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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 17/04/2024 09:54
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15/03/2022 09:08
 
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«Uno solo è il vostro Maestro (...) uno solo è il Padre vostro (...) uno solo è la vostra Guida»

Pbro. Gerardo GÓMEZ
(Merlo, Buenos Aires, Argentina)
Oggi, a maggior ragione, dobbiamo impegnarci per la nostra salvazione personale e comunitaria, come dice san Paolo, con rispetto e serietà, perché «Ora è il giorno della salvezza» (2 Cor 6,2). Il tempo di quaresima è una opportunità sacra dataci dal nostro Padre, affinché, in un atteggiamento di profonda conversione, rivitalizziamo i nostri valori personali, riconosciamo i nostri errori e ci pentiamo dei nostri peccati, in modo tale che la nostra vita vada trasformandosi –attraverso l’azione dello Spirito Santo- in una vita più piena e matura.

Per adeguare la nostra condotta a quella del Signore Gesù è fondamentale un gesto di umiltà, come dice Papa Benedetto XVI: «Che [io] mi riconosca per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra, destinata alla terra, però altresì fatta a immagine di Dio e destinata a Lui.

All’epoca di Gesù c’erano molti “modelli” che pregavano e attuavano per essere visti, per essere riverenziati: semplice fantasia, personaggi di cartapesta che non riuscivano a spronare la crescita e la maturità del loro prossimo. I loro atteggiamenti e la loro condotta non segnalavano il cammino che conduce a Dio: «Non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» (Mt 23,3).

La società attuale, anch'essa ci presenta un’infinità di modelli di condotta che ci avviano verso un’esistenza vertiginosa, sventata, indebolendo in noi il senso della trascendenza. Non permettiamo che questi riferimenti ci facciano perdere di vista il vero Maestro: «Uno solo è il vostro Maestro; (...) uno solo è il Padre vostro (...) uno solo è la vostra Guida, il Cristo» (Mt 23,8-9-10).

Approfittiamo la quaresima per rafforzare le nostre convinzioni, quali discepoli di Gesù Cristo. Cerchiamo di avere momenti sacri di “deserto” dove ci rincontreremo con noi stessi e con il vero Modello e Maestro. E davanti a situazioni concrete, in cui molte volte non sappiamo come reagire, potremo domandarci: Che direbbe Gesù? Come attuerebbe Gesù?
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16/03/2022 08:20
 
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«Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore»

Rev. D. Francesc JORDANA i Soler
(Mirasol, Barcelona, Spagna)
Oggi la Chiesa —Ispirata dallo Spirito Santo— ci propone in questo tempo di Quaresima un testo in cui Gesù imposta ai suoi discepoli —e per tanto anche a noi— un cambio di mentalità. Gesù oggi capovolge le visioni umane e terrestri dei suoi discepoli e gli apre un nuovo orizzonte di comprensione su quale dovrà essere lo stile di vita dei suoi proseliti.

Le nostre tendenze naturali ci suscitano il desiderio di dominare le cose e le persone, dirigere e dare ordini, che si faccia ciò che a noi piace, che la gente possa riconoscere in noi uno status, una posizione. Invece il cammino che Gesù ci propone è l’opposto: «Tra voi non sarà così, ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,26-27). “Servitore”, “schiavo”: non possiamo rimanere nell’enunciato delle parole!. Le abbiamo sentite centinaia di volte dobbiamo, essere capaci di entrare in contatto con la realtà che significano, e confrontare questa realtà con le nostre attitudini e comportamenti.

Il Concilio Vaticano II ha affermato che «L’uomo acquisisce la sua pienezza attraverso il servizio di donarsi agli altri». In questo caso, ci sembra che diamo la vita, quando in realtà la stiamo incontrando. L’uomo che non vive per servire non serve per vivere. E con questa attitudine il nostro modello è lo stesso Cristo, -l’uomo pienamente uomo- giacché «il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire ma a servire e a dare la sua vita come riscatto per molti».

Essere servo, essere schiavo così come ce lo chiede Gesù, è impossibile per noi. Rimane fuori dalla capacità della nostra povera volontà: dobbiamo implorare, attendere e desiderare intensamente che ci siano concessi questi doni. La Quaresima e le sue pratiche quaresimali -digiuno, elemosina e preghiera– ci ricordano che per ricevere questi doni dobbiamo prepararci adeguatamente.
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17/03/2022 07:49
 
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«Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»

Rev. D. Xavier SOBREVÍA i Vidal
(Sant Just Desvern, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo é una parabola che ci scopre le realtà dell’uomo dopo la morte. Gesù ci parla del premio o del castigo che avremo a seconda di come ci siamo comportati.

Il contrasto tra il ricco e il povero è molto forte. Il lusso e l’indifferenza del ricco; la situazione patetica di Lazzaro, con i cani che gli leccano le piaghe (cf. Lc 16,19-21). Tutto con un gran realismo, che fa si che entriamo nello scenario.

Possiamo pensare: dove sarei io, se fossi uno dei protagonisti della parabola? La nostra società, costantemente, ci ricorda che dobbiamo vivere bene, con comodità e benessere, ricreandoci e senza preoccupazioni. Vivere per se stessi senza preoccuparsi degli altri o preoccupandosi solo dell’essenziale affinché la coscienza stia tranquilla, però non per un senso di giustizia, amore o solidarietà.

Oggi ci si presenta la necessità di ascoltare Dio in questa vita, di convertirci in questa vita e approfittare il tempo che Lui ci concede. Dio chiede un rendiconto. In questa vita mettiamo a repentaglio la “vita”.

Gesù lascia chiara l’esistenza dell’inferno descrivendo alcune delle sue caratteristiche: la pena che soffrono i sensi –«intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». (Lc 16,24)- e la sua eternità –«tra noi e voi è stato fissato un grande abisso» (Lc 16,26)-.

San Gregorio Magno ci dice che «tutte queste cose si dicono affinché nessuno possa scusarsi a causa della sua ignoranza». Bisogna spogliarsi dell’uomo vecchio ed essere liberi per poter amare il prossimo. Dobbiamo rispondere alla sofferenza dei poveri, dei malati o degli abbandonati. Sarebbe bene che ricordassimo questa parabola con frequenza perché ci faccia più responsabili della nostra vita. A tutti giunge il momento della morte. E dobbiamo essere sempre preparati perché un giorno saremo giudicati.
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20/03/2022 07:43
 
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«Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»

+ Cardinale Jorge MEJÍA Archivista e Bibliotecario di S.R. Chiesa
(Città del Vaticano, Vaticano)
Oggi, terza domenica di Quaresima, la lettura del Vangelo contiene una chiamata di Gesù al pentimento e alla conversione. O, meglio, una esigenza di cambiare vita.

“Convertirsi” significa, nel linguaggio del Vangelo, cambiare l’atteggiamento interiore, e anche lo stile esterno. E’ una delle parole più usate nel Vangelo. Ricordiamo che prima della venuta del Signore Gesù, Giovanni Battista faceva il riassunto della sua predicazione con la stessa espressione: «predicando un battesimo di conversione» (Mc 1,4). E, poi, la predicazione di Gesù si riassume in queste parole: «...convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15).

Questa lettura di oggi ha, nonostante, le proprie caratteristiche, che richiedono attenzione fedele e risposta coerente. Possiamo dire che la prima parte, con entrambi riferimenti storici (il sangue versato da Pilato e la torre crollata), contiene una minaccia. Impossibile chiamarla in altro modo!: lamentiamo le due disgrazie –allora sentite e piante- ma GesuCristo, molto seriamente, ci dice a tutti: -se non cambiate vita, «perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,5).

Questo dimostra due cose. Primo, l’assoluta serietà dell’impegno cristiano. Secondo: se non lo rispettiamo come Dio vuole, la possibilità di una morte, non in questo mondo, ma peggio ancora, nell’altro: la perdizione eterna. Le due morti del nostro testo non sono altro che figure di un’altra morte, senza paragone con la prima.

