusioni sui dommi esposti nella prima parte,
    specialmente sulla nostra incorporazione a Cristo e sull'abitazione
    dello Spirito Santo in noi. La purificazione dell'anima non si fa
    perfettamente se non incorporandoci a Colui che e` la sorgente d'ogni
    purita`: la pratica positiva delle virtu` cristiane non riesce mai cosi`
    facile come quando attiriamo in noi Colui che tutte le possiede nella
    loro pienezza e ardentemente brama di comunicarcele; l'unione intima e
    abituale con Dio non si attua pienamente se non vivendo alla presenza
    e sotto la guida della SS. Trinita` che abita in noi. Cosi` il nostro
    progresso nelle tre grandi tappe della vita spirituale procede via via
    colla progressiva nostra incorporazione a Cristo Gesu` e colla nostra
    sempre piu` intiera dipendenza dallo Spirito santificatore.

    Questa adesione al Verbo Incarnato e al divino suo Spirito non solo
    non esclude ma suppone anzi un'ascesi attivissima. S. Paolo, che
    illustro` cosi` bene la nostra incorporazione a Cristo e l'unione nostra
    con Dio, insiste con pari forza sulla necessita` della lotta contro le
    tendenze dell'uomo vecchio, contro il mondo e gli spiriti delle
    tenebre. Onde anche noi nell'esposizione delle tre vie parliamo
    sovente di combattimento spirituale, di sforzi energici, di
    mortificazione, di tentazioni, di cadute e di risorgimenti, non solo
    per gl'incipienti ma anche per le anime progredite. Si deve tener
    molto conto della realta`, e, pur descrivendo l'unione intima con Dio e
    la pace che l'accompagna, bisogna ricordare, come fa S. Teresa, che la
    lotta spirituale finisce solo con la morte.

    Ma queste lotte incessanti, queste alternative di prove e di
    consolazioni nulla hanno di terribile per le anime generose, sempre
    unite a Dio nella calma come nella tempesta.

    Scriviamo principalmente per i seminaristi e per i sacerdoti, ma
    speriamo che questo libro sara` pure utile alle comunita` religiose e
    anche a quei numerosi laici che oggi coltivano la vita interiore onde
    piu` efficacemente esercitare l'apostolato.

    Esporremmo anzitutto le dottrine certe o comunemente accettate,
    lasciando alle questioni controverse un posto molto ristretto. Vi
    sono, e` vero, molte scuole di spiritualita`, ma gli uomini assennati di
    queste diverse scuole consentono su cio` che e` veramente importante per
    la direzione delle anime. Questa dottrina comune noi esporremo,
    studiandoci di mettervi il miglior ordine logico e psicologico
    possibile. Se talora mostriamo una certa preferenza per la
    spiritualita` della Scuola francese del secolo XVII^, fondata sugli
    insegnamenti di S. Paolo e di S. Giovanni e pienamente co`nsona alla
    classica dottrina di S. Tommaso, sinceramente dichiariamo che abbiamo
    ogni stima per le altre scuole, alle quali largamente attingeremo,
    mirando piuttosto a far risaltare cio` in cui convengono che quello in
    cui differiscono.

    Questo modesto lavoro umilmente dedichiamo al Verbo Incarnato e alla
    SS. Vergine, sede della divina sapienza, lieti se, sotto la loro
    protezione, contribuira` alcun poco alla gloria della Santissima e
    Adorabilissima Trinita`.

    Ut in omnibus honorificetur Deus
    per Jesum Christum! 2

    I pochi cambiamenti introdotti in questa quinta edizione, dovuti a
    benevole osservazioni fatteci, non ne hanno punto modificato il fondo;
    e ringraziamo qui di gran cuore i cortesi che ce le favorirono.

    Issy, (Seine), l'otto dicembre 1924, festa dell'Immacolata Concezione
    della SS. Vergine.

    AD. TANQUEREY.
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    1 Epistola di S. Giacomo, I, 22.

    2 I Petri, IV, 11.
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    00 15/10/2013 12:24
    ADOLFO TANQUEREY
    Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
    _________________________________________________________________

    INTRODUZIONE 1-1.
    ______________

    L'oggetto proprio della Teologia ascetica e mistica e` la perfezione
    della vita cristiana.

    1. Oltre la vita naturale dell'anima, piacque alla divina bonta` di
    comunicarci una vita soprannaturale, la vita della grazia, che e` una
    partecipazione della vita stessa di Dio, come abbiamo dimostrato nel
    nostro Tr. De gratia 1-2. Essendoci questa vita data per i meriti
    infiniti di N. S. G. Cristo ed essendone egli la causa esemplare piu`
    perfetta, a ragione viene chiamata vita cristiana.

    Ogni vita ha bisogno di perfezionarsi e si perfeziona avvicinandosi
    sempre meglio al suo fine. La perfezione assoluta consiste nel
    conseguimento di questo fine, e non si avra` che in cielo: la` noi
    possederemo Dio per mezzo della visione beatifica e dell'amor puro e
    la nostra vita avra` il suo pieno sviluppo; allora saremo veramente
    simili a Dio, perche` lo vedremo quale egli e`, similes ei erimus
    quoniam videbimus cum sicuti est 1-3. Sulla terra non possiamo
    acquistare se non una perfezione relativa, avvicinandoci continuamente
    a quell'unione intima con Dio che ci prepara alla visione beatifica.
    Di questa perfezione relativa noi intendiamo trattare. Dopo avere
    esposto i principii generali sulla natura della vita cristiana, sulla
    sua perfezione, sull'obbligo di tendervi e sui mezzi generali per
    raggiungerla, descriveremo successivamente le tre vie, purgativa,
    illuminativa e unitiva, per cui passano le anime generose, avide di
    progresso spirituale.

    Ma dobbiamo prima, in una breve Introduzione risolvere alcune
    questioni preliminari.

    2. In questa Introduzione tratteremo cinque questioni:
    * I. La natura della Teologia ascetica;
    * II. Le fonti;
    * III. Il metodo;
    * IV. L'eccellenza e la necessita`;
    * V. La divisione.

    sez. I. Natura della Teologia ascetica.

    A meglio spiegare la natura della Teologia ascetica, esporremo per
    ordine:
    * 1^ i nomi principali che le vennero dati;
    * 2^ il suo posto tra le scienze teologiche;
    * 3^ le sue relazioni con la Dommatica e la Morale;
    * 4^ la distinzione tra l'Ascetica e la Mistica.

    I. I VARI NOMI.

    3. La teologia ascetica prende vari nomi.

    a) Si chiama la scienza dei santi, e con ragione; perche` ci viene dai
    santi, che l'hanno vissuta piu` ancora di quello che l'abbiano
    insegnata, e perche` e` destinata a fare dei santi, spiegandoci che
    cos'e` la santita` e quali sono i mezzi per acquistarla.

    b) Altri la chiamano scienza spirituale, perche` forma degli
    spirituali, cioe` uomini interiori, animati dallo spirito di Dio.

    c) Essendo pero` una scienza pratica, si chiama anche l'arte della
    perfezione, giacche` il suo fine e` di condurre le anime alla perfezione
    cristiana; o anche l'arte delle arti, perche` non v'e` arte piu`
    eccellente di quella di perfezionare un'anima nella piu` nobile delle
    vite, la vita soprannaturale.

    d) Nondimeno il nome che piu` comunemente oggi le si da` e` quello di
    teologia ascetica e mistica.

    1) Il vocabolo ascetica viene dal greco asxysi*s (esercizio, sforzo) e
    indica ogni esercizio faticoso che si riferisca all'educazione fisica
    o morale dell'uomo. Ora la perfezione cristiana suppone sforzi che
    S. Paolo paragona volentieri a quegli esercizi d'allenamento a cui si
    assoggettavano gli atleti per riportar la vittoria. Era dunque
    naturale di indicare col nome d'ascesi gli sforzi dell'anima cristiana
    che lotta per acquistare la perfezione. E questo fecero Clemente
    Alessandrino 3-1 e Origene 3-2, e dietro loro un gran numero
    di Padri. Non e` dunque meraviglia che si sia dato il nome d'ascetica
    alla scienza che tratta degli sforzi necessari per acquistare la
    perfezione cristiana.

    2) Tuttavia, per lunghi secoli, a designare questa scienza prevalse il
    nome di Teologia mistica (uusty*s, misterioso, segreto e
    particolarmente segreto religioso) perche` esponeva i segreti della
    perfezione. In seguito queste due parole furono usate nello stesso
    senso; ma presto prevalse l'uso di riservare il nome d'ascetica a
    quella parte della scienza spirituale che tratta dei primi gradi della
    perfezione fino alla soglia della contemplazione, e il nome di mistica
    a quella che s'occupa della contemplazione e della via unitiva.

    e) Checche` ne sia, da tutte queste nozioni risulta che la scienza di
    cui ci occupiamo e` veramente la scienza della perfezione cristiana;
    onde potremo assegnarle il posto conveniente nel disegno generale
    della Teologia.

    II. SUO POSTO NELLA TEOLOGIA.

    4. Nessuno meglio di S. Tommaso dimostro` l'unita` organica che regna
    nella scienza teologica. Egli divide la sua Somma in tre parti: nella
    prima, tratta di Dio primo principio e lo studia in se` stesso,
    nell'unita` della natura e nella trinita` delle persone; e nelle opere
    della creazione, che conserva e governa con la sua provvidenza. Nella
    seconda, s'occupa di Dio fine ultimo, a cui devono tendere tutti gli
    uomini, orientando verso di lui le loro azioni, sotto la guida della
    legge e l'impulso della grazia, praticando le virtu` teologali e morali
    e osservando i doveri del proprio stato. La terza ci mostra il Verbo
    Incarnato, che si fa nostra via per andare a Dio e che istituisce i
    sacramenti per comunicarci la grazia e cosi` condurci alla vita eterna.

    In questo disegno, la teologia ascetica e mistica si connette alla
    seconda parte della Somma, appoggiandosi anche alle altre due.

    5. A partir da S. Tommaso, la Teologia, pur rispettandone l'unita`
    organica, fu divisa in tre parti: la Dommatica, la Morale e
    l'Ascetica.

    a) La Dommatica c'insegna cio` che bisogna credere su Dio, sulla vita
    divina, sulla comunicazione che volle farne alle creature ragionevoli
    e particolarmente all'uomo, sulla perdita di questa vita col peccato
    originale, sulla sua restaurazione per mezzo del Verbo Incarnato,
    sulla sua azione nell'anima rigenerata, sulla sua diffusione per mezzo
    dei sacramenti, sulla sua ultima perfezione nella gloria.

    b) La Morale ci mostra come dobbiamo corrispondere a questo amor di
    Dio coltivando in noi la vita divina che si degno` di parteciparci,
    come dobbiamo evitare il peccato e praticare le virtu` e i doveri del
    proprio stato che sono di precetto.

    c) Ma quando si vuole perfezionare questa vita, andare oltre cio` che e`
    stretto precetto e progredire in modo metodico nella pratica delle
    virtu`, allora interviene l'Ascetica la quale ci traccia le regole
    della perfezione.

    III. LE SUE RELAZIONI COLLA DOGMATICA E COLLA MORALE.

    6. L'Ascetica e` dunque una parte della morale cristiana, ma la parte
    piu` nobile, quella che mira a fare di noi dei cristiani perfetti. Pur
    essendo divenuta un ramo speciale della Teologia, essa serba colla
    Dommatica e colla morale intime relazioni.

    1^ L'Ascetica si fonda sulla Dommatica. Quando l'Ascetica vuole
    esporre la nature della vita cristiana, chiede lumi alla Dommatica.
    Questa vita e` infatti una partecipazione della vita stessa di Dio, e
    conviene quindi risalire fino alla SS. Trinita` per trovarvi il
    principio e l'origine di questa vita, seguirne le vicende, vedere
    come, conferita ai nostri progenitori, fu perduta per loro colpa e poi
    restaurata per mezzo del Cristo redentore; per conoscere qual e` il suo
    organismo e il suo modo di operare nell'anima nostra, per quali canali
    misteriosi ci e` data ed aumentata, e come si trasforma in visione
    beatifica nel cielo. Ora tutti questi argomenti sono trattati nella
    Teologia dommatica; ne` si dica che si possono presupporre; se non si
    richiamano in una breve e viva sintesi, l'Ascetica sembrera` senza
    fondamenti, e si chiederanno alle anime sacrifici durissimi senza
    poterli giusitificare con l'esposizione di cio` che Dio fece per noi. E`
    dunque vero che la Dommatica e`, secondo la bella espressione del
    Cardinale Manning, la sorgente della devozione.

    7. 2^ L'Ascetica s'appoggia pure sulla Morale e la compie. La Morale
    spiega i precetti che dobbiamo praticare per acquistare e conservare
    la vita divina. Ora l'Ascetica, che ci fornisce i mezzi per
    perfezionarla, suppone evidentemente la conoscenza e la pratica dei
    comandamenti; sarebbe una pericolosa illusione il trascurare i
    precetti sotto pretesto di seguire i consigli e pretendere di
    praticare le piu` alte virtu` prima di sapere resistere alle tentazioni
    ed evitare il peccato.

    8. 3^ Nondimeno l'Ascetica e` un ramo distinto della Teologia
    dommatica e morale. Ha infatti un oggetto proprio: sceglie nella
    dottrina di N. Signore tutto cio` che si riferisce alla perfezione
    della vita cristiana, alla sua natura, al suo obbligo, ai suoi mezzi,
    e tutti questi elementi coordina in guisa da formarne una vera
    scienza. 1) Si distingue dalla Dommatica, la quale direttamente non ci
    propone che le verita` da credere, perche`, pur appoggiandosi su queste
    verita`, essa le volge alla pratica e se ne serve per farci
    comprendere, gustare e attuare la perfezione cristiana. 2) Si
    distingue dalla morale, perche`, pur richiamando i precetti di Dio e
    della Chiesa, fondamento di ogni vita spirituale, essa ci propone i
    consigli evangelici, e, per ogni virtu`, un grado piu` elevato di quello
    che e` strettamente obbligatorio. L'Ascetica e` dunque la scienza della
    perfezione cristiana.

    9. Di qui deriva il suo doppio carattere di scienza speculativa
    insieme e pratica. Contiene certamente una dottrina speculativa,
    poiche` risale alla Dommatica per spiegare la natura della vita
    cristiana; ma e` soprattutto pratica, perche` ricerca i mezzi da
    prendere per coltivare questa vita.

    L'Ascetica, in mano d'un savio direttore, e` anche una vera arte, che
    consiste nell'applicare con delicatezza e premura i principii generali
    a ciascuna anima in particolare; arte tra tutte la piu` eccellente e
    difficile, ars artium regimen animarum. I principii e le regole che
    daremo mireranno a formare buoni direttori.
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    IV. DIFFERENZA FRA L'ASCETICA E LA MISTICA.

    Quello che abbiamo detto s'applica tanto all'una quanto all'altra.

    10. A) Per distingerle, si puo` definire la teologia ascetica quella
    parte della scienza spirituale che ha per oggetto proprio la teoria e
    la pratica della perfezione cristiana, a partire dai suoi principii
    sino alla soglia della contemplazione infusa. Noi facciamo cominciare
    la perfezione col desiderio sincero di progredire nella vita
    spirituale, e l'ascetica conduce l'anima, per le vie purgativa e
    illuminativa, sino alla contemplazione acquisita.

    11. B) La mistica e` quella parte della scienza spirituale che ha per
    oggetto proprio la teoria e la pratica della vita contemplativa, a
    partire dalla prima notte dei sensi e dalla quiete fino al matrimonio
    spirituale.

    a) Evitiamo quindi, nella nostra definizione, di fare dell'Ascetica lo
    studio delle vie ordinarie della perfezione, e della Mistica lo studio
    delle vie straordinarie; oggi infatti si riserva questa parola di
    straordinario piuttosto a una categoria speciale di fenomeni mistici,
    a quelli che sono grazie date gratuitamente e che vengono ad
    aggiungersi alla contemplazione, come le estasi e le rivelazioni.

    b) La contemplazione e` uno sguardo semplice ed affettuoso di Dio e
    delle cose divine: si dice acquisita quando e` frutto della nostra
    attivita` aiutata dalla grazia; infusa quando, oltrepassando questa
    attivita`, e` operata da Dio col nostro consenso (n. 1299).

    c) Di proposito riuniamo in un unico volume la teologia ascetica e la
    mistica. 1) Tra l'una e l'altra vi sono certamente differenze
    profonde, che a suo tempo additeremo accuratamente; ma vi e` pure tra i
    due stati, l'ascetico e il mistico, una certa continuita`, la quale fa
    si` che l'uno sia una specie di preparazione all'altro, e che Dio si
    giovi, quando lo giudica conveniente, delle disposizioni generose
    dell'asceta per elevarlo agli stati mistici. 2) In ogni caso, lo
    studio della mistica getta molta luce sull'ascetica e viceversa;
    perche` le vie di Dio sono piene di armonia e l'azione cosi` potente
    ch'egli esercita sulle anime mistiche, fa meglio cogliere, col rilievo
    con cui si mostra, la sua azione meno forte sui principianti; cosi` le
    prove passive descritte da S. Giovanni della Croce fanno meglio
    intendere le aridita` ordinarie che si provano negli stati inferiori, e
    parimenti si intendono meglio le vie mistiche quando si vede a quale
    docilita`, a quale pieghevolezza arriva un'anima che per lunghi anni si
    e` esercitata nelle rudi fatiche dell'ascesi. Queste due parti d'una
    medesima scienza s'illuminano dunque vicendevolmente e ci guadagnano a
    non essere separate.

    sez. II. Le fonti della Teologia ascetica e mistica.

    12. Essendo la scienza spirituale un ramo della Teologia, e` evidente
    che le loro fonti sono le stesse: anzitutto le fonti che contengono o
    spiegano il dato rivelato, la Scrittura e la Tradizione; poi le fonti
    secondarie, ossia tutte le conoscenze che ci vengono della ragione
    illuminata dalla fede e dall'esperienza. Non ci rimane dunque qui se
    non indicare l'uso che se ne puo` fare nella Teologia ascetica.

    I. DELLA SACRA SCRITTURA.

    Non vi troviamo certamente una sintesi della dottrina spirituale, ma
    ricchi documenti sparsi qua e la` nel Vecchio come nel Nuovo
    Testamento, sotto forma di dottrine, di precetti, di consigli, di
    preghiere e d'esempi.

    13. 1^ Dottrine speculative su Dio, sulla sua natura, sui suoi
    attributi, sulla sua immensita` che penetra tutto, sulla infinita sua
    sapienza, sulla sua bonta`, sulla sua giustizia, sulla sua
    misericordia, sulla provvidenziale sua azione che si esercita su tutte
    le creature, ma specialmente sugli uomini per salvarli; sulla sua vita
    intima, sulla generazione misteriosa dell'Eterna Sapienza o del Verbo,
    sulla processione dello Spirito Santo, vincolo naturale tra il Padre e
    il Figlio; sulle sue opere; in particolare su cio` che fece per l'uomo,
    per comunicargli una partecipazione della sua vita divina, per
    restaurarla dopo la caduta per mezzo dell'Incarnazione del Verbo e
    della Redenzione, per santificarla con i sacramenti e per preparargli
    in cielo le eterne delizie della visione beatifica e dell'amor puro. E`
    evidente che questo insegnamento cosi` nobile e cosi` elevato e` un
    potente stimolo per aumentare in noi l'amor di Dio e il desiderio
    della perfezione.

    14. 2^ Un insegnamento morale composto di precetti e di consigli: il
    Decalogo, che si compendia tutto nell'amor di Dio e nell'amor del
    prossimo e quindi nel culto divino e nel rispetto dei diritti altrui;
    il cosi` nobile insegnamento dei Profeti, che, ricordando continuamente
    la bonta`, la giustizia e l'amor di Dio pel suo popolo, lo allontana
    dal peccato e specialmente dalle pratiche idolatriche, gli inculca il
    rispetto e l'amor di Dio, la giustizia, l'equita`, la bonta` verso
    tutti, ma specialmente verso i deboli e gli oppressi; i saggi consigli
    del libri sapienziali, che gia` contengono un'intiera esposizione delle
    virtu` cristiane; sopra tutto poi l'ammirabile dottrina di Gesu`, la
    sintesi ascetica condensata nel discorso del Monte; e la dottrina piu`
    alta ancora che troviamo nei discorsi riferiti da S. Giovanni e che
    egli commenta nelle sue Epistole; la teologia spirituale di S. Paolo,
    cosi` ricca di idee dommatiche e d'applicazioni pratiche. Il pallido
    compendio che tosto ne daremo ci mostrera` che il Nuovo Testamento e`
    gia` un codice di perfezione.

    15. 3^ Preghiere per nutrire la nostra pieta` e la nostra vita
    interiore. Ve ne sono forse delle piu` belle di quelle che troviamo nei
    Salmi e che la Chiesa giudico` cosi` atte a glorificar Dio e a
    santificarci, che le trasporto` nella sua liturgia, nel Messale e nel
    Breviario? Altre pur ve ne sono che si trovano sparse qua e la` nei
    libri storici o sapienziali; e c'e` soprattutto il Pater, la preghiera
    piu` bella, piu` semplice, piu` compita nella sua brevita`, che si possa
    trovare; e poi la preghiera sacerdotale di N. Signore, senza parlare
    delle dossologie che si trovano gia` nelle Epistole di S. Paolo e
    nell'Apocalisse.

    16. 4^ Esempi che ci conducono alla pratica della virtu`. a) Il
    Vecchio Testamento ci fa sfilare dinanzi una serie di patriarchi, di
    profeti e d'altri personaggi illustri, che non sono stati certo senza
    debolezze, ma le cui virtu` furono celebrate da S. Paolo 16-1 e
    ampiamente descritte dai Padri, che li propongono alla nostra
    imitazione. Chi infatti non ammira la pieta` di Abele e di Enoch, la
    soda virtu` di Noe` che pratica il bene in mezzo ad una generazione
    corrotta, la fede e la confidenza d'Abramo, la castita` e la prudenza
    di Giuseppe, il coraggio, la saviezza, la costanza di Mose`,
    l'intrepidezza, la pieta`, la saggezza di Davide, la vita austera dei
    Profeti, il valore dei Maccabei, e tanti altri esempi che sarebbe
    troppo lungo il ricordare? b) Nel Nuovo Testamento, ecco innanzi tutto
    Gesu` che ci appare come il tipo ideale della santita`, e poi Maria e
    Giuseppe, suoi fedeli imitatori, poi gli apostoli che, prima
    imperfetti, si consacrano poi corpo e anima alla predicazione del
    Vangelo e alla pratica delle virtu` cristiane ed apostoliche, cosicche`
    assai piu` eloquentemente con l'esempio che con le parole ci dicono
    "Imitatores mei estote sicut et ego Christi". Se molti di questi santi
    personaggi ebbero delle debolezze, il come le hanno poi riparate da`
    anche maggior valore ai loro esempi, mostrandoci il modo di riparare
    le proprie colpe con la penitenza.

    Per dare un'idea dei tesori ascetici che si trovano nella Sacra
    Scrittura, faremo nell'Appendice un compendio sintetico della
    spiritualita` dei Sinottici, di S. Paolo e di S. Giovanni.
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    II. LA TRADIZIONE.

    17. La Tradizione compie la Sacra Scrittura, trasmettendoci delle
    verita` che in questa non sono contenute, e inoltre la interpreta in
    modo autentico. Si manifesta col magistero solenne e col magistero
    ordinario.

    1^ Il magistero solenne, che consiste propriamente nelle definizioni
    dei Concilii e dei Sommi Pontefici, non s'e` occupato che raramente di
    questioni ascetiche e mistiche strettamente dette; ma dovette spesso
    intervenire per chiarire e determinare le verita` che costituiscono il
    fondamento della spiritualita`: come la vita divina considerata nella
    sua sorgente, l'elevazione dell'uomo allo stato soprannaturale, il
    peccato originale e le sue conseguenze, la redenzione, la grazia
    comunicata all'uomo rigenerato, il merito che accresce in noi la vita
    divina, i sacramenti che conferiscono la grazia, il santo sacrifizio
    della Messa in cui sono applicati i frutti della redenzione. Nel corso
    dell'opera dovremo giovarci di tutte queste definizioni.

    18. 2^ Il magistero ordinario s'esercita in due modi, in modo
    teorico e in modo pratico.

    A) L'insegnamento teorico ci e` dato per via negativa con la condanna
    delle proposizioni dei falsi mistici, e per via positiva con la
    dottrina comune dei Padri e dei Teologi o con le conclusioni che
    scaturiscono dalle vite dei santi.

    a) Sorsero in diversi tempi dei falsi mistici che alterarono la vera
    nozione della perfezione cristiana, come gli Encratiti e i Montanisti
    dei primi secoli, i Fraticelli e certi mistici tedeschi del Medio Evo,
    Molinos e i Quietisti nei tempi moderni; la Chiesa, condannandoli, ci
    addito` gli scogli da evitare e insieme la via da seguire.

    19. b) E d'altra parte si formo` gradatamente una dottrina comune su
    tutte le grandi questioni di spiritualita`, che e` come il commentario
    vivente degli insegnamenti biblici, e che si trova presso i Padri, i
    teologi e gli autori spirituali; quando si leggono, si e` colpiti
    dell'unanimita` che manifestano su tutti i punti vitali che si
    riferiscono alla natura della perfezione, ai mezzi necessari per
    acquistarla, alle principali tappe da percorrere. Rimane certamente
    qualche punto controverso, ma su questioni accessorie, e queste
    discussioni fanno anche meglio risaltare l'unanimita` morale che esiste
    sul resto. La tacita approvazione che la Chiesa da` a questo
    insegnamento comune e` per noi una sicura garanzia di verita`.

    20. B) L'insegnamento pratico si trova principalmente nella
    canonizzazione dei Santi che hanno insegnato e praticato tutto questo
    complesso di dottrine spirituali. Si sa con quale minuziosa cura si
    procede alla revisione dei loro scritti e all'esame delle loro virtu`;
    dallo studio di questo documenti e` facile dedurre dei principii di
    spiritualita` sulla natura e sui mezzi di perfezione, che saranno
    l'espressione del pensiero della Chiesa. Per convincersene, basta
    leggere l'opera cosi` bene documentata di Benedetto XIV: De Servorum
    Dei Beatificatione et Canonizatione, o qualcuno dei processi di
    Canonizzazione, oppure biografie di Santi scritte secondo le regole
    d'una saggia critica.

    III. LA RAGIONE ILLUMINATA DALLA FEDE E DALL'ESPERIENZA.

    21. La ragione naturale, essendo un dono di Dio assolutamente
    necessario all'uomo per conoscere la verita` sia naturale che
    soprannaturale, ha una parte larghissima nello studio della
    spiritualita`, come di tutti gli altri rami della scienza
    ecclesiastica. Trattandosi pero` di verita` rivelate, ha bisogno
    d'essere guidata e perfezionata dai lumi della fede; e, per applicare
    i principi generali alle anime, deve appoggiarsi sull'esperienza
    psicologica.

    22. 1^ Il primo suo ufficio e` di raccogliere e coordinare i dati
    della Scrittura e della Tradizione; perche`, essendo essi sparsi in
    vari libri, hanno bisogno d'essere riuniti per formare un tutto.
    Inoltre quei sacri detti furono pronunziati in quella data
    circostanza, in occasione di quella data questione, in quel dato
    ambiente; e cosi` pure i testi della Tradizione furono spesso motivati
    da circostanze varie di tempi e di persone. a) Per coglierne quindi il
    valore, bisogna collocarli nel loro ambiente, confrontarli con
    insegnamenti analoghi, poi aggrupparli e interpretarli alla luce del
    complesso delle verita` cristiane. b) Fatto questo primo lavoro, si puo`
    da questi principi trarre delle conclusioni, mostrarne la saldezza e
    le molteplici applicazioni alle mille particolarita` della vita umana
    nelle piu` svariate circostanze. c) Principi e conclusioni saranno in
    fine coordinati in una vasta sintesi e formeranno una vera scienza.
    d) A lei pure spetta il difendere la dottrina ascetica dai suoi
    detrattori. Vi sono molti che l'assaltano in nome della ragione e
    della scienza e non vedono che illusione la` dove sono invece sublimi
    realta`. Rispondere a questi critici, appoggiandosi alla filosofia e
    alla scienza, ecco il preciso ufficio della ragione.

    23. 2^ Essendo la spiritualita` una scienza vissuta, bisogna mostrare
    storicamente come e` stata praticata; e` quindi necessario leggere
    biografie di Santi antichi e moderni, di varie condizioni e di diversi
    paesi, per rilevare in qual modo le regole ascetiche sono state
    interpretate e adattate ai diversi tempi, alle varie nazioni, e ai
    doveri particolari del proprio stato. E poiche` nella Chiesa non ci
    sono solo dei santi, bisogna rendersi ben conto degli ostacoli che si
    oppongono alla pratica della perfezione e dei mezzi usati per
    trionfarne. Occorrono quindi studi psicologici e alla lettura bisogna
    aggiungere l'osservazione.

    24. 3^ Spetta pure alla ragione, illuminata dalla fede, applicare i
    principi e le regole generali a ogni persona in particolare tenendo
    conto del temperamento, del carattere, dell'eta` e del sesso, della
    posizione sociale, dei doveri del suo stato, come anche delle
    attrattive soprannaturali della grazia, badando pure alle regole sul
    discernimento degli spiriti.

    Per adempiere questo triplice ufficio, occorre non solo un'acuta
    intelligenza, ma anche un giudizio retto, molta prudenza e
    discernimento. Vi si deve aggiungere lo studio della psicologia
    pratica, dei temperamenti, delle malattie nervose e degli stati
    morbosi che hanno tanta influenza sulla mente e sulla volonta`, ecc.
    Trattandosi poi d'una scienza soprannaturale, non si deve dimenticare
    che al lume della fede spetta una parte preponderante, e che i doni
    dello Spirito Santo mirabilmente la compiono; specialmente il dono
    della scienza, che dalle cose umane ci eleva fino a Dio, il dono
    dell'intelletto che ci fa meglio approfondire le verita` rivelate, il
    dono della sapienza che ce le fa discernere e gustare, il dono del
    consiglio che ci aiuta ad applicarle a ciascuno in particolare.

    Ecco perche` i Santi, che si lasciano condurre dallo Spirito di Dio,
    sono pure i piu` atti a meglio intendere e meglio applicare i principi
    della vita soprannaturale; hanno una certa connaturalita` con le cose
    divine, che le fa loro meglio intendere e gustare: "Abscondisti haec a
    sapientibus et prudentibus et revelasti en parvulis" 24-1.
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    00 15/10/2013 12:27
    sez. III. Il metodo da seguire 25-1.

    Per trarre maggior profitto dalle fonti che abbiamo descritte, quale
    metodo si dovra` seguire? Il metodo sperimentale e descrittivo, o il
    metodo deduttivo, oppure l'unione dei due? Quale spirito deve
    presiedere all'uso di questi metodi?

    25. 1^ Il metodo sperimentale, descrittivo o psicologico, consiste
    nell'osservare in se` o negli altri i fatti ascetici o mistici, nel
    classificarli e coordinarli, per dedurne i segni o le note
    caratteristiche di ciascuno stato, le virtu` o le disposizioni che
    convengono a ognun di loro, e cio` senza darsi pensiero della natura o
    della causa di questi fenomeni, senza chiedere se procedono dalle
    virtu`, dai doni dello Spirito Santo o da grazie miracolose. Questo
    metodo nella parte positiva ha molti vantaggi, perche` bisogna pure ben
    conoscere i fatti prima di spiegarne la natura e la causa.

    26. Se pero` venga adoperato in modo esclusivo:

    a) Questo metodo non puo` costituire una vera scienza; ne somministra
    certamente i fondamenti, cioe` i fatti e le induzioni immediate che se
    ne possono trarre, puo` anche accertare quali sono i mezzi pratici che
    generalmente riescono meglio. Tuttavia, finche` non si risalga alla
    natura intima e alla causa di questi fatti, si fa piuttosto della
    psicologia che della teologia; o se si descrivono minutamente i mezzi
    per praticare questa o quell'altra virtu`, non si mostra abbastanza il
    movente e lo stimolo che aiuta a praticarla.

    b) Si e` quindi esposti a cadere in opinioni mal fondate. Se nella
    contemplazione non si distingue cio` che e` miracoloso, come l'estasi e
    la levitazione, da cio` che ne costituisce l'elemento essenziale, cioe`
    lo sguardo prolungato e affettuoso su Dio sotto l'influsso d'una
    grazia speciale, se ne potra` troppo facilmente concludere che ogni
    contemplazione e` miracolosa, il che e` contrario alla dottrina comune.

    c) Molte controversie sugli stati mistici s'attenuerebbero se alle
    descrizioni di questi stati s'aggiungessero le distinzioni e le
    esattezze fornite dallo studio teologico. Cosi` la distinzione tra
    contemplazione acquisita e infusa fa meglio intendere certi stati
    d'animo molto reali e conciliare certe opinioni che, a prima vista,
    sembrano contradittorie. Parimenti, nella contemplazione passiva vi
    sono molti gradi: ve ne sono di quelli in cui basta l'uso perfezionato
    dei doni, ve ne sono altri in cui Dio deve intervenire per disporre le
    nostre idee e aiutarci a trarne delle conclusioni che colpiscono, ve
    ne sono infine di quelli che non si possono bene spiegare che con
    conoscenze infuse. Tutte queste distinzioni sono il risultato di
    lunghe e pazienti ricerche speculative insieme e pratiche; facendole,
    si ridurrebbe il numero dei disparari che separano le varie scuole.

    27. 2^ Il metodo dottrinale o deduttivo consiste nello studiare
    accuratamente cio` che insegnano sulla vita spirituale la Scrittura, la
    Tradizione, la Teologia, in particolare la Somma di S. Tommaso, e
    dedurne conclusioni sulla natura della vita cristiana, sulla sua
    perfezione, sul suo obbligo e sui mezzi di raggiungerla, senza darsi
    abbastanza pensiero dei fatti psicologici, del temperamento e del
    carattere delle persone dirette, delle loro inclinazioni, dei
    risultati prodotti su questa o su quell'altra anima dai diversi mezzi;
    senza studiare in particolare i fenomeni mistici descritti dai Santi
    che li provarono, come S. Teresa, S. Giovanni della Croce,
    S. Francesco di Sales, ecc. ecc.; o almeno senza tenerne abbastanza
    conto. Essendo noi facilmente soggetti ad ingannarci nelle nostre
    deduzioni, particolarmente quando le moltiplichiamo, e` cosa prudente
    il verificarle confrontando i fatti. Se, per esempio, si viene a
    conoscere che la contemplazione infusa e` abbastanza rara, si mettera`
    qualche restrizione alla tesi sostenuta da alcune scuole, che tutti
    sono chiamati ai piu` alti gradi di contemplazione 27-1.

    28. 3^ Unione dei due metodi. A) Bisogna dunque saper combinare
    insieme i due metodi.

    E` quello veramente che fanno in generale gli autori, con questa
    differenza pero` che gli uni s'appoggiano di piu` sui fatti e gli altri
    sui principi 28-1. Noi cercheremo di tenere la via di mezzo, senza
    la pretensione di riuscirvi. a) I principi di teologia mistica che i
    grandi maestri dedussero dalle verta` rivelate ci aiuteranno a meglio
    osservare i fatti, ad analizzarli in modo piu` compi`to, a ordinarli in
    modo piu` metodico, a interpretarli piu` saviamente; non dimenticheremo
    infatti che i mistici descrivono le loro impressioni, senza volerne,
    almeno il piu` delle volte, interpretare la natura. I principi ci
    aiuteranno pure a ricercare la causa dei fatti, tenendo conto delle
    verita` gia` conosciute, e a coordinarli in modo da farne una vera
    scienza.

    b) D'altra parte lo studio dei fatti ascetici e mistici correggera` cio`
    che vi sarebbe di troppo rigido e di troppo assoluto nelle conclusioni
    puramente dialettiche; non vi puo` infatto essere opposizione assoluta
    tra i principii e i fatti; se dunque l'esperienza mostra che il numero
    dei mistici e` ristretto, non bisogna affrettarsi a conchiudere che cio`
    dipende unicamente dalla resistenza alla grazia. Ed e` pure utile il
    chiedersi perche` nelle cause di canonizzazione si giudica della
    santita` molto piu` dalla pratica delle virtu` eroiche che dal genere
    d'orazione o di contemplazione; questi fatti potranno di fatto
    dimostrare che il grado di santita` non e` sempre e necessariamente in
    relazione col genere e col grado d'orazione.

    29. B) Come fondere insieme i due metodi? a) Bisogna anzitutto
    studiare il dato rivelato quale ci e` somministrato dalla Scrittura e
    dalla Tradizione, compresovi il magistero ordinario della Chiesa; e,
    con l'aiuto di questo dato, determinare, col metodo deduttivo, che
    cos'e` la vita e la perfezione cristiana, quali i suoi vari gradi,
    quale il cammino progressivo generalmente tenuto per arrivare alla
    contemplazione, passando per la mortificazione e la pratica delle
    virtu` morali e teologali; in che consiste questa contemplazione, sia
    nei suoi elementi essenziali, sia nei fenomeni straodinari che qualche
    volta l'accompagnano.

