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PERSECUZIONI CONTRO I CREDENTI IN CRISTO

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    00 28/01/2012 08:55

    Corea del Nord: la Chiesa continua a inviare aiuti nonostante l’ateismo di stato

    Nonostante l’oppressione del regime nordcoreano la Chiesa cattolica, attraverso la Caritas, spera che «le tensioni politiche non fermino gli aiuti umanitari al Nord per milioni di affamati».Lo ha detto padre Gerard Hammond, Missionario di MaryKnoll e direttore dei Programmi per la Corea del Nord nella Caritas Corea. Il missionario, che ha visitato la Nord Corea circa 30 volte a partire dagli anni ’90, rimarca che «in questa stagione la crisi si fa più acuta e gli aiuti sono urgenti».

    Nei giorni scorsi Caritas Internationalis ha pubblicato un appello in cui si esorta la comunità internazionale «a non trascurare milioni di persone che soffrono la fame nel Paese asiatico», mentre nel dicembre scorso il Segretario generale di Caritas Internationalis, Michel Roy, ha tenuto un incontro a Seul per discutere della crisi alimentare in Corea del Nord e pianificare strategie di intervento. Una prossima missione della Caritas di Seul al Nord, sarà organizzata, con ogni probabilità, nella prossima primavera. Tutto questo nonostante la recente classifica pubblicata da Open Doors, abbia rilevato che la Corea del Nord è attualmente il paese con la più grave persecuzione dei cristiani nel mondo, e ultima nella classifica del rispetto dei diritti umani.  In un recente articolo apparso su “La Bussola Quotidiana, viene spiegata l’incredibile discriminazione che subiscono i credenti,relegati in lager e campi di lavoro forzati. E’ chiara l’intenzione da parte del governo di voler distruggere il cristianesimo nel Paese.

    Il Paese ha recentemente celebrato i funerali del dittatore Kim Jong-II, molti quotidiani hanno colto l’occasione per parlare della situazione dei diritti umani e dell’ufficialità dell’ateismo di Stato imposto nel Paese, seppur mischiato inevitabilmente al culto della personalità (senza Dio non ci possono essere che idoli da adorare). Lo ha fatto in Italia il quotidiano “La Stampa”,  chiamandolo appunto “ateismo mistico”. All’estero si è spesso sottolineato che «anche se la Corea del Nord è uno stato ateo, il culto del defunto Kim il-Sung e di Kim Jong-il ha di fatto sostituito la religione».  Tuttavia, come spiega questo sito sulla religione in Corea del Nord, le forme religiose «sponsorizzate dal governo esistono per fornire l’illusione della libertà religiosa». Lo stesso viene ribadito dalla pagina inglese di Wikipedia sull’ateismo di Stato«il governo della Corea del Nord impone l’ateismo di stato sanzionato, il culto della personalità di Kim Il Jung e Kim Il Sung  è descritto come una religione politica. Il governo sponsorizza gruppi religiosi solo per creare l’illusione della libertà religiosa». Sul sito di “Human Rights Watch si legge che «il governo della Corea del Nord è tra i governi più repressivi al mondo». Due rapporti, citati da un’altra pagina di Wikipedia in lingua inglese,spiegano che «la Corea del Nord è ufficialmente uno stato ateo, in cui quasi tutta la popolazione è non religiosa».

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    00 09/02/2012 11:36

     Lo scorso 20 gennaio il U.S. Department of Health and Human Services (Ministero della sanità degli Stati Uniti) ha promulgato il controverso Patient Protection and Affordable Care Act, noto familiarmente come “Obamacare”.

       Oltre ai suoi risvolti fortemente socialistici, la legge configura una vera e propria persecuzione religiosa ai danni dei cristiani.

       Secondo le nuove regole, le strutture sanitarie sono tenute a "fornire ogni metodo contraccettivo approvato”, alcuni dei quali, lo sappiamo, sono in realtà abortivi. Inoltre, le strutture sanitarie sono tenute a eseguire “interventi di sterilizzazione”.

       Le nuove norme praticamente escludono l’obiezione di coscienza, colpendo in questo modo le istituzioni sanitarie cattoliche, che costituiscono il 12,7% del sistema sanitario nazionale. Ogni anno, circa 5,6 milioni di persone sono ammessi a queste strutture mediche. Non solo le organizzazioni, scuole e ospedali cattolici sono interessati da questa legge, ma ogni lavoratore sanitario cattolico, che non potrà più avvalersi dell’obiezione di coscienza.

       Immediata la reazione dei vescovi cattolici. Finora centoquarantadue prelati, vale a dire l’80% dell’episcopato, hanno espresso la loro ferma opposizione a questo provvedimento del governo Obama.

       Immediata anche la reazione della TFP americana, che ha pubblicato sui maggiori periodici del Paese il manifesto: “Confrontando la persecuzione religiosa in America: né apostasia né servitù!”. Potete leggerlo nel link:

    http://www.tfp.org/tfp-home/catholic-perspective/confronting-religious-persecution-in-america-neither-apostasy-nor-dhimmitude.html

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    00 09/02/2012 11:42

    “Il conflitto in corso si è trasformato, da una rivendicazione popolare di libertà e democrazia, in una rivoluzione islamista”


     

    di Madre Agnès-Mariam de la Croix


     

         Cari amici, nel giorno in cui festeggiamo la festa più importante della nostra comunità, il nostro cuore è pieno di amarezza, perciò leviamo gli occhi al cielo da dove viene ogni soccorso. La nostra visione si fa più chiara a poco a poco: essa scava nel muro inespugnabile della disinformazione. La realtà non è binaria come ce la cantano. E’ complessa. Ci sarà ancora posto per i cristiani siriani nella destabilizzazione che è stata avviata in questa società composita? Il destino della Siria sarà ricalcato su quello dell’Iraq? Non lo sappiamo. Preghiamo… Non ci dimenticate!

       I cristiani della diocesi di Homs, Hama e Yabroud sono bene integrati nel tessuto sociale, come cittadini a pieno titolo. Prima di questi avvenimenti che hanno insanguinato la Siria, menzionare la propria confessione religiosa era solo inopportuno. Oggi non è più così. Il conflitto in corso si è trasformato, da una rivendicazione popolare di libertà e democrazia, in una rivoluzione islamista. Il venerdì 20 gennaio lo slogan fatidico è stato pronunciato dai comitati di coordinamento della rivoluzione: “Il popolo vuole dichiarare la jihad!” Fino ad oggi noi cristiani non siamo stati oggetto di una persecuzione “diretta”. I cristiani erano vittime delle violenze che colpivano tutta la popolazione che partecipa alla vita civile. Oggi sembra che il dato stia cambiando. Come se la tendenza che covava fosse diventata ormai una consegna. Il futuro lo dirà. Resta il fatto che quelle di cui vi portiamo a conoscenza sono aggressioni dal carattere ormai francamente anticristiano.

       Il 25 gennaio, Padre Basilios Nassar, curato greco ortodosso del villaggio di Kafarbohom, provincia di Hama, è stato ucciso da alcuni insorti mentre recava aiuto ad un uomo ferito. Questo assassinio è allarmante. Conferma il timore di vedere la rivoluzione siriana trasformarsi in un conflitto confessionale. Sotto la copertura di una rivendicazione di libertà e democrazia, gli insorti si rivelano essere degli islamisti che attaccano civili innocenti, in un processo di discriminazione religiosa.

       Ieri mattina il figlio dell’emiro islamista di Yabroud, il signor Khadra, aspettava in strada, insieme ad altri tre uomini armati, il maggiore cristiano Zafer Karam Issa, 30 anni, sposato da un anno, davanti alla sua abitazione. Lo hanno ucciso sparando su di lui un centinaio di colpi d’arma da fuoco che ne hanno crivellato il corpo e sono fuggiti.

       Settimana scorsa, il giovane cristiano Khairo Kassouha, di 24 anni, è stato anche lui ucciso uscendo da casa a Kusayr.

       Padre Mayas Abboud, rettore del piccolo seminario dei greci cattolici a Damasco, ci ha raccontato di essere stato contattato dalla vedova del martire Nidal Arbache, un autista di taxi recentemente ucciso dagli insorti. Dalal Louis Arbache gli ha detto al telefono: “Caro padre, qui a Kusayr siamo esposti alla prepotenza degli insorti che qui dettano legge. Noi ci aspettiamo ogni sorta di violenza. Non abbiamo niente e nessuno che ci protegga. La supplico padre, consideri questo come un testamento. Se dovesse capitarmi qualcosa di brutto, le affido mio figlio, si prenda cura di lui. Tutta la nostra famiglia è minacciata dalle bande armate”.

       A Homs più di 230 cristiani sono stati abbattuti. Molti sono stati sequestrati. Spesso gli insorti chiedono un riscatto che varia da 20.000 a 40.000 dollari per persona.

       In alcuni quartieri misti, come Bab Sbah o Hamidiyeh a Homs, l’80% degli abitanti cristiani sono partiti e si sono stabiliti presso amici o parenti nelle regioni della Valle dei cristiani. I cristiani di Hama e della sua provincia fanno lo stesso. Il fenomeno è progressivo ma implacabile.

     


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    00 23/04/2012 14:30

    Cresce in Europa la violenza contro i cristiani

    Analizzando diversi sondaggi sociologici, si è verificato che il 74% degli interpellati nel Regno Unito afferma che c’è più discriminazione negativa contro i cristiani che contro le persone di altre fedi, l’84% del crescente vandalismo in Francia è diretto contro i luoghi di culto cristiani. In Scozia, il 95% della violenza a sfondo religioso ha come obiettivo i cristiani.L’intolleranza riguarda: libertà di religione, libertà di espressione, libertà di coscienza, politiche discriminatorie, esclusione dei cristiani dalla vita politica e sociale, repressione dei simboli religiosi, insulto, diffamazione e stereotipi negativi, incidenti per odio, vandalismi e dissacrazione e, da ultimo, crimini di odio contro singoli individui.

    Anche noi di UCCR, nel nostro piccolo, abbiamo segnalato casi del genere: in Spagna  il 25 gennaio 2012una marcia pro-life, con donne e bambini, è stata presa d’assalto da un gruppo di abortisti, gridando bestemmie, insulti e facendo gesti osceni. Lo stesso è accaduto in Svizzera nel novembre 2011sempre qui, nell’aprile 2011, un ateo sbattezzato ha bruciato una chiesa. Tornando in Spagna, l’estate scorsa abbiamo documentato -con tanto di video- la “Manifestazione laica” in protesta della GMG 2011, durante la quale una folla di laicisti invasati ha picchiato, insultato, deriso e canzonato i pellegrini in arrivo a Madrid, mentre nel marzo 2011, il leader di un’associazione di “liberi pensatori” ha minacciato«bruceremo le chiese e castigheremo i cattolici!».  Nel settembre 2011 la SNAP, un’associazione anti-cattolica, ha denunciato Benedetto XVI alla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità, salvo poi ammettere di aver pubblicato informazioni false contro la Chiesa. Notizie false contro i cattolici sono state diffuse in Italia da parte del partito radicale e da parte dell’UAAR, come la finta lettera di mons. Levada o la vicenda dei Carmelitani di Treviso. L’associazione laicista e i suoi fans, oltre ad insultare quotidianamente i credenti sul loro sito, ha anche festeggiato per la morte di don Verzé, dei cristiani in Nigeria e del vaticanista Giancarlo Zizola.

