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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2024 09:21
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20/06/2021 08:13
 
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«Maestro, non t’importa che siamo perduti?»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, —in questi tempi di «grande tempesta»— siamo interpellati dal Vangelo. L'umanità ha vissuto drammi che, come onde violente, hanno abbattuto uomini e popoli interi, soprattutto durante il secolo XX e l’inizio del XXI. E a volte, viene dall'anima domandare: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4,38); Se Tu davvero esisti, se Tu sei il Padre, perché accadono questi eventi?

Alla memoria degli orrori dei campi di concentramento della seconda guerra mondiale, Benedetto XVI si chiede: "Dove era Dio in quei giorni? Perché taceva? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione?". Una domanda che Israele, nel Vecchio Testamento, si faceva: «Perché dormi, Signore? (...) Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?» (Sal 44,24-25).

Dio non risponderà queste domande: si può chiedere a Lui tutto meno il perché delle cose; non abbiamo il diritto di rendere conto. In realtà, Dio c’è e ci sta parlando; siamo noi che non siamo [in sua presenza] e, quindi, non ascoltiamo la sua voce. «Noi -dice Benedetto XVI- non possiamo scrutare il segreto di Dio – vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione».

In effetti, il problema non è che Dio non esiste o che non ci sia, ma che gli uomini viviamo come se Dio non esistesse. Ecco qui la risposta di Dio: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). Gesù disse questo agli apostoli, e così disse anche a Santa Faustina Kowalska: «Figlia mia, non avere paura di nulla, Io sono sempre con te, anche se sembra che non ci sono».

Non Gli domandiamo, piuttosto preghiamo e rispettiamo la sua volontà e ... allora ci saranno meno drammi ... e, stupiti, esclameremo: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,41). Gesù, confido in te!
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21/06/2021 08:00
 
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«Con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi»

Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo mi ha ricordato le parole della Marescialla del libro Il cavaliere della rosa, di Hug von Hofmansthal: «Nel come vi è la grande differenza». Dal come facciamo una cosa cambierà molto il risultato in molti aspetti della nostra vita, soprattutto quello spirituale.

Gesù dice: «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1). Ma Gesù aveva detto pure che dobbiamo correggere il fratello che è in peccato, e per ciò è necessario avere fatto prima qualche tipo di giudizio. Lo stesso San Paolo nei suoi scritti giudica la comunità di Corinto e San Pietro condanna di falsità Anania e sua moglie. In seguito a ciò, San Giovanni Crisostomo giustifica: «Gesù non dice che non dobbiamo evitare che un peccatore desista dal peccare, dobbiamo correggerlo, certo, ma non come un nemico che cerca la vendetta, ma come il medico che applica un rimedio». Il giudizio, dunque, sembra che dovrebbe essere con l´intenzione di correggere, mai con l´intenzione di vendetta.

Ma è ancora più interessante quello che dice Sant’Agostino: «Il Signore ci avverte di non giudicare precipitosamente ed ingiustamente (...). Pensiamo, in primo luogo, se noi non abbiamo commesso qualche peccato simile; pensiamo che siamo uomini fragili, e [giudichiamo] sempre con l'intenzione di servire Dio e non noi stessi». Se quando vediamo i peccati dei fratelli pensiamo nei nostri, non ci succederà, come dice il Vangelo, che avendo una trave nell'occhio, pretendiamo cacciare una pagliuzza dall´occhio di nostro fratello (cf. Mt 7,3).

Se siamo ben formati, vedremo le cose buone e le cattive degli altri, quasi in un modo incosciente: da ciò emetteremo un giudizio. Ma il fatto di guardare le mancanze altrui dai punti di vista citati ci aiuterà nel come dobbiamo giudicare: ci aiuterà a non giudicare per giudicare, o per dire qualcosa, o per occultare le nostre mancanze o, semplicemente perché tutti fanno così. E, finalmente, teniamo soprattutto presente le parole di Gesù: «con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,2).
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22/06/2021 10:26
 
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«Non date le cose sante ai cani»

Diácono D. Evaldo PINA FILHO
(Brasilia, Brasile)
Oggi il Signore ci fa tre raccomandazioni. La prima, «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci» (Mt 7,6), contrasti in cui i “beni” sono associati alle “perle” e alle “cose sante”; e, d’altra parte, i “cani” e i “porci” a ciò che è impuro. San Giovanni Crisostomo ci insegna che «i nostri nemici sono uguali a noi nella loro natura ma non nella loro fede». Nonostante i benefici terreni siano concessi nello stesso modo a persone degne e indegne, non è così per ciò che riguarda le “grazie spirituali”, privilegio di coloro che sono fedeli a Dio. La giusta distribuzione dei beni spirituali implica uno zelo per le cose sacre.

La seconda è la cosiddetta chiamata “regola d’oro” (cf. Mt 7, 12), che compendiava tutto ciò che la Legge e i Profeti raccomandarono, come rami di un unico albero: l’amore al prossimo presuppone l’Amore a Dio, e da Lui proviene.

Fare al prossimo ciò che vogliamo che gli uomini facciano a noi comporta una trasparenza di gesti verso l’altro, riconoscendo la sua somiglianza a Dio, la sua dignità. Per quale ragione cerchiamo il bene per noi stessi? Perché lo riconosciamo come mezzo di identificazione e di unione con il Creatore. Essendo il Bene l’unico mezzo per la vita in pienezza, è inconcepibile la sua assenza nel nostro rapporto col prossimo. Non c’è posto per il bene qualora prevalga la falsità e predomini il male.

Per ultimo, la “porta stretta”… Papa Benedetto XVI ci chiede: «Che vuol dire questa ‘porta stretta’? Perché molti non possono attraversarla? È forse un passaggio riservato per pochi eletti?» No! Il messaggio di Cristo «ci dice che tutti possiamo entrare nella vita. Il passaggio è ‘stretto’, ma aperto a tutti; ‘stretto’ perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo».

Preghiamo affinché il Signore, che realizzò la salvezza universale con la sua morte e risurrezione, ci riunisca tutti nel banchetto della vita eterna.
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23/06/2021 08:42
 
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«Dai loro frutti li riconoscerete»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)
Oggi, viene posto innanzi al nostro sguardo un nuovo contrasto evangelico, tra gli alberi buoni e cattivi. Le affermazioni di Gesù al rispetto sono così semplici da sembrare quasi banali. Ed è giusto dire che non lo sono affatto! Non lo sono, così come non lo è la vita reale di ogni giorno.

Queste ci insegnano che vi sono buoni che degenerano e finiscono col dare cattivi frutti, e che, al contrario, vi sono cattivi che cambiano e finiscono col dare frutti buoni. Cosa significa quindi, in definitiva, che «ogni albero buono produce frutti buoni» (Mt 7, 17)? Significa che ciò che è buono lo è in quanto non viene a meno facendo il bene. Fa il bene e non si stanca. Fa il bene e non cede alla tentazione di fare il male. Fa il bene e persevera fino all’eroismo. Fa il bene e, se per caso arrivasse a cedere davanti alla fatica di operare così, di cadere nella tentazione di fare del male, o di spaventarsi al requisito non negoziabile, lo riconosce sinceramente, lo confessa veramente, si pente di cuore e... rincomincia.

Ah! E lo fa, tra l’altro, perché sa che se non da dei frutti buoni sarà tagliato e gettato al fuoco (il santo temore di Dio mantiene la vite del buon vigneto!), e perché, conoscendo la bontà degli altri attraverso le loro opere buone, sa, non solo per propria esperienza, ma anche per esperienza sociale, che egli solo é buono e può essere riconosciuto come tale dai fatti e non dalle sole parole.

