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1^ LA VOLONTA` SIGNIFICATA DI DIO.

480. La conformita` alla volonta` significata di Dio consiste nel
volere tutto cio` che Dio ci significa essere di sua intenzione. Ora,
dice S. Francesco di Sales 480-1, "la dottrina cristiana ci
propone chiaramente le verita` che Dio vuole che crediamo, i beni che
vuole che speriamo, le pene che vuole che temiamo, cio` che vuole che
amiamo, i comandamenti che vuole che osserviamo, i consigli che
desidera che seguiamo. Tutto cio` si chiama volonta` significata di Dio,
perche` Dio ci significo` e manifesto` che vuole e intende che tutto
questo sia creduto, sperato, temuto, amato e praticato".

La volonta` significata comprende dunque, secondo lo stesso
Dottore 480-2, quattro cose: i comandamenti di Dio e della Chiesa,
i consigli, le ispirazioni della grazia, e, per le comunita`, le
Costituzioni e le Regole.

481. a) Dio essendo nostro Supremo Padrone, ha diritto di
comandarci; ed essendo infinitamente sapiente e buono, nulla ci
comanda che non sia insieme utile alla gloria sua e alla felicita`
nostra; dobbiamo quindi, con tutta semplicita` e docilita`,
sottometterci alle sue leggi, legge naturale o legge divina positiva,
legge ecclesiastica o giusta legge civile, perche`, come dice S. Paolo,
ogni legittima autorita` viene da Dio, e l'obbedire ai Superiori che
comandano nei limiti dell'autorita` loro conferita, e` un obbedire a
Dio, come il resistere ad essi, e` un resistere a Dio stesso: "Omnis
anima potestatibus sublimioribus subdita sit: non est enim potestas
nisi a Deo; quae autem sunt, a Deo ordinata sunt. Itaque qui resistit
potestati, Dei ordinationi resistit; qui autem resistunt, ipsi sibi
damnationem acquirunt" 481-1. Non esaminiamo qui in quali casi la
disobbedienza alle varie leggi e` grave o leggiera, avendolo gia` fatto
nella nostra Teologia morale. Ci basti il dire, rispetto alla
perfezione, che quanto piu` fedelmente e cristianamente osserviamo le
leggi tanto piu` ci avviciniamo a Dio, perche` la legge e` l'espressione
della sua volonta`. Aggiungiamo pure che i doveri del proprio stato
rientrano nei comandamenti, essendo come una specie di precetti
particolari che obbligano i cristiani in virtu` della vocazione
speciale e degli uffici che Dio loro assegna.

Non possiamo quindi santificarci senza osservare i comandamenti e i
doveri del proprio stato; trascurarli sotto pretesto di fare opere di
supererogazione e` illusione pericolosa e vera aberrazione, perche` e`
chiaro che il precetto va innanzi al consiglio.

482. b) L'osservanza dei consigli non e` per se` necessaria alla
salute e non cade sotto un diretto ed esplicito precetto. Abbiamo pero`
detto, parlando dell'obbligo della perfezione (n. 353), che, per
conservare lo stato di grazia, e` necessario fare talora opere di
supererogazione e quindi praticare alcuni consigli: e` un obbligo
indiretto fondato sul principio che chi vuole il fine vuole anche i
mezzi.

Ma, ove si tratti di perfezione, abbiamo provato, n. 338, che non
si puo` sinceramente ed efficacemente tendervi senza la pratica di
alcuni consigli, di quelli che convengono alla propria condizione.
Cosi` una maritata non puo` praticare i consigli che si opponessero
all'adempimento dei suoi doveri verso il marito o i figli; un
sacerdote obbligato al ministero non puo` vivere da certosino. Ma,
quando si mira alla perfezione, bisogna bene risolversi a fare di piu`
di quanto e` strettamente comandato: quanto piu` generosamente uno si da
alla pratica dei consigli compatibili coi doveri del proprio stato,
tanto piu` s'avvicina a Nostro Signore e alla divina perfezione, perche`
questi consigli sono espressione dei suoi desiderii rispetto a noi.