    Sempre in Italia, nel maggio 2011, un gruppo di femministe abortiste ha impedito la presentazione di un libro pro-life al Salone di Torino, una cosa simile è avvenuta nel giugno 2011 a Milano, quando un gruppo di omosessuali ha interrotto violentemente una messa. Gay, atei e femministe hanno fatto la stessa cosanella cappella del campus di Somosaguas dell’Università Complutense di Madrid, spogliandosi e consumando rapporti sessuali/omosessuali sull’altare.  Ricordiamo brevemente i continui insulti che arrivano dai fondamentalisti atei, come Piergiorgio Odifreddi, il quale gode per le bestemmie (solo se feriscono) e afferma che i medici cattolici sono persone malate di mente.  Nell’ottobre scorso un gruppo di Black block a Roma ha distrutto una statua della Madonna, un crocifisso, ha devastato una sacrestia, scrivendo sui muri: “Jesus Christ supercazzola”. 

    Ma le stesse cose accadono anche negli USA: nel marzo 2011 una bomba amatoriale è stata lanciatacontro un’attivista pro-life durante i “40 giorni per la vita”, il leader degli atei americani ha detto di volervietare il festeggiamento del Natalenel settembre 2011 un gruppo di atei californiani ha manifestato le proprio idee strappando pagine della Bibbia, mentre uno in Australia si è ripreso con la videocameramentre ne bruciava le pagine. Nell’aprile 2011 è stato arrestato Teodore Shulman, un ateo attivista che da tempo minacciava di morte gli attivisti pro-life. Per non parlare del recentissimo raduno di atei, durante il quale Richard Dawkins ha letteralmente invitato  a “deridere” e “ridicolizzare” pubblicamente i credenti.

    Non volendo fare di tutta l’erba un fascio, occorre dire che diversi non credenti hanno stigmatizzato queste intolleranze, come lo scrittore Alain de Botton, il quale intende proprio combattere l’ateismo aggressivo: «A causa di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, l’ateismo è diventato noto solo come una forza distruttiva», ha affermato. Una cosa simile è stata detta dal sociologo Frank Furedisecondo cui  «l’ateismo è diventato a tutti gli effetti una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica»,vera minaccia per la realizzazione del potenziale umanoIl fisico Alan Lightman, rivolgendosi ai leader dell’anti-teismo inglesi, ha detto che «gli atei dovrebbero rispettare i credenti». Anche in Italia, ad accorgersene, è stato un semplice blogger non credente, che ha titolato il suo articolo“La Dittatura degli Atei (una repressione religiosa)“. Il filosofo Bernard-Henri Lévy ha scritto che«oggi i cristiani formano, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata». Il sociologo Philip Jenkis ha scritto il libro: «Il nuovo anticattolicesimo: l’unico pregiudizio ammesso» (Oxford University Press 2003).

    Era comunque già tutto previsto: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 17 18 20)

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    00 30/04/2012 12:38
    Purtroppo non si fermano i massacri dei cristiani:

    Nairobi, 29 aprile 2012 - Domenica di sangue nelle chiese cristiane in Nigeria e in Kenya, dove delle esplosioni hanno provocato almeno 21 morti, tra cui un sacerdote, e diversi feriti.

    NIGERIA, ASSALTO DURANTE LA MESSA -  A Kano, nel nord della Nigeria, è stato attaccato un auditorium dell’Università di Bayero, dove era in corso una messa cristiana. Sarebbero almeno una ventina i morti provocati dall’attacco.
    “C’è stata una forte esplosione nei pressi di un auditorium all’aperto vicino all’ex campus universitario durante la funzione religiosa cristiana”, ha indicato una fonte di sicurezza, mentre i residenti hanno riferito di avere udito colpi di arma da fuoco.
    KENYA, LA VITTIMA E' UN SACERDOTE - In Kenya, una persona, presumibilmente il sacerdote, è morta e almeno altre dieci sono rimaste ferite dopo che una granata è stata fatta esplodere questa mattina poco dopo l’inizio della funzione religiosa nella chiesa God House of Miracle nella capitale Nairobi.
    BAGNASCO: "I CRISTIANI REAGISCANO, MA NO ALLE VENDETTE" -  Il Vaticano condanna gli attentati odierni definendoli "fatti orribili ed esecrabili", il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, esorta i cristiani a reagire alle persecuzioni con “fortezza” e senza “volontà di vendetta”. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi: "Basta eccidi atroci, va difesa la libertà religiosa". Condanna "senza riserve anche da parte dell'Unione Europea".
     
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    00 06/05/2012 14:52

    Leo Capobianco, responsabile AVSI in Kenya, commenta in questa intervista per IlSussidiario.net i due attentati compiuti ieri in Kenya e in Nigeria: un morto e quindici feriti è il bilancio provvisorio dell’esplosione di una granata all’interno della chiesa di Nairobi Maison de Dieu du miracle, mentre molto più grave è il bilancio dell’attacco avvenuto all’interno dell’Università di Bayero a Kano, nel nord della Nigeria, dove l’esplosione ha causato la morte di almeno venti persone.

    Come si spiegano questi attacchi?


    Attentati di questo tipo si vedono normalmente nei paesi vicino al confine del Kenya, soprattutto nel campo profughi di Dadaab, ma non è la prima volta che avvengono anche in altre zone del Paese. Sono attacchi che vengono messi a punto per generare panico e paura tra la gente, e soprattutto per fare in modo che il governo cambi idea sull’incursione che sta portando avanti in Somalia con l’obiettivo di eliminare questa falange di Al Qaeda. Assistiamo quindi a questa sorta di vendetta che però colpisce persone innocenti, che non c’entrano niente con quanto sta accadendo.

    Cosa può dirci della situazione dei cristiani in Kenya e in Africa centrale?


    In Kenya i cristiani rappresentano ancora una realtà forte, molto più che in altri Paesi circostanti come il Sudan o la stessa Somalia. E’ però chiaro che esiste un un interesse di destabilizzare il Paese e dare segnali forti in direzione dei cristiani. Qui la realtà musulmana è meno presente e si raccoglie soprattutto nelle zone della costa, mentre l’interno del Paese vive ancora molto dell’opera missionaria dei cattolici, che ormai esiste da più di cent’anni.

    Come stanno cambiando a suo giudizio gli scenari rispetto alla primavera araba?


    Il mio è un giudizio molto personale, basato soprattutto sui diversi incontri che ho avuto con i rifugiati a Dadaab. Parlando con le persone, la sensazione è che ci sia una minoranza integralista che in nome della jihad genera situazioni di tensione come quella attuale, con l’obiettivo di controllare la realtà politica ed economica della Somalia. Quando poi però si va ad incontrare la realtà musulmana, si ha sempre l’impressione di parlare a persone molto semplici, a cui queste cose non interessano e non piacciono, e che anzi scappano dal proprio Paese perché non ne possono più.

    Quindi crede che il vero obiettivo sia il controllo economico e politico?


    C’è sempre questa sensazione che dietro alla guerra contro il mondo cristiano ci sia un altro obiettivo, cioè quello di controllare le risorse e la politica. Sta poi crescendo in maniera impressionante il numero di somali che decidono di investire in diverse attività economiche: insieme ai soldi del Fondo monetario internazionale, sembra che arrivino sempre di più soldi da altre fonti che permettono ai ricchi somali di investire in attività economiche e non solo. Il risultato è una sorta di “invasione” dal punto di vista economico. Solo per fare un esempio, sette anni fa andai a visitare un paese che si trova molto lontano dal confine con la Somalia, famoso per essere uno dei paesi più cristiani del Kenia. Ecco, oggi in quello stesso paese si trovano tantissimi negozi e attività economiche in mano ai somali, tanto che secondo il giudizio di molti sono proprio loro a determinare il mercato, perché avendo risorse ingenti possono abbassare i prezzi e mettere in crisi le altre attività locali.

    (Claudio Perlini)

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    00 13/06/2012 23:32

    I cattolici perseguitati sotto il regime ateo cinese

    Nessuno lo fa, per questo è importante segnalare l’uscita del libro di Francesca Romana Poleggi, “La persecuzione dei cattolici in Cina” (ed. Sugarco 2012), scritto per la fondazione Laogai Italia (www.lagoai.it). L’autrice ha presentato a “Tempi.it” il suo libro, spiegando la pericolosità di essere cattolici sotto il regime comunista cinese: «Sì e non c’è da stupirsi perché il Partito cinese (Pcc) è comunista e in quanto tale si rifà al pensiero ateo e materialista di Mao, che l’ha ripreso da Marx. Quando uno Stato è totalitario, pretende di essere lui il Dio da adorare e così per le religioni non rimane più spazio. Chi non mette al primo posto della scala di valori la fede nel Partito comunista è considerato un criminale e finisce in prigione o nei laogai o agli arresti domiciliari. Era così negli anni 50, ai tempi di Mao, ed è così oggi nella Cina dell’apertura e del rilancio economico».

    Questa lettura è confermata proprio dalle parole di Zhu Weiqun, Vice ministro esecutivo del Dipartimento del Fronte Unito di lavoro: «ai membri del Partito è vietato credere nella religione, questa è sempre stata una regola costante nel Partito Comunista», chiedendo il  rafforzamento dell‘identità marxista e atea all’interno del Partito. Il dittatore ateo Mao odiava la religione ma sapeva che non è possibile estirpare gli uomini da Dio, così «nel 1957 ha fondato l’Associazione patriottica (Ap), ente legato al Pcc esistente tutt’oggi che offre un surrogato della religione cattolica. La cosiddetta “Chiesa ufficiale”, che si potrebbe chiamare “Chiesa di Stato” o “Chiesa aperta” organizza messe, catechismo, ordinazioni vescovili come se fosse la Santa Sede», ha continuato la Poleggi.  Una Chiesa comandata dal Partito, come spiega bene Marco Respinti su “Libero”.

    Ma la Chiesa cattolica esiste, è sotterranea e molto viva e per questo subisce fortissime repressioni. Nonostante tutto, «è in atto una rinascita religiosa senza precedenti che il governo comunista non si spiega e non riesce a fermare. Sono impossibili stime ufficiali, ma si calcola che il numero dei cattolici vada dai 20 agli 80 milioni. E il rapporto tra fedeli della Chiesa di Stato o aperta e quelli della Chiesa sotterranea è di uno a quattro».Viene incarcerato chi prega e chi possiede una Bibbia, 15 vescovi sono in prigione. La violenza colpisce anche le donnepochi giorni fa ad esempio è stata multata una coppia per 1,3 milioni di yuan dopo il parto della secondo figlia, in linea con la politica abortistadel figlio unico.

    Inutile ricordare che, dell’uscita di questo libro, nessun sedicente attivista dei diritti umani ha parlato.

