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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
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01/05/2012 06:34
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 13,54-58

1) Preghiera

O Dio, che nella tua provvidenza
hai chiamato l'uomo a cooperare con il lavoro
al disegno della creazione,
fa' che per l'intercessione e l'esempio di san Giuseppe
siamo fedeli alle responsabilità che ci affidi,
e riceviamo la ricompensa che ci prometti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 13,54-58
In quel tempo, Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?
Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?" E si scandalizzavano per causa sua.
Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua". E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.


3) Riflessione

? Oggi festa di San Giuseppe operaio, il vangelo descrive la visita di Gesù a Nazaret, sua città natale, dove lui visse 30 anni e dove imparò da Giuseppe, suo padre, il mestiere di falegname. Il passaggio da Nazaret fu doloroso per Gesù. La sua comunità non era più come quella di prima. Qualcosa era cambiata. Nel Vangelo di Marco, questa esperienza di rifiuto da parte della gente di Nazaret (Mc 6,1-6ª) condusse Gesù a cambiare la sua prassi pastorale. Manda i suoi discepoli in missione e li istruisce su come relazionarsi con le persone (Mc 6,6b-13).
? Matteo 13,54-57ª: Reazione della gente di Nazaret dinanzi a Gesù. Gesù crebbe a Nazaret. Quando iniziò la sua predicazione errante, uscì da lì e fissò la sua dimora a Cafarnao (Mt 4,12-14). Dopo questa lunga assenza, ritornò verso la sua terra e, come era sua abitudine, nel giorno di sabato si recò alla riunione della comunità. Gesù non era coordinatore, ma prese la parola e cominciò ad insegnare alla gente che si trovava nella sinagoga. Segno questo, che le persone potevano partecipare ed esprimere la loro opinione. Ma alla gente le sue parole non piacquero. Il Gesù che loro avevano conosciuto fin dalla sua infanzia, non sembrava ora essere lo stesso. Perché era diventato così diverso? A Cafarnao la gente accettava l'insegnamento di Gesù (Mc 1,22), ma qui a Nazaret la gente si scandalizzava. Loro dicevano: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?" Loro non accettavano il mistero di Dio presente in un uomo comune come loro! Per poter parlare di Dio, Gesù doveva essere diverso da loro! Non daranno testimonianza di credere in lui. Non tutto andò bene per Gesù. Le persone che dovevano essere le prime ad accettare la Buona Novella di Dio, queste erano le persone meno disposte ad accettarla. Il conflitto non era solo con quelli di fuori di casa, ma anche e sopratutto con i propri parenti e con tutta la gente di Nazaret.
? Matteo 13,57b-58: Reazione di Gesù dinanzi all'atteggiamento della gente di Nazaret. Gesù sa molto bene che "nessuno è profeta nella sua patria". Ed infatti lui dice: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria ed a casa sua". Infatti, lì dove non c'è apertura né fede, nessuno può fare nulla. Il preconcetto lo impedisce. E Gesù stesso, pur volendo, non poteva fare nulla. Il vangelo di Marco lo dice chiaramente: "E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità" (Mc 6,5-6).
? I fratelli e le sorelle di Gesù. L'espressione "fratelli e sorelle di Gesù" causa molta polemica tra cattolici e protestanti. Basandosi su questo e su altri testi, i protestanti dicono che Gesù ebbe molti fratelli e sorelle e che Maria ebbe altri figli! I cattolici dicono che Maria non ebbe altri figli. Cosa pensare di tutto ciò? In primo luogo, le due posizioni, sia quella dei cattolici che dei protestanti, traggono i loro argomenti dalla Bibbia e dalla Tradizione delle loro rispettive Chiese. Per questo, non conviene trattare né discutere questa questione con argomenti puramente intellettuali. Si tratta infatti di convinzioni profonde, che hanno a che fare con la fede e con i sentimenti di ambedue i gruppi. Le argomentazioni puramente intellettuali non riescono a disfare una convinzione del cuore! Anzi irritano solo e allontanano! Ma quando non sono d'accordo con l'opinione di un'altra persona, devo rispettarla. In secondo luogo, invece di battagliare attorno ai testi, noi tutti, cattolici e protestanti, dovremmo unirci molto di più per lottare in difesa della vita, creata da Dio, vita così sfigurata dalla povertà, dall'ingiustizia, dalla mancanza di fede, dalla mancanza di rispetto verso la natura. Dovremmo ricordare altre frasi di Gesù: "Sono venuto affinché tutti abbiano vita, e vita in abbondanza" (Gv 10,10). "Che tutti siano uno, affinché il mondo creda che Tu, Padre, mi hai inviato" (Gv 17,21).


4) Per un confronto personale

? Gesù ebbe problemi con la sua gente. Da quando tu hai cominciato a partecipare alla comunità, è cambiata qualcosa nei rapporti con la tua gente?
? Gesù non poté fare molti miracoli a Nazaret. Perché la fede è così importante? Forse Gesù non poteva fare miracoli senza la fede delle persone? Cosa significa questo oggi per me?


5) Preghiera finale
Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, Dio. (Sal 89)
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02/05/2012 08:03
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Chi vede me, vede colui che mi ha mandato

Con le parole del Vangelo di questo giorno, Gesù chiude il suo insegnamento pubblico. Esso è la sintesi perfetta, piena, completa della sua verità. Vediamolo punto per punto.
Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato: Gesù è Apostolo del Padre, il suo Angelo, il suo Inviato. Lui non porta una parola sua. La sua è Parola del Padre. Il Padre parla per mezzo di Lui e per mezzo di Lui anche agisce, compie le sue opere. Chi crede in Cristo crede in Dio. È Cristo la vera fede nel Dio Creatore, Signore, Salvatore del suo popolo. Senza la fede in Cristo si è senza la vera fede in Dio.
Chi vede me, vede colui che mi ha mandato: Gesù è la manifestazione in carne umana della verità, carità, misericordia, bontà, salvezza del Padre. Vi è tra Lui e il Padre una identità perfettissima di opera e di parola. Chi sente parlare Cristo sente parlare il Padre. Chi vede operare Cristo vede operare il Padre. Un uomo non può dire nessuna delle sue parole. Un uomo non può fare nessuna delle sue opere. È il Padre che agisce in Cristo e per mezzo di Lui. È questa la verità di Cristo Gesù: Lui e il Padre sono una cosa sola. Non sono due, ma una cosa sola.
Nessun altro è luce per natura. Solo Gesù è luce per natura. Tutti gli altri per natura sono tenebra. Illuminati da Cristo, possono sono essere testimoni della luce vera.
Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
Non sono venuto pe condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Gesù non è venuto come Giudice, ma come Salvatore e Redentore. Giudice è ciascuno di noi. Ognuno deve giudicare la verità della sua Parola, delle sue opere ed aprirsi ad essa. Se si apre, si salva. Se si chiude, si condanna.
Io non ho parlato da me stesso. Le cose che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me. Questa perfezione profetica è solo di Cristo Gesù. Gesù, in tutta la sua vita, pubblica e privata, con molti e con pochi, tra gli amici o gli estranei, non ha mai detto una sola parola che non fosse Parola di Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, donaci la vera fede in Gesù Signore. Facci veri giudici della sua verità. Angeli e Santi di Dio, venite in nostro soccorso e aiuto.
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03/05/2012 08:07
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 14,8

Signore, mostraci il Padre.
Gv 14,8

Come vivere questa Parola?

Filippo, con tutta semplicità, rivolge a Gesù una richiesta che in fondo urge nel cuore di ogni uomo, come documenta lo stesso Antico Testamento. Se infatti esso si apre con lo scenario di un Adamo che si nasconde da Dio, timoroso di mostrargli il suo volto di peccatore, non tace la struggente nostalgia che comunque l'uomo avverte nel suo cuore. Basti pensare alla richiesta di Mosè o alla supplica pre-sente nei salmi: "Mostrami il tuo volto!".

Un desiderio che verrà pienamente appagato con l'incarnazione del Verbo, così che Gesù potrà ri-spondere a Filippo: Chi vede me, vede il Padre, perché il Padre ed io siamo una cosa sola.

Gli apostoli, i primi discepoli hanno potuto godere di questa visione, ma noi, uomini di oggi, dovre-mo restare con il nostro profondo desiderio inappagato? A noi la visione di quel volto è dunque nega-ta?

Tutt'altro! Si tratta di prendere sul serio le parole di Gesù risorto che manda a dire ai suoi amici di andare in Galilea e là lo vedranno. Non sul Tabor e neppure nel tempio, ma in Galilea, la terra del loro quotidiano.

Nella trama del loro vissuto, nel volto di ogni fratello, nella Parola e nel Pane eucaristico, nella co-munità familiare religiosa parrocchiale? là, egli fissa anche per noi l'appuntamento perché possiamo vederlo, toccarlo, gioire della sua presenza. Ma è necessario aprire gli occhi, scrutare nelle pieghe della vita e cogliere le sue impronte che anche quando sono di sangue parlano di amore, ci svelano il suo vol-to di sposo amico fratello.

Oggi sosterò a rintracciare i segni di Cristo nel mio vissuto: situazioni, incontri, momenti particola-ri?

Apri i miei occhi, Signore, perché io veda e possa riconoscerti nelle tue frequenti visi-te.

La voce di un testimone

Il Signore è difficile vederlo; ma non è impossibile sentirlo. E io vi auguro che ne sentiate la presenza, oltre che nella riscoperta di un rapporto più personale con lui, anche nel calore di una solidarietà nuova, nel fremito di speranze audaci, nel rischio di scelte coraggiose coltivate insieme.
Don Tonino Bello
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04/05/2012 07:16
 
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padre Lino Pedron


Gesù riprende l'argomento della sua imminente partenza esortando i discepoli alla fiducia, perché egli sta andando a preparare loro un posto nel regno del Padre e poi tornerà a prenderli per portarli con sé.
I discepoli possono provare angoscia e tristezza per la separazione dal Maestro, ma Gesù li previene informandoli che la sua lontananza sarà temporanea.
La "casa del Padre" indica lo stato beato di intima unione in cui vive Dio con la sua famiglia. In questa casa dimora per diritto il Figlio (Gv 8,35), il quale può preparare dei posti per i suoi amici: in essa "vi sono molti posti" (v. 2). Lo stato di beatitudine consiste nell'essere con il Cristo glorioso.
Dal tema del viaggio verso la casa del Padre, Gesù, con naturalezza, passa a parlare della via (v. 4). Per giungere al Padre bisogna passare per il Figlio.
Tommaso desidera concretezza e chiarezza nei discorsi. Egli aveva capito che Gesù parlava di una via nel senso materiale di strada, mentre Gesù sta parlando della via come mezzo per giungere a Dio, come strumento per mettersi in contatto personale con il Padre. Per questa ragione, nella sua replica all'apostolo, Gesù proclama di essere la via per andare verso Dio.
Gesù proclama di essere il mediatore per mettersi in contatto personale con il Padre. Nessuno può arrivare a Dio con le proprie forze, né può servirsi di altri mediatori. Come nessuno può andare verso il Cristo, se non gli è concesso dal Padre (Gv 6,65), così nessuno può giungere al Padre senza la mediazione di Gesù (v. 6).
Gesù proclama anche di essere la verità e la vita. I sostantivi via, verità e vita sono applicati al Cristo per indicare le sue tre funzioni specifiche di mediatore, rivelatore e salvatore.
Gesù è l'unica persona che mette in rapporto con il Padre, che manifesta in modo perfetto la vita e l'amore di Dio per l'umanità, e comunica al mondo la salvezza che è la vita di Dio. Solo Gesù può condurre l'uomo a Dio, perché egli solo vive nel Padre e il Padre vive in lui.
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05/05/2012 07:32
 
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padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 14, 6-14

Dal tema del viaggio verso la casa del Padre, Gesù con naturalezza passa a parlare della via. Per giungere al Padre bisogna passare per il Figlio.