Non basta col dire «Signore, Signore!». Così come ci ricorda Giacomo, la fede si riconosce attraverso le opere: «Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2, 18).
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24/06/2021 07:56
 
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Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito»

Rev. D. Joan MARTÍNEZ Porcel
(Barcelona, Spagna)
Oggi festeggiamo solennemente la nascita del Battista. San Giovanni è un uomo di grandi contrasti: vive il silenzio del deserto, però da lì muove la folla e la invita con voce convincente alla conversione; è umile per riconoscere che egli è soltanto la voce, non la parola, però non ha nessun impedimento ed è capace di accusare e denunziare le ingiustizie, anche gli stessi re; invita a suoi discepoli ad andare da Gesù, però non rifiuta di conversare con il Re Erode mentre si trova in prigione. Silenzioso e umile, è anche coraggioso, è deciso fino a far versare il suo sangue. Giovanni il Battista è un gran uomo! il maggiore dei nati da una donna, così sarà elogiato da Gesù; però è soltanto il precursore di Cristo.

Chissà, il segreto della sua grandezza stia nella sua consapevolezza di sentirsi prescelto da Dio; così lo esprime l’evangelista: «Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele» (Lc 1,80). Tutta la sua infanzia e gioventù è stata segnata dalla consapevolezza della sua missione: dare testimonianza; e lo fa battezzando Cristo nel Giordano, preparando per il Signore un popolo ben disposto e, alla fine della sua vita, versando il suo sangue a favore della verità. Con la nostra conoscenza su Giovanni, possiamo rispondere alle domande di suoi contemporanei: «Chi sarà mai questo bambino?» (Lc 1,66).

Tutti noi, per il battesimo siamo stati scelti e inviati a dare testimonianza del Signore. In un ambiente di indifferenza, San Giovanni è modello e aiuto per noi; San Agostino ci dice: «Ammira Giovanni quanto ti sia possibile, giacché ciò che ammiri profitta Cristo. Profitta Cristo, ripeto, non perché tu gli offra qualcosa a Lui, ma per progressare tu in Lui». In Giovanni le sue attitudini di precursore, manifestate nella sua preghiera attenta allo Spirito, nella sua fortezza e umiltà, ci aiutano ad aprire nuovi orizzonti di Santità per noi e per i nostri fratelli.
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26/06/2021 08:21
 
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«Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito»

Rev. D. Xavier JAUSET i Clivillé
(Lleida, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, vediamo l'amore, la fede, la fiducia e l'umiltà di un centurione, che sente una stima profonda verso il suo servo. Si preoccupa tanto di lui, che è capace di umiliarsi di fronte a Gesù e chiedergli: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8,6). Questa richiesta, d'altronde, specialmente per un servo, ottiene da Gesù una risposta immediata: «Io verrò e lo curerò» (Mt 8,7). E tutto sbocca in una serie di atti di fede e di fiducia. Il centurione non si considera degno e, accanto a questo sentimento, manifesta la sua fede davanti a Gesù e di fronte a tutti quelli che erano lì presenti, in tal modo che Gesù dice «Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande» (Mt 8,10).

Possiamo domandarci che cosa muove Gesù a realizzare il miracolo. Quante volte chiediamo e sembra che Dio non ci ascolti!, anche se sappiamo che Dio ci ascolta sempre. Dunque, cosa succede? Crediamo di chiedere bene, ma, lo facciamo come il centurione? La sua preghiera non è egoista, ma piena di amore, umiltà e fiducia. Dice San Pietro Crisologo: «La forza dell'amore non misura le possibilità (...). L'amore non distingue, non riflette, non conosce ragioni. L'amore non è rassegnazione davanti all'impossibilità, non s'intimorisce di fronte a nessuna difficoltà». È così la mia preghiera?

«Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto...» (Mt 8,8). È la risposta del centurione. Sono così i tuoi sentimenti? È così la tua fede? «Solo la fede può capire questo mistero, questa fede che è il fondamento e la base di quanto oltrepassa l'esperienza e la conoscenza naturale» (San Massimo). Se è così, anche tu ascolterai: «"Và, e sia fatto secondo la tua fede". In quell'istante il servo guarì» (Mt 8,13).

Santa Maria, Vergine Madre!, Maestra di fede, di speranza e d'amore sollecito, insegnaci a pregare come conviene per ottenere dal Signore tutto quello di cui abbiamo bisogno.
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27/06/2021 07:35
 
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«Soltanto abbi fede!»

Fray Valentí SERRA i Fornell
(Barcelona, Spagna)
Oggi san Marco ci presenta una valanga di bisognosi che si avvicina a Gesù-Salvatore alla ricerca di consolazione e salute. Non solo, quel giorno si fece strada tra la folla un uomo chiamato Giairo, il capo della sinagoga, per implorare la salute per la sua figliola: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva» (Mc 5,23).

Forse quell’uomo conosceva di vista Gesù, avendolo incontrato tante volte nella sinagoga e, trovandosi così disperato, decise di invocare il suo aiuto. In ogni caso, Gesù, percependo la fede di quel padre afflitto, ascoltò la sua richiesta; solo che mentre si dirigeva verso la sua casa arrivò la notizia che la bambina era già morta e che era inutile disturbarlo: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?» (Mc 5,35).

Gesù, rendendosi conto della situazione, chiese a Giairo che non si lasciasse influenzare dal pessimismo dell’ambiente, dicendogli: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36). Gesù chiese a quel padre una fede più grande, capace di andare più in là dei dubbi e della paura. Arrivato a casa di Giairo, il Messia ridiede la vita alla bambina con le parole: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (Mc 5,41).

Anche noi dovremmo avere più fede, quella fede che non dubita di fronte alle difficoltà e alle prove della vita e che sa maturare nel dolore mediante la nostra unione con Cristo, così come ci suggerisce Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Spe Salvi (Nella speranza siamo salvati): «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore».
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28/06/2021 06:55
 
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«Seguimi»

Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci presenta –attraverso due personaggi- una qualità del buon discepolo di Gesù: il distacco dai beni materiali. Ma prima, il testo di san Matteo ci offre un particolare che non vorrei che passasse inavvertito: «Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé...» (Mt 8,18). La moltitudine si riunisce attorno al Signore per ascoltare la sua parola, essere guarita delle loro sofferenze materiali e spirituali; cercano la salvazione e un alito di Vita eterna in mezzo agli andirivieni di questo mondo.

Come allora, qualcosa di simile succede nel nostro mondo attuale: -più o meno coscientemente- abbiamo bisogno di Dio, di soddisfare il cuore dei beni veri, quali sono la conoscenza e l'amore di Gesucristo ed una vita di amicizia con Lui. Altrimenti, cadiamo nella trappola di voler riempire il nostro cuore con altri “dei” che non possono dar senso alla nostra vita: il telefonino, internet, il viaggio alle Bahamas, il lavoro sfrenato per guadagnare sempre più soldi, la macchina migliore di quella del vicino, o la palestra per pavoneggiarsi del miglior corpo del mondo... È ciò che capita a molti nell'attualità.

In contrasto, risuona il grido pieno di forza e di fiducia di Papa Giovanni Paolo ll parlando alla gioventù: «Si può essere moderni e profondamente fedeli a Gesucristo». Perciò è necessario, come il Signore, il distacco da tutto quello che ci lega ad una vita troppo materializzata e che chiude le porte allo Spirito.

«ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo (...). Seguimi» (Mt 8,22), ci dice il Vangelo di oggi. E san Gregorio Magno ci ricorda: «Teniamo le cose temporali per l'uso, quelle eterne nel desiderio; serviamoci delle cose terrene per il cammino, e desideriamo quelle eterne per la fine della giornata». È un buon criterio per esaminare come seguiamo Gesù.
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29/06/2021 07:00
 
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«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»

Mons. Jaume PUJOL i Balcells, Archivescovo Emerito di Tarragona
(Tarragona, Spagna)
Oggi celebriamo la solennità di San Pietro e St. Paolo, che furono fondamenta della Chiesa primitiva e, quindi, della nostra fede cristiana. Apostoli del Signore, testimoni della prima ora, vissero quei momenti iniziali della espansione della Chiesa e sigillarono con il suo sangue la loro fedeltà a Gesù. Auguriamoci che noi, cristiani del secolo XXI, sappiamo essere testimoni credibili dell'amore di Dio tra gli uomini, come lo furono i due Apostoli e come lo sono stati tanti e tanti dei nostri concittadini.

In uno dei primi interventi di Papa Francesco, rivolgendosi ai cardinali, ha detto loro che dobbiamo «camminare, costruire e confessare». Cioé, dobbiamo andare avanti sulla nostra strada vitale, costruendo la Chiesa e confessando il Signore. Il Papa ha avvertito: «Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore».

Abbiamo sentito nel Vangelo della Messa un fatto centrale per la vita di Pietro e la Chiesa. Gesù chiede a quel pescatore di Galilea un atto di fede nella sua condizione divina e Pedro non esita a dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Immediatamente, Gesù istituì il primato, dicendo a Pietro che sarebbe la roccia sulla quale la Chiesa sarà costruita nel tempo (cfr Mt 16,18) e dandogli il potere delle chiavi, la potestà suprema.

Anche se Pietro e i suoi successori sono assistiti dalla forza dello Spirito Santo, hanno bisogno lo stesso della nostra preghiera, perché la missione che hanno è di grande importanza per la vita della Chiesa: devono essere fondamento sicuro per tutti i cristiani lungo il tempo; per ciò ogni giorno dobbiamo pregare anche per il Santo Padre, per la sua persona e per le sue intenzioni.
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30/06/2021 08:45
 
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«Lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo una triste “Contrapposizione” poiché ammiriamo il potere e la maestà divina di Gesù Cristo, a chi volontariamente si sottomettono i demoni (segno certo dell’arrivo del Regno dei cieli). Però, allo stesso tempo, deploriamo la grettezza e meschinità di cui è capace il cuore umano al respingere il messaggero della Buona Notizia: «Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio» (Mt 8,34). E “triste” perché «la luce vera (...) venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,9.11).

Ancor più contrasto e più sorpresa se facciamo attenzione al fatto che l’uomo è libero e questa libertà ha il “potere di fermare” il potere infinito di Dio. Diciamolo in un’altro modo: l’infinito potere di Dio arriva fino a dove glielo permette la nostra “potente” libertà. E questo è così perché Dio ci ama principalmente con un’amore di Padre e, pertanto non ci deve sembrare strano che Lui sia molto rispettoso della nostra libertà: Lui non impone il suo amore, piuttosto ce lo propone.

Dio, con saggezza e bontà infinite, governa provvidenzialmente l’universo, rispettando la nostra libertà; anche quando questa libertà umana gli volta la schiena e non vuole accettare la sua volontà. Contrariamente a quello che sembrerebbe, il mondo non Gli sfugge dalle mani: Dio porta tutto a buon termine, nonostante gli impedimenti che possiamo porGli. Infatti, i nostri impedimenti sono, prima di tutto, impedimenti per noi stessi.

In certo modo, si potrebbe affermare che «di fronte alla libertà umana Dio ha voluto rendersi “impotente”. E si può dire anche che Dio sta pagando per questo grande dono [la libertà] che ha concesso a una creatura creata da Lui a sua immagine e somiglianza [l’uomo]» (Giovanni Paolo II). ¡Dio paga!: se lo confiniamo, lui ubbidisce e se ne va. Lui paga, ma noi perdiamo. Guadagniamo, in cambio, quando rispondiamo come Santa Maria: «Ecco la schiava del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).
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01/07/2021 07:30
 
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Àlzati, prendi il tuo letto e va’ a casa tua»

Rev. D. Francesc NICOLAU i Pous
(Barcelona, Spagna)
Oggi, troviamo nel Vangelo una delle tante manifestazioni della bontà misericordiosa del Signore. Tutte ci dimostrano aspetti ricchi in dettagli. La carità del Signore, che agisce con misericordia, va dalla resurrezione di un morto o alla guarigione della lebbra, fino al perdono di una donna, pubblica peccatrice, passando per molte altre guarigioni di malattie e la redenzione di peccatori pentiti. Quest’ultimo è anche espresso in parabole, come quella della pecora smarrita, la dracma persa e il figlio prodigo.

Il Vangelo di oggi è una dimostrazione della misericordia del Salvatore in due aspetti nello stesso tempo: d’innanzi alla malattia del corpo e d’innanzi a quella dell’anima. E visto che l’anima è più importante, Gesù inizia da qui. Sa che il malato è pentito delle sue colpe, vede la sua fede e di quelli che lo portano, e dice «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mt 9,2).

Perché inizia da dove nessuno glielo ha chiesto? È chiaro che legge i suoi pensieri e sa che è proprio questo di cui sarà grato questo paralitico, che, probabilmente, vedendosi di fronte alla santità di Cristo, sentirebbe confusione e vergogna per le proprie colpe, con un certo timore che potessero essere di ostacolo per la grazia della salute. Il Signore vuole calmarlo. Non importa che i maestri della legge mormorino nei loro cuori. Piuttosto, fa parte del suo messaggio dimostrare che è venuto a elargire misericordia con i peccatori, e ora lo vuole proclamare.

E coloro, che, cechi per l’orgoglio, si ritengono giusti, non accettano la chiamata di Gesù; e al contrario lo accolgono quelli che sinceramente si considerano peccatori. Davanti a loro Dio si manifesta perdonandoli. Come dice San Agostino, «l’uomo orgoglioso è una grande miseria, però più grande è la misericordia del Dio umile». E in questo caso, la misericordia divina va ancor più in là: come aggiunta al perdono gli restituiste la salute: «alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e và a casa tua» (Mt 9,6). Gesù vuole che la felicità del peccatore convertito sia completa.

La nostra fiducia in Lui si deve consolidare. Pero sentiamoci peccatori per non escluderci dalla grazia.
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02/07/2021 07:57
 
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«Seguimi»

+ Rev. D. Pere CAMPANYÀ i Ribó
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci parla di una vocazione, quella del pubblicano Matteo. Gesù stà preparando il piccolo gruppo di discepoli che dovranno continuare la Sua opera di salvazione. Lui sceglie chi vuole: saranno pescatori o procedenti da una modesta professione. Chiama, a che lo segua, finanche un esattore delle imposte, professione disprezzata dai giudei –che si consideravano osservanti perfetti della legge-, perchè la consideravano quasi fosse una vita peccatrice, perchè riscuotevano imposte da parte del governatore romano, al quale non volevano assoggettarsi.