483. c) Convien dire lo stesso delle ispirazioni della grazia,
quando sono espresse chiaramente e accertate dal direttore; puo` dirsi
allora che siano come consigli particolari diretti a questa o a
quell'anima.

Si devono per altro premurosamente sottoporre, nel loro complesso, al
giudizio del direttore, perche` altrimenti si correrebbe pericolo di
cadere nell'illusione. Cosi` certe anime ardenti e appassionate, dotate
di viva immaginazione, si persuadono facilmente che Dio parli loro,
mentre sono le passioni che suggeriscono questa o quella pratica molto
pericolosa. Certe anime meticolose o scrupolose prenderebbero per
divine ispirazioni cio` che sarebbe soltanto espressione di esaltata
fantasia o suggestione diabolica fatta per ingenerare scoraggiamento.
Cassiano ne cita parecchi esempi nelle sue Conferenze sulla
discrezione 483-1; e i direttori sperimentati sanno che la
fantasia o il demonio suggeriscono talvolta pratiche moralmente
impossibili, contrarie ai doveri del proprio stato, colorandole come
ispirazioni divine. Queste suggestioni cagionano turbamento; se si
seguono, si diventa ridicoli, si perde o si fa perdere un tempo
prezioso; se vi si resiste, uno si crede ribelle a Dio, si disanima e
finisce col cadere nel rilassamento. Bisogna quindi farne una qualche
verificazione e la regola che si puo` dare e` questa: se si tratta di
cose ordinarie, che le anime fervorose della propria condizione
sogliono generalmente fare e che non turbano l'anima, si facciano pure
generosamente, riserbandosi di parlarne poi al proprio direttore; se
si tratta invece di cose anche minimamente straordinarie, che le anime
buone generalmente non fanno, bisogna astenersene, finche` non si sia
consultato il direttore, e intanto starsene quieti adempiendo
generosamente i doveri del proprio stato.

484. Fatta questa restrizione, e` chiaro che chi tende alla
perfezione deve prestare attento orecchio alla voce dello Spirito
Santo che interiormente gli parla "Audiam quid loquatur in me Dominus
Deus"; 484-1 e prontamente, generosamente eseguire quanto chiede:
"Ecce venio ut faciam, Deus, voluntatem tuam" 484-2. E` questo
infatti un corrispondere alla grazia, la quale docile e costante
corrispondenza e` appunto quella che ci rende perfetti: "Adjuvantes
exhortamur ne in vacuum gratiam Dei recipiatis" 484-3. Il
carattere distintivo delle anime perfette sta appunto nell'ascoltare e
mettere in pratica queste divine ispirazioni: "Quae placita sunt ei
facio semper" 484-4.

481. d) Quanto alle persone che vivono in comunita`, sono tanto piu`
perfette, a parita` di cose, quanto piu` generosamente obbediscono alle
regole e costituzioni: queste infatti sono mezzi di perfezione
approvati in modo esplicito o implicito dalla Chiesa e che uno si
obbliga ad osservare entrando in comunita`. Come abbiamo spiegato al
n. 375, il mancare per fragilita` a qualche regola particolare, in
se` non e` certamente peccato; ma, oltre che spesso in queste volontarie
negligenze ci s'insinua un motivo piu` o meno peccaminoso, e` certo che,
non osservandole, sia pure per fragilita`, uno si priva di preziose
occasioni di farsi dei meriti. Resta pur sempre vero che l'osservare
la regola e` uno dei mezzi piu` sicuri di fare la volonta` di Dio e di
vivere per lui: "Qui regulae vivit, Deo vivit;" e che il mancarvi
volontariamente e senza ragione e` abuso della grazia.

Quindi l'obbedienza alla volonta` di Dio significata e` il mezzo normale
per giungere alla perfezione.

