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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 01/05/2024 10:47
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30/03/2019 09:33
 
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Io vi dico: questi (...) tornò a casa sua giustificato »

Fr. Gavan JENNINGS
(Dublín, Irlanda)


Oggi, Gesù ci presenta due uomini che, di fronte ad un “osservatore” occasionale, potrebbero sembrare quasi identici, giacché essi si trovano allo stesso posto, svolgendo la stessa attività: entrambi «salirono al tempio a pregare» (Lc 18,10). Ma oltre le apparenze, nel profondo delle loro coscienze personali, i due uomini sono radicalmente differenti: l’uno, il fariseo, ha la coscienza tranquilla, mentre l’altro, il pubblicano -esattore delle tasse- si trova inquieto a causa dei suoi sentimenti di colpa.

Ai nostri giorni siamo propensi a considerare i sentimenti di colpa –il rimorso- come un qualcosa che si avvicina ad una aberrazione psicologica. Tuttavia la coscienza di colpa consente al pubblicano di uscire dal Tempio, con l’animo sollevato, giacché «questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato» (Lc 18,14) mentre l’altro no. «Il senso di colpa», ha scritto Benedetto XVI, quando Egli era ancora Cardinale Ratzinger (“Coscienza e verità”), rimuove la falsa tranquillità di coscienza e può essere chiamato, contraria alla mia “protesta della coscienza” contro la mia esistenza auto-compiacente. E’ tanto necessario all’uomo, come il dolore fisico che indica un’alterazione corporale delle funzioni normali».

Gesù non vuole indurci a pensare che il fariseo non stia dicendo la verità quando afferma di non essere avido, ingiusto, ne adultero, che digiuna e offre soldi al Tempio (cf. Lc 18,11); ma neppure che l’esattore delle tasse stia delirando al considerarsi peccatore. Non è questo il caso. Succede, invece che «il fariseo, anche lui, ha colpa. Egli ha la coscienza completamente chiara. Ma il “silenzio della coscienza” lo rende impenetrabile davanti a Dio e d’innanzi agli uomini, mentre il “grido della coscienza” inquieta il pubblicano e lo rende capace della verità e dell’ amore. «Gesù può riscuotere i peccatori!» (Benedetto XVI).
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