Tommaso desidera concretezza e chiarezza nei discorsi. Egli aveva capito che Gesù parlava di una via nel senso materiale di strada, mentre Gesù sta parlando della via come mezzo per giungere a Dio, come strumento per mettersi in contatto personale con il Padre. Per questa ragione, nella sua replica all'apostolo, Gesù proclama di essere la via per andare verso Dio.

Gesù proclama di essere il mediatore per mettersi in contatto personale con il Padre. Nessuno può arrivare a Dio con le proprie forze né può servirsi di altri mediatori. Le parole di Gesù escludono qualsiasi altra mediazione all'infuori della sua (v.6).

Come nessuno può andare verso il Cristo se non gli è concesso dal Padre (Gv 6,65), così nessuno può giungere al Padre senza la mediazione di Gesù.

Gesù proclama anche di essere la verità e la vita. Egli si identifica con la verità, cioè si proclama la rivelazione personificata di Dio.

Le tre parole via, verità e vita sono applicate al Cristo per indicare le sue tre funzioni specifiche di mediatore, rivelatore e salvatore. Gesù è l'unica persona che mette in rapporto con il Padre, che manifesta in modo perfetto la vita e l'amore di Dio per l'umanità e comunica al mondo la salvezza che è la vita di Dio.

Solo Gesù può condurre l'uomo a Dio, perché egli solo vive nel Padre e il Padre vive in lui. Perciò chi conosce Gesù conosce anche il Padre e chi vede Gesù vede anche il Padre.

L'intervento di Filippo riecheggia la domanda di Mosè rivolta al Signore: "Mostrami la tua gloria" (Es 33,18). Gesù gli risponde che egli vive nel Padre (vv 9-10). L'apostolo avrebbe dovuto sapere che Gesù è una sola cosa con il Padre (Gv 8,24.28.58; 10,30.38; 13,13). Di conseguenza, vedendo Gesù si vede il Padre (v 9).

Data questa mutua immanenza del Padre e del Figlio, le parole dette da Gesù in realtà sono pronunciate dal Padre che dimora in lui e le opere da lui compiute sono fatte dal Padre (v.10).

L'immanenza del Padre nel Figlio può essere accettata solo per fede, per questo Gesù esorta i discepoli a credere in questa verità, se non altro a motivo delle opere straordinarie da lui compiute.

Gesù spesso invita alla fede pura, basata solo sulla sua parola (Gv 4,21.48; 6,29), per cui proclama beato chi crede senza aver visto (20,29). Egli tuttavia fa appello anche alla prova divina delle opere meravigliose e straordinarie compiute nel nome di Dio, per autenticare la sua missione divina, invitando i suoi ascoltatori a credere almeno per questa ragione (Gv 5,36; 10,25.37-38; 11,15). Per questo motivo il peccato d'incredulità dei giudei è senza scuse (Gv 15,24).

Nel v. 12 Gesù usa l'espressione solenne: "In verità, in verità vi dico" per richiamare l'attenzione sull'importanza dell'argomento trattato. Egli assicura ai suoi amici che, se crederanno nella sua persona divina, potranno compiere opere meravigliose e segni straordinari. La motivazione di questa possibilità di compiere opere eccezionali sta nel fatto che Gesù ritorna al Padre, presso il quale esaudirà le richieste dei discepoli (v.13).

Affinché la preghiera sia esaudita, dev'essere fatta nel nome di Gesù, cioè dev'essere rivolta a Dio per mezzo di Gesù, mossi dalla fede nella mediazione del Figlio di Dio. Gesù non lascia senza risposta le preghiere dei suoi amici (v.14).
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06/05/2012 09:24
 
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Gaetano Salvati
La verità dell'uomo

La liturgia della Parola di oggi rivela che il cammino verso l'incontro con il Signore sussiste se il credente risponde al Suo invito, alla Sua chiamata a partecipare alla comunione nel Suo nome. Ciò suppone che la salvezza attuata in Gesù Cristo è un dono elargito ad ogni uomo, che, liberamente, può decidere se aderire o meno.
San Giovanni, nel racconto del Vangelo, riferisce che il Maestro dice ai discepoli: "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore" (Gv 15,1ss). Una simile affermazione indica che Gesù di Nazaret è l'unico Salvatore dell'umanità, Colui che narra all'uomo la sua verità; ancora, Egli è il rivelatore del Padre: grazie al Figlio, conosciamo chi è Dio, il Padre di tutti. Proseguendo con la descrizione del Vangelo, il Signore esorta ciascuno di noi a rimanere in Lui (v.4). È bello notare che Gesù non si rivolge al singolo credente, ma all'intera comunità. Questo significa che Egli, manifestando il Suo amore all'uomo, suscita la comunione degli uomini, la Chiesa, famiglia raccolta da Dio. L'iniziativa di Dio non ribadisce solamente l'origine ex Alto (dall'Alto) della Chiesa; ma, soprattutto che il Signore rimane sempre fedele all'uomo. Infatti, il Salvatore non dice mai "se non rimango?"; piuttosto: "se voi (noi) non rimanete" alla Sua presenza, si corre il rischio di essere "gettati via come il tralcio" (v.6). Questa continua tensione fra le promesse compiute e la fede ancora da ultimare nel presente della nostra storia, dimostra che la Chiesa, noi comunità pellegrina nel tempo, ha bisogno di continua purificazione e di rinnovamento. A riguardo, il libro degli Atti ci incoraggia ad aprirci alla novità della rivelazione cristiana. La prima lettura, infatti, narra che Paolo "cercava di unirsi ai discepoli" (At 9,26), "ma tutti avevano paura di lui" (v.26). La paura evidenzia che la comunità delle origini ancora doveva iniziare un cammino. L'apostolo Giovanni, nella seconda lettura, rende noto che la paura è indice di una fede ancora balbettante perché rimprovera; mentre Dio è sempre "più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa" (1Gv 3,20).
Dunque, come faremo a non staccarci mai dalla vite? In che modo riusciremo ad essere Chiesa, perennemente riformata dalla carità? Il Maestro ci esorta ad amarLo, e in Lui, ad amare ogni fratello. Amare Cristo configura una comunità tesa ad imitarLo, cioè a fare memoria della Sua sequela. Quando la comunità fa memoria della pasqua del Signore, celebra i sacramenti, manifesta un nuovo atteggiamento. Questo è possibile perché ogni sacramento, in particolare l'eucaristia, riattualizza il mistero della salvezza e preannuncia nell'esistenza redenta le meraviglie attuate da Dio per l'uomo. Nell'eucaristia, culmine della realtà sacramentale, il cristiano, aiutato da tutta la comunità, riesce ad esprimere nella sua vita, "non con la lingua ma con i fatti e nella verità" (v.18), la storia di Dio. In questo modo, la Chiesa si edifica quale popolo di Dio, segno nel mondo dell'amore verticale. Amen.
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07/05/2012 06:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto

Nell'Antico Testamento Dio aveva dato la Legge ai figli di Israele. Questa però mai avrebbe potuto prendere in considerazione tutta la vita di un uomo, tutta la vita degli uomini. Questa è troppo complessa perché la si possa leggere alla luce dei soli Comandamenti. Per questo motivo il Signore, oltre all'invio dei profeti, che di volta in volta aggiornavano la verità contenuta nei Comandamenti, in modo che al popolo fosse sempre offerta in pienezza di conoscenza la volontà di Dio, il Signore stesso ha dato all'uomo uno strumento infallibile per conoscere attimo per attimo la sua volontà, secondo perfezione di scienza e di intelligenza.

Questo strumento ha un solo nome: sapienza. Ecco cosa ci insegna su di essa il Libro di Baruc: "Ascolta, Israele, i comandamenti della vita, porgi l'orecchio per conoscere la prudenza. Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. Impara dov'è la prudenza, dov'è la forza, dov'è l'intelligenza, per comprendere anche dov'è la longevità e la vita, dov'è la luce degli occhi e la pace. Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Dove sono i capi delle nazioni, quelli che dominano le belve che sono sulla terra? Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo, quelli che ammassano argento e oro, in cui hanno posto fiducia gli uomini, e non c'è un limite ai loro possessi? Coloro che lavorano l'argento e lo cesellano senza rivelare il segreto dei loro lavori? Sono scomparsi, sono scesi negli inferi e altri hanno preso il loro posto. Generazioni più giovani hanno visto la luce e hanno abitato sopra la terra, ma non hanno conosciuto la via della sapienza, non hanno compreso i suoi sentieri e non si sono occupate di essa; i loro figli si sono allontanati dalla loro via. Chi è salito al cielo e l'ha presa e l'ha fatta scendere dalle nubi? Chi ha attraversato il mare e l'ha trovata e l'ha comprata a prezzo d'oro puro? Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero. Ma colui che sa tutto, la conosce e l'ha scrutata con la sua intelligenza, colui che ha formato la terra per sempre e l'ha riempita di quadrupedi, colui che manda la luce ed essa corre, l'ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. Egli ha scoperto ogni via della sapienza e l'ha data a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo amato. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini" (Cfr. Bar 3,9-38).

La sapienza nell'Antico Testamento è la Legge dell'Altissimo, ma è anche molto di più che la Legge. Essa è come una partecipazione che Dio fa della sua intelligenza, volontà, cuore, mente, perché l'uomo possa in ogni momento agire come Dio, vedere come Lui, volere come Lui, amare come Lui. La Sapienza è quasi una partecipazione che Dio fa di se stesso ai suoi amici. Manca però la luce piena del Nuovo Testamento. Nel Nuovo invece la Sapienza è Cristo, ma è anche lo Spirito Santo, che è la verità del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo è dato e Lui ci dona sempre tutto il Padre e il Figlio.
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08/05/2012 08:37
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 14,27-31

1) Preghiera

O Padre, che nella risurrezione del tuo Figlio
ci hai aperto il passaggio alla vita eterna,
rafforza in noi la fede e la speranza,
perché non dubitiamo mai di raggiungere quei beni
che tu ci hai rivelato e promesso.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,27-31a
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato".