2^ LA CONFORMITA` ALLA VOLONTA` DI BENEPLACITO.

486. Questa conformita` consiste nel sottomettersi a tutti i
provvidenziali avvenimenti voluti o permessi da Dio per il nostro
maggior bene e principalmente per la nostra santificazione.

a) Si appoggia sopra questo fondamento: che nulla succede senza il
volere o il permesso di Dio, e che Dio, essendo infinitamente sapiente
e infinitamente buono, nulla vuole e nulla permette se non per il bene
delle anime, anche quando noi non riusciamo a vederlo. E` quello che
diceva Tobia in mezzo alle afflizioni e ai rimbrotti della moglie:
"Justus es, Domine... et omnes viae, tuae misericordia et veritas et
judicium" 486-1; e` quello che proclamava la Sapienza: "Tua autem,
Pater, Providentia, gubernat... Attingit ergo a fine usque ad finem
fortiter, et disponit omnia suaviter" 486-2. Ed e` specialmente cio`
che viene inculcato da S. Paolo: "Diligentibus Deum omnia cooperantur
in bonum" 486-3.

Ma per capir questa dottrina, bisogna guardar le cose con l'occhio
della fede e dell'eternita`, della gloria di Dio e della salute degli
uomini. Chi si ferma alla vita presente e alla terrena felicita`, non
riuscira` mai a intendere i disegni di Dio, che volle assoggettarci
alla prova quaggiu` per ricompensarci poi nel cielo. Tutto e`
subordinato a questo fine, non essendo i mali presenti che un mezzo
per purificarci l'anima, rinsaldarla nella virtu`, e farci acquistare
dei meriti; ogni cosa poi per la gloria di Dio che resta il fine
ultimo della creazione.

487. b) E` dunque un dovere per noi di sottometterci a Dio in tutti
gli avvenimenti lieti o tristi che siano, nelle pubbliche calamita` o
nelle private sventure, nelle intemperie delle stagioni, nella poverta`
e nei patimenti, nel lutto che ci colpisce come nel gaudio,
nell'ineguale ripartizione dei doni naturali o soprannaturali, nella
poverta` come nella ricchezza, nei rovesci come nei buoni successi,
nelle aridita` come nelle consolazioni, nella malattia come nella
sanita`, nella morte e nei dolori ed incertezze che l'accompagnano.
Come diceva il Santo Giobbe: 487-1 "Se riceviamo il bene dalla
mano di Dio, perche` non dovremo riceverne anche il male? Si bona
suscepimus de manu Dei, mala quare non suscipiamus?"S. Francesco di
Sales, commentando queste parole, ne ammira la bellezza: 487-2 "O
Dio, quale parole di grandissimo amore! Pensa, Teotimo, che dalla mano
di Dio Giobbe ricevette i beni, dichiarando con cio` che non aveva
tanto stimato i beni perche` beni quanto perche` provenivano dalla mano
del Signore. Stando cosi` le cose, ne conchiude che bisogna
amorosamente sopportare le avversita` perche` procedono dalla stessa
mano del Signore, che e` egualmente amabile quando distribuisce
afflizioni come quando largisce consolazioni". Le afflizioni infatti
ci porgono occasione di meglio attestare il nostro amore a Dio;
l'amarlo quando ci ricolma di beni e` cosa facile, ma spetta solo
all'amore perfetto il ricevere i mali dalla sua mano, non essendo essi
amabili se non per riguardo di chi li da`.

488. Questo dovere di sottomissione al beneplacito di Dio negli
avvenimenti tristi e` dovere di giustizia e d'obbedienza, perche` Dio e`
Supremo nostro Padrone che ha su di noi ogni autorita`; e` dovere di
sapienza, perche` sarebbe follia volersi sottrarre all'azione della
Provvidenza, mentre che nell'umile rassegnazione troviamo la pace; e`
dovere d'interesse, perche` la volonta` di Dio non ci prova che per
nostro bene, per esercitarci nella virtu` e farci acquistare dei
meriti; ma e` sopratutto dovere d'amore perche` l'amore e` dono di se`
fino all'immolazione.