E’ sufficiente l’invito di Gesù: «Seguimi» (Mt 9,9). Per una parola del Maestro, Matteo lascia la sua professione e, contentissimo, L’invita a casa sua per celebrarvi un banchetto di riconoscenza. Era normale che Matteo avesse un gruppo di buoni amici della sua stessa professione, affinchè l’accompagnassero a partecipare di quel convito. Secondo i farisei, tutta quella gente era peccatrice, riconosciuta pubblicamente come tale.

I farisei non possono star zitti e commentano con alcuni discepoli di Gesù: «Come mai il vostro maestro mangia assieme ai pubblicani e ai peccatori?» (Mt 9,10). La risposta di Gesù arriva immediatamente: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9,12). Il paragone è perfetto: «Non sono venuto (...) a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).

Le parole di questo Vangelo sono di grande attualità. Gesù continua ad invitarci a seguirLo, ognuno secondo il suo stato e professione. Seguire Gesù, però, esige lasciare passioni disordinate, cattiva condotta familiare, perdere tempo, per potersi dedicare alla preghiera, al banchetto eucaristico, alla pastorale missionaria. In realtà «un cristiano non è padrone di sè stesso, ma deve dedicarsi al servizio di Dio» (Sant’Ignazio d’Antiochia).

Certamente il Signore mi chiede un cambio di vita e, così, mi domando: a quale gruppo appartengo? A quello delle persone che tendono alla perfezione o a quello delle persone che si riconoscono sinceramente smarrite nel buio? Non è forse vero che posso migliorare? Coraggio, allora, e fiducia nel Signore!
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03/07/2021 08:19
 
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Mio Signore e mio Dio!»

+ Rev. D. Joan SERRA i Fontanet
(Barcelona, Spagna)
Oggi, la Chiesa celebra la festa di San Tommaso. L'evangelista Giovanni, dopo aver descritto l'apparizione di Gesù, la stessa Domenica di Risurrezione, ci dice che l’apostolo Tommaso non era lì, e quando gli apostoli -che avevano visto il Signore– lo stavano testimoniando Tommaso rispose: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Gv 20,25).

Gesù è buono e va all’incontro di Tommaso. Trascorsi otto giorni, Gesù appare nuovamente e dice a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” (Gv 20,27).

-Oh Gesù, che buono che sei! Se vedi che qualche volta mi allontano da te, vienimi incontro, così come fosti all’incontro di Tommaso.

La reazione di Tommaso furono queste parole: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). Che belle sono queste parole di Tommaso! Gli dice "Signore" e "Dio". È un atto di fede nella divinità di Gesù. Al vederlo risorto, non vede più solo l'uomo Gesù, che stava con gli apostoli e mangiava con loro, ma al suo Signore e al suo Dio.

Gesù lo rimprovera e dice lui di non essere incredulo ma credente, e aggiunge: “beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29). Noi non abbiamo visto a Cristo crocifisso, e neppure a Cristo risorto, neppure ci è apparso, ma siamo felici perché crediamo in questo Gesù Cristo che è morto ed è risorto per noi.
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05/07/2021 08:08
 
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«La tua fede ti ha salvata»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, la liturgia della Parola ci invita ad ammirare due magnifiche manifestazioni di fede. Così straordinarie che conquistarono e commossero il cuore di Gesù provocando —immediatamente— la sua risposta. Il Signore non si lascia vincere in generosità.

« Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà» (Mt 9,18). Quasi potremmo dire che con fede risoluta “obblighiamo” a Dio. A Lui piace questa specie di obbligazione. Anche l’altra testimonianza di fede nel Vangelo di oggi è impressionante: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» (Mt 9,22).

Si potrebbe affermare che Dio, addirittura, si lascia “manipolare” di buon grado dalla nostra buona fede. Quello che non ammette è che lo tentiamo con sfiducia. Questo fu il caso di Zaccaria, che chiese una prova all‘arcangelo Gabriele: «Ma Zaccaria disse all’angelo: Come posso conoscere questo?» (Lc 1,18). L’arcangelo non arretrò di un passo «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio (...).Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo» (Lc 1,19-20). E così fu.

E’ Lui stesso che vuole “obbligarsi” e “legarsi” con la nostra fede: «Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11,9). Lui è nostro Padre e non vuole negare nulla di ciò che conviene ai suoi figli.

Però è necessario manifestargli con fiducia le nostre richieste; la fiducia e la connaturalità con Dio richiedono tatto: per aver fiducia di qualcuno, dobbiamo conoscerlo; e per conoscerlo dobbiamo frequentarlo. Così «la fede fa germogliare la preghiera, e la preghiera —quando germoglia— raggiunge la fermezza della fede» (Sant’Agostino). Non dimentichiamo la lode che meritò Santa Maria: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore!» (Lc 1,45).
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06/07/2021 09:16
 
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Pregate (...) il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!»

Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci racconta la guarigione di un indemoniato muto provocando reazioni diverse nei farisei e nella folla. Mentre i farisei, di fronte alla prova innegabile di un miracolo, la attribuiscono a poteri demoniaci —«Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni» (Mt 9,34)— la folla è stupita: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!» (Mt 9,33). San Giovanni Crisostomo, commentando questo passaggio, dice: «Quello che veramente infastidiva i farisei è che consideravano Gesù superiore a tutti, non solo quelli che già esistevano, ma a anche a tutti quelli che erano esistiti prima».

Gesù non era preoccupato per l'ostilità dei farisei. Lui rimaneva fedele alla sua missione. Inoltre, Gesù, di fronte alla evidenza che le guide d’Israele, invece di prendersi cura e pascere il gregge, quello che facevano era smarrirlo, ebbe pietà di quelle folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Che le moltitudini vogliono e apprezzano una buona guida è stato dimostrato con le visite pastorali di San Giovanni Paolo II a tanti paesi del mondo. Quante moltitudini si sono raccolte intorno a lui! Come ascoltavano la sua parola, soprattutto i giovani! Anche se il Papa non riduceva il messaggio del Vangelo, ma lo predicava in tutta la sua intensità.

Tutti noi, «se fossimo coerenti con la nostra fede, —dice san Josemaría Escrivá— guardando intorno e contemplando lo spettacolo della storia e del mondo, non potremo evitare di sentire che sorgono nei nostri cuori gli stessi sentimenti che animarono quelli di Gesù Cristo», e ciò ci condurrebbe ad una generosa opera apostolica. Però è evidente la disparità che esiste fra le moltitudini che attendono la predicazione della Buona Nuova del Regno e la scarsezza di operai. La soluzione è data da Gesù alla fine del Vangelo: pregate il signore della messe perché mandi operai nella sua messe (cf. Mt 9,38).
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07/07/2021 08:37
 
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Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino»

Rev. D. Fernando PERALES i Madueño
(Terrassa, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci mostra Gesù inviando i suoi discepoli in missione: «Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti» (Mt 10,5). I dodici discepoli formano il “Collegio Apostolico”, vale a dire “missionario”; la Chiesa, nel suo pellegrinaggio terreno, è una comunità missionaria, da quando si è originata nel compimento della missione del Figlio e lo Spirito Santo d'accordo con le determinazioni di Dio Padre. Nello stesso modo in cui Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico Collegio Apostolico istituito dal Signore, così il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, conformano un'unità sulla quale ricade il dovere di annunziare il Vangelo per tutta la terra.