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    00 17/06/2012 23:10

    Nigeria, attaccate cinque chiese: 21 morti. La Santa Sede: inaccettabile e assurdo disegno di odio

    Ancora una domenica di sangue in Nigeria e ancora nel mirino la comunità cristiana. Sono almeno 21 i cristiani uccisi, tra cui 4 bambini, e un centinaio i feriti (il numero delle persone coinvolte è ancora provvisorio; il bilancio si aggrava di ora in ora) dopo l'attacco coordinato contro tre chiese nello Stato settentrionale nigeriano di Kaduna, a maggioranza musulmana. Il bilancio peraltro non prende in considerazione gli ultimi attentati contro altre due chiese, sempre nella stessa area. Le autorità hanno proclamato il coprifuoco per 24 ore, con effetto immediato. Interviene la Santa Sede: il portavoce del Papa padre Federico Lombardi parla di inaccettabile e assurdo disegno di odio:«bisogna augurarsi interventi efficaci che riescano ad arginare ed eliminare il terrorismo per il bene di questo grande Paese».

    Dietro gli attentati forse Boko Haram
    Gli attentati non sono stati rivendicati ma hanno le stesse modalità di quelle delle ultime domeniche, opera dei fondamentalisti islamici dei Boko Haram. Due dei luoghi di culto colpiti sono nella città di Zaria, nel Nord del Paese: nel mirino, in questo caso, la cattedrale cattolica del Cristo Re e la chiesa evangelica della Buona Novella. Prima un kamikaze a bordo di una Honda imbottita di esplosivo si è schiantato contro la prima chiesa, scatenando un incendio e danneggiando gravemente l'edificio. Poco dopo miliziani hanno lanciato granate contro la chiesta evangelica uccidendo quattro bambini che stavano giocando all'esterno. Il terzo attentato ha colpito una terza chiesa nella città di Kaduna, dove si teme ci possano essere altre vittime.

     Rappresaglie contro i musulmani: almeno 10 morti 

    Folle di cristiani inferociti si sono lanciate in violenti rappresaglie nei confronti dei musulmani in un quartiere a maggioranza cristiana di Kaduna. I testimoni riferiscono che almeno dieci cadaveri di persone linciate sono stati trasportati all'obitorio. La situazione è fuori controllo

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    00 15/07/2012 23:30

    Continua il massacro di cattolici sotto il regime ateo del Vietnam

    Dal 1954 in Vietnam del Nord e dal 1976 per tutto il Vietnam, l’ateismo di Stato è la religione ufficiale e le persecuzioni verso i credenti, come abbiamo segnalato altre volte, sonoinnumerevoli, nel compiacente silenzio dei sedicenti paladini dei diritti umani di casa nostra -da Corrado Augias a Giuseppe Cruciani, fino a Marco Politi-, che si guadagnano la pagnotta di aspiranti Nobel per la pace solo quando c’è da parlare delle nozze gay, che nemmeno sono considerate un diritto.

    Stefano Magni su “L’Opinione” fa il resoconto della situazione: «Chiese devastate, terreni espropriati, sacerdoti picchiati, fedeli intimiditi, teppisti pagati dalle autorità locali per malmenare e devastare, polizia che non interviene. O agisce con violenza dalla parte degli aggressori. Sono queste le caratteristiche della persecuzione dei cattolici in Vietnam». Un Paese in cui «formalmente, nella sua costituzione, garantisce libertà di culto a tutti i suoi cittadini. Ma che, nei fatti, impedisce a chiunque di avere fede per qualsiasi religione che contrasti dell’ateismo marxista. I cattolici sono le vittime predestinate della lunga campagna del terrore di Stato, perché le conversioni, specie nelle zone rurali, sono in aumento». Non solo aumentano le conversioni, ma anche le ordinazioni sacerdotali: nei 7 seminari maggiori ci sono attualmente oltre 1.500 giovani seminaristi.

    Domenica scorsa, riporta il quotidiano online, nella provincia di Nghe An (Vietnam settentrionale), un gruppo di picchiatori (che hanno confessato ad alcuni testimoni diesser stati pagati dalle autorità, con 25 dollari a testa) ha intimato il parroco locale, Nguyen Dinh Thuc, di non celebrare la messa per poi picchiarlo selvaggiamente, vittime anche i fedeli accorsi in suo aiuto. Una donna è in fin di vita, mentre la polizia è intervenuta solo per arrestare diversi fedeli cattolici e assecondare la devastazione della chiesa locale da parte della banda di picchiatori. In questi mesi, continua il giornalista, stando a fonti dell’agenzia missionaria Asia News, i funzionari del distretto girano in jeep fra le case lanciando slogan contro la religione, oppure intimando ai fedeli di non andare a messa, il regime vietnamita promuove anche continue campagne di diffamazione mediatica contro la religione e arresta gli attivisti che si battono per la libertà di religione.

    Anche nella capitale Hanoi, una banda di picchiatori (appoggiata dalla polizia) ha assaltato un orfanotrofio gestito da religiosi, colpendo anche i bambini ospiti e lasciando in coma il sacerdote che si prendeva cura di loro, padre Van Binh.  In mezzo tutto questo odio verso chi ha fede in Dio, vive anche Padre Vincent Peter Khoi Pham Van, il quale è riuscito a vincere l’ostilità verso i credenti, anche grazie al suo aiuto quotidiano alla popolazione, lavorando gratuitamente nei campi, fianco a fianco con  i suoi concittadini.

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    00 24/07/2012 08:43
    DONNE COPTE VITTIME DI UNA STRATEGIA

    23/07/2012 
    Vittime di una «pianificazione organizzata e sistematica»: sarebbero in aumento — secondo quanto denunciato recentemente presso la Commissione su sicurezza e cooperazione in Europa del Congresso degli Stati Uniti, conosciuta anche come Commissione Helsinki — i casi di donne cristiane in Egitto costrette a sposarsi e a convertirsi all’islam, dopo essere state rapite e aver subito violenze psicologiche e fisiche.

    La Commissione ha tenuto un’audizione, raccogliendo una serie di testimonianze sul fenomeno che, secondo quanto emerso in un rapporto illustrato per l’occasione, si sarebbe particolarmente aggravato dalla caduta del presidente Hosni Mubarak, deposto l’11 febbraio dopo una serie di proteste iniziate il 25 gennaio 2012. 

    Nel rapporto, dal titolo «Tell My Mother I miss Her» — commissionato dalla Christian Solidarity International, un’organizzazione per la promozione dei diritti e la dignità dell’uomo e per la libertà religiosa, con base principale in Svizzera — si sottolinea che «le giovani e le donne copte sono ingannevolmente attirate o rapite per diventare spose di uomini musulmani e costrette così a rinunciare alla propria fede e a convertirsi alla religione musulmana». 

    Questi rapimenti di donne non fanno notizia e le vittime permangono per anni, nel totale disinteresse, in situazioni di pesanti umiliazioni e violenze. 

    In base alle fonti del rapporto, inoltre, gli autori dei rapimenti perseguono «una pianificazione organizzata e sistematica», scegliendo le vittime tra le «comunità meno sviluppate» dove più forte è il disagio sociale.

    Per le giovani e le donne convertite all’islam, una volta eventualmente liberatesi, tornare alla propria religione diventa impossibile. L’ufficio egiziano per lo stato civile, che emette le carte di identità, nega loro infatti il rilascio di un nuovo documento con l’indicazione di fede cristiana, perché non più modificabile in quanto l’islam vieta la conversione di qualunque musulmano ad altre religioni. Sebbene, in base sempre al rapporto, non sia ancora quantificabile ufficialmente il numero dei rapimenti e conversioni forzate, il fenomeno appare in aumento da alcuni mesi, con una stima di circa un migliaio di giovani e donne che, negli ultimi anni, avrebbero chiesto di riacquisire la propria identità cristiana.

    Per il presidente della Commissione Helsinki, Chris Smith, «la fase di transizione in Egitto resta aperta e l’ordine appare appeso a un filo». In questo difficile contesto, Katrina Lantos Sweett, che dirige la Commissione sulla libertà religiosa internazionale del Governo degli Stati Uniti, ha posto all’attenzione le preoccupazioni inerenti lo stato delle minoranze. «Nonostante alcuni promettenti sviluppi — ha osservato la rappresentante del Governo statunitense — i copti e le altre minoranze continuano a non essere sufficientemente protetti». A tale riguardo la responsabile della Commissione ha raccomandato che gli Stati Uniti «compiano una forte azione a sostegno della libertà religiosa», lavorando per sollecitare le autorità egiziane a «includere» robuste protezioni nella Costituzione per consentire alle minoranze di vivere appieno la propria fede e per favorire la giustizia contro gli autori dei crimini. 

    Già nel 1976, il patriarca della Chiesa copta ortodossa, Shenouda III denunciò la pratica dei rapimenti delle donne. Shenouda, morto il 17 marzo scorso, venne eletto centodiciassettesimo patriarca della Chiesa copta ortodossa nel novembre 1971, in rappresentanza dei cristiani egiziani che costituiscono il 10 per cento di una popolazione di 80 milioni di persone. (L’Osservatore Romano)
     
     
     
     
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    00 24/07/2012 08:46
    INDONESIA - Aceh, i cristiani protestano per una chiesa bruciata. L’inerzia delle autorità 

    di Mathias Hariyadi
    Il rogo risale al 18 luglio nella reggenza di Singkil. Nell’incendio distrutte alcune panchine e strumenti musicali. Dal maggio scorso l’amministrazione locale, dietro pressioni degli islamisti, ha messo i sigilli a 20 luoghi di culto cristiani, di cui quattro cattolici. 

    23/07/2012 

    Jakarta (AsiaNews) - Cresce la preoccupazione fra i cristiani della provincia di Aceh, vittime di una serie di recenti attacchi da parte di gruppi estremisti o di sconosciuti. Alle violenze si unisce la politica delle autorità locali che, invece di fermare gli assalti, continua ad emettere provvedimenti di chiusura di chiese e luoghi di culto per la (presunta) assenza del permesso di costruzione, necessario in Indonesia per realizzare un edificio (religioso e non). In documento pubblicato in questi giorni, il movimento cristiano Alliance of United North Sumatra denuncia che dal maggio scorso sono stati messi i sigilli ad almeno 20 chiese domestiche o cappelle di preghiera da parte dei funzionari della reggenza di Singkil. Tra queste, una decina appartenevano alla comunità Pakpak Dairi Christian Protestant Church (Gkppd) e quattro erano cattoliche.

    In un comunicato diffuso oggi, i leader della Alliance of United North Sumatra affermano che gli attacchi sono causa di "crescente preoccupazione", dato che non vi sono "tutele o riconoscimenti" per tutti i gruppi religiosi fra cui le minoranze. In particolare a Singkil la situazione è in continuo peggioramento, con palesi violazioni alla libertà religiosa che "è un diritto riconosciuto in via ufficiale dalla nostra Costituzione". I leader cristiani puntano inoltre il dito contro il governo centrale a Jakarta, che non interviene nei riguardi delle singole amministrazioni locali che violano i diritti e le libertà dei cittadini, compresi i non musulmani.

