Nuova Discussione
Rispondi
 

Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2024 08:13
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
22/03/2021 08:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Va’ e d’ora in poi non peccare più»

Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, contempliamo nel Vangelo il volto misericordioso di Gesù. Dio è Amore, e Amore che perdona. Amore che s’impietosisce delle nostre debolezze, Amore che salva. I maestri della Legge di Mosè ed i farisei «gli condussero una donna sorpresa in adulterio» (Gv 8,4) e chiedono al Signore: «Tu che ne dici?» (Gv 8,5). A loro non interessa tanto seguire un insegnamento di Gesù, come poterlo accusare di andare contro la Legge di Mosè. Il Maestro, però, approfitta l’occasione per manifestare che Lui è venuto a cercare i peccatori, a sollevare i caduti, a invitarli alla conversione e alla penitenza. Ed è questo il messaggio della Quaresima per noi, giacché tutti siamo peccatori e tutti abbiamo bisogno della grazia salvifica di Dio.
OFFLINE
23/03/2021 09:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono»

Rev. D. Josep Mª MANRESA Lamarca
(Valldoreix, Barcelona, Spagna)
Oggi, V martedì di Quaresima, a una settimana dalla contemplazione della Passione del Signore, Lui ci invita ad osservarlo anticipatamente redimendoci dalla Croce: «Gesù Cristo è il nostro Pontefice, il Suo corpo prezioso è il nostro sacrificio che Lui offrì sull’ara della Croce per la salvezza di tutti gl uomini» (San Giovanni Fisher).

«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo...» (Gv 8,28). Infatti, Cristo Crocifisso, -Cristo “innalzato” è il grande, definitivo segno d’amore del Padre verso l’umanità cadente. Le sue braccia aperte , distese tra il cielo e la terra, tracciano il segno incancellabile della Sua amicizia con noi uomini. Al contemplarlo così, alzato davanti al nostro sguardo peccatore, «sapremo che è Lui» (Gv 8,28), e allora, come quei giudei che l’ascoltavano, anche noi crederemo in Lui.

Solo l’amicizia di chi è familiarizzato con la Croce può offrirci la connaturalità per addentrarsi nel Cuore del Redentore. Pretendere un Vangelo senza Croce, spoglio del senso cristiano della mortificazione, o contagiato dall’ambiente pagano e naturalista che ci impedisce di capire il valore redentore della sofferenza, ci metterebbe nella terribile possibilità di ascoltare dalle labbra di Cristo: «Dopo tutto, non vale la pena di continuare a parlarci».

Che il nostro sguardo alla Croce, uno sguardo sereno e contemplativo, sia una domanda al Crocifisso che, senza suoni di parole Gli dica: «Tu, chi sei?» (Gv 8,25). Egli ci risponderà che è «il Cammino, la Verità e la Vita» (Gv 14,6), la Vite, alla quale se non siamo uniti, poveri tralci, non possiamo dare frutto, perché solo Lui ha parole di vita eterna. E così, se non crediamo che `Lui è´, moriremo per i nostri peccati. Vivremo tuttavia, e vivremo, già in questa terra, vita Celestiale, se impariamo da Lui la gioiosa certezza che il Padre è con noi, che non ci lascia soli. Così imiteremo il Figlio, facendo sempre quello che compiace al Padre
OFFLINE
24/03/2021 08:50
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste»

Pe. Givanildo dos SANTOS Ferreira
(Brasilia, Brasile)
Oggi, il Signore dirige dure parole ai giudei. Non a qualsiasi giudeo, ma, precisamente, a quelli che abbracciarono la fede: Gesù disse « Ai giudei che avevano creduto in Lui» (Gv 8,31). Senza dubbio, questo dialogo di Gesù riflette l’inizio di quelle difficoltà causate dai primi cristiani giudaizzanti della Chiesa, nei suoi inizi.

Come erano discendenti di Abramo, per consanguineità, questi discepoli di Gesù si consideravano superiori, non solo alle moltitudini che vivevano lontani dalla fede, ma si consideravano superiori a qualunque discepolo non giudeo, anche se partecipasse della stessa fede. Essi dicevano: «Noi siamo discendenti di Abramo» (Gv 8,33); «Il padre nostro è Abramo» (v. 39); «Solo abbiamo un padre, Dio» (v. 41). Nonostante fossero discepoli di Gesù, abbiamo l’impressione che Gesù non rappresentava nulla per loro, che non acrresceva nulla a ciò che già possedevano. Ma è precisamente lì dove si trova il grande errore di tutti loro. I veri figli non sono i discendenti per consanguineità, ma gli eredi della promessa, cioè quelli che credono (cf. Rom 9,6-8). Senza la fede in Gesù, non è possibile che qualcuno raggiunga la promessa di Abramo. Perciò, tra i discepoli, “non ci sono giudei o greci; non ci sono schiavi o liberi; non ci sono uomini o donne”, perché tutti siamo fratelli per il battesimo (cf. Gal 3,27-28).

Non lasciamoci sedurre dall’orgoglio spirituale. I giudeizzanti si consideravano superiori agli altri cristiani. Non è necessario parlare qui dei fratelli separati. Pensiamo, però, a noi stessi. Quante volte alcuni cattolici si considerano migliori di altri cattolici, solo perché seguono questo o quel movimento o perché osservano questa o quella disciplina, o perché ubbidiscono a questo o quell’uso litúrgico. Alcuni, perché sono ricchi, altri, perché studiarono di più, alcuni perché occupano cariche importanti, altri perché provengono da famiglie nobili. «Vorrei che ognuno di voi sentisse la gioia di essere cristiano… Dio guida la Sua Chiesa, è sempre il suo sostegno, anche e specialmente nei momento difficili» (Benedetto XVI)
OFFLINE
25/03/2021 09:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Rallégrati, piena di grazia»

Dr. Johannes VILAR
(Köln, Germania)
Oggi, nel «rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28), ascoltiamo per prima volta il nome della Madre di Dio: Maria (seconda frase, l'arcangelo Gabriele). Ella ha la pienezza della grazia e dei doni. Si chiama così: "keharitoméne", «piena di grazia» (saluto dell'Angelo).

Forse con 15 anni e da sola, Maria deve dare una risposta che cambierà tutta la storia dell'umanità. San Bernardo implorava: «ha posto nelle sue mani tutto il prezzo della nostra redenzione. Saremo liberati immediatamente, se tu dici di sì. Tutto l’orbe è ai tuoi piedi in attesa della tua risposta. Di la tua parola e genera il Verbo Eterno». Dio attende una risposta libera, e "La piena di grazia", in rappresentanza di tutti coloro che hanno bisogno di redenzione, Ella risponde: "génoitó" facciasi! Da oggi Maria he rimasta liberamente legata all’opera di suo Figlio, oggi inizia la sua mediazione. Dal oggi è madre di coloro che sono uno in Cristo (cf. Gal 3,28).

Benedetto XVI ha detto in un'intervista: «[Vorrei] risvegliare lo spirito di osare a prendere decisioni per sempre: solo queste permettono di crescere e andare avanti, nelle cose grandi della vita, non distruggono la libertà, ma permettono l'orientamento corretto. Prendendo questo rischio -il salto allo decisivo- e quindi accettare ls vita interamente, questo è ciò che desidero trasmettere». " Maria, ecco un esempio!