Tra i discepoli inviati in missione troviamo quelli ai quali Cristo ha conferito un posto prominente e una responsabilità maggiore, come Pietro; e altri come Taddeo, di chi quasi non abbiamo notizie; tuttavia, i vangeli ci comunicano la Buona Notizia, non sono stati scritti per soddisfare la curiosità. Noi, da parte nostra, dobbiamo pregare per tutti i vescovi, per quelli noti e per quelli meno noti, e vivere in comunione con tutti: «Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli» (Sant'Ignazio di Antiochia). Gesù non cercò persone istruite, ma semplicemente disponibili, capaci di seguirlo fino alla fine. Questo mi insegna che anch'io, come cristiano, devo sentirmi responsabile di una parte dell'opera di salvazione di Gesù. Allontano il male?, Dò aiuto ai miei fratelli?

Come l'opera è nel suo inizio, Gesù si affretta a circoscrivere l’apostolato dei discepoli ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. E strada facendo, predicate che il Regno dei Cieli è vicino» (Mt 10,5-6). Oggi si deve fare ciò che si può, con la certezza che Dio chiamerà tutti i pagani e i samaritani in un’altra fase della attività missionario missionaria.
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08/07/2021 07:36
 
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Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino»

Rev. D. Antonio BORDAS i Belmonte
(L’Ametlla de Mar, Tarragona, Spagna)
Oggi, il testo del Vangelo ci invita ad evangelizzare; ci dice: «Predicate» (cf. Mt 10,7). L’annuncio è la buona notizia di Gesú, che cerca di parlarci del Regno di Dio, che Egli è il nostro Salvatore, inviato dal Padre al mondo e, per questa ragione, l’unico che ci puó rinnovare dal di dentro e cambiare la societá in cui viviamo.

Gesú annunciava che «il Regno dei cieli è vicino» Mt 10,7). Egli era Colui che annunciava che il Regno di Dio si faceva presente tra gli uomini e le donne, secondo che avanzava il bene e retrocedeva il male.

Gesú vuole la salvezza dell’uomo completo, nel suo corpo e nel suo spirito; anzi, di fronte all’enigma che preoccupa l’umanitá, che rappresenta la morte, Gesú propone la risurrezione. Colui che vive, morto per il peccato, riacquistando la la grazia, vive una nuova vita. Questo è un grande mistero che cominciamo a provare fin dal nostro battesimo: i cristiani siamo chiamati alla risurrezione!

Una prova che dá il Papa Francesco che cerca il bene dell’uomo è quando dice: «Questa “cultura dell’usa e getta ci ha resi insensibili davanti allo sperpero ed allo spreco degli alimenti. In altri tempi i nostri nonni badavano molto a non buttar niente degli alimenti che rimanevano. Quelli che si buttano è come se si rubassero dalla mensa dei poveri, di quanto essi hanno fame!».

Gesú ci dice di essere sempre portatori di pace. Quando i sacerdoti portano l’Eucaristia agli ammalati dicono: «La pace del Signore entri in questa casa!». E la pace di Cristo resta lí, se ci sono persone degne di essa. Per ricevere i doni del Regno di Dio è necessaria una buona disposizione interiore. D’altra parte, vediamo pure come c’è molta gente che cerca scuse per non ricevere il Vangelo.

Noi abbiamo una grande responsabilitá tra gli uomini, ed è che non possiamo lasciare di annunciare il Vangelo dopo d’aver creduto, perché viviamo di esso e vogliamo che cosí lo vivano anche gli altri.
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09/07/2021 08:10
 
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«Sarete odiati da tutti a causa del mio nome»

P. Josep LAPLANA OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo rileva le difficoltà e le contraddizioni che il cristiano dovrà soffrire per causa di Cristo e del suo Vangelo, e come dovrà resistere e perseverare fino alla fine. Gesù ci promise: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); però non ha promesso ai suoi un cammino facile, al contrario, disse loro: «Sarete odiati da tutti per causa del mio nome» (Mt 10,22).

La Chiesa e il mondo sono due realtà di “difficile” convivenza. Il mondo, che la Chiesa deve convertire a Gesù Cristo, non è una realtà neutra, come se fosse cera vergine che solo aspetta il timbro che le dia forma. Questo sarebbe stato così solamente se non avessimo avuto una storia di peccato fra la creazione dell’uomo e la sua redenzione. Il mondo, come struttura allontanata da Dio, obbedisce ad un altro signore, che il Vangelo di San Giovanni nomina come “il signore di questo mondo”, il nemico dell’anima, al quale il cristiano ha fatto giuramento —nel giorno del suo battesimo— di disobbedienza, di confronto, per appartenere solo al Signore e alla Madre Chiesa che lo ha generato in Gesù Cristo.

Però il battezzato continua vivendo in questo mondo e non in altri, non rinuncia alla cittadinanza di questo mondo, nemmeno gli nega il suo onesto apporto per sostenerlo e migliorarlo; i doveri di cittadinanza civica sono anche doveri cristiani; pagare le tasse è un dovere di giustizia per il cristiano. Gesù disse che i suoi seguaci siamo nel mondo, però non siamo del mondo (cf Gv 17,14-15). Non apparteniamo al mondo incondizionalmente, solo apparteniamo del tutto a Gesù Cristo e alla Chiesa, vera patria spirituale che è qui nella terra e che attraversa la barriera dello spazio e del tempo per sbarcarci nella patria definitiva del cielo.

Questa doppia cittadinanza si scontra immancabilmente con le forze del peccato e del dominio che muovono i meccanismi mondani. Ripassando la storia della chiesa, Newman diceva che «La persecuzione è la marca della Chiesa e chissà la più durevole di tutte».
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11/07/2021 09:05
 
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Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due»

Rev. D. Jordi SOTORRA i Garriga
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, Domenica XV (B) del Tempo Ordinario, leggiamo sul Vangelo che Gesù manda i Dodici, a due a due, a predicare. Finora hanno accompagnato il Maestro lungo i cammini della Galilea, ma ora è giunto il momento di iniziare la diffusione del Vangelo, la Buona Novella: la notizia che il nostro Padre Dio ci ama con amore infinito e che ci ha portato alla vita per renderci felici per l’intera eternità. Questa notizia è per tutti. Nessuno deve essere escluso dall'insegnamento liberatrice di Gesù. Nessuno è escluso dall'amore di Dio. E’ necessario raggiungere l’ultimo angolo del mondo. Dobbiamo proclamare la gioia della salvezza piena e universale, per mezzo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per noi, è morto e risorto e attivamente presente nella Chiesa.

Dotati «con potere sugli spiriti immondi» (Mc 6,7) e con uno sfondo quasi inesistente -«E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa» (Mc 6,8)- iniziano la missione della Chiesa. L'efficacia della sua predicazione evangelica, non provenirà dunque da influenze umane o materiali, ma del potere di Dio e della sincerità, la fede e la testimonianza di vita del predicatore. «Tutto lo slancio, l'energia e la consegna dei missionari proviene dalla sorgente che è l'amore di Dio riversato nei nostri cuori con il dono dello Spirito Santo» (Giovanni Paolo II).

In questi giorni la buona notizia non è ancora raggiunta ovunque, né con l'intensità necessaria. C’è da predicare la conversione, si deve sconfiggere gli spiriti maligni.

Quelli che abbiamo ricevuto la Buona Novella, la sappiamo valorare? Siamo coscienti di essa? Siamo grati? Sentiamoci inviati, missionari, invitati a predicare con il buon esempio e, se necessario, con la parola per far che la Buona Novella non manchi a coloro che Dio ha posto sul nostro cammino.
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12/07/2021 07:38
 
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Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me»

Rev. D. Valentí ALONSO i Roig
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci offre una miscela esplosiva di raccomandazioni; è come uno di quei banchetti di moda dove i piatti sono piccole “razioni” da assaggiare. Si tratta di consigli profondi e duri da digerire, destinati ai suoi discepoli nel bel mezzo di un processo di formazione e preparazione missionaria (cf. Mt 11,1). Per degustarli, dobbiamo contemplare il testo in gruppi separati.