3) Riflessione

? Qui, in Gv 14,27, comincia l'addio di Gesù ed alla fine del capitolo 14, lui chiude la conversazione dicendo: "Alzatevi, andiamo via di qui!" (Gv 14,31). Ma invece di uscire dalla sala, Gesù continua a parlare per altri tre capitoli: 15, 16 e 17. Se leggiamo questi tre capitoli, vediamo all'inizio del capitolo 18 la frase seguente: "Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli" (Gv 18,1). In Gv 18,1, c'è la continuazione di Gv 14,31. Il vangelo di Giovanni è come un bell'edificio costruito lentamente, pietra su pietra, mattone su mattone. Qui e là, ci sono segni di rimaneggiamento. In qualche modo, tutti i testi, tutti i mattoni, fanno parte dell'edificio e sono Parola di Dio per noi.
? Giovanni 14,27: Il dono della Pace. Gesù comunica la sua pace ai discepoli. La stessa pace sarà data dopo la risurrezione (Gv 20,19). Questa pace è un'espressione della manifestazione del Padre, come aveva detto Gesù prima (Gv 14,21). La pace di Gesù è la fonte di gioia che lui ci comunica (Gv 15,11; 16,20.22.24; 17,13). E' una pace diversa dalla pace che il mondo ci dà, diversa dalla Pax Romana. Alla fine del primo secolo la Pax Romana era mantenuta con la forza e con la repressione violenta contro i movimenti ribelli. La Pax Romana garantiva la disuguaglianza istituzionalizzata tra cittadini romani e schiavi. Questa non è la pace del Regno di Dio. La Pace che Gesù comunica è ciò che nell'AT si chiama Shalom. E' l'organizzazione completa di tutta la vita attorno ai valori della giustizia, della fraternità e dell'uguaglianza.
? Giovanni 14,28-29: Il motivo per cui Gesù ritorna al Padre. Gesù ritorna al Padre per poter ritornare subito. Dirà alla Maddalena: "Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre " (Gv 20,17). Salendo verso il Padre, lui tornerà mediante lo Spirito che ci manderà (cf Gv 20,22). Senza il ritorno verso il Padre non potrà stare con noi mediante lo Spirito.
? Giovanni 14,30-31a: Che il mondo sappia che io amo il Padre. Gesù aveva terminato l'ultima conversazione con i discepoli. Il principe di questo mondo vorrà imporsi sul destino di Gesù. Gesù morirà. In realtà, il Principe, il tentatore, il diavolo, non può nulla contro Gesù. Il mondo saprà che Gesù ama il Padre. Questa è la grande testimonianza di Gesù che può spingere il mondo a credere in lui. Nell'annuncio della Buona Novella non si tratta di divulgare una dottrina, né di imporre un diritto canonico, né di unire tutti in una organizzazione. Si tratta, anzi tutto, di vivere e di irradiare ciò che l'essere umano desidera e che ha di più profondo nel suo cuore: l'amore. Senza questo, la dottrina, il diritto, la celebrazione è solo una parrucca su una testa calva.
? Giovanni 14,31b: Alzatevi, andiamo via di qui. Sono le ultime parole di Gesù, espressione della sua decisione di essere obbediente al Padre e di rivelare il suo amore. In una delle preghiere eucaristiche, nell'ora della consacrazione si dice: "Alla vigilia della sua passione, volontariamente accettata". In un altro luogo Gesù dice: "Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro liberamente, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio" (Gv 10,17-18).


4) Per un confronto personale

? Gesù dice: "Vi do la mia pace". Come contribuisco alla costruzione della pace nella mia famiglia e nella mia comunità?
? Guardando nello specchio dell'obbedienza di Gesù verso il Padre, in quale punto potrei migliorare la mia obbedienza al Padre?


5) Preghiera finale

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. (Sal 144)
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09/05/2012 06:41
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Senza di me non potete far nulla

Nell'antico Testamento immagine o figura del popolo di Dio era la vigna: "Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra" (Is 5,1-8). Nella vigna l'unità è data dal campo e dall'unico padrone o signore. Le viti possiedono ognuna una loro specifica, particolare individualità, singolarità, unicità. L'unità è data poi dall'unico vino che viene fatto mettendo insieme tutti i grappoli di tutte le viti.
Tutto cambia con Gesù. Non vi sono più viti, ma una sola. Questa unica e sola vite è Cristo Gesù. Gesù però non è una vita come le altre, pari alle altre, ognuna con una sua particolare consistenza o natura. Cristo Gesù è la vite vera e il Padre suo è l'Agricoltore. Non ci sono nel mondo altre viti vere. Dio non è Agricoltore di nessun'altra vite. È Agricoltore solo della vite vera che è Gesù. Le altre viti non sono coltivate dal Padre e quindi crescono male, senza alcuna cura, si sviluppano disordinatamente. La vite vera invece cresce bene, viene potata dal Padre perché porti più frutto. Mai la vite
I discepoli non sono viti. Sono i tralci di quest'unica vite. Il tralcio tagliato dalla vite non porta frutto. Secca e viene gettato nel fuoco. Se invece rimane attaccato alla vite, fa molto frutto, perché potato dal Padre e da Lui aiutato a crescere bene. È questo il segreto della buona fruttificazione di ogni discepolo di Gesù: rimanere sempre nella vite vera che è Cristo Gesù. Come si rimane in queste vite? Rimanendo nella sua Parola, nella sua obbedienza, nel suo ascolto, nel suo amore, nella sua verità. Rimanendo in Cristo, il discepolo di Gesù porta molto frutto e il Padre viene glorificato, perché il mondo intero vede le sue opere, opere di Cristo e del Padre, che vengono compiute dal tralcio che è ogni discepolo del Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci una cosa sola con Gesù.
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10/05/2012 07:26
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 15,9-11

1) Preghiera

O Dio, che per la tua grazia
da peccatori ci fai giusti
e da infelici ci rendi beati,
custodisci in noi il tuo dono,
perché, giustificati mediante la fede,
perseveriamo nel tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 15,9-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena".


3) Riflessione

? La riflessione attorno alla parabola della vite comprende i versetti dall'1 al 17. Oggi meditiamo sui versetti dal 9 all'11. Dopodomani, il vangelo del giorno salta i versetti dal 12 al 17 e riprende dal versetto 18, che ci presenta un altro tema. Per questo, includiamo i versetti dal 12 al 17 e si riprende dal 18, che parla di un altro tema. Per questo, includiamo oggi un breve commento dei versetti dal 12 al 17, poiché in essi sboccia il fiore e la parabola della vite mostra tutta la sua bellezza.
? Il vangelo di oggi è di soli tre versetti che continuano il vangelo di ieri e danno più luce per applicare il paragone della vite alla vita delle comunità. La comunità è come una vite. Passa per momenti difficili. E' il momento della potatura, momento necessario per produrre più frutti.
? Giovanni 15,9-11: Rimanere nell'amore, fonte della gioia perfetta. Gesù rimane nell'amore del Padre, osservando i comandamenti che da lui riceve. Noi rimaniamo nell'amore di Gesù osservando i comandamenti che lui ci ha lasciato. E dobbiamo osservarli nella stessa misura in cui lui ha osservato i comandamenti del Padre: "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore". E' in questa unione dell'amore del Padre e di Gesù che si trova la fonte della vera gioia: "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena".
? Giovanni 15,12-13: Amare i fratelli come lui ci ama. Il comandamento di Gesù è uno solo: "amarci gli uni gli altri, come lui ci ha amati!" (Gv 15,12). Gesù supera l'Antico Testamento. Il criterio antico era: "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Lev 18,19). Il nuovo criterio è: "Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati". Qui lui disse la frase: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici!"
? Giovanni 15,14-15 Amici e non servi. "Voi siete miei amici se farete ciò che vi comando", cioè, la pratica dell'amore fino al dono totale di sé! Subito dopo Gesù aggiunge un ideale altissimo per la vita dei discepoli. Dice: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone. Ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi!" Gesù non aveva più segreti per i suoi discepoli e per le sue discepole. Ci ha detto tutto ciò che udì dal Padre! Questo è lo splendido ideale della vita in comunità: giungere ad una trasparenza totale, fino al punto di non avere più segreti tra di noi e di poter avere piena fiducia nell'altro, poter condividere l'esperienza che abbiamo di Dio e della vita, e così arricchirci reciprocamente. I primi cristiani riuscirono a realizzare questo ideale per alcuni anni. Loro "erano un solo cuore ed un'anima sola" (At 4,32; 1,14; 2,42.46).
? Giovanni 15,16-17: Gesù ci ha scelti. Non siamo stati noi a scegliere Gesù. Lui ci ha scelti, ci ha chiamati e ci ha affidato la missione di andare e dare frutto, frutto che rimanga. Noi abbiamo bisogno di lui, ma anche lui ha bisogno di noi e del nostro lavoro per poter continuare a fare oggi ciò che fece per la gente di Galilea. L'ultima raccomandazione: "Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri!"
? Il simbolo della vite nella Bibbia. La gente della Bibbia coltivava viti e produceva buon vino. La raccolta dell'uva era una festa, con canti e danze. E ciò dette origine al canto della vigna, usato dal profeta Isaia. Lui paragona il popolo di Israele ad una vigna (Is 5,1-7; 27,2-5; Sal 80,9-19). Prima di lui, il profeta Osea aveva già paragonato Israele ad una vigna esuberante che quanti più frutti produceva, più moltiplicava le sue idolatrie (Os 10,1). Questo tema è stato utilizzato da Geremia, che paragonò Israele ad una vigna bastarda (Ger 2,21), da cui furono sradicati i rami (Ger 5,10; 6,9). Geremia usa questi simboli perché lui stesso aveva una vigna che fu calpestata e devastata dagli invasori (Ger 12,10). Durante la schiavitù in Babilonia, Ezechiele usò il simbolo della vite per denunciare l'infedeltà del popolo di Israele. Lui raccontò tre parabole sulla vite: (a) La vite bruciata che non serve più a nulla (Ez 15,1-8); (b) La vite falsa piantata e protetta da due acque, simboli dei re di Babilonia ed Egitto, nemici di Israele (Ez 17,1-10). (c) La vite distrutta dal vento orientale, immagine della schiavitù di Babilonia (Ez 19,10-14). Il paragone della vite fu usato da Gesù in diverse parabole: gli operai della vigna (Mt 21,1-16); i due figli che devono lavorare nella vigna (Mt 21,33-32); coloro che affittarono la vigna, non pagarono il padrone, bastonarono i suoi servi ed uccisero il figlio del padrone (Mt 21,33-45); il fico sterile piantato nella vigna (Lc 13,6-9); la vite e i suoi tralci (Gv 15,1-17).


4) Per un confronto personale

? Siamo amici e non servi. Come vedo questo nel mio rapporto con le persone?
? Amare come Gesù ci amò. Come cresce in me questo ideale d'amore?