Ognuno saprà come tale esigenza di cambiamento si presenta. Nessuno rimane escluso. Se questo ci inquieta, la seconda parte ci consola. Il “vignaiolo”, che è Gesù, chiede al padrone della vigna, suo Padre, che aspetti ancora un anno. E nel frattempo, lui farà tutto il possibile (e anche l’impossibile, morendo per noi) affinchè la vigna dia il suo frutto. Vale a dire, cambiamo di vita! Questo è il messaggio della Quaresima. Prendiamolo allora sul serio. I santi –San Ignacio, per esempio, anche se tardi nella sua vita– per grazia di Dio cambiano e ci incoraggiano a cambiare.
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22/03/2022 08:14
 
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«Il padrone ebbe compassione (...) e gli condonò il debito»

Rev. D. Enric PRAT i Jordana
(Sort, Lleida, Spagna)
Oggi, il Vangelo di Matteo ci invita a una riflessione sul mistero del perdono, proponendo un parallelismo tra lo stile di Dio e il nostro nel momento di perdonare.

L’uomo si azzarda a misurare e a calcolare la sua magnanimità nel perdonare. «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Sette volte?» (Mt 18,21). A Pietro sembra che `sette volte´ è già un po’ troppo o che, forse, sia il massimo che possiamo sopportare. Riflettendoci meglio, Pietro si rivela essere ancora più generoso se lo paragoniamo all’uomo della parabola, che, quando incontrò un suo compagno che gli doveva cento danari, «lo prese per il collo e soffocandolo gli diceva: «Restituisci quello che devi» Mt 18,28), negandosi ad ascoltare la sua supplica ne la promessa di restituzione.

A conti fatti, l’uomo o si rifiuta di perdonare o riduce alla minima espressione il suo perdono. Realmente, nessuno direbbe che abbiamo appena ricevuto, da Dio, un perdono, infinitamente reiterato e senza limiti. La parabola dice: «Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito» (Mt 18,27). E pensare che il debito era molto importante.

La parabola, però, che stiamo commentando fa risaltare lo stile di Dio, al momento di concedere il perdono. Dopo aver richiamato il suo debitore e di avergli fatto osservare la serietà della situazione, si lasciò improvvisamente intenerire dalla sua richiesta compunta ed umile: «Prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa» Il padrone ebbe compassione...» (Mt 18,26-27). Questo episodio mette in evidenza quello che ognuno di noi sa per propria esperienza e con profonda riconoscenza, cioè che Dio perdona senza limiti chi si pente e si converte. Il finale negativo e triste della parabola, dopo tutto, fa onore alla giustizia e mette in evidenza la veracità di quell’altra espressione di Gesù in Lc 6,38: « Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Colui che perdona e colui che è perdonato si incontrano in un punto esenziale, che è la dignità » (San Giovanni Paolo II)

«Il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere alla serenità del cuore » (Francesco)

«Non c’e nessuna colpa, per grave che sia, che non posaa essere perdonata dalla santa Chiesa. Non si può ammetere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono. Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontani dal peccato » (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 982)
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23/03/2022 08:41
 
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«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti (...) ma a dare pieno compimento»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, ai nostri giorni, c’è molto rispetto verso le diverse religioni. Tutte le religioni esprimono la ricerca della trascendenza da parte dell’uomo, la ricerca dell’aldilà, delle realtà eterne. Nel cristianesimo, invece, che affonda le sue radici nel giudaismo, questo fenomeno è inverso: è lo stesso Dio che cerca l’uomo.

Come ricordò Giovanni Paolo ll, Dio desidera avvicinarsi all’uomo, Dio vuole dirigergli la Sua parola, mostrargli il Suo volto perché cerca l’intimità con Lui. Questo diventa realtà nel popolo d’Israele, popolo scelto da Dio per ricevere le Sue parole, è questa l’esperienza che ha Mosè quando dice: «Infatti, quale grande nazione ha gli dei così vicini a se, come il Signore nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4,7). E, ancora, il salmista canta che Dio «Annuncia a Giacobbe la sua parola, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele. Così non ha fatto con nessun’altra nazione, non hanno fatto conoscere loro i Suoi giudizi» (Sal 147,19-20).

Gesù, dunque, con la Sua presenza realizza il desiderio di Dio di avvicinarsi all’uomo. Per questo dice che «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Viene ad arricchirli, ad illuminarli affinché gli uomini conoscano il vero volto di Dio e possano entrare in intimità con Lui.

In questo senso, disprezzare le indicazioni di Dio, per insignificanti che esse siano, manifesta una conoscenza rachitica di Dio e, perciò, chi si trova in tali condizioni sarà considerato piccolo nel Regno dei Cieli. Ed è che, come diceva san Teofilo d’Antiochia, «Dio viene visto da chi può vederLo; solo devono avere aperti gli occhi dello spirito (...) ma certi uomini li hanno offuscati».

Aspiriamo, dunque, nella preghiera, a seguire con grande fedeltà tutte le indicazioni del Signore. Arriveremo così ad una grande intimità con Lui e saremo, quindi, considerati grandi nel Regno dei Cieli.
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24/03/2022 08:09
 
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«Se (...) io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio»

Rev. D. Josep GASSÓ i Lécera
(Ripollet, Barcelona, Spagna)
Oggi, nella proclamazione della Parola di Dio, riappare l’immagine del `diavolo´: «Gesù stava scacciando un demonio che era muto» (Lc 11,14). Ogni volta che i testi della Scrittura sacra ci parlano del demonio, ci sentiamo, forse, un po’ incomodi. Comunque, è vero che il male esiste e che ha radici così profonde che noi non riusciamo ad eliminare completamente. Ed è anche vero che il male ha una dimensione molto vasta: va`lavorando´e non possiamo, in nessun modo, dominarlo. Gesù, però, è venuto a combattere queste forze del male, il demonio. Solo Lui può scacciarlo.

Gesù è stato calunniato ed accusato: il demonio è capace di ottenere tutto. Mentre la gente si meraviglia di ciò che ha fatto Gesù, «alcuni dissero: «E’ per mezzo di Belzebu, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni» (Lc 11,15).

La risposta di Gesù mostra l’assurdo dell’argomento di quelli che Lo contraddicono. Tra parentesi, questa risposta è, per noi, un appello all’unità, alla forza che suppone l’unione. La disunione, invece, è un fermento malefico e distruttore. Uno dei segni del male è, precisamente, la divisione ed il non capirsi gli uni tra gli altri. Sfortunatamente, il mondo attuale si distingue per questo tipo di spirito del male che ostacola la comprensione ed il riconoscimento degli uni verso gli altri.

E’ conveniente meditare quale è la nostra collaborazione in questo fatto di “scacciar demoni” o di allontanare il male. Chiediamoci: faccio tutto il possibile, perché il Signore scacci il male dalla mia coscienza? Collaboro sufficientemente in questa ”espulsione”? Perché «Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi» (Mt 15,19). E’ molto importante la risposta di ognuno di noi, cioè la collaborazione necessaria a livello personale.

Che Maria interceda con Gesù, il Suo Figlio amato, perché scacci dal nostro cuore e dal mondo, qualunque tipo di mali (guerre, terrorismo, maltrattamenti, qualsiasi genere di violenza).`Maria, Madre della Chiesa e Regina della Pace, prega per noi´!
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25/03/2022 07:51
 
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«Rallégrati, piena di grazia»

Dr. Johannes VILAR
(Köln, Germania)
Oggi, nel «rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28), ascoltiamo per prima volta il nome della Madre di Dio: Maria (seconda frase, l'arcangelo Gabriele). Ella ha la pienezza della grazia e dei doni. Si chiama così: "keharitoméne", «piena di grazia» (saluto dell'Angelo).

Forse con 15 anni e da sola, Maria deve dare una risposta che cambierà tutta la storia dell'umanità. San Bernardo implorava: «ha posto nelle sue mani tutto il prezzo della nostra redenzione. Saremo liberati immediatamente, se tu dici di sì. Tutto l’orbe è ai tuoi piedi in attesa della tua risposta. Di la tua parola e genera il Verbo Eterno». Dio attende una risposta libera, e "La piena di grazia", in rappresentanza di tutti coloro che hanno bisogno di redenzione, Ella risponde: "génoitó" facciasi! Da oggi Maria he rimasta liberamente legata all’opera di suo Figlio, oggi inizia la sua mediazione. Dal oggi è madre di coloro che sono uno in Cristo (cf. Gal 3,28).

Benedetto XVI ha detto in un'intervista: «[Vorrei] risvegliare lo spirito di osare a prendere decisioni per sempre: solo queste permettono di crescere e andare avanti, nelle cose grandi della vita, non distruggono la libertà, ma permettono l'orientamento corretto. Prendendo questo rischio -il salto allo decisivo- e quindi accettare ls vita interamente, questo è ciò che desidero trasmettere». " Maria, ecco un esempio!