    30. b) A questo studio dottrinale bisogna aggiungere il metodo
    d'osservazione: 1) esaminare con cura le anime, le loro qualita` e i
    loro difetti, la loro fisionomia speciale, le loro inclinazioni e le
    loro ripugnanze, i movimenti della natura e della grazia che in loro
    si producono; queste conoscenze psicologiche daranno modo di
    determinar meglio i mezzi di perfezione che meglio loro convengono, le
    virtu` di cui hanno maggior bisogno e verso le quali la grazia le
    inclina, la loro corrispondenza a questa grazia, gli ostacoli che
    incontrano e i mezzi che riescono meglio per trionfarne. 2) Per
    allargare il campo della propria esperienza, si leggeranno
    attentamente le vite dei Santi, quelle specialmente che, senza
    dissimularne i difetti, mostrano il modo progressivo con cui li
    combatterono, come e con quali mezzi praticarono le virtu`, se e come
    passarono dalla vita ascetica alla vita mistica e sotto quali
    influenze. 3) Nella vita dei contemplativi si dovranno pure studiare i
    vari fenomeni della contemplazione, dai primi incerti bagliori fino
    alle piu` alte vette, gli effetti di santita` prodotti da queste grazie,
    le prove a cui furono sottoposti, le virtu` che praticarono. Tutto cio`
    servira` a compiere e talora a rettificare le conoscenza teoriche che
    si erano acquistate.

    31. c) Con l'aiuto dei principii teologici e dei fenomeni mistici
    ben studiati e ben classificati, si potra` piu` facilmente risalire alla
    natura della contemplazione, alle sue cause, alle sue specie, e
    distinguere cio` che v'e` in essa di normale e di straordinario. 1) Si
    cerchera` in quale misura i doni dello Spirito Santo sono i principii
    formali della contemplazione e come bisogna coltivarli per mettersi
    nelle disposizioni interiori favorevoli alla contemplazione. 2) Si
    esaminera` se i fenomeni debitamente accertati si spiegano tutti coi
    doni dello Spirito Santo, se qualcuno non suppone specie infuse, e
    come esse operino nell'anima; oppure se e` l'amore che produce questi
    stati spirituali senza nuove cognizioni. 3) Si potra` allora veder
    meglio in che consiste lo stato passivo, in quale misura l'anima vi
    resta attiva, la parte di Dio e quella dell'anima nella contemplazione
    infusa; cio` che in questo stato e` ordinario e cio` che diviene
    straordinario e preternaturale. Cosi` si potra` studiar meglio il
    problema della vocazione allo stato mistico e del numero piu` o meno
    grande dei veri contemplativi.

    Procedendo cosi`, avremo maggior probabilita` d'arrivare alla verita` e a
    conclusioni pratiche per la direzione delle anime; e uno studio di
    questo genere diventera` non meno attraente che santificante.

    32. 4^ Con quale spirito si deve seguir questo metodo? Qualunque sia
    il metodo usato, e` necessario studiare questi difficili problemi con
    molta calma e ponderazione, allo scopo di conoscere la verita`, e non
    di far trionfare ad ogni costo il sistema da noi preferito.

    a) Bisogna quindi rilevare e mettere in luce cio` che e` certo o
    comunemente ammesso, e riporre in un secondo piano cio` che e`
    controverso. La direzione da dare alle anime non dipende dalle
    questioni controverse, ma dalle dottrine comunemente ricevute. Vi e`
    unanimita` in tutte le scuole nel riconoscere che la rinunzia e la
    carita`, il sacrifizio e l'amore sono necessari a tutte le anime e in
    tutte le vie, e che l'armonica combinazione di questo doppio elemento
    dipende molto dal carattere delle persone dirette. Tutti ammettono che
    bisogna sempre praticare lo spirito di penitenza, benche` prenda forme
    diverse, secondo i diversi gradi di perfezione; che bisogna praticare
    le virtu` morali e teologali in modo sempre piu` perfetto per giungere
    alla via unitiva; e che i doni dello Spirito Santo, coltivati con
    cura, danno all'anima nostra una pieghevolezza che la rende piu` docile
    alle ispirazioni della grazia e la preparono, se Dio ve la chiama,
    alla contemplazione. Si e` anche d'accordo su questo punto importante
    che la contemplazione infusa e` essenzialmente gratuita e che Dio la da`
    a chi vuole e quando vuole; e che quindi nessuno puo` mettersi da se`
    stesso nello stato passivo e che i segni d'una vocazione prossima a
    questo stato sono quello cosi` ben descritti da S. Giovanni della
    Croce. E quando le anime giungono alla contemplazione, devono, per
    comun consenso, progredire nella perfetta conformita` alla volonta` di
    Dio, nel santo abbandono e soprattutto nell'umilta`, virtu`
    costantemente raccomandata da S. Teresa.

    Si possono dunque dirigere prudentemente le anima, anche quelle
    chiamate alla contemplazione, senza aver sciolto tutte le questioni
    controverse che gli autori contemporanei stanno ancora discutendo.

    33. b) Ci sembra cosi` che, se si affrontano questi problemi con
    spirito conciliativo, cercando cio` che ci avvicina anziche` cio` che ci
    divide, si arrivera`, se non a sopprimerle, certo ad addolcire queste
    controversie, ad attenuarle, a vedere l'anima di verita` che ogni
    sistema contiene. Ecco cio` che si puo` fare quaggiu`: bisogna sapere
    attendere i lumi della visione beatifica per risolvere un certo numero
    di problemi difficili.
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    00 15/10/2013 12:27

    sez. IV. Eccellenza e necessita` della Teologia ascetica.

    Il poco che abbiamo detto sulla natura, sulle fonti e sul metodo della
    Teologia ascetica, ce ne lascia gia` intravedere l'eccellenza e la
    necessita`.

    I. ECCELLENZA DELLA TEOLOGIA ASCETICA.

    34. L'eccellenza deriva dal suo oggetto che e` uno dei piu` nobili che
    si possano studiare. Egli e` infatto una partecipazione della vita
    divina comunicata all'anima e da lei coltivata con infaticabile
    ardore. Se analizziamo questo concetto, vedremo quanto questo ramo
    della teologia sia degno della nostra attenzione.

    1^ Vi studiamo prima di tutto Dio nelle sue piu` intime relazioni con
    l'anima: la SS. Trinita` che abita e vive in noi e ci comunica una
    partecipazione della sua vita, che collabora alle nostre opere buone,
    aiutandoci cosi` ad aumentare continuamente in noi questa vita
    soprannaturale, a purificare l'anima nostra, ad abbellirla con la
    pratica delle virtu`, a trasformarla finche` sia matura per la visione
    beatifica. Si puo` forse immaginare cosa piu` grande e piu` eccellente di
    questa azione di Dio che trasforma le anime per unirle a se` e
    assimilarsele in modo cosi` perfetto?

    2^ Vi studiamo poi l'anima stessa che, nella sua collaborazione con
    Dio, si viene a poco a poco liberando dai difetti e dalle
    imperfezioni, che coltiva le virtu` cristiane, che si sforza d'imitare
    le virtu` del suo divino Modello non ostante gli ostacoli interni ed
    esterni, che coltiva i doni dello Spirito Santo e acquista una
    mirabile pieghevolezza per obbedire ai minimi tocchi della grazia e
    che s'avvicina cosi` ogni giorno piu` al Padre celeste. Se oggi le
    questioni che hanno relazione con la vita si considerano come le piu`
    degne d'attirare la nostra attenzione, che dobbiamo dire di una
    scienza che tratta della vita soprannaturale, della partecipazione
    alla vita stessa di Dio, che ne descrive le origini, i progressi e la
    piena espansione nel cielo? Vi e` forse oggetto piu` nobile per i nostri
    studi? Ve n'e` forse di piu` necessario?

    II. NECESSITA` DELLA TEOLOGIA ASCETICA.

    Per essere piu` precisi in materia cosi` delicata, ne esporremo:
    * 1^ la necessita` pel sacerdote;
    * 2^ la grandissima utilita` per i laici;
    * 3^ la maniera pratica di studiarla.

    1^ Necessita` pel Sacerdote.

    35. Il sacerdote deve santificare se stesso e santificare i suoi
    fratelli, e per questo doppio rispetto e` obbligato a studiare la
    scienza dei santi.

    A) Il sacerdote, come dimostreremo piu` innanzi con S. Tommaso, e`
    obbligato non solamente a tendere alla perfezione ma a possederla in
    un grado piu` elevato del semplice religioso. Ora la conoscenza della
    vita cristiana e dei mezzi che contribuiscono a perfezionarla, e`
    normalmente necessaria per giungere alla perfezione: nil volitum quin
    praecognitum.

    a) La conoscenza accende e stimola il desiderio. Sapere che cos'e` la
    santita`, la sua eccellenza, l'obbligo di tendervi, i suoi mirabili
    effetti nell'anima, la sua fecondita`, e` gia` un desiderarla. La
    conoscenza d'un bene tende a farcelo desiderare; non si puo` lungamente
    e attentamente contemplare un frutto delizioso senza che nasca il
    desiderio di gustarlo. Ora il desiderio, principalmente quando e`
    ardente e prolungato, e` gia` un principio d'azione: mette in moto la
    volonta` e la spinge verso il conseguimento del bene percepito
    dall'intelligenza, le da` slancio ed energia per raggiungerlo, e ne
    sostiene gli sforzi per conquistarlo; il che e` tanto piu` necessario in
    quanto che molti ostacoli s'oppongono al nostro progresso spirituale.

    b) La considerazione particolare delle numerose tappe da percorrere
    per giungere alla perfezione, gli sforzi perseveranti fatti dai santi
    per trionfare delle difficolta` e avanzare continuamente verso il fine
    desiderato, infiamma i cuori, sostiene l'ardore in mezzo alla lotta,
    impedisce il rilassamento e la tiepidezza, tanto piu` se si considerano
    nello stesso tempo gli aiuti e le consolazioni che Dio tiene preparate
    alle anime di buona volonta`.

    c) Questo studio e` tanto piu` necessario ai nostri giorni: "Viviamo
    infatti in un'atmosfera di dissipazione, di razionalismo, di
    naturalismo, di sensualismo che si insinua, anche a loro insaputa, in
    una moltitudine di anime cristiane, e che invade financo il
    santuario 35-1". I due o tre anni passati in caserma inducono i
    giovani chierici, specialmente quelli che non ricevettero in famiglia
    una educazione profondamente cristiana, a partecipare a questo tristo
    spirito. Ora qual e` il mezzo migliore per reagire contro queste
    funeste tendenze del nostro tempo, se non il vivere in compagnia di
    Nostro Signore e dei Santi con lo studio metodico e continuato dei
    principii di spiritualita`, che sono in opposizione diretta con la
    triplice concupiscenza?

    36. B) Per la santificazione delle anime che gli sono affidate.
    a) Anche quando si tratta di peccatori, il sacerdote ha bisogno di
    conoscere l'Ascetica per insegnar loro il modo di evitare le occasioni
    di peccato, combattere le passioni, resistere alle tentazioni,
    praticare le virtu` contrarie ai vizi che si debbono fuggire. E` vero
    che la teologia morale suggerisce gia` brevemente queste cose, ma
    l'Ascetica le sintetizza e le sviluppa.

    b) E poi vi sono in quasi tutte le parocchie delle anime elette che
    Dio chiama alla perfezione, e che, se sono ben dirette, aiuteranno il
    sacerdote nell'esercizio dell'apostolato con le loro preghiere, con i
    loro esempi, e con mille piccole industrie. In ogni caso se ne possono
    formare alcune tra i giovinetti del catechismo e del patronato. Ora
    per riuscire in quest'opera cosi` importante, e` necessario che il
    sacerdote sia un buon direttore, che possegga le regole tracciate dai
    santi e contenute nei libri di spiritualita`; altrimenti non si ha ne`
    il gusto ne` la capacita` richiesta per l'arte cosi` difficile di formare
    le anime.

    37. c) A piu` forte ragione lo studio delle vie spirituali e`
    necessario per la direzione delle anime ferventi chiamate alla
    santita`, e che talora s'incontrano anche nei piu` piccoli villaggi. Per
    guidarle sino all'orazione di semplicita` e alla contemplazione
    ordinaria, bisogna conoscere non solamente l'Ascetica ma anche la
    Mistica sotto pena di smarrirsi e di ostacolare il progresso di queste
    persone. L'osservava gia` S. Teresa: "Per questo e` necessarissimo un
    direttore, ma e` a desiderare che abbia esperienza... La mia opinione e`
    e sara` sempre che ogni cristiano deve, potendolo, conferire con uomini
    dotti; e quanto piu` dotti saranno, tanto meglio. Coloro che camminano
    per le vie dell'orazione ne hanno piu` bisogno degli altri; e cio` tanto
    piu` quanto piu` saranno spirituali... Cio` di cui io sono persuasissima
    e` che il demonio non riuscira` mai con i suoi artifizi a sedurre una
    persona d'orazione che consulta i teologi, tranne che non voglia
    ingannarsi da se` stessa. Secondo me, il demonio paventa grandemente la
    scienza umile e virtuosa, perche` sa che ne sara` smascherato e che
    dovra` ritirarsi sconfitto" 37-1. Lo stesso linguaggio tiene
    S. Giovanni della Croce: "Siffatti maestri spirituali (che ignorano le
    vie mistiche) non comprendono le anime avviate in questa
    contemplazione quieta e solitaria... le costringono a riprendere il
    cammino della meditazione e del lavoro della memoria, a fare atti
    interni in cui queste anime non trovano che aridita` e distrazione...
    Che si sappia bene: colui che s'inganna per la sua ignoranza, quando
    il suo ministero gli impone il dovere d'acquistare le cognizioni
    necessarie, non sfuggira` al castigo, che sara` proporzionato al male
    prodotto" 37-2.

    Ne` si dica: Se io incontrero` di queste anime, le abbandonero` allo
    Spirito Santo perche` le guidi Lui. -- Lo Spirito Santo vi
    risponderebbe che egli le ha affidate a voi e che voi dovete lavorare
    con Lui alla loro direzione. Egli puo` certamente dirigerle da se`; ma
    per evitare ogni pericolo d'illusione, vuole che questa direzione sia
    sottoposta all'approvazione d'un direttore visibile.
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    Coordin.
    00 15/10/2013 12:27

    2^ Utilita` per i laici.

    38. Diciamo utilita` e non necessita`; perche` i laici possono
    lasciarsi guidare da un direttore istruito e sperimentato, e non sono
    quindi assolutamente obbligati a studiare la Teologia ascetica.
    Tuttavia questo studio sara` loro utilissimo per tre ragioni
    principali:-- a) Per stimolare e tener vivo il desiderio della
    perfezione, come anche per dar loro una certa conoscenza della natura
    della vita cristiana e dei mezzi che ci aiutano a perfezionarla. Non
    si desidera cio` che non si conosce, ignoti nulla cupido, mentre che la
    lettura dei libri spirituali eccita o aumenta il desiderio sincero di
    praticare cio` che si e` letto. Quante anime, per esempio, si sono
    slanciate con ardore verso la perfezione, leggendo l'Imitazione, il
    Combattimento spirituale, l'Introduzione alla vita devota, la Pratica
    di amar Gesu` Cristo?

    b) E anche quando si abbia una guida spirituale, la lettura d'una
    buona Teologia ascetica facilita` e compie la direzione. Si sa meglio
    cio` che bisogna dire nella confessione o nella direzione; si capiscono
    e si ritengono meglio i consigli del direttore, quando si ritrovano in
    un libro che si puo` rileggere. Il direttore, dal canto suo, si vede
    dispensato dall'entrare in numerosi particolari, e si contenta, dopo
    alcuni avvisi sostanziali, di far leggere qualche trattato ove il
    diretto trovera` gli schiarimenti e i compimenti necessari. Cosi` la
    direzione potra` diventar piu` breve senza nulla perdere dei suoi
    vantaggi, perche` il libro continuera` e compira` l'azione del direttore.

    c) Finalmente la lettura d'un trattato di vita spirituale potra`
    supplire, fino a un certo punto, la direzione che non si potesse
    ricevere per mancanza di guida spirituale o che si ricevesse
    raramente. La direzione, come diremo appresso, e` certamente il mezzo
    normale per formarsi alla perfezione; quando pero`, per una ragione o
    per un'altra, non si puo` trovare un buon direttore, il Signore vi
    supplisce, e uno dei mezzi di cui si serve e` appunto qualcuno di quei
    libri che, in modo preciso e metodico, tracciano la via da tenere per
    diventar perfetti.

    3^ Modo di studiare questa scienza.

    39. Per acquistare la scienza necessaria alla direzione delle anime
    si richiedono tre condizioni: un Manuale, la lettura dei grandi
    maestri, la pratica.

    A) Lo studio d'un Manuale. Le letture spirituali che si fanno in un
    seminario, la pratica della direzione, e specialmente l'acquisto
    progressivo delle virtu` aiutano certamente molto il seminarista a
    formarsi alla direzione delle anime. Ma pure ci vuole anche lo studio
    d'un buon Manuale. 1) Le letture spirituali sono anzitutto un
    esercizio di pieta`, una serie d'istruzioni, di consigli e
    d'esortazioni sulla vita spirituale, ed e` ben raro che vi si trattino
    in modo metodico e completo tutte le questioni di spiritualita`. 2) In
    ogni caso, se i seminaristi non hanno un Manuale, a cui possano
    logicamente riferire i vari consigli che lor si danno, e che possano
    rileggere di quando in quando, presto dimenticheranno cio` che hanno
    inteso e mancheranno della competente scienza. Ora questa scienza e`
    una di quelle che il giovane clero deve acquistare in Seminario, come
    ben disse Pio X: "Scientiam pietatis et officiorum quam asceticam
    vocant". 39-1

    40. B) Lo studio approfondito dei Maestri spirituali, specialmente
    degli autori canonizzati, o di quelli, che senza essere tali, sono
    vissuti da santi. a) Al loro contatto, infatti, il cuore si riscalda,
    l'intelligenza, illuminata dalla fede, percepisce piu` chiaramente e
    gusta meglio che in un libro didattico i grandi principii della vita
    spirituale, e la volonta`, sorretta dalla grazia, e` stimolata alla
    pratica delle virtu` cosi` vivamente descritte da coloro che vi si sono
    valorosamente esercitati. Aggiungendovi la lettura delle vite dei
    santi, si capira` anche meglio perche` e come si devono imitare, e
    l'irresistibile efficacia dei loro esempi dara` nuova forza ai loro
    insegnamenti: "Verba movent, exempla trahunt".

    b) Questo studio, cominciato in Seminario, dovra` continuare e
    perfezionarsi nel ministero: la direzione delle anime lo rendera` piu`
    pratico; come un buon medico non cessa di perfezionare i suoi studi
    con la pratica dell'arte e l'arte con nuovi studi, cosi` un savio
    direttore dara` compimento alle sue cognizioni teoriche con la
    direzione delle anime, e all'arte della direzione con nuovi studi
    riguardanti i bisogni speciali delle anime a lui affidate.

    41. C) La pratica delle virtu` cristiane e sacerdotali sono sotto il
    savio stimolo d'un direttore. Per ben capire la varie tappe della
    perfezione, non c'e` mezzo piu` efficace che percorrerle da se` stesso;
    infatti, la miglior guida attraverso le montagne non e` forse colui che
    le ha percorse egli stesso in tutti i sensi? E quando si e` stati ben
    diretti, si e`, a parita` di condizioni, piu` atti a dirigere gli altri,
    perche` si e` visto per esperienza come si applicano le regole nei casi
    particolari.

    Combinando queste tre condizioni, si studiera` la Teologia ascetica con
    molto profitto per se` e per gli altri.

    42. Soluzione di alcune difficolta`. A) Si rimprovera talvolta
    all'Ascetica di falsare le coscienze, mostrandosi molto piu` esigente
    della Morale e chiedendo alle anime una perfezione inattuabile. Questo
    rimprovero sarebbe fondato se essa non distinguesse tra precetto e
    consiglio, tra le anime chiamate ad un'alta perfezione e quelle che
    non lo sono. Ora non e` cosi`: pur spingendo le anime elette verso
    altezze inaccessibili ai cristiani ordinari, non dimentica la
    differenza che passa tra precetto e consiglio, tra le condizioni
    essenziali per salvarsi e quelle che sono richieste per la perfezione;
    ma sa pure che, per osservar bene i comandamenti, bisogna osservare
    pure alcuni consigli.

    43. B) Viene accusata di favorire l'egoismo, a tutto anteponendo la
    propria santificazione. -- Ma Nostro Signore stesso c'insegna che la
    salvezza dell'anima nostra dev'essere il nostro primo pensiero: Quid
    enim prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae
    detrimentum patiatur? 43-1 Nulla v'e` d'egoistico in questo; perche`
    una delle condizioni essenziali per salvarsi e` la carita` verso il
    prossimo, la quale si manifesta tanto con le opere corporali quanto
    con le spirituali; e la perfezione vuole che si ami il prossimo al
    punto da sacrificarsi per lui, come fece Gesu` per noi. Se questo e`
    egoismo, e` un egoismo poco temibile.

    C) Si insiste: l'Ascetica spinge le anime alla contemplazione e quindi
    le distoglie dalla vita attiva. -- Bisogna assolutamente ignorare la
    storia, per affermare che la contemplazione nuoce all'azione: "I veri
    mistici, dice il signor De Montmorand 43-2, sono persone di
    pratica e di azione, non di ragionamento e di teoria. Hanno il senso
    dell'organizzazione, il dono del comando, e si palesano pieni di
    ottime doti per gli affari. Le opere che essi fondano sono vitali e
    durevoli; nella concezione e nella direzione delle loro imprese, danno
    prova di prudenza e di arditezza, e di quella giusta stima delle
    possibilita` che costituisce il buon senso. Difatti sembra appunto che
    il buon senso sia la loro dote principale: un buon senso che non e`
    turbato da alcuna esaltazione morbosa ne` da alcuna immaginazione
    disordinata, al quale s'aggiunge anzi una rara potenza di
    discernimento." Non abbiamo forse visto, leggendo la storia della
    Chiesa, che la maggior parte dei santi che hanno scritto intorno alla
    vita spirituale erano nello stesso tempo uomini di scienza e d'azione?
    Ne sono prova: Clemente Alessandrino, S. Basilio, S. Grisostomo, [sic]
    S. Ambrogio, S. Agostino, S. Gregorio, S. Anselmo, S. Bernardo, il
    B. Alberto Magno, San Tommaso, S. Bonaventura, Gersone, S. Teresa,
    S. Francesco di Sales, S. Vincenzo de Paoli, il Card. di Be'rulle, la
    Signora Acarie, e tanti altri che sarebbe troppo lungo enumerare. La
    contemplazione non soltanto non e` di ostacolo all'azione, ma la
    illumina anzi e la dirige.

    Nulla dunque e` piu` nobile, piu` importante, piu` utile della Teologia
    ascetica ben compresa.

    sez. V. Divisione della Teologia ascetica e mistica
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    00 15/10/2013 12:28
    I. DISEGNI VARI SEGUITI DAGLI AUTORI.

    Dopo di avere indicati i vari disegni da altri adottati, proporremo
    quello che ci sembra il piu` adatto al nostro scopo. Vi sono vari
    aspetti secondo cui si puo` tracciare una divisione logica della
    scienza spirituale.

    44. 1^ Gli uni, considerandola come scienza pratica, lasciano da
    parte tutte le verita` speculative su cui si fonda, restringendosi a
    coordinare, quanto piu` metodicamente e` possibile, le regole della
    perfezione cristiana; tali furono tra i Padri, G. Cassiano nelle sue
    Conferenze, S. Giovanni Climaco nella sua Scala Mistica; e, nei tempi
    moderni, il Rodriguez nella "Pratica della Perfezione cristiana". Il
    vantaggio di questo metodo e` d'entrare immediatamente nello studio dei
    mezzi pratici che conducono alla perfezione. L'inconveniente e` di non
    proporre alle anime gli stimoli che ci da` la considerazione di cio` che
    hanno fatto e fanno per noi Dio e Gesu` Cristo, e di non fondare la
    pratica delle virtu` su quelle convinzioni profonde e generali che si
    trovano nella meditazione delle verita` dogmatiche.

    45. 2^ Quindi e` che i piu` illustri Padri greci e latini, come
    S. Atanasio e S. Cirillo, S. Agostino e S. Ilario, i grandi teologi
    del Medio-Evo, come Riccardo da S. Vittore, il B. Alberto Magno, San
    Tommaso e S. Bonaventura, badano a fondare la loro dottrina spirituale
    sui dommi di fede e di riferirvi le virtu` di cui espongono la natura e
    i gradi. Questo fece specialmente la Scuola francese del secolo XVII,
    con Be'rulle, Condren, Olier, G. Eudes 45-1. Il suo merito sta
    nell'illuminare la mente e fortificare le convinzioni per far meglio
    praticare le austere virtu` che ci propone. Le si rimprovera talora di
    allargarsi un poco troppo nella speculativa e badare troppo poco alla
    pratica; la perfezione quindi starebbe nell'unire queste due cose, cio`
    che molti hanno gia` tentato con buon esito 45-2.

    46. 3^ Tra quelli che si studiano di conciliare questi due elementi
    essenziali, alcuni seguono l'ordine ontologico delle virtu`, mentre
    altri seguono l'ordine psicologico dello sviluppo delle stesse virtu`
    per le tre vie, purgativa, illuminativa e unitiva.

    A) Tra i primi sta S. Tommaso che, nella Somma, tratta per ordine
    delle virtu` teologali e morali e dei doni dello Spirito Santo da lui
    collegati con ciascuna virtu`. Fu seguito dai principali autori della
    Scuola francese del secolo XVII e da altri scrittori 46-1.

    B) Tra i secondi stanno tutti coloro che, volendo formare dei
    direttori spirituali, ordinatamente descrissero le ascensioni
    dell'anima per le tre vie, mettendo solamente, in capo ai loro
    trattati, una breve introduzione sulla natura della vita spirituale;
    tali sono Tommaso da Vallgornera, O. P. Mystica Theologia Divi Thomae,
    Filippo della SS. Trinita`, C. D. Summa Theologiae, Scaramelli, S. I.
    Direttorio Ascetico, e ai nostri giorni A. Sandreau, Les degre's de la
    vie spirituelle.

    47. 4^ Altri infine, come il P. Alvarez de Paz S. I. e il
    P. Le Gaudier S. I. conciliano insieme i due metodi; pur esponendo in
    disteso e dommaticamente cio` che concerne la natura della vita
    spirituale e i principali mezzi di perfezione, vengono poi ad
    applicare questi principii generali alle tre vie. A noi pare che, per
    raggiungere il fine propostoci, che e` di formare dei direttori di
    anime, questa sia la divisione migliore. E` vero che, seguendo un tal
    disegno, si cade in qualche ripetizione e si e` costretti a spezzettar
    la materia, ma sono inconvenienti inevitabili in qualsiasi divisione e
    ai quali del resto si puo` rimediare con rinvii agli argomenti gia`
    trattati o da trattare.

    II. IL NOSTRO DISEGNO.

    48. Divideremo la nostra teologia ascetica in due parti.

    Nella prima, che sara` principalmente dottrinale e che intitoleremo I
    PRINCIPII, esporremo l'origine e la natura della vita cristiana, la
    perfezione di questa vita, l'obbligo di tendere a questa perfezione e
    i mezzi generali per arrivarvi.

    Nella seconda, che sara` l'APPLICAZIONE DEI PRINCIPII alle varie
    categorie di anime, seguiremo le ascensioni progressive di un'anima
    che, animata dal desiderio della perfezione, percorre ordinatamente le
    tre vie, purgativa, illuminativa e unitiva. Questa seconda parte, pur
    appoggiandosi sulla dottrina, sara` principalmente psicologica.

    La prima parte illuminera` il nostro cammino mostrandoci il divino
    disegno della nostra santificazione, stimolera` i nostri sforzi,
    ricordandoci la generosita` di Dio verso di noi, e ci traccera` le
    grandi linee da seguire per corrispondere a questa generosita` col dono
    totale di noi stessi. La seconda guidera` i nostri passi esponendo in
    particolare le tappe progressive da percorrere, con l'aiuto di Dio,
    per arrivare al fine. Cosi`, a nostro avviso, si troveranno riuniti e
    conciliati i vantaggi delle altre divisioni.
    _________________________________________________________________

    1-1 Th. De Vallgornera O. P. Mystica Theologia D. Thomae, t. I,
    q. I; E. Dublanchy, Asce'tique nel Dict. de The'ologie, t. I,
    col. 2038-2046.

    1-2 Questo trattato si trova nella nostra Synopsis Theologiae
    dogmaticae, t. III.

    1-3 I Joan., III, 2.

    3-1 Nel Pedagogo, l. I, c. 8, P. G., VIII, 318, Clemente da` il
    nome d'asceta a Giacobbe, dopo la lotta che sostenne contro un angelo
    in una visione misteriosa.

    3-2 Origene (In Jerem., omelia 19, n. 7, P. G., XIII, 518) designa
    col nome d'asceti una classe di cristiani ferventi che praticavano la
    mortificazione e certi altri esercizi di perfezione.

    16-1 Hebr., c. XI per intiero.

    24-1 Matth., XI, 25.

    25-1 R. Garrigou-Lagrange, O. P., La vie spirituelle, 10 ott.
    1919, p. 11.

    27-1 Ben a ragione dunque due Riviste di tendenza diverse, La vie
    spirituelle e la Revue d'Asce'tique et de Mystique, si sono messe sulla
    via delle prcisioni, distinguendo con cura, in cio` che riguarda la
    chiamata alla contemplazione, la chiamata generale e la individuale,
    la chiamata prossima e la remota, la chiamata efficace e la
    sufficiente. Precisando il senso di queste parole e studiando i fatti,
    si riuscira` a intendersi meglio e a ravvicinarsi.

    28-1 Cosi` T. de Vallgornera fa parte piu` ampia al metodo
    deduttivo, mentre il P. Poulain nel "Delle Grazie d'Orazione da` piu`
    risalto al metodo descrittivo.

    35-1 Giroux, Rapport lu au VIe Congr. de l'Alliance, 1911, p. 156.

    37-1 Vie par elle-me^me c. 13, p. 173-177, ediz. dei Carmelitani di
    Parigi; bisogna leggere tutto il passo, con gli altri sparsi nelle
    opere della Santa.

    37-2 La Fiamma d'amor viva, stanza III, v. 3^, sez. XI.

    39-1 Motu proprio 9 sett. 1910. A. A. S., t. II, p. 668. -- Il
    Papa Benedetto XV volle che si fondasse una cattedra di Teologia
    ascetica nelle due grandi Scuole teologiche di Roma.

    43-1 Matth., XVI, 26.

    43-2 Revue Philosophique (Ribot), dic. 1904, pag. 608; M. De
    Montmorand, Psychologie des Mystiques, 1920, pag. 20-21.

    45-1 G. Le'tourneau, L'Ecole franc,aise du XVIIe sie`cle, 1913;
    H. Bre'mond, Hist. litt. du sentiment religieux, t. III, L'Ecole
    franc,aise, 1921; quest'ultimo pero` da` troppo rilievo ai dispareri tra
    quelle che chiama le due scuole rivali.

    45-2 E` cio` che fecero ottimamente, tra gli altri, il B. Eudes
    nelle sue missioni e nelle sue opere; e L. Tronson, Examens
    particuliers, ove, utilizzando i lavori anteriori di G. G. Olier,
    riusci` a condensare tutte le pratiche dell'ascesi oleriana.

    46-1 Pei tempi nostri possiamo citare, Mons. Gay, De la vie et des
    vertus chre'tiennes; C. de Smedt, S. J. Notre vie surnaturelle.
    _________________________________________________________________

    Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy .
    Ultima revisione: 2 febbraio 2006.
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    ADOLFO TANQUEREY
    Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
    _________________________________________________________________

    PRIMA PARTE
    I Principii
    _________________________________________________________________

    SCOPO E DIVISIONE DELLA PRIMA PARTE.

    49. Questa prima parte ha lo scopo di richiamare brevemente i dommi
    principali su cui poggia la nostra vita soprannaturale, di esporre la
    natura e la perfezione di questa vita e i mezzi generali che conducono
    alla perfezione.

    In questa seguiamo l'ordine ontologico, riserbando di indicare nella
    seconda parte l'ordine psicologico tenuto ordinariamente dalle anime
    nell'uso di questi vari mezzi.
    * Cap. I. Le origini della vita soprannaturale: elevazione
    dell'uomo allo stato soprannaturale, caduta e redenzione.
    * Cap. II. Natura della vita cristiana: la parte di Dio e la
    parte dell'anima.
    * Cap. III. Perfezione di questa vita: l'amore di Dio e del
    prossimo spinto fino al sacrifizio.
    * Cap. IV. Obbligo di tendere a questa perfezione pei laici, pei
    religiosi, pei sacerdoti.
    * Cap. V. Mezzi generali, interni ed esterni, per conseguire
    questa perfezione.

    50. Abbastanza chiara e` la ragione di questa divisione. Il primo
    capitolo, richiamando le origini della vita soprannaturale, ci aiuta a
    meglio intenderne la natura e l'eccellenza.

    Il secondo espone la natura della vita cristiana nell'uomo rigenerato;
    la parte che vi ha Dio col darsi a noi in se stesso sia per mezzo del
    suo Figlio; e coll'assisterci per mezzo della SS. Vergine e dei Santi;
    e la parte che vi ha l'uomo col darsi a Dio per mezzo di una generosa
    e costante cooperazione alla grazia.

    Il terzo mostra che la perfezione di questa vita consiste
    essenzialmente nell'amor di Dio e del prossimo per Dio; ma che questo
    amore non puo` sulla terra praticarsi senza generosi sacrifizi.

    Nel quarto si determina l'obbligo di tendere a questa perfezione, e
    cio` a cui sono tenuti i laici, i religiosi e i sacerdoti.

    Non resta quindi altro se non fissare in un quinto capitolo i mezzi
    generali che ci aiutano ad avvicinarci alla perfezione; mezzi comuni a
    tutti, ma in gradi diversi che verranno indicati dalla seconda parte
    trattando delle tre vie.
    _________________________________________________________________

    Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy .
    Ultima revisione del testo: 10 aprile 2004.
    Ultima revisione dell'HTML: 15 gennaio 2006.
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    00 15/10/2013 12:30
    CAPITOLO I.

    Le origini della vita soprannaturale.

    51. Questo capitolo ha per iscopo di farci meglio conoscere cio` che
    vi e` di gratuito e d'eccellente nella vita soprannaturale, come pure
    le grandezze e le debolezze dell'uomo a cui questa vita e` conferita.
    Per meglio intenderlo, vediamo:
    * I. Che cosa e` la vita naturale dell'uomo;
    * II. La sua elevazione allo stato soprannaturale;
    * III. La sua caduta;
    * IV. La sua restaurazione per opera del divin Redentore.

    ART. I. DELLA VITA NATURALE DELL'UOMO.

    52. Si tratta qui di descrivere l'uomo quale sarebbe stato nello
    stato di semplice natura e quale viene dipinto dai filosofi.

    Poiche` la nostra vita soprannaturale s'innesta sulla nostra vita
    naturale e la conserva perfezionandola, e` necessario richiamare
    brevemente cio` che su questo punto la retta ragione c'insegna.

    1^ L'uomo e` un composto misterioso di corpo e di anima, di materia e
    di spirito che in lui intimamente s'uniscono per formare un'unica
    natura e un'unica persona. L'uomo dunque e`, per cosi` dire, il punto di
    congiunzione, il vincolo che unisce gli spiriti e i corpi; un
    compendio delle meraviglie della creazione, un piccolo mondo che
    concentra tutti i mondi, uixro'xosuo*s, e che manifesta la sapienza
    divina, la quale ha saputo riunire due esseri cosi` disparati.

    53. E` un mondo pieno di vita: secondo l'osservazione di S. Gregorio
    Magno, vi si distinguono tre vite, la vita vegetativa, la vita animale
    e la vita intellettiva: "Homo habet vivere cum plantis, sentire cum
    animantibus, intelligere cum angelis." 53-1 Come la pianta, l'uomo
    si nutrisce, cresce e si riproduce; come l'animale, conosce gli
    oggetti sensibili e tende ad essi col suo appetito sensitivo, con le
    sue emozioni e le sue passioni, e si muove di moto spontaneo; come
    l'angelo, ma in grado minore e in modo diverso, conosce
    intellettualmente l'essere soprasensibile, il vero, e la sua volonta`
    tende liberamente al bene razionale.