489. c) Tuttavia, per agevolare alle anime tribolate la
sottomissione alla divina volonta`, e` bene, quando non sono ancor
giunte all'amor della croce, suggerir loro alcuni mezzi per addolcirne
i patimenti. Due rimedi li possono alleviare, uno negativo e l'altro
positivo. 1) Il primo e` di non aggravarli con falsa tattica: ci sono
di quelli che radunano i loro mali passati, presenti e futuri, e ne
formano come un ammasso che pare loro insopportabile. Bisogna invece
fare il contrario: a ogni giorno basta il suo malanno: "sufficit diei
malitia sua" 489-1. In cambio di ravvivar le ferite del passato
ormai cicatrizzate, bisogna o non pensarvi piu` o pensarvi solo per
considerare i vantaggi che se ne sono tratti: i meriti acquistati,
l'aumento di virtu` prodotto con la pazienza, l'assuefazione al dolore.
Cosi` il dolore si attenua; perche` un male non ci punge se non quando
vi fissiamo l'attenzione; una maldicenza, una calunnia, un insulto non
ci arrovellano se non quando li veniamo acrimoniosamente ruminando.

Quanto all'avvenire e` follia l'impensierirsene. E` certamente da savi
il prevederlo a fine di prepararvici per quanto possiamo; ma pensare
anticipatamente ai mali che possono coglierci e attristarcene, e` uno
sprecare il tempo e le forze a tutto nostro danno; perche` in fin dei
conti questi mali potrebbero non accadere; che se poi ci coglieranno,
penseremo allora a sopportarli con l'aiuto della grazia che ci sara`
data per addolcirli; in questo momento non l'abbiamo, onde, lasciati
alle sole nostre forze, non possiamo che soccombere sotto il peso d'un
carico che ci addossiamo da noi stessi. O non e` meglio abbandonarsi
nelle mani del Padre celeste e bandire inesorabilmente, come cattivi e
malefici, i pensieri o i fantasmi che ci rappresentano dolori passati
o futuri?

490. 2) Il rimedio positivo e` di pensare, nel momento in cui si
soffre, ai grandi vantaggi del dolore. Il dolore e` un educatore, e` una
forza, e` una fonte di meriti. E` un educatore, che ci illumina e ci
fortifica, rammentandoci che quaggiu` siamo poveri esiliati diretti
verso la patria e che non dobbiamo trastullarci a cogliere i fiori
delle consolazioni, la vera felicita` non potendosi avere che nel
cielo. Ora, come canta il poeta:

"Se l'esilio ci porge troppo amore,
Con la patria lo scambia il nostro cuore!"

E` anche una forza: l'abitudine del piacere fiacca l'attivita`,
svigorisce l'animo e dispone a vituperose cadute; il dolore invece,
non per se` ma per la reazione che provoca, tende e aumenta le energie
e ci rende atti alle piu` maschie virtu`, come si vide nel corso della
grande guerra.

491. B) E` pure una fonte di meriti per se` e per gli altri. I
patimenti, pazientemente sopportati per Dio e in unione con Gesu`
Cristo, meritano un peso eterno di gloria, come S. Paolo continuamente
ripeteva ai primi cristiani: "Stimo non adeguati i patimenti del
momento presente rispetto alla ventura gloria da rivelarsi in noi.
Perche` il momentaneo, leggiero fardello della tribolazione nostra,
oltre ogni misura sublimissimo eterno peso, di gloria prepara a noi:
Existimo enim quod non sunt condignae passiones hujus temporis ad
futuram gloriam quae revelabitur in nobis... 491-1 Momentaneum et
leve tribulationis nostrae... aeternum gloriae pondus operatur in
nobis" 491-2. E per le anime generose aggiunge che, soffrendo con
Gesu`, ne compiono la passione e contribuiscono con lui al bene della
Chiesa: "Adimpleo ea quae desunt passionum Christi in carne mea pro
corpore ejus quod est Ecclesia" 491-3. Il che infatti risulta
dalla dottrina della nostra incorporazione a Cristo, n. 142 e ss.
Questi pensieri non tolgono certamente il dolore ma ne attenuano in
modo singolare l'asprezza, facendocene toccar con mano la fecondita`.