5) Preghiera finale

Annunziate di giorno in giorno la salvezza del Signore;
in mezzo ai popoli narrate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. (Sal 95)
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11/05/2012 06:22
 
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padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 15, 12-17

I precetti dati da Gesù ai suoi discepoli sono tanti, ma il suo comandamento specifico, che li contiene tutti, è uno solo: l'amore scambievole tra i suoi discepoli.

L'elemento distintivo caratteristico dell'amore fraterno tra i discepoli è la sua misura e il suo modello: "Come io vi ho amati" (v.12). Il Cristo si presenta come l'esemplare dell'amore forte ed eroico, fino al vertice supremo (Gv 13,1.34) e come il fondamento di questo amore: è lui che lo rende possibile all'uomo. Difatti la particella "come" (kathòs) indica non solo un paragone, ma anche la base su cui poggia il comportamento del discepolo (Gv 6,57; 13,15).

Gesù può dare con efficacia il suo comandamento perché egli è il Maestro dell'amore e ne ha offerto agli amici la prova suprema con il sacrificio della vita (v.13). Il dono della vita per gli amici costituisce il segno più eloquente dell'amore forte e concreto.

L'amore di Dio si è manifestato nel dono del suo Figlio unigenito (Gv 3,16; 1Gv 4,9-10). L'amore di Dio è sperimentabile e concreto. L'amore dei discepoli dev'essere altrettanto concreto e impegnativo.

L'amore autentico per il Signore si dimostra osservando i suoi comandamenti (1Gv 2,4-5). Chi non vive la parola di Cristo, che prescrive l'amore per i fratelli, non può amare Dio (1Gv 4,20-21).

Gesù considera amici i suoi discepoli perché li ha resi partecipi dei segreti della sua vita divina (v.15). Egli ha rivelato loro il nome, cioè la persona del Padre e quindi li ha resi partecipi della vita di Dio rivelando e comunicando loro la vita del Padre (Gv 8,26. 40). Questo rapporto d'amore non è frutto di una scelta dei discepoli, ma è dono, è grazia.

Gli apostoli, e dopo di loro tutti i credenti, sono stati scelti dal Cristo per essere suoi amici e suoi missionari (v.16).

Gesù preannuncia la fecondità apostolica dei suoi amici. Una delle conseguenze importanti di questa unione fruttuosa con Cristo è l'esaudimento delle loro richieste al Padre, fatte nel nome di Gesù (v.16).
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12/05/2012 07:36
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo il mondo amerebbe ciò che è suo, perché invece non siete del mondo ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.

Come vivere questa Parola?
La prima osservazione è che c'è una ridondanza della parola 'mondo'. Ritorna ben sei volte in poche righe! È come se Gesù, nell'imminenza della sua passione, avvertisse il premere violento ed ostile di quel mondo che è 'tutto posto nel maligno'.
Chi appartiene a questo mondo è dominato dall'abuso del possesso, dell'avidità, dell'accumulare e dall'orgoglio del potere.
Che cosa può avere da spartire con il vero seguace di Gesù? Anzi, è chiaro che la persona onesta, chi cerca la giustizia e vive una relazionalità di condivisione e di comunione è come un vivente rimprovero a chi si lascia trascinare da quanto detto sopra.
Il mondo vero è quello di cui Gesù ha detto che Dio lo ha talmente amato da spendere la vita del Figlio Unigenito. È qualcosa d'immensamente prezioso e caro a Dio! È luce! E noi vogliamo appartenervi. L'altro è tenebra. E accettiamo di sopportarne il rifiuto, il contrasto ma tenendoci fuori da esso.
Attenzione però! Non bisogna cadere in certi tranelli della psiche che, a volte, vede nemici e respira malevolenza ovunque. C'è gente che vive di sospetti, che incontra probabili nemici o gente avversa a ogni giro di strada. Il cristiano vero non è così: "Gioia piena ? afferma il salmista ? alla tua presenza [...]. Saldo è il mio cuore".

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi prendo cura di me. Come mi rapporto con gli altri? Ho la certezza che vivere insieme a Gesù e cercare di pensarla e agire come Lui è scomodo ma è fondamentalmente causa di serenità, di pace e gioia?

Signore, non solo liberami da piccole manie di persecuzione ma fammi scorgere te nel volto di tutti.

La voce di un Padre della Chiesa
L'elevazione al di sopra del mondo si manifesta per queste due note: il mutato comportamento e la diversità dei moti intimi. Dalle manifestazioni immediate del tuo spirito circa le realtà verso cui è attratto tu puoi riconoscere la vera misura del tuo costume: verso cosa la tua natura aspira involontariamente, quali manifestazioni le sfuggono continuamente e ciò da cui si sente mossa; cioè, se il tuo spirito accoglie in sé sempre e solo le impressioni dei moti incorporei, oppure se si muove tutto nella materia.
Isacco di Ninive
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13/05/2012 08:05
 
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don Maurizio Prandi
Custodire il dono

Continuiamo nell'ascolto del capitolo 15 del vangelo di Giovanni e oggi scopriamo che l'invito a rimanere nella relazione con la vite che è Gesù, si trasforma in una supplica che lui stesso fa ai suoi discepoli: rimanete nel mio Amore. Ricordo che in un incontro Enzo Bianchi diceva proprio questo: quella di Gesù ai suoi discepoli (e a coloro che ascoltano questo brano di vangelo) è una vera e propria supplica, dove lui domanda perseveranza e fedeltà, domanda di rinnovare la fede ogni giorno. Il frutto buono, (l'essere discepoli), che domenica scorsa Gesù ci invitava a diventare non è questione di una stagione più o meno propizia, dove il raccolto è stato abbondante, ma è questione di tutta la vita. Il discepolato non è questione di eroismo, non si tratta di fare cose straordinarie per essere considerati suoi discepoli, ma di vivere piccole fedeltà capaci di rimanere tutta la vita. Il cristianesimo lo si misura da chi resta fedele, non da chi fa grandi azioni. Sempre Enzo Bianchi diceva in quell'incontro (e mi pare vero?), che la cosa più difficile non è diventare cristiani, ma morire cristiani. Diventare vecchi con la fede, questo è quello che conta!!! Lo scrive anche s. Paolo in una delle sue lettere: è finita la corsa, ho conservato la fede!

Siamo al cuore dei discorsi di addio, cioè siamo al cuore del testamento che lascia Gesù. In questo momento così importante, Gesù ripete il comandamento nuovo. Ci sono alcuni particolari che meritano di essere sottolineati e magari anche ripresi durante la settimana. Ci siamo soffermati un poco sulla frase: non vi chiamo più servi, ma amici, perché in una comunità mi hanno domandato se Gesù avesse davvero detto ai discepoli: siete miei servi. No, Gesù non ha mai detto questo? quando parla del servizio pone Dio Padre e se stesso come "modello" del servo e invita i discepoli a fare altrettanto con gli uomini; le parole di Gesù in questo contesto dobbiamo intenderle come una "promozione" ad una vicinanza più forte, come una entrata in un legame differente, una relazione che continua e che il maestro desidera possa essere sempre più stretta ed intima. Nella Bibbia il titolo di servo è qualcosa di sommamente importante perché lì tutti i profeti sono chiamati servi di Dio. Chiamandoli servi Dio voleva dire il grado di massima intimità con Lui (E. Bianchi). Chiamare amici i discepoli è fare e far fare un grandissimo passo in avanti, perché questo titolo nella scrittura viene dato solo a due persone: Abramo e Mosè! Chissà quali sentimenti di gioia nei discepoli a sentire quelle parole!

Nelle comunità, aiutati anche dal fatto che lo stesso brano viene proposto dalla liturgia feriale nei giorni precedenti la domenica, ci siamo soffermati tanto sul comandamento nuovo (così lo definisce Gesù in un altro passo del vangelo di Giovanni, all'inizio dei discorsi di addio, al cap. 13, 34 quando Giuda esce) che Gesù da ai suoi discepoli: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi? Come dappertutto c'è tanto bisogno di amore anche qui a Cuba e una delle parole sulle quali il Papa ha insistito di più nella sua recente visita è stata la parola: riconciliazione. Questo vuol dire che ancora siamo distanti dall'essere quella comunità che Gesù vuole, sogna, desidera. Si, perché se c'è bisogno di riconciliazione significa che il comandamento nuovo ancora non è entrato e la comunità non solo non ha un volto, ma anche è priva dei riferimenti necessari per definirsi conforme a quello che Gesù le ha supplicato di vivere: quello che Gesù ci consegna oggi è il comandamento che istituisce la sua comunità e da ai suoi membri la identità di cristiani. E' bello allora sapersi in questo cammino, alla ricerca di un volto, di una identità che non ci possiamo dare da soli ma che riceviamo dalle parole e dall'esempio di Gesù. Una comunità cristiana sa bene che pregare, celebrare l'Eucaristia, celebrare la parola di Dio sono cose importanti, ma sa bene anche che non sono segni sufficienti perché non sono segni evidenti attraverso i quali possiamo dire ai nostri fratelli e sorelle di essere cristiani. Senza l'amore vicendevole così come ce lo ha insegnato Gesù, non si dà nessuna comunità cristiana, perché è l'amore l'unico segno vero della identità di un cristiano; da questo riconosceranno che siete miei discepoli? se uno ama, quello è il segno di riconoscimento, quello che può suscitare nell'altro la consapevolezza e fargli dire: ecco un discepolo di Gesù!

Dopo aver riletto il cap. 13 del vangelo di Giovanni ci siamo anche soffermati sulla qualità del comandamento. Intanto la parola stessa, che in greco è entolè ossia proposta, come suggeriscono i biblisti, un input direbbero in inglese (don C. Doglio in Servizio della Parola); Gesù mette dentro di noi qualcosa che ci spinge ad agire, qualcosa di così alto e bello che non può lasciarci indifferenti. Che bello! Non un'imposizione dall'esterno, ma un dono che se accolto in noi trasforma la nostra vita. Poi questo "comandamento" è un comandamento nuovo, e molto semplicemente lo abbiamo tradotto "nuovo" nel senso di ultimo, quello che viene come vertice, come il cuore di un messaggio; "nuovo" nel senso di definitivo (mi piace perché da l'idea di un cammino fatto al termine del quale si prendono decisioni importanti e definitive per sé); "nuovo" nel senso che riassume tutti i comandamenti, "nuovo" perché è un comandamento oltre il quale non ce ne sono altri. Infine ci siamo dati un compito: custodire la proposta definitiva di Gesù in questa settimana? custodire, non osservare, perché non si tratta di eseguire degli ordini, bensì di custodire un dono, conservare una relazione, accogliere e vivere la logica della relazione generosa (Claudio Doglio).
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14/05/2012 08:13
 
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padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 15, 9-17

Come il Padre ama il Figlio, così il Figlio ama i suoi discepoli e, proprio perché li ama con un amore così grande, li scongiura di rimanere nel suo amore.