Neanche San Giuseppe è aldilà dei piani di Dio: lui deve accettare accogliere sua moglie e dare nome al Bambino (cfr Mt 1,20 s): Jeshua, "il Signore salva". E lo fa. Un altro esempio!

L'Annunciazione rivela anche la Trinità: il Padre manda il Figlio, incarnato per opera dello Spirito Santo. E la Chiesa canta: «Il Verbo eterno si fa ogg carne per noi». La sua opera redentrice, -Natale, Venerdì Santo, Pasqua- è presente in questo seme. Egli è l'Emanuele, «Dio con noi» (Is 7,15). Rallegrati umanità!

La feste di San Giuseppe e l'Annunciazione ci preparano ammirevolmente a celebrare i Misteri Pasquali.
OFFLINE
26/03/2021 08:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Per quale di esse volete lapidarmi?»

Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)
Oggi, venerdì, quando manca solo una settimana per commemorare la morte del Signore, il Vangelo ci presenta i motivi della Sua condanna. Gesù cerca di dimostrare la verità, ma i giudei Lo giudicano quale blasfemo e reo di essere lapidato. Gesù parla delle opere che fa, delle opere di Dio che lo accreditano motivo per cui, può dare a se stesso il titolo di “Figlio di Dio”... Non ostante parla da livelli difficili da capire per i suoi avversari “essere nella verità”, “ascoltare la Sua voce...”; parla loro del seguimento e del compromesso verso la Sua persona facendo sì che Gesù sia conosciuto e amato. - «Maestro, dove dimori?» (Gv 1,38) gli domandarono i Suoi discepoli all’inizio del Suo ministero-. Tutto, però, sembra inutile: è così grande quello che Gesù cerca di dire, che non possono capirLo, solamente potranno capirlo i piccoli ed i semplici, perché il Regno rimane occulto ai sapienti ed ai dotti.

Gesù lotta per presentare argomenti che possano accettare, ma il tentativo risulta vano. Di fatto, morirà per dire la verità su se stesso, per essere fedele a se stesso, alla Sua identità ed alla Sua missione. Come profeta, lancerà una chiamata alla conversione e sarà respinto, un nuovo volto di Dio e verrà sputato, una nuova fraternità e sarà abbandonato.

Nuovamente si innalza la Croce del Signore con tutto il suo vigore, come un autentico vessillo, come unica ragione indiscutibile; «Oh ammirevole virtù della santa croce! Oh ineffabile gloria del Padre! In essa possiamo considerare il tribunale del Signore, il giudizio del mondo e il potere del crocificato. Oh sì, Signore: attraesti a Te tutte le cose quando «tenendo tesa la mano ogni giorno a un popolo incredulo e ribelle» (Is 65,2), e tutto l’universo capì che doveva rendere omaggio alla tua maestà!» (San Leone Magno). Gesù deve fuggire all’altra sponda del Giordano e quelli che veramente credono in Lui, si trasferiscono verso l’altra sponda anche loro, pronti a seguirLo e ad ascoltarLo.
OFFLINE
27/03/2021 08:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi»

Rev. D. Xavier ROMERO i Galdeano
(Cervera, Lleida, Spagna)
Oggi, in cammino verso Gerusalemme, Gesù sa di essere perseguitato, vigilato, sentenziato, perché quanto più grande e inedita è stata la Sua rivelazione –l’annuncio del Regno- più ampia e più chiara è stata la divisione e l’opposizione che ha trovato fra gli ascoltatori (cf.Gv 11,45-46).

Le parole negative di Caifa, «E’ conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina la nazione intera!» (Gv 11,50), Gesù le assumerà positivamente per il compimento della nostra redenzione. Gesù, il Figlio Unigenito di Dio, sulla Croce muore per amore a tutti noi! Muore per realizzare il progetto del Padre, cioè «riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52).

Ed è questa la meraviglia e la creatività del nostro Dio! Caifa, con la sua sentenza («E’ conveniente per voi che un solo uomo muoia...») non fa altro che, per odio, eliminare un idealista; invece, Dio Padre, all’inviare Suo Figlio, per amore verso di noi, fa qualcosa di meraviglioso: trasforma quella sentenza malevola in un atto d’amore redentore, perché per Iddio Padre, ogni uomo ha il valore di tutto il sangue sparso da Gesù Cristo!

Tra una settimana –nella solenne vigilia pasquale- canteremo il `Preconio Pasquale´ Attraverso questa meravigliosa preghiera, la Chiesa elogia il peccato originale. E non lo fa perché ignori la sua gravità, ma perché Dio, -nella Sua bontà infinita- ha realizzato `prodigi´ come risposta al peccato dell’uomo. Vuol dire che, di fronte al “dolore originale”, Lui ha risposto con l’Incarnazione, con l’immolazione personale e con l’istituzione dell’Eucaristia. Perciò la liturgia, il prossimo sabato canterà: «Che meraviglioso beneficio del tuo amore per noi! Che incomparabile tenerezza e carità! Oh felice colpa che ci fece meritare un sì grande Redentore!».

Voglia il Cielo che i nostri pensieri, parole e azioni, non siano di impedimento per la evangelizzazione, giacché da Cristo abbiamo ricevuto anche noi la missione di riunire i figli di Dio dispersi: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19).
OFFLINE
29/03/2021 08:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli»

Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, sono riassunti due atteggiamenti su Dio, Gesù Cristo e la vita stessa. Di fronte all’unzione che Maria fa al suo Signore, Giuda protesta: «Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: ‘Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?’» (Gv 12,4-5). Ciò che dice non è assurdo, anzi, collimava con la dottrina di Gesù. Ma è molto facile protestare su quello che fanno gli altri, anche se non c’è una seconda intenzione come nel caso di Giuda.

Qualsiasi protesta deve essere un atto di responsabilità: con la protesta ci dobbiamo impostare come agiremmo noi, cosa saremmo disposti a fare. Altrimenti, la protesta può essere solo –come in questo caso– la lamentela di coloro che agiscono male di fronte a coloro che cercano di fare le cose nei migliori dei modi.

Maria unge i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, perché crede che è quello che deve fare. È un’azione intrisa di una splendida magnanimità: lo fece prendendo «trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso» (Gv 12,3). È un atto d’amore e, come ogni atto d’amore, difficile da capire per coloro che non lo condividono. Credo che, a partire da quel momento, Maria capì ciò che secoli più tardi scriveva sant’Agostino: «Forse in questa terra i piedi del Signore sono ancora bisognosi. Perciò di chi, al di fuori dei suoi membri disse: ‘Ogni cosa che farete a uno solo di questi piccoli... lo avete fatto a me? Voi spendete ciò che vi è superfluo, ma avete fatto qualcosa di veramente grato per i miei piedi’».

La protesta di Giuda non ha nessuna utilità, lo porta solo al tradimento. L’azione di Maria, invece, la porta ad amare di più il suo Signore e, come conseguenza, ad amare di più i “piedi” di Cristo che ci sono in questo mondo.
OFFLINE
30/03/2021 09:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Ed era notte»

Abbé Jean GOTTIGNY
(Bruxelles, Belgio)
Oggi, Martedì Santo, la liturgia sottolinea il dramma che sta per scatenarsi e che concluderà con la crocifissione del Venerdì Santo. «Preso il boccone (Giuda), egli subito uscì. Ed era notte» (Gv 13,30). Sempre è di notte quando ci si allontana da quello che è "Luce di Luce, Dio vero di Dio vero» (Simbolo niceno-costantinopolitano).