    54. 2^ Queste tre vite non si sovrappongono, ma si compenetrano, si
    coordinano e si subordinano, per concorrere ad un medesimo fine: la
    perfezione di tutto l'essere. E` legge razionale insieme e biologica
    che, in ogni essere composto, la vita non puo` conservarsi e
    svilupparsi se non a patto di coordinare e quindi di subordinare i
    suoi vari elementi all'elemento principale e di asservirli per
    servirsene. Nell'uomo quindi le facolta` inferiori, vegetative e
    sensitive, devono essere sottomesse alla ragione e alla volonta`.
    Questa condizione e` assoluta: nella misura che manca, la vita
    s'affievolisce e scompare; infatti quando cessa la subordinazione, la
    dissociazione degli elementi incomincia, e si ha l'indebolimento del
    sistema e finalmente la morte. 54-1

    55. 3^ La vita e` dunque una lotta; perche` le facolta` inferiori
    tendono con ardore al piacere, mentre le facolta` superiori tendono al
    bene onesto. Ora tra queste facolta` vi e` spesso conflitto: cio` che ci
    piace, cio` che ci e` o almeno ci sembra utile, non e` sempre moralmente
    buono; e` necessario quindi che la ragione, per far regnare l'ordine,
    combatta le tendenze contrarie e ne trionfi; ed ecco la lotta dello
    spirito contro la carne, della volonta` contro la passione. Questa
    lotta e` talora penosa; come in primavera sale la linfa negli alberi,
    cosi` vi sono talora nella parte sensitiva dell'anima spinte violente
    verso il piacere sensibile.

    56. Ma non sono irresistibili; la volonta`, aiutata dall'intelletto,
    esercita su questi movimenti passionali un quadruplice potere:
    1) potere di previdenza, che consiste nel prevedere e nel prevenire,
    con una saggia e costante vigilanza, molte immaginazioni, impressioni
    ed emozioni pericolose; 2) un potere d'inibizione e di moderazione,
    col quale noi infreniamo o almeno moderiamo i moti violenti che ci si
    sollevano nell'anima; cosi` io posso impedire ai miei occhi di fissarsi
    su un oggetto pericoloso, alla mia immaginazione di trattenere
    immagini cattive; e se sorge in me moto di collera, io posso
    moderarlo; 3) un potere di stimolo, che eccita o intensifica per mezzo
    della volonta` i movimenti passionali; 4) un potere di direzione, che
    ci rende capaci di dirigere questi movimenti verso il bene e quindi di
    distoglierli anche dal male.

    57. Oltre a queste lotte intestine, ce ne possono essere altre tra
    l'anima e il suo Creatore. Vediamo certamente con la retta ragione che
    siamo obbligati a pienamente assoggettarci a Colui che e` nostro
    supremo Padrone. Ma questa obbedienza ci costa; c'e` in noi una certa
    sete d'indipendenza e d'autonomia che ci inclina a sottrarci
    all'autorita` divina; e` l'orgoglio, di cui non si trionfa che con
    l'umile confessione della propria indegnita` e della propria impotenza,
    riconoscendo i diritti imprescrittibili del Creatore sulla sua
    creatura.

    Cosi` dunque, nello stato di natura, noi avremmo dovuto lottare contro
    la triplice concupiscenza.

    58. 4^ Quando l'uomo, invece di cedere alle cattive tendenze, fa il
    suo dovere, puo` a buon diritto aspettarsi una ricompensa, che sara` per
    la sua anima immortale una conoscenza piu` ampia e piu` profonda della
    verita` e di Dio, sempre pero` conforme alla sua natura, cioe` a dire
    analitica o discorsiva, e un amore piu` puro e piu` durevole. Se invece
    viola liberamente la legge in materia grave e non si pente prima di
    morire, non consegue il suo fine e merita un castigo, che sara` la
    privazione di Dio accompagnata da tormenti, proporzionati alla gravita`
    delle sue colpe.

    Tale sarebbe stato l'uomo nel cosidetto stato di natura pura, che del
    resto non e` mai esistito; essendo stato l'uomo elevato allo stato
    soprannaturale, o al momento della sua creazione, come dice
    S. Tommaso, o immediatamente dopo, come dice S. Bonaventura.

    Dio, nella infinita sua bonta`, non si contento` di conferire all'uomo i
    doni naturali; ma volle elevarlo ad uno stato superiore, conferendogli
    doni preternaturali e soprannaturali.

    ART. II. ELEVAZIONE DELL'UOMO ALLO STATO SOPRANNATURALE. 59-1
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    I. Nozione del soprannaturale.

    59. Richiamiamo che in teologia si distinguono due specie di
    soprannaturale: il soprannaturale assoluto, per essenza, quoad
    substantiam, e il soprannaturale relativo, quanto al modo, quoad
    modum.

    1^ Il soprannaturale per essenza e` un dono divino fatto alla creatura
    intelligente, e che supera assolutamente tutta la sua natura, in
    questo senso che non puo` essere da lei prodotto e neppur da lei
    postulato, richiesto, meritato, cosicche` non solo supera ogni sua
    capacita` attiva ma anche tutti i suoi diritti e tutte le sue esigenze.
    E` qualche cosa di finito, perche` e` un dono fatto alla creatura; ma e`
    nello stesso tempo qualche cosa di divino, perche` solo il divino puo`
    superare le esigenze di ogni creatura. E` pero` un divino comunicato e
    partecipato in modo finito e cosi` evitiamo il panteismo. Non ci sono
    veramente che due sole forme di soprannaturale per essenza:
    l'Incarnazione e la grazia santificante.

    A) Nel primo caso, Dio si unisce all'umanita` nella persona del Verbo,
    in modo che la natura umana di Gesu` ha per soggetto personale la
    seconda persona della SS. Trinita`, senza alcuna alterazione come
    natura umana; cosicche` Gesu`, uomo per la sua natura umana, e` anche
    veramente Dio quanto alla sua persona. Abbiamo qui un'unione
    sostanziale, che non fonde due nature in una sola, ma le unisce,
    conservandone l'integrita`, in una sola persona, la persona del Verbo;
    e` quindi un'unione personale o ipostatica. E` questo il piu` alto grado
    del soprannaturale quoad substantiam.

    B) La grazia santificante e` un grado minore di questo stesso
    soprannaturale. Con lei infatti l'uomo serba la personalita` ma viene
    divinamente, benche` accidentalmente, modificato nella natura e nella
    capacita` operativa; non diventa Dio, ma deiforme, cioe` simile a Dio,
    divinae consors naturae, capace di afferrar direttamente Dio nella
    visione beatifica, quando la grazia sara` trasformata in gloria, e di
    vederlo faccia a faccia, come Dio vede se stesso; privilegio che
    supera evidentemente le esigenze delle creature anche piu` perfette,
    poiche` ci fa partecipare alla vita intellettuale di Dio e alla sua
    natura.

    60. 2^ Il soprannaturale relativo, quanto al modo, e` in se` qualche
    cosa che non supera la capacita` o le esigenze di ogni creatura, ma
    solamente di qualche natura particolare. Tale e` la scienza infusa, che
    supera la capacita` dell'uomo ma non quella dell'angelo.

    Dio comunico` all'uomo queste due forme di soprannaturale: conferi`
    infatti ai nostri progenitori il dono di integrita`, (soprannaturale
    quoad modum) che, perfezionandone la natura, la disponeva a ricevere
    la grazia, e nello stesso tempo conferi` loro la grazia stessa, dono
    soprannaturale quoad substantiam: il complesso di questi due doni
    costituisce quella che si chiama giustizia originale.

    II. Doni preternaturali conferiti ad Adamo.

    61. Il dono di integrita` perfeziona la natura dell'uomo senza
    elevarla all'ordine divino; e` certamente un dono gratuito e
    preternaturale che supera le sue esigenze e le sue forze; ma non e`
    ancora il soprannaturale per essenza. Comprende tre grandi privilegi,
    i quali, senza cangiare il fondo della natura umana, le danno una
    perfezione a cui non avea alcun diritto: la scienza infusa, il dominio
    delle passioni o l'esenzione dalla concupiscenza, l'immortalita` del
    corpo.

    62. A) La scienza infusa. Per natura noi non vi abbiamo diritto,
    perche` e` privilegio degli angeli; solo progressivamente e con
    difficolta` noi, secondo le leggi psicologiche, possiamo arrivare alla
    conquista della scienza. Ora, per facilitare al primo uomo il suo
    ufficio di capo e di educatore del genere umano, Dio gli diede
    gratuitamente la scienza infusa di tutte le verita` che gli erano
    necessarie, ed una certa facilita` d'acquistare la scienza
    sperimentale; s'avvicinava cosi` agli angeli.

    63. B) Il dominio delle passioni ossia l'esenzione da quella
    tirannica concupiscenza che rende la virtu` cosi` difficile. Abbiamo
    detto che, per la costituzione stessa dell'uomo, vi e` in lui una lotta
    terribile tra il desiderio sincero del bene e l'appetito disordinato
    dei piaceri e dei beni sensibili, ed una spiccata tendenza
    all'orgoglio: tutto quello insomma che noi chiamiamo la triplice
    concupiscenza. Per rimediare a questo naturale difetto, Dio conferi` ai
    nostri progenitori un certo dominio sulle passioni che, senza renderli
    impeccabili, agevolava loro la virtu`. In Adamo non v'era quella
    tirannia della concupiscenza che inclina violentemente al male, ma
    solamente una certa tendenza al piacere, subordinata alla ragione.
    Essendo la sua volonta` sottomessa a Dio, le facolta` inferiori erano
    sottomesse alla ragione e il corpo all'anima: ordine quindi e
    rettitudine perfetta.

    64. C) L'immortalita` corporea. L'uomo e` per natura soggetto alla
    malattia e alla morte; per una provvidenza speciale, fu preservato da
    questa doppia debolezza, affinche` l'anima potesse cosi` piu` liberamente
    attendere all'adempimento dei suoi doveri superiori.

    Ma questi privilegi erano destinate a rendere l'uomo piu` atto a
    ricevere e trafficare un dono molto piu` prezioso, intieramente e
    assolutamente soprannaturale, quello della grazia santificante.

    III. I privilegi soprannaturali.

    65. A) Per natura l'uomo e` servo di Dio, cosa sua e sua proprieta`.
    Ma per un'insigne bonta`, di cui non potremo mai ringraziarlo
    abbastanza, Dio volle farlo entrare nella sua famiglia, adottarlo per
    figlio, farne il suo erede presuntivo, riserbandogli un posto nel suo
    regno; e perche` questa adozione non fosse una semplice formalita`, gli
    conferi` una partecipazione della sua vita divina, una qualita` creata,
    e` vero, ma reale, che gli fa godere sulla terra i lumi della fede,
    molto superiori a quelli della ragione, e possedere un giorno Dio nel
    cielo con la visione beatifica e un amore proporzionato alla chiarezza
    di questa visione.

    66. B) A questa grazia abituale, che perfezionava e divinizzava, a
    cosi` dire, la sostanza stessa dell'anima, s'aggiungevano delle virtu`
    infuse e dei doni dello Spirito Santo che divinizzavano le sue
    facolta`, e una grazia attuale che, mettendo in moto tutto
    quest'organismo soprannaturale, lo rendeva capace di fare atti
    soprannaturali, deiformi e meritori di vita eterna.

    Questa grazia e` sostanzialmente la stessa di quella che ci viene
    concessa per mezzo della giustificazione; per ora quindi non la
    descriviamo in particolare, perche` ci riserbiamo di farlo piu` tardi
    parlando dell'uomo rigenerato.

    Tutti questi privilegi, eccettuata la scienza infusa, erano stati dati
    ad Adamo, non come un bene personale ma come un patrimonio di famiglia
    che doveva essere trasmesso a tutta la sua discendenza, a patto che
    egli rimanesse fedele a Dio.

    ART. III. LA CADUTA E IL CASTIGO. 67-1

    I. La caduta.

    67. Non ostante tutti questi privilegi, l'uomo restava libero, e fu
    percio` sottoposto ad una prova, per potere, con l'aiuto della grazia,
    meritare il cielo. Questa prova consisteva nell'osservanza delle leggi
    divine e in particolare d'un precetto positivo aggiunto alla legge
    naturale, espresso dal Genesi sotto la forma di proibizione di
    mangiare il frutto dell'albero della scienza del bene e del male. La
    Scrittura narra come il demonio, sotto forma di serpente, venne a
    tentare i nostri progenitori, sollevando nell'anima loro un dubbio
    sulla legittimita` di quella proibizione. Egli tenta di persuaderli
    che, mangiando di quel frutto, non solo non morranno, ma diventeranno
    come dei, e conosceranno da loro stessi il bene e il male senza aver
    bisogno di ricorrere alla legge divina: "eritis sicut dii, scientes
    bonum et malum" 67-2. Era una tentazione d'orgoglio, e di
    ribellione a Dio. L'uomo soccombe e commette formalmente un peccato di
    disobbedienza, come nota S. Paolo 67-3, ma ispirato dall'orgoglio
    e presto seguito da altre debolezze. Fu una colpa grave, perche` fu il
    rifiuto di sottomettersi all'autorita` di Dio, una specie di negazione
    del suo sovrano dominio e della sua sapienza, essendo quel precetto un
    mezzo per provare la fedelta` del primo uomo; colpa tanto piu` grave in
    quanto che i nostri progenitori conoscevano l'infinita liberalita` di
    Dio verso di loro, i suoi imprescrittibili diritti, la gravita` del
    precetto manifestata dalla gravita` della sanzione che vi era annessa,
    e perche`, non essendo trascinati dall'impetuosita` delle passioni,
    avevano il tempo di riflettere sulle formidabili conseguenze del loro
    atto.

    68. Si fece pur questione come mai poterono essi peccare, non
    essendo soggetti agli allettamenti della concupiscenza. Per
    intenderlo, bisogna ricordarsi che nessuna creatura libera e`
    impeccabile; ella puo` infatti deviar lo sguardo dal vero bene per
    volgerlo al bene apparente, attaccarsi a quest'ultimo e preferirlo al
    primo; questa preferenza costituisce appunto il peccato. Solo colui,
    come fa notare S. Tommaso, e` impeccabile, la cui volonta` si confonde
    con la legge morale: il che e` privilegio di Dio.
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    II. Il castigo.

    69. Il castigo non si fece aspettare, castigo loro e castigo della
    posterita`.

    A) Il castigo dei nostri progenitori viene descritto nel Genesi; ma
    anche qui si palesa la bonta` di Dio: Dio avrebbe potuto applicare
    immediatamente la pena di morte ai nostri progenitori e per
    misericordia non lo fece. Si contento` di privarli dei privilegi
    speciali che avea loro conferiti, cioe` del dono d'integrita` e della
    grazia abituale; conservando quindi la loro natura e i loro privilegi
    naturali. La loro volonta` e` certamente indebolita se si paragona a
    quello che era col dono dell'integrita`; ma non e` provato che sia ora
    piu` debole di quel che sarebbe stata nello stato di natura; in ogni
    caso resta pur sempre libera e puo` scegliere tra il bene e il male.
    Dio volle anzi lasciar loro anche la fede e la speranza e fece subito
    risplendere ai disanimati loro sguardi la promessa di un liberatore,
    nato dalla stirpe umana, che un giorno avrebbe trionfato del demonio e
    restaurato l'uomo decaduto. Nello stesso tempo con la grazie attuale
    sollecitava i loro cuori al pentimento, e venne il momento in cui il
    loro peccato fu perdonato.

    70. B) Ma che cosa diverra` l'umana stirpe che nascera` dalla loro
    unione? Sara` lei pure, nascendo, privata della giustizia originale,
    cioe` della grazia santificante e del dono dell'integrita`. Questi doni
    intieramente gratuiti, che erano, per cosi` dire, un bene di famiglia,
    non dovevano trasmettersi alla posterita` d'Adamo se egli non rimaneva
    fedele a Dio; ora questa condizione non essendo stata osservata,
    l'uomo nasce privo della giustizia originale. Quando Adamo, fatta
    penitenza, ebbe ricuperato la grazia, la ricupero` come persona privata
    e per conto suo particolare; e non pote` quindi trasmetterla alla
    posterita`. Era riserbato al Messia, al novello Adamo, divenuto ormai
    capo della schiatta umana, l'espiare le nostre colpe e l'istituire il
    sacramento della rigenerazione per trasmettere ad ogni battezzato la
    grazia perduta da Adamo.

    71. I figli d'Adamo nascono dunque privi della giustizia originale,
    cioe` della grazia santificante e del dono dell'integrita`. La
    privazione di questa grazia costituisce cio` che si chiama peccato
    originale, peccato in un senso largo che non include alcun atto
    colpevole da parte nostra, ma uno stato di decadenza, e, tenendo conto
    del fine soprannatrale a cio restiamo destinati, una privazione, la
    mancanza d'una qualita` essenziale che dovremmo possedere e quindi una
    macchia, una sozzura morale che ci esclude dal regno dei cieli.

    72. E poiche` il dono dell'integrita` e` anch'esso perduto, la
    concupiscenza infierisce in noi, e se non vi resistiamo
    coraggiosamente, ci trascina verso il peccato attuale. Noi siamo
    dunque, rispetto allo stato primitivo, diminuiti e feriti, soggetti
    all'ignoranza, inclinati al male, deboli per resistere alle
    tentazioni.

    L'esperienza mostra che la concupiscenza non e` uguale in tutti gli
    uomini; infatti non tutti hanno lo stesso temperamento e lo stesso
    carattere ne` quindi le passioni ugualmente ardenti; scomparso il freno
    della giustizia originale che le signoreggiava, le passioni,
    riprendendo la loro liberta`, sono diventate piu` violente negli uni,
    piu` temperate negli altri, come spiega S. Tommaso 72-1.

    73. Si deve andare piu` oltre e ammettere, con la scuola Agostiniana,
    una certa diminuzione intrinseca delle nostre facolta` e delle nostre
    naturali energie? Non e` necessario e niente lo prova.

    Si deve ammettere, con certo Tomisti, una diminuzione estrinseca delle
    nostre energie, nel senso che abbiamo ora piu` ostacoli da vincere, in
    particolare la tirannia esercitata dal demonio su noi suoi vinti, e la
    sottrazione di certi soccorsi naturali che Dio ci avrebbe largiti
    nello stato di natura pura? E` cosa possibile, anzi molto probabile; ma
    per essere giusti, bisogna aggiungere che questi ostacoli sono
    abbondantemente compensati dalle grazie attuali che il Signore ci da`
    per i meriti del suo Figlio, e dalla protezione degli angeli buoni,
    specialmente dei nostri angeli custodi.

    74. Conclusione. Cio` che si puo` dire e` che, per il peccato
    originale, l'uomo perdette il bell'equilibrio datogli da Dio, e che
    egli e`, rispetto allo stato primitivo, un ferito ed uno squilibrato,
    come appare dallo stato attuale delle nostre facolta`.

    A) Appare innanzi tutto nelle nostre facolta` sensitive: a) I nostri
    sensi esterni, i nostri sguardi, per esempio, si volgono con avidita`
    verso cio` che lusinga la curiosita`, le orecchie ascoltano con premura
    tutto cio` che soddisfa il nostro desiderio di conoscere novita`, il
    nostro tatto tende alle sensazioni piacevoli, senza curarsi delle
    regole della morale. b) Lo stesso avviene dei nostri sensi interni:
    l'immaginazione ci rappresenta ogni sorta di scene piu` o meno
    sensuali, le nostre passioni ci trasportano con ardore, ed anche con
    violenza, verso il bene sensibile o sensuale senza darsi pensiero del
    suo lato morale, e tentano di trar seco il consenso della volonta`.
    Queste tendenze non sono certamente irresistibili, perche` tali facolta`
    restano, fino a un certo punto, sottomesse al dominio della volonta`;
    ma quale tattica e quanti sforzi per tenere a posto questi sudditi
    ribelli?

    75. B) Le facolta` intellettuali, che costituiscono l'uomo
    propriamente detto, l'intelletto e la volonta`, furono anch'esse
    colpite dal peccato originale. a) E` vero che la nostra intelligenza
    resta capace di conoscere la verita`, e col paziente lavoro acquista,
    anche senza il soccorso della rivelazione, la cognizione d'un certo
    numero di verita` fondamentali d'ordine naturale. Ma quante debolezze
    umilianti! 1) Invece di tendere spontaneamente verso Dio e le cose
    divine; invece di elevarsi dalle creature al Creatore, come avrebbe
    fatto nello stato primitivo, essa tende ad assorbirsi nello studio
    delle cose create senza risalire alla loro causa; a concentrare la sua
    attenzione su cio` che soddisfa la sua curiosita` ed a trascurare cio`
    che si riferisce al suo fine; la premura delle cose temporali le
    impedisce spesso di pensare all'eternita`. 2) E quanta facilita` a
    cadere nell'errore! I numerosi pregiudizi a cui siamo inclinati, le
    passioni che ci agitano l'anima e gettano un velo tra lei e la verita`,
    ci traviano ahime`! troppo spesso anche nelle questioni piu` vitali, da
    cui dipende la direzione della nostra vita morale. b) La nostra stessa
    volonta`, in cambio di assoggettarsi a Dio, ha delle pretese
    d'indipendenza; sente difficolta` a sottomettersi a Dio e specialmente
    ai suoi rappresentanti sulla terra. Quando si tratta di vincere le
    difficolta` che s'oppongono alla pratica del bene, quanta debolezza e
    quanta incostanza nello sforzo! E quante volte si lascia trascinare
    dal sentimento e dalla passione! S. Paolo descrisse con efficaci
    accenti questa deplorevole debolezza: "Io non faccio il bene che
    voglio e faccio il male che non voglio... Poiche` mi diletto nella
    legge di Dio secondo l'uomo interiore; ma veggo nelle mie membra
    un'altra legge che si oppone alla legge della mia mente e mi fa
    schiavo della legge del peccato che e` nelle mie membra. Me infelice!
    chi mi liberera` da questo corpo di morte? Grazie a Dio per Gesu` Cristo
    Signor nostro" 75-1. Dunque, per dichiarazione dell'Apostolo, il
    rimedio a questo stato miserando sta nella grazia della redenzione,
    della quale ci resta ora a trattare.

    ART. IV. LA REDENZIONE E I SUOI EFFETTI.76-1

    76. La redenzione e` un'opera meravigliosa, e` il capolavoro di Dio,
    che rifa` l'uomo sfigurato dal peccato e lo rimette, in un certo senso,
    in uno stato migliore di quello che precedette la sua caduta, tanto
    che la Chiesa non teme, nella sua liturgia, di benedire la colpa che
    ci merito` un Redentore quale l'Uomo-Dio: "O felix culpa quae talem ac
    tantum meruit habere Redemptorem!"
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    00 15/10/2013 12:32
    I. Sua natura.

    77. Dio, che da tutta l'eternita` aveva previsto la caduta dell'uomo,
    volle anche da tutta l'eternita` preparare agli uomini un Redentore
    nella persona del suo Figlio; il quale risolvette di farsi uomo, per
    potere, divenuto capo dell'umanita`, espiare in modo perfetto il nostro
    peccato e restituirci, con la grazia, tutti i nostri diritti al cielo.
    Dio seppe cosi` cavare il bene dal male e conciliare i diritti della
    sua giustizia con quelli della sua bonta`.

    Egli non era certamente obbligato ad esercitar pienamente tutti i
    diritti della sua giustizia e avrebbe potuto perdonare l'uomo,
    contentandosi della riparazione imperfetta che questi gli avrebbe
    potuto offrire. Ma giudico` cosa piu` degna della sua gloria e piu` utile
    all'uomo il por lui in istato di riparare interamente la sua colpa.

    78. A) La giustizia perfetta chiedeva una riparazione adeguata,
    uguale all'offesa, offerta da un rappresentante legittimo
    dell'umanita`. E questo fece Dio perfettamente con l'Incarnazione e con
    la Redenzione.

    a) Dio incarna il suo Figlio e ne fa con cio` stesso il capo
    dell'umanita`, la testa d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra;
    questo Figlio ha quindi il diritto d'agire in nome dei suoi membri e
    di riparare in nome loro.

    b) Questa riparazione non e` solamente uguale all'offesa ma la supera
    di molto; ha infatti un valore morale infinito; perche`, provenendo il
    valore morale d'un'azione anzitutto dalla dignita` della persona, tutte
    le azioni dell'Uomo-Dio hanno un valore infinito. Un solo quindi dei
    suoi atti sarebbe bastato a riparare in modo adeguato tutti i peccati
    degli uomini. Ora Gesu` fece atti innumerevoli di riparazione ispirati
    dal piu` puro amore; e li corono` coll'atto piu` sublime e piu` eroico,
    l'immolazione totale di se stesso nella dolorosa sua passione e sul
    Calvario; egli ha dunque soddisfatto abbondantemente e
    sovrabbondantemente: "Ubi abundavit delictum, superabundavit
    gratia" 78-1.

    c) Questa riparazione e` dello stesso genere della colpa: Adamo aveva
    peccato per disobbedienza e per orgoglio; Gesu` espia con l'umile
    obbedienza ispirata dall'amore, che giunge fino alla morte e morte di
    croce, "factus obediens usque ad mortem, mortem autem
    crucis" 78-2. E come una donna era intervenuta nella caduta per
    trarre al male Adamo, cosi` una donna interviene nella redenzione col
    suo potere d'intercessione e coi suoi meriti 78-3; e` Maria, la
    Vergine Immacolata, la madre del Salvatore, che coopera con lui,
    sebbene in modo secondario, all'opera riparatrice.

    Cosi` resta pienamente soddisfatta la giustizia, e anche piu` lo sara` la
    bonta`.

    79. B) Infatti la S. Scrittura attribuisce la redenzione
    all'infinita misericordia di Dio e all'amore eccessivo che ci porta:
    "Dio, dice S. Paolo, che e` ricco in misericordia, per la eccessiva
    carita` con cui ci amo`... ci convivifico` in Cristo: Deus qui dives est
    in misericordia propter nimiam caritatem qua dilexit nos...
    convivificavit nos in Christo" 79-1.

    Le tre persone divine vi concorrono a gara e ognuna con un amore che
    sembra veramente andare all'eccesso.

    a) Il Padre ha un sol Figlio, a lui uguale, che ama come un altro se
    stesso e da cui e` infinitamente riamato; or questo figlio unico egli
    lo da`, lo sacrifica per noi, per renderci la vita perduta col peccato:
    "Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret, ut omnis qui
    credit in eum non pereat, sed habeat vitam aeternam 79-2. Poteva
    essere piu` generoso e darci piu` di suo Figlio? Con Lui, del resto, non
    ci ha forse dato tutto? "Qui etiam proprio Filio non pepercit, sed pro
    nobis tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis
    donavit"? 79-3

    80. b) Il Figlio lietamente e generosamente accetta la missione
    affidatagli; fin dal primo istante dell'Incarnazione, si offre al
    Padre come vittima per sostituire tutti i sacrifizi dell'antica legge,
    e l'intiera sua vita non sara` che un lungo sacrifizio coronato
    dall'Immolazione del Calvario; sacrifizio ispirato dall'amore che ha
    per noi: "(Christus) dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis
    oblationem et hostiam Deo" 80-1; "Cristo ci amo` e diede per noi se
    stesso a Dio, oblazione e ostia di soave odore".

    81. c) A perfezionare l'opera sua, egli ci manda lo Spirito Santo,
    amore sostanziale del Padre e del Figlio, che, non contento di
    infondere nelle anime nostre la grazia e le virtu` infuse, specialmente
    la divina carita`, da` se stesso a noi, perche` possiamo godere non solo
    della sua presenza e dei suoi doni, ma anche della sua persona: "La
    carita` di Dio e` diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito
    Santo, che ci fu dato: Caritas Dei diffusa est in cordibus nostris per
    Spiritum Sanctum qui datus est nobis" 81-1.

    La redenzione e` dunque davvero l'opera d'amore per eccellenza, il che
    ce ne fa` gia` presagire gli effetti.

    II. Gli effetti della Redenzione.

    82. Non pago di riparare, con la sua soddisfazione, l'offesa fatta a
    Dio e di riconciliarci con lui, Gesu` ci merita tutte le grazie che
    avevamo perduto col peccato ed altre ancora.

    Ci restituisce anzitutto i beni soprannaturali perduti col peccato:
    a) la grazia abituale col corteggio delle virtu` infuse e dei doni
    dello Spirito Santo; e, per meglio adattarsi alla natura umana,
    istituisce i sacramenti, segni sensibili che ci conferiscono la grazia
    in tutte le circostanze importanti della vita e ci danno cosi` maggior
    sicurezza e confidenza; b) grazie attuali copiosissime, che abbiamo
    diritto di pensare anche piu` abbondanti che nello stato d'innocenza,
    fondandoci sulla parola di S. Paolo: "ubi autem abundavit delictum,
    superabundavit gratia" 82-1.

    83. c) E` pero` vero che il dono dell'integrita` non ci e` restituito
    immediatamente ma progressivamente. La grazia della rigenerazione ci
    lascia alle prese con la triplice concupiscenza e con tutte le miserie
    della vita, ma ci da` la forza necessaria per trionfarne, ci rende piu`
    umili, piu` vigilanti e piu` attivi per prevenire e vincere le
    tentazioni, ci rassoda quindi nella virtu` e ci da` occasione
    d'acquistare maggiori meriti. Mettendoci sott'occhio gli esempi di
    Gesu`, che porto` cosi` valorosamente la croce sua e la nostra, stimola
    il nostro ardore e sostiene la nostra costanza nello sforzo; e le
    grazie attuali che egli ci merito` e ci largisce con una santa
    prodigalita`, facilitano mirabilmente i nostri sforzi e le nostre
    vittorie. A mano a mano che lottiamo, sotto la guida e con l'aiuto del
    Maestro, la concupiscenza diminuisce, la nostra forza di resistenza
    aumenta, e viene il momento in cui certe anime privilegiate sono
    talmente rassodate nella virtu` che, pur rimanendo libere di peccare,
    non commettono piu` alcun peccato veniale deliberato. La vittoria
    definitiva non si ha che con la nostra entrata nel cielo; ma sara`
    tanto piu` gloriosa quanto maggiori saranno stati gli sforzi al cui
    prezzo essa venne comprata. Non possiamo dunque dire: O felix culpa?

    84. d) A questi aiuti interni Nostro Signore ne aggiunge degli
    esterni, specialmente quella Chiesa visibile da lui fondata e ordinata
    a illuminare le nostre menti con la sua autorita` dottrinale, reggere
    le nostre volonta` col suo potere legislativo e giudiziario, e
    santificare le nostre anime coi sacramenti, coi sacramentali e colle
    indulgenza. Or non e` questo un aiuto immenso di cui dobbiamo
    ringraziare Dio? O felix culpa!

    85. e) Finalmente non e` certo che il Verbo si sarebbe incarnato
    senza il peccato originale. Ora l'Incarnazione e` un bene cosi`
    prezioso, che basta da solo a giustificare e spiegare il canto della
    Chiesa: "O felix culpa!"

    In cambio d'un capo ornato certamente di belle doti, ma debole e
    peccabile, noi abbiamo per nostro capo il Figlio eterno di Dio, il
    quale, essendoso rivestito della nostra natura, e` tanto vero uomo come
    e` vero Dio. Egli e` il mediatore ideale, mediatore cosi` di religione
    come di redenzione, che adora il Padre non solo a nome suo, ma anche a
    nome dell'intiera umanita`, anzi a nome pure degli Angeli che sono
    lieti di glorificare Dio per mezzo di Lui "per quem laudant
    Angeli" 85-1. Egli e` il sacerdote perfetto, che per la sua natura
    divina ha libero accesso presso Dio e che si china con compassione
    verso gli uomini, divenuti suoi fratelli, e li tratta con indulgenza,
    essendo egli stesso circondato di debolezza: "qui condolere possit iis
    qui ignorant et errant, quoniam et ipse circumdatus est
    infirmitate" 85-2.

    Con lui e per lui noi possiamo rendere a Dio gli omaggi infiniti a cui
    ha diritto; con lui e per lui noi possiamo ottenere tutte le grazie
    che sono necessarie a noi e ai nostri fratelli: quando noi adoriamo, e`
    lui che adora in noi e per noi; quando noi domandiamo soccorsi, e` lui
    che appoggia le nostre suppliche; ecco perche` tutti cio` che chiediamo
    al Padre in nome suo ci viene liberalmente concesso.

    Dobbiamo dunque rallegrarci d'avere un tal redentore e un tal
    mediatore, e riporre in lui una illimitata confidenza.
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    00 15/10/2013 12:32


    CONCLUSIONE.

    86. Questo sguardo storico fa mirabilmente risaltare l'eccellenza
    della sua vita spirituale come pure la grandezza e la debolezza di
    colui che la riceve.

    1^ Eccellente e` davvero questa vita perche`:

    a) Procede da un pensiero affettuoso di Dio, che da tutta l'eternita`
    ci amo` e ci volle unire a se` nella piu` dolce intimita`: "In caritate
    perpetua^ dilexi te; ideo attraxi te miserans" 86-1: "Io t'ho amato
    d'amore costante e percio` ti trassi a me".

    b) E` una partecipazione reale, benche` finita, della natura e della
    vita di Dio, "divinae consortes naturae". (Vedi il n. 106).

    c) E` cosi` altamente stimata da Dio che, per restituircela, il Padre
    sacrifico` l'unico suo Figlio e Questi intieramente s'immola e lo
    Spirito Santo viene nell'anima nostra per comunicarcela.

    E` quindi il bene piu` prezioso di tutti "maxima et pretiosa nobis
    promissa donavit" 86-2, che noi dobbiamo stimare sopra ogni altra
    cosa, custodire e coltivare con gelosissima cura: tanti valet quanti
    Deus!"

    87. 2^ Eppure portiamo questo tesoro in un vaso fragile. Se i nostri
    progenitori, dotati del dono dell'integrita` e circondati da ogni sorta
    di privilegi, sventuratamente lo perdettero per se` e per i loro
    discendenti, che cosa non abbiamo da temere noi che, non ostante la
    nostra rigenerazione spirituale, portiamo dentro la triplice
    concupiscenza? Vi sono certo in noi nobili e generose tendenze, che
    provengono da cio` che vi e` di buono nella nostra natura e
    principalmente dalla nostra incorporazione a Cristo; energie
    soprannaturali che ci sono date per i suoi meriti; ma pure rimaniamo
    deboli ed incostanti, 87-1 se cessiamo d'appoggiarci su colui che
    e` il nostro braccio destro e insieme il nostro capo; il segreto della
    nostra forza non sta in noi ma in Dio e in Gesu` Cristo. La storia dei
    nostri progenitori e della lacrimevole loro caduta ci mostra che il
    piu` gran male, il solo male su questa terra, e` il peccato; che
    dobbiamo quindi stare assiduamente vigilanti per respingere
    immediatamente ed energicamente i primi assalti del nemico, da
    qualunque parte egli venga, dal di dentro o dal di fuori. Del resto
    noi siamo ben armati contro di lui, come verra` dimostrato nel secondo
    capitolo sulla natura della vita cristiana.
    _________________________________________________________________

    53-1 Oltre i trattati di filosofia, cf. C. de Smedt, Notre vie
    surnaturelle, 1912, Introduzione, p. 1-37; I. Schryvers, Les principes
    de la Vie spirituelle, 1922, p. 31.

    54-1 A. Eymieu, Le gouvernement de soi-me^me, t. III, La loi de la
    vie, libro III, p. 128.

    59-1 Per quest'articolo vedi la nostra Synopsis Theologiae
    Dogmaticae, t. II, n. 859-894 con gli autori indicati, particolarmente
    S. Tommaso, I, q. 93-102; P. Bainvel S. I., Nature et surnaturel,
    C. I-IV; L'Abbe' de Broglie, Confe'rences sur la vie surnaturelle,
    t. II, p. 3-80; L. Labauche, Lec,ons de the'ol. dogmatique, t. II,
    L'Homme, P. I, c. I-II.

    67-1 S. Tommaso IIa. IIae q. 163-165; de Malo q. 4; Bainvel, Nature
    et Surnaturel, c. VI-VII; A. de Broglie, op. cit., p. 133-346;
    L. Labauche, op. cit., Parte II, c. 1-5; Ad. Tanquerey, Syn. theol.
    dogm. t. II, n. 895-950.

    67-2 Gen., III, 5.

    67-3 Rom., V.

    72-1 Summa theol., 1a. 2ae, q. 82, a. 4, ad 1.

    75-1 Rom., VII, 19-25.

    76-1 S. Tommaso, III, q. 46-49; Hugon, O. P., Le Myste`re de la
    Re'demption; Bainvel, op. cit., c. VIII; J. Rivie`re, Le Dogme de la
    Re'demption, e'tude the'ologique, 1914; Ad. Tanquerey, Synopsis theol.
    dogm., t. II, n. 1119-1202; L. Labauche, Lec,. de The'ol., t. I, IIIe P.

    78-1 Rom., V, 20.

    78-2 Philip., II, 8.

    78-3 Si tratta del merito di convenienza che si chiama de congruo,
    e che spiegheremo piu` avanti.

    79-1 Ephes., II, 4.

    79-2 Joan., III, 16.

    79-3 Rom., VIII, 32.

    80-1 Rom., V, 5.

    81-1 Ephes., V, 2.

    82-1 Rom., V, 20.

    85-1 Prefazio della Messa.