    Nel documento ufficiale viene anche ricordato l'ultimo episodio di violenze nella reggenza di Singkil, avvenuto lo scorso 18 luglio. Alle prime luci dell'alba la casa di preghiera della comunità Pakpak Dairi Christian Protestant Church (Gkppd) è stata assaltata e data alle fiamme da un gruppo di sconosciuti. Nel rogo sono andate distrutte alcune panchine e diversi strumenti musicali, ma il pronto intervento dei fedeli ha scongiurato la completa devastazione dell'edificio. All'interno della struttura sono stati rinvenuti circa 15 litri di benzina; finora gli inquirenti non hanno individuato alcun colpevole.

    La provincia di Aceh, la più occidentale dell'arcipelago di Indonesia, è anche l'unica in cui vige la shariah; il rispetto delle regole è inoltre assicurato dalla presenza per le strade della "polizia della morale", un corpo speciale che punisce le violazioni al costume. In passato sotto la guida del governatore Irwandy Yusuf - capo della guerriglia - vigeva una relativa calma e armonia interreligiosa fra maggioranza musulmana e "stranieri" di diverse confessioni non islamiche. Tuttavia, negli ultimi tempi la situazione è cambiata: sono iniziati gli attacchi contro le minoranze religiose, l'ala fondamentalista ha guadagnato sempre più potere e libertà di azione.

    Alle elezioni dello scorso aprile ha trionfato Zaini Abdullah, anch'egli leader della guerriglia separatista a lungo in esilio in Svezia, che ha promesso lotta alla corruzione e applicazione della legge islamica (cfr. AsiaNews 18/04/2012 Zaini Abdullah, nuovo governatore di Aceh, promette più Shariah). Ed è proprio la rigida applicazione della shariah una delle condizioni poste dai ribelli indipendentisti a Jakarta, per mettere fine alla guerra armata. A testimonianza della crescente tensione interreligiosa, nel recente passato l'area è stata teatro di attacchi e violenze contro le comunità cristiane, che hanno portato alla chiusura dei luoghi di culto (cfr. AsiaNews 07/05/2012 Minacce estremiste ad Aceh: le autorità chiudono tre chiese e AsiaNews 19/06/2012 Aceh, centinaia di estremisti islamici attaccano una casa di preghiera cristiana). Alle violenze si sono aggiunte le chiusure di chiese e luoghi di culto nella zona, disposte dalle autorità per la mancanza del permesso di costruzione degli edifici (il famigerato Imb, Izin Mendirikan Bangunan).
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    00 31/07/2012 22:38
    VIETNAM - Madre di una dissidente cattolica si dà fuoco. Ira e sconcerto fra i vietnamiti 


    di J.B. An Dang
    Dang Thi Kim Lieng si è auto-immolata davanti agli uffici governativi della provincia meridionale di Bac Lieu. La figlia Maria Ta Phong Tan, ex poliziotta convertita al cristianesimo, è in carcere in attesa di processo. Rischia fino a 20 anni di galera per propaganda contro lo Stato. Attivisti per i diritti umani e blogger: accuse pretestuose. 

    31/07/2012 12:50

    Hanoi (AsiaNews) - La comunità cattolica vietnamita è sotto shock per la morte di Dang Thi Kim Lieng, madre di Maria Ta Phong Tan (nella foto), famosa dissidente in carcere in attesa di processo e che rischia fino a 20 anni di prigione. La donna si è data fuoco di fronte agli uffici governativi nella provincia meridionale di Bac Lieu, per protestare contro gli abusi delle autorità che tengono in prigione la figlia privandola dei diritti di base. Il decesso causato dalle gravi ferite inferte dalle fiamme ha scatenato la reazione di molti blogger del Paese, che puntano il dito contro il partito comunista e i leader di governo colpevoli di attuare una politica di repressione e di violare in modo sistematico la libertà di religione e di pensiero, con accuse pretestuose fra cui "propaganda contro lo Stato".

    Senza dire nulla a parenti e amici, Dang Thi Kim Lieng si è diretta verso gli uffici governativi della provincia di Bac Lieu e si è auto-immolata. Attivisti e avvocati che si battono per i diritti umani in Vietnam raccontano che la donna è morta durante il trasporto all'ospedale di Ho Chi Minh City. Tuttavia, né polizia né autorità ufficiali hanno voluto rilasciare commenti sulla vicenda o confermarne la dinamica. Alcuni parenti riferiscono che Dang di recente appariva molto preoccupata per la sorte della figlia Maria Ta Phong Tan, rinchiusa in un carcere della ex Saigon, che non vede dal settembre scorso, data del suo arresto. Per la polizia è colpevole di attività "sovversiva" e di scritti "infamanti" pubblicati in rete, che gettano discredito sul governo di Hanoi e il partito comunista.

    Il dibattimento in aula contro Maria Tan, 44 anni, dovrebbe iniziate il prossimo 7 agosto e vi sono concrete possibilità che sia condannata a decine di anni di galera. La donna è un ex poliziotta molto conosciuta in Vietnam, perché ha denunciato in rete abusi e storture del sistema carcerario (cfr. AsiaNews 17/04/2012 Scrivono di scioperi e giustizia: il governo vietnamita processa tre blogger). Nei suoi confronti pesa anche la decisione di convertirsi al cattolicesimo, dopo essere trascorso un'adolescenza e un'infanzia caratterizzate da continui "lavaggi del cervello" dei funzionari locali del partito per inculcarle l'ideologia comunista. Tuttavia, l'incontro con un avvocato e attivista per i diritti umani le ha fatto riscoprire un desiderio di fede che, nel tempo, l'ha spinta al battesimo.

    Il governo vietnamita attua un controllo serrato sulle attività religiose e spesso i cattolici sono vittime di violenze e abusi, sia a livello di singoli individui che di intere comunità. Fra i molti esempi vi sono i montagnard negli altipiani centrali e i padri Redentoristi, ad Hanoi e Ho Chi Minh City, il cui impegno pastorale viene soffocato con sistematica regolarità. Tuttavia, le violenze non hanno impedito loro di svolgere un ruolo fondamentale per la diffusione del cattolicesimo e della dottrina della Chiesa, in particolare fra i poveri e gli abbandonati (cfr. AsiaNews 05/08/2011 Ho Chi Minh City: i redentoristi insegnano la dottrina sociale della Chiesa).
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    Coordin.
    00 03/08/2012 17:19
    A chiarimento di alcune notizie errate che circolano sull'azione della Chiesa in Argentina, riportiamo alcuni dati importanti:

    In Argentina negli anni '70, molti sacerdoti, appoggiati dalla chiesa romana e dal papa che sollevava continue note di protesta contro il regime , si opposero al volere dei militari o aiutando i dissidenti o continuando semplicemente il proprio apostolato nelle bidonville e nelle zone più povere e degradate. In entrambi i casi, molti di loro pagarono con il sequestro, e spesso con la morte, le proprie scelte": mons. Enrique Angelelli, vescovo di La Roja, strenuo oppositore della giunta militare ucciso il 4 agosto 1976 in un incidente stradale simulato; oppure mons. Carlos Ponce de León, vescovo di San Nicolás de los Arroyos, anche lui ucciso l'11 luglio 1977, mentre si stava dirigendo a Buenos Aires per portare alla Nunziatura apostolica documenti relativi alla repressione, ai sequestri e alle torture avvenute nella sua diocesi; e poi 125 preti, suore e religiosi "che lavoravano nelle villas miseria, vennero torturati e scomparvero nel nulla".
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    Coordin.
    00 09/08/2012 09:37

     CONTINUA IL MASSACRO DEI CRISTANI 


    La strage di cristiani perpetrata anche domenica scorsa in una chiesa della Nigeria (circa 19 morti) si aggiunge alle altre che – ormai da mesi – insanguinano le chiese quasi ogni domenica in Nigeria e in altri paesi centroafricani.

    Questa tragedia va a sommarsi alla situazione che si fa pesantissima per i cristiani dei paesi musulmani del nord Africa, dove le fantomatiche “primavere arabe” si stanno risolvendo in un disastro per i cristiani.

    Infine è in corso la guerra civile in Siria dove la paura e i rischi per le chiese stanno crescendo e tutto fa pensare che alla dittatura di Assad stia per succedere una tirannia islamista che renderà loro la vita impossibile.

    Infatti pure in Siria sta cominciando quella fuga dei cristiani che già abbiamo constatato, negli anni passati, in Iraq e in Palestina.

    Nel resto dell’Asia – dalla Cina all’India, passando dall’orrendo calvario dei cristiani che è il Pakistan – la situazione resta spaventosa.

    I cristiani sono dappertutto gli agnelli sacrificali, inermi e non difesi da nessuno, esposti ad ogni tipo di persecuzione, discriminazione o violenza. Restano pure il gruppo umano più denigrato del pianeta, a tutte le latitudini.

    Perché poi – sui mass media dei paesi liberi – la Chiesa, lungi dall’essere riconosciuta come perseguitata (ha avuto decine di milioni di vittime in tutto il Novecento) è invece sempre trascinata sul banco degli imputati, accusata di tutte le colpe possibili e immaginabili.

    Proprio in queste ore il papa Benedetto XVI – in un messaggio ai Cavalieri di Colombo – ha parlato di “un’epoca in cui azioni concertate vengono messe in atto per ridefinire e restringere l’esercizio del diritto alla libertà religiosa” e ha chiamato i cattolici a “dare risposta alla gravità senza precedenti di queste nuove minacce alla libertà della Chiesa e alla testimonianza morale pubblica”.

    Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato americano, proprio la settimana scorsa, confermava che addirittura un miliardo di esseri umani vivono in paesi che reprimono la libertà religiosa e di coscienza.

    Tuttavia il fatto preoccupante è che quelle parole allarmate del Papa, rivolte a un’organizzazione cattolica molto presente negli Stati Uniti, con tutta probabilità sono riferite anche agli Stati Uniti stessi dove i vescovi cattolici da tempo sono in dura polemica con Obama proprio sulla libertà religiosa e di coscienza.

    In Europa è diffusa una decisa mentalità anticattolica, soprattutto nelle élite al potere, che sembra voler emarginare sempre più – e talvolta bandire – quello che ha a che fare con la Chiesa.

    Mentre il Vaticano è tuttora al centro di una tempesta mediatica che certo all’origine ha errori di ecclesiastici, ma che è stata usata anche da chi voleva delegittimare la Chiesa per motivi ideologici. E che ha indebolito ulteriormente la Chiesa, il cui peso politico era già minimo (oltretutto senza avere governi e diplomazie amiche).

    Sembrerebbe un quadro estremamente cupo per il gregge di Cristo agli inizi del III millennio della sua storia. Sennonché proprio la sua stessa storia ci insegna a non giudicare mai la situazione con parametri esclusivamente umani, politici, sociali.

    Perché puntualmente si verificano rinnovamenti e rinascite della Chiesa e della fede cattolica sorprendenti e impreviste. Se ne vedono i segni pure in questi giorni di cronache dolorose.

