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RIFLESSIONI BIBLICHE

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2017 23:42
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23/10/2016 08:45
 
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don Alberto Brignoli
Missione e misericordia: lotta al "di più"

C'è sempre chi, nel mondo, si crede "di più": "di più" nel sapere, "di più" nell'avere, "di più" nell'apparire in forma smagliante, "di più" nell'aver fatto esperienze. Sempre "un po' di più". E ovviamente, per essere "di più", occorre avere almeno un termine di paragone rispetto al quale ci si senta "di più". E il termine di paragone sono gli altri, ovviamente; non "gli altri" in senso generico, ma "certi" altri, ovvero quelli che sono meno istruiti, quelli che sono meno abbienti, quelli che sono meno belli, quelli che hanno girato il mondo meno di noi, e così via. Finché il paragone avviene su ciò che si ha, o si sa, o si è fatto, il sentirsi "di più" da fastidio e crea malumore, ma più di tanto non stupisce e non fa male. Quando invece si fanno paragoni e ci si sente superiori agli altri per ciò che si è a livello di qualità morali, e soprattutto nella sfera religiosa, allora lì si cade veramente in atteggiamenti che non è improprio definire "diabolici", perché il rischio è quello di sentirsi "di più" rispetto non solo agli uomini, ma anche a Dio; il quale vuole dall'uomo determinate cose, ma l'uomo che si sente "di più" rispetto agli altri uomini pretende e si sente capace di dare a Dio "di più" di ciò che Dio vuole da noi. Si sente addirittura di più di Dio e della sua Legge: questi è il primo dei due uomini narrati dalla parabola di Luca.
Non poteva che essere un fariseo, perché il fatto stesso di appartenere a un movimento religioso talmente integralista da poter essere definito una vera e propria "setta" lo rendeva "settario", "separato" (questo vuol dire "fariseo"), "diverso" da tutti gli altri uomini sulla faccia della terra. Soprattutto da quelli cattivi, cioè "di meno" di lui; soprattutto, da quelli che tutti sapevano essere peccatori; soprattutto, da questo "pubblicano" che si trova contemporaneamente (che orrore!) nel tempio con lui. E neppure nel tempio non perde occasione per ribadire un'altra volta la sua superiorità in nome della fede, o meglio della religione, da lui superata con i suoi atteggiamenti superlativi: digiuni due volte la settimana (quando prescritto era solo un all'anno), pagamento di decime su tutto ciò che possedeva (quando la legge stabiliva solo su alcuni prodotti della terra), e via dicendo. Fortunatamente, Dio non guarda al "di più" del fariseo, ma al "meno", al "poco", al "nulla" del pubblicano, che proprio perché non ha nulla, offre a Dio se stesso, e si offre come nulla, senza la pretesa di presentargli nulla di ciò che è, che ha o che fa, anzi piuttosto avanzando una richiesta a Dio: quella di avere pietà di lui. E Dio lo salva; salva lui e non il fariseo, perché Dio non è il Dio dei santi e dei giusti, ma dei peccatori. Soprattutto, Dio non è il Dio dei superbi, ma degli umili, come Luca ama dire sin dall'inizio del suo Vangelo, mettendo in bocca queste medesime parole a Maria prima ancora che a suo Figlio.
Nel messaggio che ha promulgato per questa 90? Giornata Missionaria Mondiale, dal titolo "Chiesa missionaria, testimone di misericordia", riprendendo il tema di fondo dell'Anno Giubilare, Papa Francesco parla della missione come di una "grande, immensa opera di misericordia", che si deve dirigere ad ogni uomo ma in particolare agli ultimi della società, perché così Dio fa fin dal principio della storia dell'umanità: "La misericordia procura intima gioia al cuore del Padre quando incontra ogni creatura umana; fin dal principio, Egli si rivolge amorevolmente anche a quelle più fragili, perché la sua grandezza e la sua potenza si rivelano proprio nella capacità di immedesimarsi con i piccoli, gli scartati, gli oppressi (cfr Dt 4,31; Sal 86,15; 103,8; 111,4). Egli è il Dio benigno, attento, fedele; si fa prossimo a chi è nel bisogno per essere vicino a tutti, soprattutto ai poveri". La vicinanza ai poveri e agli umili è ciò che il Papa ci chiede fin dall'inizio del suo pontificato: ed è l'esatto opposto dell'atteggiamento del fariseo nel Vangelo, che non solo si sente e fa il "di più" nei confronti di Dio e della sua Legge, ma è convinto che ribadire la sua superiorità nei confronti dei fratelli ultimi, umili, emarginati e peccatori lo avvicini ancora di più a Dio perché "santo come lui è santo", anzi forse anche qualcosa più di Dio. E non solo continua a ribadire la propria superiorità, ma ringrazia pure Dio perché lo ha reso così, superiore agli altri e privo di ogni occasione di peccato.
Un atteggiamento come questo, di superiorità rispetto a chi fa più fatica a credere e a comportarsi di conseguenza, è un atteggiamento più diffuso di quanto pensiamo, anche tra le nostre comunità cristiane e, purtroppo, anche tra noi missionari; e questo succede ogni volta in cui ci avviciniamo ai poveri con un senso di superiorità, magari anche in buona fede, pensando di portare loro ciò che a loro manca, ma poi dentro di noi ringraziando il Signore che non ci ha fatti poveri come i sudamericani, miseri come gli africani, perseguitati come i medio orientali. Non serve a nulla avvicinarci ai poveri con atteggiamenti che li fanno sentire ancor più poveri e ancora più distanti da noi. Occorre condivisione, consapevolezza che se la vita è stata più clemente con noi, è perché ciò sia messo a servizio degli altri, e non per affermare la nostra superiorità.
Se solo il fariseo avesse pregato Dio, invece di pregare e incensare se stesso...
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