Il peccatore è colui che da la spalla al Signore per gravitare intorno alle cose create, senza riferirle al Creatore. Sant'Agostino descrive il peccato come "un amore a se stesso fino al disprezzo di Dio". Insomma, un tradimento. Una prevaricazione frutto della «arroganza con cui vogliamo emanciparci da Dio per non essere altro che noi stessi, l'arroganza per la quale crediamo di non aver bisogno di amore eterno, poiché vogliamo dominare la nostra vita per noi stessi» (Benedetto XVI). Si può capire che Gesù, quella sera, si "commosse profondamente" (Gv 13,21).

Fortunatamente, il peccato non è l'ultima parola. Questa è la misericordia di Dio. Ma essa suppone un "cambio" da parte nostra. Una inversione della situazione che consiste nel distaccarsi dalle creature per legarsi a Dio e ritrovare così la autentica libertà. Ma non aspettiamo ad essere nauseati delle false libertà che ci siamo presi, per cambiare a Dio. Come denunciò il padre gesuita Bourdaloue " vorremmo convertirci, quando siamo stanchi del mondo, o meglio, quando il mondo sia stanco di noi". Cerchiamo di essere più furbi. Decidiamoci adesso. La Settimana Santa è l'occasione propizia. Sulla croce, Cristo, tende le sue braccia a tutti. Nessuno è escluso. Tutto ladrone pentito ha un posto in paradiso. Questo sì, a condizione di cambiare vita e di riparare, come quello del Vangelo: "Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male" (Lc 23,41).
OFFLINE
31/03/2021 09:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Sono forse io?»

Rev. P. Higinio Rafael ROSOLEN IVE
(Cobourg, Ontario, Canada)
Oggi, il Vangelo ci presenta tre scene: il tradimento di Giuda, i preparativi per celebrare la Pasqua e la Cena con i Dodici.

La parola "consegnare" ("paradidōmi" in greco) viene ripetuta sei volte e funge da collegamento tra questi tre momenti: (i) quando Giuda consegna Gesù; (ii) Pasqua, che è una figura del sacrificio della croce, dove Gesù dà la sua vita; e (iii) l'Ultima Cena, in cui si manifesta la consegna di Gesù, che si adempirà sulla Croce.

Vogliamo fermarci qui alla Cena Pasquale, dove Gesù Cristo manifesta che il suo corpo sarà donato e il suo sangue versato. Le sue parole: "In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà" (Mt 26,20) invita ciascuno dei Dodici, e soprattutto Giuda, a un esame di coscienza. Queste parole sono estese a tutti noi, che siamo stati anche chiamati da Gesù. Sono un invito a riflettere sulle nostre azioni, buone o cattive che siano; la nostra dignità; chiediamoci cosa stiamo facendo in questo momento della nostra vita; dove stiamo andando e come abbiamo risposto alla chiamata di Gesù. Dobbiamo risponderci a vicenda con sincerità, umiltà e franchezza.

Ricordiamoci che possiamo nascondere i nostri peccati ad altre persone, ma non possiamo nasconderli a Dio, che vede in segreto. Gesù, vero Dio e uomo, vede e sa tutto. Sa cosa c'è nei nostri cuori e di cosa siamo capaci. Niente è nascosto ai loro occhi. Evitiamo di ingannare noi stessi, ed è solo dopo essere stati sinceri con noi stessi che dovremmo guardare a Cristo e chiedergli "Sono io?" (Mt 26,22). Ricordiamo quanto dice Papa Francesco: "Gesù, amandoci, ci invita a lasciarci riconciliare con Dio e a ritornare a Lui per riscoprire noi stessi".

Guardiamo Gesù, ascoltiamo le sue parole e chiediamo la grazia di donarci unendoci al suo sacrificio sulla Croce.
OFFLINE
02/04/2021 08:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: È compiuto!. E, chinato il capo, consegnò lo spirito»

Rev. D. Francesc CATARINEU i Vilageliu
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, celebriamo il primo giorno del Triduo Pasquale. Pertanto è il giorno della Croce Vittoriosa da dove Gesù ci ha lasciato il meglio di se stesso: Maria come Madre, il perdono —anche dei suoi carnefici— e la fiducia totale in Dio Padre.

Lo abbiamo sentito nella lettura della Passione che ci trasmette la testimonianza di Giovanni presente nel calvario con Maria, la Madre del Signore e le donne. È una narrazione ricca in simbologia, dove ogni piccolo dettaglio, ha senso. Però anche il silenzio e la austerità della Chiesa, oggi, ci aiuta a vivere in un clima di preghiera, molto attenti al dono che celebriamo.

Davanti a questo grande mistero, siamo chiamati —innanzitutto— a vedere. La fede cristiana non è la relazione reverenziale verso un Dio lontano e astratto sconosciuto, ma la adesione a una persona, vero uomo come noi e allo stesso tempo vero Dio. L’invisibile si è fatto carne della nostra carne ed ha assunto di essere uomo fino alla morte e una morte di croce. Però fu una morte accettata come riscatto per tutti, morte redentrice, morte che ci dà vita. Quelli che erano lì e videro, ci trasmisero i fatti e allo stesso tempo, ci rivelarono il significato di quella morte.

Dinanzi a questo, sentiamo gratitudine e ammirazione. Conosciamo il prezzo dell’amore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).

La preghiera cristiana non è solamente chiedere, ma –innanzitutto– ammirare riconoscenti.

Gesù per noi, è modello che bisogna imitare, vale a dire riprodurre in noi le sue attitudini. Dobbiamo essere persone che amano fino a donarsi e fiduciose nel Padre in tutte le avversità.

Questo è in contrasto con l’atmosfera indifferente della nostra società, perciò il nostro testimonio deve essere più coraggioso che mai, già che il dono è per tutti. Cosi dice Melitòn de Sardes, «Egli ci ha fatto passare dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Egli è la Pasqua della nostra salvezza».
OFFLINE
10/04/2021 08:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»

P. Jacques PHILIPPE
(Cordes sur Ciel, Francia)
Oggi, fiduciosi in Gesù risorto, dobbiamo riscoprire il Vangelo come "buona novella". Il Vangelo non è una legge che ci opprime. Abbiamo mai avuto la tentazione di pensare che coloro che non sono cristiani sono più calmi di noi e fare quello che vogliono, mentre noi dobbiamo soddisfare una lista di comandamenti. Si tratta di una visione puramente superficiale delle cose.

Personalmente, una delle mie maggiori preoccupazioni è che il Vangelo venga presentato sempre come una buona notizia, lieta notizia, che riempia il cuore di gioia e di consolazione.

L'insegnamento di Gesù è senz’altro esigente, naturalmente, ma Teresa del Bambino Gesù, ci aiuta a percepirlo davvero come una buona notizia, dal momento che per essa il Vangelo non è altro che la rivelazione della tenerezza di Dio, la misericordia di Dio con ogni uno dei suoi figli, e segnala le leggi della vita che conducono alla felicità. Il centro della vita cristiana è accettare con gratitudine la tenerezza e la bontà di Dio —rivelazione del suo amore sua misericordioso— ed lasciarsi trasformare da questo amore.

