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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2024 10:34
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21/08/2022 08:05
 
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«Signore, sono pochi quelli che si salvano?»

Rev. D. Pedro IGLESIAS Martínez
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci presenta la questione della salvezza delle anime. Questo è il cuore del messaggio di Cristo e la "legge suprema della Chiesa" (come lo afferma, senza andare oltre, il Codice di Diritto Canonico). La salvezza dell'anima è una realtà dono di Dio, ma per coloro che non hanno ancora varcato i confini della morte è solo una possibilità. Salvarci o condannarci!, cioè accettare o rifiutare l'offerta di amore di Dio per tutta l'eternità.

Sant'Agostino manifestava che «è diventato degno di punizione eterna l'uomo che distrusse il bene che poteva essere eterno». In questa vita ci sono solo due possibilità: o con Dio, o il vuoto, perché senza Dio nulla ha senso. Visto in questo modo, la vita, la morte, la gioia, il dolore, l'amore, ecc. sono privi di concetti logici quando non partecipano dell'essere di Dio. Quando l'uomo pecca, evita lo sguardo del Creatore e centra l'attenzione su di sé. Dio guarda incessantemente con amore il peccatore, e non forzando la sua libertà, aspetta un gesto minimo di volontà di ritorno.

«Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (Lc 13,23). Cristo non risponde alla citazione. Restò dunque una domanda senza risposta, e ancora oggi, per «Questo è un mistero, veramente inscrutabile, tra la santità di Dio e la coscienza dell’uomo. Il silenzio della Chiesa è, dunque, l’unica posizione opportuna del cristiano» (Giovanni Paolo II). La Chiesa tace su quelli che abitano l'inferno, ma, sulla base delle parole di Gesù Cristo, sì si pronuncia sulla loro esistenza e il fatto che ci saranno condannati nel giudizio finale. E chi nega questo, sia chierici che laici, senza ulteriori indugi commette eresia.

Siamo liberi di girare gli occhi dell'anima al Salvatore, e siamo anche liberi di essere ostinati nel suo rifiuto. La morte pietrificarà questa opzione per tutta l'eternità ...
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22/08/2022 07:42
 
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«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente»

P. Marc VAILLOT
(París, Francia)
Oggi ancora una volta, il Vangelo mostra come si capovolga la bontà di Dio che veglia sulla nostra felicità. Ci indica chiaramente quali sono le fonti: la verità, il bene, la rettitudine, giustizia, l'amore... e tutte le virtù. Ci avverte anche affinché non cadiamo nelle trappole —eccessi, concupiscenze, inganni, in una parola, i peccati— che ci impedirebbero di raggiungere tale felicità.

Gesù usa la sua autorità divina per mostrarci chiaramente il carattere assoluto del bene, che dobbiamo perseguire, e quello del male, che dobbiamo evitare a tutti i costi. Da qui la sua viva e gentile esortazione per rispettare la Magna Carta della vita cristiana: le Beatitudini, vie che danno accesso alla Felicità. Parallelamente, troviamo il tono minaccioso usato nel Vangelo di oggi: le Maledizioni di quegli atti distruttivi che devono essere sempre evitati. Lo stesso Sacro Cuore, lo stesso Amore è colui che detta le Beatitudini (cfr Mt 5,1 ss) e le Maledizioni. È molto importante capire che l'uno è importante quanto l'altro per chi vuole essere salvato: "Beati" i poveri; cuori assetati di giustizia; anime misericordiose... «Guai a voi!»... quando scandalizzate gli altri; quando insegnate e non lo fate; quando corrompete la sana dottrina; quando deviate gli altri dalla retta via...

Gesù aggiunge con fermezza: più grande sarà la vostra responsabilità davanti agli altri, più forte sarà la maledizione che cadrà su di voi. Nostro Signore, in questo brano si rivolge ai notabili: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!» (Mt 23,13 ss).

Applichiamo questo insegnamento divino alla nostra vita. Le nostre buone e cattive azioni hanno sempre un doppio impatto: uno, che ricade su noi stessi, poiché ogni azione ci migliora o ci devasta; l'altro, tenendo conto della nostra situazione di adulti, genitori, insegnanti, responsabili in qualsiasi modo, ogni nostra azione può avere ripercussioni, buone o cattive, insospettabili: «La vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro» (Francesco).

E ne dovremo rendere conto all'amore di Dio!
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23/08/2022 07:39
 
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«Pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!»

Fr. Austin NORRIS
(Mumbai, India)
Oggi abbiamo l' impressione di "catturare" Gesù in un impeto di rabbia, -qualcuno è riuscito ad infastidirlo. Gesù Cristo è a disagio con la falsa religiosità, le richieste pompose e la pietà egoista. Ha notato un vuoto d' amore, cioè manca «la giustizia, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23), dopo le azioni superficiali con cui cercano di adempiere la Legge. Gesù incarna queste qualità nella sua persona e ministero. Lui era la giustizia, la misericordia e la fede. Le loro azioni, miracoli, guarigioni e parole trasudavano questi veri fondamenti, che gli derivano dal suo cuore amorevole. Per Gesù Cristo non era una questione di "Legge", piuttosto una questione di cuore ...

Anche nelle parole di punizione si vede in Dio un tocco d' amore, importante per chi vuole tornare alle origini: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mich 6,8). Papa Francesco ha detto: «Un po di pietà rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza ... Ricordate il profeta Isaia quando dice che, anche se i nostri peccati fossero scarlatto, l'amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E 'bello, è la misericordia.

«Pulisci prima l' interno del bicchiere, perché anche l' esterno diventi netto!» (Mt 23,26). Come è vero questo per ciascuno di noi! Sappiamo come la pulizia personale ci fa sentire freschi e vibranti dentro e fuori. Inoltre, in quello spirituale e morale al nostro interno, il nostro spirito, se è pulito e sano brillarà in buone opere e azioni che onorano Dio e lo rendono un vero e proprio tributo (cfr Gv 5,23). Guardiamo il contesto più ampio dell'amore, della giustizia e della fede, e non andiamo persi in minuzie che consumano il nostro tempo, ci fanno diminuire e ci rendono schizzinosi. Tuffiamoci al vasto oceano dell'amore di Dio e non ci accontentiamo con fiumicelli di cattiveria!«Pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!»

Fr. Austin NORRIS
(Mumbai, India)
Oggi abbiamo l' impressione di "catturare" Gesù in un impeto di rabbia, -qualcuno è riuscito ad infastidirlo. Gesù Cristo è a disagio con la falsa religiosità, le richieste pompose e la pietà egoista. Ha notato un vuoto d' amore, cioè manca «la giustizia, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23), dopo le azioni superficiali con cui cercano di adempiere la Legge. Gesù incarna queste qualità nella sua persona e ministero. Lui era la giustizia, la misericordia e la fede. Le loro azioni, miracoli, guarigioni e parole trasudavano questi veri fondamenti, che gli derivano dal suo cuore amorevole. Per Gesù Cristo non era una questione di "Legge", piuttosto una questione di cuore ...

Anche nelle parole di punizione si vede in Dio un tocco d' amore, importante per chi vuole tornare alle origini: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mich 6,8). Papa Francesco ha detto: «Un po di pietà rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza ... Ricordate il profeta Isaia quando dice che, anche se i nostri peccati fossero scarlatto, l'amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E 'bello, è la misericordia.

«Pulisci prima l' interno del bicchiere, perché anche l' esterno diventi netto!» (Mt 23,26). Come è vero questo per ciascuno di noi! Sappiamo come la pulizia personale ci fa sentire freschi e vibranti dentro e fuori. Inoltre, in quello spirituale e morale al nostro interno, il nostro spirito, se è pulito e sano brillarà in buone opere e azioni che onorano Dio e lo rendono un vero e proprio tributo (cfr Gv 5,23). Guardiamo il contesto più ampio dell'amore, della giustizia e della fede, e non andiamo persi in minuzie che consumano il nostro tempo, ci fanno diminuire e ci rendono schizzinosi. Tuffiamoci al vasto oceano dell'amore di Dio e non ci accontentiamo con fiumicelli di cattiveria!
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25/08/2022 07:20
 
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Tenetevi pronti»

+ Rev. D. Albert TAULÉ i Viñas
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il testo evangelico ci parla dell'incertezza del momento in cui verrà il Signore: «non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42). Se vogliamo che ci trovi svegli al momento del suo arrivo, non possiamo distrarci ne addormentarci: bisogna essere sempre preparati. Gesù ci da molti esempi di questa attenzione: quello che vigila caso mai venisse un ladro, il servo che vuole compiacere il padrone... Forse oggi ci parlerebbe di un portiere di calcio che non sa ne quando ne come gli arriverà il pallone...

