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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 5) Anno C

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2013 08:20
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11/04/2013 08:50
 
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padre Lino Pedron

Commento a Gv 3,31-36

"Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti". Queste parole spiegano perché nessuno dev'essere geloso della superiorità di Gesù: egli viene dall'alto, da Dio; il Battista e tutti gli altri vengono dalla terra. Il Figlio incarnato rende testimonianza delle realtà celesti che continuamente vede, perché vive in continuo rapporto d'amore con il Padre (cfr Gv 1,18).
"Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza" (v. 33). L'evangelista ripete quanto aveva già detto Gesù in 3,11: "Voi non accogliete la nostra testimonianza". Ma l'orizzonte dell'incredulità è allargato, perché si afferma che nessuno accoglie la testimonianza di Gesù. Questa generalizzazione è esagerata, ma vuol dire che tutti dovrebbero credere in Gesù e invece non ci crede quasi nessuno.
Il v. 33 riprende in senso positivo le precedenti affermazioni negative sulla mancata accoglienza della rivelazione di Gesù. La fede dei discepoli offre la prova che Dio è veritiero. "Accogliere la testimonianza del rivelatore che viene dall'alto è dare, attraverso di lui, l'assenso a Dio stesso, è riconoscere la veracità divina nella parola stessa dell'inviato: Dio infatti parla in lui; egli coinvolge automaticamente Dio" (Mollat).
Il v. 34 spiega le precedenti affermazioni sull'autenticità della rivelazione di Gesù. Egli è l'unico autentico rivelatore definitivo inviato dal Padre. Chi accoglie la sua testimonianza costituisce la prova irrefutabile che Dio è veritiero, ossia si rivela veramente e autenticamente nel suo Figlio. L'inviato del Padre rivela la parola di Dio e comunica la salvezza perché egli solo può comunicare lo Spirito senza misura.
Il v. 35 spiega perché Gesù può donare lo Spirito: "Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa". Questo amore del Padre per il Figlio è lo Spirito Santo.
Sant'Agostino commenta: "Il Padre ama il Figlio, ma lo ama come Padre il Figlio, non come padrone il servo; lo ama come Figlio Unigenito, non come figlio adottivo. Per questo gli ha dato tutto in mano. Cosa vuol dire tutto? Vuol dire che il Figlio è potente quanto il Padre... Essendosi dunque degnato di mandare il Figlio, non pensiamo che ci sia stato mandato un inferiore al Padre; mandando il Figlio, il Padre ci ha dato un altro se stesso" (PL 35, 1509).
Nel v. 36 si sviluppa la tematica della fede e dell'incredulità e si prospetta la situazione di chi crede e di chi non crede. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna. Chi non crede nel Figlio non partecipa alla vita eterna. Nella prima Lettera di Giovanni leggiamo: "Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Questo io vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio" (5,11-13).
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