Neanche San Giuseppe è aldilà dei piani di Dio: lui deve accettare accogliere sua moglie e dare nome al Bambino (cfr Mt 1,20 s): Jeshua, "il Signore salva". E lo fa. Un altro esempio!

L'Annunciazione rivela anche la Trinità: il Padre manda il Figlio, incarnato per opera dello Spirito Santo. E la Chiesa canta: «Il Verbo eterno si fa ogg carne per noi». La sua opera redentrice, -Natale, Venerdì Santo, Pasqua- è presente in questo seme. Egli è l'Emanuele, «Dio con noi» (Is 7,15). Rallegrati umanità!

La feste di San Giuseppe e l'Annunciazione ci preparano ammirevolmente a celebrare i Misteri Pasquali.
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26/03/2022 09:41
 
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« Io vi dico: questi (...) tornò a casa sua giustificato »

Fr. Gavan JENNINGS
(Dublín, Irlanda)
Oggi, Gesù ci presenta due uomini che, di fronte ad un “osservatore” occasionale, potrebbero sembrare quasi identici, giacché essi si trovano allo stesso posto, svolgendo la stessa attività: entrambi «salirono al tempio a pregare» (Lc 18,10). Ma oltre le apparenze, nel profondo delle loro coscienze personali, i due uomini sono radicalmente differenti: l’uno, il fariseo, ha la coscienza tranquilla, mentre l’altro, il pubblicano -esattore delle tasse- si trova inquieto a causa dei suoi sentimenti di colpa.

Ai nostri giorni siamo propensi a considerare i sentimenti di colpa –il rimorso- come un qualcosa che si avvicina ad una aberrazione psicologica. Tuttavia la coscienza di colpa consente al pubblicano di uscire dal Tempio, con l’animo sollevato, giacché «questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato» (Lc 18,14) mentre l’altro no. «Il senso di colpa», ha scritto Benedetto XVI, quando Egli era ancora Cardinale Ratzinger (“Coscienza e verità”), rimuove la falsa tranquillità di coscienza e può essere chiamato, contraria alla mia “protesta della coscienza” contro la mia esistenza auto-compiacente. E’ tanto necessario all’uomo, come il dolore fisico che indica un’alterazione corporale delle funzioni normali».

Gesù non vuole indurci a pensare che il fariseo non stia dicendo la verità quando afferma di non essere avido, ingiusto, ne adultero, che digiuna e offre soldi al Tempio (cf. Lc 18,11); ma neppure che l’esattore delle tasse stia delirando al considerarsi peccatore. Non è questo il caso. Succede, invece che «il fariseo, anche lui, ha colpa. Egli ha la coscienza completamente chiara. Ma il “silenzio della coscienza” lo rende impenetrabile davanti a Dio e d’innanzi agli uomini, mentre il “grido della coscienza” inquieta il pubblicano e lo rende capace della verità e dell’ amore. «Gesù può riscuotere i peccatori!» (Benedetto XVI).
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27/03/2022 08:39
 
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«Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te»

+ Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(Tremp, Lleida, Spagna)
Oggi, Domenica Laetare (Rallegratevi), quarta di Quaresima, ascoltiamo nuovamente questo brano appassionato del Vangelo secondo Luca, nel quale Gesù giustifica la sua forma inaudita di perdonare i peccati e di ricuperare gli uomini per Dio.
Mi sono sempre chiesto se la maggioranza della gente capiva bene l’espressione ”figliol prodigo” con il quale si conosce questa parabola. Io credo che dovremmo ribattezzarla con il nome della parabola del “Padre prodigioso”.
Effettivamente, il Padre della parabola –che si commuove vedendo che ritorna quel figlio perso a causa del peccato- è come la figura del Padre del Cielo riflesso nel viso di Cristo: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò»(Lc 15,20). Gesù ci fa capire chiaramente che tutti gli uomini, compreso il più peccatore, è per Dio una realtà molto importante che non vuole perdere in nessun modo; e che Lui è sempre disposto a concederci con ineffabile allegria il suo perdono (fino al punto di non risparmiare la vita di suo Figlio).
Questa Domenica ha una matrice di serena allegria e, per questo, è indicato come la Domenica del “rallegratevi”, parola presente nell’antifona di entrata della Messa di oggi «Festeggiate a Gerusalemme, rallegratevi con lei tutti quelli che l’amate, rallegratevi della sua allegria» Dio ha avuto compassione dell’uomo perso e smarrito, e gli ha manifestato in Cristo – morto e resuscitato – la sua misericordia.
Giovanni Paolo IIº diceva nella sua enciclica Dives in misericordia che l’amore di Dio, in una storia ferita dal peccato, si è convertito in misericordia, compassione. La Passione di Cristo è la misura di questa misericordia. Così comprenderemo che l’allegria più grande che possiamo dare a Dio è quella di lasciarci perdonare presentando alla sua misericordia, la nostra miseria, il nostro peccato. Alle porte della Pasqua accorriamo di buon grado al sacramento della penitenza, alla fonte della divina misericordia: daremo a Dio un’immensa allegria, ci riempiremo di pace e saremo più misericordiosi con il prossimo. Non è mai tardi per rialzarci e tornare dal Padre che ci ama
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28/03/2022 08:13
 
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«Gesù partì per la Galilea»

Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
(Viladecans, Barcelona, Spagna)
Oggi, nuovamente troviamo Gesù a Cana di Galilea, dove aveva realizzato il conosciuto miracolo della conversione dell’acqua in vino. Adesso, in questa occasione, fa un nuovo miracolo: la guarigione del figlio di un funzionario reale. Sebbene il primo sia stato spettacolare, questo è, senza dubbio, di maggior valore, perché, quello che si risolve con il miracolo, non è un qualcosa di materiale, ma si tratta della vita di una persona.

Ciò che attira la nostra attenzione in questo nuovo miracolo è che Gesù agisce a distanza, non va direttamente a Cafàrnao per guarire direttamente l’ammalato, ma, senza muoversi da Cana, rende possibile la guarigione: «Il funzionario del re gli disse:”Signore, scendi prima che il mio bambino muoia” Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive» (Gv 4,49-50).

Questo ricorda a tutti noi che possiamo fare molto bene anche a distanza, cioè, senza bisogno di essere presenti sul posto dove si richiede la nostra generosità. Così, per esempio, aiutiamo il Terzo Mondo collaborando economicamente attraverso i nostri missionari o per mezzo di organizzazioni cattoliche che ivi lavorano. Aiutiamo i poveri delle zone marginate delle grandi città con i nostri contributi attraverso istituzioni, quale `Caritas´, senza bisogno di andare per le loro strade. O, perfino, possiamo effondere allegria a tanta gente, molto lontana da noi, con una telefonata, una lettera o la posta elettronica.

Tante volte ci esimiamo dal fare il bene perché non abbiamo la possibilità di trovarci in quei posti dove ci sono necessità urgenti. Gesù non si scusò perché non era a Cafárnao, ma realizzò il miracolo.

La lontananza non presenta nessuna difficoltà al momento di essere generoso, perché la generosità parte dal cuore e oltrepassa tutte le frontiere. Come direbbe sant’Agostino: «Chi ha carità nel cuore, trova sempre qualcosa da dare».
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30/03/2022 22:10
 
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«In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna»

Rev. D. Francesc PERARNAU i Cañellas
(Girona, Spagna)
Oggi il Vangelo ci parla della risposta che Gesù diede ad alcuni che gli contestavano di aver guarito un paralitico di sabato. Gesù approfitta queste critiche per manifestare la sua condizione di Figlio di Dio e, pertanto, di Signore del sabato. Parole che saranno causa della sentenza di condanna nel giorno del giudizio a casa di Caifa. Infatti, quando Gesù si riconobbe Figlio di Dio, il gran sacerdote esclamò: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?» (Mt 26,65).

Molte volte Gesù aveva fatto riferimento al Padre, ma facendo sempre una distinzione: la Paternità di Dio è diversa, quando si tratta di Cristo e quando riguarda gli uomini. E i Giudei che lo ascoltavano capivano molto bene: non era Figlio di Dio come gli altri, ma la filiazione che rivendica per se stesso è una filiazione naturale. Gesù afferma che la sua natura e quella del Padre sono uguali, nonostante siano persone distinte. Manifesta in questo modo la sua divinità. È questo un frammento del Vangelo molto interessante in vista alla rivelazione del mistero della Santissima Trinità.