    85-2 Hebr., V, 2.

    86-1 Jer., XXXI, 3.

    86-2 II Petr., I, 4.

    87-1 Questa grandezza e questa bassezza dell'uomo fu spesso
    descritta dai pensatori cristiani, specialmente da Pascal, Pense'es,
    nn. 397-424, ed. Brunschwigg.
    _________________________________________________________________

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    00 15/10/2013 12:33
    CAPITOLO II.

    Natura della vita cristiana

    88. Essendo la vita soprannaturale una partecipazione della vita di
    Dio per i meriti di Gesu` Cristo, viene talora definita la vita di Dio
    in noi o la vita di Gesu` in noi. Queste espressioni sono giuste, se si
    bada a spiegarle bene in modo da evitare ogni cenno di panteismo. Noi
    infatti non abbiamo una vita identica a quella di Dio o di Nostro
    Signore, ma una somiglianza di questa vita, una partecipazione finita,
    benche` reale, di questa vita.

    Possiamo dunque definirla: una partecipazione della vita divina,
    conferita dallo Spirito Santo che abita in noi, in virtu` dei meriti di
    Gesu` Cristo, e che noi dobbiamo coltivare contro le tendenza che le si
    oppongono.

    89. E` chiaro quindi che la vita soprannaturale e` una vita in cui Dio
    ha la parte principale e noi la parte secondaria. Dio, la terza
    persona della SS. Trinita` (che si chiama anche Spirito Santo), viene
    personalmente a conferirci questa vita, perche` egli solo puo` farci
    partecipare alla sua stessa vita. Ce la comunica per i meriti di Gesu`
    Cristo (n. 78), che e` causa meritoria, esemplare e vitale della
    nostra santificazione. E` quindi vero che Dio vive in noi, che Gesu`
    vive in noi; ma la nostra vita spirituale non e` identica a quella di
    Dio o a quella di Nostro Signore; ne e` distinta ed e` solo simile
    all'una e all'altra. La vita nostra consiste nell'utilizzare i doni
    divini per vivere in Dio e per Dio, per vivere in unione con Gesu` e
    imitarlo; e poiche` resta in noi la triplice concupiscenza, noi non
    possiamo vivere che a patto di accanitamente combatterla; e avendoci
    inoltre Dio dotati d'un organismo soprannaturale, noi dobbiamo farlo
    crescere con gli atti meritorii e con la fervorosa frequenza dei
    sacramenti.

    E` questo il senso della definizione che abbiamo data; l'intiero
    capitolo non ne sara` che la spiegazione e lo svolgimento e ci dara`
    modo di trarre delle conclusioni pratiche sulla devozione alla
    SS. Trinita`, sulla devozione e sull'unione al Verbo Incarnato, ed
    anche sulla devozione alla S. Vergine ed ai Santi che discende dalle
    loro relazioni col Verbo Incarnato.

    Benche` l'azione di Dio e l'azione dell'anima si svolgano
    parallelamente nella vita cristiana, noi, per maggior chiarezza,
    tratteremo in due distinti articoli della parte di Dio e della parte
    dell'uomo.
    * Dio opera in noi
    + 1^ Per se` stesso
    o Abita in noi: donde la devozione alla SS. Trinita`.
    o Ci dota d'un organismo soprannaturale.
    + 2^ Per mezzo del Verbo Incarnato che e` principalmente
    o Causa meritoria della nostra vita.
    o Causa esemplare della nostra vita.
    o Causa vitale della nostra vita.
    o Donde la devozione al Verbo Incarnato.
    + 3^ Per mezzo di Maria che e` secondariamente
    o Causa meritoria della nostra vita.
    o Causa esemplare della nostra vita.
    o Causa distributrice delle grazie.
    o Donde la devozione a Maria.
    + 4^ Per mezzo dei Santi e degli Angeli
    o Immagini viventi di Dio: venerarli.
    o Intercessori: invocarli.
    o Modelli: imitarli.
    * Noi viviamo e operiamo per Dio
    + 1^ Lottando contro
    o la concupiscenza.
    o il mondo.
    o il demonio.
    + 2^ Santificando le nostre azioni.
    o Loro triplice valore.
    o Condizioni del merito.
    o Mezzi per rendere i nostri atti piu` meritorii.
    + 3^ Ricevendo degnamente i Sacramenti
    o La grazia sacramentale.
    o La grazia speciale
    # della Penitenza.
    # dell'Eucarestia.

    ART. I. DELLA PARTE DI DIO NELLA VITA CRISTIANA.

    Dio opera in noi sia per se stesso, sia per mezzo della SS. Vergine,
    degli Angeli e dei Santi.

    sez. I. Della parte della SS. Trinita`.

    90. Il primo principio, la causa efficiente principale e la causa
    esemplare della vita soprannaturale in noi e` la SS. Trinita`, o, per
    appropriazione, lo Spirito Santo. Perche` la vita della grazia, benche`
    sia opera comune delle tre divine persone, essendo opera ad extra, si
    attribuisce specialmente allo Spirito Santo, come opera d'amore.

    Ora questa adorabile Trinita` contribuisce alla nostra santificazione
    in due modi: col venire ad abitare nell'anima nostra e col
    produrre un organismo soprannaturale che, soprannaturalizzando
    l'anima, la abilita a fare atti deiformi.

    I. L'abitazione dello Spirito Santo nell'anima 90-1

    91. Essendo la vita cristiana una partecipazione della vita stessa
    di Dio, e` evidente che egli solo la puo` conferire. E la conferisce
    venendo ad abitare nelle anime nostre e dandosi intieramente a noi,
    affinche` possiamo rendergli i nostri ossequi, godere della sua
    presenza e lasciarci da lui docilmente guidare a praticare le
    disposizioni e le virtu` di Gesu` Cristo 90-2: e` cio` che i teologi
    chiamano grazia increata. Vedremo:
    * 1^ in che modo le tre divine persone vivono in noi;
    * 2^ come dobbiamo diportarci verso di loro.

    1^ IN CHE MODO LE DIVINE PERSONE ABITANO IN NOI.

    92. Dio, come dice S. Tommaso 92-1, abita naturalmente nelle
    creature in tre modi diversi: con la sua potenza, nel senso che tutte
    le creature stanno soggette al suo dominio; come la sua presenza, in
    quanto che vede tutto, anche i piu` segreti pensieri del nostro cuore
    "omnia nuda et aperta sunt oculis eius"; con la sua essenza, perche`
    opera dappertutto ed e` dovunque la pienezza dell'essere e la causa
    prima di tutto cio` che e` di reale nelle creature, comunicando loro
    continuamente non solo il moto e la vita ma lo stesso essere: "in ipso
    vivimus, movemur et sumus" 92-2.

    Ma la sua presenza in noi per mezzo della grazia e` di ordine molto
    superiore e piu` intimo. Non e` soltanto la presenza del Creatore e del
    Conservatore che regge gli esseri da lui creati ma e` la presenza della
    Santissima e Adorabilissima Trinita` quale ci e` rivelata dalla fede: il
    Padre viene in noi e vi continua a generare il Verbo; con lui
    riceviamo il Figlio, perfettamente uguale al Padre, sua immagine
    vivente e sostanziale, che non cessa di infinitamente amare il Padre
    come infinitamente ne e` riamato; dal qual mutuo amore procede lo
    Spirito Santo, persona uguale al Padre e al Figlio, vincolo reciproco
    fra i due eppur distinto dall'uno e dall'altro. Quante meraviglie in
    un'anima in stato di grazia!

    La particolarita` di questa presenza e` che Dio non solo e` in noi, ma si
    da` a noi, perche` noi possiamo godere di lui. Secondo il linguaggio dei
    nostri Libri Sacri, possiamo dire che, per mezzo della grazia, Dio si
    da` a noi come padre, come amico, come collaboratore, come
    santificatore, e che cosi` egli diviene veramente il principio stesso
    della nostra vita interiore, la sua causa efficiente ed esemplare.

    93. A) Nell'ordine della natura Dio e` in noi come creatore e sovrano
    padrone e noi non siamo che suoi servi, sua proprieta`, cosa sua. Ma
    nell'ordine della grazia egli si da` a noi come nostro Padre, e noi
    siamo i suoi figli adottivi; mirabile privilegio che e` il fondamento
    della nostra vita soprannaturale. Questo continuamente ripetono
    S. Paolo e S. Giovanni: "Non enim accepistis spiritum servitutis
    iterum in timore, sed accepistis spiritum adoptionis filiorum, in quo
    clamamus Abba (Pater). Ipse enim Spiritus testimonium reddit spiritui
    nostro quod sumus filii Dei 93-1". Dio dunque ci adotta per figli,
    ma in modo assai piu` perfetto che non facciano gli uomini con
    l'adozione legale. Questi possono bene trasmettere ai figli adottivi
    il nome e le sostanze, ma non il sangue e la vita. "L'adozione legale,
    dice con ragione il Cardinal Mercier, 93-2 e` una finzione. Il
    figlio adottato viene considerato dai genitori adottivi come se fosse
    loro figlio e riceve da essi quell'eredita` a cui avrebbe avuto diritto
    il frutto della loro unione; la societa` riconosce questa finzione e ne
    sancisce gli effetti; tuttavia l'oggetto della finzione non si
    trasforma in realta`... Ma la grazia dell'adozione divina non e` una
    finzione... e` una realta`. Dio largisce a coloro che credono nel suo
    Verbo la divina filiazione, dice S. Giovanni: "Dedit eis potestatem
    filios Dei fieri, his qui credunt in nomine eius" 93-3. E questa
    filiazione non e` nominale ma effettiva: "Ut filii Dei nominemur et
    simus". Noi entriamo in possesso della natura divina, "divinae
    consortes naturae".

    94. Questa vita divina e` certamente in noi soltanto una
    partecipazione, "consortes", una somiglianza, un'assimilazione che fa
    di noi, non gia` degli de`i, ma degli esseri deiformi. Non e` pero` men
    vero che essa non e` una finzione ma una realta`, una vita nuova, non
    uguale ma simile a quella di Dio, e che, a detta della Sacra
    Scrittura, suppone una nuova generazione o rigenerazione: "Nisi quis
    renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto... per lavacrum
    regenerationis et renovationis Spiritus Sancti... regeneravit nos in
    spem vivam... voluntarie enim genuit nos verbo veritatis" 94-1.
    Tutte queste espressioni ci mostrano che la nostra adozione non e`
    puramente nominale ma vera e reale, benche` molto bene distinta dalla
    filiazione del Verbo Incarnato. Ed e` per questo che noi diventiamo di
    pieno diritto eredi del regno celeste, coeredi di Colui che e` nostro
    fratello maggiore: "haeredes quidem Dei, cohaeredes autem Christi... ut
    sit ipse primogenitus in multis fratribus" 94-2. O non e` dunque il
    caso di ripetere le cosi` soavi parole di S. Giovanni: "Videte qualem
    caritatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur et
    simus?" 94-3.

    Dio quindi avra` per noi la premura, la tenerezza d'un padre. Egli
    stesso si paragona a una madre che non potra` mai dimenticare il
    figlio: "Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non
    misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non
    obliviscar tui 94-4". E l'ha ben dimostrato davvero, poiche`, per
    salvare i figli decaduti, non esito` a dare e a sacrificare l'unico suo
    Figlio: "Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret, ut
    omnis qui credit in eum non pereat, sed habeat vitam
    aeternam 94-5". Ed e` questo stesso amore che lo spinge a darsi
    intieramente, fin d'ora e in modo abituale, ai figli adottivi,
    abitando nei loro cuori: "Si quis diligit me, sermonem meum servabit,
    et Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus, et mansionem apud eum
    faciemus 94-6". Egli abita dunque in noi come Padre amantissimo e
    premurosissimo.

    95. B) Dio si da` pure a noi come amico. L'amicizia aggiunge alle
    relazioni di padre e di figlio una certa uguaglianza, "amicitia
    aequales accipit aut facit", una certa intimita`, una scambievolezza
    d'affetto che porta seco le piu` dolci comunicazioni. Relazioni appunto
    di questo genere la grazia pone tra Dio e noi; e` vero che quando si
    tratta di Dio e dell'uomo non si puo` parlare d'uguaglianza vera, ma
    solo d'una certa somiglianza che pero` basta a stabilire una vera
    intimita`. Dio infatti ci apre i suoi secreti; ci parla non solo per
    mezzo della Chiesa, ma anche interiormente per mezzo del suo Spirito:
    "Ille vos docebit omnia et suggeret vobis omnia quaecumque dixero
    vobis 95-1". Quindi e` che nell'ultima cena Gesu` dichiara agli
    Apostoli che ormai non saranno piu` servi ma amici, perche` egli non
    avra` piu` segreti per loro: "Iam non dicam vos servos, quia servus
    nescit quid faciat dominus eius; vos autem dixi amicos, quia omnia
    quaecumque audivi a Patre meo, nota feci vobis 95-2". Sara` quindi
    una dolce familiarita` quella che governera` ormai le loro relazioni, la
    familiarita` che corre tra amici che siedono alla stessa mensa: Ecco
    che io sto alla porta e picchio; se alcuno udira` la mia voce e mi
    aprira` la porta, io entrero` da lui, cenero` con lui ed egli con me:
    "Ecce sto ad ostium et pulso; si quis audierit vocem meam et aperuerit
    mihi januam, intrabo ad illum et coenabo cum illo, et ipse
    mecum 95-3". Mirabile intimita` a cui noi non avremmo mai osato
    aspirare se l'Amico divino non si fosse fatto avanti lui per il primo.
    Eppure una tale intimita` si e` avverata e si avvera ogni giorno, non
    soltanto presso i santi, ma anche in quelle anime interiori che
    acconsentono ad aprire le porte dell'anima all'ospite divino. E` cio`
    che ci attesta l'autore dell'Imitazione, quando descrive le frequenti
    visite dello Spirito Santo alle anime interiori, le sue dolci
    conversazioni con loro, le consolazioni e le carezze di cui le colma,
    la pace che fa regnare in loro, la stupenda familiarita` con cui le
    tratta: "Frequens illi visitatio cum homine interno, dulcis
    sermocinatio, grata consolatio, multa pax, familiaritas stupenda
    nimis 95-4". Del resto la vita dei mistici contemporanei, di Santa
    Teresa del Bambin Gesu`, di Suor Elisabetta della Trinita`, di Gemma
    Galgani e di tanti altri, ci prova che le parole dell'Imitazione si
    avverano tutti i giorni. E` dunque vero che Dio vive in noi come un
    intimo amico.

    96. C) Ne` vi resta ozioso ma vi opera come il piu` potente dei
    collaboratori. Sapendo bene che non possiamo coltivare da noi quella
    vita soprannaturale che pone in noi, egli supplisce alla nostra
    impotenza, collaborando con noi per mezzo della grazia attuale.
    Abbiamo bisogno di luce per afferrare le verita` della fede che
    dovranno ormai guidare i nostri passi? Verra` lui, che e` il Padre dei
    lumi, a illuminare il nostro intelletto sul nostro ultimo fine e sui
    mezzi per conseguirlo, e ci suggerira` buoni pensieri ispiratori di
    buone opere. Abbiamo bisogno di forza onde voler sinceramente dirigere
    la nostra vita verso il nostro fine, volerlo energicamente e
    costantemente? Ed egli ci dara` quel concorso soprannaturale che ci
    abilita a volere e ad eseguire le nostre risoluzioni, "operatur in
    vobis et velle et perficere 96-1". Se si tratta di combattere le
    nostre passioni o di disciplinarle, di vincere le tentazioni che
    talora ci assediano, egli pure ci dara` la forza di resistervi e di
    trarne profitto per rassodarci nella virtu`: "Fidelis est Deus qui non
    patietur vos tentari supra id quod potestis, sed faciet etiam cum
    tentatione proventum 96-2". Quando, stanchi di fare il bene, ci
    sentiremo tratti allo scoraggiamento e alla fiacchezza, egli ci si
    avvicinera` per sorreggerci e assicurare la nostra perseveranza; Colui
    che in voi comincio` l'opera della vostra santificazione, la
    perfezionera` fino al giorno di Cristo Gesu`; "qui coepit in vobis opus
    bonum, ipse perficiet usque in diem Christi Jesu 96-3". Insomma,
    noi non saremo mai soli, anche quando, privi di consolazione, ci
    crederemo abbandonati; la grazia di Dio sara` sempre con noi a patto
    che noi acconsentiamo a lavorar con lei: "Gratia eius in me vacua non
    fuit, sed abundantius illis omnibus laboravi: non ego autem, sed
    gratia Dei mecum 96-4..." Appoggiato su questo onnipotente
    collaboratore, saremo invincibili, perche` tutto noi possiamo in colui
    che ci conforta: "Omnia possum in eo qui me confortat 96-5".

    97. D) Questo collaboratore e` nello stesso tempo un santificatore:
    venendo ad abitare nell'anima nostra, la trasforma in un tempio santo
    ornato di tutte le virtu`: "Templum Dei sanctum est: quod estis
    vos 97-1". Il Dio infatti che viene in noi colla grazia, non e` il
    Dio della natura, ma il Dio vivente, la SS. Trinita`, sorgente infinita
    di vita divina, e che altro non chiede che farci partecipare alla sua
    santita`; e` vero che talora questa abitazione e` attribuita, per
    appropriazione, allo Spirito Santo, perche` e` opera d'amore; ma,
    essendo operazione ad extra, e` comune alle tre persone divine. Ecco
    perche` S. Paolo ci chiama indifferentemente tempii di Dio e tempii
    dello Spirito Santo: "Nescitis quia templum Dei estis et Spiritus Dei
    habitat in vobis? 97-2".

    L'anima nostra diviene dunque tempio del Dio vivente, un sacro recinto
    riservato a Dio, un trono di misericordia donde si compiace di
    distribuire i suoi favori celesti e che egli adorna di tutte le virtu`.
    Descriveremo presto l'organismo soprannaturale di cui ci dota. Ma e`
    evidente che la presenza in noi del Dio tre volte santo, quale abbiamo
    descritta, non puo` essere che santificante, e che l'Adorabile Trinita`
    che vive e opera in noi diviene veramente il principio della nostra
    santificazione, la sorgente della nostra vita interiore. E ne e` pure
    la causa esemplare, poiche`, essendo figli di Dio per adozione,
    dobbiamo imitare il Padre. Il che del resto intenderemo meglio
    spiegando come dobbiamo diportarci verso le tre divine persone che
    abitano in noi.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 15/10/2013 12:34

    2^ I NOSTRI DOVERI VERSO LA SS. TRINITA` CHE VIVE IN NOI.

    98. Possedendo un tesoro cosi` prezioso come la SS. Trinita`, bisogna
    pensarvi spesso "ambulare cum Deo intus". Or questo pensiero fa
    nascere tre principali sentimenti: l'adorazione, l'amore,
    l'imitazione 98-1.

    99. A) Il primo sentimento che scaturisce come spontaneamente dal
    cuore e` quello dell'adorazione: "Glorificate et portate Deum in
    corpore vestro 99-1". Come, infatti, non benedire, glorificare,
    ringraziare quest'ospite divino che trasforma l'anima nostra in un
    vero santuario? Dopoche` Maria ebbe ricevuto nel casto suo seno il
    Verbo Incarnato, la sua vita non fu piu` che un perpetuo atto
    d'adorazione e di riconoscenza: "Magnificat anima mea Dominum... fecit
    mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus"; e tali pure sono i
    sentimenti, benche` in grado minore, di un'anima che prende coscienza
    dell'abitazione dello Spirito Santo in lei: capisce che, essendo
    tempio di Dio, deve incessantemente offrirsi come ostia di lode alla
    gloria delle tre divine persone. a) Al principio delle proprie azioni,
    facendo il segno di croce in nomine Patris et Filii et Spiritus
    Sancti, consacra loro ogni sua opera; terminandole, riconosce che
    tutto il bene da lei fatto si deve ad esse attribuire: Gloria Patri et
    Filio et Spiritui Sancto. b) Ama ripetere quelle preghiere liturgiche
    che ne celebrano le lodi: il Gloria in excelsis Deo, che esprime cosi`
    bene tutti i sentimenti di religione verso le divine persone e
    specialmente verso il Verbo Incarnato; il Sanctus, che proclama la
    santita` divina; il Te Deum, che e` l'inno della riconoscenza. c) Alla
    presenza di quest'ospite divino, molto amorevole senza dubbio ma che
    non cessa d'essere Dio, riconosce umilmente l'intiera sua dipendenza
    da Colui che e` il suo primo principio e il suo ultimo fine; la sua
    incapacita` a lodarlo come egli si merita, e in questo sentimento si
    unisce allo Spirito di Gesu` che solo puo` rendere a Dio quella gloria a
    cui ha diritto: "Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza,
    perche` noi non sappiamo cio` che dobbiamo chiedere nelle nostre
    preghiere, secondo i nostri bisogni; ma lo Spirito prega egli stesso
    per noi con gemiti inenarrabili; "Spiritus adiuvat infirmitatem
    nostram; nam quid oremus sicut oportet, nescimus; sed ipse Spiritus
    postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus 99-2".

    100. B) Dopo avere adorato Dio e proclamato il proprio nulla,
    l'anima si abbandona ai sentimenti del piu` confidente amore. Per
    quanto sia infinito pur Dio si abbassa a noi, come il padre piu`
    amoroso verso il proprio figlio, e c'invita ad amarlo e a dargli il
    cuore: "Praebe, fili, cor tuum mihi 100-1"; questo amore egli
    potrebbe esigerlo imperiosamente ma preferisce chiederlo dolcemente,
    affettuosamente, perche` vi sia, a cosi` dire, piu` spontaneita` nella
    nostra risposta, piu` abbandono filiale nel nostro ricorso a lui. E
    come non rispondere con confidente amore a tanti e si` delicati
    riguardi, a tante cosi` materne sollecitudini? Sara` un amore penitente,
    per espiare le nostre troppo numerose infedelta` passate e presenti; un
    amore riconoscente, per ringraziare quest'insigne benefattore, questo
    collaboratore premuroso che lavora l'anima nostra con tanta assiduita`;
    ma principalmente un amore d'amicizia, che ci fara` conversare
    dolcemente col piu` fedele e piu` generoso degli amici, ci fara`
    caldeggiare tutti i suoi interessi, procurarne la gloria e farne
    benedire il santo nome. Non sara` quindi un semplice sentimento
    affettuoso, ma un amore generoso, che va fino al sacrifizio, all'oblio
    di se`, alla rinunzia della propria volonta`, per sottomettersi ai
    precetti e ai consigli divini.

    101. C) Quest'amore ci condurra` dunque all'imitazione dell'adorabile
    Trinita` in quel grado che e` compatibile con l'umana debolezza. Figli
    adottivi d'un Padre tre volte santo, tempii viventi dello Spirito
    Santo, intendiamo meglio la necessita` di rispettare il nostro corpo e
    la nostra anima. Tale era la conclusione che l'Apostolo inculcava ai
    discepoli: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio
    abita in voi? Se alcuno violera` il tempio di Dio, Dio lo sperdera`;
    poiche` santo e` il tempio di Dio che siete voi; Nescitis quia templum
    Dei estis, et Spiritus Dei habitat in vobis? Si quis autem templum Dei
    violaverit, disperdet illum Deus. Templum enim Dei sanctum est quod
    estis vos 101-1". L'esperienza prova che per le anime generose non
    v'e` motivo piu` potente di questo per allontanarle dal peccato ed
    eccitarle alla pratica delle virtu`; infatti, non si deve forse
    purificare e ornare continuamente un tempio ove risiede il Dio tre
    volte santo? Del resto quando Nostro Signore volle proporci un ideale
    di perfezione, non ando` a cercarlo fuori della SS. Trinita`: "Siate
    perfetti, egli dice, come e` perfetto il vostro Padre celeste: "Estote
    ergo perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus
    est 101-2". A prima vista, quest'ideale sembra troppo elevato; ma
    quando ci ricordiamo che siamo figli adottivi del Padre, e che egli
    vive in noi per imprimervi la sua immagine e collaborare alla nostra
    santificazione, capiamo bene che nobilta` obbliga e che abbiamo il
    dovere d'avvicinarci sempre piu` alle perfezioni divine. Specialmente
    per praticare la carita` fraterna Gesu` ci chiede di avere dinanzi agli
    occhi quel perfetto modello che e` l'indivisibile unita` delle tre
    divine persone: "Che siano tutti una cosa sola, come tu sei in me, o
    Padre, e io in te, che siano anch'essi una cosa sola in noi; Ut omnes
    unum sint, sicut tu, Pater, in me et ego in te, ut et ipsi in nobis
    unum sint 101-3". Tenera preghiera, di cui san Paolo si faceva eco
    quando supplicava i cari discepoli di non dimenticare che, essendo un
    solo corpo e un solo spirito, non avendo che un solo ed unico Padre
    che abita in tutti i giusti, dovevano conservare l'unita` dello spirito
    col vincolo della pace 101-4.

    Riepilogando possiamo conchiudere che la vita cristiana consiste prima
    di tutto in una unione intima, affettuosa e santificante colle tre
    divine persone, che ci conserva nello spirito di religione, d'amore e
    di sacrifizio.
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    00 15/10/2013 12:34

    II. Dell'organismo della vita cristiana 102-1.

    102. Le tre divine persone che abitano nel santuario dell'anima
    nostra si dilettano di arricchirla di doni soprannaturali e ci
    comunicano una vita simile alla loro che si chiama la vita della
    grazia o vita deiforme.

    Ora in ogni vita vi e` un triplice elemento: un principio vitale che e`,
    per cosi` dire, la sorgente della vita; delle facolta` che fanno
    produrre operazioni vitali; e in fine degli atti, che ne sono
    l'espansione e contribuiscono al suo accrescimento. Nell'ordine
    soprannaturale, Dio, che vive in noi, produce nelle anime nostre
    questi tre elementi. a) Ci comunica dapprima la grazia abituale, che
    fa in noi l'ufficio di principio vitale soprannaturale^102-2 e
    divinizza, a cosi` dire, la sostanza stessa dell'anima nostra,
    rendendola atta, benche` remotamente, alla visione beatifica e agli
    atti che la preparano.

    103. b) Da questa grazia sgorgano le virtu` infuse^103-1 e i doni
    dello Spirito Santo, che perfezionano le nostre facolta` e ci danno il
    potere immediato di fare atti deiformi, soprannaturali e meritorii.

    c) Per mettere in moto queste facolta`, Dio ci concede le grazie
    attuali, che illuminano la nostra intelligenza, fortificano la nostra
    volonta`, ci aiutano ad operare soprannaturalmente e ad aumentare cosi`
    il capitale di grazia abituale che ci ha compartito.

    104. Questa vita della grazia, benche` distinta dalla vita naturale,
    non e` semplicemente a lei sovrapposta ma la compenetra tutta quanta,
    la trasforma e la divinizza. Si assimila tutto cio` che vi e` di buono
    nella natura, nell'educazione e nelle abitudini acquisite; perfeziona
    e soprannaturalizza tutti questi elementi volgendoli verso l'ultimo
    fine, che e` il possesso di Dio per mezzo della visione beatifica e
    dell'amore che l'accompagna.

    Spetta a questa vita soprannaturale il dirigere la vita naturale, in
    virtu` del principio generale gia` esposto al n. 54, che gli esseri
    inferiori sono subordinati agli esseri superiori 104-1. Non puo`
    durare ne` svilupparsi se non a patto di dominare e serbare sotto la
    sua influenza gli atti dell'intelligenza, della volonta` e delle altre
    facolta`; con cio` non distrugge ne` diminuisce la natura, ma anzi la
    esalta e la perfeziona. Il che dimostreremo, studiandone per ordine i
    tre elementi.

    1^ DELLA GRAZIA ABITUALE. 105-1

    105. Dio, volendo nell'infinita sua bonta` elevarci a lui per quanto
    e` permesso alla debole nostra natura, ci da` un principio vitale,
    soprannaturale deiforme: la grazia abituale, grazia che si chiama
    creata 105-2 per opposizione alla grazia increata che consiste
    nell'abitazione dello Spirito Santo in noi. Questa grazia ci rende
    simili a Dio e ci unisce strettissimamente a lui: "Est autem haec
    deificatio, Deo quaedem, quoad fieri potest, assimilatio
    unioque 105-3". Sono questi i due aspetti della grazia che
    esporremo, dandone la definizione tradizionale e determinando l'unione
    prodotta dalla grazia tra l'anima e Dio.

    A) Definizione.

    106. La grazia ordinariamente si definisce una qualita`
    soprannaturale, inerente all'anima nostra, che ci fa partecipare in
    modo reale, formale, ma accidentale, alla vita divina.

    a) E` dunque una realta` di ordine soprannaturale ma non una sostanza,
    perche` nessuna sostanza creata puo` essere soprannaturale; e` un modo
    d'essere, uno stato dell'anima, una qualita` inerente alla sostanza
    dell'anima nostra, che la trasforma, la eleva sopra tutti gli esseri
    anche piu` perfetti; qualita` permanente di sua natura, che sta in noi
    finche` non la scacciamo dall'anima nostra commettendo volontariamente
    un peccato mortale. "La grazie, dice il Card. Mercier106-1
    appoggiandosi su Bossuet, e` quella qualita` spirituale che Gesu`
    diffonde nelle anime nostre, che penetra nel piu` intimo della nostra
    sostanza, che s'imprime nel piu` secreto delle anime nostre, e che si
    spande (per mezzo delle virtu`) in tutte le potenze e le facolta`
    dell'anima, che possiede interiormente l'anima e la rende pura e grata
    agli occhi di questo divin Salvatore, la fa suo Santuario, suo tempio,
    suo tabernacolo, insomma suo luogo di delizie."

    107. b) Questa qualita` ci rende, secondo l'energica espressione di
    S. Pietro, partecipi della natura divina, divinae consortes naturae; ci
    fa entrare, come dice S. Paolo, in comunione con lo Spirito Santo
    "communicatio Sancti Spiritus 107-1", in societa` col Padre e col
    Figlio, come aggiunge S. Giovanni 107-2. Non ci fa certamente
    uguali a Dio, ma esseri deiformi simili a lui; e ci da`, non la vita
    stessa di Dio che e` essenzialmente incomunicabile, ma una vita simile
    alla sua. Il che ora spiegheremo, per quanto l'umana intelligenza vi
    puo` arrivare.

    108. 1) La vita propria di Dio e` di contemplare direttamente se`
    stesso e di infinitamente amarsi. Nessuna creatura, per quanto sia
    perfetta, puo` contemplare da se stessa l'essenza divina "che abita una
    luce inaccessibile, lucem inhabitat inaccessibilem" 108-1. Ma Dio,
    per un privilegio intieramente gratuito, chiama l'uomo a contemplare
    questa essenza divina nel cielo; ed essendone l'uomo incapace, ne
    eleva, ne dilata, ne fortifica l'intelligenza col lume della gloria.
    Allora, dice S. Giovanni, saremo simili a Dio, perche` lo vedremo come
    egli vede se stesso, o, che e` lo stesso, come egli e` in se: "Similes
    ei erimus, quoniam videbimus eum sicuti est 108-2". Lo vedremo,
    aggiunge S. Paolo, non piu` attraverso lo specchio delle creature, ma
    faccia a faccia, senza intermedio, senza nubi, con una fulgida
    chiarezza: "Nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad
    faciem 108-3". Cosi` parteciperemo, benche` in modo finito, alla
    vita stessa di Dio, poiche` lo conosceremo come egli conosce se stesso
    e lo ameremo come egli ama se stesso. Il che spiegano i teologi
    dicendo che l'essenza divina verra` ad unirsi alla parte piu` intima
    dell'anima nostra e ci servira` di specie impressa, per renderci capaci
    di vederla senza alcuno intermedio creato, senza immagine alcuna.

    109. 2) Ora la grazia abituale e` gia` una preparazione alla visione
    beatifica e quasi un saggio di questo favore, praelibatio visionis
    beatificae; e` la gemma che gia` contiene il fiore, benche` questo non
    debba sbocciare che piu` tardi; e` quindi dello stesso genere della
    visione beatifica e partecipa della sua natura.

    Cerchiamo di spiegarci con un paragone, per quanto possa riuscire
    imperfetto. Io posso conoscere un artista in tre modi: dallo studio
    delle sue opere, -- dal ritratto che me ne fa un suo intimo amico -- o
    finalmente dalle relazioni dirette che io ho con lui. La prima di
    queste conoscenze di Dio, e` quella che abbiamo dalla vista delle sue
    opere, conoscenza induttiva molto imperfetta, perche` le sue opere, pur
    manifestandoci la sua sapienza e la sua potenza, nulla ci dicono della
    sua vita interiore. La seconda risponde assai bene alla conoscenza che
    ce ne da` la fede: sulla testimonianza degli scrittori sacri e
    principalmente del Figlio di Dio, io credo tutto cio` che Dio si degno`
    di rivelarmi non solamente sulle sue opere e sui suoi attributi, ma
    anche sulla sua vita intima; io credo che da tutta l'eternita` egli
    genera un Verbo che e` suo Figlio, che ama e dal quale e` riamato, e che
    da questo mutuo amore procede lo Spirito Santo. Certo io non capisco,
    e sopratutto io non vedo, ma io credo con incrollabile certezza, e
    questa fede mi fa partecipare in modo velato, oscuro, ma reale, alla
    conoscenza che Dio ha di se` stesso. Solo piu` tardi, per mezzo della
    visione beatifica, si avverera` il terzo modo di conoscenza; ma, com'e`
    chiaro, il secondo e` in sostanza della stessa natura di quest'ultimo,
    e certamente molto superiore alla conoscenza razionale.

    110. c) Questa partecipazione della vita divina non e` semplicemente
    virtuale ma formale. La partecipazione virtuale non ci fa possedere
    una data qualita` che in un modo diverso da quello in cui si trova
    nella causa principale; cosi` la ragione e` una partecipazione solo
    virtuale dell'intelletto divino, perche` ci fa conoscere la verita`, ma
    in un modo assai diverso dalla conoscenza che ne ha Dio. Non e` cosi`
    della visione beatifica, e, salve le proporzioni, della fede; queste
    ci fanno conoscere Dio some egli conosce se stesso, non certo nello
    stesso grado ma nello stesso modo.

    111. d) Questa partecipazione non e` sostanziale ma accidentale. Cosi`
    essa si distingue dalla generazione del Verbo, che riceve tutta la
    sostanza del Padre; e dalla unione ipostatica, che e` un'unione
    sostanziale della natura umana con la natura divina nell'unica persona
    del Verbo; noi conserviamo infatti la nostra personalita` e la nostra
    unione con Dio non e` sostanziale. Tale e` la dottrina di
    S. Tommaso: 111-1 "Essendo la grazia molto superiore alla natura
    umana, non puo` essere ne` una sostanza, ne` la forma sostanziale
    dell'anima; non puo` esserne che la forma accidentale". E, per spiegare
    il suo pensiero, aggiunge che tutto cio` che e` sostanzialmente in Dio
    ci vien dato accidentalmente e ci fa partecipare alla divina bonta`:
    "Id enim quod substantialiter est in Deo, accidentaliter fit in anima
    participante divinam bonitatem, ut de scientia patet".

    Con queste restrizioni si evita di cadere nel panteismo, e si ha
    nondimeno un'idea altissima della grazia, che ci apparisce come una
    divina somiglianza impressa da Dio nell'anima nostra: "faciamus
    hominem ad imaginem et similitudinem nostram 111-2".

    112. Per farci intendere questa divina somiglianza, i Padri usano
    diversi paragoni. 1) L'anima nostra, essi dicono, e` una immagine
    vivente della Trinita`, una specie di ritratto in miniatura, poiche` lo
    Spirito Santo stesso viene ad imprimersi in noi come il sigillo sulla
    molle cera e vi lascia cosi` la sua divina somiglianza 112-1. Ne
    concludono che l'anima in stato di grazia e` d'una meravigliosa
    bellezza, poiche` l'artista che vi dipinge questa immagine e`
    infinitamente perfetto, non essendo altri che Dio stesso: "Pictus es
    ergo, o homo, et pictus es a Domino Deo tuo. Bonum habes artificem
    atque pictorem 112-2". E ne conchiudono pure con ragione che noi
    non solo non dobbiamo distruggere od offuscare questa immagine, ma
    anzi renderla ogni giorno piu` rassomigliante. -- Paragonano anche
    l'anima nostra a quei corpi trasparenti che, ricevendo la luce del
    sole, ne sono come penetrati e acquistano un incomparabile fulgore che
    diffondono poi tutto intorno a loro 112-3; cosi` l'anima nostra,
    simile a un globo di cristallo illuminato dal sole, riceve la luce
    divina, risplende di vivo fulgore e lo riflette sugli oggetti
    circostanti.

    113. 2) Per dimostrare che questa rassomiglianza non e` cosa
    superficiale ma penetra nel piu` intimo dell'anima nostra, ricorrono al
    paragone del ferro e del fuoco. Come, dicono essi, una verga di ferro,
    immersa in un ardente braciere, acquista subito lo splendore, il
    calore e la pieghevolezza del fuoco, cosi` l'anima nostra, immersa
    nella fornace del divino amore, si libera dalle scorie e diviene
    brillante, ardente e docile alle ispirazioni divine.