    Antonio Socci

    [Modificato da Coordin. 09/08/2012 09:38]
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    00 20/08/2012 20:42
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    00 22/09/2012 22:17
    Foto: "Certo non vorrei aver a che fare con un principe ateo perché, nel caso si mettesse in mente d’avere interesse a farmi pestare in un mortaio, son ben certo che lo farebbe senza esitazione." (Voltaire)...ogni volta che un ateo prende il potere in modo assoluto le libertà fondamentali  finiscono calpestate..
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    00 01/10/2012 23:21
    IN KENYA: ATTACCO A CHIESA, BOMBA UCCIDE UN BAMBINO E NE FERISCE 3

    Pontifex.Roma(AGIS) - Nairobi, 1 ott. - Paura in Kenya. Un bambino e' morto e altri tre sono rimasti gravemente feriti per l'esplosione di una granata lanciata contro una chiesa di Nairobi. Lo ha reso noto il capo della polizia della capitale, Moses Nyakwama. Al momento dell'attacco bella chiesa di San Policarpo si stava celebrando una messa per le scuole. L'attacco sembra aver preso di mira proprio l'ala della chiesa alla periferia della capitale keniana riservata agli alunni. Nell'esplosione e nella successiva calca per raggiungere l'uscita sono rimasti feriti una dozzina di fedeli. Le chiese in Kenya sono finite recentemente nel mirino di numerosi attacchi che non sono mai stati rivendicati ma che vengono attribuiti a una vendetta dei gruppi qaedisti per l'offensiva dell'esercito keniano in Somalia contro le milizie Shebaab. Il primo luglio 17 cristiani erano morti e altri 45 erano rimasti feriti nell'attacco contro una chiesa di Garissa, nel nord-est del Paese africano. Il nuovo attacco e' ...

    ... arrivato all'indomani del ritiro degli Shebaab da Chisimaio, la loro ultima roccaforte in Somalia, in seguito all'offensiva di una forza dell'Unione africana guidata dalle truppe di Nairobi. La polizia kenyota ha disperso in serata una folla che si era scagliata contro diversi somali dopo l'attentato a una chiesa.

    Un centinaio di persone hanno preso di mira con un lancio di sassi le abitazioni di alcuni somali nel quartiere Pangani di Nairobi, dove la granata di un terrorista aveva ucciso un bambino nel luogo di culto.

    Nessuno aveva rivendicato l'attentato, ma e' forte il sospetto con il ritiro degli islamisti di Shebab da Chisimaio, la citta' portuale somala che l'intervento militare di Nairobi congiunto a quello del Paese de Corno d'Africa ha liberato dalla presenza dei terroristi.

    da http://www.agi.it/
    segnalazione Coluzzi Marcello

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    00 09/10/2012 00:12

    Pontifex.RomaSette chiese protestanti chiuse d'autorità in Cabilia senza nessuna motivazione da parte delle autorità. La protesta dei cristiani. L'attenzione dei media si concentra su alcuni punti di grande sofferenza per la libertà religiosa – quali Pakistan o Afghanistan – e in genere trascura altri Paesi. Un esempio viene oggi dall’ Algeria, segnalato da “Riposte catholique” un sito francese che guarda oltre il Mediterraneo. “Nessuna costrizione in religione”, recita un famoso versetto islamico, ma, afferma Riposte catholique, “il senso è chiaro: libertà di entrare ma non di lasciare l’islam”. La Cabilia e i suoi cristiani sono spesso nel mirino delle autorità algerine; in particolare i protestanti, che sfidano con più visibilità la tacita legge che vuole le chiese cristiane chiuse nel loro ambito, senza la possibilità di diffondere la Buona novella. Il primo magistrato della wilaya di Bejaia domenica scorsa ha notificato la chiusura di sette chiese evangeliche, che hanno dovuto sospendere le attività di preghiera.

    “Non ci hanno dato nessuna ragione, ci hanno detto semplicemente che la decisione è in rapporto a una legge che regola il culto non musulmano in Algeria”, ha dichiarato il pastore Mustafà Krim, che aggiunge che la decisione “è arbitraria”.

    La Costituzione riconosce, in via di principio il diritto alla libertà religiosa. Ma i fatti sembrano ben diversi….

    Marco Tosatti
    Vaticanista de "LaStampa (VATICAN INSIDER)"
    Pubblicazione su segnalazione dell'autore

     
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    00 13/10/2012 09:07
    Abbandonati a loro stessi di fronte alle bande musulmane

    Pontifex.RomaL’Osservatorio della Cristianofobia pubblica la traduzione di un articolo in arabo apparso sul giornale egiziano “Il settimo giorno” che denuncia la “pulizia religiosa” compiuta dai fondamentalisti musulmani nei confronti delle famiglie cristiane che vivevano nel Sinai, a Rafah, dopo l’accesso al potere dei Fratelli musulmani. Ecco alcuni brani dell’articolo: “Questo cristiani affermano che prima della ‘rivoluzione’ egiziana godevano di buone relazioni con i loro vicini musulamni e si sentivano più in sicurezza. Ma sotto la presidenza di Mohamed Molti cristiani del Sinai si sono trovati abbandonati a loro stessi di fronte alle bande musulmane. Le forze di sicurezza egiziane hanno cominciato a operare contro i fondamentalisti solamente dopo l’uccisione di sedici guardie di frontiera, apparentemente uccise dai jihadisti del Sinai. Ma non si sono mostrate desiderose di proteggere le famiglie cristiane del Sinai, la cui vita si è trasformata in un inferno dopo la Primavera araba che si è sviluppata in Egitto”.

    “Il giornale egiziano Al-Yom al-Sabe ha rivelato che le famiglie cristiane sono state obbligate a lasciare Rafah dopo l’incendio della chiesa locale, perpetrato da terroristi musulmani. Scrive che i terroristi hanno inciso dei graffiti sulle mura della chiesa distrutta, ammonendo i cristiani a lasciare Rafah immediatamente. L’attacco alla chiesa era l’ultimo del genere, in una serie di aggressioni contro le case e i negozi dei cristiani. Ehab Lewis, uno dei cristiani che sono scappati da Rafah, ha testimoniato che non vi è rimasto un solo cristiano. Lewis, insegnante scolastico, racconta: ‘Vivevo a Rafah con la mia famiglia e abbiamo lasciato tutto per paura che ci uccidessero. Hanno minacciato di bruciare la mia casa. Hanno attaccato il negozio dei miei vicini e distrutto tutto. Anche lui è stato costretto a fuggire”. Tutti i cristiani di Rafah hanno ricevuto minacce di morte prima di fuggire. ‘Avevamo paura di mandare i bambini a scuola’”.

    da http://www.christianophobie.fr

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    00 15/10/2012 19:12
    PAKISTAN, LA MIGRAZIONE FORZATA DEI CRISTIANI 

    Il governo, senza preavviso e senza proposte alternative, obbliga un’intera comunità ad abbandonare le proprie case

    MAURO PIANTA
    ROMA 15 OTTOBRE 2012

    Nessun preavviso, nessuna alternativa, solo un ordine secco: lasciate le vostre case e andatevene. L’ingiunzione del governo pakistano è di quelle perentorie: i cristiani del Khiber Agency, una zona a nord del Pakistan che vivono nel Landi Kotal vicino a una caserma militare dei Frontier Corps (FC) (la polizia di frontiera), devono sloggiare. La notizia è arrivata nella giornata di domenica mente la comunità si trovava riunita in preghiera.

    Arshad Masih, presidente della comunità dei cristiani della Khyber Agency ha dichiarato ai media pakistani: «Viviamo in questa zona dal 1914 e siamo stati portati qui dagli Inglesi. La terra ci fu data dalla tribù di Khugakhel per cento anni (dunque fino al 2014, ndr). Frontier Corps , che allora esisteva con il nome di Frontier Constabulary, adesso sostiene che questo contratto di locazione è finito e che dobbiamo andarcene».

    Masih assicura che le autorità politiche e gli alti funzionari interpellati hanno rifiutato qualunque forma di aiuto in quanto, secondo loro, la zona è sotto la giurisdizione della Frontier Corps. Masih ha poi aggiunto: « Siamo un popolo pacifico, non rappresentiamo una minaccia per la sicurezza di nessuno». I cristiani obbligati a questa migrazione forzata hanno chiesto l’aiuto dei ministri cattolici Paul Bhatti e Akram Masih Gill. Sul posto sono in corso manifestazioni di protesta. Alcune donne esibiscono striscioni sui quali compare la scritta: “Arriva l’inverno, noi e i nostri figli dove andremo?”

    Vatican Inside
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    00 17/10/2012 08:44
    Intervento di Magdi Cristiano alla Veglia nazionale contro il genocidio dei cristiani nei Paesi islamici (Parigi 13-10-2012)

    Magdi Cristiano Allam ha partecipato sabato 13 ottobre a Parigi alla Veglia nazionale contro il genocidio dei cristiani nei Paesi islamici. 

    Nel corso del suo intervento Magdi Cristiano ha ricordato che oggi i cristiani sono i più perseguitati al mondo: su 100 persone che subiscono la violazione del diritto alla libertà religiosa nel mondo, 75 sono cristiani. Ha precisato, inoltre, che si stima che complessivamente nel corso della Storia 70 milioni di cristiani sono stati martirizzati per la loro fede, di cui 45 milioni nel Ventesimo secolo. 

    Ogni anno ci sono 105.000 nuovi martiri cristiani, un martire al minuto. Nel Settimo secolo i cristiani erano oltre il 95% della popolazione della sponda settentrionale e meridionale del Mediterraneo. Fino al 1948 rappresentavano circa il 20% . Oggi, con 12 milioni di fedeli, i cristiani sono precipitati a meno del 6% e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora. Dalla Seconda guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare dai Paesi arabi. 

    Magdi Cristiano ha quindi ricordato che potremo salvaguardare il nostro legittimo diritto alla vita, alla dignità e alla libertà solo se riscatteremo il nostro diritto-dovere a usare la ragione e se recupereremo il sano amor proprio. In questo percorso è necessario ricordare le esortazioni evangeliche “Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi”, “Sia il vostro parlare sì sì no no”, “Ama il 
    prossimo tuo così come ami te stesso". 

    Magdi Cristiano ha infine concluso dicendo che "dobbiamo saper distinguere tra le persone e la religione, tra i musulmani e l'islam, rispettando tutti senza discriminare nessuno ma senza tuttavia legittimare automaticamente e 
    acriticamente l'islam a prescindere dai contenuti del Corano e dalla realtà di Maometto. L'uso della ragione ci porta a prendere atto che ci sono dei musulmani moderati ma che l'islam non è una religione moderata perché il Corano e Maometto predicano l'odio, la violenza e la morte 
    contro i non musulmani."

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    00 20/10/2012 09:43
    LAOS Giuramenti tribali e animismo, cristiani laotiani costretti a rinnegare la fede

    È quanto accaduto a tre pastori protestanti e alle loro famiglie. Arrestati dai poliziotti del distretto di Phin, vengono rilasciati per ordine delle autorità provinciali. Invece che riconsegnarli ai parenti, i funzionari locali – su indicazione dei leader del villaggio e del consiglio degli anziani – li sottopongono a pratiche rituali e a vessazioni. Per costringerli ad abiurare.