Tra le cose che oggi dice il Signore ce ne sono alcune che fanno speciale riferimento a tutti coloro che lungo la storia crederanno in Lui: ascoltare e credere in Gesù è avere già la vita eterna (cf. Gv 5,24). Certamente, non è ancora la vita definitiva, ma è già partecipare della promessa. È conveniente averlo molto presente sforzandoci ad ascoltare la parola di Gesù, come ciò che realmente è Parola di Dio che salva. La lettura e la meditazione del Vangelo deve formar parte delle nostre pratiche religiose abituali. Nelle pagine rivelate sentiremo le parole di Gesù, parole immortali che ci aprono le porte della vita eterna. In conclusione, come insegnava il santo Efrem, la Parola di Dio è una fonte inesauribile di vita.
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31/03/2022 08:45
 
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«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci insegna come Gesù affronta la seguente obiezione: si legge nel Dt 19,15, affinché una testimonianza sia efficace deve essere convalidata da due o tre testimoni. Gesù allega a suo favore la testimonianza di Giovanni Battista, la testimonianza del Padre –che si manifesta nei miracoli eseguiti da Lui- , e, finalmente, la testimonianza delle Scritture.

Gesù Cristo rinfaccia a coloro che lo ascoltano tre impedimenti che hanno per riconoscerlo come il Messia Figlio di Dio: la mancanza di amore a Dio; l’assenza di rettitudine di intenzione –cercano solo la gloria umana- e l'interpretazione interessata delle Scritture.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II scriveva: “Alla contemplazione del volto di Cristo solo si giunge ascoltando lo Spirito del Padre, perché nessuno conosce il Figlio al di fuori del Padre (cf. Mt 11,27). Quindi, è necessario la rivelazione dell’Altissimo. Ma, per accorgliela , è indispensabile mettersi in atteggiamento di ascoltare”.

Per questo, bisogna tener conto che per riconoscere Gesù Cristo come vero Figlio di Dio, non è sufficiente con le prove esterne che ci vengono proposte; è molto importante la rettitudine nella volontà, vale a dire, le buone disposizioni.

In questo tempo di Quaresima, intensificando le opere di penitenza che facilitano la rinnovazione interiore, miglioreremo le nostre disposizioni interiori per contemplare il vero volto di Cristo. Per questo, san Josemaria ci dice: “Quel Cristo che tu vedi non è Gesù. Sarà, semmai, la triste immagine che i tuoi occhi torbidi possono formare... Purificati. Rischiara il tuo sguardo con l’umiltà e la penitenza. Poi... non ti mancheranno le limpide luci dell’Amore. E avrai una visione perfetta. La tua immagine sarà realmente la sua: Lui!”.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Non si tratta di sapere qualcosa di Dio, ma di avere Dio nell'anima» (San Gregorio da Nizza)

«Fate brillare la vostra luce nella nostra società, nella politica, nel mondo dell'economia, nel mondo della cultura e della ricerca. Anche se è una piccola luce in mezzo a tanti fuochi d'artificio, riceve la sua forza e il suo splendore dalla grande Stella del mattino, il Cristo risorto» (Benedetto XVI)

«I segni che Gesù compie testimoniano che il Padre lo ha mandato. Ci invitano a credere in Gesù (…). I miracoli rafforzano la fede in Colui che compie le opere del Padre suo (…). Ma possono anche essere ‘motivo di scandalo’ (Mt 11,6). Non sono destinati a soddisfare curiosità o desideri magici. Nonostante i miracoli così evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; è persino accusato di essere mosso dai demoni» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 548
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31/03/2022 08:46
 
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«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci insegna come Gesù affronta la seguente obiezione: si legge nel Dt 19,15, affinché una testimonianza sia efficace deve essere convalidata da due o tre testimoni. Gesù allega a suo favore la testimonianza di Giovanni Battista, la testimonianza del Padre –che si manifesta nei miracoli eseguiti da Lui- , e, finalmente, la testimonianza delle Scritture.

Gesù Cristo rinfaccia a coloro che lo ascoltano tre impedimenti che hanno per riconoscerlo come il Messia Figlio di Dio: la mancanza di amore a Dio; l’assenza di rettitudine di intenzione –cercano solo la gloria umana- e l'interpretazione interessata delle Scritture.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II scriveva: “Alla contemplazione del volto di Cristo solo si giunge ascoltando lo Spirito del Padre, perché nessuno conosce il Figlio al di fuori del Padre (cf. Mt 11,27). Quindi, è necessario la rivelazione dell’Altissimo. Ma, per accorgliela , è indispensabile mettersi in atteggiamento di ascoltare”.

Per questo, bisogna tener conto che per riconoscere Gesù Cristo come vero Figlio di Dio, non è sufficiente con le prove esterne che ci vengono proposte; è molto importante la rettitudine nella volontà, vale a dire, le buone disposizioni.

In questo tempo di Quaresima, intensificando le opere di penitenza che facilitano la rinnovazione interiore, miglioreremo le nostre disposizioni interiori per contemplare il vero volto di Cristo. Per questo, san Josemaria ci dice: “Quel Cristo che tu vedi non è Gesù. Sarà, semmai, la triste immagine che i tuoi occhi torbidi possono formare... Purificati. Rischiara il tuo sguardo con l’umiltà e la penitenza. Poi... non ti mancheranno le limpide luci dell’Amore. E avrai una visione perfetta. La tua immagine sarà realmente la sua: Lui!”.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Non si tratta di sapere qualcosa di Dio, ma di avere Dio nell'anima» (San Gregorio da Nizza)

«Fate brillare la vostra luce nella nostra società, nella politica, nel mondo dell'economia, nel mondo della cultura e della ricerca. Anche se è una piccola luce in mezzo a tanti fuochi d'artificio, riceve la sua forza e il suo splendore dalla grande Stella del mattino, il Cristo risorto» (Benedetto XVI)

«I segni che Gesù compie testimoniano che il Padre lo ha mandato. Ci invitano a credere in Gesù (…). I miracoli rafforzano la fede in Colui che compie le opere del Padre suo (…). Ma possono anche essere ‘motivo di scandalo’ (Mt 11,6). Non sono destinati a soddisfare curiosità o desideri magici. Nonostante i miracoli così evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; è persino accusato di essere mosso dai demoni» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 548
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02/04/2022 10:04
 
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«Mai un uomo ha parlato così!»

Abbé Fernand ARÉVALO
(Bruxelles, Belgio)
Oggi, il Vangelo ci presenta le diverse reazioni che producevano le parole di Gesù. Questo testo di Giovanni non ci offre nessuna parola del Maestro, ma sì le conseguenze di quello che Lui diceva. Alcuni pensavano che era un profeta, altri dicevano: «Costui è il Cristo» (Gv 7,41).

Realmente Gesù è quel “segno di contraddizione” che Simeone aveva annunciato a Maria (cf. Lc 2,34). Gesù non lasciava indifferenti quelli che l’ascoltavano, a tal punto che, in questa occasione come in molte altre «tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui» (Gv 7,43). La risposta delle guardie, che pretendevano arrestare il Signore, centra la questione e ci mostra la forza delle parole di Cristo: «Mai un uomo ha parlato così» (Gv 7,46). E’, come dire: le Sue parole sono differenti; non sono parole vuote piene di superbia e di ipocrisia. Lui è “la Verità” ed il Suo modo di esprimersi dimostra questo fatto.

E, se questo succedeva in relazione ai Suoi ascoltatori, con maggior ragione le sue azioni provocavano molte volte lo stupore, l’ammirazione, ma anche la critica, la mormorazione, l’odio... Gesù parlava il “linguaggio della carità”: le Sue parole e le Sue opere svelavano l’amore profondo che sentiva verso tutti gli uomini, particolarmente verso i più bisognosi.