    114. 3) Un autore contemporaneo, volendo esprimere l'idea che la
    grazia e` una vita nuova, la paragona a un innesto divino fatto sul
    ramo salvatico della nostra natura e che si fonde coll'anima nostra
    per costituire un nuovo principio vitale e quindi una vita assai
    superiore. Pero`, come l'innesto non conferisce al ramo salvatico tutta
    la vita di quella natura onde e` stato tolto ma soltanto questa o
    quella delle sue proprieta` vitali, cosi` la grazia santificante non ci
    da` tutta la natura di Dio ma qualche cosa della sua vita che
    costituisce per noi una nuova vita; noi quindi partecipiamo alla vita
    divina ma non la possediamo nella sua pienezza 114-1.

    E` chiaro che questa divina somiglianza prepara l'anima nostra ad una
    intimissima unione con l'adorabile Trinita` che abita in lei.
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    00 15/10/2013 12:35
    B) Unione tra l'anima nostra e Dio.

    115. Da cio` che abbiamo detto sull'abitazione della SS. Trinita`
    nell'anima nostra (n. 92), risulta che tra noi e l'ospite divino
    corre un'unione morale intimissima e santificantissima.

    Ma non c'e` forse qualche cosa di piu`, qualche cosa di fisico 115-1
    in quest'unione?

    116. a) I paragoni usati dai Padri sembrerebbero indicarlo.

    1) Un gran numero di essi ci dicono che l'unione di Dio coll'anima e`
    simile a quella dell'anima col corpo: "In noi vi sono, dice
    S. Agostino, due vite, la vita del corpo e la vita dell'anima; la vita
    del corpo e` l'anima, la vita dell'anima e` Dio "sicut vita corporis
    anima, sic vita animae Deus 116-1." E` chiaro che si tratta solo di
    analogie; ma studiamoci di cavarne la verita` che contengono. L'unione
    tra il corpo e l'anima e` sostanziale, cosi` che non formano piu` che una
    sola e medesima natura, una sola e medesima persona. Non e` cosi`
    dell'unione dell'anima con Dio: noi conserviamo sempre la nostra
    natura e la nostra personalita` e restiamo quindi essenzialmente
    distinti dalla divinita`. Ma, come l'anima da` al corpo la vita di cui
    gode, cosi` Dio, senza essere forma dell'anima, le da` la vita
    soprannaturale, vita non uguale ma veramente e formalmente simile alla
    sua; e questa vita costituisce un'unione realissima tra l'anima e Dio.
    Suppone una realta` concreta che Dio ci comunica e che serve di vincolo
    unitivo tra lui e noi; questa nuova relazione non aggiunge certamente
    nulla a Dio, ma perfeziona l'anima nostra e la rende deiforme; lo
    Spirito Santo quindi diviene non causa formale, ma causa efficiente ed
    esemplare della nostra santificazione.

    117. 2) Questa stessa verita` si deduce dal paragone che alcuni
    autori 117-1 fanno tra l'unione ipostatica e l'unione dell'anima
    nostra con Dio. Vi e` certamente tra le due una differenza essenziale:
    l'unione ipostatica e` sostanziale e personale, perche` la natura divina
    e la natura umana, sebbene perfettamente distinte, non formano piu` in
    Gesu` Cristo che una sola e medesima persona, mentre che l'unione
    dell'anima con Dio per mezzo della grazia, ci lascia la nostra
    personalita`, essenzialmente distinta dalla personalita` divina, e non
    ci unisce a Dio se non in modo accidentale: "Si compie infatti per
    mezzo della grazia santificante, che e` un accidente aggiunto alla
    sostanza dell'anima; ora, in linguaggio scolastico, l'unione d'un
    accidente e d'una sostanza si chiama unione accidentale 117-2".

    Ma rimane pur sempre vero che l'unione dell'anima con Dio e` un'unione
    di sostanza a sostanza, 117-3 e che l'uomo e Dio vengono in
    contatto cosi` intimo come il ferro e il fuoco che l'avvolge e lo
    penetra, come il cristallo e la luce. Per dir tutto in una parola,
    l'unione ipostatica fa un uomo-Dio, l'unione della grazia fa degli
    uomini divinizzati; e come le azioni di Cristo sono divino-umane o
    teandriche, cosi` le azioni del giusto sono deiformi, fatte in comune
    da Dio e da noi, e per questo titolo meritorie della vita eterna, la
    quale non e` altro che la unione immediata con la Divinita`. Possiamo
    quindi dire col P. de Smedt, 117-4 "che l'unione ipostatica e` il
    tipo della nostra unione con Dio per mezzo della grazia, e che questa
    ne e` l'immagine piu` perfetta che una pura creatura possa riprodurre in
    se`".

    Concludiamo collo stesso autore che l'unione della grazia non e`
    puramente morale, ma contiene un elemento fisico che ci permette di
    chiamarla fisico-morale: "La natura divina e` veramente nel suo essere
    stesso unita alla sostanza dell'anima per mezzo di un vincolo
    speciale, per modo che l'anima giusta possiede in se` la natura divina
    come cosa che le appartiene, e quindi possiede un carattere divino,
    una perfezione d'ordine divino, una bellezza divina, infinitamente
    superiore a tutto cio` che puo` esservi di perfezione naturale in una
    creatura qualsiasi reale o possibile 117-5.

    118. b) Se, lasciando da parte i paragoni, studiamo il lato
    dottrinale della questione, arriviamo alla stessa conclusione. 1) In
    cielo, gli eletti vedono Dio faccia a faccia, senza alcun intermedio;
    la stessa essenza divina fa l'ufficio di specie impressa: "in visione
    qua Deus per essentiam videbitur, ipsa divina essentia erit quasi
    forma intellectus qua intelliget 118-1". Vi e` dunque tra essi e la
    Divinita` un'unione vera, reale, che si puo` chiamare fisica, perche` Dio
    non puo` essere visto e posseduto che a patto d'essere presente al loro
    intelletto colla sua essenza, e non puo` essere amato, se non e`
    effettivamente unito alla loro volonta` come oggetto d'amore: "amor est
    magis unitivus quam cognitio 118-2". Ora la grazia altro non e` che
    un principio e un germe della gloria: "gratia nihil est quam inchoatio
    gloriae in nobis 118-3".

    L'unione dunque cominciata sulla terra tra l'anima nostra e Dio per
    mezzo della grazia e` in sostanza dello stesso genere di quella della
    gloria, reale e in un certo senso fisica come questa. Tal e` la
    conclusione del P. Froget nel suo bel libro L'abitazione dello Spirito
    Santo (p. 159), appoggiandosi su numerosi testi di S. Tommaso: < dunque realmente, fisicamente, sostanzialmente presente nel cristiano
    che ha la grazia; e non e` gia` una semplice presenza materiale ma un
    vero possesso accompagnato da un principio di godimento>>.

    2) La medesima conclusione discende pure dall'analisi della grazia
    stessa. Stando all'insegnamento dell'Angelico Dottore, che si fonda
    sugli stessi testi scritturali che abbiamo citati, la grazia abituale
    ci e` data per godere non solo dei doni di Dio, ma delle stesse persone
    divine; "Per donum gratiae gratum facientis perficitur creatura
    rationalis ad hoc quod libere non solum ipso dono creato utatur, sed
    ut ipsa^ divina^ persona^ fruatur 118-4". Ora, aggiunge un discepolo
    di S. Bonaventura, per godere d'una cosa e` necessaria la sua presenza,
    e quindi per godere dello Spirito Santo la sua presenza e` necessaria
    come necessario e` il dono creato che ci unisce a lui 118-5. E
    poiche` la presenza del dono creato e` reale e fisica, quella dello
    Spirito Santo non dovra` forse essere dello stesso genere?

    Ecco dunque che le deduzioni della fede come i paragoni dei Patri ci
    autorizzano a dire che l'unione dell'anima nostra con Dio per mezzo
    della grazia non e` soltanto morale, che non e` neppure sostanziale in
    senso proprio, ma che e` talmente reale da potersi chiamare
    fisico-morale. Restando pero` essa velata ed oscura ed essendo
    progressiva, nel senso che noi ne percepiamo tanto meglio gli effetti
    quanto piu` coltiviamo la fede e i doni dello Spirito Santo, le anime
    ferventi che sospirano l'unione divina, se sentono vivamente
    sollecitate ad avanzarsi ogni giorno piu` nella pratica delle virtu` e
    dei doni.

    2^ DELLE VIRTU` E DEI DONI, O DELLE FACOLTA` DELL'ORDINE SOPRANNATURALE.

    Richiamatane prima l'esistenza e la natura, parleremo per ordine delle
    virtu` e dei doni.
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    00 15/10/2013 12:35

    A) Esistenza e natura.

    119. La vita soprannaturale inserita nell'anima nostra per mezzo
    della grazia abituale richiede, per operare e svilupparsi, delle
    facolta` di ordine soprannaturale, che la liberalita` divina
    generosamente ci concede sotto nome di virtu` infuse e di doni dello
    Spirito Santo: "L'uomo giusto, dice Leone XIII, che vive della vita
    della grazia e che opera per mezzo delle virtu`, che tengono in lui il
    posto di facolta`, ha pure bisogno dei doni dello Spirito Santo: Homini
    iusto, vitam scilicet viventi divinae gratiae et per congruas virtutes
    tamquam facultates agenti, opus plane est septenis illis quae proprie
    dicuntur Spiritus Sancti donis 119-1". Conviene infatti che le
    nostre facolta` naturali, le quali da se` stesse non possono produrre
    che atti del medesimo ordine, siano perfezionate e divinizzate da
    abiti infusi, che le elevino e le aiutino ad operare
    soprannaturalmente. E Dio, infinitamente liberale qual e`, ce ne da di
    due specie: le virtu`, che, sotto la direzione della prudenza, ci
    abilitano a operare soprannaturalmente col concorso della grazia
    attuale; e i doni che ci rendono cosi` docili all'azione dello Spirito
    Santo che, guidati da una specie di divino istinto, siamo, per cosi`
    dire, mossi e diretti da questo divino Spirito. Bisogna pero` notare
    che questi doni, i quali ci sono conferiti colle virtu` e colla grazia
    abituale, non vengono esercitati con frequenza ed intensita` se non
    dalle anime mortificate che, con una lunga pratica delle virtu` morali
    e teologali, acquistarono quella soprannaturale pieghevolezza, onde
    rendonsi intieramente docili alle ispirazioni dello Spirito Santo.

    120. La differenza essenziale tra le virtu` e i doni deriva dunque
    dal loro diverso modo di operare in noi; nella pratica delle virtu`, la
    grazia ci lascia attivi, sotto l'influsso della prudenza; nell'uso dei
    doni, raggiunto che abbiano il loro pieno sviluppo, richiede da noi
    piu` docilita` che attivita`, come esporremo meglio trattando della via
    unitiva. Intanto un paragone ci aiutera` a capire: quando una madre
    insegna a camminare al figlio, ora si contenta di guidarne i passi
    impedendogli di cadere, ora lo prende tra le braccia per fargli
    superare un ostacolo o per farlo riposare; nel primo caso si ha la
    grazia cooperante delle virtu`, nel secondo si ha la grazia operante
    dei doni.

    Ma da cio` risulta che, normalmente, gli atti compiti sotto l'influsso
    dei doni sono piu` perfetti di quelli che si compiono solamente sotto
    l'influsso delle virtu`, appunto perche` l'azione dello Spirito Santo
    nel primo caso e` piu` attiva e piu` feconda.

    B) Delle virtu` infuse.

    121. E` certo, secondo la dottrina del Concilio di Trento, che nel
    momento stesso della giustificazione riceviamo le virtu` infuse della
    fede, della speranza e della carita` 121-1. Ed e` dottrina comune,
    confermata dal Catechismo del Concilio di Trento 121-2, che anche
    le virtu` morali della prudenza, della giustizia, della fortezza e
    della temperanza ci sono comunicate nello stesso momento. Non
    dimentichiamo pero` che queste virtu` ci danno, non la facilita`, ma il
    potere soprannaturale prossimo di fare atti soprannaturali; saranno
    necessari ripetuti atti per aggiungervi quella facilita` che viene
    dall'abitudine acquisita.

    Vediamo come queste virtu` rendono soprannaturali le nostra facolta`.

    a) Le une sono teologali, perche` hanno Dio per oggetto materiale e
    qualche attributo divino per oggetto formale. La fede ci unisce a Dio,
    suprema verita`, e ci aiuta a veder tutto e a tutto giudicare alla
    divina sua luce. La speranza ci unisce a Colui che e` la sorgente della
    nostra felicita`, sempre pronto a versare su noi le sue grazie per
    compiere la nostra trasformazione ed aiutarci col suo potente soccorso
    a fare atti di confidenza assoluta e di filiale abbandono. La carita`
    ci eleva a Dio sommamente buono in se stesso; e, sotto il suo
    influsso, noi ci compiacciamo delle infinite perfezioni di Dio piu` che
    se fossero nostre, desideriamo che siano conosciute e glorificate,
    stringiamo con Lui una santa amicizia, una dolce familiarita` e cosi`
    diventiamo ognor piu` a lui somiglianti. Queste tre virtu` teologali ci
    uniscono dunque direttamente a Dio.

    122. b) Le virtu` morali, che hanno per oggetto un bene onesto
    distinto da Dio e per motivo l'onesta` stessa di quest'oggetto,
    favoriscono e perpetuano questa unione con Dio, regolando le nostre
    azioni in modo che, non ostante gli ostacoli che si trovano dentro e
    fuori di noi, tendano continuamente verso Dio. Cosi` la prudenza ci fa
    scegliere i mezzi migliori per tendere al nostro fine soprannaturale.
    La giustizia, facendoci rendere al prossimo cio` che gli e` dovuto,
    santifica le nostre relazioni coi nostri fratelli in modo da
    avvicinarci a Dio. La fortezza arma l'anima nostra contro la prova e
    la lotta, ci fa sopportare con pazienza i patimenti e intraprendere
    con santa audacia le piu` rudi fatiche per procurare la gloria di Dio.
    E, poiche` il piacere colpevole ce ne distoglierebbe, la temperanza
    modera il nostro ardore pel piacere e lo subordina alla legge del
    dovere. Tutte queste virtu` hanno dunque per ufficio di allontanare gli
    ostacoli e anche di somministrarci mezzi positivi per andare a
    Dio 122-1.

    C) Dei doni dello Spirito Santo.

    123. Senza descriverli in particolare (cosa che faremo piu` tardi) ci
    basti qui dimostrarne la corrispondenza colle virtu`.

    I doni, senza essere piu` perfetti delle virtu` teologali e specialmente
    della carita`, ne perfezionano l'esercizio. Cosi` il dono
    dell'intelletto ci fa penetrare piu` addentro nelle verita` della fede
    per scoprirne i reconditi tesori e le arcane armonie; quello della
    scienza ci fa considerare le cose create nelle loro relazioni con Dio.
    Il dono del timore fortifica la speranza, staccandoci dai falsi beni
    di quaggiu`, che potrebbero trascinarci al peccato e ci accresce quindi
    il desiderio dei beni celesti. Il dono della sapienza, facendoci
    gustare le cose divine, aumenta il nostro amore per Dio. La prudenza e`
    grandemente perfezionata dal dono del consiglio, che ci fa conoscere,
    nei casi particolari e difficili, cio` che e` o non e` espediente di
    fare. Il dono della pieta` perfeziona la virtu` della religione, che si
    connette colla giustizia, facendoci vedere in Dio un padre che siamo
    lieti di glorificare per amore. -- Il dono della fortezza compie la
    virtu` dello stesso nome, eccitandoci a praticare cio` che vi e` di piu`
    eroico nella paziente costanza e nell'operare il bene. Infine il dono
    del timore, oltre che facilita la speranza, perfeziona pure in noi la
    temperanza, facendoci temere i castighi e i mali che risultano
    dall'amore illecito dei piaceri.

    Tal e` il modo con cui armoniosamente si sviluppano nell'anima le virtu`
    e i doni, sotto l'influsso della grazia attuale, di cui ci resta ora a
    dire una parola.

    3^ DELLA GRAZIA ATTUALE 124-1.

    Come nell'ordine di natura abbiamo bisogno del concorso di Dio per
    passare dalla potenza all'atto, cosi` nell'ordine soprannaturale non
    possiamo porre in atto le nostre facolta` senza il soccorso della
    grazia attuale.

    124. Ne esporremo:
    * 1^ la nozione;
    * 2^ il modo di operare;
    * 3^ la necessita`.

    A) La nozione. La grazia attuale e` un aiuto soprannaturale e
    transitorio che Dio ci da` per illuminare la nostra intelligenza e
    fortificare la nostra volonta` nella produzione degli atti
    soprannaturali.

    a) Opera quindi direttamente sulle nostre facolta` spirituali,
    l'intelligenza e la volonta`, non piu` soltanto per elevarle all'ordine
    soprannaturale, ma per metterle in moto e far loro produrre atti
    soprannaturali. Diamone un esempio: prima della giustificazione o
    dell'infusione della grazia abituale, ci illumina sulla malizia e sui
    terribili effetti del peccato per farcelo detestare. Dopo la
    giustificazione, ci mostra, alla luce della fede, l'infinita bellezza
    di Dio e la misericordiosa sua bonta` per farcela amare con tutto il
    cuore.

    b) Accanto pero` a queste grazie interne, ve ne sono altre che si
    chiamano esterne, le quali, operando direttamente sui nostri sensi e
    sulle nostre facolta` sensitive, indirettamente influiscono sulle
    nostre facolta` spirituali, tanto piu` che sono spesso accompagnate
    anche da veri aiuti interni. Cosi` la lettura della Sacra Bibbia o d'un
    libro cristiano, l'ascoltazione d'una predica, d'un pezzo di musica
    religiosa, d'una buona conversazione, sono grazie esterne: di per se`
    non fortificano la volonta`, ma producono in noi delle impressioni
    favorevoli che scuotono l'intelletto e la volonta` e li inclinano verso
    il bene soprannaturale. Dio, del resto, vi aggiungera` spesso dei
    movimenti interni che, illuminando l'intelletto e fortificando la
    volonta`, ci aiuteranno potentemente a convertirci o a divenir
    migliori. E` quanto possiamo dedurre dalle parole del libro degli Atti,
    che ci mostrano lo Spirito Santo che apre il cuore d'una donna
    chiamata Lidia, per renderla attenta alla predicazione di
    S. Paolo 124-2. Dio poi, il quale sa che noi ci eleviamo dal
    sensibile allo spirituale, s'adatta alla nostra debolezza e si serve
    delle cose visibili per portarci alla virtu`.

    125. B) Suo modo di operare. a) La grazia attuale influisce su di
    noi in modo morale e fisico nello stesso tempo: in modo morale, con le
    persuasioni e le attrattive, come una madre che, per aiutare il
    bambino a camminare, dolcemente lo chiama e lo invita a se`
    promettendogli una ricompensa; in modo fisico 125-1, aggiungendo
    nuove forze alle nostre facolta`, troppo deboli per operare da sole,
    come fa una madre che prende per le braccia il suo bambino e l'aiuta,
    non solo con la voce ma anche col gesto, a fare qualche passo innanzi.
    Tutte le Scuole ammettono che la grazia operante opera fisicamente,
    producendo nell'anima nostra dei movimenti indeliberati; quando pero`
    si tratta della grazia cooperante, vi e` tra le diverse scuole
    Teologiche qualche disparere, che del resto per la pratica non ha
    grande importanza: non entriamo in queste discussioni, perche` non
    vogliamo fondare la nostra spiritualita` su questioni controverse.

    b) Sotto un altro aspetto, la grazia previene il nostro libero
    consenso o l'accompagna nel compimento dell'atto. Cosi` mi nasce, per
    esempio, il pensiero di fare un atto d'amor di Dio senza che io abbia
    fatto nulla per suscitarlo: e` una grazi preveniente, e` un buon
    pensiero che Dio mi da`; se io l'accolgo bene e mi studio di produrre
    quest'atto d'amore, io lo faccio con l'aiuto della grazia adiuvante o
    concomitante. -- Pari a questa distinzione e` quella della grazia
    operante, per mezzo della quale Dio opera in noi senza di noi, e della
    grazia cooperante, per mezzo della quale Dio opera in noi e con noi,
    cioe` colla nostra libera collaborazione.

    126. C) Sua necessita`. 126-1 Il principio generale e` che la
    grazia attuale e` necessaria per ogni atto soprannaturale, perche` vi
    dev'essere proporzione tra l'effetto e il suo principio.

    a) Cosi`, quando si tratta della conversione, vale a dire del passaggio
    dal peccato mortale allo stato di grazia, abbiamo bisogno d'una grazia
    soprannaturale per fare gli atti preparatorii di fede, di speranza, di
    penitenza e d'amore; e anche per l'inizio della fede, cioe` per quel
    pio desiderio di credere che ne e` il primo passo. b) Ed e` pure per la
    grazia attuale che perseveriamo nel bene nel corso della nostra vota
    sino all'ora della morte. Per questo infatti: 1) si deve resistere
    alle tentazioni che assalgono anche le anime giuste e che sono
    talvolta cosi` insistenti e ostinate che non possiamo resistervi senza
    l'aiuto di Dio. Ecco perche` Nostro Signore raccomanda agli apostoli,
    anche dopo l'ultima Cena, di vigilare e pregare, vale a dire di
    appoggiarsi non sui propri sforzi soltanto ma sulla grazia per non
    soccombere alla tentazione^126-2. 2) Si devono inoltre adempiere
    tutti i propri doveri, e lo sforzo energico, costante, richiesto da
    questo adempimento non puo` farsi senza l'aiuto della grazia: solo
    colui che incomincio` in noi l'opera della perfezione, puo` condurla a
    buon fine 126-3; solo l'autore della nostra vocazione all'eterna
    salute ha diritto di darvi l'ultima mano 126-4.

    127. E cio` e` specialmente vero per la perseveranza finale che e` dono
    speciale e grande dono 127-1: morire nello stato di grazia, non
    ostante tutte le tentazioni che vengono ad assalirci in quell'ultimo
    momento, o sfuggire a queste lotte con una morte dolce o repentina che
    ci addormenti nel Signore, e`, a detta dei Concilii, la grazia delle
    grazie che non si potra` mai chiedere abbastanza, che non si puo`
    strettamente meritare, ma che si puo` ottenere con la preghiera e con
    la fedele cooperazione alla grazia, suppliciter emereri
    potest 127-2. c) E quando si vuole non solo perseverare, ma
    crescere ogni giorno piu` in santita`, schivare i peccati veniali
    deliberati e diminuire il numero delle colpe di fragilita`, non si
    dovra` pure far assegnamento sui divini favori? Pretendere che si possa
    stare a lungo senza commettere qualche peccato che ritardi il nostro
    avanzamento spirituale, e` un andare contro l'esperienza delle anime
    migliori che si rimproverano cosi` amaramente le loro debolezze, e` un
    contradire S. Giovanni, che dichiara illusi quelli che pensano di non
    commettere peccati: "Si dixerimus quoniam peccatum non habemus, ipsi
    nos seducimus, et veritas non est in nobis" 127-3; e` un contradire
    il Concilio di Trento, il quale condanna chi dicesse che l'uomo
    giustificato puo`, senza uno speciale privilegio divino 127-4,
    evitare in tutta la vita i peccati veniali.

    128. La grazia attuale ci e` dunque necessaria anche dopo la
    giustificazione; ed ecco perche` la S. Scrittura insiste tanto sulla
    necessita` della preghiera, con cui quella si ottiene dalla
    misericordia divina, come spiegheremo piu` tardi. Possiamo pure
    ottenerla con atti meritori o, in altre parole, con la libera
    cooperazione alla grazia; perche` quanto piu` siamo fedeli ad
    approfittarci delle grazie attuali che ci vengono largite, tanto piu`
    Dio si sente inclinato a concedercene delle nuove.
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    00 15/10/2013 12:36

    CONCLUSIONI.

    129. 1^ Dobbiamo dunque avere la piu` grande stima per la vita della
    grazie; e` una vita nuova, una vita che ci unisce e ci rende simili a
    Dio, con tutto l'organismo necessario al suo esercizio. Ed e` vita
    assai piu` perfetta della vita naturale. Se la vita intellettuale e`
    molto superiore alla vita vegetativa e alla vita sensitiva, la vita
    cristiana e` infinitamente superiore alla vita semplicemente razionale;
    questa infatti e` dovuta all'uomo, posto che Dio si risolva a crearlo,
    mentre la vita della grazia supera tutte le attivita` e tutti i meriti
    delle creature anche piu` perfette. Qual creatura infatti potrebbe mai
    pretendere il diritto di divenire figlio adottivo di Dio, tempio dello
    Spirito Santo, e il privilegio di vedere Dio faccia a faccia come Dio
    vede se stesso? Dobbiamo quindi stimare questa vita piu` di tutti i
    beni creati, e considerarla come il tesoro nascosto pel cui acquisto
    non si deve esitare a vendere tutto cio` che si possiede.

    130. 2^ Quando si possiede un tal tesoro, bisogna sacrificare ogni
    cosa piuttosto che esporci a perderlo. E` questa la conclusione che ne
    trae il Papa S. Leone: "Agnosce, o christiane, dignitatem tuam, et,
    divinae consors factus naturae, noli in veterem vilitatem degeneri
    conversatione redire 130-1". Non vi e` alcuno che piu` del cristiano
    debba rispettare se stesso, non certo per ragione dei propri meriti ma
    per ragione di quella vita divina a cui partecipa, e perche` e` tempio
    dello Spirito Santo, tempio santo di cui non si deve mai offuscare la
    bellezza: "Domum tuam decet sanctitudo in longitudinem
    dierum 130-2".

    131. 3^ Anzi, e` evidente che dobbiamo pure utilizzare, coltivare
    quest'organismo soprannaturale di cui siamo dotati. Se piacque alla
    divina bonta` di elevarci ad uno stato superiore, di darci largamente
    virtu` e doni che perfezionano le nostre facolta` naturali, se ad ogni
    istante ci offre la sua collaborazione per metterli in opera, sarebbe
    un mal corrispondere a tanta liberalita` il rigettar questi doni col
    non voler fare che atti naturalmente buoni o col non far produrre alla
    vigna dell'anima nostra che frutti imperfetti. Quanto piu` il donatore
    si mostro` generoso, tanto piu` s'aspetta da noi una collaborazione
    attiva e feconda. Il che apparira` anche meglio quando avremo veduto la
    parte che ha Gesu` nella vita cristiana.

    sez. II. Della parte che ha Gesu` nella vita cristiana 132-1.

    132. Tutta la SS. Trinita` ci conferisce quella partecipazione della
    vita divina che abbiamo descritta. Ma lo fa per riguardo ai meriti e
    alle soddisfazioni di Gesu` Cristo, il quale sotto questo aspetto ha
    una parte cosi` essenziale nella nostra vita soprannaturale, che questa
    a buon diritto viene detta vita cristiana.

    Secondo la dottrina di S. Paolo, Gesu` Cristo e` il capo dell'umanita`
    rigenerata, come Adamo lo era stato dell'umana stirpe al suo nascere,
    in guisa pero` assai piu` perfetta. Egli coi suoi meriti ci riconquisto`
    il diritto alla grazia e alla gloria; coi suoi esempi ci mostra come
    dobbiamo vivere per santificarci e meritare il cielo; ma egli e`
    sopratutto il capo d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra: e`
    quindi causa meritoria, esemplare e vitale della nostra
    santificazione.

    I. Gesu` causa meritoria della nostra vita spirituale.

    133. Quando diciamo che Gesu` e` causa meritoria della nostra
    santificazione, prendiamo questa parola nel suo piu` esteso significato
    in quanto comprende la soddisfazione e il merito; "Propter nimiam
    charitatem qua dilexit nos, sua sanctissima passione in ligno crucis
    nobis iustificationem meruit et pro nobis satisfecit".

    Logicamente la soddisfazione precede il merito, nel senso che, per
    ottenere il perdono dei nostri peccati e meritare la grazia, e` prima
    necessario riparare l'offesa fatta a Dio; ma in realta` tutti gli atti
    liberi di N. Signore erano nello stesso tempo soddisfatorii e
    meritorii, e avevano tutti un valore morale infinito, come abbiamo
    detto al n. 78. Non ci resta che trarre da queste verita` alcune
    conclusioni.

    A) Non vi sono peccati irremissibili, purche`, contriti e umiliati, ne
    chiediamo umilmente perdono. E questo noi facciamo nel sacro tribunale
    della penitenza, ove la virtu` del sangue di Gesu` ci viene applicata
    per mezzo del ministro di Dio. Questo facciamo pure nel santo
    sacrifizio della messa, ove Gesu` continua ad offrirsi, per le mani del
    sacerdote, vittima di propiziazione, eccita nell'anima nostra profondi
    sentimenti di contrizione, ci rende Dio propizio, ci ottiene perdono
    sempre piu` pieno dei nostri peccati e una remissione sempre piu`
    abbondante della pena che dovremmo subire per espiarli. Possiamo
    aggiungere che tutti i nostri atti cristiani, uniti ai patimenti di
    Gesu`, hanno un valore soddisfatorio per noi e per le anime per cui li
    offriamo.

    134. B) Gesu` ci merito` pure tutte le grazie di cui abbiamo bisogno
    per conseguire il nostro fine soprannaturale e coltivare in noi la
    vita cristiana: Benedixit nos in omni benedictione spirituali in
    caelestibus in Christo Jesu 134-1", Dio ci benedisse in Cristo con
    ogni sorta di benedizioni spirituali: grazie di conversione, grazie di
    perseveranza, grazie per resistere alle tentazioni, grazie per trar
    profitto dalle tribolazioni, grazie di consolazione, grazie di
    rinnovamento spirituale, grazie di nuova conversione, grazia di
    perseveranza finale, tutto egli ci merito`; e ci assicura che tutto cio`
    che chiederemo al Padre in suo nome, vale a dire appoggiandoci sui
    suoi meriti, ci sara` concesso.

    Per ispirarci anche maggior fiducia, istitui` i sacramenti, segni
    visibili che ci conferiscono la grazia in tutte le circostanze piu`
    importanti della vita e ci danno diritto a grazie attuali che
    riceviamo a tempo opportuno.

    135. C) Ma fece anche di piu`; ci diede il potere di sodisfare e di
    meritare, volendo cosi` associarci a lui come cause secondarie e far di
    noi gli artefici della nostra santificazione. Ce ne fa perfino un
    precetto e condizione essenziale della nostra vita spirituale. S'ei
    porto` la croce, gli e` perche` anche noi lo seguiamo portando la nostra:
    "Si quis vult post me venire, abnegat semetipsum, tollat crucem suam,
    et sequatur me 135-1". Cosi` l'intesero gli Apostoli: "Se vogliamo
    partecipare alla sua gloria, dice S. Paolo, dobbiamo anche partecipare
    ai suoi patimenti, si tamen compatimur ut et
    conglorificemur 135-2"; e S. Pietro aggiunge che se Gesu` Cristo
    pati` per noi, lo fece perche` noi battiamo le sue orme 135-3. Anzi,
    le anime generose si sentono stimolate, come S. Paolo, a soffrir
    lietamente, in unione con Cristo, per il suo corpo mistico che e` la
    Chiesa 135-4; a questo modo partecipano all'efficacia redentrice
    della sua Passione e collaborano come cause seconde alla salute dei
    fratelli. Oh! quanto questa dottrina e` piu` vera, piu` nobile, piu`
    consolante dell'incredibile affermazione di certi protestanti che
    hanno il triste coraggio d'affermare che, avendo Gesu` Cristo patito
    sufficientemente per noi, noi non abbiamo che da godere dei frutti
    della sua redenzione senza berne il calice! Pretendono con cio` di
    esaltare la pienezza dei meriti di Cristo, mentre in verita` e` il
    potere di meritare quello che fa risaltar meglio la pienezza della
    redenzione. Non e` infatti piu` onorifico per Cristo il manifestare la
    fecondita` delle sue soddisfazioni, associandoci all'opera sua
    redentrice e rendendoci capaci di collaborarvi, benche` in modo
    secondario, con imitarne gli esempi?

    II. Gesu` causa esemplare della nostra vita.

    136. Gesu` non si contento` di meritare per noi, ma volle pur essere
    la causa esemplare, il modello vivente della nostra vita
    soprannaturale.

    Gran bisogno noi avevamo d'un modello di questo genere; perche`, per
    coltivare una vita che e` una partecipazione della vita stessa di Dio,
    dobbiamo avvicinarci quanto piu` e` possibile alla vita divina. Ora,
    osserva S. Agostino, gli uomini che avevamo sotto gli occhi erano cosi`
    imperfetti da non poterci servire da modelli, e Dio, che e` la santita`
    stessa, sembrava troppo distante. E allora l'eterno Figlio di Dio,
    viva sua immagine, si fa uomo e ci mostra coi suoi esempi come si puo`
    sulla terra avvicinarsi alla perfezione divina. Figlio di Dio e figlio
    dell'uomo, visse una vita veramente deiforme e pote` dire, "qui videt
    me, videt et Patrem" 136-1, chi vede me, vede anche il Padre mio.
    Avendo manifestato nelle sue azioni la santita` divina, pote` proporci
    come possibile l'imitazione delle divine perfezioni: "Estote igitur
    perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est" 136-2.
    Ecco perche` il Padre ce lo propone come modello: nel battesimo e nella
    trasfigurazione, apparendo ai discepoli dice loro parlando del Figlio:
    "Hic est filius meus in quo mihi bene complacui" 136-3: ecco il
    mio Figlio nel quale mi sono compiaciuto. Se trova in lui tutte le sue
    compiacenze, ei vuole dunque che noi l'imitiamo. Anche Nostro Signore
    ci dice con tutta sicurezza: "Ego sum via... nemo venit ad Patrem nisi
    per me... Discite a me quia mitis sum et humilis corde... Exemplum
    enim dedi vobis ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos
    faciatis" 136-4. E che cos'e` in sostanza il Vangelo se non il
    racconto della vita, della passione e morte e risurrezione di Nostro
    Signore, onde proporlo alla nostra imitazione? "caepit facere et
    docere" 136-5. Che cos'e` il cristianesimo se non l'imitazione di
    Gesu` Cristo? tanto che S. Paolo compendiera` tutti i doveri cristiani
    in quello d'imitare Nostro Signore: "Imitatores mei estote sicut et
    ego Christi" 136-6. Vediamo dunque quali sono le qualita` di
    questo modello.

    137. a) Gesu` e` un modello perfetto; anche per confessione di coloro
    che non credono alla sua divinita`, egli e` il tipo piu` compito di virtu`
    che sia mai comparso sulla terra. Pratico` le virtu` in grado eroico e
    con le disposizioni interne piu` perfette: religione verso Dio, amore
    del prossimo, annientamento di se` stesso, orrore del peccato e di cio`
    che puo` condurvi 137-1. Eppure e` un modello imitabile ed
    universale, pieno d'attrattiva, i cui esempi sono pieni d'efficacia.

    138. b) E` un modello che tutti possono imitare; perche` volle
    assumere le nostre miserie e le nostre debolezze, subire persino la
    tentazione, esserci simile in tutto fuori del peccato: "Non enim
    habemus Pontificem qui non possit compati infirmitatibus nostris;
    tentatum autem per omnia pro similitudine absque peccato" 138-1.
    Per trent'anni ei visse la vita piu` nascosta, piu` oscura, piu` comune,
    obbedendo a Maria e a Giuseppe, lavorando come garzone ed operaio,
    "fabri filius" 138-2; e percio` divenne il modello perfetto della
    maggior parte degli uomini, che non hanno se non doveri oscuri da
    compiere e che devono santificarsi in mezzo alle occupazioni piu`
    comuni. Ma visse pure la vita pubblica e pratico` l'apostolato sia in
    un gruppo scelto, formando gli Apostoli; sia tra la folla,
    evangelizzando il popolo; e quindi dovette soffrire la fatica e la
    fame; godette l'amicizia di alcuni come ebbe a sopportare
    l'ingratitudine di altri; provo` trionfi e sconfitte; passo` insomma per
    le peripezie di ogni uomo che ha relazioni con gli amici e col
    pubblico. La sua vita sofferente ci diede l'esempio della pazienza piu`
    eroica in mezzo alle torture fisiche e morali che ei tollero`, non solo
    senza lamentarsi, ma pregando per i suoi carnefici. Ne` si dica che
    che, essendo Dio, pati` di meno; era anche uomo: dotato di squisita
    sensibilita`, senti` piu` vivamente di noi l'ingratitudine degli uomini,
    l'abbandono degli amici, il tradimento di Giuda; provo` tali sentimenti
    di tedio, di tristezza, di timore, che non pote` tenersi dal pregare
    che l'amaro calice, se fosse possibile, s'allontanasse da lui; e,
    sulla croce, emise quel grido straziante che mostra la profondita`
    delle sue angoscie: "Deus, Deus meus, ut quid dereliquisti
    me?" 138-3 Gesu` fu dunque un modello universale.