    19 OTTOBRE 2012
    Vientiane (AsiaNews) - Sedute incentrate sulla religione animista, rituali e giuramenti, pur di strappare i cristiani alla loro fede. Secondo quanto riferiscono fonti di Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf), sarebbe questo l'ultimo tentativo delle autorità laotiane nei confronti di tre pastori protestanti, arrestati nel settembre scorso con generiche - e infondate - accuse di propaganda anti-governativa e attività cospiratore a sfondo confessionale. Visto che non vi sono motivazioni di natura legale per mantenerli in stato di custodia, i funzionari hanno chiesto l'intervento dei capi villaggio della loro area i quali hanno proposto di sottomettere i cristiani a "rituali e pratiche" tipiche della tradizione volte a "rinnegare la loro fede".

    L'11 settembre scorso le forze di polizia del distretto di Phin, nella provincia meridionale di Savannakhet, hanno fermato tre pastori protestanti - Bounlert, Adang e Onkaew - trasferendoli nel carcere di Savannakhet. Dopo settimane di indagini preliminari, le autorità provinciali non hanno rinvenuto alcun elemento per giustificare l'arresto, disponendo così il rilascio.

    Il 10 ottobre scorso durante il trasporto dalla prigione alle loro case nei villaggi del distretto di Phin, si sono però perse le tracce dei tre leader cristiani. Le famiglie hanno atteso a lungo, e invano, il loro arrivo. I pastori Bounlert, Adang e Onkaew sono stati trattenuti, dietro disposizione dei funzionari locali, nel carcere distrettuale di Phin, dove hanno subito altri maltrattamenti, vessazioni, minacce e altri abusi alla ricerca di "nuove prove" per incriminarli.

    Infine la svolta di ieri pomeriggio, quando i vertici della polizia hanno convocato i capi villaggio di Allowmani e il gruppo degli anziani, assieme ai familiari del pastore Bounlert. Capo villaggio e anziani hanno chiesto di sottoporre i cristiani a rituali animisti e a giuramenti della tradizione popolare della zona eseguiti con "acqua sacra", con lo scopo preciso di "farli abiurare dalla loro fede" per poi "farli rientrare nelle loro case".

    Non trovando espedienti legali o prove di accusa nei loro confronti, gli ufficiali di Phin intendono usare la tradizione popolare per vincere le resistenze dei cristiani. Tuttavia, i tre pastori e le loro famiglie hanno opposto un netto rifiuto, dicendo di essere pronti ad affrontare ogni conseguenza ma che non abbandoneranno mai la loro fede, rivendicando il diritto alla libertà religiosa garantito dalla Costituzione del Laos.
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    00 20/10/2012 13:30

    Argentina:
    isteriche femministe attaccano la cattedrale e i cattolici

    Un gruppo di 500 femministe radicali argentine, nella città di Posadasha pensato di richiedere la legalizzazione dell’aborto e un trattamento speciale in materia di omicidio nel codice penale (femminicidio) vandalizzando scuole, case, auto e monumenti.

    Non contente hanno cercato di entrare nellacattedrale cattolica della città per tentare di distruggerla, protetta tuttavia da una catena umana pacifica di giovani cattolici, che sono riusciti ad evitare che la chiesa venisse profanata.

    Recitando con tranquillità il rosario (facendo ancora di più infuriare le paladine della tolleranza), come si vede nel video qui sotto, si sono lasciati umiliare dalle femministe, venendo sporcati di pittura sul volto e sugli abiti ed evitando di reagire alle provocazioni. Tuttavia il gruppo di esaltate è riuscito a vandalizzare i muri della cattedrale con scritte del genere. “l’unica chiesa illuminata è quella che brucia” “nessun Dio, nessun modello, nessun marito”“Chiesa spazzatura, tu sei la dittatura“.

    Il vescovo di Posadas, mons. Juan Rubén Martínez, data l’assenza di forze dell’ordine, ha chiesto giustizia per l’aggressione subita da parte dei giovani e ha comunicato che le scritte sulle mura non saranno cancellate per due giorni così che la gente conosca e rifletta su quale sia il livello dei nemici della chiesa.

    Due mesi fa alcune isteriche femministe russe, le Pussy Riothanno pensato di manifestare le loro idee politiche intonato un inno blasfemo nella cattedrale del Salvatore, la chiesa ortodossa più importante della città, insultando pesantemente il Patriarca.  Nel 2011, in Italia, un gruppo di femministe ha fatto irruzione durante il Salone di Torino impedendo la presentazione del libro del leader storico del Movimento per la vita, Carlo Casini. Ma davvero le donne sentono il bisogno di essere rappresentate e difese socialmente da queste esagitate?

     

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    00 11/11/2012 15:38
    EGITTO. I SALAFITI OCCUPANO UN EDIFICIO DELLA CHIESA COPTA
    E LO TRASFORMANO IN MOSCHEA

    Pontifex.RomaUn gruppo di Salafiti si è impadronito di un terreno che appartiene alla diocesi di Shubra al-Kheima in Egitto e l’ha trasformato in moschea, ha dichiarato il vescovo Morcos al quotidiano egiziano Masri al-Yaum.

    Il presule ha protestato perché la polizia non ha protetto né il terreno, né un edificio ivi collocato, entrambi di proprietà dell’’arcidiocesi, dall’irruzione e dall’occupazione dei Salafiti. La polizia è comparsa solo molto più tardi.

    Gli occupanti hanno compiuto la preghiera del mattino e della sera sul posto, e hanno piantato un cartello con la scritta: “ Moschea Ebad al-Rahman”. Il cartello è rimasto lì anche dopo che il gruppo si è allontanato. Il vescovo ha detto di aver dissuaso i giovani Copti dallo scontrarsi con i Salafiti per evitare problemi maggiori.

    L’ Unione giovanile Maspero ha denunciato l’incidente con un comunicato. “E’ un segnale di pericolo imminente, dal momento che è la prima volta in Egitto che un sito religioso è invaso e trasformato in una moschea”. Secondo la tradizione islamica, una volta che un luogo è trasformato in una moschea resta tale per sempre. La dichiarazione ricorda altri assalti ai cristiani e alle loro chiese. “La legge della giungla ha preso il posto della legge”.

    [Modificato da Credente 11/11/2012 15:39]
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    00 16/11/2012 09:11
    VIETNAM - Attivisti cattolici: in Vietnam violazioni “allarmanti” dei diritti umani

    In un documento della Commissione di Giustizia e Pace, inviato alla Conferenza episcopale, emergono peggioramenti che toccano politica, società e finanza. Condanne ingiuste di innocenti, legislazione arbitraria, violenza per dirimere conflitti civili e corruzione sono solo alcuni fra i problemi. Il compito della Chiesa di promuovere la pace in Cristo nella garanzia di libertà religiosa.

    15 novembre 2012
    Hanoi (AsiaNews) - La situazione dei diritti umani, delle libertà individuali, del cammino di democratizzazione del Paese, lungi dall'essere migliorate appaiono in continuo peggioramento e toccano il settore politico, economico, finanziario, i rapporti con l'estero e la stessa società. È quanto emerge da un nuovo rapporto redatto dalla Commissione nazionale vietnamita di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica, inviato di recente alla Conferenza episcopale vietnamita. Trasmesso ai prelati il primo novembre scorso, questo nuovo documento - ancora più "critico" verso governo e autorità rispetto alle prime "annotazioni" diffuse il 15 maggio 2012 - è stato rilanciato ieri da Eglise d'Asie, che ne ha illustrato i principali contenuti. Al suo interno emerge una situazione "allarmante", come testimoniano alcune vicende specifiche: la condanna di tre giovani cristiani di Vinh, il processo a carico di tre famosi blogger, ancora l'arresto del capo della Banca commerciale d'Asia e il fermo di due celebri musicisti, perché ritenuti responsabili di "propaganda antigovernativa".

    Il documento degli attivisti cattolici analizza in modo critico la concezione dell'uomo nella società vietnamita di oggi, approfondisce l'educazione nazionale, denuncia la corruzione diffusa e le principali violazioni ai diritti umani. Esso è anche una risposta alla lettera pastorale per l'Anno della fede e si propone di presentare "alcuni aspetti della società" che sono fonte di "preoccupazione per l'opinione pubblica".

    Nel primo punto emergono le "condanne ingiuste" a carico di innocenti o persone che vogliono solo promuovere la democrazia nel Paese. I membri di Giustizia e Pace sottolineano che "l'applicazione della legge non è ancora rigorosa", ma resta "arbitraria" e viola non solo le norme interne, ma pure "le dichiarazioni e i trattati internazionali che il Vietnam si è impegnato a osservare". Rispetto al rapporto del maggio scorso, la realtà "è peggiorata", così come continua il fenomeno del sequestro arbitrario di proprietà e terreni da parte delle autorità.

    Inoltre, il governo usa la violenza per dirimere i "conflitti civili", mentre la corruzione è ormai un fattore caratteristico dell'economia che "avvantaggia un gruppo di privilegiati" a danno del resto della popolazione. Peggiorano povertà e crisi alimentari, in crisi le imprese tanto che oltre 40mila dall'inizio dell'anno sono state costrette a chiudere. Il Vietnam resta fra le nazioni "meno trasparenti" al mondo e anche la "sovranità nazionale" è in pericolo, minacciata dagli annosi conflitti con Pechino per i confini nel mar Cinese meridionale. Il più delle volte, denunciano gli attivisti cattolici, vengono siglati "accordi" o "patti" fra le autorità dei due Paesi tenendo all'oscuro la gente, nonostante le conseguenze nefaste di questi cosiddetti "legami di amicizia" che vengono siglati in campo economico e politico.

    Vi sono poi le violazioni alla dignità umana, in una nazione che considera la persona alla stregua di uno "strumento". Un fattore aggravato dal sistema educativo, in ritardo rispetto ad altri Paesi e "mal orientato" che produce uomini "al servizio" delle autorità per il raggiungimento di "finalità politiche". A questo si unisce la mancanza di "libertà di espressione", dato che "i media appartengono allo Stato" e anche i nuovi mezzi di comunicazione, fra cui internet, vengono censurati, i blogger arrestati, fonti e informazioni - spesso - non sono verificabili.