Oggi, come allora, i cristiani siamo –dobbiamo essere- “segni di contraddizione”, perché parliamo ed agiamo non come gli altri. Noi, nell’imitare e nel seguire Gesù, dobbiamo usare lo stesso “linguaggio della carità e dell’affetto”, linguaggio necessario che, dopo tutto, tutti sono capaci di capire. Come ha scritto il Santo Padre Benedetto XVI nella Sua Enciclica `Deus charitas est´, «l’amore –caritas- sarà sempre necessario, financo nella società più giusta (...) Chi cerca di disinteressarsi dell’amore si prepara a disinteressarsi dell’uomo in quanto uomo».
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03/04/2022 08:33
 
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«Neanch’io ti condanno»

Pbro. D. Pablo ARCE Gargollo
(Ciudad de México, Messico)
Oggi vediamo Gesù “scrivere col dito per terra” (Gv 8,6), come se fosse allo stesso tempo occupato e divertito in qualcosa più importante che ascoltare quelli che accusano la donna che Gli viene presentata perché «è stata sorpresa in flagrante adulterio» (Gv 8,3).

Ci sorprende la serenità e anche il buon umore che osserviamo in Gesù, perfino nei momenti che, per altri, sono di grande tensione. Una lezione pratica per ognuno di noi, in questi giorni nostri che trascorrono a una velocità vertiginosa e con i nervi a fior di pelle in molte occasioni.

La prudente e ridicola scomparsa degli accusatori, ci ricorda che solamente Dio può giudicare e che tutti noi siamo peccatori. Nella nostra vita quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni familiari o di amicizia, esprimiamo giudizi di valore. Spesso, i nostri giudizi sono erronei e oltraggiano il prestigio altrui. Si tratta di una vera mancanza di giustizia che ci obbliga a rimediare, compito questo non sempre facile. Contemplando Gesù, circondato da questa “braccheria” di accusatori, comprendiamo molto bene quello che ci dice san Tommaso d'Aquino: «La giustizia e la misericordia sono così unite tra di loro, che l’una regge l’altra. La giustizia senza la misericordia è crudeltà; e la misericordia senza la giustizia è rovina e distruzione».

Dobbiamo esultare di gioia per la certezza che Dio ci perdona tutto, assolutamente tutto, nel sacramento della confessione. In questi giorni di Quaresima abbiamo la magnifica opportunità di andare da Chi è ricco in misericordia nel sacramento della riconciliazione.

E, inoltre, per quest’oggi, un proposito concreto: guardando gli altri, dirò, nell’intimo del mio cuore, le stesse parole di Gesù: «Neanche io ti condanno» (Gv 8,11).
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04/04/2022 09:19
 
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«Io sono la luce del mondo»

Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, Gesù ci dà una definizione di Sé stesso che dà pieno senso a chi, nonostante le proprie deficienze, vogliamo seguirLo: «Io sono la Luce del mondo» (Gv 8,12). La persona di Gesù, la Sua dottrina, i Suoi esempi di vita sono luce che illumina tutta la nostra esistenza, sia nelle ore favorevoli come in quelle della sofferenza o contraddizione.

Cosa vuol dire questo? Significa che in qualsiasi circostanza ci troviamo, sia per lavoro, di relazioni con gli altri, nella nostra propria relazione con Dio, di fronte alle gioie e alle sofferenze... possiamo pensare: -Che cosa fece Gesù in una situazione simile? Sempre possiamo cercare nel Vangelo e rispondere: -Dunque, proprio questo farò io! Precisamente, Giovanni Paolo II ha integrato nel Santo Rosario –il “compendio del Vangelo”, come lui stesso ricorda- i misteri della vita pubblica di Gesù, e li ha denominati “misteri della luce”. Così dice il Papa: «Egli è Colui che, dichiarato Figlio prediletto del Padre nel Battesimo del Giordano, annuncia l’arrivo del Regno, dando fede di questo con le Sue opere e proclamando le sue esigenze».

Gesù è la luce; chi Lo seguirà «non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Quali discepoli Suoi, il Signore ci invita anche ad essere luce per il mondo; a portare la luce della speranza in mezzo alle violenze, alle sfiducie e paure dei nostri fratelli; a portare la luce della fede in mezzo alle oscurità, dubbi e interrogativi; a portare la luce dell’amore in mezzo a tante falsità, rancori e appassionamento come vediamo attorno a noi.

Il Papa ci segnala, quale indicatore di tutti i misteri di luce, le parole di Maria alle nozze di Canà: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5); questo è il cammino perché Gesù sia luce del mondo e affinché noialtri possiamo illuminare con questa stessa luce.
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05/04/2022 09:22
 
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Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono»

Rev. D. Josep Mª MANRESA Lamarca
(Valldoreix, Barcelona, Spagna)
Oggi, V martedì di Quaresima, a una settimana dalla contemplazione della Passione del Signore, Lui ci invita ad osservarlo anticipatamente redimendoci dalla Croce: «Gesù Cristo è il nostro Pontefice, il Suo corpo prezioso è il nostro sacrificio che Lui offrì sull’ara della Croce per la salvezza di tutti gl uomini» (San Giovanni Fisher).

«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo...» (Gv 8,28). Infatti, Cristo Crocifisso, -Cristo “innalzato” è il grande, definitivo segno d’amore del Padre verso l’umanità cadente. Le sue braccia aperte , distese tra il cielo e la terra, tracciano il segno incancellabile della Sua amicizia con noi uomini. Al contemplarlo così, alzato davanti al nostro sguardo peccatore, «sapremo che è Lui» (Gv 8,28), e allora, come quei giudei che l’ascoltavano, anche noi crederemo in Lui.

Solo l’amicizia di chi è familiarizzato con la Croce può offrirci la connaturalità per addentrarsi nel Cuore del Redentore. Pretendere un Vangelo senza Croce, spoglio del senso cristiano della mortificazione, o contagiato dall’ambiente pagano e naturalista che ci impedisce di capire il valore redentore della sofferenza, ci metterebbe nella terribile possibilità di ascoltare dalle labbra di Cristo: «Dopo tutto, non vale la pena di continuare a parlarci».

Che il nostro sguardo alla Croce, uno sguardo sereno e contemplativo, sia una domanda al Crocifisso che, senza suoni di parole Gli dica: «Tu, chi sei?» (Gv 8,25). Egli ci risponderà che è «il Cammino, la Verità e la Vita» (Gv 14,6), la Vite, alla quale se non siamo uniti, poveri tralci, non possiamo dare frutto, perché solo Lui ha parole di vita eterna. E così, se non crediamo che `Lui è´, moriremo per i nostri peccati. Vivremo tuttavia, e vivremo, già in questa terra, vita Celestiale, se impariamo da Lui la gioiosa certezza che il Padre è con noi, che non ci lascia soli. Così imiteremo il Figlio, facendo sempre quello che compiace al Padre
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06/04/2022 09:28
 
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«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste»

Pe. Givanildo dos SANTOS Ferreira
(Brasilia, Brasile)
Oggi, il Signore dirige dure parole ai giudei. Non a qualsiasi giudeo, ma, precisamente, a quelli che abbracciarono la fede: Gesù disse « Ai giudei che avevano creduto in Lui» (Gv 8,31). Senza dubbio, questo dialogo di Gesù riflette l’inizio di quelle difficoltà causate dai primi cristiani giudaizzanti della Chiesa, nei suoi inizi.

Come erano discendenti di Abramo, per consanguineità, questi discepoli di Gesù si consideravano superiori, non solo alle moltitudini che vivevano lontani dalla fede, ma si consideravano superiori a qualunque discepolo non giudeo, anche se partecipasse della stessa fede. Essi dicevano: «Noi siamo discendenti di Abramo» (Gv 8,33); «Il padre nostro è Abramo» (v. 39); «Solo abbiamo un padre, Dio» (v. 41). Nonostante fossero discepoli di Gesù, abbiamo l’impressione che Gesù non rappresentava nulla per loro, che non acrresceva nulla a ciò che già possedevano. Ma è precisamente lì dove si trova il grande errore di tutti loro. I veri figli non sono i discendenti per consanguineità, ma gli eredi della promessa, cioè quelli che credono (cf. Rom 9,6-8). Senza la fede in Gesù, non è possibile che qualcuno raggiunga la promessa di Abramo. Perciò, tra i discepoli, “non ci sono giudei o greci; non ci sono schiavi o liberi; non ci sono uomini o donne”, perché tutti siamo fratelli per il battesimo (cf. Gal 3,27-28).