Gesù spiega come si rimane concretamente nel suo amore: osservando i suoi comandamenti, cioè vivendo la sua parola. Il Cristo si presenta come modello: egli ha custodito i precetti del Padre e perciò vive intimamente unito a lui.

Gesù si rivela come la vite della verità, cioè come la fonte della rivelazione e della salvezza mediante la manifestazione della vita di amore del Padre per inondare di pace, di gioia piena e di felicità profonda il cuore dei suoi amici.

I precetti dati da Gesù ai suoi discepoli sono tanti, ma il suo comandamento specifico, che li contiene tutti, è uno solo: l'amore scambievole tra i suoi discepoli.

L'elemento distintivo caratteristico dell'amore fraterno tra i discepoli è la sua misura e il suo modello: "Come io vi ho amati" (v.12). Il Cristo si presenta come l'esemplare dell'amore forte ed eroico, fino al vertice supremo (Gv 13, 1. 34) e come il fondamento di questo amore: è lui che lo rende possibile all'uomo. Difatti la particella "come" (kathòs) indica non solo un paragone, ma anche la base su cui poggia il comportamento del discepolo (Gv 6,57; 13,15).

Gesù può dare con efficacia il suo comandamento perché egli è il Maestro dell'amore e ne ha offerto agli amici la prova suprema con il sacrificio della vita (v.13). Il dono della vita per gli amici costituisce il segno più eloquente dell'amore forte e concreto.

L'amore di Dio si è manifestato nel dono del suo Figlio unigenito (Gv 3,16; 1Gv 4,9-10). L'amore di Dio è sperimentabile e concreto. L'amore dei discepoli dev'essere altrettanto concreto e impegnativo.

L'amore autentico per il Signore si dimostra osservando i suoi comandamenti (1Gv 2,4-5). Chi non vive la parola di Cristo, che prescrive l'amore per i fratelli, non può amare Dio (1Gv 4,20-21).

Gesù considera amici i suoi discepoli perché li ha resi partecipi dei segreti della sua vita divina (v.15). Egli ha rivelato loro il nome, cioè la persona del Padre e quindi li ha resi partecipi della vita di Dio rivelando e comunicando loro la vita del Padre (Gv 8,26. 40). Questo rapporto d'amore non è frutto di una scelta dei discepoli, ma è dono, è grazia.

Gli apostoli, e dopo di loro tutti i credenti, sono stati scelti dal Cristo per essere suoi amici e suoi missionari (v.16).

Gesù preannuncia la fecondità apostolica dei suoi amici. Una delle conseguenze importanti di questa unione fruttuosa con Cristo è l'esaudimento delle loro richieste al Padre, fatte nel nome di Gesù (v.16).
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15/05/2012 08:32
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Esulti sempre il tuo popolo, o Padre,
per la rinnovata giovinezza dello spirito,
e come oggi si allieta
per il dono della dignità filiale,
così pregusti nella speranza
il giorno glorioso della risurrezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni 16,5-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: ?Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato?.



3) Riflessione

? Giovanni 16,5-7: Tristezza dei discepoli. Gesù inizia con una domanda retorica a evidenziare la presenza della tristezza, oramai evidente nel cuore dei discepoli per il distacco da Gesù: «Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: ?Dove vai??». È chiaro che per i discepoli, il distacco dei discepoli dallo stile di vita vissuto con Gesù, comporta sofferenza. E Gesù incalza dicendo: «Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore» (v.6) Così Sant?Agostino spiega tale sentimento di abbandono dei discepoli: «avevano paura al pensiero di perdere la presenza visibile di Cristo? Erano contristati nel loro affetto umano, al pensiero che i loro occhi non si sarebbero più consolati nel vederlo» (Commento al vangelo di Giovanni, XCIV, 4). Gesù cerca di dissipare questa tristezza, dovuta al venir meno della sua presenza, rivelando il fine della sua partenza. Vale a dire che se egli non parte da loro il Paraclito non potrà raggiungerli; se egli muore e quindi ritorna al Padre, lo potrà inviare ai discepoli. La partenza e il distacco da essi è condizione previa per la venuta del Paraclito: «perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore?» (v.7).
? Giovanni 16,8-11: Missione del Paraclito. Gesù prosegue nel descrivere la missione del Paraclito. Il termine «Paraclito» vuol dire «avvocato», vale a dire, sostegno, assistente. Qui il Paraclito viene presentato come l?accusatore in un processo che si svolge davanti a Dio e nel quale l?imputato è il mondo che si è reso colpevole di condannare Gesù: «dimostrerà la colpa del mondo, riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio» (v.8). Il verbo greco elègkein significa che farà un?inchiesta, interrogherà, metterà alla prova: porterà alla luce una realtà, fornirà la prova della colpevolezza.
L?oggetto della confutazione è il peccato: egli darà la prova al mondo del peccato che ha commesso nei confronti di Gesù e glielo manifesterà. Di quale peccato si tratta? Quello dell?incredulità (Gv 5,44ss; 6,36; 8,21.24.26; 10,31ss). Inoltre per il mondo l?aver pensato che Gesù è un peccatore (Gv 9,24; 18,30) è una colpa inescusabile (Gv 15,21ss).
In secondo luogo «confuterà» il mondo «riguardo alla giustizia». Sul piano giuridico, la nozione di giustizia più aderente al testo, è quella che comporta una dichiarazione di colpevolezza o di innocenza in un giudizio. Nel nostro contesto è l?unica volta che il termine «giustizia» compare nel vangelo di Giovanni, altrove ricorre quello di «giusto». In Gv 16,8 la giustizia è legata a quanto Gesù ha affermato di sé, vale a dire, sul perché va al Padre. Tale discorso verte sulla sua glorificazione: Gesù va al Padre, sta per eclissarsi in Lui e quindi i discepoli non riusciranno più a vederlo; sta per affidarsi e immergersi totalmente nella volontà del Padre. La glorificazione di Gesù conferma la sua filiazione divina e l?approvazione del Padre per la missione che Gesù ha compiuto. Quindi lo Spirito dimostrerà la giustizia di Cristo direttamente (Gv 14,26; 15,26) proteggendo i discepoli e la comunità ecclesiale.
Il mondo che credeva di aver giudicato Gesù condannandolo, viene condannato dal «principe di questo mondo», perché è il responsabile della sua crocifissione (13,2.27). Gesù, morendo in croce, è stato innalzato (12,31) ed ha trionfato su Satana. Ora lo Spirito testimonierà a tutti il significato della morte di Gesù che coincide con la caduta di Satana (Gv 12,32; 14,30; 16,33).



4) Per un confronto personale

? Il timore, lo sgomento dei discepoli di perdere Gesù è anche il nostro?
? Ti lasci condurre dallo Spirito Paraclito che ti dà la certezza dell?errore del mondo e ti aiuta ad aderire a Gesù, e, quindi, ti introduce nella verità di te stesso?



5) Preghiera finale

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli,
mi prostro verso il tuo tempio santo. (Sal 137)
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16/05/2012 08:40
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 16,12

Molte cose ho ancora da dirvi ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Gv 16,12

Come vivere questa parola?

Gesù conosce bene il cuore dell'uomo: il turbamento interiore per la sua partenza imminente rende incapaci i discepoli ad intendere anche se Egli avrebbe ancora tanto da condividere con loro.

Sarà la missione dello Spirito Santo, maestro interiore e guida alla pienezza di verità, a rischiarare e svelare progressivamente alla Chiesa una conoscenza sempre più profonda della persona di Cristo, delle sue parole e delle sue opere. Una conoscenza della verità di Dio trino ed uno, dell'insegnamento profetico delle Scritture, delle sofferenze e prove che fanno parte della quotidianità della comunità cristiana di ogni epoca, della parusia e di tante altre verità.

Viviamo nel tempo dello Spirito, della fede, Egli ci istruisce nell'intimità del cuore, facendo accogliere i segreti della verità di Cristo per penetrare i tesori nascosti nella sua umanità; poi, con lo Spirito di Gesù in noi riusciamo a leggere la nostra storia personale e mondiale in chiave escatologica, cioè di pienezza, che ci dà speranza e coraggio per superare gli ostacoli che incontriamo giorno per giorno..

Nella mia pausa contemplativa oggi, mi lascio riempire di gioia per la presenza dello Spirito in me, che mi illumina e mi dà coraggio.

Signore Gesù, accresci in me la capacità di ascoltare lo Spirito dentro di me: Vieni Spirito Santo, prendi possesso del mio essere.

La voce di un esegeta

Il battesimo fa passare dal destino di figli di Adamo al destino di fratelli di Gesù Cristo, grazie al dono dello Spirito? Lo Spirito è allora una partecipazione intuitiva alla volontà di Dio che si trova a coincidere con la volontà dell'uomo. Questo è il dono reale accolto nel battesimo.
Dominique Barthèlemy
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17/05/2012 06:28
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Non comprendiamo quello che vuol dire

È un momento di dialogo intenso quello che si vive nel cenacolo tra Gesù e i suoi discepoli. Il dialogo è vera via per giungere alla perfetta conoscenza della verità. Occorre però che colui che conduce il discorso sia tutto pervaso di sapere celeste.
Cristo Gesù è la verità. È la verità divina ed umana, del tempo e dell'eternità, di Dio e degli uomini. Ma come comunicarla, come dirla, come manifestarla e rivelarla? Le vie di Gesù sono molteplici: la parabola, l'allegoria, la predicazione, l'insegnamento, l'ammaestramento, il dialogo, i segni, la spiegazione dei segni. La sua stessa vita è manifestazione della verità che è dentro di Lui, che è Lui stesso.
Se noi non siamo verità, giustizia, carità, amore, compassione, pietà, obbedienza alla verità, il nostro dialogo risulterà sempre falsato, ingannevole, mentitore, bugiardo. Noi parliamo dalla pienezza del cuore e se il cuore è cattivo, anche il nostro parlare sarà cattivo. Se invece il nostro cuore è buono, anche la nostra parola sarà buona e come luce chiara, pura, splendente illuminerà mente e cuore di quanti ci stanno ad ascoltare.
Gesù è Maestro anche nel condurre i suoi dialoghi. Egli mai permette che una sola falsità esca dalla sua bocca e sempre è pronto a dimostrare l'errore dell'altro, la sua menzogna, la non purezza dei suoi pensieri. Lo constatiamo questo quando Lui entra in discussione con i farisei, gli scribi, i sadducei, i sommi sacerdoti: "Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: "Tu bestemmi", perché ho detto: "Sono Figlio di Dio"? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre»" (Gv 10,31-38). Nel dialogo non ha importanza quanto l'altro accolga, non accolga, riceva o non riceva. Importante è che l'altro sia messo dinanzi alla verità.
È questa la saggezza di Gesù Signore: scegliere sempre la via più giusta perché i discepoli ricordino ogni sua parola. Quando uno parla e l'altro non comprende e chiede e riceve una spiegazione di chiarificazione, la mente incide ogni cosa in essa e il ricordo è per sempre. Ora Gesù vuole che i suoi discepoli sappiano e ricordino sempre questa verità: la gioia non sempre è gioia, quando si fonda sulla falsità. La tristezza non sempre è tristezza quando si fonda sulla verità. La gioia del mondo è effimera. Dura un istante. Anche la tristezza dei discepoli è passeggera. Dura solo pochi attimi: il tempo che Gesù risusciti e che ritorni di nuovo in mezzo a loro. La nostra tristezza di discepoli di Gesù è sempre passeggera. Dura solo il tempo della prova. Poi è la gioia.
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18/05/2012 07:03
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 16,22

Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliere la vostra gioia.
Gv 16,22

Come vivere questa parola?