    L'ultima nota dolente riguarda la "libertà religiosa", garantita sulla carta, ma applicata e concessa "in modo assolutamente arbitrario". Vi sono "fenomeni significativi e problemi preoccupanti", in seguito ai quali i cattolici "non possono restare indifferenti rispetto alla situazione del loro Paese". Uno sforzo volto in direzione della pace "è un elemento essenziale della missione della Chiesa", concludono gli attivisti cattolici, perché testimonianza diretta "dell'opera di Cristo nel mondo".
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    00 24/11/2012 08:20

    2012-11-21

    ASIA/PAKISTAN - Dopo il caso Rimsha, altri 36 casi fra condannati a morte o all’ergastolo per blasfemia

    Islamabad (Agenzia Fides) – Se un caso, quello di Rimsha Masih, è stato risolto con un esito felice, vi sono tanti altri casi di presunta blasfemia in cui vittime innocenti soffrono in carcere e sono sottoposte a un lungo calvario legale. Come riferito a Fides da fonti locali, oggi in Pakistan 16 persone sono nel braccio della morte, in attesa di esecuzione, per blasfemia; altri 20 imputati stanno scontando l’ergastolo, molti altri sono in attesa di processo o hanno fatto appello dopo una condanna in primo grado. “Nel 95% dei casi, le accuse sono false”, dice a Fides un avvocato musulmano che chiede l’anonimato. Per questo l’esito del caso di Rimsha Masih, la minorenne cristiana assolta ieri dall’Alta Corte di Islamabad, riporta all’attenzione la controversa legge sulla blasfemia, composta da due articoli del Codice Penale, il 295b e il 295c, che puniscono con l’ergastolo o con la pena di morte il vilipendio al Corano o al Profeta Maometto.

    Parlando a Fides, Naeem Shakir, avvocato cattolico che difende molte vittime di blasfemia, nota che “la legge è così vaga che è facilmente usata per regolamenti di conti personali. L'abuso di questa legge terrorizza le minoranze religiose, in particolare, costringendole a lasciare il paese in quanto non si sentono più al sicuro”.
    Secondo Wilson Chaudry, leader della “British Pakistan Christian Association”, “la sentenza pro Rimsha non porterà un immediato cambiamento. La volatilità e l'instabilità all'interno della società pakistana non consentono l'abrogazione della legge sulla blasfemia, utilizzata come strumento per discriminare le minoranze e per la persecuzione. Questa legge – nota Chaudry a Fides – è ancora fortemente sostenuta dalla maggioranza dei musulmani e necessita di una riforma graduale. Vittime come Asia Bibi e Younis Masih sono ancora in carcere per false accuse di blasfemia, e mostrano i numerosi fallimenti del sistema giudiziario in Pakistan”.
    In un comunicato inviato a Fides, la Commissione Usa per la Libertà Religiosa (USCIRF), elogia la decisione del tribunale su Rimsha come “risultato positivo per affrontare la cultura dell'impunità e intolleranza che affligge il Pakistan e dare risalto all'importanza dello Stato di diritto”. Ricorda però che la legge sulla blasfemia è usata per “abusare della libertà religiosa o eseguire vendette private”. Per questo il caso Rimsha “segnala la necessità di riformare o annullare la legge sulla blasfemia, che alimenta l'estremismo religioso e minaccia la libertà di religione e i diritti umani per tutti in Pakistan”. 
    In una nota inviata a Fides l’Ong “Christian Solidarity Worldwide” (CSW) ricorda le ombre tuttora presenti: “Una sentenza della Corte non garantisce la sicurezza personale di Rimsha e della sua famiglia”, inoltre “questa decisione può ancora essere messa in discussione” con un ricorso alla Corte Suprema. Resta da vedere se l'uomo accusato di aver incastrato Rimsha, l’imam Khalid Jadoon Chishti, sarà ritenuto responsabile. “Se lo sarà – afferma CSW – sarà un segno del progresso compiuto dal Pakistan”. 

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    00 27/11/2012 08:27
    DUECENTO MILIONI DI CRISTIANI MINACCIATI

    Un saggio di Rupert Shortt descrive la dinamica delle persecuzioni

    di padre John Flynn LC
    ROMA, lunedì, 26 novembre 2012 (ZENIT.org) – Sempre più cristiani vivono sotto la minaccia di altri gruppi religiosi. Lo afferma il giornalista Rupert Shortt in un suo recente libro.

    Shortt, che è editorialista di temi religiosi sul Times Literay Supplement e autore di numerosi libri sulle medesime tematiche, ha recentemente pubblicato il suo ultimo saggio Christianophobia (Random House).

    Ben prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre, molte comunità cristiane erano già vittime dell’intolleranza, afferma l’autore nell’introduzione, e nell’ultimo decennio il problema è drammaticamente degenerato.

    “Questo team dovrebbe essere un argomento di politica estera di primo piano per parecchi governi del mondo”, scrive Shortt.

    Lo studioso mette in luce le numerose difficoltà affrontate dai cristiani in vari paesi a maggioranza musulmana. Coloro che si convertono al Cristianesimo in tali paesi, vanno incontro a dure punizioni e c’è anche il serio rischio che le Chiese cristiane possano sparire dalle terre bibliche del Medio Oriente.

    Shortt cita poi un indagine condotta nel 2008 da Freedom House, che dimostra che, se qualche paese musulmano libero esiste davvero, come ad esempio il Senegal, si tratta di eccezioni.

    “C’è un problema con l’Islam o qualcosa di simile?”, si è domandato Shortt. Ci sono elementi dell’Islam che giustificano davvero la violenza, ma l’autore ha anche ritenuto che riportare citazioni selettive dal Corano non dimostra un granché.

    È un dato di fatto, comunque, prosegue lo studioso, che il diritto di criticare la fede dominante è ben più limitato che nei paesi cristiani. Al tempo stesso l’Islam non ha sviluppato, a differenza del Cristianesimo, un atteggiamento più autocritico o tollerante.

    Shortt specifica che il suo libro non è basato sul presupposto di uno scontro di civiltà, né manca di autocritica sulle mancanze del Cristianesimo in passato.

    La fede, aggiunge l’autore, ha mobilitato milioni di persone nella lotta per la democrazia e per il sostegno ai diritti umani, così come per il sollievo dell’umana sofferenza. Ha anche giocato, tuttavia, un ruolo nelle guerre e nei conflitti.

    La Primavera Araba

    L’Egitto è uno dei paesi presi in esame da Shortt: qui la caduta dell’ex presidente Hosni Mubarak non ha portato alcun sollievo alle difficoltà dei cristiani locali.

    Dopo aver documentato un ampio numero di casi di persecuzione negli anni precedenti alla Primavera Araba, Shortt descrive vari episodi di anti-cristianesimo, seguiti dal rovesciamento del governo in Egitto.

    In un altro capitolo Shortt analizza la situazione in Iraq, affermando che poche popolazioni cristiane hanno sofferto quanto quelle irakene degli ultimi anni. Le tribolazioni hanno portato a un esodo di cristiani, il cui numero in Iraq è passato da 1,2 milioni a meno di 200mila.

    Sarebbe sbagliato pensare che il regime di Saddam Hussein proteggesse i Cristiani, ha precisato l’autore, dal momento in cui i Cristiani hanno sofferto discriminazioni e costrizioni alla fuga negli ultimi decenni. La situazione, comunque, è peggiorata drammaticamente dopo l’invasione americana del 2003, con il clero e i fedeli cristiani laici nel mirino dei terroristi.

    All’inizio del 2011 non meno di 63 chiese sono state bombardate o invase dal 2003.

    In Occidente c’è molta ignoranza sulla ricca storia cristiana della regione, ha commentato Shortt. Per molti secoli l’Iraq ha avuto una comunità cristiana con una ricca vita culturale e un ampio numero di chiese e monasteri ma le prospettive sono ora molto tristi per i Cristiani.

    Autorità

    La Turchia, il Pakistan, la Nigeria e l’Indonesia sono gli altri paesi presi in esame nel libro, ma Shortt dà anche uno sguardo a nazioni non a maggioranza musulmana. Elenca, ad esempio, i molti atti di persecuzione patiti dai cristiani in India e le restrizioni da parte del duro governo cinese.

    Shortt, inoltre, esamina brevemente ulteriori paesi come Cuba e Venezuela. In relazione a Cuba, nota che una somiglianza tra i governi musulmani e il comunismo è la negazione di fonti di autorità alternative.

    La situazione dei Cristiani è migliorata negli ultimi anni, ma Cuba non può ancora essere classificata come una società aperta.

    Nelle sue conclusioni Shortt aggiunge che le ingiustizie commesse contro i Cristiani sono scarsamente riportate dalla stampa. Ciò è dovuto in parte al pensiero dominante che considera la religione come una grande causa di conflitto, più che ad altri fattori.

    Poiché molti ritengono la religione sia una causa di simpatia irrazionale per i comportamenti violenti, poiché la difficile situazione dei credenti è ignorata. Shortt afferma anche che in alcune ex colonie occidentali, il Cristianesimo è visto da alcuni come un derivato del potere imperiale e che in paesi come il Pakistan i Cristiani sono visti come una sorta di anomalia.

    Shortt conclude nel segno di un cauto ottimismo, esprimendo la speranza che, così come il Cristianesimo si è evoluto, lo stesso potrà avvenire per l’Islam. In che misura ciò avverrà è difficile dirlo, ammette l’autore, concludendo però con l’affermazione della virtù della speranza. Essa è una virtù di cui molti cristiani avranno bisogno in dosi sempre più ampie, viste le circostanze sempre più difficili.

    [Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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    00 03/12/2012 19:21
    ASIA/PAKISTAN - Accuse di blasfemia a una scuola cristiana; un giovane musulmano morto in carcere

    Lahore (Agenzia Fides) – La controversa legge sulla blasfemia continua a mietere vittime, fra cristiani e musulmani. Una folla di musulmani ha minacciato e attaccato per false accuse di blasfemia una scuola cristiana, il “Community Education Centre” di Azad Town, nei pressi di Lahore (in Punjab), che offre gratuitamente un’istruzione a bambini, perlopiù musulmani, di famiglie povere e disagiate.

    Come riferito all’Agenzia Fides dall’Ong “World Vision in Progress”, la mattina del 1° dicembre, l’imam di Azad Town ha annunciato dalla sua moschea che il personale della scuola cristiana aveva strappato pagine del Corano, informazione da lui ricevuta in una telefonata anonima.

    Immediatamente centinaia di militanti islamici si sono riuniti davanti al cancello principale della scuola e hanno iniziato a inveire, lanciando oggetti contro l’edificio, costringendo poi una impiegata a consegnare loro le chiavi dell’istituto. Una irruzione e un saccheggio sono stati evitati solo grazie al pronto intervento della polizia che ha disperso la folla.

    Gli avvocati del team di “World Vision in Progress” hanno denunciato alla polizia un atto ostile e un tentativo di screditare la scuola che, secondo i genitori dei bambini musulmani, “non ha mai cercato di insegnare qualcosa contro l'islam”.

    Un altro caso è stato segnalato all’Agenzia Fides dall’avvocato cristiano Mushtaq Gill, leader della “Legal Evangelical Association Development” (LEAD). Il giovane musulmano Nadeem, di 22 anni, accusato nei giorni scorsi di blasfemia, era stato messo in carcere dalla polizia di Nankana Sahab (sempre in Punjab) in base alle accuse di un altro musulmano. Contro di lui non era stata ancora formalizzata una denuncia ufficiale (First Information Report), mentre alcuni ulema locali ne sostenevano l’innocenza, parlando di “false accuse”.
    Ieri il giovane, che era sotto custodia della polizia, è deceduto improvvisamente.