Non lasciamoci sedurre dall’orgoglio spirituale. I giudeizzanti si consideravano superiori agli altri cristiani. Non è necessario parlare qui dei fratelli separati. Pensiamo, però, a noi stessi. Quante volte alcuni cattolici si considerano migliori di altri cattolici, solo perché seguono questo o quel movimento o perché osservano questa o quella disciplina, o perché ubbidiscono a questo o quell’uso litúrgico. Alcuni, perché sono ricchi, altri, perché studiarono di più, alcuni perché occupano cariche importanti, altri perché provengono da famiglie nobili. «Vorrei che ognuno di voi sentisse la gioia di essere cristiano… Dio guida la Sua Chiesa, è sempre il suo sostegno, anche e specialmente nei momento difficili» (Benedetto XVI)
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08/04/2022 07:13
 
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Per quale di esse volete lapidarmi?»

Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)
Oggi, venerdì, quando manca solo una settimana per commemorare la morte del Signore, il Vangelo ci presenta i motivi della Sua condanna. Gesù cerca di dimostrare la verità, ma i giudei Lo giudicano quale blasfemo e reo di essere lapidato. Gesù parla delle opere che fa, delle opere di Dio che lo accreditano motivo per cui, può dare a se stesso il titolo di “Figlio di Dio”... Non ostante parla da livelli difficili da capire per i suoi avversari “essere nella verità”, “ascoltare la Sua voce...”; parla loro del seguimento e del compromesso verso la Sua persona facendo sì che Gesù sia conosciuto e amato. - «Maestro, dove dimori?» (Gv 1,38) gli domandarono i Suoi discepoli all’inizio del Suo ministero-. Tutto, però, sembra inutile: è così grande quello che Gesù cerca di dire, che non possono capirLo, solamente potranno capirlo i piccoli ed i semplici, perché il Regno rimane occulto ai sapienti ed ai dotti.

Gesù lotta per presentare argomenti che possano accettare, ma il tentativo risulta vano. Di fatto, morirà per dire la verità su se stesso, per essere fedele a se stesso, alla Sua identità ed alla Sua missione. Come profeta, lancerà una chiamata alla conversione e sarà respinto, un nuovo volto di Dio e verrà sputato, una nuova fraternità e sarà abbandonato.

Nuovamente si innalza la Croce del Signore con tutto il suo vigore, come un autentico vessillo, come unica ragione indiscutibile; «Oh ammirevole virtù della santa croce! Oh ineffabile gloria del Padre! In essa possiamo considerare il tribunale del Signore, il giudizio del mondo e il potere del crocificato. Oh sì, Signore: attraesti a Te tutte le cose quando «tenendo tesa la mano ogni giorno a un popolo incredulo e ribelle» (Is 65,2), e tutto l’universo capì che doveva rendere omaggio alla tua maestà!» (San Leone Magno). Gesù deve fuggire all’altra sponda del Giordano e quelli che veramente credono in Lui, si trasferiscono verso l’altra sponda anche loro, pronti a seguirLo e ad ascoltarLo.
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09/04/2022 10:34
 
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«Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi»

Rev. D. Xavier ROMERO i Galdeano
(Cervera, Lleida, Spagna)
Oggi, in cammino verso Gerusalemme, Gesù sa di essere perseguitato, vigilato, sentenziato, perché quanto più grande e inedita è stata la Sua rivelazione –l’annuncio del Regno- più ampia e più chiara è stata la divisione e l’opposizione che ha trovato fra gli ascoltatori (cf.Gv 11,45-46).

Le parole negative di Caifa, «E’ conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina la nazione intera!» (Gv 11,50), Gesù le assumerà positivamente per il compimento della nostra redenzione. Gesù, il Figlio Unigenito di Dio, sulla Croce muore per amore a tutti noi! Muore per realizzare il progetto del Padre, cioè «riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52).

Ed è questa la meraviglia e la creatività del nostro Dio! Caifa, con la sua sentenza («E’ conveniente per voi che un solo uomo muoia...») non fa altro che, per odio, eliminare un idealista; invece, Dio Padre, all’inviare Suo Figlio, per amore verso di noi, fa qualcosa di meraviglioso: trasforma quella sentenza malevola in un atto d’amore redentore, perché per Iddio Padre, ogni uomo ha il valore di tutto il sangue sparso da Gesù Cristo!

Tra una settimana –nella solenne vigilia pasquale- canteremo il `Preconio Pasquale´ Attraverso questa meravigliosa preghiera, la Chiesa elogia il peccato originale. E non lo fa perché ignori la sua gravità, ma perché Dio, -nella Sua bontà infinita- ha realizzato `prodigi´ come risposta al peccato dell’uomo. Vuol dire che, di fronte al “dolore originale”, Lui ha risposto con l’Incarnazione, con l’immolazione personale e con l’istituzione dell’Eucaristia. Perciò la liturgia, il prossimo sabato canterà: «Che meraviglioso beneficio del tuo amore per noi! Che incomparabile tenerezza e carità! Oh felice colpa che ci fece meritare un sì grande Redentore!».

Voglia il Cielo che i nostri pensieri, parole e azioni, non siano di impedimento per la evangelizzazione, giacché da Cristo abbiamo ricevuto anche noi la missione di riunire i figli di Dio dispersi: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Uno solo morì per tutti; ed è questo stesso chi ora per tutte le chiese, nel mistero del pane e del vino, immolato, ci nutre; creduto, ci vivifica; consacrato, santifica coloro che li consacrano» (San Gaudenzio di Brescia)

«Per i cristiani ci saranno sempre persecuzioni, incomprensioni. Ma devono essere affrontati con la certezza che Gesù è il Signore, e questa è la sfida e la croce della nostra fede» (Francesco)

«(…) La Bibbia venera alcune grandi figure delle “nazioni”, come “Abele il giusto”, il re-sacerdote Melchisedek (…), i giusti “Noè, Daniele e Giobbe” (Ez 14,14). La Scrittura mostra così a quale altezza di santità possano giungere coloro che vivono secondo l’Alleanza di Noè nell’attesa che Cristo riunisca ‘insieme tutti i figli di Dio che erano dispersi’ (Gv 11,52)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 58)
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10/04/2022 09:48
 
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«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»

+ Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, leggiamo la narrazione della passione secondo San Luca. In questo evangelista, i rami festosi dell’ingresso a Gerusalemme e la narrazione della passione hanno una mutua relazione; anche se il primo passo risuoni a trionfo, e il secondo a umiliazione.
Gesù arriva a Gerusalemme come re messianico, umile e pacifico, in atteggiamento di servizio e non come un re temporale che usa e abusa del suo potere. La croce è il trono da cui regna (non Gli manca la corona reale) amando e perdonando. Infatti, il Vangelo di Luca può sintetizzarsi dicendo che svela l’amore di Gesù espresso nella misericordia e nel perdono.

Questa misericordia e questo perdono si manifestano durante tutta la vita di Gesù, ma in un modo eminente si lasciano sentire quando viene inchiodato sulla croce. Come risultano significative le tre frasi che, dalla croce ascoltiamo oggi dalle labbra di Gesù

-Egli ama e perdona incluso i suoi aguzzini: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

- Al ladro che è alla Sua destra e che Gli chiede di essere ricordato nel Regno, anche lo perdona e lo salva: «Oggi con me sarai nel Paradiso» (Lc 23,43).

-Gesù perdona e ama, soprattutto, nel momento supremo della Sua vita, quando esclama: «Padre, nelle Tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

Questa è l’ultima lezione del Maestro dalla croce:`la misericordia ed il perdono, frutti dell’amore´. A noi costa tanto perdonare!

Però se facciamo l’esperienza dell’amore di Gesù, che ci scusa, ci perdona e ci salva, non ci sarà troppo difficile guardare tutti con una tenerezza che perdona con amore e assolve senza grettezza.

San Francesco lo esprime nel suo `Cantico delle creature´: «Lodato sia,Signore, per quelli che perdonano per amore tuo».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Cerca di capire perché conviene ricevere il Corpo di Gesù Cristo in memoria dell'obbedienza di Lui fino alla morte: perchè quelli che vivono, non vivano più per sè stessi, ma protesi verso Colui che per loro morì e risuscitò» (San Basilio Magno)

«Il Signore non ci ha salvati con un ingresso trionfale o mediante potenti miracoli. Gesù svuotò se stesso: rinunciò alla gloria di Figlio di Dio e divenne Figlio del uomo, per essere in tutto solidale con noi peccatori. Si è umiliato al punto che l'abisso della sua umiliazione, che la Settimana Santa ci mostra, sembra non avere fondo» (Francesco)

«Gesù è salito a Gerusalemme volontariamente, pur sapendo che vi sarebbe morto di morte violenta a causa della grande ostilità dei peccatori (cf. Eb 12,3)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 569)
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11/04/2022 08:33
 
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Cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli»

Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, sono riassunti due atteggiamenti su Dio, Gesù Cristo e la vita stessa. Di fronte all’unzione che Maria fa al suo Signore, Giuda protesta: «Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: ‘Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?’» (Gv 12,4-5). Ciò che dice non è assurdo, anzi, collimava con la dottrina di Gesù. Ma è molto facile protestare su quello che fanno gli altri, anche se non c’è una seconda intenzione come nel caso di Giuda.