L'immagine della donna che sta per dare alla luce un figlio è molto felice per illustrare la situazione esistenziale del discepolo di ogni tempo; si patisce e si soffre nostalgia, desiderando un esperienza più forte di Gesù. Ma il peso della nostra mortalità, dei limiti personali e dell'apparente caos del nostro mondo, facilmente fa dimenticare il tremendo dono della risurrezione e le conseguenze che questa porta per la vita presente. Gesù è risorto e tutta la realtà creata ne gode le conseguenze. L'esistenza umana, traversata da situazioni ambivalenti di felicità e di sofferenza è ormai pregnante di vita nuova per la risurrezione di Gesù. Questi non era solo un evento storico documentato - ma passeggero - è un atto divino che travolge e trasforma tutta la realtà: uomo nuovo; terra e cieli nuovi ? E' il sigillo del Padre sulla salvezza operato da Gesù suo Figlio amato; è il sigillo che segna l'inizio dell'era nuova dello Spirito che coinvolge la libera scelta di ogni persona. Tocca a ciascuno prendere in mano il proprio destino, accogliere lo Spirito di Gesù e vivere fin da adesso una vita illuminata, accompagnata dalla Parola di Dio e dal Pane-Eucaristia..Nessuno poi, "potrà togliervi la vostra gioia".

Nella mia pausa di contemplazione oggi, sentirò l'urgenza di incontrare Gesù nel silenzio del mio cuore, nella preghiera, nelle persone e le opere buone, negli insuccessi della vita, nelle calamità ecc. Avrò fiducia perché Gesù è con me, il suo Spirito mi vivifica nell'intimo.

Signore Gesù, illumina il mio modo di vedere, di ascoltare, di parlare, di toccare, di comprendere la Realtà dentro di me e la realtà circostante.

La voce di un teologo

L'uomo nuovo è l'uomo riportato alle sue origini, fatto a immagine e somiglianza di Dio. E' l'uomo rifatto dallo Spirito ? Così dopo la passione ci fu la gioia per Gesù risorto; gioia per i discepoli che rivedono il Signore; gioia per Maria che diventa Madre del popolo dei santi. E c'è gioia per il dono dello Spirito di Verità che insegnerà (ai discepoli) ogni cosa.
Mario Galizzi sdb
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19/05/2012 09:34
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 16,27

Il Padre stesso vi ama.
Gv 16,27

Come vivere questa Parola?

Un'affermazione che suona ovvia ai nostri orecchi abituati a sentirsela ripetere fin da bambini. Ma spesso, proprio ciò che si dà per scontato finisce col non far più presa nel vissuto. Si crede finché le cose vanno secondo le nostre prospettive, ma appena la prova bussa alla porta, tutto vacilla: se Dio mi ama perché ha permesso questo tracollo finanziario, questa malattia, perché?perché? E si rimane travolti dalle situazioni, proprio là dove questa certezza dovrebbe sostenerci e avviare un processo di maturazione nella fede.

Dio ci ama. Ma proprio per questo, come un padre che voglia fare del figlio un vero uomo capace di fronteggiare le varie situazioni, non sottrae alle prove. È in questa palestra, infatti, che si impara a puntare su ciò che conta, ciò che ha sapore di eternità. Il resto non lo si disprezza, ma se ne usa con distacco, godendone anche, ma tenendone presente la relatività, per cui se viene a mancare non si cade in depressione.

Dio ci ama. Per questo ci ha chiamati alla vita, per questo ci ha donato Gesù, per questo non ci abbandona, anche quando non ne percepiamo la presenza. La sua apparente assenza è una sollecitazione a prendere coscienza di ciò che egli è per la nostra vita, del bisogno estremo che abbiamo di lui. Un invito a cercarlo interrogando gli eventi, leggendo la storia in profondità. Un invito, insomma, a non lasciarsi vivere, ma a vivere in pienezza, spingendo oltre lo sguardo per cogliere le orme dell'Amato, che non conducono mai lontano da noi stessi, bensì ci introducono in quel santuario che è il nostro io profondo. È qui che egli da sempre ci attende per un "a tu per tu" in cui sperimentare l'essere amato. Finché non saremo approdati a questa sponda, potremo continuare a dichiarare che Dio ci ama, ma saranno solo parole che attendono di riempiersi del loro contenuto.

Oggi, mi lascerò provocare da questa affermazione, fino a percepire il bisogno di fare esperienza di un incontro autentico con Dio-amore nel più intimo di me stesso.

Mio Dio, indicibile amore che silenziosamente mi inabiti ed attendi, attraimi alla sorgente che vivace gorgoglia dentro di me.

La voce di un dottore della Chiesa

Beato colui il cui desiderio di Dio è divenuto simile alla passione dell'amante per la persona amata.
Giovanni Climaco
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19/05/2012 23:49
 
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MEDITAZIONE PER LA SOLENNITA' DELL'ASCENSIONE


Gaetano Salvati
Commento su Marco 16,15-20

Il mistero di Cristo, nato, morto, risorto e asceso al cielo, è legato indissolubilmente al mistero della Chiesa, suo corpo. San Marco ci fa comprendere questo legame attraverso alcune opposizioni fittizie. Innanzittutto, il mandato concesso dal Maestro agli Undici (Mc 16,15). Apparentemente, le parole del Signore: "andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura" (v.15), creano una distanza fra la Persona che dirige e i destinatari dell'incarico. In realtà, Cristo Gesù, non invia dei solitari erranti ad annunciare il Vangelo; Egli, infatti, dice che le loro azioni saranno accompagnate da segni, quali esorcismi, guarigioni. In tal modo, le opere degli apostoli testimonieranno nel tempo che il Regno non rimane imbrigliato nei miti del passato, ma sarà attuale poiché Colui che lo ha inaugurato è vivo e procedente fra i credenti.
In secondo luogo, dopo aver esortato e rassicurato i presenti, "il Signore Gesù fu elevato in cielo" (v.19), e, "agiva insieme con loro" (v.20). Questi versetti dimostrano, da una parte, che il mistero pasquale di Cristo si è compiuto; dall'altra, che lo stesso Signore lo inizia nel mistero della Chiesa. L'ascensione del Signore, quindi, non lo allontana dai discepoli: essa diviene la certezza che i credenti, ora, sono convocati, mediante il dono dello Spirito Santo (At 1,8), ad essere la famiglia umana di Dio. In questo senso, l'ascensione afferma che la Chiesa viene dalla Trinità. È la Chiesa del Padre, che l'ha voluta strumento dell'unità umana; è la Chiesa del Figlio, che con la sua azione l'ha posta nella storia come suo corpo; è la Chiesa dello Spirito, che rende presente il Risorto in mezzo al popolo dei redenti.
Una simile riflessione conduce la nostra mente a sostenere che la Trinità ha convocato la Chiesa (noi credenti) per inviarla alla gente (ad gentes). La Chiesa, chiamata dal Padre, redenta dal Figlio e santificata dallo Spirito, ha la missione di annunciare e testimoniare una fraternità d'amore; è convocata per annunciare la fede nell'Eterno, vale a dire, a rendere ragione della verità di una nuova vita trasformata dall'incontro con Dio. Perciò, la Chiesa sgorgante dalla Trinità deve considerare la storia come luogo in cui la creatura è accompagnata nel cammino della vita: la Chiesa, per la natura della sua missione, deve vivere nel mondo, assumere la laicità, cioè andare incontro alle esigenze dell'uomo, rispettandone, al contempo, l'autonomia e la consistenza. A riguardo, San Paolo, nella seconda lettura, afferma che la missione evangelizzatrice della Chiesa, passa sempre attraverso i tratti "dell'umiltà, della dolcezza, dell'amore, della pace, dell'unità" (Ef 4,2). Questi sono i mezzi con cui è possibile inserire, nel racconto di ogni giorno, la speranza data a pasqua.
Accanto agli strumenti, è bene sottolineare che la missione della Chiesa non ha confini. Quel "in tutto il mondo" (Mc 16,15), rivela che il luogo della missione non è una linea di demarcazione esteriore, un muro riconoscibile fra sacro e profano, fra ecclesiastico e mondano. Il luogo è la scelta: per o contro Cristo. Dunque, la frontiera dell'evangelizzazione passa anche nel cuore della Chiesa: essa deve essere purificata, convertita, evangelizzata, per evangelizzare il mondo. Infine, il luogo della missione determina chi sono i missionari del Vangelo. Certamente, non sono solo i sacerdoti: chi ha deciso per Cristo, anche se non è ministro ordinato (sacerdote) ha il compito di testimoniarLo. Il ruolo di tutti i cristiani, quindi, è discernere il proprio carisma (dono dello Spirito concesso nel battesimo) e, unito con tutti i ministri, metterlo a disposizione dei fratelli, per costruire una Chiesa testimone del Risorto, della vita che vince la morte. Amen.
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21/05/2012 07:48
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

Nel Cenacolo quale fede possiedono i discepoli su Cristo Gesù? Possiamo definirla inesatta, imperfetta, non piena, non completamente vera. Appare evidente che ancora manca in loro la verità su Cristo, Messia del Signore, secondo il pensiero di Dio così come esso era stato annunziato dai Profeti, dalla Legge, dai Salmi. Gesù è visto come un Profeta, forse anche come il Profeta preannunziato da Mosè: "Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: "Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia". Il Signore mi rispose: "Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire" (Dt 18,15-22). Forse questa fede, anche se assai lacunosa è nel loro cuore. È però una fede ancora incipiente.
Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».
Non avendo questa fede, Gesù sarà abbandonato, lasciato solo. È giusto che loro questa fede oggi non l'abbiamo. L'avranno domani. Oggi essa deve essere solo di Gesù Signore, perché solo Lui oggi deve andare in Croce. Domani, quando dovranno andare anche loro, allora in quel giorno, anch'essi avranno la stessa fede di Gesù e anche loro vinceranno il mondo con il loro martirio e la loro crocifissone. È questo il grande mistero della fede. Oggi il Signore ci dona la fede di questo giorno. Domani ci darà quella di domani. I tempi e i momenti della fede sono propri di ogni persona. Ognuno deve, lui, vivere secondo l'attualità della sua fede. Oggi, domani, sempre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la giusta fede per oggi.
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22/05/2012 08:15
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te