Il cammino spirituale preso da Santa Teresa, la "piccola via", è un vero e proprio cammino di santità, una strada con spazio per tutti, fatto in modo tale che nessuno possa scoraggiarsi, né i più umili, né i più poveri, né i più peccatori. Teresa è così in anticipo al Concilio Vaticano II che afferma con sicurezza che la santità non è un cammino eccezionale, ma un invito a tutti i cristiani, della quale nessuno deve essere escluso. Anche il più vulnerabile e miserabile degli uomini può rispondere alla chiamata alla santità.

Questa santità consiste in un «cammino di fiducia e di amore». Così, « L'ascensore che deve innalzarmi al cielo, sono le vostre braccia, oh Gesù! (...). O mio Dio, hai superato ogni mia aspettativa e io voglio cantare le tue misericordie» (Santa Teresa di Lisieux)
OFFLINE
14/04/2021 08:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«La luce è venuta nel mondo»

Fr. Damien LIN Yuanheng
(Singapore, Singapore)
Oggi, davanti alle miriade di opinioni della vita moderna, può sembrare che la verità non esista più, -la verità rispetto a Dio, la verità su questioni relative al genere umano, la verità sul matrimonio, le verità morali, e in ultima istanza, la verità su me stesso.

Il brano del vangelo di oggi identifica Gesù Cristo come «Il cammino, la verità e la vita» (Gv 14,6). Senza Gesù troviamo solo desolazione, inganno e morte. Solo c’è un cammino, e solo uno, che porta in Cielo, e si chiama Gesù Cristo.

Cristo non è una opinione qualsiasi. Gesù Cristo è l’autentica verità. Negare la verità è come insistere nel chiudere gli occhi alla luce del sole. Tanto se piace come se non piace, il Sole sarà sempre lì; ma l’infelice ha liberamente scelto di chiudere gli occhi davanti al Sole della verità. Nello stesso modo, molti si consumano nelle loro corse con una tremenda forza di volontà e che richiedono l'uso di tutto il loro potenziale, dimenticando che solo possono raggiungere la verità riguardo a loro stessi camminando assieme Gesù Cristo.

D’altra parte, secondo Benedetto XVI, "Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr Gv 8,32)» (Encíclica "Caritas in Veritate"). La verità di ciascuno è una chiamata a diventare il figlio o la figlia di Dio nella Casa del Padre, «Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Dio vuole figli e figlie liberi, non schiavi.

In realtà, l’"io" perfetto è un progetto congiunto tra Dio e me. Quando cerchiamo la santità, cominciamo a riflettere la verità di Dio nelle nostre vite. Il Papa lo ha detto in un bellissimo modo, «Ogni santo è come un raggio di luce che esce dalla Parola di Dio» (Esortazione Apostolica "Verbum Domini").

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»
OFFLINE
16/04/2021 09:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, leggiamo il Vangelo della moltiplicazione dei pani: «Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero» (Gv 6,11). La preoccupazione degli Apostoli di fronte a tanta gente affamata, ci fa pensare in una moltitudine attuale, non affamata, ma peggio ancora: lontana da Dio, con un’”anoressia spirituale”, che impedisce loro di partecipare della Pasqua e di conoscere Gesù. Non sappiamo come arrivare a tanta gente... Aleggia nella lettura di oggi un messaggio di speranza: non importa la mancanza di mezzi, ma sì le risorse soprannaturali; cerchiamo di non essere “realisti”, ma “fiduciosi” in Dio. Così, quando Gesù domanda a Filippo dove potevano comprare pane per tutti, in realtà «diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare» (Gv 6,5-6). Il Signore spera che abbiamo fiducia in Lui.

Al contemplare questi “segni dei tempi”, non vogliamo passività (pigrizia, debolezza per mancanza di lotta...), ma speranza: il Signore per fare il miracolo, vuole la dedicazione degli Apostoli e la generosità del giovane che consegna dei pani e dei pesci. Gesù aumenta la nostra fede, obbedienza e audacia, anche se non vediamo immediatamente il frutto del lavoro, come il contadino non vede spuntare subito il germoglio dopo la semina. «Fede, dunque, senza permettere che domini lo scoraggiamento; senza fermarci in calcoli semplicemente umani. Per superare gli ostacoli, bisogna cominciare a lavorare, mettendoci completamente all’opera, in modo tale che lo stesso sforzo ci porti ad aprire nuovi sentieri» (San Giuseppemaria), che appariranno in modo insospettàbile.

Non aspettiamo il momento ideale per contribuire da parte nostra: quanto prima!, poiché Gesù ci aspetta per fare il miracolo. «Le difficoltà che presenta il panorama mondiale agli inizi del nuovo millennio ci inducono a pensare che solo un intervento dall’alto può farci sperare in un futuro meno oscuro», scrisse Giovanni Paolo II. Accompagniamo, dunque, con il Rosario la Vergine, giacché la sua intercessione si è fatta notare in tanti momenti delicati per i quali ha attraversato la storia dell’Umanità.
OFFLINE
17/04/2021 08:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Sono io, non abbiate paura!»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, Gesù ci disorienta. Eravamo abituati ad un Redentore che, sempre pronto ad occuparsi di ogni tipo di indigenza umana, non dubitava nel ricorrere al suo potere divino. Di fatto, l’azione trascorre poco dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci in beneficio della folla affamata. Adesso, invece, ci sconcerta un miracolo —il fatto di camminare sulle acque— che sembra, a prima vista un’azione promozionale. Però no! Gesù aveva già scartato l’uso del suo potere divino per esibizionismo o per beneficio personale, quando all’inizio della sua missione rifiutò le tentazioni del Maligno.

Con il gesto di camminare sulle acque, Cristo sta dimostrando il suo dominio sulle cose create. Però allo stesso tempo possiamo vedere una messa in scena del suo dominio sul Maligno, rappresentato da un mare agitato e nell’oscurità.

«Sono io, non temete!» (Gv 6,20), diceva loro Gesù in quell’occasione. «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33), dirà loro più tardi nel Cenacolo. Finalmente è Gesù che dice alle donne, la mattina di Pasqua, dopo essersi alzato dal sepolcro: «Non abbiate paura». Noi, grazie alla testimonianza degli Apostoli, sappiamo della sua vittoria sui nemici dell’uomo: il peccato e la morte. Per questo, oggi, le sue parole risuonano nei nostri cuori con una forza speciale, perché sono le parole di Qualcuno che è vivo.

Le stesse parole che Gesù rivolgeva a Pietro e agli Apostoli, le ripeteva Giovanni Paolo II, successore di Pietro, all’inizio del suo pontificato «Non abbiate paura». Era una chiamata ad aprire il nostro cuore, la nostra essenza al Redentore, perché con Lui non abbiamo nulla da temere di fronte all’impeto dei nemici di Cristo.

Dinanzi alla fragilità personale per portare a buon fine le missioni che Gesù ci richiede (una vocazione, un progetto apostolico, un servizio...), ci consola sapere che anche Maria —creatura come noi— sentì le stesse parole da parte dell’angelo, prima di affrontare la missione che il Signore le aveva assegnato. Impariamo da Lei ad accogliere l’invito di Gesù ogni giorno e in ogni circostanza.
OFFLINE
18/04/2021 08:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!»