    139. c) Si mostra pieno d'attrattiva. Aveva predetto che, quando
    fosse elevato da terra (alludendo al supplizio della croce), avrebbe
    attirato tutto a se`: "Et ego, si exaltatus fuero a terra, omnia traham
    ad meipsum 139-1". La profezia si avvero`. Vedendo cio` che Gesu`
    fece e pati` per loro, i cuori generosi si accesero d'amore pel divin
    Crocifisso e quindi per la sua croce 139-2; non ostante le
    ripugnanze della natura, portano valorosamente le croci interne od
    esterne, sia per meglio rassomigliare al divino Maestro, sia per
    attestargli il loro amore, soffrendo con lui e per lui, sia per avere
    una parte piu` abbondante dei frutti della redenzione e collaborare con
    lui alla santificazione dei fratelli. E` cio` che chiaramente si vede
    nella vita dei santi, i quali corrono dietro la croce con piu` avidita`
    che non i mondano dietro i piaceri.

    140. d) Questa attrattiva e` tanto piu` forte in quanto che egli vi
    aggiunge l'efficacia della sua grazia: essendo le azioni fatte da Gesu`
    prima della morte tutte meritorie, egli ci merito` la grazia di farne
    di simili; quando noi consideriamo la sua umilta`, la sua poverta`, la
    sua mortificazione e le altre sue virtu`, siamo eccitati ad imitarlo
    non solo per la forza persuasiva dei suoi esempi, ma anche per
    l'efficacia delle grazie che ci merito` praticando le virtu` e che in
    quell'occasione ci concede.

    141. Vi sono poi certe particolari azioni di Nostro Signore che
    hanno una maggiore importanza e a cui dobbiamo in modo speciale unirci
    perche` contengono piu` copiose grazie: sono i suoi misteri. Cosi` il
    mistero dell'Incarnazione ci merito` la grazia della rinunzia a noi
    stessi e della unione con Dio, perche` Nostro Signore ci offri` con Lui
    per consacrarci tutti al Padre; il mistero della crocifissione ci
    merito` la grazia di crocifiggere la carne e le sue cupidigie; il
    mistero della morte ci merito` di morire al peccato e alle sue cause,
    ecc. 141-1 La qual cosa, del resto, intenderemo meglio, vedendo
    in che modo Gesu` e` il capo del corpo mistico di cui noi siamo le
    membra.
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    00 15/10/2013 12:37

    III. Gesu` capo del corpo mistico o fonte di vita 142-1.

    142. Questa dottrina si trova gia` sostanzialmente nelle parole di
    Nostro Signore: "Ego sum vitis, vos palmites" 142-2. Io sono la
    vite e voi i tralci. Egli afferma infatti che noi riceviamo la vita da
    lui come i tralci della vite la ricevono dal ceppo a cui sono uniti.
    Questo paragone fa dunque risaltare la comunanza di vita che corre tra
    Nostro Signore e noi; onde e` facile passare all'idea del corpo mistico
    in cui Gesu`, come capo, fa scorrere la vita nelle membra. Chi insiste
    di piu` su questa dottrina cosi` feconda di risultati e` S. Paolo.

    In un corpo sono necessari un capo, un'anima e delle membra. Appunto
    questi tre elementi descriveremo, attenendoci alla dottrina
    dell'Apostolo.

    143. 1^ Il capo esercita nel corpo umano un triplice ufficio:
    ufficio di preminenza, perche` ne e` la parte principale; ufficio di
    centro d'unita`, perche` riunisce e dirige tutte le membra; ufficio
    d'influsso vitale, perche` da lui parte il movimento e la vita. Ora
    appunto questo triplice ufficio esercita Gesu` nella Chiesa e sulle
    anime. a) Ha certamente la preminenza su tutti gli uomini egli che,
    come uomo, e` il primogenito tra tutte le creature, l'oggetto delle
    divine compiacenze, il modello perfetto d'ogni virtu`, la causa
    meritoria della nostra santificazione, egli che, pei suoi meriti,
    venne esaltato su tutte le creature e al cui cospetto deve piegarsi
    ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno.

    b) Gesu` e` nella Chiesa il centro d'unita`. Due cose sono essenziali in
    un organismo perfetto: la varieta` degli organi e delle funzioni che
    compiono e la loro unita` in un comune principio; senza questo doppio
    elemento non si avrebbe che una massa inerte o un aggregato d'esseri
    viventi senza vincolo organico. Ora e` pur sempre Gesu` che, dopo avere
    costituito nella Chiesa la varieta` degli organi con l'istituzione
    della gerarchia, ne rimane centro d'unita`, poiche` e` lui, capo
    invisibile ma reale, che imprime ai capi gerarchici la direzione e il
    movimento.

    c) Gesu` e` pure il principio dell'influsso vitale che anima e vivifica
    tutte le membra. Anche come uomo riceve la pienezza della grazia per
    comunicarcela: "Vidimus cum plenum gratiae et veritatis... de cuius
    plenitudine nos omnes accepimus, et gratiam pro gratia 143-1".
    Non e` infatti causa meritoria di tutte le grazie che riceviamo e che
    ci sono distribuite dallo Spirito Santo? Anche il Concilio di Trento
    afferma senza esitare quest'azione e quest'influsso vitale di Gesu` sui
    giusti: "Cum enim ille ipse Christus Jesus tanquam caput in membra...
    in ipsos iustificatos iugiter virtutum influat 143-2".

    144. 2^ Ad ogni corpo e` necessario non solo un capo ma anche
    un'anima. Ora l'anima del corpo mistico di cui Gesu` e` il capo, e` lo
    Spirito Santo (cioe` la SS. Trinita` indicata con questo nome); e` lui
    infatti che diffonde nelle anime la carita` e la grazia meritate da
    Nostro Signore: "Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per
    Spiritum Sanctum qui datus est nobis 144-1". Ecco perche` e`
    chiamato Spirito vivificante: "Credo in Spiritum... vivificantem".
    Ecco perche` S. Agostino dice che lo Spirito Santo e` per il corpo della
    Chiesa cio` che l'anima e` pel corpo naturale: "Quod est in corpore
    nostro anima, id est Spiritus Sanctus in corpore Christi quod est
    Ecclesia 144-2". Questa espressione, del resto, fu consacrata da
    Leone XIII nella Enciclica sullo Spirito Santo 144-3. -- E` pure
    questo divino Spirito che distribuisce i vari carismi: agli uni il
    discorso della sapienza o la grazia della predicazione, agli altri il
    dono dei miracoli, a questi il dono della profezia, a quelli il dono
    delle lingue, ecc.: "Haec autem omnia operatur unus atque idem
    Spiritus, dividens singulis prout vult 144-4".

    145. Queste due azioni di Cristo e dello Spirito Santo non solo non
    s'intralciano ma si compiono a vicenda. Lo Spirito Santo ci proviene
    da Cristo. Quando Gesu` viveva sulla terra, possedeva nella santa sua
    anima la pienezza dello Spirito; con le sue azioni e principalmente
    coi suoi patimenti e con la sua morte, merito` che questo Spirito ci
    fosse comunicato: e` dunque in grazia sua che lo Spirito Santo viene a
    comunicarci la vita e le virtu` di Cristo e a renderci simili a lui.
    Cosi` si spiega tutto: Gesu`, essendo uomo, puo` egli solo essere il capo
    di un corpo mistico composto di uomini, dovendo il capo e le membra
    essere della stessa natura; ma, come uomo, non puo` da se stesso
    conferire la grazia necessaria alla vita delle membra onde vi
    supplisce lo Spirito Santo compiendo appunto quest'ufficio; ma poiche`
    lo fa in virtu` dei meriti del Salvatore, si puo` ben dire che
    l'influsso vitale parte in sostanza da Gesu` per arrivare alle membra.

    146. 3^ Quali sono dunque i membri di questo corpo mistico? Tutti
    coloro che sono battezzati. Di fatti col battesimo veniamo incorporati
    a Cristo, come dice S. Paolo: "Etenim in uno Spiritu omnes nos in unum
    corpus baptizati sumus 146-1". Ecco perche` aggiunge che fummo
    battezzati in Cristo e che col battesimo ci rivestiamo di
    Cristo 146-2, vale a dire che partecipiamo alle disposizioni
    interne di Cristo: la qual cosa il Decreto per gli Armeni spiega
    dicendo che col battesimo diventiamo membri di Cristo e parte del
    corpo della Chiesa: "per ipsum (baptismum) enim membra Christi ac de
    corpore efficimur Ecclesiae 146-3".

    Ne viene che tutti i battezzati sono membri di Cristo ma in grado
    diverso: i giusti gli sono uniti per mezzo della grazia abituale e di
    tutti i privilegi che l'accompagnano; i peccatori per mezzo della fede
    e della speranza; i beati per mezzo della visione beatifica. Gli
    infedeli poi non sono attualmente membri del suo corpo mistico, ma,
    finche` vivono sulla terra, sono chiamati a divenirlo; i dannati
    soltanto sono esclusi per sempre da questo privilegio.

    147. 4^ Conseguenze di questo domma. -- A) Su questa incorporazione
    a Cristo e` fondata la comunione dei Santi; i giusti che vivono
    quaggiu`, le anime del Purgatorio e i Santi del cielo, fanno tutti
    parte del corpo mistico di Gesu`, tutti ne partecipano la vita, ne
    ricevono l'influsso e devono scambievolmente amarsi e aiutarsi come le
    membra d'uno stesso corpo; perche`, dice S. Paolo, "se un membro
    soffre, tutte le membra soffrono con lui; e se un membro e`
    glorificato, tutte godono con lui: Si quid patitur unum membrum,
    compatiuntur omnia membra; sive gloriatur unum membrum, congaudent
    omnia membra" 147-1.

    148. B) Ecco perche` tutti i cristiani sono fratelli: non vi e` piu`
    ormai ne` Giudeo, ne` Greco, ne` uomo libero ne` schiavo; siamo tutti uno
    solo in Cristo Gesu` 148-1. Siamo dunque tutti solidarii e cio` che
    e` utile ad uno e` utile agli altri, perche`, qualunque sia la diversita`
    dei doni e degli uffici, tutto il corpo s'avvantaggia di cio` che vi e`
    di buono in ciascun membro, come ciascun membro si avvantaggia a sua
    volta dei beni dell'intiero corpo. Con questa dottrina si spiega pure
    perche` Nostro Signore pote` dire: Cio` che fate al piu` piccolo dei miei,
    a me lo fate; il capo infatti si identifica con le membra.

    149. C) Ne viene che, secondo la dottrina di S. Paolo, i cristiani
    sono il compimento di Cristo: Dio infatti "lo diede per capo supremo
    alla Chiesa, che e` il corpo di lui e la pienezza di lui, il quale
    compie tutto in tutti: "Ipsum dedit caput supra omnem Ecclesiam, quae
    est corpus ipsius et plenitudo eius, qui omnia in omnibus
    adimpletur 149-1". Gesu`, infatti, pur essendo perfetto in se`
    stesso, ha bisogno d'un compimento per formare il suo corpo mistico:
    sotto questo aspetto, non basta a se` stesso ma ha bisogno di membra
    per esercitare tutte le funzioni vitali. Onde l'Olier
    conchiude 149-2: "Cediamo le anime nostre allo Spirito di Gesu`
    Cristo perche` egli cresca in noi. Se trova soggetti ben disposti, si
    dilata, s'accresce, s'espande nei loro cuori, li profuma dell'unzione
    spirituale di cui e` egli stesso profumato". E` questo il modo con cui
    possiamo e dobbiamo compiere la Passione del Salvatore Gesu`, soffrendo
    come ha sofferto lui, affinche` questa passione, cosi` compita in se
    stessa, si compia anche nei suoi membri nel corso del tempo e dello
    spazio: "Adimpleo ea quae desunt passionum Christi in carne mea pro
    corpore eius quod est Ecclesia 149-3". Come si vede, non v'e`
    nulla di piu` fecondo di questa dottrina sul corpo mistico di Gesu`.

    CONCLUSIONE: DEVOZIONE AL VERBO INCARNATO 150-1.

    150. Da tutto il fin qui detto sulla parte di Gesu` nella vita
    spirituale risulta che, per coltivare questa vita, dobbiamo vivere in
    unione intima, affettuosa, abituale con lui, o, in altri termini,
    praticare la devozione al Verbo Incarnato: "Qui manet in me et ego in
    eo, hic fert fructum multum; Chi resta in me ed io in lui, produce
    frutti abbondanti 150-2." E` quello che c'inculca la Chiesa,
    ricordandoci verso la fine del Canone della Messa, che per Lui noi
    riceviamo tutti i beni spirituali, per Lui siamo santificati,
    vivificati e benedetti, per Lui, con Lui e in Lui dobbiamo rendere
    ogni onore e ogni gloria a Dio Padre onnipotente, nell'unita` dello
    Spirito Santo 150-3. Ecco un intiero programma di vita
    spirituale: avendo ricevuto tutto da Dio per mezzo di Cristo, per Lui
    dobbiamo pure glorificar Dio, per Lui dobbiamo chiedere nuove grazie,
    con Lui e in Lui dobbiamo fare tutte le nostre azioni.

    151. 1^ Essendo Gesu` il perfetto adoratore del Padre, o, come dice
    l'Olier, il religioso di Dio, il solo che gli possa offrire omaggi
    infiniti, e` evidente che per rendere i nostri ossequi alla
    SS. Trinita`, non possiamo far di meglio che unirci intimamente a lui
    ogni volta che vogliamo compiere i nostri doveri di religione. Il che
    e` tanto piu` facile in quanto che, essendo Gesu` il capo d'un corpo
    mistico di cui noi siamo le membra, adora il Padre non solo in nome
    suo ma anche in nome di tutti coloro che gli sono incorporati, e mette
    a nostra disposizione gli omaggi che rende a Dio, permettendoci di
    appropriarceli per offrirli alla SS. Trinita`.

    152. 2^ Con Lui e per Lui noi possiamo pure chiedere con la massima
    efficacia nuove grazie; perche` Gesu`, Sommo Sacerdote, prega
    incessantemente per noi, "semper vivens ad interpellandum pro
    nobis" 152-1. Anche quando abbiamo la disgrazia d'offendere Dio,
    egli perora la nostra causa, con tanto maggior eloquenza in quanto
    offre nello stesso tempo il sangue versato per noi: "Si quis
    peccaverit, advocatum habemus apud Patrem Jesum Christum iustum, et
    ipse est propitiatio pro peccatis nostris" 152-2. Inoltre da` alle
    nostre preghiere tal valore che, se noi preghiamo in suo nome, cioe`
    appoggiandoci sugli infiniti suoi meriti, siamo sempre sicuri d'essere
    esauditi: "Amen, amen, dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine
    meo, dabit vobis" 152-3. Infatti il valore dei suoi meriti viene
    comunicato ai suoi membri, e Dio non puo` rifiutar nulla a suo Figlio:
    "exauditus est pro sua reverentia" 152-4.

    153. Bisogna in ultimo fare tutte le nostre azioni in unione con
    Lui, avendo abitualmente, secondo una bella espressione
    dell'Olier, 153-1 Gesu` davanti agli occhi, nel cuore e nelle
    mani: davanti agli occhi, vale a dire considerandolo come modello che
    dobbiamo imitare e chiedendoci, come S. Vincenzo De Paoli: Che cosa
    farebbe Gesu` se fosse al mio posto? Nel cuore, attirando in noi le sue
    interne disposizioni, la sua purita` d'intenzione, il suo fervore, per
    fare le nostre azioni secondo il suo spirito; nelle mani, eseguendo
    con generosita`, energia e costanza le buone ispirazioni che ci
    suggerisce.

    Allora le nostra vita sara` trasformata e noi vivremo della vita di
    Cristo: "Vivo autem, iam non ego, vivit vero in me Christus: vivo, non
    piu` io, ma vive in me Cristo" 153-2.
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    00 15/10/2013 12:37

    sez. III. Della parte della SS. Vergine, dei Santi e degli Angeli nella
    vita cristiana.

    154. Non vi e` certamente che un Dio solo e un solo Mediatore
    necessario, Gesu` Cristo: "Unus enim Deus, unus et mediator Dei et
    hominum homo Christus Jesus" 154-1. Ma piacque alla Sapienza e
    alla Bonta` divina di darci dei protettori, degli intercessori e dei
    modelli che siano o che almeno sembrino piu` vicini a noi; e sono i
    Santi, i quali, avendo ricopiato in se stessi le perfezioni divine e
    le virtu` di Nostro Signore, fanno parte del suo corpo mistico e si
    danno pensiero di noi che siamo loro fratelli. Onorandoli, onoriamo in
    loro Dio stesso e un riflesso delle sue perfezioni; invocandoli, a Dio
    in ultima analisi vanno le nostre invocazioni, perche` chiediamo ai
    santi di essere nostri intercessori presso Dio; imitandone le virtu`,
    imitiamo Gesu`, perche` essi non furono santi se non in quella misura
    che imitarono le virtu` del divino modello. Questa devozione ai santi
    non solo non nuoce al culto di Dio e del Verbo Incarnato, ma anzi lo
    conferma e lo compie. Ora poiche` tra i Santi la madre di Gesu` occupa
    un posto a parte, esporremo prima l'ufficio suo e poi quello dei Santi
    e degli Angeli.

    I. Dell'ufficio di Maria nella vita cristiana 155-1.

    155. 1^ Fondamento di quest'ufficio. Quest'ufficio dipende dalla
    stretta unione con Gesu` o in altri termini dal domma della divina
    maternita`, che ha per corollario la sua dignita` e l'ufficio suo di
    madre degli uomini.

    A) Nel giorno dell'Incarnazione Maria divenne madre di Gesu`, madre di
    un Figlio-Dio, madre di Dio. Ora, se teniamo conto del dialogo tra
    l'Angelo e la Vergine, Maria e` madre di Gesu` non solo in quanto e`
    persona privata, ma anche in quanto e` Salvatore e Redentore. "L'Angelo
    non parla soltanto delle grandezze personali di Gesu`; ma del
    Salvatore, dell'atteso Messia, dell'eterno Re dell'umanita` rigenerata
    viene proposto a Maria di diventar Madre... Tutta l'opera redentrice e`
    sospesa al Fiat di Maria e Maria ne ha piena coscienza. Sa cio` che Dio
    le propone e a cio` che Dio le domanda acconsente senza condizioni ne`
    restrizioni; il suo Fiat, risponde all'ampiezza delle proposte divine
    e s'estende a tutta l'opera redentrice 155-2". Maria e` dunque la
    madre del Redentore, e, come tale, associata all'opera sua redentrice;
    nell'ordine della riparazione tiene il posto che tenne Eva nell'ordine
    della nostra spirituale rovina, come con S. Ireneo i Padri fanno
    rilevare.

    Quale madre di Gesu`, Maria avra` le piu` intime relazioni con le tre
    divine persone: sara` la Figlia prediletta del Padre, la sua associata
    nell'opera dell'Incarnazione; la Madre del Figlio, con diritto al suo
    rispetto, al suo amore, e anche, sulla terra, alla sua obbedienza, e
    che, per la parte che prendera` ai suoi misteri, parte secondaria ma
    reale, ne diviene la collaboratrice nell'opera della salvezza degli
    uomini e della loro santificazione; il tempio vivo, il santuario
    privilegiato dello Spirito Santo e, in senso analogico, la Sposa, in
    quanto che con lui e dipendentemente da lui lavorera` a partorire anime
    a Dio.

    156. B) Nel giorno dell'Incarnazione Maria divenne pure madre degli
    uomini. Gesu`, come abbiamo detto (n. 142), e` il capo dell'umanita`
    rigenerata, e` la testa d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra.
    Ora Maria, madre del Salvatore, lo genera tutto intiero e quindi come
    capo dell'umanita` e come testa del corpo mistico. Ne genera quindi
    anche i membri, tutti quelli che sono incorporati con lui, tutti i
    rigenerati o quelli che son chiamati ad esserlo. Cosi`, diventando
    madre di Gesu` secondo la carne, Maria ne diviene nello stesso tempo
    madre dei membri secondo lo spirito. La scena del Calvario non fara`
    che confermare questa verita`; nel momento stesso in cui la nostra
    redenzione sta per ricevere l'ultimo suo compimento con la morte del
    Salvatore, Gesu` dice a Maria mostrandole S. Giovanni e in lui tutti i
    suoi discepoli presenti o futuri: "Ecco tuo Figlio"; e a S. Giovanni:
    "Ecco tua madre"; era questo un dichiarare, secondo una tradizione che
    risale ad Origene, che tutti i rigenerati sono figli spirituali di
    Maria.

    Da questo doppio titolo di madre di Dio e madre degli uomini deriva
    l'ufficio di Maria nella nostra vita spirituale.

    157. 2^ Maria causa meritoria della grazia. Abbiamo visto
    (n. 133) che Gesu` e` causa meritoria principale e in senso proprio
    di tutte le grazie che riceviamo. Maria, sua associata nell'opera
    della nostra santificazione, merito` secondariamente e solo de
    congruo 157-1, con merito di convenienza, tutte queste stesse
    grazie. Non merito` che secondariamente, vale a dire in dipendenza dal
    Figlio e perche` Gesu` le conferi` il potere di meritare per noi.

    Le merito` prima nel giorno dell'Incarnazione, nel momento in cui
    pronunzio` il Fiat. Perche` l'Incarnazione e` la redenzione incominciata;
    quindi cooperare all'Incarnazione e` cooperare alla redenzione e alle
    grazie che ne saranno il frutto e per conseguenza alla nostra salute e
    alla nostra santificazione.

    158. Del resto Maria, la cui volonta` e` in tutto conforme a quella di
    Dio come a quella del Figlio, in tutta la vita s'associa all'opera
    riparatrice. E` Lei che alleva Gesu`, che nutre e prepara per
    l'immolazione la vittima del Calvario; associata alle sue gioie come
    alle sue prove, alle umili sue fatiche nella casa di Nazaret e alle
    sue virtu`, si unira` con generosissima compassione alla passione e alla
    morte del Figlio, ripetendo il Fiat al piede della Croce e
    acconsentendo all'immolazione di colui che amava assai piu` di se`
    stessa, mentre l'amante suo cuore veniva trafitto da dolorosissima
    spada: "tuam ipsius animam gladius pertransibit" 158-1. Quanti
    meriti acquisto` Maria con questa perfetta immolazione!

    E` continuo` ad acquistarne nel lungo martirio sostenuto dopo il ritorno
    del Figlio al cielo: priva della presenza di Colui che formava la sua
    felicita`, sospirando ardentemente il momento d'essergli unita per
    sempre e accettando amorosamente quella prova per fare la volonta` di
    Dio e contribuire a edificare la Chiesa nascente, Maria accumula per
    noi meriti innumerevoli. I suoi sono tanto piu` meritori in quanto che
    sono fatti con la piu` perfetta purita` d'intenzione "Magnificat anima
    mea Dominum", con fervore intensissimo compiendo in tutta la sua
    interezza la volonta` di Dio "Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum
    verbum tuum", e in unione strettissima con Gesu`, sorgente di ogni
    merito.

    E` vero che questi meriti erano anzitutto per lei stessa e ne
    aumentavano il capitale di grazia e i diritti alla gloria; ma, in
    virtu` della parte che prendeva all'opera redentrice, meritava pure de
    congruo per tutti; ed essendo per se` piena di grazia, lascia che
    questa grazia ridondi su noi, secondo la parola di
    S. Bernardo 158-2: "Plena sibi, nobis superplena et
    supereffluens".

    159. 3^ Maria causa esemplare. Dopo Gesu`, Maria e` il piu` bel modello
    che si possa da noi imitare; lo Spirito Santo che, in virtu` dei meriti
    del suo Figlio, viveva in lei ne fece una copia vivente delle virtu` di
    questo Figlio: "Haec est imago Christi perfectissima, quam ad vivum
    depinxit Spiritus Sanctus". Mai ella commise la minima colpa o la
    minima resistenza alla grazie, adempiendo alla lettera il fiat mihi
    secundum verbum tuum. Percio` i Padri, specialmente S. Ambrogio e il
    Papa S. Liberio, la presentano come modello perfetto di tutte le
    virtu`, "caritatevole e premurosa verso tutte le compagne, sempre
    pronta a rendere servizio, nulla dicendo o facendo che potesse causar
    la minima pena, piena d'amore per tutte e da tutte
    riamata" 159-1.

    Ci basti rammentare le virtu` additate nello stesso Vangelo:
    * 1) la fede profonda che le fa credere senza esitazione alcuna le
    meraviglie che l'Angelo le annunzia da parte di Dio, fede di cui
    Elisabetta, ispirata dallo Spirito Santo, si congratula con lei,
    "Beata te che credesti! Beata quae credidisti, quoniam perficientur
    ea quae dicta sunt tibi a Domino" 159-2;
    * 2) la verginita` che appare nella risposta data all'Angelo:
    "Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco"? onde si vede la
    ferma volonta` di rimanere vergine, quand'anche occorresse per
    questo di sacrificare la dignita` di madre del Messia;
    * 3) l'umilta` che risplende nel turbamento sorto in lei per gli
    elogi dell'Angelo, nella dichiarazione di essere sempre la serva
    del Signore nel momento stesso in cui e` proclamata madre di Dio,
    in quel Magnificat anima mea Dominum che venne chiamato l'estasi
    della umilta`, nell'amore che dimostra alla vita nascosta mentre
    come madre di Dio aveva diritto a tutti gli onori;
    * 4) nell'interno raccoglimento, che le fa raccogliere e
    silenziosamente meditare tutto cio` che si riferiva al divino suo
    Figlio: "Conservabat omnia verba haec conferens in corde suo";
    * 5) l'amore per Dio e per gli uomini, che le fa generosamente
    accettare tutte le prove d'una lunga vita e principalmente
    l'immolazione del Figlio sul Calvario e la lunga separazione da
    questo Figlio prediletto che va dall'Ascensione al momento della
    morte.

    160. Questo modello cosi` perfetto e` nello stesso tempo pieno
    d'attrattiva: Maria e` una semplice creatura come noi, e` una sorella, e`
    una madre che ci sentiamo tratti ad imitare, se non altro per
    attestarle la nostra riconoscenza, la nostra venerazione, il nostro
    amore.

    Ed e` del resto modello facile ad essere imitato, nel senso almeno che
    Maria si santifico` nella vita comune, nell'adempimento dei doveri di
    giovinetta e di madre, nelle umili cure della famiglia, nella vita
    nascosta, nelle gioie come nelle tristezze, nell'esaltazione come
    nelle piu` profonde umiliazioni.

    Siamo quindi certi d'essere in via molto sicura quando imitiamo la
    SS. Vergine; e` questo il mezzo migliore d'imitare Gesu` e d'ottenere la
    potente mediazione.

    161. 4^ Maria mediatrice universale di grazia. Sono gia` parecchi
    secoli che S. Bernardo 161-1 formulo` questa dottrina in quel
    notissimo testo: < per Mariam>>. E` bene determinarne il senso 161-2. E` certo che
    Maria ci diede in modo mediato tutte le grazie col darci Gesu` autore e
    causa meritoria della grazia. Ma inoltre, secondo l'insegnamento
    sempre piu` unanime, non vi e` una sola grazia concessa agli uomini che
    non venga immediatamente da Maria, vale a dire senza il suo
    intervento. Si tratta quindi qui` d'una mediazione immediata,
    universale, ma subordinata a quella di Gesu`.

    162. Per maggiormente determinare questa dottrina, diciamo col P. de
    la Broise 162-1 che < che ogni beneficio soprannaturale sia concesso al mondo col concorso
    di tre volonta` e che non se ne conceda mai altrimenti. Anzitutto la
    volonta` di Dio che conferisce tutte le grazie; poi la volonta` di
    Nostro Signore, mediatore che le merita e le ottiene in tutta
    giustizia di per se` stesso; infine la volonta` di Maria, mediatrice
    secondaria, che le merita e le ottiene in tutta convenienza per mezzo
    di Nostro Signore>>. Questa mediazione e` immediata, nel senso che per
    ogni grazia concessa da Dio Maria interviene con i suoi meriti passati
    o con le sue preghiere presenti; il che pero` non inchiude
    necessariamente che la persona che riceve queste grazie debba pregare
    Maria, potendo Maria intervenire anche senza esserne pregata.
    E` universale, estendendosi a tutte le grazie concesse agli uomini dopo
    la caduta di Adamo. Ma resta subordinata alla mediazione di Gesu`, nel
    senso che Maria non puo` meritare od ottenere grazie se non per mezzo
    del suo divin Figlio; e cosi` la mediazione di Maria serve a far sempre
    meglio spiccare il valore e la fecondita` della mediazione di Gesu`.

    Questa dottrina venne teste` confermata dall'ufficio e dalla messa
    propri in onore di Maria mediatrice concessi dal Papa Benedetto XV
    alle chiese del Belgio e a tutte quelle che ne faranno
    domanda 162-2. E` quindi una dottrina sicura di cui possiamo in
    pratica giovarci, valendo ad ispirarci grande confidenza in Maria.
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    00 15/10/2013 12:38

    CONCLUSIONE: DEVOZIONE ALLA SS. VERGINE.

    163. Avendo Maria una parte cosi` importante nella nella nostra vita
    spirituale, dobbiamo avere verso di lei una grande devozione. Questa
    parola significa dedizione e dedizione e` dono di se`. Saremo quindi
    devoti di Maria se ci diamo intieramente a lei e, per lei, a Dio. In
    cio` non faremo che imitare Dio stesso che da` se` e suo Figlio a noi per
    mezzo di Maria. Le daremo la intelligenza con la venerazione piu`
    profonda, la volonta` con una confidenza assoluta, il cuore col piu`
    filiale amore, tutto il nostro essere con l'imitazione piu` perfetta
    possibile delle sue virtu`.

    164. A) Venerazione profonda. Questa venerazione si fonda sulla
    dignita` di Madre di Dio e sulle conseguenze che ne derivano. Non
    potremo infatti stimare mai troppo colei che il Verbo Incarnato
    riverisce come madre, che il Padre amorosamente contempla come figlia
    prediletta e che lo Spirito Santo riguarda come tempio di
    predilezione. Il Padre la tratta col piu` grande rispetto, inviandole
    un Angelo che la saluta piena di grazia e le chiede il consenso
    all'opera dell'Incarnazione, in cui se la vuole cosi` intimamente
    associare; il Figlio la venera e l'ama come madre e le ubbidisce; lo
    Spirito Santo viene in lei e vi prende le sue compiacenze. Venerando
    Maria, non facciamo quindi altro che associarci alle tre divine
    persone e stimare cio` che esse stimano.

    E` vero che bisogna badare a evitare gli eccessi, specialmente tutto
    cio` che tenderebbe ad uguagliarla a Dio e farne la sorgente della
    grazia. Ma finche` la consideriamo come creatura, che non ha di
    grandezza, di santita` e di potenza se non quel tanto che Dio le
    conferisce, non vi sono eccessi da temere: in lei veneriamo Dio.

    Questa venerazione dev'essere maggiore di quella che abbiamo per gli
    Angeli e per i Santi, appunto perche` per la dignita` di madre di Dio,
    per l'ufficio di mediatrice, per la santita` supera tutte le creature.
    Ecco perche` il suo culto, pur essendo culto di dulia e non di latria,
    viene a ragione detto culto d'iperdulia, essendo superiore a quello
    che si rende agli Angeli ed ai Santi.

    165. B) Confidenza assoluta, che e` fondata sulla potenza e sulla
    bonta` di Maria. a) Questa potenza viene non da lei ma dal suo potere
    d'intercessione, non volendo Dio rifiutar nulla di legittimo a colei
    che venera ed ama piu` di tutte le creature. Ed e` cosa pienamente equa;
    avendo infatti Maria somministrato a Gesu` quell'umanita` con cui pote`
    meritare, e avendo coi suoi atti e coi suoi patimenti collaborato con
    lui all'opera redentrice, e` pur conveniente che abbia parte nella
    distribuzione dei frutti della redenzione; nulla quindi di legittimo
    ei potra` rifiutare alle sue domande, e cosi` potra` dirsi che Maria e`
    onnipotente con le sue suppliche, omnipotentia supplex. b) Quanto alla
    bonta`, e` quella d'una madre che riversa su noi, membri di Gesu` Cristo,
    l'affetto che porta al Figlio; d'una madre che, avendoci partoriti nel
    dolore, tra le angoscie del Calvario, ha tanto maggior amore per noi
    quanto piu` le siamo costati.

    La nostra confidenza in lei sara` quindi incrollabile ed universale.

    1) Incrollabile non ostante le nostre miserie e le nostre colpe; e`
    infatti madre di misericordia, mater misericordiae, che non ha da
    occuparsi di giustizia, ma che fu scelta per esercitare anzitutto la
    compassione, la bonta`, la condiscendenza: sapendo che siamo esposti
    agli assalti della concupiscenza, del mondo e del demonio, ha pieta` di
    noi che non cessiamo d'essere suoi figli anche quando cadiamo in
    peccato. Appena quindi manifestiamo la minima buona volonta`, il
    desiderio di tornare a Dio, ella ci accoglie con bonta`; anzi spesso e`
    lei che, prevenendo questi movimenti, ci ottiene le grazie che ce li
    eccitano nell'anima. La Chiesa ha cosi` bene inteso questa verita`, che
    per alcune diocesi istitui` una festa sotto un titolo che a prima vista
    pare un poco strano ma che in fondo e` perfettamente giustificato, la
    festa del Cuore immacolato di Maria rifugio dei peccatori; appunto
    perche` e` immacolata e non commise mai la minima colpa, tanto maggior
    compassione sente pei poveri suoi figli che non hanno come lei il
    privilegio dell'esenzione della concupiscenza.

    2) Universale, vale a dire che s'estende a tutte le grazie di cui
    abbiamo bisogno, grazie di conversione, di progresso spirituale, di
    perseveranza finale, grazie di preservazione in mezzo ai pericoli,
    alle angosce, alle piu` gravi difficolta` che possano presentarsi. Una
    tal confidenza raccomanda instantemente San Bernardo 165-1: "Se
    sorgono le tempeste delle tentazioni, se ti trovi in mezzo agli scogli
    delle tribolazioni, leva lo sguardo alla stella del mare, invoca Maria
    in tuo soccorso; se sei sbattuto dai flutti della superbia,
    dell'ambizione, della maldicenza, della gelosia, guarda la stella,
    invoca Maria. Se l'ira, l'avarizia, i diletti del senso ti agitano la
    navicella dell'anima, guarda Maria. Se turbato dell'enormita` dei tuoi
    delitti, confuso dello stato miserando della tua coscienza, compreso
    d'orrore al pensiero del giudizio, ti senti affondare nell'abisso
    della tristezza e della disperazione, pensa a Maria. In mezzo ai
    pericoli, alle angoscie, alle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria.
    La sua invocazione, il suo pensiero non abbandonino mai ne` il tuo
    cuore ne` il tuo labbro, e, per ottenere piu` sicuramente l'aiuto delle
    sue preghiere, non trascurare d'imitarne gli esempi. Seguendola non ti
    puoi smarrire, supplicandola non ti puoi disperare, pensando a lei non
    puoi traviare. Se ella ti tiene per mano, non puoi cadere; sotto la
    sua protezione non hai nulla da temere; sotto la sua guida, nessuna
    stanchezza, e col suo favore si arriva sicuramente al termine". Avendo
    noi costantemente bisogno di grazie per vincere i nostri nemici e
    progredire, dobbiamo rivolgerci spesso a colei che a cosi` buon diritto
    viene detta la Madonna del perpetuo soccorso.

    166. C) Alla confidenza aggiungeremo l'amore, amore filiale, pieno
    di candore, di semplicita`, di tenerezza e di generosita`. Maria e`
    certamente la piu` amabile delle madri, perche`, avendola Dio destinata
    a madre del suo figlio, le diede tutte le qualita` che rendono amabile
    una persona, la delicatezza, la finezza, la bonta`, l'abnegazione d'una
    madre. E` la piu` amante, perche` il suo cuore fu creato espressamente
    per amare un Figlio-Dio e amarlo quanto piu` perfettamente fosse
    possibile. Ora l'amore che aveva per il Figlio, Maria lo riversa su
    noi che siamo i membri viventi di questo Figlio divino, la sua
    estensione e il suo complemento. Quest'amore risplende pure nel
    mistero della Visitazione, in cui Maria s'affretta di portare alla
    cugina Elisabetta quel Gesu` che ricevette nel seno e che con la sola
    sua presenza santifica tutta la casa; nelle nozze di Cana in cui,
    attenta a tutto cio` che succede, interviene presso il Figlio, per
    risparmiare ai giovani sposi una penosa umiliazione; sul Calvario, ove
    consente a sacrificare per la nostra salute cio` che ha di piu` caro;
    nel Cenacolo, ove esercita il potere d'intercessione per ottenere agli
    Apostoli maggior copia dei doni dello Spirito Santo.