Cristo Gesù è il glorificatore del Padre. Il Padre è il glorificatore di Cristo Gesù. Il Padre glorifica Cristo Signore costituendolo suo mediatore unico ed universale. La mediazione di Cristo è però assai speciale, singolare, differisce da qualsiasi altra mediazione al mondo. Nel mondo la mediazione è un incarico, un ufficio. Si dona ad una persona il mandato di rappresentare colui che lo ha inviato e di trattare in suo nome, perché venga trovato un accordo tra le parti che sono in contesa.
Con Gesù tutto è diverso. Egli è Mediatore del Padre perché il Padre agisce per mezzo di Lui. Attraverso il Corpo di Gesù il Padre compie le sue opere, dice la sua Parla, manifesta la sua essenza, realizza i suoi prodigi, parla e dialoga con gli uomini. È Cristo Gesù che fa tutto questo. Ma è il Padre che vive in Lui ed opera per mezzo di Lui. Chi si trova dinanzi a Gesù si trova dinanzi al Padre. Per questo la sua è una mediazione speciale, singolare, unica.
Ma anche con l'uomo Gesù vive un ruolo unico, speciale, singolare in questa mediazione. Non è una mediazione di rappresentanza, bensì di assunzione. Cristo fa sua la nostra umanità, sue le nostre infermità, suoi i nostri peccati, sua la nostra pena ed espia per noi, al posto nostro. Nel suo corpo è il nostro corpo che viene crocifisso e nella sua gloria è il nostro corpo che viene innalzato fino al Cielo.
È questa la gloria che Gesù dona al Padre: lascia che il Padre ami l'uomo fino alla morte e alla morte di croce; permette che Lui redima e salvi l'uomo fino al dono supremo della sua vita. Questa gloria solo Cristo la può donare al Padre. Possiamo donarla anche noi, ad una condizione: che ci spogliamo come Gesù della nostra volontà e ne facciamo dono al Padre in modo che Lui possa vivere e agire per mezzo nostro, allo stesso modo che operava ed agiva per mezzo di Gesù Signore.
Il Padre glorifica Cristo Gesù con il dono della risurrezione, facendolo alzare dal letto di morte, trasformando il suo corpo di carne in spirito, in luce, rendendolo anche incorruttibile, immortale, glorioso. Confermando con questa esaltazione che è Lui il suo Messia, il suo Inviato, il Redentore e il Salvatore del mondo. Il Padre glorifica ancora Cristo Gesù mandando il suo Santo Spirito perché la sua opera messianica mai finisca ed ogni giorno inizi sempre da capo, con zelo ed amore sempre più grandi. La vita eterna si riceve divenendo noi parte di questa glorificazione: se riconosciamo che è il Padre la fonte della verità e della grazia e che Cristo Gesù è il suo unico e solo mediatore. Vivendo secondo questa conoscenza perfetta, noi entriamo nella vita.
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23/05/2012 08:19
 
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padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 17, 11b-19

Nei vv.11-12 di questo brano Gesù afferma per due volte che il Padre gli ha donato il suo nome. Ciò significa che "donando il suo nome al Figlio, il Padre si fa conoscere da lui come Padre e nello stesso tempo si dona a lui in un amore eterno" (De La Potterie).

La prima conseguenza benefica della protezione del Padre verso i credenti è la loro unione profonda fondata e modellata sull'unità del Padre e del Figlio. Questa tematica dell'unità è toccata di sfuggita in questo passo; essa sarà uno degli argomenti più importanti del brano che seguirà (Gv 17,21-26).

Gesù, con le sue cure di buon Pastore (Gv 10,11ss), ha impedito la perdizione dei suoi amici, anzi ha operato la loro salvezza (Gv 3,16-17) e ha donato loro la vita in abbondanza (Gv 10,10). Il Cristo però riconosce che in tale opera di salvezza si è verificata un'eccezione per "il figlio della perdizione", Giuda.

L'evangelista ha già descritto il suo tradimento, l'invasamento diabolico e l'ingresso nel regno di satana (Gv 13,21.30). Per Giovanni il traditore è un diavolo (Gv 6,70), quindi è votato alla rovina. Il tradimento di Giuda però non appare senza significato nel piano della salvezza: egli doveva compiere la Scrittura. Probabilmente si allude al Salmo 41,10: "Anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno".

Gesù prega il Padre per gli amici che sta per lasciare nel mondo e aggiunge che lo scopo della sua preghiera è favorire la gioia piena dei discepoli. Per essi il sapersi affidati al nome paterno di Dio, alle mani forti e amorose del Padre, deve essere fonte di gioia perfetta e di pace profonda.

Gesù ha custodito gli amici nel nome del Padre donando loro la sua parola (v.14), cioè donando loro la rivelazione totale e definitiva di Dio. I discepoli quindi sono stati illuminati dalla parola di Gesù: per questa ragione il mondo tenebroso li ha odiati. I credenti non fanno più parte del mondo e per questo motivo il mondo li odia.

Nonostante l'odio delle tenebre contro i credenti, Gesù non chiede al Padre di toglierli dal mondo, ma lo prega di custodirli dal maligno. Dio custodirà i discepoli nel suo nome santo (v.11), preservandoli dall'influsso del demonio e del male (v.5), cioè santificandoli nella verità (v.17).

La santità piena e perfetta è posseduta dall'unico uomo senza peccato (Gv 8,46; Eb 4,15; 7,26), santificato dal Padre e inviato nel mondo (Gv 10,36); egli è il Santo di Dio (Gv 6,69), è l'unica persona che appartiene totalmente a Dio.

La santità dei cristiani invocata da Gesù nei vv.17 e 19 dev'essere intesa come fedeltà piena al patto d'amore sancito nel sangue di Cristo, vivendo da autentici figli di Dio, da proprietà esclusiva del Padre.

Il Padre opera la santificazione dei credenti nella sua parola e per mezzo della sua parola. La verità, che è la rivelazione totale e definitiva del nome, della persona del Padre, costituisce l'ambiente vitale nel quale i cristiani devono essere santificati. Questa parola, questa verità è il Cristo. Il Padre santifica i credenti per mezzo del Figlio, Parola di Dio. La santificazione è quindi la vita di comunione filiale con Dio per mezzo di Cristo.

Essere santificati nella verità significa essere custoditi nella vita filiale, nella comunione con il Padre, per mezzo della nostra comunione con il Figlio che è unito al Padre.

Una delle conseguenze più immediate della santificazione dei discepoli è la loro abilitazione alla missione. Come il Figlio è stato santificato e inviato nel mondo (Gv 10,36), così i credenti possono essere inviati nel mondo da Gesù (v.18) perché il Padre li santifica nella verità (vv.17 e 19).

Gesù santifica se stesso "nella verità" come i discepoli, cioè rivelando il nome del Padre, adempiendo la sua missione di Inviato di Dio. Gesù si santifica per i suoi discepoli per salvarli. La santificazione salvifica di Gesù a favore dei credenti è orientata verso l'offerta della sua vita sul Calvario.

La rivelazione dell'amore paterno di Dio, attraverso il dono del Figlio all'umanità, opera la salvezza e la santificazione dei credenti, i quali potranno vivere in comunione piena con il Padre lasciandosi guidare in tutto dalla sua volontà, partecipando così alla santità di Cristo, causa, fondamento e modello di quella dei discepoli.
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24/05/2012 06:45
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 17,26

E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.
Gv 17,26

Come vivere questa Parola?

Sono queste le parole che concludono la preghiera di Gesù: eredità, per noi, di contenuto indicibile.

Gesù attesta di aver trascorso il tempo della sua missione a far conoscere Dio come origine di tutto: sì, la persona di Dio come Padre d'infinita dedizione e tenerezza, la sorgiva da cui lui stesso è sgorgato in forza di quell'amore-persona che nella Trinità santissima è il legame, il collante di tutti e tre che, appunto in lui, sono un Dio solo. Ora la rivelazione sconvolgente è che Gesù vuol farci conoscere pienamente la volontà di Dio. Sì, perché Dio è sostanzialmente amore, desidera che questo amore sia anche in noi, rendendo presente la persona di Gesù. Proprio lui, essendo Via Verità e Vita, dà senso, sostiene, orienta nella luce la nostra esistenza.

In questo tipo di società in cui spesso l'uomo e la donna si sentono maledettamente soli, immersi in una incomunicabilità che raggela i giorni, com'è provvidenziale questa parola, divina promessa di Gesù!

Mi diceva un giovane: Ho capito che amo se vivo e che se non amo, la mia vita è una maschera su un cadavere ambulante.

È vero! Puoi perseguire e ottenere cose che lì per lì ti danno euforia: molti soldi, molto potere, molta fama. Ma senza l'amore tutto è fuoco fatuo che, al vento della prova, della contraddizione, della malattia, subito si spegne.

Quello dunque che ti chiedo, Signore Gesù, anche con l'aiuto di Maria, Mamma dell'amore bello, è che tu rinsaldi la mia familiarità con la tua parola. È la tua parola quella che mi rivela la tenerezza infinita di Dio-amore; quello che ancora ti chiedo è di fare spazio all'amore anche nei recessi più oscuri del mio cuore. Voglio essere viva perché amo e non un'illusione ambulante.

La voce di Papa santo

L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, se non si viene rivelato l'amore, se non lo sperimenta è non vi partecipa vivamente.
Giovanni Paolo II
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25/05/2012 06:38
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi

Gesù conosce veramente il cuore degli uomini, non solo di quanti non credono in lui, ma anche di quelli che si professano suoi discepoli e formano la sua Chiesa. Sa che il cuore è un abisso e sempre potrebbe insorgere per rinfacciare il peccato commesso al fine di privare l'altro di ogni capacità di governo, insegnamento, guida, sostegno spirituale, ammaestramento, luce. Il cuore potrebbe contestare l'altro nella sua autorità a motivo del suo passato non sempre santo nella verità e nella giustizia.
A volte non si fa il male e ci viene rinfacciato. Figuriamoci quando per fragilità si cade nel peccato cosa succede. Un esempio lo possiamo trarre dal Libro di Tobia: "Nello stesso giorno a Sara, figlia di Raguele, abitante di Ecbàtana, nella Media, capitò di sentirsi insultare da parte di una serva di suo padre, poiché lei era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: «Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome. Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non dobbiamo mai vedere né figlio né figlia»" (Tb 3,7-9). Non solo questa donna subiva il male e la vergogna. Deve anche sentirsi accusare di omicidio. Questo sa fare il cuore dell'uomo. Lo sa fare molto bene e lo fa con gusto.
Pietro aveva rinnegato per tre volte il Signore: "Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell'uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente" (Mt 26,69-75). Con questo peccato sulle sue spalle, un cuore cattivo, perverso, immondo - e sempre ci sono di questi cuori sulla nostra strada - sempre avrebbe potuto negare il valore della sua autorità nella Chiesa. Gesù con divina saggezza fa sì che questo mai possa accadere.
Gesù vuole che gli altri sappiano che Pietro ama Lui più di tutti. Lo ama, anche se ancora è debole. È umile e sa quanto distante ancora sia il suo amore da quello del suo Maestro. Lo sa e vuole incamminarsi su questa via della perfezione richiesta a chi deve governare gli altri. È su questa volontà che Gesù lo chiama e gli affida il governo di pecore e agnelli. Ora nessuno potrà più parlare. La vocazione è dopo la caduta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci dal cuore umile e mite.
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26/05/2012 08:37
 
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padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 21, 20-25

La predizione della sua morte suscita in Pietro la curiosità sulla sorte del discepolo amato che lo seguiva dietro il Maestro (v.20). Ma Gesù non soddisfa la curiosità dell'apostolo. Pietro non deve preoccuparsi della fine dell'amico, ma solo di seguire il Maestro; Gesù potrebbe lasciarlo in vita fino al suo ritorno nella parusia, che probabilmente non era ritenuta lontana (cfr 1Cor 4,5; 11,26; 1Ts 4,15ss; Ap 3,11; 22,7.12.20).