Rev. D. Jaume GONZÁLEZ i Padrós
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci colloca ancora nella domenica della risurrezione, quando i due di Emmaus tornano a Gerusalemme, e lì, mentre tra loro raccontano che il Signore è apparso a loro, lo stesso Risuscitato appare a loro. La Sua presenza, però, risulta sconcertante. Da una parte causa paura, fino al punto che essi «credevano di vedere un fantasma» (Lc 24,37) e, d’altra parte, il Suo corpo, trafitto dai chiodi e dalla lancia, risulta una prova eloquente che si tratti dello stesso Gesù, il crocifisso: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24,39).
OFFLINE
19/04/2021 09:17
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Datevi da fare (...) per il cibo che rimane per la vita eterna»

Abbé Jacques FORTIN
(Alma (Quebec), Canada)
Oggi, dopo la moltiplicazione dei pani, la folla cercò Gesù e nella sua ricerca raggiunsero Cafarnao. Ieri come oggi, gli esseri umani hanno cercato tutto quello che è divino. Non è dunque una manifestazione della ricerca del divino la moltiplicazione di sette religiose, dell'esoterismo?

Ma alcune persone vorrebbero sommettere quello che è divino alle proprie neccessità umane. In effetti, la storia ci mostra che a volte si cerca di usarlo per scopi politici o di altro tipo. Oggi la folla si è spostata verso Gesù. Perché? È la domanda che fa Gesù quando dice: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e siete stati saziati» (Gv 6,26). Gesù non si inganna. Sa che non sono stati in grado di leggere i segnali nella moltiplicazione dei pani. Gli annuncia che quello che soddisfa l'uomo è un alimento spirituale che ci permette di vivere per sempre (cf. Gv 6,27). Dio è il datore di quel cibo, e lo dà per mezzo del suo Figlio. Tutto ciò che fa che cresca la fede in Lui è un alimento al quale dobbiamo dedicare tutte le nostre energie.

Allora si capisce perché il Papa ci incoraggia a cercare di ri-evangelizzare il nostro mondo che spesso non va a Dio con delle buone ragioni. Nella costituzione "Gaudium et Spes" ("La Chiesa nel mondo contemporaneo"), i Padri del Concilio Vaticano II ci ricordano: La Chiesa «sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni». E noi, perché continuiamo a seguire Gesù? che cosa ci dà la Chiesa? Ricordiamo ciò che il Concilio Vaticano II dice! Siamo convinti del benessere che questo alimento ci proporziona e che possiamo dare al mondo?
OFFLINE
22/04/2021 09:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo»

Rev. D. Pere MONTAGUT i Piquet
(Barcelona, Spagna)
Oggi, cantiamo al Signore da cui ci viene la gloria e il trionfo. Il Risuscitato si presenta alla sua Chiesa con quel «Io sono colui che è» che lo identifica come fonte di salvezza: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell’atto di ringraziamento, la comunità riunita intorno al Vivente lo riconosce amorosamente e accetta il precetto di Dio, riconosciuto ora come l’insegnamento del Padre. Cristo, immortale e glorioso, ci ricorda nuovamente che il Padre è l’autentico protagonista di tutto. Coloro che lo ascoltano e credono vivono in comunione con chi proviene da Dio, l’unico che lo ha visto, così la fede è il principio della vita eterna.

Il pane vivo è Gesù. Non è un alimento che assimiliamo in noi, bensì ci assimila. Lui ci fa avere fame di Dio, sete di ascoltare la sua Parola, che è gioia e allegria del cuore. La Eucaristia è l’anticipo della gloria celeste: «Spezziamo lo stesso pane, che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire e per vivere per sempre in Cristo» (San Ignazio di Antiochia). La comunione con la carne del Cristo risorto ci deve abituare con tutto quello che scende dal cielo, ossia, a chiedere, a ricevere e assumere la nostra vera condizione: siamo fatti per Dio e solo Lui sazia pienamente il nostro spirito.

Però questo pane vivo non solo ci farà vivere un giorno, oltre alla morte fisica, bensì ci è dato ora «per la vita del mondo» (Gv 6,51). Il proposito del Padre, che non ci ha creato per morire, è legato alla fede e all’amore. Vuole una risposta attuale, libera e personale alla sua iniziativa. Ogni volta che mangiamo di questo pane, addentriamoci nell’amore stesso! Già non viviamo per noi stessi, già non viviamo nell’errore. Il mondo è ancora bello perché c’è chi continua ad amarlo fino all’estremo, perché esiste un Sacrificio del quale si beneficiano persino quelli che lo ignorano.
OFFLINE
23/04/2021 08:20
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, Gesù fa tre dichiarazioni capitali quali: che si deve mangiare la carne del Figlio dell’uomo e bere il suo sangue; che se non si fà la Comunione non si può aver vita; e che questa vita è la vita eterna ed è condizione per la risurrezione (cf. Gv 6,53.58). Non vi è nient’altro nel Vangelo che sia così chiaro, così evidente e definitivo come queste affermazioni di Gesù.

Non sempre i cattolici siamo all’altezza di ciò che merita l’Eucaristia: a volte pretendiamo “vivere” senza le condizioni di vita segnalate de Gesù e, come scrisse Giovanni Paolo II, «l’Eucaristia è un dono troppo grande per ammettere ambiguità e diminuzioni».

“Mangiare per vivere”: mangiare la carne del Figlio dell’uomo per vivere come il Figlio dell’uomo. Questo mangiare si chiama “comunione”. Si tratta di un “mangiare”, e diciamo “mangiare” affinché rimanga chiara la necessità dell’assimilazione, dell’identificazione con Gesù. Si comunica per mantenere la unione: per pensare come Lui, per parlare come Lui, per amare come Lui. I cristiani avevamo bisogno dell’enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, La Chiesa vive dell’Eucaristia. Si tratta di un’enciclica appassionata: è “fuoco” perché l’Eucaristia è incandescente.

«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), disse Gesù la sera del Giovedì Santo. Dobbiamo recuperare il fervore eucaristico. Nessun’altra religione ha una simile iniziativa. È Dio stesso che scende fino al cuore dell’uomo per stabilire una misteriosa relazione d’amore. E da lì si costruisce la Chiesa e prende parte nel dinamismo apostolico ed ecclesiale dell’Eucaristia.

Stiamo toccando la profondità stessa del mistero, come Tommaso, che tocca le ferite di Cristo Risorto. Noi cristiani dovremo rivedere la nostra fedeltà al fatto eucaristico, così come Gesù lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone. Dobbiamo rivivere la “tenerezza” verso l’Eucaristia: genuflessioni pausate e ben fatte, incremento del numero delle comunioni spirituali... E, a partire dall’Eucaristia gli uomini ci appariranno sacri, così come sono. E li serviremo con una rinnovata tenerezza
OFFLINE
25/04/2021 09:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Io sono il buon pastore»

Mons. José Ángel SAIZ Meneses, Arcivescovo di Siviglia
(Sevilla, Spagna)
Oggi celebriamo la Domenica del Buon Pastore. In primo luogo, l'atteggiamento delle pecore deve essere quello di ascoltare la voce del pastore e seguirlo. Ascolta attentamente, sii docile alla sua parola, seguilo con una decisione che compromette tutta l'esistenza: la comprensione, il cuore, tutte le forze e tutta l'azione, seguendo le sue orme.