    167. Se Maria e` la piu` amabile e la piu` amante delle madri,
    dev'essere pure la piu` amata. E` questo infatti uno dei suoi privilegi
    piu` gloriosi: dovunque Gesu` e` conosciuto ed amato, lo e` anche Maria;
    non si separa la madre dal Figlio e, pur tenendo conto della
    differenza che passa tra l'uno e l'altra, sono entrambi circondati
    dello stesso affetto benche` in grado diverso: al Figlio si rende
    l'amore che e` dovuto a Dio, a Maria quello che e` dovuto alla madre
    d'un Dio, amor tenero, generoso, devoto ma subordinato all'amor di
    Dio.

    E` amore di compiacenza, che gioisce delle grandezze, delle virtu` e dei
    privilegi di Maria, riandandoli spesso nella mente, ammirandoli,
    compiacendosene e congratulandosi con lei che sia cosi` perfetta. Ma e`
    pure amore di benevolenza, che brama sinceramente che il nome di Maria
    sia meglio conosciuto e meglio amato, che prega perche` se ne allarghi
    l'influsso sulle anime e che alla preghiera aggiunge la parola e
    l'azione. E` amore filiale, pieno d'abbandono e di semplicita`, di
    tenerezza e di premura, che va sino a quella rispettosa intimita` che
    una madre permette al figlio. E` finalmente e principalmente amore di
    conformita`, che si sforza di conformare in ogni cosa la propria
    volonta` a quella di Maria e quindi a quella di Dio, essendo l'unione
    delle volonta` il segno piu` autentico dell'amicizia. Il che conduce
    all'imitazione della SS. Vergine.

    168. D) L'imitazione e` infatti l'omaggio piu` delicato che le si
    possa rendere; e` un proclamare non solo a parole ma a fatti che e` un
    modello perfetto che siamo lieti d'imitare. Abbiamo gia` detto
    (n. 159) come Maria, essendo un ritratto vivente di suo Figlio,
    ci da` l'esempio di tutte le virtu`. Accostarci a lei e` accostarci a
    Gesu`; non possiamo quindi far di meglio che studiarne le virtu`,
    meditarle spesso, sforzarci di imitarle.

    Per riuscirvi, non possiamo far di meglio che compiere tutte ed ognuna
    delle nostre azioni per Maria, con Maria e in Maria; per ipsam, et cum
    ipsa et in ipsa 168-1. Per Maria, cioe` domandando per mezzo suo
    le grazie che ci occorrono ad imitarla, passando per lei per andare a
    Gesu`, ad Jesum per Mariam.

    Con Maria cioe` considerandola come modello e collaboratrice,
    chiedendoci spesso: Che cosa farebbe Maria se fosse al mio posto? e
    umilmente pregandola di aiutarci a conformare le nostre azioni ai suoi
    desideri.

    In Maria, in dipendenza da questa buona Madre, assecondandone i
    pensieri, e le intenzioni, e facendo, come lei, le nostre azioni per
    glorificar Dio: Magnificat anima mea Dominum.

    169. Reciteremo con questo spirito le preghiere in onore di Maria:
    l'Ave Maria e l'Angelus che le ricordano la scena dell'Annunziazione e
    il titolo di Madre di Dio; il Sub tuum praesidium, che e` l'atto di
    confidenza in colei che ci protegge in mezzo a tutti i pericoli;
    l'O Domina mea, l'atto d'intiero abbandono nelle sue mani, con cui le
    affidiamo la nostra persona, le opere nostre, i nostri meriti; e
    specialmente la Corona o il Rosario che, unendoci ai suoi misteri
    gaudiosi, dolorosi e gloriosi, ci fa santificare con lei e con Gesu` le
    nostre gioie, le nostre tristezze e le nostre glorie. Il Piccolo
    Ufficio della SS. Vergine e`, per le persone che lo possono recitare,
    il riscontro del Breviario, che rammenta loro piu` volte al giorno le
    grandezze, la santita` e l'ufficio santificatore di questa Buona Madre.
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    00 15/10/2013 12:39


    ATTO DI CONSACRAZIONE TOTALE A MARIA 170-1.

    170. Natura ed estensione di quest'atto. E` un atto di divozione che
    contiene tutti gli altri. Quale e` esposto dal B. Grignion di Montfort,
    consiste nel darsi interamente a Gesu` per mezzo di Maria e abbraccia
    due elementi: un atto di consacrazione che si rinnova ogni tanto, e
    uno stato abituale che ci fa vivere ed operare sotto la dipendenza di
    Maria. L'atto di consacrazione, dice il B. Grignion, "consiste nel
    darsi intieramente, come schiavo, a Maria e per suo mezzo a Gesu`".
    Nessuno si scandalizzi di questa parola schiavo, a cui bisogna
    togliere ogni senso peggiorativo, vale a dire ogni idea di
    costrizione: non solo quest'atto non inchiude costrizione alcuna ma e`
    l'espressione del piu` puro amore; se ne conservi quindi il solo
    elemento positivo quale e` spiegato dal Beato: Un semplice servo riceve
    salario, resta libero di lasciare il padrone e non da` che il suo
    lavoro ma non la sua persona, i suoi diritti personali, i suoi beni;
    uno schiavo invece acconsente liberamente a lavorare senza stipendio,
    fiducioso nel padrone che gli da` vitto e vestito, e si da` per sempre,
    con tutte le sue energie, la sua persona, i suoi diritti, per vivere
    in piena dipendenza da lui.

    171. Facendone applicazione alle cose spirituali, il perfetto servo
    di Maria da` a lei e per suo mezzo a Gesu`:

    a) Il corpo, con tutti i suoi sensi, non conservandone che l'uso, e
    obbligandosi a non servirsene che secondo il beneplacito della
    SS. Vergine o del suo Figlio; e accetta anticipatamente tutte le
    disposizioni della Provvidenza riguardanti la salute, la malattia, la
    vita e la morte.

    b) Tutti i beni di fortuna, non usandone che sotto la sua dipendenza
    per la gloria sua e per quella di Dio.

    c) L'anima con tutte le sue facolta`, consacrandole al servizio di Dio
    e delle anime, sotto la guida di Maria, e rinunziando a tutto cio` che
    puo` compromettere la nostra salvezza e santificazione.

    d) Tutti i beni interiori e spirituali, i meriti, le sodisfazioni e il
    valore impetratorio delle buone opere, in quella misura in cui questi
    beni sono alienabili. Spieghiamo questo ultimo punto:

    1) I meriti propriamente detti (de condigno) per mezzo dei quali
    meritiamo per noi un aumento di grazia e di gloria, sono inalienabili;
    se quindi li diamo a Maria, e` perche` li conservi e li aumenti, non
    perche` li applichi altrui. Quanto ai meriti di semplice convenienza
    (de congruo), potendo questi essere offerti per gli altri, ne lasciamo
    la libera disposizioni a Maria.

    2) Il valore sodisfattorio dei nostri atti, comprese le indulgenze, e`
    alienabile, e ne lasciamo l'applicazione alla SS. Vergine 171-1.

    3) Il valore impetratorio, vale a dire le nostre preghiere e le nostre
    opere buone in quanto godono di tal valore, possono esserle
    abbandonate e in fatto lo sono con quest'atto di consacrazione.

    172. Una volta dunque fatto quest'atto non si puo` piu` disporre di
    questi beni senza il permesso della SS. Vergine; possiamo pero` e
    talora dobbiamo pregarla che si degni, in quella misura che le
    piacera`, disporne a favore delle persone verso le quali abbiamo
    speciali obbligazioni. Il mezzo di conciliar tutto e` d'offrirle nello
    stesso tempo non solo la nostra persona e i nostri beni, ma anche
    tutte le persone che ci sono care "Tuus totus sum, omnia mea tua sunt,
    et omnes mei tui sunt"; cosi` la SS. Vergine attingera` dai nostri beni
    e specialmente dai tesori suoi e da quelli di suo Figlio per venire in
    aiuto di queste persone; ed esse non vi perderanno nulla.

    173. Eccellenza di quest'atto. E` un atto di santo abbandono, ottimo
    gia` per questo verso, ma che inoltre contiene gli atti delle piu` belle
    virtu`.

    1) Un atto di religione profonda verso Dio, verso Gesu` e verso Maria:
    con cio` infatti riconosciamo il sovrano dominio di Dio e il nostro
    nulla, e proclamiamo di gran cuore i diritti che Dio diede a Maria su
    noi.

    2) Un atto di umilta`, con cui riconoscendo il nostro nulla e la nostra
    impotenza, ci priviamo del possesso di tutto cio` che il Signore ci
    diede, restituendoglielo per le mani di Maria, da cui, dopo Lui e per
    Lui, abbiamo ricevuto ogni cosa.

    3) Un atto d'amore confidente, perche` l'amore e` il dono di se`, e per
    donarsi occorre una confidenza perfetta, una fede viva.

    Si puo` dunque dire che quest'atto di consacrazione, se e` ben fatto,
    spesso rinnovato di cuore e messo in pratica, e` piu` eccellente ancora
    dell'atto eroico, con cui non si rinunzia che il valore sodisfattorio
    dei propri atti e le indulgenze che si guadagnano.

    174. Frutti di questa devozione. Derivano dalla sua natura. 1) Con
    essa glorifichiamo Dio e Maria nel modo piu` perfetto, perche` gli diamo
    tutto cio` che siamo e tutto cio` che abbiamo senza riserva e per
    sempre; e cio` nel modo a Lui piu` gradito, seguendo l'ordine stabilito
    dalla sua sapienza, ritornando a Lui per la via da Lui tenuta per
    venire a noi.

    175. 2) Assicuriamo pure in questo modo la nostra santificazione.
    Maria infatti, vedendo che cediamo a lei la nostra persona e i nostri
    beni, si sente vivamente mossa ad aiutare a santificarsi coloro che
    sono, per cosi` dire, sua proprieta`. Ci otterra` quindi copiosissime
    grazie, che aumenteranno i nostri piccoli tesori spirituali che sono
    suoi, ce li conserveranno e ce li faranno fruttificare sino al punto
    della morte. Porra` per questo in opera l'autorita` del suo credito sul
    cuore di Dio e la sovrabbondanza dei suoi meriti e delle sue
    sodisfazioni.

    3) Finalmente anche la santificazione del prossimo, e specialmente
    delle anime a noi affidate, verra` a guadagnarci; lasciando che Maria
    distribuisca i nostri meriti e le nostre sodisfazioni secondo il suo
    beneplacito, sappiamo che tutto sara` applicato nel modo piu` sapiente,
    perche` e` piu` prudente, piu` previdente, piu` premurosa di noi; i nostri
    parenti ed amici non potranno quindi che guadagnarci.

    176. Si potra`, e` vero, obiettare che a questo modo noi alieniamo
    tutto il nostro patrimonio spirituale, specialmente le nostre
    sodisfazioni, le indulgenze e i suffragi che si potessero offrire per
    noi, e che cosi` potrebbe accadere che restassimo poi i lunghi anni in
    purgatorio. Per se` questo e` vero, ma si tratta di confidenza: abbiamo,
    si o no, piu` confidenza in Maria che in noi stessi e nei nostri amici?
    Se si`, non temiamo nulla; sapra` ella prendersi cura dell'anima nostra
    e dei nostri interessi meglio che non potremmo far noi; se no, e`
    meglio che non facciamo quest'atto di consacrazione totale di cui piu`
    tardi potremmo pentirci.

    In ogni caso non deve farsi che dopo matura riflessione e d'accordo
    col proprio direttore.
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    Coordin.
    00 15/10/2013 12:39

    II. Della parte dei Santi nella vita cristiana.

    177. I Santi, che possedono Dio nel cielo, si prendono cura della
    nostra santificazione e ci aiutano a progredire nella pratica delle
    virtu` con la loro potente intercessione e coi nobili esempi che ci
    lasciarono, dobbiamo quindi venerarli; sono potenti intercessori,
    dobbiamo quindi invocarli; sono i nostri modelli, dobbiamo quindi
    imitarli.

    178. 1^ Dobbiamo venerarli e con cio` veneriamo in loro lo stesso Dio
    e lo stesso Gesu` Cristo. Infatti quanto in loro e` di buono e` opera di
    Dio e del suo divin Figlio. Il loro essere naturale non e` che un
    riflesso delle divine perfezioni; le loro doti soprannaturali sono
    l'opera della grazia divina meritata da Gesu` Cristo, compresi gli atti
    meritori, che, pur essendo un bene loro nel senso che col libero
    consenso vi hanno collaborato con Dio, sono anche e principalmente
    dono di Colui che ne resta causa prima ed efficace: "coronando merita
    nostra coronas et dona tua".

    Onoriamo quindi nei Santi: a) i santuari viventi della SS. Trinita`,
    che si degno` di abitare in loro, di ornarne l'anima colle virtu` e coi
    doni, di operare sulle loro facolta` per farne produrre atti meritori,
    e concedere loro la grazia insigne della perseveranza; b) i figli
    adottivi del Padre, da lui singolarmente amati, circondati della sua
    sollecitudine paterna, a cui seppero corrispondere avvicinandosi a
    poco a poco alla sua santita` e alle sue perfezioni; c) i fratello di
    Gesu` Cristo, suoi membri fedeli, che, incorporati al suo corpo
    mistico, ricevettero da lui la vita spirituale e la coltivarono con
    amore e costanza; d) i tempii e i docili strumenti dello Spirito
    Santo, che da lui si lasciarono guidare e dalle sue ispirazioni
    anziche` seguir ciecamente le tendenze della guasta natura.

    Tali sono i pensieri espressi molto bene dal Sig. Olier 178-1:
    "Potrete adorare con profonda venerazione questa vita di Dio diffusa
    in tutti i Santi; onorerete Gesu` Cristo che li anima tutti e tutti li
    perfeziona col divino suo Spirito per non farne che una cosa sola in
    lui..... Gesu` e` in tutti il cantore delle divine lodi; Gesu` mette loro
    in bocca tutti i loro cantici; per Gesu` tutti i Santi lo lodano e lo
    loderanno per tutta l'eternita`".

    179. 2^ Dobbiamo invocarli, per ottenere piu` facilmente, con la
    possente loro intercessione, le grazia di cui abbiamo bisogno. E` vero
    che la sola mediazione necessaria e` quella di Gesu`, che basta
    pienamente in se` stessa; ma appunto perche` membri di Gesu` risuscitato,
    i Santi uniscono le loro preghiere alle sua; e` quindi tutto il corpo
    mistico del Salvatore che prega e che fa dolce violenza al cuore di
    Dio. Pregare coi Santi e` quindi un unire le nostre preghiere a quelle
    dell'intiero corpo mistico ed assicurarne cosi` l'efficacia. I Santi
    del resto sono lieti d'intercedere per noi: "Amano in noi i fratelli
    nati dallo stesso Padre; hanno compassione di noi; rammentando, al
    vedere il nostro stato, quello in cui furono essi stessi, riconoscono
    in noi anime che devono, come loro, contribuire alla gloria di Gesu`
    Cristo. Quale gioia non provano quando possono trovare associati che
    li aiutino a rendere i loro omaggi a Dio e a soddisfarne il desiderio
    di magnificarlo con mille bocche, se l'avessero!" 179-1. La loro
    potenza e la loro bonta` ci devono dunque ispirare piena confidenza.

    E li invocheremo specialmente nel celebrarne le feste; entreremo cosi`
    nella corrente liturgica della Chiesa e parteciperemo alle virtu`
    particolari praticate da questo o quel Santo.

    180. 3^ Dobbiamo infatti imitarne pure e principalmente le virtu`.
    Tutti si studiarono di imitare gli esempi del modello divino e tutti
    ci possono ripetere la parola di S. Paolo: "Siate imitatori miei come
    io di Cristo: Imitatores mei estote sicut et ego Christi" 180-1.
    Essi pero` coltivarono per lo piu` una virtu` speciale che ne e`, a cosi`
    dire, la virtu` caratteristica: gli uni l'integrita` della fede, gli
    altri la confidenza e l'amore, questi lo spirito di sacrifizio,
    l'umilta`, la poverta`; quelli la prudenza, la fortezza, la temperanza,
    la castita`. Chiederemo a ciascuno piu` specialmente la virtu` che ha
    praticato, convinti che ha grazia particolare per ottenercela.

    181. Ecco perche` la nostra devozione si volgera` specialmente a quei
    Santi che vissero nelle stesse nostre condizioni, che occuparono
    uffici simili ai nostri e praticarono la virtu` che ci e` piu`
    necessaria.

    Consideriamo le cose sotto un altro aspetto, avremo pure devozione
    particolare ai nostri santi patroni, vedendo nella scelta che se ne
    fece un'indicazione provvidenziale di cui dobbiamo giovarci.

    Ma, se per ragioni speciali, le attrattive della grazia ci portano
    verso questo o quel Santo le cui virtu` consuonano meglio coi bisogni
    dell'anima nostra, nulla vieta che ci diamo alla loro imitazione,
    consigliandocene prima da un savio direttore.

    182. Cosi` intesa la devozione ai Santi riesce molto utile: gli
    esempi di coloro che ebbero le stesse nostre passioni, che subirono le
    stesse tentazioni, e cio` non ostante, sorretti dalle stesse grazie,
    riportarono vittoria, sono stimolo potente per farci arrossire della
    nostra codardia, prendere energiche risoluzioni e indurci a sforzi
    costanti per metterle in pratica, sopratutto rammentandoci delle
    parole d'Agostino: "Tu non poteris quod isti et istae?" 182-1 Le
    loro preghiere poi compiranno l'opera e ci aiuteranno a batterne le
    orme.

    III. Della parte degli Angeli nella vita cristiana.

    Questo ufficio deriva dalle loro relazioni con Dio e con Gesu` Cristo.

    183. 1^ Gli Angeli rappresentano anzitutto la grandezza e gli
    attributi di Dio: "Ognuno in particolare porge un qualche grado di
    quest'Essere infinito e gli e` specialmente consacrato. Negli uni se ne
    ammira la forza, negli altri l'amore, in altri la fermezza. Ognuno e`
    imitazione d'una bellezza del divino originale; ognuno l'adora e lo
    loda nella perfezione di cui e` l'immagine" 183-1. Dio stesso
    adunque onoriamo nei suoi Angeli: sono "fulgidi specchi, sono pure
    cristalli, sono brillanti spere, che rappresentano le fattezze e le
    perfezioni di questo infinito Tutto" 183-2. Elevati all'ordine
    soprannaturale, partecipano della vita divina, e usciti vittoriosi
    dalla prova, godono della visione beatifica: "Gli angeli di questi
    fanciulli, dice Nostro Signore, vedono costantemente la faccia del
    Padre mio che e` nei cieli: "Angeli eorum in caelis semper vident faciem
    Patris mei qui in caelis est" 183-3.

    184. 2^ Considerando le loro relazioni con Gesu` Cristo, non e` certo,
    e` vero, che ne abbiano ricevuto la grazia, e` pero` certo che in cielo
    si uniscono a questo mediatore di religione per lodare, adorare e
    glorificare la maesta` divina, lieti di poter dare cosi` maggior valore
    alle loro adorazioni: "Per quem maiestatem tuam laudant Angeli,
    adorant Dominationes, tremunt Potestates". Quando dunque ci uniamo a
    Gesu` per adorar Dio, ci uniamo pure agli Angeli e ai Santi, armonioso
    concerto che non puo` che glorificare piu` perfettamente la divinita`.
    Possiamo quindi ripetere col gia` citato autore: "Che tutti i custodi
    dei cieli, tutte queste possenti virtu` che li muovono, suppliscano mai
    sempre, in Gesu` Cristo, alle nostre lodi; vi ringrazino essi per i
    benefici che riceviamo dalla vostra bonta` cosi` nell'ordine di natura
    come in quello della grazia" 184-1.

    185. 3^ Si deduce da queste due considerazioni che gli Angeli,
    essendoci fratelli nell'ordine della grazia, poiche` partecipiamo, come
    loro, alla vita divina e siamo, come loro, in Gesu` Cristo i religiosi
    di Dio, si prendono grande cura della nostra salute, bramosi di averci
    presto in cielo a glorificar Dio e partecipare alla stessa visione
    beatifica. a) Accettano quindi con gioia le missioni che Dio loro
    affida in servizio della nostra santificazione: "Dio, dice il
    Salmista, affido` loro il giusto, perche` lo custodiscano in tutte le
    sue vie: "Angelis suis mandavit da te ut custodiant te in omnibus viis
    tuis" 185-1. -- E San Paolo aggiunge che sono tutti subordinati
    spiriti, mandati in servigio per quelli che hanno da ereditare la
    salute: "Nonne omnes sunt administratorii spiritus, in ministerium
    missi propter eos qui haereditatem capient salutis?" 185-2. Nulla
    infatti tanto bramano quanto radunare eletti per riempire i posti resi
    vacanti dalla caduta degli angeli ribelli, e adoratori per glorificar
    Dio in loro vece. Avendo trionfato dei demoni, altro non chiedono che
    di proteggerci contro questi perfidi nemici; e` quindi specialmente
    opportuno invocarli per vincere le tentazioni diaboliche.

    b) Offrono le nostre preghiere a Dio 185-3: il che significa che
    le avvalorano aggiungendovi le loro suppliche. E` dunque utile per noi
    l'invocarli, principalmente nei momenti difficili e sopratutto in
    punto di morte, perche` ci proteggano contro gli ultimi assalti del
    nemico e portino l'anima nostra in paradiso 185-4.

    186. Gli angeli custodi. Tra gli angeli ve ne sono di quelli
    incaricati di ogni anima in particolare; sono gli Angeli custodi.
    Istituendo una festa in loro onore, la Chiesa consacro` la dottrina
    tradizionale dei Padri, fondata del resto sui testi della Sacra
    Scrittura e appoggiata su buone ragioni. Queste ragioni nascono dalle
    nostre relazioni con Dio: siamo i suoi figli, i membri di Gesu` Cristo
    e i tempii dello Spirito Santo. "Essendo suoi figli, dice
    l'Olier 186-1, ci da per precettori i principi della sua corte,
    che si stimano molto onorati di tal carica, avendo noi l'onore di
    appartenergli cosi` da vicino. Essendo suoi membri, vuole che quegli
    stessi spiriti che servono lui siano sempre al nostro fianco per
    renderci mille buoni servizi. Essendo suoi tempii ed abitando in noi,
    vuole che abbiamo degli angeli che siano pieni di venerazione verso di
    lui, come lo sono nelle nostre chiese; vuole che vi stiano in continuo
    ossequio alla sua grandezza, supplendo a cio` che dovremmo far noi e
    spesso gemendo per le irriverenze che commettiamo verso di lui". Vuole
    pure in questo modo, egli aggiunge, intimamente collegare la Chiesa
    del cielo con quella della terra: "A tal fine fa scendere in terra
    questo misterioso esercito degli Angeli, i quali, unendosi a noi e
    legandoci a loro, ci collocano nel loro ordine, cosi` da non formare
    che un sol corpo della Chiesa del cielo e di quella della terra".

    187. Per mezzo dell'angelo custode siamo dunque in comunicazione
    permanente col cielo, e a trarne maggior profitto, non possiamo far di
    meglio che pensare spesso all'angelo custode, per esprimergli la
    nostra venerazione, la nostra confidenza e il nostro amore: -- a) la
    nostra venerazione, salutandolo come uno di coloro che vedono sempre
    il volto di Dio, che sono per noi i rappresentanti del Padre celeste;
    nulla quindi faremo che possa dispiacergli o contristarlo, ci
    studieremo invece di mostrargli il nostro rispetto, imitandone la
    fedelta` nel servizio di Dio: modo veramente delicato di mostrargli la
    nostra stima; b) la nostra confidenza, rammentandoci la potenza che
    possiede per proteggerci e la bonta` che ha per noi affidati alla sua
    custodia da Dio stesso. Dobbiamo poi invocarlo principalmente nelle
    tentazioni del demonio, perche` e` abituato a sventare le astuzie di
    questo perfido nemico; come pure nelle occasioni pericolose, in cui la
    sua previdenza e la sua destrezza possono venirci molto opportunamente
    in aiuto; e nell'affare della vocazione, in cui puo` conoscere meglio
    di tutti, i disegni di Dio sopra di noi. Inoltre quando abbiamo
    qualche cosa importante da trattare col prossimo, giova rivolgerci
    agli angeli custodi dei nostri fratelli, perche` li dispongano
    all'ufficio che vogliamo compiere presso di loro; c) il nostro amore,
    riflettendo che fu sempre e sempre sara` per noi un ottimo amico, che
    ci ha reso ed e` sempre disposto a renderci ottimi servizi, di cui solo
    in cielo potremo conoscere il valore ma che fin d'ora possiamo
    intravvedere con la fede, il che ci deve bastare per esprimergliene
    riconoscenza ed affetto. Soprattutto quando sentiamo il peso della
    solitudine, possiamo ricordarci che non siamo mai soli, ma che abbiamo
    al fianco un amico affezionato e generoso, con cui possiamo
    familiarmente conversare.

    Non dimentichiamo mai del resto che onorare quest'angelo e` onorare Dio
    stesso, di cui e` il rappresentante sulla terra, e uniamoci qualche
    volta a lui per meglio glorificarlo.
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    00 15/10/2013 12:40

    SINTESI DELLA DOTTRINA ESPOSTA.

    188. Dio ha dunque una parte grandissima nella nostra
    santificazione. Viene egli stesso a risiedere nell'anima nostra per
    darsi a noi e santificarci. Per renderci capaci di elevarci a lui, ci
    da` un intero organismo spirituale: la grazia abituale che, penetrando
    la sostanza stessa dell'anima, la trasforma e la rende deiforme; le
    virtu` e i doni che, perfezionando le facolta`, le abilitano, col
    soccorso della grazia abituale che le mette in moto, a fare atti
    soprannaturali meritori di vita eterna.

    189. Ma questo non basta ancora al suo amore: ci manda l'unico suo
    Figlio, il quale, facendosi uomo come noi, diventa il modello perfetto
    che ci guida nella pratica delle virtu` che conducono alla perfezione e
    al cielo; ci merita la grazia necessaria per calcarne le orma non
    ostante le difficolta` che troviamo dentro e fuori di noi; e che, per
    meglio trarci alla sua sequela c'incorpora a se`, fa passare in noi,
    per mezzo del divino suo Spirito, la vita di cui possiede la pienezza,
    e con questa incorporazione da` alle nostre anche minime azioni un
    immenso valore; queste azioni infatti, unite a quelle di Gesu` nostro
    capo, partecipano al valore delle sue, poiche` in un corpo tutto
    diventa comune tra il capo e le membra. Con lui e per lui possiamo
    quindi glorificar Dio come merita, ottenere nuove grazie e avvicinarci
    cosi` al Padre celeste ricopiandone in noi le divine perfezioni.

    Maria, essendo madre di Gesu` e sua collaboratrice, benche` secondaria,
    nell'opera della Redenzione, prende pur parte alla distribuzione della
    grazie da lui meritateci: per lei andiamo a Lui, per lei chiediamo la
    grazia; la veneriamo e l'amiamo come madre, studiandoci d'imitarne le
    virtu`.

    E poiche` Gesu` non e` soltanto capo nostro ma anche dei Santi e degli
    Angeli, mette a nostro servizio questi potenti ausiliari per
    proteggerci contro gli assalti del demonio e la debolezza della nostra
    natura: i loro esempi e la loro intercessione ci sono di efficacissimo
    aiuto.

    Poteva Dio far di piu` per noi? E s'egli si diede cosi` generosamente a
    noi, che cosa non dobbiamo far noi per corrispondere al suo amore e
    coltivare la partecipazione della vita divina di cui ci ha cosi`
    generosamente gratificati?

    ART. II. LA PARTE DELL'UOMO NELLA VITA CRISTIANA.

    190. E` evidente che se Dio ha fatto tanto per comunicarci una
    partecipazione della sua vita, noi dal canto nostro dobbiamo
    corrispondere a questa preveniente sua bonta`, accettar con
    riconoscenza questa vita, coltivarla e prepararci cosi` a quell'eterna
    beatitudine che sara` il coronamento degli sforzi fatti sulla terra. La
    riconoscenza ce ne fa un dovere, perche` il miglior mezzo di esser
    grati a un beneficio e` utilizzarlo pel fine per cui e` stato concesso.
    Lo vuole il nostro spirituale interesse; perche` Dio ci ricompensera`
    secondo i meriti, e la nostra gloria in paradiso corrispondera` ai
    gradi di grazia che avremo acquistato con le nostre buone opere:
    "Unusquisque autem propriam mercedem accipiet secundum suum
    laborem" 190-1. Sara` invece obbligato a castigar severamente
    coloro che, resistendo volontariamente alle divine sue premure,
    avranno abusato della sua grazia. Perche`, dice l'Apostolo, "la terra
    che beve spesso la pioggia cadente su lei e produce utile erbe a chi
    la coltiva, riceve benedizioni da Dio; ma se non produce che spine e
    triboli, e` riprovata e prossima alla maledizione: "Terra enim saepe
    venientem super se bibens imbrem et generans herbam opportunam illis a
    quibus colitur, accipit benedictionem a Deo; proferens autem spinas ac
    tribulos, reproba est et meledicto proxima" 190-2. E` vero che
    Dio, che ci creo` liberi, rispetta la nostra liberta` e non ci
    santifichera` contro il nostro volere; non cessa pero` di esortarci ad
    utilizzare le grazie che cosi` liberalmente ci concede: "Adjuvantes
    autem exhortamur ne in vacuum gratiam Dei recipiatis" 190-3: Vi
    esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio.

    191. Ora, per corrispondere a questa grazia, dobbiamo anzitutto
    praticare le grandi devozioni esposte nell'articolo precedente:
    devozione alla SS. Trinita`; devozione al Verbo Incarnato, devozione
    alla SS. Vergine, agli Angeli e ai Santi. Vi troveremo infatti
    efficacissimi motivi per darci intieramente a Dio in unione con Gesu`,
    e con la protezione dei nostri potenti intercessori; vi troveremo pure
    modelli di santita` che ci tracceranno la via da seguire, e meglio
    ancora energie soprannaturali che ci aiuteranno ad avvicinarci ogni
    giorno piu` all'ideale di santita` proposto alla nostra imitazione. --
    Si noti pero` che noi abbiamo esposto queste devozioni nel loro ordine
    ontologico o di dignita`; ma che in pratica non e` la devozione alla
    SS. Trinita` quella che si esercita per la prima; si comincia
    ordinariamente con la devozione a Nostro Signore e alla SS. Vergine, e
    solo piu` tardi assorgiamo alla SS. Trinita`.

    192. Ma questo non e` tutto. E` necessario che utilizziamo tutto
    quell'organismo soprannaturale di cui siamo dotati, e che lo
    perfezioniamo non ostante gli ostacoli interni ed esterni che si
    oppongono al suo sviluppo. 1^ Poiche` rimane in noi la triplice
    concupiscenza, che tende incessantemente al male e che e` continuamente
    aizzata dal mondo e dal demonio, il primo passo sara` di energicamente
    combatterla coi suoi potenti ausiliari. 2^ Poiche` quest'organismo
    soprannaturale ci fu dato per produrre atti deiformi, meritorii della
    vita eterna, dobbiamo moltiplicare i nostri meriti. 3^ Ed essendosi la
    divina bonta` degnata d'istituire i sacramenti, che producono in noi la
    grazia secondo la misura della nostra cooperazione, bisogna che li
    frequentiamo con quelle disposizioni migliori che ci sono possibili.
    Cosi` conserveremo in noi la vita della grazia, anzi la faremo crescere
    indefinitamente.

    sez. I. Della lotta contro i nemici spirituali.

    Questi nemici sono la concupiscenza, il mondo e il demonio; la
    concupiscenza, nemico interno che portiamo sempre con noi; il mondo e
    il demonio, nemici esterni, che attizzano il fuoco della
    concupiscenza.
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    00 15/10/2013 12:41

    I. Lotta contro la concupiscenza 193-1.

    S. Giovanni descrisse la concupiscenza in quel celebre testo: "Omne
    quod est in mundo concupiscentia carnis est et concupiscentia oculorum
    et superbia vitae" 193-2.

    1^ LA CONCUPISCENZA DELLA CARNE.

    193. La concupiscenza della carne e` l'amore disordinato dei piaceri
    dei sensi.

    A) Il male. Il piacere non e` cattivo in se` stesso; Dio lo permette
    ordinandolo ad un fine superiore, il bene onesto; se annette il
    piacere a certi atti buoni, lo fa per renderli piu` facili e attirarci
    cosi` all'adempimento del dovere. Gustare moderatamente il piacere
    riferendolo al suo fine che e` il bene morale e soprannaturale, non e`
    male; anzi e` atto buono, perche` tende a fine buono, che in ultima
    analisi e` Dio. Ma volere il piacere indipendentemente da questo fine
    che lo giustifica, volerlo quindi come fine in cui uno si ferma, e` un
    disordine, perche` e` un andare contro l'ordine sapientissimo stabilito
    da Dio. E questo disordine ne trae seco un altro: quando si opera per
    il piacere, si e` esposti ad amarlo con eccesso, perche` non si e` piu`
    guidati dal fine che impone dei limiti a questa smodata sete del
    piacere che tutti ci punge.

    194. Cosi` Dio sapientemente volle che fosse unito un certo piacere
    all'atto del nutrirsi per stimolarci a sostenere le forze del corpo.
    Ma, come dice Bossuet 194-1, "gli uomini ingrati e carnali
    tolsero occasione da questo piacere per attaccarsi al loro corpo,
    anziche` a Dio che ne e` l'autore. Il piacere del mangiare li fa
    schiavi; invece di mangiare per vivere, pare, come gia` diceva un
    antico e dopo di lui S. Agostino, che vivano per mangiare. Quelli
    stessi che sanno regolare i loro desideri e vanno a cibarsi per
    necessita` di natura, ingannati dal piacere e tratti dai suoi
    allettamenti piu` in la` del bisogno, oltrepassano i giusti limiti; si
    lasciano insensibilmente vincere dagli appetiti e non credono mai
    d'avere intieramente soddisfatto al bisogno fin tanto che il bere ed
    il mangiare ne solleticano il gusto". Di qui eccessi nel bere e nel
    mangiare opposti alla temperanza. E che dire poi del piacere anche piu`
    pericolosa della volutta`, "di quella profonda e vergognosa piaga della
    natura, di quella concupiscenza che lega l'anima al corpo con vincoli
    cosi` teneri e cosi` violenti che costano tanta pena a disfarsene, e che
    cagiona nel genere umano disordini cosi` terribili?"

    195. Questo sensuale diletto e` tanto piu` pericoloso, in quanto e`
    diffuso per tutto il corpo. Ne e` infetta la vista, perche` con gli
    occhi s'incomincia ad ingoiare il veleno dell'amore sensuale. Ne sono
    infette le orecchie, quando, con conversazioni pericolose e molli
    canti, si accendono o si alimentano le fiamme dell'amore impuro e
    quella segreta disposizione che abbiamo ai sensuali diletti. E lo
    stesso avviene degli altri sensi. -- Cio` che aumenta il pericolo e` che
    tutti questi sensuali diletti si eccitano a vicenda: quelli che
    parrebbero i piu` innocenti, se non si sta sempre in guardia, preparano
    ai piu` colpevoli. Vi e` perfino una mollezza e una delicatezza diffusa
    in tutto il corpo che, facendoci cercare riposo nel sensibile, lo
    risveglia e ne alimenta la vivacita`. Si ama il corpo con un
    attaccamento che fa dimenticare l'anima; un'eccessiva premura della
    salute fa che si accarezzi il corpo in tutto; e cosi` questi vari
    diversi sentimenti sono come altrettante diramazioni della
    concupiscenza della carne 195-1.

    196. B) Il rimedio a un si` gran male e` la mortificazione dei
    sensuali diletti; perche`, dice S. Paolo: "Quelli che sono di Cristo,
    crocifiggono la carne con i suoi vizi e le sue cupidigie: Qui sunt
    Christi, carnem suam crucifixerunt cum vitiis et
    concupiscentiis" 196-1. Ora crocifiggere la carne, come dice
    l'Olier 196-2, significa legare, infrenare, soffocare
    internamente tutti gli impuri e sregolati desideri che sentiamo nella
    nostra carne; significa pure mortificare i sensi esterni che ci
    mettono in comunicazione con gli oggetti del di fuori ed eccitano in
    noi pericolosi desideri. Il motivo fondamentale che ci obbliga a
    praticare questa mortificazione sono le promesse battesimali.

    197. Per il battesimo, che ci fa morire al peccato e c'incorpora a
    Cristo, noi siamo obbligati a praticare questa mortificazione dei
    sensuali diletti; perche`, "secondo S. Paolo, non siamo piu` debitori
    alla carne da vivere secondo la carne, ma siamo obbligati a vivere
    secondo lo spirito; e se viviamo secondo lo spirito, camminiamo pure
    secondo lo spirito che c'imprime nel cuore l'amore alla croce e la
    forza di portarla" 197-1.