Qualsiasi protesta deve essere un atto di responsabilità: con la protesta ci dobbiamo impostare come agiremmo noi, cosa saremmo disposti a fare. Altrimenti, la protesta può essere solo –come in questo caso– la lamentela di coloro che agiscono male di fronte a coloro che cercano di fare le cose nei migliori dei modi.

Maria unge i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, perché crede che è quello che deve fare. È un’azione intrisa di una splendida magnanimità: lo fece prendendo «trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso» (Gv 12,3). È un atto d’amore e, come ogni atto d’amore, difficile da capire per coloro che non lo condividono. Credo che, a partire da quel momento, Maria capì ciò che secoli più tardi scriveva sant’Agostino: «Forse in questa terra i piedi del Signore sono ancora bisognosi. Perciò di chi, al di fuori dei suoi membri disse: ‘Ogni cosa che farete a uno solo di questi piccoli... lo avete fatto a me? Voi spendete ciò che vi è superfluo, ma avete fatto qualcosa di veramente grato per i miei piedi’».

La protesta di Giuda non ha nessuna utilità, lo porta solo al tradimento. L’azione di Maria, invece, la porta ad amare di più il suo Signore e, come conseguenza, ad amare di più i “piedi” di Cristo che ci sono in questo mondo.
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12/04/2022 08:42
 
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«Ed era notte»

Abbé Jean GOTTIGNY
(Bruxelles, Belgio)
Oggi, Martedì Santo, la liturgia sottolinea il dramma che sta per scatenarsi e che concluderà con la crocifissione del Venerdì Santo. «Preso il boccone (Giuda), egli subito uscì. Ed era notte» (Gv 13,30). Sempre è di notte quando ci si allontana da quello che è "Luce di Luce, Dio vero di Dio vero» (Simbolo niceno-costantinopolitano).

Il peccatore è colui che da la spalla al Signore per gravitare intorno alle cose create, senza riferirle al Creatore. Sant'Agostino descrive il peccato come "un amore a se stesso fino al disprezzo di Dio". Insomma, un tradimento. Una prevaricazione frutto della «arroganza con cui vogliamo emanciparci da Dio per non essere altro che noi stessi, l'arroganza per la quale crediamo di non aver bisogno di amore eterno, poiché vogliamo dominare la nostra vita per noi stessi» (Benedetto XVI). Si può capire che Gesù, quella sera, si "commosse profondamente" (Gv 13,21).

Fortunatamente, il peccato non è l'ultima parola. Questa è la misericordia di Dio. Ma essa suppone un "cambio" da parte nostra. Una inversione della situazione che consiste nel distaccarsi dalle creature per legarsi a Dio e ritrovare così la autentica libertà. Ma non aspettiamo ad essere nauseati delle false libertà che ci siamo presi, per cambiare a Dio. Come denunciò il padre gesuita Bourdaloue " vorremmo convertirci, quando siamo stanchi del mondo, o meglio, quando il mondo sia stanco di noi". Cerchiamo di essere più furbi. Decidiamoci adesso. La Settimana Santa è l'occasione propizia. Sulla croce, Cristo, tende le sue braccia a tutti. Nessuno è escluso. Tutto ladrone pentito ha un posto in paradiso. Questo sì, a condizione di cambiare vita e di riparare, come quello del Vangelo: "Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male" (Lc 23,41).
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13/04/2022 08:23
 
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«Sono forse io?»

Rev. P. Higinio Rafael ROSOLEN IVE
(Cobourg, Ontario, Canada)
Oggi, il Vangelo ci presenta tre scene: il tradimento di Giuda, i preparativi per celebrare la Pasqua e la Cena con i Dodici.

La parola "consegnare" ("paradidōmi" in greco) viene ripetuta sei volte e funge da collegamento tra questi tre momenti: (i) quando Giuda consegna Gesù; (ii) Pasqua, che è una figura del sacrificio della croce, dove Gesù dà la sua vita; e (iii) l'Ultima Cena, in cui si manifesta la consegna di Gesù, che si adempirà sulla Croce.

Vogliamo fermarci qui alla Cena Pasquale, dove Gesù Cristo manifesta che il suo corpo sarà donato e il suo sangue versato. Le sue parole: "In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà" (Mt 26,20) invita ciascuno dei Dodici, e soprattutto Giuda, a un esame di coscienza. Queste parole sono estese a tutti noi, che siamo stati anche chiamati da Gesù. Sono un invito a riflettere sulle nostre azioni, buone o cattive che siano; la nostra dignità; chiediamoci cosa stiamo facendo in questo momento della nostra vita; dove stiamo andando e come abbiamo risposto alla chiamata di Gesù. Dobbiamo risponderci a vicenda con sincerità, umiltà e franchezza.

Ricordiamoci che possiamo nascondere i nostri peccati ad altre persone, ma non possiamo nasconderli a Dio, che vede in segreto. Gesù, vero Dio e uomo, vede e sa tutto. Sa cosa c'è nei nostri cuori e di cosa siamo capaci. Niente è nascosto ai loro occhi. Evitiamo di ingannare noi stessi, ed è solo dopo essere stati sinceri con noi stessi che dovremmo guardare a Cristo e chiedergli "Sono io?" (Mt 26,22). Ricordiamo quanto dice Papa Francesco: "Gesù, amandoci, ci invita a lasciarci riconciliare con Dio e a ritornare a Lui per riscoprire noi stessi".

Guardiamo Gesù, ascoltiamo le sue parole e chiediamo la grazia di donarci unendoci al suo sacrificio sulla Croce.
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14/04/2022 06:59
 
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«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri»

Mons. José Ángel SAIZ Meneses, Arcivescovo di Siviglia
(Sevilla, Spagna)
Oggi, ricordiamo quel primo Giovedì Santo della storia, in cui Gesù incontra i suoi discepoli per celebrare la Pasqua. Allora inaugurò la nuova Pasqua della nuova Alleanza, nella quale si offre in sacrificio per la salvezza di tutti.

Nella Santa Cena, allo stesso tempo che l'Eucaristia, Cristo istituisce il sacerdozio ministeriale. Per mezzo di questo, si potrà perpetuare il sacramento dell'Eucaristia. Il prefazio della Messa Crismale ci rivela il significato: «Egli sceglie alcuni per farli partecipi del suo ministero santo, affinché rinnovino il sacrificio della redenzione, alimentino il tuo popolo con la tua Parola e lo confortino con i tuoi sacramenti».

E quello stesso Giovedì, Gesù ci dà il comandamento dell'amore: «che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13,34). Prima, l'amore si basava sul premio ricevuto a cambio, o nel compimento di una regola imposta. Ora, l'amore cristiano si basa in Cristo. Egli ci ama fino a dare la vita: questa deve essere la misura dell'amore del discepolo e deve essere il segnale, la caratteristica del riconoscimento cristiano.

Ma l'uomo non ha la capacità di amare così. Non è semplicemente frutto di uno sforzo, ma un dono di Dio. Fortunatamente, Egli è Amore e, allo stesso tempo, fonte d’amore, dato a noi nel Pane Eucaristico.

Infine, oggi contempliamo la lavanda dei piedi. In atteggiamento di servo, Gesù lava i piedi degli apostoli, e raccomanda che lo facciano gli uni con gli altri (cfr Gv 13,14). C'è qualcosa di più che una lezione di umiltà in questo gesto del Maestro. È come un anticipo, come simbolo della Passione, della umiliazione totale che soffrirà per salvare tutti gli uomini.