Ma, forse, dovremmo prima chiarire di quale venuta ci si parla. Si tratta dell'ora della morte?; si tratta della fine del mondo? Certamente, sono venute del Signore che Lui ha lasciato volutamente nell´incertezza per suscitare in noi un’ attenzione costante. Ma, facendo un calcolo di probabilità, forse nessuno della nostra generazione sarà testimone di un cataclisma universale che metta fine all'esistenza della vita umana in questo pianeta. E, su quello che riguarda la morte, questa solamente succederà una volta e basta. Mentre ciò non accade, non ci sarà nessun’ altra venuta più vicina di fronte alla quale converrà essere sempre preparati?

«Come passano gli anni! I mesi si riducono a settimane, le settimane a giorni, i giorni a ore e le ore a secondi...» (San Francesco di Sales). Ogni giorno, ogni ora, in ogni istante il Signore è vicino alla nostra vita. Attraverso le ispirazioni interne, attraverso le persone che ci circondano, i fatti che vanno succedendosi, il Signore bussa alla nostra porta e, come dice l'Apocalissi: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Oggi, se facciamo la comunione, questo accadrà un’ altra volta. Oggi, se ascoltiamo pazientemente i problemi che altri ci affidano o diamo generosamente i nostri soldi per aiutare in una necessità, ciò tornerà a succedere. Oggi, se nella nostra preghiera personale riceviamo —improvvisamente— un’ispirazione inattesa, ciò tornerà ad accadere
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26/08/2022 08:03
 
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«In verità io vi dico: non vi conosco»

+ Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(Tremp, Lleida, Spagna)
Oggi, Venerdì XXl del tempo ordinario, il Signore ci ricorda nel Vangelo che bisogna essere sempre vigilanti e preparati ad incontrarci con Lui. A mezza notte, in qualunque momento, possono chiamare alla porta ed invitarci ad uscire per ricevere il Signore. La morte non chiede un appuntamento previo. Veramente, «non conoscete né il giorno né l'ora» (Mt 25,13).

Vigilare non significa vivere con paura ed angoscia. Significa vivere in un modo responsabile la nostra vita di figli di Dio, la nostra vita di fede, speranza e carità. Il Signore aspetta continuamente la nostra risposta di fede ed amore, costanti e pazienti, tra le occupazioni e preoccupazioni che vanno tessendo il nostro vivere.

E questa risposta solamente la possiamo dare noi, tu ed io. Nessuno può farlo in nostra vece. Questo è ciò che significa il negarsi delle vergini prudenti a cedere parte del loro olio per le lampade spente delle vergini stolte: «andate piuttosto dai venditori e compratevene» (Mt 25,9). Così la nostra risposta a Dio è personale ed intrasferibile.

Non aspettiamo un “domani” —che forse non verrà— per accendere la lampada del nostro amore per lo Sposo. Carpe diem! Bisogna vivere in ogni istante della nostra vita tutta la passione che un cristiano deve sentire per il suo Signore. È una frase conosciuta, ma che vale la pena ricordarla nuovamente: «Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse il primo della tua esistenza, come se fosse l'unico giorno di cui disponiamo, come se fosse l'ultimo giorno della nostra vita». Un richiamo realista alla necessaria e ragionevole conversione che dobbiamo portare a buon fine.

Che Dio ci conceda la grazia nella sua grande misericordia di non sentire nell´ora suprema: «In verità vi dico: non vi conosco» (Mt 25,12), vuol dire, «non avete avuto nessun rapporto né tratto con me». Trattiamo il Signore in questa vita in modo tale da essere conosciuti ed amici suoi nel tempo e nell'eternità.
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27/08/2022 07:39
 
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«Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni»

Rev. D. Albert SOLS i Lúcia
(Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo la parabola dei talenti. In Gesù osserviamo (come) un periodo di cambio nello stile del suo messaggio: l’annunzio del Regno non si limita tanto a dimostrare la sua prossimità quanto a descrivere il suo contenuto mediante racconti: è l’ora delle parabole!

Un grand’uomo decide di intraprendere un lungo viaggio, e confida tutto il patrimonio ai suoi servitori. Poteva averlo distribuito in parti uguali, ma non lo fece così. Diede a ciascuno d’accordo alle sue capacità (cinque, due ed un talento). Con quel denaro ogni servitore poté capitalizzare l’inizio di un buon affare. I primi due si dedicarono ad amministrare i loro depositi, ma il terzo —per paura o per pigrizia— preferì nasconderlo evitando ogni investimento: si chiuse nella comodità della sua propria povertà.

Il signore ritornò e... richiese la resa dei conti (cf. Mt 25,19). Premiò il coraggio dei primi due che raddoppiarono il deposito affidato. Il comportamento con il servo “prudente” fu molto diverso.

Il messaggio della parabola continua ad essere di grande attualità. Le moderne democrazie camminano verso una separazione progressiva tra la Chiesa e lo Stato. Questo non è controproducente, anzi al contrario. Tuttavia, questa mentalità globale e progressiva racchiude un effetto secondario, pericoloso per i cristiani: essere l’immagine viva di quel terzo servo a chi il signore (figura biblica di Dio Padre) rimproverò molto severamente. Senza malizia, soltanto per comodità o paura, corriamo il pericolo di nascondere e ridurre la nostra fede cristiana al circolo privato della famiglia e degli amici intimi. Il Vangelo non può limitarsi ad una lettura e contemplazione sterile. Dobbiamo amministrare con coraggio e rischio la nostra vocazione cristiana nel proprio ambiente sociale e professionale proclamando la figura di Cristo con le parole e il testimonio.

Commenta Sant’Agostino: «quelli che predichiamo la parola di Dio ai popoli non siamo tanto lontani dalla condizione umana e dalla riflessione basata nella fede da non avvertire i nostri pericoli. Però ci conforta il fatto che, dove c’è il nostro pericolo a causa del ministero, li abbiamo l’aiuto delle vostre preghiere».
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01/09/2022 06:24
 
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«Prendi il largo»

Rev. D. Pedro IGLESIAS Martínez
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi ancora ci risulta sorprendente comprovare come quei pescatori furono capaci di lasciare il loro lavoro le loro famiglie e seguire Gesù: «Lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11), precisamente quando Egli si manifesta dinnanzi a loro come un collaboratore eccezionale per l’attività che proporziona loro il sostentamento. Se Gesù di Nazareth facesse la proposta a noi, nel nostro secolo XXI..., avremmo il coraggio di quei uomini? Saremmo capaci di intuire quale sia il vero beneficio?

I cristiani crediamo che Gesù è eternamente presente; quindi questo Cristo Risorto ci chiede, non a Pietro a Giovanni o a Giacomo, ma a te, a me e a tutti coloro che lo confessiamo come il Signore, ripeto, ci chiede, partendo dal testo di Luca, di accoglierlo nella barca della nostra vita perché vuol riposare con noi; ci chiede servirsi di noi, che gli permettiamo di indicarci dove orientare la nostra vita per essere fecondi in mezzo ad una società ogni volta più allontanata e bisognosa della Buona Nuova. La proposta è allettante, e solo ci manca volere e saper spogliarci delle nostre paure, dei nostri “chissà cosa diranno” e fissare il corso verso acque più profonde o, in altre parole, verso orizzonti più lontani di quelli che limitano la nostra mediocre quotidianità di ansie e scoraggiamenti. «Colui che inciampa sulla strada, per poco che avanzi, si avvicina al traguardo; colui che corre fuori, quanto più corre, più si allontana» (Cf. San Tommaso d’Aquino).