    Il battesimo d'immersione, col suo simbolismo, ci mostra la verita` di
    questa dottrina: immerso nell'acqua, il catecumeno vi muore al peccato
    e alle sue cause, e uscito che e`, partecipa ad una vita nuova, alla
    vita di Gesu` risorto. Tal e` l'insegnamento di S. Paolo 197-2:
    "Morti al peccato, come potremmo ancor vivere in esso? Non sapete
    forse che quanti fummo battezzati in Cristo Gesu`, nella morte di lui
    fummo battezzati? Fummo sepolti insieme con lui pel battesimo nella
    morte, affinche` come fu Cristo risuscitato da morte dalla gloria del
    Padre, cosi` anche noi in novita` di vita si cammini". L'immersione
    battesimale significa dunque la morte al peccato e l'obbligo di
    lottare contro la concupiscenza che tende al peccato; e l'uscita
    dall'acqua esprime la nuova vita, onde partecipiamo alla vita risorta
    del Salvatore 197-3. Il battesimo quindi ci obbliga a mortificare
    la concupiscenza che resta in noi, e ad imitare Nostro Signore che,
    crocifiggendo la carne sua, ci merito` la grazia di crocifiggere la
    nostra. I chiodi con cui la crocifiggiamo sono appunto i vari atti di
    mortificazione che facciamo.

    Cosi` grave e` quest'obbligo di mortificare i sensuali diletti che ne
    dipende la nostra salvezza e la nostra vita spirituale: "Perche`, se
    vivete secondo la carne, spiritualmente morrete; se poi con lo spirito
    darete morte alle azioni della carne, vivrete: Si autem secundum
    carnem vixeritis, moriemini; si autem spiritu facta carnis
    mortificaveritis, vivetis" 197-4.

    198. Perche` intera sia la vittoria, non basta rinunziare ai piaceri
    peccaminosi (il che e` di precetto), ma bisogna pure sacrificare i
    piaceri pericolosi che conducono quasi infallibilmente al peccato, in
    virtu` del principio: "qui amat periculum in illo peribit"; anzi e`
    necessario privarsi di alcuni piaceri leciti per rinvigorire la nostra
    volonta` contro gli allettamenti dei piaceri proibiti: chiunque infatti
    vuol gustare senza freno alcuno di tutti i diletti permessi, e` molto
    vicino a scivolare in quelli che non lo sono.

    2^ LA CONCUPISCENZA DEGLI OCCHI (CURIOSITA` E AVARIZIA).

    199. A) Il male. -- La concupiscenza degli occhi abbraccia due cose:
    la vana curiosita` e l'amore disordinato dei beni della terra.

    a) La curiosita` di cui qui si tratta, e` lo smodato desiderio di
    vedere, d'udire, di conoscere cio` che avviene nel mondo, come i
    secreti intrighi che vi si annodano, non per trarne spirituale
    vantaggio ma per dilettarsi di una tal frivola cognizione. Si estende
    pure ai secoli passati, quando frughiamo la storia, non per trarne
    esempi utili alla vita umana, ma per pascere la nostra immaginazione
    di tutte le cose che la dilettano. Abbraccia principalmente tutte le
    false scienze divinatorie, con cui si pretende di conoscere le cose
    segrete o future delle quali Dio s'e` riservata la conoscenza: "e`
    questo un usurpare i diritti di Dio, e` un distruggere la confidenza
    con cui dobbiamo abbandonarci alla sua volonta`" 199-1. Questa
    curiosita` riguarda pure le scienze vere ed utili, quando uno ci si
    applica con eccesso o intempestivamente e ci fa sacrificare doveri
    assai maggiori, come avviene a quelli che leggono ogni specie di
    romanzi, di commedie e di poesie. "Orbene, tutto cio` non e` altro che
    intemperanza, malattia, disordine della mente, inaridimento del cuore,
    miseranda schiavitu` che non ci lascia agio di pensare a noi, e fonte
    d'errori" 199-2.

    200. b) La seconda forma di questa concupiscenza e` l'amore
    disordinato del denaro; talora si considera il danaro come mezzo per
    acquistare altri beni, per esempio, piaceri od onori; talora uno si
    attacca al denaro per se stesso, per contemplarlo, per palparlo, e per
    trovare nel suo possesso una certa sicurezza per l'avvenire: questa e`
    l'avarizia propriamente detta. Nell'uno e nell'altro caso uno si
    espone a commettere molti peccati; perche` questo disordinato desiderio
    e` fonte di molte frodi ed ingiustizie.

    201. B) Il rimedio. a) Per combattere la vana curiosita` bisogna
    ricordarsi che tutto cio` che non e` eterno e` indegno di fissare e
    ritenere l'attenzione di esseri immortali come noi. La figura di
    questo mondo passa, una sola cosa rimane: Dio e il cielo che e` eterno
    possesso di Dio. Non diamoci quindi pensiero che delle cose eterne;
    perche` cio` che non e` eterno e` un nulla, quod aeternum non est, nihil
    est. Gli avvenimenti presenti, come quelli dei secoli passati, possono
    e devono certamente premerci, ma solo nella misura in cui
    contribuiscono alla gloria di Dio o alla salvezza degli uomini. Quando
    Dio creo` il mondo e tutto cio` che esiste, non ebbe che uno scopo solo:
    comunicare la sua vita divina alle creature intelligenti, agli Angeli,
    agli uomini, e raccogliere degli eletti. Tutto il resto e` accessorio e
    non dev'essere studiato che come mezzo per andare a Dio o al cielo.

    202. b) Per cio` che riguarda l'amore disordinato dei beni della
    terra, bisogna ricordarsi che le ricchezze non sono un fine ma un
    mezzo che la Provvidenza ci da` per sovvenire ai nostri bisogni; che
    Dio ne resta il supremo Padrone, che noi in fondo non ne siamo che
    amministratori, e che dovremo rendere conto del loro uso: redde
    rationem villicationis tuae" 202-1. E` quindi savia cosa dare larga
    parte del proprio superfluo in elemosine e in buone opere; a questo
    modo si assecondano i disegni di Dio, il quale vuole che i ricchi
    siano, a cosi` dire, gli economi dei poveri; e si fa un deposito sulla
    Banca del cielo, che ci sara` reso centuplicato quando entreremo
    nell'eternita`: "Accumulatevi, dice Gesu`, tesori nel cielo, dove la
    ruggine e la tignuola non corrodono; e dove i ladri non forano muri ne`
    rubano: thesaurizate autem vobis thesauros in caelo, ubi nec aerugo,
    neque tinea demolitur, et ubi fures non effodiunt nec
    furantur" 202-2. E` il mezzo sicuro per distaccare i nostri cuori
    dai beni della terra ed elevarli a Dio: "perche`, aggiunge Nostro
    Signore, dov'e` il tuo tesoro, ivi e` il tuo cuore: "Ubi enim est
    thesaurus tuus, ibi est et cor tuum" 202-3. Cerchiamo dunque
    innanzitutto il regno di Dio, la santita`, ed il resto ci sara` dato per
    giunta.

    A diventar perfetti, occorre ancora qualche cosa di piu`, praticare la
    poverta` evangelica: "Beati, infatti, sono i poveri di spirito: Beati
    pauperes spiritu" 202-4. Il che puo` farsi in tre modi, secondo
    l'inclinazione e la possibilita` di ciascuno: 1) vendendo i propri beni
    e dandoli ai poveri: "Vendite quae possidetis et date
    eleemosynam" 202-5; 2) mettendo ogni cosa in comune, come si
    pratica in certe congregazioni; 3) serbando il capitale e privandosene
    dell'uso, col non spendere nulla se non col consiglio d'un savio
    direttore 202-6.

    203. In ogni caso il cuore dev'essere distaccato dalle ricchezze per
    volarsene a Dio. E` pur quanto ci raccomanda Bossuet: "Beati coloro,
    egli dice, che, ritirati umilmente nella casa del Signore, si
    dilettano della nudita` delle loro cellette e di tutto il misero
    corredo di cui hanno bisogno in questa vita, che non e` che un'ombra di
    morte, per non considerare altro che la loro infermita` e il giogo
    pesante di cui il peccato li ha oppressi. Beate le sacre Vergini, che
    non vogliono essere piu` lo spettacolo del mondo e che bramerebbero
    nascondersi perfino a se stesse sotto il sacro velo che le circonda!
    Beata la dolce violenza che si fa ai propri occhi per non vedere le
    vanita` e dire con David: 203-1 Distogliete i miei occhi perch'io
    non le veda. Beati coloro che, stando secondo il loro stato in mezzo
    al mondo, non ne sono tocchi e vi passano senza attaccarvisi... che
    dicono con Ester sotto il diadema: "Voi sapete, o Signore, quanto
    disprezzo questo segno d'orgoglio e tutto cio` che puo` servire alla
    gloria degli empi; e come la vostra serva non si e` mai rallegrata che
    in voi solo, o Dio d'Israele" 203-2.
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    00 15/10/2013 12:41

    3^ L'ORGOGLIO DELLA VITA.

    204. A) Il male. "L'orgoglio, dice Bossuet 204-1, e` una
    depravazione piu` profonda; per esso l'uomo, abbandonato a se stesso,
    nell'eccesso dell'amor proprio considera se` come proprio Dio".
    Dimenticando che Dio e` il suo primo principio e il suo ultimo fine,
    stima eccessivamente se stesso, e le proprie doti vere o pretese
    riguarda come fossero sue senza riferirle a Dio. Di qui quello spirito
    d'indipendenza o d'autonomia che lo spinge a sottrarsi all'autorita` di
    Dio i dei suoi rappresentanti; quell'egoismo che lo inclina ad operare
    per se` come se fosse fine a se stesso; quella vana compiacenza che si
    diletta nella propria eccellenza, come se Dio non ne fosse l'autore,
    che si compiace nelle proprie buone opere, come se esse non fossero
    prima di tutto e principalmente il risultato dell'azione divina in
    noi; quella tendenza ad esagerare le proprie doti, ad attribuirsene di
    quelle che non si posseggono, a preferirsi agli altri, e talvolta
    anche a disprezzarli, come faceva il Fariseo.

    205. A quest'orgoglio s'aggiunge la vanita`, che ci fa cercare in
    modo disordinato la stima altrui, la loro approvazione, le loro lodi:
    che si chiama anche vana gloria. Perche`, come fa notare
    Bossuet 205-1, "se queste lodi sono false o ingiuste, qual errore
    di compiacermene tanto! Se poi sono vere, perche` mi diletto io meno
    della verita` che della stima che le rendono gli uomini?" Strana cosa
    davvero! ci diamo piu` pensiero della stima degli uomini che della
    stessa virtu`, e si rimane piu` umiliati d'un granchio preso in pubblico
    che d'una colpa segreta. Quando uno si abbandona a questo difetto, non
    tarda a commetterne altri: la millanteria, che inclina a parlar di se`
    e dei proprii trionfi; l'ostentazione, che cerca d'attirare
    l'attenzione pubblica col lusso e col fasto; l'ipocrisia, che simula
    le apparenze della virtu` senza darsi pensiero d'acquistarla.

    206. Gli effetti dell'orgoglio sono deplorevoli: e` il gran nemico
    della perfezione: 1) perche` ruba a Dio la sua gloria e ci priva quindi
    di molte grazie e di molti meriti, non volendo Dio esser complice
    della nostra superbia: "Deus superbis resistit" 206-1; 2) e` fonte
    di numerosi peccati, peccati di presunzione puniti con lagrimevoli
    cadute, come vizi odiosi; di scoraggiamento quando si vede d'essere
    caduti cosi` in basso; di dissimulazione, perche` rincresce confessare i
    proprii disordini; di resistenza ai superiori, d'invidia e di gelosia
    verso il prossimo, ecc.

    207. B) Il rimedio e`: a) riferire tutto a Dio, riconoscendo che egli
    e` l'autore di ogni bene e che, essendo il primo principio delle nostre
    azioni, ne deve pur essere l'ultimo fine. E` cio` che suggerisce
    S. Paolo 207-1: "Quid habes quod non accepisti? Si autem
    accepisti, quid gloriaris quasi non acceperis? Che hai tu che non abbi
    ricevuto? e se l'hai ricevuto, perche` te ne glorii come se non
    l'avessi in dono?". Onde conchiude che tutte le nostre azioni devono
    tendere alla gloria di Dio: "Sive manducatis, sive bibitis, sive aliud
    quid facitis, omnia in gloriam Dei facite" 207-2. E per dar loro
    maggior valore, procuriamo di farle in nome, nella virtu` di Gesu`
    Cristo: "Omne quodcumque facitis in verbo aut in opere, omnia in
    nomine Domini Jesu Cristi, gratias agentes Deo et Patri per
    ipsum 207-3; qualunque cosa da voi si faccia in parola o in
    opera, fate tutto nel nome del Signore Gesu` Cristo, rendendo grazie a
    Dio Padre per mezzo suo".

    208. b) E poiche` la natura costantemente ci porta a cercar noi
    stessi, per reagire contro questa tendenza, bisogna ricordarci che da
    noi non siamo che nulla e peccato. E` vero che ci sono in noi delle
    buone qualita` naturali e soprannaturali che bisogna altamente stimare
    e coltivare; ma, venendoci queste qualita` da Dio, non ne dobbiamo
    forse glorificar lui? Quando un artista ha fatto un capolavoro, non e`
    forse lui, e non la tela, che si deve lodare?

    Or da noi stessi non abbiamo che il nulla: "questo noi eravamo da
    tutta l'eternita`; e l'essere di cui Dio ci ha rivestiti, non da noi
    viene ma da Dio; e benche` ci sia stato dato, non cessa d'essere pur
    sempre anche cosa sua, di cui vuol essere onorato" 208-1.

    Da noi stessi siamo pure peccato, nel senso che per ragione della
    concupiscenza tendiamo al peccato, per modo, dice
    S. Agostino 208-2, che, se noi non commettiamo certi peccati, lo
    dobbiamo alla grazia di Dio: "Gratiae tuae deputo et quaecumque non feci
    mala. Quid enim non facere potui, qui etiam gratuitum facinus amavi?"
    Pensiero che l'Olier 208-3 spiega cosi`: "Quel che posso dire e`
    che non vi e` specie immaginabile di peccati, non vi e` imperfezione o
    disordine, non vi e` errore ne` confusione di cui la carne non sia
    piena; talmente che non vi e` sorta di leggerezza, non vi e` follia o
    sciocchezza che la carne non sia capace di commettere ad ogni
    istante". La nostra natura non e` certo intieramente corrotta, come
    pretendeva Lutero; e col concorso naturale o soprannaturale 208-4
    di Dio, puo` fare qualche bene, e ne fa anche molto, come vediamo nei
    Santi; ma poiche` Dio ne e` causa prima e principale, a lui dobbiamo
    renderne grazie.

    209. Concludiamo dunque con Bossuet 209-1: "Non presumere di
    te; perche` nella presunzione sta il principio di ogni peccato... Non
    desiderar la gloria degli uomini; perche`, ottenutala, avresti ricevuta
    la tua ricompensa e non dovresti poi aspettarti altro che veri
    supplizi. Non ti gloriare; perche` tutto cio` che ti attribuisci nelle
    tue opere buone, lo togli a Dio che ne e` l'autore e ti metti al suo
    posto. Non scuotere il giogo della disciplina del Signore; non dire
    dentro di te, come un superbo orgoglioso: Non serviro`; perche`, se non
    servi alla giustizia, sarai schiavo del peccato e figlio della morte.
    Non dire: Io sono senza macchia; e non credere che Dio abbia
    dimenticato i tuoi peccati perche` li hai dimenticati tu; perche` il
    Signore ti destera` dicendoti: Vedi le tue vie in quella segreta
    vallicella; io ti seguii dappertutto e contai tutti i tuoi passi. Non
    resistere ai savi consigli e non ti adirare quando sei ripreso, perche`
    e` il colmo dell'orgoglio ribellarsi alla verita` stessa quando ti
    avverte, e ricalcitrare contro lo sprone".

    Regolandoci in questo modo, saremo piu` forti per lottare contro il
    mondo, che e` il secondo dei nostri nemici spirituali.
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    00 15/10/2013 12:42

    II. Lotta contro il mondo.

    210. Il mondo di cui parliamo non e` il complesso delle persone che
    vivono nel mondo, fra cui si trovano ed anime elette ed increduli.
    E` il complesso di coloro che si oppongono a Gesu` Cristo e sono schiavi
    della triplice concupiscenza. Sono dunque: 1) gli increduli, ostili
    alla religione appunto perche` condanna il loro orgoglio, la loro
    sensualita`, la loro sete smodata di ricchezze; 2) gl'indifferenti, che
    non si curano d'una religione che li obbligherebbe ad uscire dalla
    loro indolenza; 3) i peccatori impenitenti, che amano il loro peccato,
    perche` amano il piacere e non vogliono distaccarsene; 4) i mondani che
    credono ed anche praticano la religione, ma associandola all'amore del
    piacere, del lusso, delle lautezze, e che talvolta scandalizzano i
    fratelli, credenti o increduli, facendo lor dire che la religione ha
    ben poco influsso sulla vita morale. E` questo il mondo che Gesu`
    maledisse per i suoi scandali: "Vae mundo a scandalis!" 210-1 e
    che S. Giovanni dice immerso tutto nel male: "Mundus totus in maligno
    positus est" 210-2.

    211. 1^ I Pericoli del mondo. Il mondo che penetra anche nelle
    famiglie cristiane e perfino nelle comunita`, con le visite fatte o
    ricevute, con le corrispondenze, con la lettura di libri o di giornali
    mondani, e` un grande ostacolo alla salvezza e alla perfezione;
    risveglia e attizza in noi il fuoco della concupiscenza; ci seduce e
    ci atterrisce.

    212. A) Ci seduce con le sue massime, con la pompa delle sue vanita`,
    coi perversi suoi esempi.

    a) Con le sue massime, che sono in opposizione diretta con le massime
    del Vangelo. Il mondo infatti vanta la felicita` dei ricchi, dei forti
    o anche dei violenti, degli arricchiti, degli ambiziosi, di quelli che
    sanno godersi la vita; predica volentieri l'amor dei piaceri:
    "Coroniamoci di rose prima che avvizziscano, Coronemus nos rosis
    antequam marcescant" 212-1. Non bisogna forse, si dice, godersi
    la gioventu`? Non si deve godere un poco la vita? Quanti vivono cosi`, e
    il Signore non vorra` poi mandar tutti all'inferno. Bisogna pur campare
    la vita. A essere scrupolosi negli affari, non si riuscira` mai ad
    arricchire.

    b) Con la pompa delle sue vanita` e dei suoi piaceri; la maggior parte
    delle riunioni mondane non hanno altro scopo che di sollecitare la
    curiosita`, la sensualita` ed anche la volutta`. Per rendere il vizio
    attraente, si dissimula sotto forma di divertimenti che si dicono
    onesti ma che non lasciano di essere pericolosi, come le vesti
    scollacciate, le danze, alcune specialmente che sembra non abbiano
    altro scopo che favorire sguardi lascivi e sensuali abbracciamenti. E
    che dire della maggior parte delle rappresentazioni teatrali, degli
    spettacoli offerti al pubblico, dei libri licenziosi che vengono
    esposti dappertutto?

    c) I cattivi esempi vengono, ahime`! ad aumentare il pericolo; quando
    si vedono tanti giovani divertirsi, tanti sposi diventare infedeli ai
    loro doveri, tanti commercianti e uomini d'affari arricchirsi con
    mezzi poco scrupolosi, si e` fortemente tentati di lasciarsi trascinare
    a simili disordini. -- Del resto il mondo e` cosi` indulgente verso le
    umane debolezze che pare che le incoraggi: il seduttore e` una persona
    galante; il finanziere, il commerciante che si arricchisce con mezzi
    disonesti, e` un uomo svelto; il libero pensatore e` uno spregiudicato
    che segue i lumi della sua coscienza. Quanti si sentono incoraggiati
    al vizio da giudizi cosi` benigni!

    213. B) Quando non puo` sedurci, il mondo tenta di atterrirci.

    a) Talora e` una vera persecuzione ordita contro i credenti: in certe
    amministrazioni, si nega l'avanzamento a quelli che compiono
    pubblicamente i doveri religiosi o a quelli che mandano i figli alle
    scuole cattoliche.

    b) Talora si cerca di distogliere dalle pratiche religiose i timidi
    col burlarsi piacevolmente dei devoti, dei Tartufi, dei semplicioni
    che prestano ancor fede a vieti dommi, canzonando le madri di famiglia
    che continuano a vestire modestamente le figlie, con ironiche
    interrogazioni se e` cosi` che sperano di maritarle. E quante infatti,
    per rispetto umano e non ostante le proteste della coscienza, si fanno
    schiave di quelle mode tiranniche che non hanno piu` rispetto alcuno al
    pudore!

    c) In altre circostanze si usano minacce: se fate tanta mostra della
    vostra religione, non c'e` piu` posto per voi nei nostri uffici; se
    siete cosi` schifiltoso, e` inutile che veniate nei nostri saloni; se
    siete scrupoloso, non posso prendervi al mio servizio; bisogna fare
    come fanno tutti e ingannare il pubblico per guadagnare di piu`.

    E` molto facile lasciarsi cosi` sedurre o atterrire, perche` il mondo
    trova un complice nel nostro cuore e nel naturale desiderio che tutti
    abbiamo dei buoni posti, degli onori e delle ricchezze.

    214. 2^ Il rimedio 214-1. Per resistere a questa pericolosa
    corrente, bisogna porsi animosamente in faccia dell'eternita` e
    considerare il mondo alla luce della fede. Allora ci apparira` come il
    nemico di Gesu` Cristo che bisogna combattere energicamente per
    salvarci l'anima, e come il teatro del nostro zelo ove dobbiamo
    portare le massime del Vangelo.

    215. A) Essendo il mondo il nemico di Gesu` Cristo, noi dobbiamo far
    tutto il rovescio delle massime e degli esempi del mondo, ripetendo il
    dilemma di S. Bernardo 215-1: "O Cristo s'inganna o il mondo e` in
    errore; ma e` impossibile che la sapienza divina s'inganni: Aut iste
    (Christus) fallitur aut mundus errat: sed divinam falli impossibile
    est sapientiam". Essendovi opposizione aperta tra il mondo e Gesu`
    Cristo, bisogna assolutamente far la scelta, perche` non si puo` servire
    nello stesso tempo due padroni. Ora Gesu` e` sapienza infallibile; chi
    dunque ha le parole di vita eterna e` Lui, ed e` il mondo che s'inganna.
    La nostra scelta sara` quindi presto fatta; perche`, dice San Paolo, noi
    abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che
    viene da Dio: "Non spiritum huius mundi accepimus, sed Spiritum qui ex
    Deo est" 215-2. Voler piacere al mondo, aggiunge, e` voler
    spiacere a Gesu` Cristo: "Si hominibus placerem, servus Christi non
    essem" 215-3. E S. Giacomo afferma che "chi vuol essere amico del
    mondo si fa nemico di Dio: Quicumque ergo voluerit amicus esse saeculi
    huius, inimicus Dei constituitur" 215-4. Dunque in pratica:

    a) Leggiamo e rileggiamo il Vangelo, ripensando dentro di noi che qui
    ci parla l'eterna verita`, e pregando colui che l'ha ispirato di
    farcene ben intendere, gustare e praticare le massime; solo a questa
    condizione si e` veramente cristiani ossia discepoli di Cristo. Quindi,
    leggendo o ascoltando massime contrarie a quelle del Vangelo, diciamo
    coraggiosamente; questo e` falso perche` opposto alla infallibile
    verita`.

    b) Evitiamo le occasioni pericolose che cosi` spesso s'incontrano nel
    mondo. Certamente coloro che non vivono in clausura, sono fino a un
    certo punto obbligati a mescolarsi col mondo, ma devono preservarsi
    dallo spirito del mondo, vivendo nel mondo come se non fossero del
    mondo; perche` Gesu` chiese al Padre di non togliere i suoi discepoli
    dal mondo ma di preservarli dal male: "Non rogo ut tollas eos de
    mundo, sed ut serves eos a malo" 215-5. E San Paolo vuole che
    usiamo del mondo come se non ne usassimo: "Qui utuntur hoc mundo
    tanquam non utantur" 215-6.

    c) Questo debbono fare specialmente gli ecclesiastici; debbono, come
    S. Paolo, poter dire che sono crocifissi al mondo e il mondo ad essi:
    "Mihi mundus cruxifixus est et ego mundo" 215-7. Il mondo, sede
    della concupiscenza, non puo` avere attrattive per noi; non puo`
    ispirarci che ripugnanza, come noi siamo a nostra volta cosa
    ributtante per lui, essendo il nostro carattere e il nostro abito una
    condanna dei suoi vizi. Dobbiamo quindi evitare le relazioni puramente
    mondane, dove noi ci troveremmo fuori posto. Abbiamo, e` vero, visite
    di cortesia, d'affari e specialmente d'apostolato da fare e da
    ricevere; ma queste visite dovranno essere brevi, e non dobbiamo
    dimenticare cio` che e` detto di Nostro Signore dopo la sua
    risurrezione, cioe` che non faceva piu` ai suoi discepoli che rare
    apparizioni e soltanto per dare l'ultima mano alla loro formazione e
    parlar loro del regno di Dio: "Apparens eis et loquens de regno
    Dei" 215-8.

    216. B) Non andremo quindi nel mondo se non per praticarvi
    direttamente o indirettamente l'apostolato, vale a dire per portarvi
    le massime e gli esempi del Vangelo. a) Non dimenticheremo che siamo
    la luce del mondo: "Vos estis lux mundi" 216-1; e senza
    convertire le nostre conversazioni in prediche (cio` che sarebbe
    inopportuno) giudicheremo tutto, persone, avvenimenti e cose, alla
    luce del Vangelo; invece di proclamare beati i ricchi e i forti,
    faremo notare con tutta semplicita` che ci sono altre sorgenti di
    felicita` fuori della ricchezza e della fortuna; che la virtu` trova gia`
    la sua ricompensa fin di questa terra; che le gioie pure gustate in
    seno alla famiglia sono le piu` dolci; che la soddisfazione di aver
    fatto il proprio dovere consola molti sventurati e che una buona
    coscienza vale anche meglio dell'ebbrezza del piacere. E potremo
    citare qualche fatto particolare per far meglio intendere queste
    osservazioni. Ma specialmente con l'esempio un prete edifica nella
    conversazione; quando tutto, nel suo contegno e nelle sue parole,
    rispecchia la semplicita`, la bonarieta`, una schietta allegria, la
    carita`, in una parola la santita`, produce su quanti lo vedono e lo
    sentono una impressione profonda; non si finisce mai di ammirare
    quelli che vivono secondo le proprie convinzioni, e si stima una
    religione che sa ispirare cosi` sode virtu`. Mettiamo dunque in pratica
    quanto dice Nostro Signore: "Splenda la vostra luce dinanzi agli
    uomini, affinche` vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre
    vostro che sta nei cieli: Sic luceat lux vestra coram hominibus ut
    videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in caelis
    est" 216-2. Ma non sono solo i preti che praticano questo genere
    d'apostolato, i laici convinti vi riescono anche meglio in quanto che
    si e` meno diffidenti contro l'efficacia del loro esempio.

    217. b) Spetta a questi uomini scelti e ai sacerdoti di ispirare ai
    cristiani piu` timidi il coraggio di lottare contro la tirannia del
    rispetto umano, della moda o della persecuzione legale. Uno dei mezzi
    migliori e` la formazione di leghe o societa` composte di cristiani
    autorevoli e coraggiosi che non temono di parlare e d'operare secondo
    le proprie convinzioni. A questo modo i Santi riformarono i costumi
    dei loro tempi 217-1. E a questo modo si fondarono nelle nostre
    Scuole superiori e persino in Parlamento dei gruppi compatti che sanno
    far rispettare le loro pratiche religiose e trascinare gli esitanti.
    Il giorno in cui questi gruppi si saranno moltiplicati non solo nelle
    citta` ma anche nelle campagne, il rispetto umano sara` presto ucciso e
    la vera pieta`, se non sara` praticata da tutti, sara` per lo meno
    rispettata.

    218. In pratica dunque nessun compromesso col mondo nel senso che
    l'abbiamo definito, nessuna concessione per piacergli o attirarsene la
    stima. A ragione dice S. Francesco di Sales 218-1: "Comunque da
    noi si operi, il mondo ci fara` sempre guerra... Lasciamo questo cieco,
    o Filotea; strida pure come il gufo per molestare gli uccelli diurni.
    Stiamo saldi nei nostri disegni, invariabili nei nostri propositi; la
    perseveranza mostrera` se davvero e di buona voglia ci siamo consacrati
    a Dio e dati alla vita devota".
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    Coordin.
    00 15/10/2013 12:42

    III. Lotta contro il demonio 219-1.

    219. 1^ Esistenza e perche` della tentazione diabolica. Abbiamo
    visto, n. 67, come il demonio, geloso della felicita` dei nostri
    progenitori, li indusse a peccare e non riusci` che troppo bene nella
    sua impresa; quindi il libro della Sapienza dichiara che "la morte
    entro` nel mondo per l'invidia del demonio: Invidia diaboli mors
    introivit in orbem" 219-2. D'allora in poi non cesso` mai
    d'infierire contro i discendenti d'Adamo e di tendere loro insidie; e
    benche`, dopo la venuta di Nostro Signore sulla terra e il suo trionfo
    sopra Satana, l'impero ne sia di molto diminuito, pure non e` men vero
    che noi dobbiamo lottare non solo contro la carne e il sangue, ma
    anche contro le potenze delle tenebre e gli spiriti malvagi. Ce
    l'afferma S. Paolo 219-3: "Non dobbiamo lottare contro carne e
    sangue ma contro... spiriti malvagi: Quoniam non est nobis colluctatio
    adversus carnem et sanguinem, sed adversus... mundi rectores
    tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae". S. Pietro paragona il
    demonio ad un leone ruggente che fa la ronda attorno a noi e cerca di
    divorarci 219-4: "Adversarius vester diabolus tanquam leo
    rugiens, circuit quaerens quem devoret".

    220. La Provvidenza permette questi assalti in virtu` del principio
    generale che Dio governa le anima non solo direttamente ma anche per
    mezzo delle cause seconde, lasciando alle creature una certa liberta`
    d'azione. D'altra parte ci avvisa di stare in guardia, e per
    proteggerci c'invia in aiuto gli angeli buoni e in particolare
    l'angelo custode (n. 186 ss.), senza dire dell'aiuto che ci
    presta egli stesso o per mezzo del suo Figlio. Approfittandoci di
    quest'aiuto, noi trionfiamo del demonio, ci rassodiamo nella virtu` e
    acquistiamo meriti per il cielo. Quest'ammirabile condotta della
    Provvidenza ci mostra anche meglio quale somma importanza dobbiamo
    dare alla nostra salvezza e alla nostra santificazione, dacche` vi
    prendono parte il cielo e l'inferno, e attorno all'anima nostra e
    talora dentro l'anima stessa avvengono tra le potenze celesti e le
    infernali fieri combattimenti la cui posta e` la vita eterna. Per
    uscirne vittoriosi, vediamo come procede il demonio.

    221. 2^ La tattica del demonio. A) Il demonio non puo` agire
    direttamente sulle nostre facolta` superiori, l'intelligenza e la
    volonta`, avendo Dio riservato a se` questo santuario; Dio solo puo`
    penetrare nel centro dell'anima nostra e muovere i segreti congegni
    della nostra volonta` senza farci violenza: Deus solus animae illabitur.

    Ma puo` operare direttamente sul corpo, sui sensi esterni ed interni,
    in particolare sulla fantasia e sulla memoria, come pure sulle
    passioni che risiedono nell'appetito sensitivo; in questo modo viene
    ad agire indirettamente sulla volonta`, che dai vari moti della
    sensibilita` e` sollecitata a dare il suo consenso. Tuttavia, come
    osserva S. Tommaso, "essa resta sempre libera di acconsentire o di
    resistere a questi moti delle passioni: Voluntas semper remanet libera
    ad consentiendum vel resistendum passioni" 221-1.

    B) D'altra parte, benche` il potere del demonio sia molto esteso sulle
    facolta` sensibili e sul corpo, questo potere e` limitato da Dio, che
    non gli permette di tentarci sopra le nostre forze: "Fidelis autem
    Deus est qui non patietur vos tentari supra id quod potestis; sed
    faciet etiam cum tentatione proventum" 221-2. Chi dunque
    s'appoggia su Dio con umilta` e confidenza e` sicuro di riuscire
    vittorioso.

    222. C) Non bisogna poi credere, dice S. Tommaso 222-1, che
    tutte le tentazioni che abbiamo siano opera del demonio; la nostra
    concupiscenza, mossa da abitudini passate e da imprudenze presenti,
    basta a spiegarne un gran numero: "Unusquisque vero tentatur a
    concupiscentia^ sua^ abstractus et illectus" 222-2. Come pure
    sarebbe temerario l'affermare che non abbia influenza su nessuna
    contrariamente al chiaro insegnamento della Scrittura e della
    Tradizione; la sua gelosia contro gli uomini e il desiderio che ha di
    farseli schiavi, ne spiegano abbastanza il malefico
    intervento 222-3.

    Or come riconoscere la tentazione diabolica? E` cosa difficile,
    bastando la nostra concupiscenza a violentemente tentarci. Tuttavia si
    puo` dire che quando la tentazione e` subitanea, violenta e di una
    durata eccessiva, il demonio vi ha certamente una larga parte. Si puo`
    argomentarlo specialmente quando la tentazione turba profondamente e a
    lungo l'anima, quando suggerisce il gusto delle cose chiassose, delle
    mortificazioni straordinarie ed appariscenti e principalmente quando
    si e` fortemente inclinati a non dir nulla di tutto questo al proprio
    direttore e a diffidare dei propri superiori 222-4.

    223. 3^ Rimedi contro la tentazione diabolica. Questi rimedi ci sono
    indicati dai Santi e particolarmente da S. Teresa 223-1.

    A) Il primo e` una preghiera umile e fiduciosa, per trarre dalla nostra
    parte Dio e gli angeli suoi. Se Dio e` con noi, chi sara` contro di noi?
    Chi infatti puo` essere paragonato con Dio? "Quis ut Deus?"

    Questa preghiera dev'essere umile; perche` nulla v'e` che metta piu`
    rapidamente in fuga l'Angelo ribelle, il quale, ribellatosi per
    orgoglio, non seppe mai praticare questa virtu`: l'umiliarsi dinanzi a
    Dio, il riconoscersi impotenti a trionfare senza il suo aiuto,
    sconcerta i disegni dell'Angelo superbo. Dev'essere pure fiduciosa;
    perche`, premendo alla gloria di Dio il nostro trionfo, possiamo avere
    piena fiducia nell'efficacia della sua grazia.

    E` bene pure invocare S. Michele, che, avendo inflitto al demonio una
    splendida sconfitta, sara` lieto di coronare la sua vittoria in noi e
    per mezzo di noi. E volentieri lo assecondera` il nostro Angelo custode
    se confidiamo in lui. Ma non dimenticheremo di pregare specialmente la
    Vergine immacolata, che col piede verginale non cessa di schiacciare
    il capo al serpente ed e` pel demonio piu` terribile di un esercito
    schierato in battaglia.

    224. B) Il secondo mezzo e` l'uso confidente dei sacramenti e dei
    sacramentali. La confessione, essendo un atto d'umilta`, mette in fuga
    il demonio; l'assoluzione che le tien dietro ci applica i meriti di
    Gesu` Cristo e ci rende invulnerabili ai suoi dardi; la santa
    comunione, mettendo nel nostro cuore Colui che ha vinto Satana, ispira
    al demonio un vero terrore.

    Gli stessi sacramenti, il segno della croce o le preghiere liturgiche
    fatte con spirito di fede in unione con la Chiesa, sono pure di
    prezioso aiuto. S. Teresa 224-1 raccomanda in particolare l'acqua
    benedetta, forse perche` e` molto umiliante pel demonio vedersi
    sbaragliato con un mezzo cosi` semplice.

    225. C) Ultimo mezzo e` un sommo disprezzo del demonio. Ce lo dice
    pure S. Teresa: "Frequentissimamente mi tormentano questi maledetti;
    ma mi fanno proprio poca paura; perche` essi, e io lo vedo benissimo,
    non possono muovere un passo senza il permesso di Dio.... Vorrei che
    si sapesse bene, tutte le volte che noi li disprezziamo, essi perdono
    di loro forze, e l'anima acquista su loro un sempre maggior impero....
    Sono forti solo contro le anime codarde, che cedono loro le armi;
    contro di costoro fanno mostra del loro potere" 225-1. Vedersi
    disprezzati da esseri piu` deboli e` infatti una dura umiliazione per
    questi spiriti superbi. Ora noi, come abbiamo detto, appoggiati
    umilmente su Dio, abbiamo il diritto e il dovere di disprezzarli: "Si
    Deus pro nobis, quis contra nos?" Possono abbaiare ma non possono
    mordere, se, per imprudenza o per orgoglio, noi non ci mettiamo in
    loro potere: "latrare potest, mordere non potest nisi volentem".

    A questo modo pertanto la lotta che dobbiamo sostenere contro il
    demonio, come pure contro il mondo e la concupiscenza, ci rassoda
    nella vita soprannaturale, anzi vi ci fa anche progredire.
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