Da parte sua, Gesù, il Buon Pastore, conosce le sue pecore e dona loro la vita eterna, in modo tale che non si perderanno mai e, inoltre, nessuno le toglierà dalla sua mano. Cristo è il vero Buon Pastore che ha dato la vita per le pecore (cfr Jn 10,11), per noi, immolandosi sulla croce. Conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono, come lo conosce il Padre e lui conosce il Padre. Non è una conoscenza superficiale ed esterna, né solo una conoscenza intellettuale; Si tratta di un rapporto personale profondo, di una conoscenza integrale del cuore, che finisce per diventare amicizia, perché questa è la logica conseguenza del rapporto tra chi ama e chi è amato; di chi sai di poterti fidare completamente.

È Dio Padre che gli ha affidato la cura delle sue pecore. Tutto è frutto dell'amore di Dio Padre donato a suo Figlio Gesù Cristo. Gesù compie la missione affidatagli dal Padre suo, che è la cura delle sue pecore, con una fedeltà che non permetterà a nessuno di strappargliele di mano, con un amore che lo porta a dare la vita per loro, in comunione con il Padre perché "Io e il Padre siamo uno" (Gv 10,30).

È proprio qui che sta la sorgente della nostra speranza: in Cristo Buon Pastore, che vogliamo seguire e di cui ascoltiamo la voce perché sappiamo che solo in Lui si trova la vita eterna. Qui troviamo la forza di fronte alle difficoltà della vita, noi che siamo un gregge debole e che siamo soggetti a varie tribolazioni.
OFFLINE
28/04/2021 08:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)
Oggi, Gesù grida come chi dice parole che devono essere ascoltate chiaramente da tutti. Il suo grido sintetizza la sua missione salvatrice, perché è venuto a «salvare il mondo» (Gv 12,47) ma non per se stesso, però, ma nel nome del «il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare» (Gv 12,49).

Non è ancora trascorso un mese da quando celebravamo il Triduo Pasquale. Quanto presente stette il Padre nell’ora estrema, l’ora della Croce! Come ha scritto Giovanni Paolo II, «Gesù, oppresso dalla previsione della prova che l’aspetta, solo davanti a Dio, lo invoca con la sua abituale e tenera espressione di fiducia: «`Abba, Padre’». Nelle ore seguenti si fa palese lo stretto dialogo del Figlio con il Padre: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34); «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

La importanza di questo atteggiamento del Padre e del suo inviato, si merita una risposta personale di chi ascolta. Questa risposta è il credere, ossia, la fede (cf. Gv 12,44); fede che ci da —lo stesso Gesù— la luce per non seguire nelle tenebre. Invece, chi rifiuta tutti questi doni e manifestazioni, e non conserva queste parole «ha chi lo condanna: la parola» (Gv 12,48).

Accettare Gesù, allora, è credere, vedere, ascoltare il Padre, significa non trovarsi immerso nelle tenebre, ubbidire il mandato di vita eterna. Ci risulta opportuna l’ammonizione di san Giovanni della Croce: «[Il Padre] tutto ce lo disse insieme e in una sola volta, per questa sola Parola (...). Per cui, chi adesso volesse chiedere a Dio, o volesse qualche visione o rivelazione, non solo farebbe una sciocchezza, ma offenderebbe Dio, al non porre gli occhi totalmente in Cristo, evitando di volere qualche altra cosa o novità».
OFFLINE
29/04/2021 08:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi la Chiesa celebra con gioia e gratitudine a S. Caterina da Siena (1347-1380), patrona d'Italia. Con gioia perché in essa sono diventate vere le parole di Cristo: «Perché tu hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Impressiona il grado di maturità interiore e d’unione amorosa —fino ai mistici desposori— in Gesù Cristo di una ragazza così giovane come Catalina.

Dio stesso ha nel suo “DNA” la semplicità, la discrezione. Così si ha agito il Messia: è nato e cresciuto in un fienile, senza trionfalismi. Egli era il Re annunciato e atteso da Davide, ma la sua corona reale è fatta di spine e il suo trono è la Croce. In una delle sue visioni mistiche, Catalina vide che Gesù gli ha mostrato due corone, una d'oro i l’altra di spine. Lei rispose che il suo riposo era il dolore del Signore e ha scelto le spine ... «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo» (Mt 11,28): Catalina riposa nella sofferenza di Cristo; Gesù risiede nella semplicità della giovane santa.

Catalina, che conosceva bene il suo Amato, aveva vivida consapevolezza della grandezza dell'uomo perché Dio stesso è innamorato di ciascuno di noi: «Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno»

Infine, la gratitudine della Chiesa verso Catalina per il suo compito conciliante. A quel tempo, la Chiesa ha vissuto un periodo triste di divisioni, interne ed esterne. La cosa più spiacevole è stata l’ "esilio di Avignone". Dal 1305, un totale di sette papa hanno riseduto ad Avignone. Le preghiere e gli sforzi di Santa Caterina, —anche di altre personalità, come santa Brigida— hanno ottenuto che nel 1367 papa Urbano V tornasse alla Città Eterna. Grazie siano date eternamente alle sante donne che hanno fatto tanto —spesso più di quanto sappiamo— per la Chiesa!
OFFLINE
01/05/2021 08:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Io sono nel Padre e il Padre è in me»

P. Jacques PHILIPPE
(Cordes sur Ciel, Francia)
Oggi, siamo invitati a scoprire in Gesù il Padre che ci viene svelato. Filippo esprime una intuizione molto giusta: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Vedere il Padre è scoprire Dio, come origine, come vita che s’innalza, come generosità, come dono che costantemente rinnova ogni cosa. Di cos'altro abbiamo bisogno? Procediamo da Dio e ogni uomo, sebbene incoscientemente, porta con sé il profondo desiderio di tornare a Dio, di riincontrare la casa paterna e restare lì per sempre. Lì si trovano tutti i beni che possiamo desiderare: la vita, la luce, l’amore, la pace... Sant’Ignazio d’Antiochia, che fu martire all’inizio del secondo secolo, diceva: «C’è in me un’acqua viva che sussurra e dice dentro di me; «Vieni dal Padre!».

Gesù ci fa intravedere la profonda intimità reciproca che esiste tra Lui e il Padre: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Quello che Gesù dice e fa trova la sua origine nel Padre, e il Padre si manifesta pienamente in Gesù. Tutto quello che il Padre desidera dirci lo si trova nelle parole e negli atti del Figlio. Tutto ciò che Lui desidera adempiere in beneficio nostro, lo compie per suo Figlio. Credere nel Figlio ci permette di «presentarci... al Padre» (Ef 2,18).

La fede umile e fedele in Gesù, la scelta di seguirLo ed ubbidirlo giorno dopo giorno ci mette in contatto misterioso ma reale con lo stesso mistero di Dio, e ci fa beneficiari di tutte le ricchezze della Sua benevolenza e misericordia. Questa fede permette al Padre portare avanti, attraverso noi, l’azione della grazia che cominciò con Suo Figlio; «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio» (Gv 14,12).
OFFLINE
02/05/2021 09:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto»

+ Rev. D. Joan MARQUÉS i Suriñach
(Vilamarí, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo presenta l’allegoria della vite e dei tralci. Cristo è la vera vite, noi siamo i tralci e il Padre è il vignaiolo.