Gesù incomincia facendo conoscere l’effetto del suo insegnamento. Oltre agli effetti positivi, evidenti nella azione del Signore, il Vangelo evoca i contrattempi e gli effetti secondari della sua predicazione: «i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa» (Mt 10,36). Questo è il paradosso di vivere nella fede: la possibilità di affrontarsi gli uni contro gli altri, compresi quelli più vicini a noi, quando non capiamo chi é Gesù, il Signore, e non lo capiamo come il Maestro della comunione.

In un secondo momento, Gesù ci chiede di occupare il massimo grado nella scala dell’amore: «chi ama padre o madre più di me...» (Mt 10,37), «chi ama figlio o figlia più di me...» (Mt 10,37). Così, ci propone lasciarci accompagnare da Lui come in presenza di Dio, poiché «chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). L’effetto di vivere accompagnati dal Signore, accolto nella nostra casa, è godere della ricompensa dei profeti e dei giusti, perché abbiamo ricevuto a un profeta e un giusto.

La raccomandazione del Maestro finisce per dar valore ai piccoli gesti di aiuto e di appoggio per chi vive nella compagnia del Signore, ai suoi discepoli, che siamo tutti i cristiani. «E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo...» (Mt 10,42). Da questo consiglio nasce una responsabilità: riguardo al prossimo, dobbiamo essere coscienti del fatto che chi vive con il Signore, chiunque essi sia, deve essere trattato come tratteremmo il Signore. Dice San Giovanni Crisostomo: «se l’amore fosse sparso dappertutto, nascerebbero da lui un’infinità di beni».
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13/07/2021 10:43
 
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Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida»

Fr. Damien LIN Yuanheng
(Singapore, Singapore)
Oggi, Cristo rimprovera due città di Galilea, Corozain e Betsaida per la loro incredulità:« Guai a te, Corozain! Guai a te, Betsaida! Perché se a Tiro ed a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, (…) si sarebbero convertite» Mt 11,21). Lo stesso Gesù dà testimonio favorevole per le città fenicie di Tiro e Sidone: queste avrebbero fatto penitenza, con grande umiltà, se avessero visto le meraviglie del potere divino.

Nessuno si sente felice al ricevere un solenne rimprovero. Dev’essere, infatti, particolarmente doloroso essere rimproverati da Cristo; Egli che ci ama con un cuore infinitamente misericordioso. Semplicemente non c’è scusa, non c’è scappatoia quando uno è rimproverato dalla stessa Verità. Riceviamo, dunque, con umiltà e responsabilità l’invito che Dio ci fa alla conversione.

Notiamo anche che Cristo non usa raggiri. Egli situò i Suoi ascoltatori dinanzi alla verità. Dobbiamo esaminarci su come parliamo di Cristo agli altri. Spesso, anche noi dobbiamo lottare contro i nostri rispetti umani per porre i nostri amici di fronte alle verità eterne, tale come la morte ed il giudizio. Il Papa Francesco, con piena coscienza, ha descritto San Paolo come un “provocatore” Il Signore vuole che andiamo sempre più lontano… Che non cerchiamo rifugio in una vita tranquilla e nemmeno nelle strutture effimere (…). E Paolo, molestava predicando il Signore. Ma lui andava avanti, perché aveva in sé stesso quell’atteggiamento cristiano che è lo zelo apostolico. Non era un “uomo da compromessi”. Non eludiamo il nostro dovere di carità!

Forse, come me, troverai chiarificatrice queste parole di san Giuseppemaria Escrivà: « (…) si tratta di parlare saggiamente e cristianamente, ma in un modo comprensibile per tutti». Non possiamo dormire sugli allori –adagiarci- per essere compresi da molti, ma dobbiamo chiedere la grazia di essere umili strumenti dello Spirito Santo, per poter situare pienamente ogni uomo e ogni donna davanti alla Verità divina.
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14/07/2021 08:11
 
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Perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»

P. Raimondo M. SORGIA Mannai OP
(San Domenico di Fiesole, Florencia, Italia)
Oggi, il Vangelo ci offre la opportunità di penetrare, per così dire, nella struttura della stessa divina sapienza. Chi fra di noi non desidera conoscere svelati i misteri di questa vita? Però ci sono enigmi che nemmeno i migliori investigatori del mondo, arriveranno nemmeno a detettare. Tuttavia, ce ne Uno davanti; al quale «Non c'è nulla infatti di nascosto (...), e nulla di segreto che non debba essere messo in luce» (Mc 4,22). Questo è quello che si dà a se stesso il nome di “Figlio dell’uomo”, e afferma di se stesso: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio» (Mt 11,27). La sua natura umana —per mezzo della unione ipostatica— è stata assunta per la persona del Verbo di Dio: è in una parola, la seconda persona della Santissima Trinità, davanti alla quale non ci sono tenebre e per la quale la notte è più luminosa che il pieno giorno.

Un proverbio arabo cita così: «Se in una notte nera, una formica nera sale su un muro nero, Dio la sta osservando». Per Dio non ci sono segreti né misteri. Ci sono misteri per noi, ma non per Dio, davanti al quale il passato, il presente e il futuro sono aperti ed esplorati fino all’ultima virgola.

Dice, compiaciuto, oggi il Signore: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25)». Sì, perché nessuno può pretendere di conoscere questi o simili segreti nascosti nemmeno portandoli fuori dal buio con gli studi più intensi, né in maniera voluta dalla sapienza. Dei segreti profondi della vita, ne saprà sempre di più la vecchietta senza esperienza scolastica che il pretenzioso scientifico che ha dedicato anni di studio in prestigiose università. C’è la scienza che si ottiene con fede, semplicità e povertà interiore. Ha detto bene Clemente Alessandrino: «La notte è propizia per i misteri: è dunque quando l’anima —attenta e umile— si volge verso se stessa, riflettendo sulle sue condizioni; è allora quando si trova Dio».
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15/07/2021 09:19
 
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Venite a me, voi tutti che siete affaticati (...), e io vi ristorerò»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)
Oggi, d’innanzi a un mondo che ha deciso di voltare le spalle a Dio, di fronte a un mondo ostile al cristianesimo e ai cristiani, ascoltare Gesù (che è chi ci parla nella liturgia o nella lettura personale della Parola), ci da conforto, allegria e speranza nel bel mezzo della lotta quotidiana «Venite a me, voi tutti che siete affaticati (...), e io vi ristorerò» (Mt 11,28-29).

Conforto, perché queste parole contengono la promessa del sollievo che proviene dall’amore di Dio. Allegria, per far sì che il cuore manifesti nella vita, la certezza nella fede di questa promessa. Speranza, perché camminando in un mondo così avverso a Dio, noi, che crediamo in Cristo, sappiamo che non tutto termina con un fine, ma che molti “finali” furono “gli inizi” di cose molto migliori, come lo dimostrò la sua risurrezione.

Il nostro fine, come inizio di una trasformazione nell’amore di Dio, è quello di rimanere sempre con Cristo. La nostra meta è quella di andare inevitabilmente verso l’amore di Cristo, “giogo” di una legge che non si basa nella limitata capacità della volontà umana, bensì nell’eterna volontà salvatrice di Dio.