«Duc in altum»; «Prendi il largo» (Lc 5,4): non stabiliamoci sulle rive di un mondo che vive guardandosi l’ombelico! La nostra navigazione per i mari della vita deve condurci ad attraccare nella terra promessa, fine del nostro percorso in questo Cielo sperato, che è regalo del Padre, pero indivisibilmente, anche lavoro dell’uomo –tuo, mio- al servizio degli altri a nella barca della Chiesa. Cristo conosce bene le zone di pesca, e dipende da noi: o il porto dei nostri egoismi, o verso i suoi orizzonti.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«La pesca migliore é senza dubbio quella con la quale il Signore gratificó al discepolo, quando gli insegnó a pescare uomini, come si pescano i pesci nell’acqua» (Clemente di Alessandria)

«Chi si confessa a Gesú sa che non puó credere con tiepidezza, ma deve correre il rischio di uscire in mare aperto, rinnovando ogni giorno il dono di sé» (Francesco)

«(...) Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è ˋinviataʼ in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. ˋLa vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolatoʼ (Concilio Vaticano II) (...)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 863)
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02/09/2022 08:03
 
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Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?»

Rev. D. Frederic RÀFOLS i Vidal
(Barcelona, Spagna)
Oggi, nella nostra riflessione sul Vangelo, vediamo la trappola che tendono i farisei ed i maestri della Legge, quando tergiversano una questione importante: semplicemente, essi contrappongono il digiunare ed il pregare dei discepoli di Giovanni e dei farisei col mangiare e bere dei discepoli di Gesù.

Gesù Cristo ci dice che nella vita c'è un tempo per digiunare e pregare, e che c'è un tempo per mangiare e bere. Vuol dire che: la stessa persona che prega e digiuna è quella che mangia e beve. Lo vediamo nella vita giornaliera: contempliamo la semplice allegria di una famiglia, forse della nostra stessa famiglia. E vediamo che, in un altro momento, la tribolazione visita quella famiglia. I soggetti sono gli stessi, ma ogni cosa a suo tempo: «Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni...» (Lc 5,34).

Tutto ha il suo momento; sotto il cielo c'è un tempo per ogni cosa: «Un tempo per sdrucire e un tempo per cucire» (Qo 3,7). Queste parole dette da un saggio dell'Antico Testamento, non precisamente dei più ottimisti, quasi coincidono con la semplice parabola del vestito rammendato. E sicuramente coincidono in qualche modo con la nostra propria esperienza. L'errore è che quando è tempo di cucire, sdruciamo; e che quando bisogna sdrucire, cuciamo. Ed è allora quando nulla riesce bene.

Noi sappiamo che, come Gesù Cristo, per la passione e morte, arriveremo alla gloria della Risurrezione. E che qualunque altro cammino non è il cammino di Dio. Precisamente, Simone Pietro viene rimproverato quando vuole allontanare il Signore dall'unico cammino: «perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23). Se possiamo godere di alcuni momenti di pace e di allegria, approfittiamoli. Certamente ci arriveranno momenti di duro digiuno. L'unica differenza è che, per fortuna, sempre avremo lo sposo con noi. Ed era questo che non sapevano i farisei e, forse per ciò, nel Vangelo quasi sempre ci vengono presentati come persone di malumore. Ammirando la dolce ironia del Signore che s'intravvede nel Vangelo di oggi, soprattutto, cerchiamo di non essere persone malumorate.
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03/09/2022 09:41
 
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«Il Figlio dell’uomo è signore del sabato»

Fr. Austin Chukwuemeka IHEKWEME
(Ikenanzizi, Nigeria)
Oggi, di fronte all’accusa dei farisei, Gesù spiega il senso corretto del riposo sabatico, evocando un esempio dell’Antico Testamento (cf. Dt 23,26): «Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, (...), prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?» (Lc 6,3-4).

La condotta di Davide anticipò la dottrina che Cristo insegna in questo brano. Già nell’Antico Testamento, Dio aveva stabilito un ordine nei precetti della Legge, di modo che quelli di minor rango, cedessero d’innanzi a quelli di maggior rango.

Alla vista di ciò , si spiega che un precetto cerimoniale (come quello che stiamo commentando) cedesse di fronte a un precetto di legge naturale. Nello stesso modo, il precetto del sabato non è al di sopra delle necessità elementari di sussistenza.

In questo brano, Cristo ci insegna quale era il senso dell’istituzione divina del sabato: Dio lo aveva istituito per il benessere dell’uomo, perché potesse riposare e potesse dedicarsi in pace e allegria al culto divino. L’interpretazione dei farisei aveva convertito questo giorno in una occasione di afflizione e preoccupazione, dovuto alle innumerevoli prescrizioni e proibizioni.

Il sabato era stato fatto non solo perché l’uomo potesse riposare, ma anche perché potesse dar gloria a Dio: questo è il vero senso dell’espressione: «Il sabato è stato fatto per l’uomo» (Mc 2,27).

Inoltre , dichiarandosi “signore del sabato” (cf. Lc 6,5), manifesta chiaramente che Lui è lo stesso Dio che diede il precetto al popolo di Israele, affermando così la sua divinità e il suo potere universale. Anche Gesù può chiamarsi “signore del sabato”, perché è Dio.

Chiediamo aiuto alla Vergine per poter credere e capire che il sabato appartiene a Dio ed è in un certo modo - adattato alla natura umana – per rendere onore e gloria all’Onnipotente. Come ha scritto San Giovanni Paolo II, «il riposo è cosa “sacra” ed è un’occasione per «prendere coscienza che tutto è opera di Dio».
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04/09/2022 09:09
 
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Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci mostra il luogo per essere occupato dagli altri nella nostra gerarchia dell'amore e ci parla del seguimento che deve caratterizzare la vita cristiana, un percorso che passa attraverso varie fasi e nel quale accompagniamo con la nostra croce Gesù Cristo: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27).

Entra Gesù in conflitto con la legge di Dio, che ci comanda di onorare i nostri genitori ed amare il prossimo, quando dice: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Luca 14:26)? Naturalmente no. Gesù ha detto che Egli non è venuto per abolire la Legge, ma per portarla a compimento, perciò dà la giusta interpretazione. Richiedendo un'amore incondizionato proprio da Dio stesso, dichiara che Egli è Dio, che noi dobbiamo amarlo sopra ogni cosa e tutto ordinarlo nel suo amore. Nell'amore di Dio, che ci porta a consegnarci con fiducia a Gesù Cristo, ameremo il prossimo con un amore sincero e giusto. Sant'Agostino dice: «Ecco che ti trascina il desiderio per la verità di Dio e di percipire la sua volontà nelle Scritture Sacre».

La vita cristiana è un viaggio continuo con Gesù. Oggi, molti sono attirati, in teoria, ad essere cristiani, ma in realtà non viaggiano con Gesù, restano nel punto di partenza e nemmeno cominciano il cammino, o abbandonano appena cominciano, o imprendono un altro viaggio con altri compagni. Il bagaglio per camminare in questa vita con Gesù è la croce, ciascuno la sua, ma insieme alla quota di dolore che ci colpisce a noi, seguaci di Cristo, si aggiunge anche la consolazione con la quale Dio conforta i suoi testimoni in qualsiasi classe di prova. Dio è la nostra speranza ed in Egli vi è la sorgente della vita.
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07/09/2022 08:02
 
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«Beati voi poveri (...). Ma guai a voi, ricchi»

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci indica dov’è la vera felicità. Nella versione di Luca, le beatitudini sono accompagnate da lamenti che si affliggono per coloro che non accettano il messaggio di salvezza e che si rinchiudono in una vita autosufficiente ed egoista. Con le beatitudini e i lamenti, Gesù spiega la dottrina dei due cammini: il cammino della vita ed il cammino della morte. Non vi è una terza possibilità neutrale: colui che no va verso la vita va inesorabilmente verso la morte; colui che non segue la luce, vive nelle tenebre.

«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20). Questa beatitudine è il fondamento di tutte le altre, poiché chi è povero sarà capace di ricevere il Regno di Dio come un dono. Chi è povero si renderà conto di che cosa si deve aver fame e sete: non dei beni materiali, ma della Parola di Dio; non del potere, ma della giustizia e l’amore. Chi è povero potrà piangere dinanzi alla sofferenza del mondo. Chi è povero saprà che ogni ricchezza è di Dio e che, per questo, sarà incompreso e perseguitato nel mondo.

«Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione» (Lc 6,24). Questo rammarico è anche il fondamento delle susseguenti, poiché chi è ricco e autosufficiente, chi non sa porre le proprie ricchezze al servizio del prossimo, si rinchiude nel proprio egoismo e opera lui stesso la propria disgrazia. Che Dio ci liberi dal desiderio di ricchezze, di andare dietro alle promesse del mondo e di porre il nostro cuore nei beni materiali; che Dio non permetta sentirci soddisfatti dinanzi alle lodi ed adulazioni umane, perché questo significherebbe aver posto il nostro cuore nella gloria del mondo e non in quella di Cristo. Ci sarà vantaggioso ricordare quel che dice San Basilio: «Chi ama il suo prossimo come se stesso non accumula cose innecessarie che possono essere utili per altri».
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10/09/2022 09:55
 
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«Ogni albero si riconosce dal suo frutto»

P. Raimondo M. SORGIA Mannai OP
(San Domenico di Fiesole, Florencia, Italia)
Oggi, il Signore ci sorprende facendo “pubblicità” di se stesso. Non è mia intenzione “scandalizzare” nessuno con queste affermazioni. È la nostra pubblicità terrenale ciò che diminuisce le cose grandi e soprannaturali. È promettere ad esempio, che in poche settimane una persona grassa potrà perdere al meno cinque o sei chili usando un determinato “prodotto-falso’’, (o altre promesse miracolose similari) che ci fa vedere la pubblicità coni occhi sospettosi. Ancora di più quando si ha un “prodotto” garantito al cento per cento e —come il Signore— non vende nulla a cambio di denaro ma soltanto ci chiede di crederGli prendiamolo come esempio e modello di un preciso stile di vita, dunque Gesù il più grande “pubblicitario” di se stesso «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).

Oggi afferma che «Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica» è prudente, «è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo profondamente e ha posto le fondamenta sopra la roccia» (Lc 6,47-48), in modo da ottenere una costruzione solida e resistente, capace di affrontare i colpi del mal tempo. Se al contrario, chi edifica non ha avuto questa precauzione, finirà per ritrovarsi davanti un mucchio di pietre demolite e se si trovava all’interno nel preciso momento dello scontro con la pioggia pluviale potrà perdere non soltanto la casa ma anche la propria vita.

Però, non basta avvicinarsi a Gesù, ma è necessario ascoltare con la massima attenzione i suoi insegnamenti e soprattutto, di metterli in pratica, perché anche il curioso si avvicina e anche, l’eretico, lo studioso di storia o filologia... però sarà così che alzeremo il palazzo della Santità cristiana, ad esempio dei fedeli pellegrini e per la gloria della Chiesa Celestiale.
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12/09/2022 07:38
 
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«Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!»

Fr. John A. SISTARE
(Cumberland, Rhode Island, Stati Uniti)
Oggi, siamo di fronte a una questione interessante. Per quale ragione il centurione del Vangelo non andò personalmente all’incontro di Gesù e, invece, mandò avanti alcune autorità dei Giudei, richiedendo che fossero a salvare il suo servo? Lo stesso centurione risponde per noi nel brano evangelico: Signore, «per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito» (Lc 7,7).

Quel centurione possedeva la virtù della fede credendo che Gesù potesse fare il miracolo —se così lo avesse voluto— solamente con la sua divina volontà. La fede gli fece credere che, a prescindere da dove Gesù potesse trovarsi, Egli poteva guarire il servo malato. Quel centurione era assolutamente convinto che nessuna distanza poteva impedire o frenare Cristo, se voleva portare a buon termine il suo lavoro di salvezza.

Anche noi a volte, nella nostra vita, siamo chiamati ad avere la stessa fede. Ci sono occasioni in cui possiamo essere tentati a credere che Gesù è lontano e che non ascolta le nostre richieste. Tuttavia, la fede illumina le nostre menti e i nostri cuori, facendoci credere che Gesù è sempre vicino per aiutarci. Infatti, la presenza salvifica di Gesù nell’Eucarestia deve essere il nostro memorandum permanente che Gesù è sempre vicino a noi. Sant’Agostino, con occhi di fede credeva in questa realtà «Ciò che vediamo nel pane e nel calice; è quello che i tuoi occhi vedono. Però ciò che la tua fede ti obbliga ad accettare è che il pane è il Corpo di Cristo e che nel calice c’è il Sangue di Cristo».

La fede illumina le nostre menti per farci vedere la presenza di Gesù in mezzo a noi. E, come quel centurione, diremo. « Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto» (Lc 7,6). Quindi, se ci umiliamo di fronte a nostro Signore e Salvatore, Lui viene a curarci. Lasciamo quindi che Gesù penetri nel nostro spirito, nella nostra casa, per curare e rafforzare la nostra fede e condurci verso la vita eterna.
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15/09/2022 08:59
 
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«Una spada trafiggerà l’anima»

Dom Josep Mª SOLER OSB Abate di Montserrat
(Barcelona, Spagna)
Oggi, nella festa della Beata Vergine Maria Addolorata, ascoltiamo delle parole pungenti dalla bocca dell’anziano Simeone: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima!» (Lc 2,35). Affermazione che, nel suo contesto, non si richiama solamente alla passione di Gesù Cristo, ma anche al suo ministero, che provocherà una divisione nel popolo d’Israele, e per tanto un dolore intimo a Maria. Nel corso della vita pubblica di Gesù, Maria sperimentò la sofferenza per il fatto di vedere Gesù rifiutato dalle autorità del popolo e minacciato di morte.

Maria, come ogni discepolo di Gesù, deve imparare a situare i rapporti familiari in un altro contesto. Anche Lei, a causa del Vangelo, deve lasciare il Figlio (cf. Mt 19,29), e deve imparare a non considerare Gesù secondo la carne, sebbene sia nato da Lei secondo la carne. Anche Lei deve crocifiggere la sua carne (cf. Gal 5,24) per poter trasformarsi progressivamente a immagine di Gesù Cristo. Ma il momento straziante della sofferenza di Maria, quello in cui vive più intensamente la croce è il momento della crocifissione e della morte di Gesù.

Anche nel dolore Maria è modello di perseveranza nella dottrina evangelica, partecipando alle sofferenze di Cristo con pazienza (cf. Regola di san Benedetto, Prologo 50). Così è stato nel corso di tutta la sua vita e, soprattutto, nel momento del Calvario. In questo modo, Maria diventa figura e modello per ogni cristiano. Per essere stata strettamente unita alla morte di Cristo, è anche unita alla sua risurrezione (cf. Rm 6,5). La perseveranza di Maria nel dolore, realizzando così la volontà del Padre, le offre una nuova irradiazione per il bene della Chiesa e dell’Umanità. Maria ci precede nel cammino della fede e della sequela di Cristo. E lo Spirito Santo ci conduce a partecipare con Lei in questa grande avventura.
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17/09/2022 09:16
 
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«Quello sul terreno buono sono coloro che (...) producono frutto con perseveranza»

Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla di un seminatore che «uscì a seminare il suo seme» (Lc 8,5) e quel seme era precisamente la «Parola di Dio». Però «i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono» (Lc 8,7).

Esiste una grande varietà di rovi. «Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione» (Lc 8,14).

-Signore, per caso sono io, forse, il colpevole di avere preoccupazioni? – Vorrei non averne, però mi arrivano da tutte le parti! Non capisco perché devono privarmi della tua Parola, visto che non sono in peccato, non ho vizi ne difetti.

-Perché dimentichi che io sono tuo Padre e ti lasci soggiogare per un domani che non sai se arriverà!

«Se vivessimo con più fiducia nella divina Provvidenza, sicuri –con una solida fede!- di questa protezione quotidiana che non ci abbandona mai, quante preoccupazioni e inquiteudini potremmo risparmiarci! Sparirebbero un mucchio di chimere che, detto da Gesù, sono proprie di uomini pagani, di gente mondana (cf. Lc 12,30), di persone che sono carenti del senso del soprannaturale (...). Io vorrei imprimere a fuoco nelle vostre menti –ci dice san Josemaria- che abbiamo tutti i motivi per essere ottimisti su questa terra, con l’anima distaccata del tutto da tante cose che sembrano imprescindibili, visto che vostro Padre sa perfettamente ciò di cui avete bisogno! (cf. Lc 12,30), e Lui provvederà». Disse Davide «Getta sul Signore il tuo affanno ed egli ti darà sostegno» (Sal 55,23). Così lo fece san Giuseppe quando il signore lo provò: rifletté, consultò, pregò, prese una decisione e lasciò tutto in mano di Dio. Quando venne l’Angelo –commenta Mons. Ballarin- non osò svegliarlo e gli parlò nel sonno. Infine, «Io non debbo avere altre preoccupazioni che la tua Gloria..., in una parola, il tuo Amore» (San Josemaría).
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23/09/2022 06:56
 
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«Le folle, chi dicono che io sia? (...) Ma voi, chi dite che io sia?»