Tutto dunque c'invita a conformare la nostra volonta` a quella di Dio,
anche in mezzo alle tribolazioni; vediamone ora i gradi.

3^ GRADI DI CONFIRMITA` ALLA VOLONTA` DI DIO.

492. S. Bernardo distingue tre gradi di questa virtu`, che
corrispondono ai tre gradi della perfezione cristiana: "L'incipiente,
mosso dal timore, sopporta la croce di Cristo pazientemente; il
proficiente, mosso dalla speranza, la porta con un certo gaudio; il
perfetto, consumato nella carita`, l'abbraccia con ardore" 492-1.

A) Gl'incipienti, sorretti dal timor di Dio, non amano i patimenti,
cercano anzi di scansarli; ma pure preferiscono patire anziche`
offendere Dio, e, pur gemendo sotto il peso della croce, la subiscono
con pazienza: sono rassegnati.

B) I proficienti, sorretti dalla speranza e dal desiderio dei beni
celesti, e sapendo che ogni patimento ci vale un peso eterno di
gloria, non cercano ancora la croce ma la portano volentieri con un
certo gaudio: "Euntes ibant et flebant mittentes semina sua; venientes
autem venient cum exultatione, portantes manipulos suos" 492-2.

C) I perfetti, guidati dall'amore, vanno piu` oltre: per glorificar Dio
che amano, per conformarsi piu` perfettamente a Gesu` Cristo, vanno
incontro alle croci, le desiderano, le abbracciano con ardore, non gia`
perche` siano amabili in se` ma perche` sono un mezzo di attestare il
nostro amore a Dio e a Gesu` Cristo. Si rallegrano, come gli Apostoli,
d'essere stati stimati degni di oltraggi per il nome di Gesu`: come S.
Paolo, sovrabbondano di gaudio in mezzo alle tribolazioni 492-3.
Quest'ultimo grado si chiama santo abbandono: ne riparleremo piu` tardi
trattando dell'amor di Dio 492-4.

II. Efficacia santificatrice della conformita` alla volonta` di Dio.

493. Da quanto dicemmo risulta chiaro che questa conformita` alla
volonta` di Dio non puo` che santificarci, perche` unisce la nostra
volonta`, e quindi pure le altre nostre facolta`, a Colui che e` la fonte
di ogni santita`. A meglio rilevarlo, vediamo in che modo ci purifica,
ci riforma e ci conforma a Gesu` Cristo.

494. 1^ Questa conformita` ci purifica. Gia` nell'antica Legge, Dio fa
spesso notare che e` pronto a perdonare tutti i peccati e a rendere
all'anima il fulgido candore della primitiva sua purita`, ov'ella cambi
di cuore e di volonta`: "Lavamini, mundi estote; auferte malum
cogitationum vestrarum ab oculis meis; quiescite agere perverse;
discite benefacere... Si fuerint peccata vestra ut coccinum, quasi nix
dealbabuntur... 494-1 ". Ora il conformare la propria volonta` a
quella di Dio, e` certamente un mutar di cuore, un cessare di far il
male, un imparare a fare il bene. E non e` pur questo il significato di
quel testo tante volte ripetuto: "Melior est enim oboedientia quam
victimae" 494-2? Nel Nuovo Testamento, N. Signore dichiara, fin dal
primo suo ingresso nel mondo, che con l'ubbidienza sostituira` tutti i
sacrifizi dell'Antica legge: "Holocautomata pro peccato non tibi
placuerunt, tunc dixi: Ecce venio... ut faciam, Deus, voluntatem
tuam" 494-3. Gesu` infatti ci redense con l'ubbidienza spinta fino
all'immolazione di se` nel corso di tutta la vita e principalmente sul
Calvario: "factus oboediens usque ad mortem, mortem autem
crucis" 494-4. Con l'ubbidienza dunque e con l'accettazione delle
prove provvidenziali, espieremo anche noi in unione con Gesu` i nostri
peccati e ci purificheremo l'anima.