In questo senso Benedetto XVI in una delle sue Catechesi ci dice: «Dio ha un proposito con noi e per noi, e questo proposito si deve trasformare in ciò che desideriamo e che siamo. L’essenza del cielo si fondamenta in che la volontà divina si compia senza riserve, o per esprimerlo in altro modo dove si compie la volontà di Dio, c’è la salvezza. Gesù stesso è il, “cielo” nel senso più vero e profondo della parola, in Lui è chi e attraverso di chi si compie pienamente la volontà di Dio. I nostri propositi ci allontanano dalla volontà di Dio e ci convertono in pura “terra”. Però Lui ci accetta, ci attrae verso di Sé e, in comunione con Lui, conosciamo la volontà di Dio». Che così sia, allora.
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16/07/2021 08:00
 
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Misericordia io voglio e non sacrifici»

Rev. D. Josep RIBOT i Margarit
(Tarragona, Spagna)
Oggi, il Signore si avvicina al seminato della tua vita, per raccogliere frutti di santità. Troverà carità, amore a Dio e amore agli altri?. Gesù, che corregge la casistica meticolosa dei rabbini, che faceva insopportabile la legge del riposo sabatico: dovrà ricordarti che a Lui solo interessa il tuo cuore, la tua capacità di amare?

«Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato» (Mt 12,2). Lo dissero convinti, questo è l’incredibile. Come si può proibire di fare il bene, sempre? Qualcosa ti ricorda che non ci sono scuse per non aiutare agli altri. La carità vera rispetta le esigenze della giustizia, evitando l’arbitrarietà o il capriccio, ma impedisce la rigorosità, che uccide lo spirito della legge di Dio, che è un invito costante ad amare, a darsi agli altri.

«Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 12,7). Ripetilo molte volte, per inciderlo nel tuo cuore: Dio, ricco in misericordia, ci vuole misericordiosi. «Quanto vicino è Dio a chi confessa la sua misericordia! Si; Dio non va lontano dai contriti di cuore» (Sant’Agostino). E che lontano sei da Dio quando permetti che il tuo cuore si indurisca come una pietra!

Gesù Cristo accusò i farisei di condannare gli innocenti. Grave accusa. E tu? Ti interessi davvero per le cose degli altri? Li giudichi con affetto, con simpatia, come chi giudica a un amico o a un fratello? Cerca di non perdere l’orizzonte nella tua vita.

Chiedi alla Madonna che ti faccia misericordioso, che tu sappia perdonare. Sii benevolo. E se scopri nella tua vita qualche particolare discordante in questa disposizione di fondo, adesso è il momento per rettificare, esprimendo qualche proposito efficace.
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17/07/2021 07:23
 
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«Egli li guarì tutti»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, troviamo un doppio messaggio. Da un lato, Gesù ci chiama invitandoci a seguirlo: «Molti lo seguirono ed egli guarì tutti» (Mt 12,15). Se lo seguiamo, troveremo rimedio alle difficoltà del cammino, così come ci veniva ricordato recentemente: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò» (Mt 11,28). Dall’altro lato, ci viene mostrato il valore dell’amore mansueto: «Non contenderà, né griderà» (Mt 12,19).

Lui sa che siamo sopraffatti e stanchi dal peso delle nostre debolezze fisiche e caratteriali... e per questa croce inaspettata che ci ha visitato in tutta la sua crudezza, per i disaccordi, le disillusioni, i dolori. Infatti, «tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo» (Mt 12,14) e... noi che sappiamo che il discepolo non è superiore al maestro (cf. Mt 10,24), dobbiamo essere consapevoli che anche dovremo sopportare incomprensioni e persecuzioni.

Tutto ciò costituisce un fardello che pesa su di noi, un fardello che ci soggioga. E ci sentiamo come se Gesù ci dicesse: «Lascia il tuo fardello ai miei piedi, io me ne occuperò; dammi questo peso che ti travolge, io lo porterò per te; scaricati delle tue preoccupazioni e dammele...».

E’ curioso: Gesù ci invita a lasciare il nostro fardello, pero ce ne offre un’altro: il suo giogo, con la promessa però che è soave e leggero. Ci vuole insegnare che non è possibile andare per il mondo senza portare nessun peso. Un carico o l’altro lo dobbiamo portare. Ma che non sia il nostro fardello pieno di materialità; che sia piuttosto il suo un peso che non opprime.

In Africa, madri e sorelle maggiori portano i piccoli sulle spalle. Una volta, un missionario vide una bambina che portava suo fratello... Le disse: «Non credi che sia un peso troppo grande per te?». Lei rispose senza pensarci: «Non è un peso, è il mio fratellino e lo amo». L’amore, il giogo di Gesù, non solo non è pesante, ma ci libera da tutto quello che ci opprime.
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18/07/2021 08:44
 
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Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’»

Rev. D. David AMADO i Fernández
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci invita a scoprire l'importanza di ritrovare riposo nel Signore. Gli Apostoli erano tornati dalla missione che Gesù aveva dato loro. Avevano scacciato i demoni, guarito i malati e predicato il Vangelo. Erano stanchi e Gesù dice: «Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po'» (Mc 6,31).

Una delle tentazioni alla quale può soccombere qualsiasi cristiano è quella di voler fare molte cose trascurando il tratto con il Signore. Il Catechismo ci ricorda che, quando è l’ora di pregare, uno dei maggiori pericoli è quello di pensare che ci sono delle cose più urgenti e, quindi, si finisce per trascurare il rapporto con Dio. Così Gesù, ai suoi apostoli, che hanno lavorato duro, sono esausti e euforici per tutto quello che è riuscito bene, dice che devono riposare. E, secondo il Vangelo «partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte» (Mc 6,32). Per pregare bene sono necessarie almeno due cose: una è quella di stare con Gesù, perché è la persona con la quale si parla. Avere la certezza che siamo con Lui. Per questa ragione tutta preghiera inizia, di solito, ed è la parte più difficile, con un atto di presenza di Dio. Essere consapevoli del fatto che noi siamo con Lui. Il secondo è la solitudine necessaria. Se vogliamo parlare con qualcuno e vogliamo avere una conversazione intima e profonda, scegliamo la solitudine.

San Pier Giuliano Eymard consigliava riposo in Gesù dopo la comunione. Ed avvertiva del pericolo di riempire il momento del ringraziamento con molte parole pronunciate a memoria. Diceva che dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, era meglio restare in silenzio per ricuperare forze e lasciare Gesù parlare nel silenzio dei nostri cuori. A volte piuttosto che spiegarGli i nostri progetti, è opportuno che Gesù ci istruisca e incoraggi.
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20/07/2021 08:21
 
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«Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre»

P. Pere SUÑER i Puig SJ
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo si presenta, dall’inizio, sorprendente: «Chi è mia madre (...)?» (Mt 12,48), si domanda Gesù. Sembra che Gesù abbia un’attitudine irriverente verso Maria. Non è così. Ciò che Gesù vuole chiarire adesso è che per i suoi occhi —occhi di Dio!— il valore decisivo di una persona non risiede nell’evento della carne e del sangue, ma nella disposizione spirituale di accettare la volonta di Dio: «Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre"» (Mt 12,49-50). In quel momento la volontà di Dio era che Lui evangelizzasse coloro che lo stavano ascoltando e che questi lo seguissero. Ciò era più importante di qualsiasi altro valore, per intimo che fosse. Per obbedire alla volontà del Padre Gesù aveva lasciato Maria e ora stava predicando lontano dalla dimora.