Rev. D. Pere OLIVA i March
(Sant Feliu de Torelló, Barcelona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, ci sono due interrogativi che lo stesso Maestro dirige a tutti. Il primo interrogativo vuole una risposta statistica, approssimativa: «Le folle, chi dicono che io sia?» (Lc 9,18). Questo interrogativo fa sì che ci guardiamo attorno per esaminare come risolvono la questione gli altri: i vicini, i compagni di lavoro, gli amici, i familiari prossimi... Osserviamo l’ambiente in cui viviamo e ci sentiamo più o meno responsabili o prossimi –dipende dalle circostanze- di alcune delle risposte che formulano quelli che hanno a che fare con noi o con il nostro ambito, “la gente”...E la risposta ci dice molto, ci informa, ci ubica e fa sì che ci accorgiamo di quello che desiderano, di quello di cui hanno bisogno e cercano quelli che vivono al nostro fianco. Ci aiuta a sintonizzare, a scoprire un punto d’incontro con l’altro per andare più avanti...

C’è un secondo interrogativo che viene diretto a noi: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20). È una questione fondamentale che bussa alla porta, che chiede, mendicando a ciascuno di noi: una adesione od un rifiuto; una venerazione o un’indifferenza; camminare con Lui ed in Lui o che si concluda in un avvicinamento di semplice simpatia... È questa una questione delicata, è determinante perché ci riguarda. Che cosa dicono le nostre labbra ed i nostri atteggiamenti? Vogliamo essere fedeli verso Colui che è e da senso al nostro essere? C’è in noi una sincera disposizione a seguirlo nei cammini della vita? Siamo disposti ad accompagnarLo alla Gerusalemme della croce e della gloria?

«E’ un cammino di croce e risurrezione (...). La croce è la esaltazione di Cristo. Lo disse Lui stesso:`Quando sarò innalzato, attrarro tutti verso di me´. (...) La croce, dunque, è gloria e celebrazione di Cristo» (Sant’Andrea di Creta). Disposti a marciare verso Gerusalemme? Ma solo con Lui ed in Lui, vero?

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Oh, mio Dio, che la maggior parte degli uomini oggi continua a gridare “Non a questo, ma a Barabba”, ogni volta che sminuiscono Cristo per un piacere, per un piccolo onore, per uno scatto d'ira» (Sant’ Alfonso Maria de’ Liguori)

«L'evento della croce rivela il suo pieno significato solo se ' quest'uomo', che soffrì e morì sulla croce, 'era veramente il Figlio di Dio', per usare le parole pronunciate dal centurione davanti al Crocifisso» (Benedetto XVI)

«Poiché sono le nostre azioni malvagie che hanno fatto soffrire a Nostro Signore Gesù Cristo la tortura della croce, senza alcun dubbio, coloro che si immergono nel disordine e nel male 'crocifiggono nuovamente il Figlio di Dio e lo espongono alla pubblica infamia' (Eb 6,6) (…)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 598)
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24/09/2022 09:27
 
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Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, oltre due mila anni dopo, l’annunzio della passione di Gesù ci provoca ancora. Che l’Autore della Vita annunci la sua morte per mezzo di quelli per i quali è venuto a dare assolutamente tutto, è una chiara provocazione. Si potrebbe dire che non era necessario, che sia stata un’esagerazione. Lo dimentichiamo spesso: il peso che opprime il cuore di Cristo, il nostro peccato, il più radicale dei mali, la causa e l’effetto di metterci al posto di Dio. Peggio ancora, non ci lasciamo amare da Dio e ci impegnamo a rimanere rinchiusi nelle nostre meschine categorie e nell’immediatezza della vita presente. E’ così necessario che ci riconosciamo peccatori, come è necessario ammettere che Dio ci ama nel Figlio suo Gesú Cristo. Dopo tutto siamo come i discepoli, «Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento» (Lc 9,45).

Per dirlo con una immagine: potremmo trovare nel Cielo tutti i vizi ed i peccati, ma non la superbia, giacché il superbo non riconosce mai il suo peccato e non si lascia perdonare da un Dio che ama fino al punto di morire per noi. E nell’inferno potremmo trovare tutte le virtù, ma non l’umiltà, perché l’umile si riconosce così com’è e sa molto bene che senza la grazia di Dio non può smettere di offenderlo, così come neppure può corrispondere alla sua Bontà.

Una delle chiavi della saggezza cristiana è riconoscere la grandezza e l’immensità dell’Amore di Dio e contemporaneamente ammettere la nostra grettezza e la viltà del nostro peccato. Siamo così lenti a capirlo! Il giorno in cui scopriremo che abbiamo l’Amore di Dio alla portata di mano, quel giorno diremo come sant’Agostino, con lacrime d’Amore: «Tardi ti ho amato, mio Dio!». Quel giorno può essere oggi. Può essere oggi. Forse.
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25/09/2022 08:13
 
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«Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali»

Rev. D. Valentí ALONSO i Roig
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci confronta con l' ingiustizia sociale che viene dal divario tra ricchi e poveri. Come se fosse una di quelle immagini spaventose le quali siamo abituati a vedere in televisione, restiamo commossi dalla storia di Lazzaro, che riesce l' effetto sensazionalista per muovere i sentimenti: «ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe» (Lc 16, 21). La differenza è evidente: il ricco indossava abiti di porpora, il povero aveva per vestito le piaghe.

La situazione di parità arriva rapidamente giacché morirono i due. Ma, allo stesso tempo, la differenza è più accentuata, uno è arrivato accanto Abramo, l’altro, appena sepolto. Se non avessimo mai sentito questa storia, applicando i valori della nostra società, potremmo concludere che chi ha vinto il premio dovrebbe essere il ricco, e quello abbandonato nel sepolcro, il povero.

La sentenza arriva da Abramo, il padre nella fede, e ci chiarisce il risultato: «Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali» (Lc 16,25). La giustizia di Dio trasforma la situazione. Dio non permette che il povero rimanga per sempre nella sofferenza, la fame e la miseria.

Questa storia ha commosso lungo la storia milioni di cuori di persone ricche e ha portato alla conversione di folle, ma quale messaggio avrà bisogno il nostro mondo sviluppato, iper-connesso, globalizzato, per renderci consapevoli delle ingiustizie sociali delle quali siamo autori o, quandomeno, complici? Tutti quelli che udirono il messaggio di Gesù avevano il desiderio di riposare nel seno di Abramo, ma, quante persone nel nostro mondo si conformeranno con essere sepolte quando siano morte, senza voler ricevere il conforto del Padre del cielo? La vera ricchezza è arrivare a vedere Dio, e ciò che è necessario è quello che Sant'Agostino ha detto: «Cammina per l' uomo e arriverai a Dio». Che i Lazzaro di ogni giorno ci aiutino a trovare Dio.
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29/09/2022 09:22
 
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Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo»

+ Cardinale Jorge MEJÍA Archivista e Bibliotecario di S.R. Chiesa
(Città del Vaticano, Vaticano)
Oggi in questa festa dei Santi Arcangeli, Gesù manifesta ai suo Apostoli e a tutti noi, la presenza dei Suoi angeli e il rapporto che hanno con Lui. Gli angeli stanno nella Gloria celestiale dove perennemente lodano al Figlio dell’uomo, che è lo stesso Figlio di Dio. Lo circondano e stanno al Suo servizio.

«Salire e scendere» ci ricorda l’episodio del sogno del Patriarca Giacobbe, che dormiva su una pietra durante il viaggio verso la terra di origine della sua famiglia (Mesopotamia), vede gli angeli che «salgono e scendono» da una misteriosa scala che unisce cielo e terra, mentre Dio stesso si trova in piedi accanto a lui comunicandogli il messaggio. Notiamo la relazione esistente tra la comunicazione divina e la presenza attiva degli angeli.

Così Gabriele, Michele e Raffaele appaiono nella Bibbia come presenti in eventi terreni e portando agli uomini –come ci dice lo stesso San Gregorio il Grande- le comunicazioni, mediante la loro presenza e le loro stesse azioni, che cambiano in modo decisivo le nostre vite. Essi sono chiamati appunto “arcangeli”, cioè, principi degli Angeli, perché inviati per le più grandi missioni.