    Secondo l’avvocato Mushtaq Gill, che aveva assunto la sua difesa, la morte potrebbe essere conseguenza di maltrattamenti e percosse subite: “Nadeem – riferisce a Fides – stava bene quando è stato arrestato. Gli agenti hanno detto che ha iniziato a vomitare, lo hanno portato in ospedale, dove ne hanno costatato il decesso. Chiederemo una autopsia”.

    (PA) (Agenzia Fides 3/12/2012)
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    00 12/12/2012 13:48

    IMPICCANO UNA MADRE DI CINQUE FIGLI PERCHE’ CRISTIANA (chi vuol fare qualcosa per lei veda sotto questo articolo)

    Posted: 09 Dec 2012 01:37 PM PST

    Asia Bibi, una madre di cinque figli, è in carcere da tre anni ed è stata condannata a morte per impiccagione perché cristiana a 1700 anni esatti dall’Editto di Costantino.

    La libertà di coscienza, cioè il riconoscimento pubblico della dignità umana, cominciò proprio quel giorno di febbraio del 313.

    Il primo seme (ancora tanta strada c’era da fare) fu proprio quell’Editto di Milano, firmato da Costantino, a cui è dedicata la grande mostra che si è appena aperta a Palazzo Reale del capoluogo lombardo.

    L’editto concedeva “anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita” e decretò quindi “che non si debba vietare a nessuno la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascuno reputi più adatta a se stesso”.

    Da lì, pian piano, sarebbero nate tutte le libertà (infatti con quella dichiarazione di fatto iniziava a nascere anche la laicità dello Stato, perché il potere non poteva più essere divinizzato).

    Eppure oggi, a 1700 anni da quella storica svolta, i cristiani nel mondo continuano ad essere perseguitati e massacrati per la loro fede in Gesù Cristo. Anzi, lo sono oggi più ancora che nell’antica Roma.

    Il caso simbolo è appunto quello di Asia Bibi, una madre di cinque figli. Dal giugno 2009 è rinchiusa in una cella senza finestre nel carcere di Sheikhupura in Pakistan. Ha subito atrocità e umiliazioni ed è stata condannata a morte per la sola “colpa” di essere cristiana.

    In questo paese a stragrande maggioranza musulmana infatti il regime fondamentalista da anni ha varato la terrificante “legge sulla blasfemia” che è come un spada di Damocle sui cristiani, la cui vita, i cui figli, i cui beni sono così alla mercé di chiunque li denunci di aver offeso Maometto.

    Ieri “Avvenire” ha pubblicato una lettera di Asia Bibi dove fra l’altro si legge: “Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a un morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam”.

    Questa mamma coraggio gli ha risposto: “preferisco morire da cristiana, che uscire dal carcere da musulmana. ‘Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto -. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui’ ”.

    Sono parole impressionanti, pronunciate da una povera donna inerme, alla mercé dei suoi aguzzini, con cinque figli piccoli che l’aspettano in una povera casa.

    Parole che sembrano davvero tratte dagli “Atti dei martiri” dei primi secoli cristiani.

    Là in Pakistan del resto perfino uno dei pochi cristiani importanti come Shahbaz Bhatti e un saggio governatore musulmano (di idee liberali) come Salman Taseer sono stati ferocemente assassinati per aver chiesto pubblicamente l’abolizione dell’assurda “legge sulla blasfemia” e la liberazione di Asia Bibi.

    C’è qualcuno in Occidente, dove tutti strologhiamo, stando comodi al caldo (e ci piace pure fare i “martiri” per la minima controversia), che sa commuoversi per questo vero e drammatico atto di eroismo?

    C’è un municipio che esporrà l’immagine di Asia Bibi o – trattandosi di una cristiana – non interessa a nessuno?

    Noi cristiani, semplici fedeli, sacerdoti, religiosi, vescovi e alti prelati ci sentiamo davvero toccati da una testimonianza così?

    E se fosse chiesto a noi di rischiare – non dico la vita, ma – qualcosa per la nostra fede, saremmo pronti a dire di sì o rinnegheremmo Gesù Cristo?

    E i nostri giornali e i nostri intellettuali, sempre pronti a firmare appelli per tutte le cause “politically correct”, anche meritevoli come quelle di Salman Rushdie o di Sakineh, emetteranno almeno un vagito per Asia Bibi?

    Dove sono tutti quei seguaci di Voltaire i quali amano ripetere quella frase (che Voltaire non ha mai pronunciato) secondo cui – pur non condividendo le idee dell’avversario – bisogna essere disposti a dare la vita per permettergli di professarle?

    Non ne ho mai visti di eroi simili dalle nostre parti. Dove, del resto, non è chiesto così tanto, ma basterebbe una innocua presa di posizione.

    Perché il Pakistan non è proprio un paesello sperduto, ma una potenza nucleare di 180 milioni di abitanti – il sesto più popoloso del mondo – con un peso geopolitico molto forte.

    Per inciso, la potenza ad esso avversa è l’India e anche lì i cristiani non se la passano per niente bene: basti ricordare le atrocità commesse contro di loro da fondamentalisti indù in Orissa.

    D’altra parte quello di Asia Bibi è solo uno dei tantissimi casi di cristiani perseguitati. La voce di Benedetto XVI è l’unica ad alzarsi in loro difesa (e in difesa di tutti i perseguitati). Ma sembra del tutto inascoltata. I cristiani sono tornati ad essere “la spazzatura del mondo”.

    Il 5 novembre scorso Angela Merkel ha sottolineato che “il cristianesimo è la religione più perseguitata del mondo”. Ebbene, è stata subissata da critiche, anche da associazioni che si occupano di diritti umani. Perché non è “politically correct” affermare una cosa simile.

    Eppure la benemerita associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, nel suo “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo”, ha rilevato che tre casi di discriminazione su quattro (cioè il 75 per cento) riguardano i cristiani.

    D’altra parte il Novecento è stato per i cristiani un’immane macelleria. Certo, è stato un secolo di genocidi per tanti altri gruppi umani – a cominciare dal caso più satanico, la Shoah – ma fortunatamente si tratta di orrori universalmente riconosciuti, denunciati e aborriti come tali da tutti noi.

    Solo i cristiani pare non abbiano diritto a essere annoverati fra le vittime e i perseguitati. Loro e la Chiesa devono stare sempre e solo sul banco degli accusati o degli irrisi. E senza lamentarsi.

    Eppure i cristiani nel Novecento sono stati massacrati a tutte le latitudini e sotto tutti i regimi. E i dati sono impressionanti e sconosciuti.

    Quando, dieci anni fa, scrissi un libro su queste persecuzioni (“I nuovi perseguitati”, Piemme), cercai dei dati statistici ufficiali, di fonte neutra.

    Dunque consultai la ricerca sociologica più autorevole, appena uscita presso Oxford University Press, ovvero la “World Christian Encyclopedia” di David B. Barrett, George T. Kurian e Todd M. Johnson.

    Da cui appresi che, nei duemila anni di storia cristiana, si potevano quantificare in circa 70 milioni coloro che erano stati ammazzati, per via diretta o indiretta, a causa della loro fede in Gesù. Ma 45 milioni e mezzo erano martiri del XX secolo.

    E tuttora ogni anno le vittime si contano in migliaia. Erano (e sono) dati sconvolgenti, però ignorati dai media.

    A 1700 anni dall’Editto di Costantino che introdusse nel mondo la libertà di coscienza, una donna cristiana, condannata a morte solo per la sua fede, dal buio del suo carcere, scrive adesso parole che dovrebbero emozionare tutti.

    Parole che sembrano arrivare dai primi secoli cristiani e che mostrano ancora oggi che il cristianesimo entrò nel mondo con un annuncio rivoluzionario: mentre le religioni pagane sacralizzavano il Potere, Gesù Cristo sacralizzava la dignità e la libertà di ogni singolo, piccolo essere umano.

    “Gesù, nostro Signore e Salvatore” scrive Asia Bibi “ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere”.

    Ecco perché il caso di Asia Bibi riguarda chiunque abbia a cuore la propria libertà.

     Antonio Socci

    PER CHI VUOL FARE QUALCOSA PER ASIA BIBI

    Si può far avere la nostra protesta alle autorità pakistane. Riprendo, da “Avvenire” di oggi: “E’ possibile scrivere all’Ambasciata pachistana, via della Camilluccia 682, 00135 Roma, oppure inviare un fax al numero 06-36301936, o spedire una mail all’indirizzo  pareprome1@tiscali.it ”.

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    00 14/12/2012 17:04
    SIRIA: 150 MILA FEDELI SOTTO TIRO NEI VILLAGGI DELLA ''VALLE DEI CRISTIANI''

    13 dicembre 2012

    Circa 150 mila cristiani vivono nel terrore in oltre 40 villaggi della "Valle dei Cristiani", nella Siria occidentale. La valle, storica roccaforte dei cristiani siriani, in prevalenza greci-ortodossi, ha accolto nei mesi scorsi migliaia di rifugiati provenienti da Homs e da altre province. Oggi i cristiani sono sotto il fuoco di milizie islamiste che si sono stabilite nella fortezza crociata di "Krak des Chevaliers", eretta nel secolo XI da un emiro musulmano, ricostruita dagli Ordini ospedalieri crociati e oggi patrimonio dell‘Unesco.

    Lo riferisce l’agenzia Fides che, citando fonti locali, scrive che “da giorni le milizie, dalla collina su cui sorge la fortezza, sparano senza sosta colpi di mortaio contro i villaggi sottostanti. Nell‘area sono infatti state erette delle barricate dall‘esercito regolare siriano, obiettivo dei militanti.

    I civili cristiani, in questa prova di forza, sono ‘vittime collaterali’ che vengono colpite senza alcuna cura. Nei giorni scorsi una pioggia di fuoco si è abbattuta sul villaggio di Howache, distruggendo numerose case, provocando la morte di tre giovani cristiani, ferendo molti civili. "I cristiani vogliono essere neutrali. Oggi la nostra valle è assediata dalla violenza che ci disorienta e terrorizza” dice a Fides un sacerdote locale che chiede ai belligeranti di "non colpire gratuitamente i civili, di rispettare la neutralità dei cristiani”.

    Da Aleppo, una fonte missionaria dell'agenzia Misna riferisce la situazione in una città ormai trasformata in un campo di battaglia dove le bombe “non riconoscono tra un soldato, un combattente dell’opposizione e un bambino” e dove le vittime sono soprattutto civili. “I feriti arrivano in continuazione qui da noi, ma anche negli altri ospedali rimasti in funzione. In realtà molte strutture non sono più agibili, non hanno materiale medico a disposizione, non hanno né luce né acqua; noi riusciamo ancora a lavorare anche grazie a un generatore. I primi a morire – aggiunge la fonte – sono i bambini. Sono loro i più vulnerabili, quelli che non hanno le stesse difese di un adulto, la stessa forza per sopravvivere all’esplosione di un ordigno, alla caduta di un muro, a una pallottola vagante. E qui ad Aleppo ormai si muore anche di fame”. (R.P.)

    Radio Vaticana
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