Il Padre vuole che noi diamo molto frutto. E’ logico. Un vignaiolo pianta un vigneto e lo coltiva per produrre frutto in abbondanza. Se abbiamo creato una società, vogliamo la resa di produzione. Gesù insiste: «non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portate frutto...» (Gn 15,16).

Sei un eletto. Dio ha fissato la vista su di te. Mediante il battesimo siete stati innestati nella vite che è Cristo. Hai la vita di Cristo, la vita cristiana. Hai l’elemento principale per dare frutto: l’unione con Cristo; perché «il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite» (Gn 15,4). Gesù lo dice esaustivamente: «senza di me non potete far nulla» (Gn 15,5). “La vostra forza non è altro che soavità, non c’è niente tanto tenero come questo, e niente come questo è tanto firme” ( San Francesco di Sales). Quante cose hai voluto fare senza Cristo? Il frutto che il Padre aspetta da noi è quello delle buone opere, è quello della pratica delle virtù. Qual’è l’unione con Cristo che ci fa capaci di dare questo frutto? La fede e la carità, cioè, rimanere in grazia di Dio.

Quando vivi in grazia di Dio, tutti gli atti virtuosi sono frutti graditi al Padre. Sono opere che Gesù Cristo fa attraverso di te. Sono opere di Cristo che danno gloria al Padre e si trasformano in un pezzo di cielo per te. Vale la pena vivere sempre in grazia di Dio! «chi non rimane in me (per il peccato), viene gettato via come il tralcio e secca; poi (...) lo gettano nel fuoco e lo bruciano» (Gn 15,6). E’ una chiara allusione all’inferno. E tu, sei come un tralcio pieno di vita?

Che la Vergine Santissima ci aiuti ad aumentare la grazia per produrre frutti in abbondanza, e questi diano gloria al Padre.
OFFLINE
03/05/2021 08:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Io sono la via, la verità e la vita. (...) Chi ha visto me, ha visto il Padre»

Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)
Oggi celebriamo la festa degli Apostoli Filippo e Tommaso. Il Vangelo fa riferimento a quei colloqui che Gesù aveva soltanto con gli Apostoli e in cui procurava istruirli, affinché avessero delle idee chiare rispetto alla sua persona e la sua missione. Gli Apostoli erano influenzati dalle idee che i giudei si erano fatte sulla persona del Messia: aspettavano un liberatore terrestre e politico, mentre Gesù non rispondeva in assoluto a questa immagine stabilita preventivamente.

Le prime parole che leggiamo nel Vangelo di oggi sono la risposta a una domanda fatta dall’Apostolo Tommaso. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Questa risposta a Tommaso introduce la richiesta di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). La risposta di Gesù è —in realtà— una riprovazione: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?» (Gv 14,9).

Gli Apostoli non finivano di capire l’unità fra il Padre e Gesù, non riuscivano a vedere che Dio è uomo nella persona di Gesù. Egli non si limita a dimostrare la sua uguaglianza con il Padre, non solo ma ricorda a loro che saranno quelli che continueranno la sua opera di salvezza: concede loro il potere di fare miracoli, gli promette di essere sempre fra di loro e che qualsiasi cosa chiederanno in suo nome Egli gliela concederà.

Queste risposte di Gesù agli Apostoli sono rivolte anche a noi. San Josemaria, commentando questo testo dice: «‘Io sono la via, la verità e la vita’, con queste inequivoche parole ci ha mostrato il Signore qual’è il sentiero autentico che porta alla felicità eterna (...). Lo dichiara a tutti gli uomini, però specialmente lo ricorda a chi come te e come me, abbiamo detto di essere disposti a prendere sul serio la nostra vocazione di essere cristiani».
OFFLINE
05/05/2021 08:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Rimanete in me e io in voi»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all’ultimo momento, nell’istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.

Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell’amore fraterno e li ha consolati con il dono dell’Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l’esortazione all’unità nella carità.

Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbatersi ne demoralizzarsi di fronte all’odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell’invio del Difensore, garantisce loro l’assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro –per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).

Il nostro pericolo non viene dall’esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l’amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all’unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).

Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant’ Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l’indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
OFFLINE
06/05/2021 09:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi»

Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)
Oggi, ascoltiamo di nuovo l’intima confidenza che Gesù ci fece il Giovedì Santo: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» (Gv 15,9). L'amore del Padre al Figlio è immenso, tenero, irrazionale. Lo leggiamo nel libro dei Proverbi, quando afferma che, molto prima di cominciare le attività, «io ero con lui, come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante» (Pr 8,30). Così ci ama noi e, annunziandolo profeticamente nello stesso libro, aggiunge che «dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo» (Pr 8,31).

Il Padre ama il Figlio, e Gesù non perde occasione per dircelo: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8, 29). Il Padre l’ha proclamato con forza nel Giordano, quando ascoltiamo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Mc 1,11) e, più tardi, sul Tabor: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!» (Mc 9,7).

Gesù ha risposto, «Abba», papà! Adesso ci rivela, «come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi». E, cosa faremo noi? Ebbene, mantenerci nel suo amore, osservare i suoi comandamenti, amare la Volontà del Padre. Non è questo l’esempio che Lui ci da?: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

Ma noi che siamo deboli, incostanti e pusillanimi e —perché non dirlo— financo, cattivi, perderemo, poi, per sempre la sua amicizia? No, Egli non permetterà che siamo tentati al di sopra delle nostre forze! Ma se qualche volta ci allontanassimo dai suoi comandamenti, chiediamoGli la grazia di ritornare correndo come il figlio prodigo alla casa del Padre e di ricorrere al sacramento della Penitenza per ricevere il perdono dei nostri peccati. «anch'Io ho amato voi —dice Gesù—. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11).
OFFLINE
08/05/2021 09:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato»

Rev. D. Ferran JARABO i Carbonell
(Agullana, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo contrappone il mondo ai seguaci di Cristo. Il mondo rappresenta tutto ciò che di peccato troviamo nella nostra vita. Una delle caratteristiche di chi segue Gesù è, dunque, la lotta contro il male e il peccato che si trova nell’intimo di ogni uomo e nel mondo. Perciò, Gesù risuscitato è luce, luce che illumina le tenebre del mondo. Karol Wojtyla ci esortava a «che questa luce ci renda forti e capaci di accettare la intiera verità di Cristo ed amarla di più quanto di più la contraddice il mondo».

Ne il cristiano, ne la Chiesa possono seguire le mode o i criteri del mondo. Il criterio unico, definitivo e ineludibile è Cristo. Non è Gesù che si deve adattare al mondo nel quale viviamo; siamo noi che dobbiamo trasformare le nostre vite in Gesù. «Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre». Questo deve farci pensare. Quando la nostra società secolarizzata chiede certi cambi o facoltà ai cristiani e alla Chiesa, semplicemente ci sta chiedendo di allontanarci da Dio. Il cristiano deve mantenersi fedele a Cristo e al suo messaggio. Dice sant’Ireneo: «Dio non ha bisogno di niente; ma l´uomo ha bisogno di stare in comunione con Dio». E la gloria dell’uomo sta nel preservare e mantenersi al servizio di Dio.