Gabriele fu inviato ad annunciare a Maria la concezione verginale del Figlio di Dio, che è l’inizio della nostra redenzione (cf. Lc 1). Michele lotta contro gli angeli ribelli espulsandoli dal cielo (cf. Ap. 12): ci annuncia, così, il mistero della giustizia divina, portato a termine anche tra gli angeli quando questi si ribellano, e ci dà la sicurezza della sua e nostra vittoria sul male. Raffaele accompagna invece Tobia “junior”, lo difende e consiglia, e cura infine suo padre (cf. Tob). In questo modo ci annuncia la presenza degli angeli accanto a ciascuno di noi: l’angelo che chiamiamo Custode.

Impariamo da questa celebrazione degli arcangeli che «salgono e scendono», che servono Dio, e che lo servono in beneficio nostro. Danno gloria alla Santissima Trinità, e lo fanno servendo noi. E in conseguenza esaminiamo quanta devozione dobbiamo loro e quanta gratitudine dobbiamo al Padre che li invia per il nostro bene.
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30/09/2022 07:34
 
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«Chi ascolta voi ascolta me»

Rev. D. Jordi SOTORRA i Garriga
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, vediamo Gesù che rivolge il suo sguardo su quelle città della Galilea che erano state oggetto della sua preoccupazione dove Lui aveva predicato e realizzato le opere del Padre. In nessun posto come a Corazìn, Betsàida e Cafàrnao aveva predicato e fatto miracoli. La semina era stata abbondante, ma la raccolta non fu buona. Neanche Gesù poté convincerli! Che mistero, quello della libertà dell’uomo! Possiamo dire di “no” a Dio… Il messaggio evangelico non si impone con la forza, ma solo si offre, e io posso chiudermi ad esso; posso accettarlo o rifiutarlo. Il Signore rispetta completamente la mia libertà. Che responsabilità!

Le espressioni di Gesù: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida!» (Lc 10,13) al termine della sua missione apostolica esprimono più sofferenza che condanna. La prossimità del Regno di Dio non fu per quelle città una chiamata alla penitenza e alla conversione. Gesù riconosce che a Sidone e a Tiro avrebbero sfruttato meglio tutta la grazia dispensata tra i Galilei.

La delusione di Gesù è più grande quando si tratta di Cafàrnao. «Sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!» (Lc 10,15). Qui Pietro aveva la sua casa e Gesù aveva fatto di questa città il centro della sua predicazione. Ancora una volta vediamo un sentimento di tristezza piuttosto che una minaccia in queste parole. Lo stesso potremmo dire di molte città e persone della nostra epoca. Credono di prosperare, mentre in realtà si stanno distruggendo.

«Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16). Queste parole con cui si conclude il Vangelo sono una chiamata alla conversione e sono cariche di speranza. Se ascoltiamo la voce di Gesù siamo ancora in tempo. La conversione consiste nel fatto che l’amore superi progressivamente l’egoismo nella nostra vita, e questo è un lavoro in continuo divenire. San Massimo ci dirà: «Non c’è nulla di così gradevole e amato da Dio come il fatto che gli uomini si convertano a Lui pentendosi sinceramente».
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01/10/2022 09:33
 
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Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra»

+ Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)
Oggi, l’evangelista Luca ci parla del fatto che da luogo alla riconoscenza di Gesù verso suo Padre per i benefici che ha conferito all’Umanità. Ringrazia per la rivelazione elargita agli umili di cuore, ai piccoli del Regno. Gesù esprime la sua allegria vedendo che questi accettano, capiscono e praticano quello che Dio fa conoscere per mezzo di Lui. In altre occasioni, nel suo dialogo intimo con il Padre, gli dimostrerà la sua riconoscenza perché l’ascolta sempre. Elogia il samaritano lebbroso che, curato del suo male –assieme agli altri nove-, torna solo lui dov’è Gesù per ringraziarlo del beneficio ricevuto.

Scrive sant’Agostino: «Possiamo avere qualcosa di meglio nel cuore, pronunciarlo con la bocca, scriverlo con la penna, che queste parole: `Grazie a Dio’? Non c’è nulla che possa dirsi con maggior brevità, né ascoltare con maggior allegria, né sentirsi con maggior elevazione, ne realizzare con maggiore utilità». E’ così che dobbiamo attuare sempre verso Dio e verso il prossimo, riconoscenti pure per i doni ricevuti che ignoriamo, come scriveva san Josemaria Escrivà. Gratitudine verso i genitori, gli amici, gl’insegnanti, i compagni. Riconoscenza verso tutti quelli che ci aiutano, ci spronano, ci servono. Riconoscenza pure, come è logico, verso la nostra Madre la Chiesa.

La riconoscenza non è una virtù molto “usata” o abituale, e invece, è una di quelle che ci offrono il maggior piacere. Dobbiamo tuttavia riconoscere che, a volte, non è nemmeno facile viverla. Santa Teresa affermava: «Sento una disponibilità di riconoscenza tale che mi potrebbero subornare con una sardina». I santi hanno agito sempre così. E lo hanno realizzato in in tre modi diversi come indicava san Tommaso d’Aquino: primo, con la riconoscenza interiore dei benefici ricevuti; secondo, , lodando esternamente Dio con la parola; e, terzo, cercando di ricompensare il benefattore per mezzo delle opere, secondo le proprie possibilità.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Non sono le ricchezze o la gloria ciò che reclama il cuore del bambino piccolo; quello che chiede è amore. Io posso fare solo una cosa: amarti, o Gesù!» (Santa Teresa di Lisieux)

«A chi vuole rivelarlo il Figlio? La volontà del Figlio non è arbitraria. Il Figlio vuole coinvolgere nella sua conoscenza di Figlio tutti coloro che il Padre vuole partecipino di Lui. Ma chi attrae il Padre? Non ai sapienti e ai dotti, ma ai semplici» (Benedetto XVI)

«(…) Tutta la preghiera di Gesù è in questa amorosa adesione del suo cuore di uomo al ‘mistero della volontà’ del Padre» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1603)
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02/10/2022 10:26
 
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«Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»

+ Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Cristo parla ancora una volta di servizio. Il Vangelo insiste sempre sullo spirito di servizio. A quello ci aiuta contemplare il Verbo di Dio fatto carne -servo di Jahvè, Isaia- che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2,2-7 ). Cristo ha detto anche: «Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27), perché «appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20, 28). In una occasione, l' esempio di Gesù si materializzò facendo il lavoro di uno schiavo lavando i piedi ai suoi discepoli. Ha voluto lasciare così in modo chiaro, con questo gesto, che i suoi seguaci dovevano servire, aiutare e amarsi gli uni agli altri, come fratelli e servitori di tutti, come propone la parabola del Buon Samaritano.

Dobbiamo vivere la vita cristiana con un senso di servizio senza pensare che stiamo facendo qualcosa di straordinario. Tutta la vita di famiglia, professionale e sociale -nel campo politico, economico, ecc.- deve essere permeata di questo spirito. «Per servire, servire» diceva san Josemaría, che intendeva spiegare che per “essere utile”, si deve vivere una vita di servizio disinteressato senza cercare onori, gloria umana o applausi.

Gli antichi rivindicavano il “nolentes quaerimus” -«cerchiamo per posizioni di governo a coloro che non aspirano a tali; a coloro che non vogliono apparentare»- quando si doveva fissare nominazioni gerarchiche. Questa è l' intenzionalità dei buoni pastori disposti a servire la Chiesa come lei vuole essere servita: assumere la condizione di servi, come Cristo. Ricordiamo, secondo le celebri parole di sant'Agostino, come deve essere esercitata la funzione ecclesiale: «Non tam praeesse quam prodesse»; non tanto col comando o la presidenza ma, piuttosto, con l’utilità e il servizio.
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04/10/2022 12:13
 
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«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno»

Rev. D. Josep RIBOT i Margarit
(Tarragona, Spagna)
Oggi, come ogni giorno, puoi imparare dal Vangelo. Gesù invitato a casa di Betania, ci da una lezione di umanità: Egli che voleva bene alla gente, si faceva voler bene, perché le due cose sono importanti. Rifiutare le mostre d’affetto, di Dio e degli altri, sarebbe un grave errore, di nefaste conseguenze per la santità.