495. 2^ Ci riforma. Cio` che ci deformo` e` l'amore disordinato del
piacere, a cui cedemmo per malizia o per fragilita`. Ora la conformita`
alla volonta` di Dio ci guarisce da questa doppia causa di ricadute.

a) Ci guarisce dalla malizia, che nasce anch'essa dall'attacco alle
creature e principalmente dall'attacco al proprio giudizio e alla
propria volonta`. Conformando infatti la nostra volonta` a quella di
Dio, accettiamo i giudizi suoi come regola dei nostri, i suoi precetti
e i suoi consigli come regola della nostra volonta`; ci distacchiamo
quindi dalle creature e da noi stessi e dalla malizia che da questi
attacchi derivava.

b) Rimedia alla nostra fragilita`, fonte di tante miserie; in cambio di
appoggiarci su noi stessi che siamo cosi` fragili, con l'ubbidienza ci
appoggiamo su Dio che, essendo onnipotente, ci fa partecipare alla sua
forza e resistere alle piu` gravi tentazioni: "Omnia possum in eo qui
me confortat" 495-1. Quando noi facciamo la sua volonta`, Dio si`
compiace di fare la nostra esaudendo le nostre preghiere e reggendo la
nostra debolezza.

Liberi cosi` dalla malizia e dalla debolezza, cessiamo d'offendere
deliberatamente Dio e veniamo a riformare a grado a grado la nostra
vita.

496. 3^ E la rendiamo quindi conforme a quella di Nostro Signore
Gesu` Cristo. a) La conformita` piu` reale, piu` intima, piu` profonda, e`
quella che esiste tra due volonta`. Ora, con la conformita` alla volonta`
di Dio, noi assoggettiamo e uniamo la volonta` nostra a quella di Gesu`,
il cui cibo era di fare la volonta` del Padre; come lui e con lui, noi
non vogliamo se non cio` che vuole Dio e cio` nel corso dell'intiero
giorno: abbiamo quindi fusione di due volonta` in una sola, unum velle,
unum nolle; non facciamo piu` che una cosa sola con lui, ne abbracciamo
i pensieri, i sentimenti, i voleri: "Hoc enim sentite in vobis quod et
in Christo Jesu" 496-1; onde potremo presto ripetere la parola di
S. Paolo: "Vivo autem, jam non ego, vivit vero in me
Christus 496-2 : vivo non gia` piu` io, ma vive in me Cristo".

497. b) Assoggettando la volonta`, assoggettiamo e uniamo a Dio tutte
le altre nostre facolta`, che sono sotto il dominio, e quindi l'anima
intiera, che si viene a poco a poco conformando ai sentimenti, ai
voleri, ai desideri di Nostro Signore; onde gradatamente acquista
tutte le virtu` del divino Maestro. Cio` che si disse della carita`,
n. 318, si puo` anche dire della conformita` alla volonta` di Dio
che ce e` la piu` autentica espressione; contiene dunque, come la
carita`, al dire di S. Francesco di Sales, tutte le virtu` 497-1:
"L'abbandono e` la virtu` delle virtu`; e` il fiore della carita`; l'odore
dell'umilta`; il merito, a quanto pare, della pazienza; e il frutto
della perseveranza". Percio` Nostro Signore chiama coi dolci nomi di
fratello, di sorella, di madre, quelli che fanno la volonta` di suo
Padre: "Quicumque enim fecerit voluntatem Patris mei, qui in cealis
est, ipse meus frater et soror et mater est" 497-2.