Però, chi è stato più disponibile di Maria nell’accettare e compiere la volontà di Dio? «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Per questo Sant’Agostino dice che Maria, prima accolse la parola di Dio nello spirito, per obbedienza, e solo dopo la concepì nel suo grembo per l’Incarnazione.

In altre parole: Dio ci ama nella misura della nostra santità. Maria è santissima e quindi è amatissima. Orbene, essere santi, non è la causa per la quale Dio ci ama. Al contrario, poiché Lui ci ama, ci fa santi. Il primo ad amare è sempre il Signore (cf. 1Jn 4,10). Maria ci insegna quando dice: «perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Agli occhi di Dio siamo piccoli; però Lui vuole innalzarci, santificarci.
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22/07/2021 06:36
 
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Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore!»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi celebriamo con gioia a Santa Maria Maddalena. Con gioia e profitto della nostra fede, perché il suo itinerario bene potrebbe essere il nostro. La Maddalena veniva da lontano (cfr. Lc 7,36-50) e arrivò molto lontano ... Infatti, all'alba della Resurrezione, Maria cercò Gesù, il Gesù risorto, ed incontrò il padre di Gesù, il "Padre nostro". Quella mattina, Gesù Cristo gli scoprì il più grande della nostra fede: che era una figlia di Dio.

Nel viaggio di Maria Maddalena scopriamo alcuni aspetti importanti della fede. In primo luogo, noi ammiriamo il suo coraggio. La fede, anche se è un dono di Dio, richiede coraggio da parte del credente. Naturale in noi è andare verso il visibile, verso quello che si può afferrare con la mano. Dal momento che Dio è essenzialmente invisibile, la fede «ha sempre qualcosa di rischiosa ruttura e di salto, perché implica il coraggio di vedere la autenticità di quello reale in ciò che non si vede» (Benedetto XVI). Maria vedendo il Cristo risorto "vede" anche il Padre, il Signore.

D'altra parte, il “salto della fede” «si raggiunge con ciò che la Bibbia chiama conversione o pentimento: solo colui che cambia la riceve» (Papa Benedetto XVI). Non fù questo il primo passo di Maria? Non deve essere questo anche un passo frequente nella nostra vita?

Nella conversione di Maria Maddalena c’era molto amore: ella non ha risparmiato profumi per il suo Amore: L’Amore! Ecco un altro "veicolo" della fede, perché né ascoltiamo, né vediamo, né crediamo in cui non amiamo. Nel Vangelo di Giovanni appare chiaramente che «credere è ascoltare e, allo stesso tempo, vedere (...)». All'alba, Maria Maddalena rischia per il suo amore, ascolta il suo amore (basta che senta "Maria" per riconoscerlo) e conosce il Padre. «La mattina di Pasqua (...), a Maria Maddalena che vede Gesù, è chiesta di contemplarlo nel Suo cammino verso il Padre, fino raggiungere la piena confessione: 'Ho visto il Signore' (Gv 20,18 )» (Papa Francesco).
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23/07/2021 08:31
 
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«Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere»

+ Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(Tremp, Lleida, Spagna)
Oggi, celebriamo la festa di Santa Brigida. Una calorosa mattina del 23 luglio 1373, a Roma, mentre Pietro di Alvastra celebrava la Messa nella sua cella, Brigida rendeva la sua anima al suo Signore, mentre borbottava: «Signore, nelle tue mani consegno il mio spirito», nello stesso momento il sacerdote ha sollevato l'Ostia.

Aveva 70 anni e concludeva una vita di fedeltà alla volontà di Dio, allo stesso modo come lo aveva fatto la profetessa Anna, figlia di Fanuele: «era molto vecchia; dopo sette anni di matrimonio era rimasta vedova ed a quel tempo aveva ottantaquattro anni. Ella non s’allontanava mai dal tempio, dove rimaneva giorno e notte, adorando Dio, pregando e spesso digiunando» (Lc 2,36-37).

La vita di Santa Brigida è affascinante: figlia, moglie, madre di otto figli, vedova, principessa e consigliere del re, religiosa, fondatrice ... E soprattutto, moglie amata da Gesù alla cui affidò segreti celestiali e la addentró nell’l'amore rivelato nella Sua Passione. Giovanni Paolo II la ha elencato tra le Patrone d’Europa. Come Anna, Brigida servì il Signore nello stato sposato e vedovo. Come Anna, era in attesa del Signore giorno e notte.

Dio gli si era manifestato e lei accolse docilmente il designo divino nella sua vita. Fu uno strumento fedele che ebbe una forte influenza nel rinnovamento dell'Europa del suo tempo. Tutto un esempio attuale per noi. Anche noi aspettiamo che l'Europa sia liberata delle sue schiavitù e venga riflussato il sangue cristiano. Dio conta su di noi per farlo. Se siamo strumenti fedeli, Lui fare grandi cose per mezzo di noi. Ascoltiamo la voce di Dio nel silenzio e nella preghiera. Digiuniamo di tante cose superflue e inutili. Che il Signore sia la nostra ricchezza. E non perdiamo mai l'illusione di amare Dio e crescere nella santità.

«Sii benedetto, Signor mio Gesù Cristo, per aver redento le anime col tuo sangue prezioso e con la tua santissima morte, e per averle misericordiosamente ricondotte dall'esilio alla vita eterna» (Santa Brígida).
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24/07/2021 08:07
 
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«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme»

Rev. D. Manuel SÁNCHEZ Sánchez
(Sevilla, Spagna)
Oggi, consideriamo una parabola che è l’occasione per riferirsi alla vita della comunità nella quale si mischiano continuamente il bene e il male, il Vangelo e il peccato. L’atteggiamento logico sarebbe quello di mettere fine a questa situazione, così come pretendono i domestici: «Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?» (Mt 13,28). Però la pazienza di Dio è infinita, aspetta fino all’ultimo momento —come un buon Padre— la possibilità del cambiamento: «Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura» (Mt 13,30).

Una realtà ambigua e mediocre, però in essa cresce il Regno. Si tratta di sentirsi chiamati a scoprire i segni del Regno di Dio per potenziarlo. E, dall’altro lato, di non favorire nulla che porti ad accontentarsi della mediocrità. Ciò nonostante, il fatto di vivere in un miscuglio di bene e male non deve impedirci di avanzare nella nostra vita spirituale; il contrario sarebbe convertire il nostro grano in zizzania. «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?» (Mt 13,27). È impossibile crescere in un altro modo, né possiamo cercare il Regno in nessun altro luogo al di fuori di questa società nella quale viviamo. Il nostro compito sarà quello di far sì che nasca il Regno di Dio.

Il Vangelo ci chiama a non dar credito ai “puri’’, a superare gli aspetti del puritanismo e dell’intolleranza che si possano trovare nella comunità Cristiana. Si trovano facilmente atteggiamenti di questo tipo in tutti i gruppi, per quanto cerchino di essere sani. Messi di fronte ad un ideale, tutti abbiamo la sensazione di pensare che alcuni lo abbiano raggiunto, e che altri ancora siano lontani. Gesù constata che tutti quanti siamo in cammino, assolutamente tutti.

Vigiliamo per non lasciare che il maligno si intrometta nelle nostre vite, cosa che succede quando ci adeguiamo al mondo. Sant’ Angela della Croce diceva che «non bisogna dare ascolto alle voci del mondo, che in tutti i luoghi si fa questo o quello; noi sempre lo stesso, senza inventare variazioni e seguendo la maniera di fare le cose che sono un tesoro nascosto; sono queste che ci apriranno le porte del Cielo». Che la Santissima Vergine Maria ci conceda adeguarci solamente all’amore.
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