Marta o Maria?, però..., perché affrontare coloro che si volevano tanto bene, e volevano tanto bene a Dio? Gesù amava a Marta e Maria, e al loro fratello Lazzaro, e ama ognuno di noi.

Nel cammino alla santità non ci sono due anime gemelle. Tutti procuriamo amare Dio, però con stile e personalità propria senza imitare nessuno. Il nostro modello sta in Cristo e nella Vergine. Ti dispiace il modo in cui gli altri trattano Dio? Cerca di imparare dalla sua pietà personale.

«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti» (Lc 10,40). Servire gli altri per amore a Dio, è un onore, non un aggravio. Serviamo con gioia, come la Vergine a sua cugina Santa Elisabetta o nelle nozze di Canà, o come Gesù nella lavanda dei piedi nell’ultima cena?

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno» (Lc 10,41-42). Non perdiamo la pace, ne il buon umore. E per questo salvaguardiamo la presenza di Dio. «Sappiatelo bene: c’è qualcosa di Santo, di divino nascosto nelle situazioni più comuni, che è compito di ognuno di noi scoprire (...); o sappiamo incontrare nella nostra vita ordinaria il Signore, o non lo incontreremo mai» (San Josemaria).

«Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42). Dio ci vuole felici. Che nostra Madre del cielo ci aiuti a sperimentare la gioia di darsi.
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05/10/2022 09:05
 
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«Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli»

Fr. Austin Chukwuemeka IHEKWEME
(Ikenanzizi, Nigeria)
Oggi, vediamo come uno dei discepoli dice a Gesù: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1). Gesù risponde: «Quando pregate, dite: "Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione» (Lc 11,2-4), che può essere sintetizzata in una frase: la corretta disposizione della preghiera cristiana è la disposizione di un bambino davanti a suo padre.

Vediamo subito che la preghiera, secondo Gesù, è un atteggiamento “tra padre e figlio”. Vuole dire che è una questione familiare fondata su una relazione di familiarità e di amore. L’immagine di Dio come padre ci parla di una relazione fondata sull’affetto e l’intimità e non sul potere e l’autorità.

Pregare come cristiani suppone mettersi in una situazione nella quale vediamo Dio come padre e gli parliamo come figli suoi: «Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma, di che cosa?”. —Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane..., debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “stare insieme”!» (San Josemaria).

Quando i figli parlano con i loro genitori, badano una cosa: trasmettere in parole e linguaggio corporale quello che sentono nel cuore. Arriviamo ad essere migliori donne e uomini di preghiera quando il nostro atteggiamento verso Dio, diventa più intimo, come quello di un padre verso suo figlio. Di questo, ci ha lasciato esempio lo stesso Gesù. Lui è il cammino.

E se ci rivolgiamo alla Madonna, maestra di preghiera, ci sarà molto più facile! Infatti, «la contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene in un modo speciale (...). Nessuno si è dedicato con l’assiduità di Maria alla contemplazione del volto di Cristo» (Giovanni Paolo II).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Non sai pregare? Mettiti alla presenza di Dio, e non appena comincerai a dire: “Signore,... non so fare orazione!...”, sii certo che avrai cominciato a farla» (San Josemaria)

«Prendi il Vangelo, leggi un piccolo brano, immagina cosa è successo e parlane con Gesù. Così avrai lo sguardo fisso su Gesù e non sulla telenovela, per esempio» (Francesco)

«Quando Gesù prega, già ci insegna a pregare (…)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 2.607)
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06/10/2022 09:33
 
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«Il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!»

+ Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo è una catechesi di Gesù sulla preghiera. Afferma solennemente che il Padre l ascolta sempre: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.» (Lc 11,9).

A volte possiamo pensare che questo non sempre succede, che non sempre funziona così. Si tratta di pregare con i dovuti atteggiamenti!

Il primo atteggiamento è la costanza, la perseveranza. Dobbiamo pregare senza scoraggiarci mai, seppure sembri che la nostra preghiera urti con un rifiuto, o che non venga ascoltata subito. E l atteggiamento di quell uomo inopportuno che a mezzanotte va a chiedere un favore al suo amico. Con la sua insistenza riceve i pani di cui abbisogna. Dio è l amico che ascolta dal di dentro a chi è costante. Dobbiamo aver fiducia, in che finirà dandoci quello che chiediamo, perché, oltre ad essere amico, è Padre.

Il secondo atteggiamento che Gesù ci insegna è la fiducia e l amore filiale. La paternità di Dio supera immensamente quella umana, che è limitata ed imperfetta: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo...!» (Lc 11,13).

Terzo atteggiamento: dobbiamo chiedere soprattutto lo Spirito Santo e non solamente cose materiali. Gesù ci incoraggia a chiederLo, rassicurandoci che L otterremo: «...quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,13). Questa richiesta sempre viene ascoltata. E tanto come chiedere la grazia della preghiera, giacché lo Spirito Santo è la sua fonte e la sua origine.

Il beato frate Gil d Assisi, compagno di san Francesco, sintetizza l idea di questo Vangelo dicendo: «Prega con fedeltà e devozione, perché una grazia che Dio non ti ha concesso una volta, te la può dare in un altro momento. Metti da parte tua umilmente tutta la mente in Dio e Dio metterà in te la sua grazia, secondo la sua compiacenza».
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07/10/2022 09:41
 
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«Alcuni dissero: "È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni"»

Rev. D. Josep PAUSAS i Mas
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, contempliamo stupefatti, come Gesù è ridicolamente accusato di scacciare i demoni «per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni» (Lc 11,15). È difficile immaginare un bene così grande scacciare, allontanare dalle anime il diavolo, il provocatore dei mali- e, allo stesso tempo, udire l accusa più grave- farlo, precisamente con il potere del proprio diavolo. È realmente una accusa gratuita, che dimostra molta cecità e invidia da parte degli accusatori del Signore. Anche oggi giorno, senza rendercene conto, eliminiamo radicalmente il diritto che hanno gli altri di dissentire, di essere differenti e ad avere le proprie posizioni contrarie e o, addirittura, opposte alle nostre.

Chi vive chiuso in un dogmatismo politico, culturale o ideologico, facilmente disdegna colui che non è d accordo, squalificando tutto il suo progetto, negandogli competenza e, perfino, onestà. Allora, l avversario politico o ideologico si converte in un nemico personale. Il confronto degenera in insulti e agressività. Il clima di intolleranza e reciproca esclusione violenta può, allora, condurci alla tentazione di voler eliminare in qualche modo a chi si presenta come nemico.

In questo clima è facile giustificare qualsiasi tipo di attentato contro le persone, anche, l assassinio, se il morto non è dei nostri. Quante persone soffrono oggi giorno con questo ambiente di intolleranza e reciproco rifiuto che, con frequenza, si respira nelle istituzioni pubbliche, nei posti di lavoro, nelle assemblee e nelle confrontazioni politiche!

Fra tutti dobbiamo cercare di creare le condizioni per un clima di tolleranza, rispetto reciproco e confronto leale, nel quale sia possibile trovare percorsi di dialogo. I cristiani, lungi dal sacralizzare e irrigidire falsamente le nostre posizioni, manipolando a Dio e identificandolo con le nostre scelte, dobbiamo seguire a questo Gesù che quando i suoi discepoli pretendevano che impedisse che altri potessero scacciare demoni in Suo nome- li corresse dicendo «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi» (Lc 9,50). Dunque, «tutto il coro innumerevole di pastori, si reduce al corpo di un solo Pastore» (Sant Agostino).
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08/10/2022 09:07
 
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Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!»

Rev. D. Jaume AYMAR i Ragolta
(Badalona, Barcelona, Spagna)
Oggi, ascoltiamo la più bella lode che Gesù poteva fare alla Sua stessa Madre: «Beati (...) coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28). Con questa risposta, Gesù Cristo non respinge la lode appassionata che quella donna semplice dedicava a Sua Madre, bensì la accetta e va oltre, spiegando che Maria Santissima è benedetta soprattutto- per il fatto di essere stata buona e fedele nel compiere la Parola di Dio.