Questa fedeltà può trarre molte volte la persecuzione: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Non dobbiamo aver paura della persecuzione; Dobbiamo temere piuttosto di non cercare con sufficiente desiderio adempiere la volontà del Signore. Siamo coraggiosi e proclamiamo senza paura Cristo risuscitato, luce e allegria dei cristiani! Lasciamo che lo Spirito Santo ci trasformi per essere capaci di comunicare questo al mondo!
OFFLINE
09/05/2021 08:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Vi ho chiamato amici»

Rev. D. Francesc CATARINEU i Vilageliu
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, celebriamo l’ultima Domenica prima delle feste solenni dell’Assunzione e di Pentecoste, che chiudono il ciclo Pasquale. Se durante queste Domeniche Gesù risuscitato si è manifestato come il Buon Pastore e come la vite alla quale bisogna rimanere uniti come suoi tralci, oggi ci spalanca le porte del suo Cuore.

Naturalmente, nel Suo Cuore troviamo solo amore. Quello che costituisce il mistero più profondo di Dio e che è Amore. Tutto ciò che ha fatto dalla creazione alla redenzione è per amore. Tutto quello che si aspetta da noi come risposta alle sue azioni, è amore. Per questo, oggi risuonano le sue parole «Rimanete nel mio amore » (Gv 15,9). L’amore vuole reciprocità, è come un dialogo che ci fa corrispondere con un crescente amore il suo primo amore.

Frutto dell’amore è l’allegria: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi» (Gv 15,11). Se la nostra vita non riflette l’allegria di credere, se ci lasciamo affogare dalle contrarietà senza vedere che anche lì, il Signore è presente e ci consola, è perché non abbiamo conosciuto abbastanza a Gesù.

Dio ha sempre l’iniziativa. Ce lo dice espressamente affermando che «io ho scelto voi» (Gv 15,16). Noi abbiamo la sensazione di pensare di aver scelto, però non abbiamo fatto altro che rispondere a un invito. Ci ha scelto gratuitamente per essere amici «Non vi chiamo più servi (...); ma vi ho chiamato amici » (Gv 15,15).

Agli inizi Dio parla con Adamo come un amico parla con un suo amico. Cristo, nuovo Adamo, ha recuperato non solo l’antica amicizia, ma l’intimità con Dio, visto che Dio è amore.

Tutto si riassume in questa parola “amore”. Ce lo ricorda Sant’Agostino: «Il buon Maestro ci raccomanda frequentemente la carità come unico comandamento possibile. Senza la carità tutte le altre buone qualità non servono a nulla. La carità, di fatto, porta l’uomo a tutte le altre virtù che lo fanno buono»
OFFLINE
11/05/2021 09:54
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«È bene per voi che io me ne vada»

Fr. Joseph A. PELLEGRINO
(Tarpon Springs, Florida, Stati Uniti)
Oggi il Vangelo ci offre una comprensione più profonda della realtà dell’Ascensione del Signore. Nella lettura del Vangelo di Giovanni della Domenica di Pasqua, Gesù dice a Maria Maddalena che non lo trattenga perché «non sono ancora salito al Padre» (Gv 20,17). Nel Vangelo di oggi Gesù si rende conto che «perché vi ho detto questo, la tristezza ha invaso il vostro cuore», ma «è bene per voi che io me ne vada» (Gv 16,6-7). Gesù deve ascendere al Padre. Tuttavia, è ancora tra noi.

Come può andarsene e rimanere allo stesso tempo? Questo mistero lo spiegò il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI: «E dato che Dio abbraccia e sostiene l’intero cosmo, l’Ascensione del Signore significa che Cristo non si è allontanato da noi, ma che adesso, grazie al fatto di stare con il Padre, è vicino ad ognuno di noi, per sempre».

La nostra speranza si trova in Gesù Cristo. Con la sua conquista sulla morte ci diede una vita che la morte non potrà mai distruggere, la sua Vita. La sua risurrezione è la dimostrazione che lo spirituale è reale. Nulla può separarci dall’amore di Dio. Nulla può diminuire la nostra speranza. Le cose negative del mondo non possono distruggere tutto ciò che di positivo Cristo ci ha donato.

Il mondo imperfetto in cui viviamo, un mondo in cui soffrono gli innocenti, può portarci al pessimismo. Ma Gesù ci ha trasformato in eterni ottimisti.

La presenza viva del Signore nella nostra comunità, nelle nostre famiglie, in quegli aspetti della nostra società che, con ogni diritto, possono essere chiamati “cristiani”, ci conferiscono una ragione per la speranza. La Presenza Viva del Signore in ognuno di noi ha portato la gioia. Non importa la enorme alluvione di notizie negative che i mezzi di comunicazione ci si compiacciono in presentarci; la positività del mondo supera di molto la negatività, perché Gesù è asceso.

Egli, infatti, è asceso, ma non ci ha abbandonato.
OFFLINE
12/05/2021 09:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Molte cose ho ancora da dirvi»

Rev. D. Àlex SERRA
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi è un giorno speciale! Immagina la tipica giornata in cui sei con la tua famiglia o i tuoi amici e hai molte cose da raccontare. Forse non li vedi da molto tempo o sei arrivato da un bel viaggio o, semplicemente, hai avuto una giornata piena di esperienze. Vuoi spiegare tutto, ma non hai abbastanza tempo. Ebbene, questo è quello che è successo a Gesù. Per questo dice: «Molte cose ho ancora da dirvi» (Gv 16, 12).

Immagina Gesù con i suoi migliori amici, i discepoli, mentre dice loro che quando avranno lo Spirito di verità, —cioè, il suo stesso Spirito—, predicheranno senza paura in tutto il mondo, con entusiasmo spettacolare e che avranno una vita fantastica con Lui. Con questo non dice che non avremo dei problemi, ma che dobbiamo affrontargli in un altro modo, poiché con lo Spirito di Dio tutto è possibile. Lo Spirito fa nuovo tutto, smaschera le nostre paure, cambia la nostra vita, ci fa uscire da ciò che diventa ingombrante, ci aiuta ad amare coloro che sono difficili per noi ... e che ognuno pensi a ciò di cui ha bisogno che il Signore cambi nella sua vita.

Tutto questo è ciò che lo Spirito comunica e annuncia. Una nuova vita dove le sciocchezze che possiamo vivere si affrontano con lo Spirito del Signore e, come ha detto Papa Francesco nel 2020 alla Messa di Pentecoste segnata dalla reclusione per il Covid-19, una vita di donazione! Questo è il frutto dello Spirito: il dono agli altri, per l'unità tra i discepoli. Noi riceviamo lo Spirito, ma non per noi stessi ma per gli altri, per coloro che sono al nostro fianco, chiunque essi siano...

Speriamo che oggi siamo capaci di essere discepoli fedeli del Signore o, meglio, che oggi siamo veri amici di Colui che ci dà la Vita e ci domandiamo: se sono un discepolo del Signore, come mi dono agli altri? Do loro la vita?

«Quando verrà lui, lo
Nuova Discussione
Rispondi
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:54. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com