Il teologo Romano Guardini dice che «l'atteggiamento del piccolo che si inclina davanti al grande, tuttavia non è umiltà. È semplicemente verità. Il grande che si umilia davanti al piccolo è il vero umile». Per questo, Gesù Cristo è autenticamente umile. Davanti a questo Cristo umile i nostri schemi si rompono. Gesù inverte i valori puramente umani e ci invita a seguirlo per costruire un mondo nuovo dal servizio.
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15/04/2022 11:19
 
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Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: È compiuto!. E, chinato il capo, consegnò lo spirito»

+ Rev. D. Francesc CATARINEU i Vilageliu
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, celebriamo il primo giorno del Triduo Pasquale. Pertanto è il giorno della Croce Vittoriosa da dove Gesù ci ha lasciato il meglio di se stesso: Maria come Madre, il perdono —anche dei suoi carnefici— e la fiducia totale in Dio Padre.

Lo abbiamo sentito nella lettura della Passione che ci trasmette la testimonianza di Giovanni presente nel calvario con Maria, la Madre del Signore e le donne. È una narrazione ricca in simbologia, dove ogni piccolo dettaglio, ha senso. Però anche il silenzio e la austerità della Chiesa, oggi, ci aiuta a vivere in un clima di preghiera, molto attenti al dono che celebriamo.

Davanti a questo grande mistero, siamo chiamati —innanzitutto— a vedere. La fede cristiana non è la relazione reverenziale verso un Dio lontano e astratto sconosciuto, ma la adesione a una persona, vero uomo come noi e allo stesso tempo vero Dio. L’invisibile si è fatto carne della nostra carne ed ha assunto di essere uomo fino alla morte e una morte di croce. Però fu una morte accettata come riscatto per tutti, morte redentrice, morte che ci dà vita. Quelli che erano lì e videro, ci trasmisero i fatti e allo stesso tempo, ci rivelarono il significato di quella morte.

Dinanzi a questo, sentiamo gratitudine e ammirazione. Conosciamo il prezzo dell’amore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).

La preghiera cristiana non è solamente chiedere, ma –innanzitutto– ammirare riconoscenti.

Gesù per noi, è modello che bisogna imitare, vale a dire riprodurre in noi le sue attitudini. Dobbiamo essere persone che amano fino a donarsi e fiduciose nel Padre in tutte le avversità.

Questo è in contrasto con l’atmosfera indifferente della nostra società, perciò il nostro testimonio deve essere più coraggioso che mai, già che il dono è per tutti. Cosi dice Melitòn de Sardes, «Egli ci ha fatto passare dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Egli è la Pasqua della nostra salvezza».
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18/04/2022 09:35
 
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«Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli»

Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)
Oggi, l’allegria della risurrezione, fa delle donne che erano andate al sepolcro, delle coraggiose messaggere di Cristo. «Una grande allegria» sentono nei loro cuori per l’annuncio dell’ angelo sulla risurrezione del Maestro. Ed escono “correndo” dal sepolcro per annunciarlo agli Apostoli. Non possono rimanere inattive ed i loro cuori scoppierebbero se non lo annunciassero a tutti i discepoli. Risuonano nelle nostre anime le parole di Paolo: «L’amore di Cristo infatti ci possiede» (2 Cor 5,14).

Gesù finge di incontrarsi per caso: con Maria Maddalena e anche con l’altra Maria –così ringrazia Cristo e ricompensa la osadia di chi lo cerca di buon mattino-, e lo fa anche con tutti gli uomini e donne del mondo. Ancora di più, per mezzo della Sua Incarnazione, si è unito, in un certo modo, ad ogni essere umano.

Gli atteggiamenti delle donne, davanti la presenza del Signore, esprimono le attitudini più profonde dell’essere umano di fronte a Colui che è il nostro Creatore e Redentore: la sottomissione -«gli abbracciarono i piedi» (Mt 28,9)- e l’adorazione. Che grande lezione per imparare a stare davanti a Cristo Eucaristia!

«Non temete» (Mt 28,10), dice Gesù alle sante donne. Paura del Signore? Mai, se è l’Amore di ogni amore! Paura di perderlo? Sì, perché conosciamo la nostra debolezza. Perciò ci afferriamo fortemente ai Suoi piedi. Come gli Apostoli nel mare in tempesta e i discepoli di Emmaus Gli chiediamo: “Signore non lasciarci!”

E il Maestro invia le donne ad annunciare la buona novella ai discepoli. Questo è anche compito nostro e missione divina fin dal giorno del nostro battesimo: annunciare Cristo in tutto il mondo, «perché tutto il mondo possa trovare Cristo, perché Cristo possa percorrere con ciascuno di noi il cammino della vita, con la forza della verità (...) contenuta nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, con la forza dell’amore che irradia da essa» (Giovanni Paolo ll).
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19/04/2022 06:56
 
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«Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore!»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)
Oggi, nella figura di Maria Maddalena, possiamo considerare due livelli di accettazione del nostro Salvatore: imperfetto, il primo, completo il secondo. Dal primo, Maria si manifesta come sincerissima discepola di Gesù. Lei segue Lui, Maestro incomparàbile; Gli è eroicamente unita, quando lo vede Crocificato per amore; Lo cerca oltre la morte, sepolto e scomparso. Come sono impregnate di ammirevole dedicazione, verso il Suo “Signore,” sono le due esclamazioni che ci conservò, come perle incomparabili, l’evangelista Giovanni; «Hanno portato via il mio Signore, e non so dove l´hanno posto» (Gv 20,30); «Signore, se L’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo»! (Gv 20,15). Pochi discepoli ha contemplato la storia con tanta consacrazione e tanta lealtà come dimostrò Maddalena.

Tuttavia, la buona notizia di oggi, di questo martedì della ottava di Pasqua, supera infinitamente tutta la bontà etica e tutta la fede religiosa in un Gesù ammirevole, ma, in ultima istanza, morto; e ci trasporta nell’ambito della fede nel Risuscitato. Quel Gesù che, in un primo momento, lasciandola al livello della fede imperfetta, si dirige alla Maddalena, domandandole: «Donna, perché piangi?» (Gv 20,15) e a cui lei, con occhi da miope, risponde, come se si trattasse di un ortolano che si interessa della sua insipidità; quel Gesù, adesso, in un secondo momento, definitivo, la chiama per nome: «Maria!» e la commuove fino al punto di farla sussultare di risurrezione e di vita, cioè, di Sé stesso, il Risuscitato, il Vivente per sempre. Il risultato? Maddalena credente e Maddalena apostola: «Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore!» (Gv 20,18).

Oggi non è raro il caso di cristiani che non vedono chiaro l’aldilà di questa vita e che dubitano della risurrezione di Gesù. Mi trovo fra di loro? Allo stesso modo ci sono numerosi cristiani che hanno sufficiente fede per seguirLo privatamente, ma che hanno paura di proclamarLo apostolicamente. Faccio parte di questo gruppo? Se così fosse, come Maria Maddalena, diciamoGli: -Maestro!, abbracciamoci ai Suoi piedi, e andiamo all’incontro dei nostri fratelli, per dir loro: -Il Signore è risuscitato e l’ho visto.
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20/04/2022 09:22
 
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«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?»

P. Luis PERALTA Hidalgo SDB
(Lisboa, Portogallo)
Oggi, il Vangelo ci assicura che Gesù è vivo e rimane il centro su cui costruire la comunità dei discepoli. Ed è in questo contesto ecclesiale –nell’incontro comunitario, nel dialogo con i fratelli che condividono la stessa fede, nell'ascolto comunitario della Parola di Dio, nell’ amore condiviso in gesti di fratellanza e di servizio- che i discepoli possono avere l'esperienza dell¡incontro con Gesù risorto.

I discepoli carichi di pensieri tristi, non immaginavano che quello sconosciuto fosse infatti il maestro, già risorto. Ma sentivano «bruciare» il cuore (cfr Lc 24,32), quando Egli gli parlava: «spiegando» le Scritture. La luce della Parola dissipava la durezza del loro cuore e «si aprirono loro gli occhi» (Lc 24, 31).

L'icona dei discepoli di Emmaus serve a guidare il lungo cammino dei nostri dubbi, preoccupazioni e delusioni a volte amare. Il divino Viaggiatore resta il nostro compagno per introdurci, con l’interpretazione della Scrittura, nella comprensione dei misteri di Dio. Quando l’incontro diventa pieno, la luce della Parola segue la luce che germoglia dal «Pan di Vita", con cui Cristo compie in modo supremo la promessa di «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Il Papa Emerito Benedetto XVI scrisse: "l'annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone oscure del mondo in cui viviamo".
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