A volte mi chiedono se noi cristiani crediamo nella predestinazione così come credono altre religioni. No!: noi cristiani crediamo che Dio ha in serbo per noi una meta di felicità. Dio vuole che siamo felici, fortunati, beati. Si noti come questa parola è ripetuta negli insegnamenti di Gesù: «Beati, beati, beati...». «Beati i poveri, gli afflitti, i miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (cf. Mt 5,3-12; Gv 20,29). Dio vuole la nostra felicità, una felicità che inizia già in questo mondo, anche se le strade per arrivarci non siano quelle della ricchezza, del potere, del successo facile, della fama, bensì l amore al povero e umile di colui che tutto attende. La gioia di credere! Quella della quale parlava il convertito Jacques Maritain.

Si tratta di una felicità che è ancor più grande che la gioia di vivere, perché crediamo in una vita senza fine, eterna. Maria, la Madre di Gesù, non è solamente fortunata per averlo portato al mondo, per averlo allattato e cresciuto così come aveva intuito quella spontanea donna del paese- bensì, e soprattutto, per essere stata ascoltatrice della Parola e per averla messa in pratica: per aver amato e per essersi lasciata amare da Suo Figlio Gesù. Come scrisse il poeta: «Poter dire madre e sentirsi dire figlio mio / è la fortuna che Dio ci invidiava». Che Maria, Madre dell Amore, interceda per noi.
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09/10/2022 07:47
 
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Gesù, maestro, abbi pietà di noi!»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, siamo in grado di verificare, ancora una volta!, come il nostro atteggiamento di fede è in grado di rimuovere il cuore di Gesù Cristo. Il fatto è che alcuni lebbrosi, superando lo stigma sociale subito da quelli con la lebbra e con una buona dose di coraggio, si avvicinano a Gesù e -potremmo dire tra virgolette- obbligano Lui con la sua fiduciosa richiesta, «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13).

La risposta è immediata e fulminante, «Andate a presentarvi ai sacerdoti». (Lc 17,14). Colui che è il Signore, mostra il tuo potere, «perché mentre essi andavano, furono purificati». (Lc 17,14).

Questo dimostra che la misura dei miracoli di Cristo è proprio la misura della nostra fede e fiducia in Dio. Che possiamo fare noi -povere creature- davanti a Dio, ma avere fiducia in Lui? Ma con una fede operativa, che ci spinge a obbedire le indicazioni di Dio. Basta un grammo di buon senso per capire che «nulla è troppo difficile da credere toccando Colui per il quale nulla è troppo difficile da fare» (Beato J. H. Newman). Se non vediamo più miracoli è perché obblighiamo poco il Signore con la nostra mancanza di fiducia e di obbedienza alla sua volontà. Come diceva San Giovanni Crisostomo, «un po 'di fede può tanto».

E, come l' incoronazione della fiducia in Dio, arriva il trabocco della gioia e della gratitudine, anzi, «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo» (Lc 17, 15-16).

Ma... che peccato! Dieci destinatari di quel grande miracolo, e ne ritorna solo uno. Come siamo ingrati quando dimentichiamo così facilmente che tutto viene da Dio e che a Lui dobbiamo tutto! Facciamo il proposito di obbligarlo mostrando fiducia in Dio e gratitudine verso di Lui.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Seguiamo Cristo e supplichiamo il Padre con Lui. Non imitiamo la condotta di Giuda, abbandonando Cristo dopo aver partecipato ai suoi favori e aver cenato splendidamente con Lui» (San Tommaso Moro)

«Il nostro Dio è un Dio che si fa vicino. Un Dio che ha cominciato a camminare con il suo popolo e poi è diventato un suo popolo, in Gesù Cristo. Con quella vicinanza che incoraggiava quei dieci lebbrosi a chiedergli di purificarli... Nessuno voleva perdere quella vicinanza» (Francesco)

«Ogni gioia e ogni dolore, ogni avvenimento e ogni necessità possono essere oggetto di rendimento di grazie che, partecipando a quello di Cristo, deve riempire tutta la vita: «Rendete grazie in ogni cosa» (1Ts 5,18)» (Catechismo del la Chiesa Cattolica
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10/10/2022 08:29
 
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Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno»

P. Raimondo M. SORGIA Mannai OP
(San Domenico di Fiesole, Florencia, Italia)
Oggi, la dolce voce ma severa- di Cristo mette in guardia quelli che sono convinti di aver già il biglietto per il paradiso soltanto perché dicono: Gesù, che bello sei! . Gesù ha pagato il prezzo della nostra salvezza senza escludere nessuno, ma bisogna osservare alcune condizioni primordiali. E, tra queste, c è la condizione di non pretendere che Cristo faccia tutto e noi niente. Questo sarebbe non solo stupidità, ma superbia malvagia. Per questo, oggi il Signore usa la parola malvagia : «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29). Gli da il nome malvagia perché impone la condizione di vedere prima miracoli spettacolari per dare poi la sua eventuale e condiscendente adesione.

Nemmeno davanti ai suoi paesani di Nazareth consentì, perché esigenti!- pretendevano che Gesù segnasse la sua missione di profeta e Messia con prodigi meravigliosi, che loro volevano assaporare come spettatori seduti nella poltrona di un cinema. Ma questo non è possibilie: il Signore offre la salvezza, ma solo a quelli che si sottomettono a Lui per mezzo di una obbedienza che nasce dalla fede, che aspetta e tace. Dio pretende quella fede antecedente (che Lui stesso ha messo nella nostra anima come un seme di grazia).

Un testimone contro i credenti che mantengono una caricatura della fede sarà la regina del Sud, che si spostò dai confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone, e risulta che «qui vi è uno più grande di Salomone» (Lc 11,31). Dice un proverbio che non c è più sordo che quello che non vuole ascoltare . Cristo, condannato a morte, risusciterà al terzo giorno: a chi lo riconosce, Lui propone la salvezza, mentre invece per gli altri tornando come Giudice- non ci sarà più nulla da fare, bensì ascoltare la condanna per ostinata incredulità. Accettiamolo con fede e amore anticipato. Lo riconosceremo e Lui ci riconoscerà come suoi. Diceva il Servo di Dio Don Alberione: Dio non spreca la luce: accende le lampadine nel momento del bisogno, ma sempre nel tempo opportuno .
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11/10/2022 09:36
 
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«Date piuttosto in elemosina quello che c è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro»

Rev. D. Pedro IGLESIAS Martínez
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, l evangelista ci presenta Gesù in un banchetto: «Un fariseo lo invitò a pranzo» (Lc 11,37). Che idea geniale! Come ci sarà rimasto l anfitrione quando l ospite non eseguì il rituale di lavarsi (che non era un precetto della Legge, bensì una antica tradizione rabbinica) e inoltre censurò contundentemente lui e il suo gruppo sociale. Il fariseo certamente non azzeccò la giornata giusta, ed il comportamento di Gesù, come si direbbe oggi, non fu politicamente corretto .

I Vangeli ci mostrano che al Signore poco importava il cosa dirà la gente e del fatto che fosse o no politicamente corretto ; per questo piaccia o no alla gente, entrambe le cose non devono essere norma di attuazione di colui che si considera cristiano. Gesù condanna chiaramente l azione propria della doppia morale, l ipocrisia che cerca la convenienza o l inganno: «Voi farisei pulite l esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria» (Lc 11,39). Come sempre, la Parola di Dio ci interpella circa gli usi e i costumi della nostra vita quotidiana, nella quale finiamo per convertire in valori le sciocchezze che cercano di occultare i peccati di superbia, egoismo ed orgoglio nel tentativo di globalizzare la morale nel politicamente corretto, con il fine unico di non discordare e di non essere emarginati senza che importi il prezzo da pagare, ne come turbiamo la nostra anima perché, alla resa dei conti tutti lo fanno!

Diceva San Basilio che «da nulla deve fuggire l uomo prudente tanto come di vivere secondo il parere altrui». Se siamo testimoni di Cristo, dobbiamo sapere che la verità sempre è e sarà verità succeda quel che succeda.. Questa è la nostra missione tra gli uomini con i quali condividiamo la vita, cercando di mantenerci sempre limpidi seguendo il modello di uomo che Dio ci rivela in Cristo. La purezza di spirito sta al di sopra delle forme sociali e, in caso di dubbio, ricordiamoci sempre che i puri di cuore vedranno Dio. Che ognuno scelga l obiettivo del proprio sguardo per tutta l eternità.
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TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
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