Probabilmente questo discepolo amato, noto a tutti i lettori del vangelo di Giovanni, dovette essere molto longevo; per questo le parole del Signore a Pietro, riportate nel v.22, furono equivocate e considerate una profezia della sua immortalità (v.23).

Alla fine di questo brano troviamo un secondo epilogo sulla veracità della testimonianza del discepolo amato e sull'incompletezza del vangelo di Giovanni.

Con l'iperbole del v.25 l'autore vuol mettere in risalto che solo una piccola parte delle opere compiute da Gesù è stata messa per iscritto.

Questo lavoro di raccolta e di penetrazione è un grande dono per la fede della Chiesa e di ogni discepolo, che ha per vocazione un orizzonte senza confini, come il messaggio spirituale di Cristo.

Origene ha scritto: "Primizia dei vangeli è quello secondo Giovanni, il cui senso profondo non può cogliere chi non abbia poggiato il capo sul petto di Gesù e non abbia ricevuto da lui Maria come sua madre. Colui che sarà un nuovo Giovanni deve diventare tale da essere indicato da Gesù, per così dire, come Giovanni che è Gesù" (Commento al vangelo di Giovanni, Torino 1968, 123).
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27/05/2012 09:42
 
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don Luca Orlando Russo
Quando verrà il Paràclito

Tre aspetti mi toccano in maniera profonda nell'avvicinarmi alla Pentecoste di questo 2012: lo Spirito rende i discepoli capaci di parlare a tutti; nello Spirito i diversi non entrano in conflitto, ma sono ricondotti all'unità; e, infine, lo Spirito accompagna la comunità dei discepoli ad una comprensione nell'oggi della Parola, permettendo così di annunciare all'uomo del nostro tempo il Cristo di sempre.
Inizio dal primo ovvero dal dono che, a partire dalla Pentecoste, i discepoli sperimentano, scoprendosi capaci di parlare a tutti e di vincere le resistenze che nascono da quella barriera naturale che è la soggettività di ciascuno. Non possiamo nascondercelo, approdare al messaggio evangelico è una faticata! Una serie di convinzioni e di costrutti mentali sono un filtro potentissimo che ci fanno vivere il messaggio evangelico come estraneo alla nostra realtà. A partire da questo filtro le nostre relazioni sono spesso un dialogo tra sordi e risulta pressoché impossibile inculturare l'annuncio della salvezza. Eppure i discepoli, grazie all'azione dello Spirito, diventano esperti comunicatori, capaci di superare ogni limitazione culturale e, come per miracolo, vengono compresi nella loro diversità.
Il moltiplicarsi delle lingue di fuoco non moltiplica, però, l'unico fuoco che si separa non per dividere, ma per condurre all'unità. Il fuoco dell'amore come il fuoco del fonditore ha il potere di unire i diversi e farne un cuore solo e un'anima sola, senza forzare la mano a nessuno o permettere la dittatura di uno sui tanti. Come in una sinfonia, strumenti diversi, ciascuno per la sua parte, rendono possibile l'armonia, sotto la guida del forte e saggio direttore d'orchestra: lo Spirito Santo. Solo chi ama la comunione può far parte della squadra, ai battitori liberi, anche se bravissimi non è consentito partecipare al magnifico gioco della vita.
Ed infine, spetta allo Spirito, guidarci alla verità, quella di sempre, ma sempre nuova perché sempre nuovo è il contesto storico nel quale il Cristo va ricompreso. Mi piace ricordare qui quanto lo Spirito Santo ha suggerito alla sua Chiesa in occasione del Concilio Vaticano II, per come l'ha condotta ad annunciare la verità di sempre in un nuovo contesto culturale. Ci basti questo esempio per comprendere quanto abbiamo bisogno dello Spirito per obbedire al mandato di Gesù: «? ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra».
Buona Pentecoste!
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28/05/2012 08:36
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 10,17-27

1) Preghiera

Concedi, Signore,
che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace,
e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 10,17-27
In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre".
Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!" I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".
Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?" Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi narra due fatti: (a) racconta la storia dell'uomo ricco che chiede come raggiungere la vita eterna (Mc 10,17-22), e (b) Gesù avverte sul pericolo delle ricchezze (Mc 10,23-27). L'uomo ricco non accetta la proposta di Gesù, poiché era molto ricco. Una persona ricca è protetta dalla sicurezza che le viene data dalla ricchezza. Ha difficoltà ad aprire la mano e a lasciar andare questa sicurezza. Afferrata ai vantaggi dei suoi beni, vive preoccupata per difendere i suoi propri interessi. Una persona povera non è abituata ad avere questa preoccupazione. Ma ci possono essere poveri con la mentalità di ricchi. E allora il desiderio delle ricchezze crea in loro dipendenza e fa sì che anche loro diventino schiavi del consumismo. Non hanno tempo per dedicarsi al servizio del prossimo. Con questi problemi nella mente, problemi di persone e di paesi, leggiamo e meditiamo il testo dell'uomo ricco.
? Marco 10,17-19: L'osservanza dei comandamenti e la vita eterna. Una persona arriva vicino a Gesù e chiede: "Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" Il vangelo di Matteo informa che si trattava di un giovane (Mt 19,20.22). Gesù risponde bruscamente: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo!" Gesù distoglie l'attenzione da sé per portarla verso Dio, poiché ciò che importa è fare la volontà di Dio, rivelare il progetto del Padre. Poi Gesù afferma: "Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre". É importante osservare sempre la risposta di Gesù. Il giovane aveva chiesto qualcosa sulla vita eterna. Voleva vivere insieme a Dio! Ma Gesù non menziona i tre primi comandamenti che definiscono la nostra relazione con Dio! Lui ricordò solo quelli che indicano un rispetto per la vita insieme agli altri! Per Gesù, riusciamo a stare bene con Dio solo se sappiamo stare bene con il prossimo. Non serve a nulla ingannarsi. La porta per giungere a Dio è il prossimo.
? Marco 10,20: Osservare i comandamenti, a cosa serve? L'uomo risponde dicendo che osservava i comandamenti fin dalla sua gioventù. Ciò che è strano è quanto segue. Lui voleva sapere qual era il cammino della vita. Ora, il cammino della vita era e continua ad essere: fare la volontà di Dio espressa nei comandamenti. Vuol dire che lui osservava i comandamenti senza sapere a cosa servissero. Altrimenti, non avrebbe posto nessuna domanda. E' quanto succede oggi a molti cattolici: non sanno dire a cosa serve essere cattolici. "Sono nato in un paese cattolico, per questo sono cattolico!" E' un'abitudine!
? Marco 10,21-22: Condividere i beni con i poveri e seguire Gesù. Udendo la risposta del giovane "Gesù lo guardò e lo amò e gli disse: Una cosa ti manca: va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri ed avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi!" L'osservanza dei comandamenti non è che il primo gradino di una scala che va più in alto. Gesù chiede di più! L'osservanza dei comandamenti prepara la persona a poter giungere al dono totale di sé a favore del prossimo. Gesù chiede molto, ma lo chiede con molto amore. Il giovane non accetta la proposta di Gesù e se ne va, "perché era molto ricco".
? Marco 10,23-27: Il cammello e la cruna dell'ago. Dopo che il giovane se ne andò, Gesù commentò la sua decisione: Quanto difficilmente coloro che hanno le ricchezze entreranno nel Regno di Dio! I discepoli rimasero ammirati. Gesù ripete la stessa frase ed aggiunge: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio"! L'espressione "entrare nel Regno" indica non solo ed in primo luogo l'entrata in cielo dopo la morte, ma anche e soprattutto l'entrata nella comunità attorno a Gesù. La comunità è e deve essere un modello del regno. L'allusione all'impossibilità da parte di un cammello di entrare per la cruna di un ago viene da un proverbio popolare del tempo usato dalla gente per dire che una cosa era umanamente impossibile. I discepoli si stupiscono dinanzi all'affermazione di Gesù e si chiedono tra di loro: "Allora, chi può salvarsi?" Segno, questo, che non avevano capito la risposta di Gesù all'uomo ricco: "Va', vendi tutto, dallo ai poveri e seguimi" Il giovane aveva osservato i comandamenti fin dalla sua gioventù, ma senza capire il perché dell'osservanza. Qualcosa di simile stava avvenendo con i discepoli. Loro avevano già abbandonato tutti i beni come richiesto da Gesù al giovane ricco, ma senza capire il perché dell'abbandono! Se avessero capito, non si sarebbero stupiti dinanzi all'esigenza di Gesù. Quando la ricchezza o il desiderio di ricchezza occupa il cuore e lo sguardo, la persona non riesce a percepire il senso del vangelo. Solo Dio può aiutare! Gesù guarda i discepoli e dice: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio. Presso Dio tutto è possibile."


4) Per un confronto personale

? Una persona che vive preoccupata per la sua ricchezza o che vive volendo comprare le cose di cui la televisione fa propaganda, può liberarsi di tutto per seguire Gesù e vivere in pace in una comunità cristiana? E' possibile? Cosa pensi tu? Come fai e cosa fai tu?
? Conosci qualcuno che è riuscito ad abbandonare tutto per il Regno? Cosa significa per noi oggi: "Va', vendi tutto, dallo ai poveri"? Come capire e praticare oggi i consigli che Gesù dà al giovane ricco?


5) Preghiera finale

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
nel consesso dei giusti e nell'assemblea.
Grandi sono le opere del Signore:
le contemplino coloro che le amano. (Sal 110)
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29/05/2012 08:18
 
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Commento su Prima Pietro 1,12

Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.
1Pt 1,12

Come vivere questa Parola?

Pietro sta parlando del misterioso progetto salvifico di Dio, manifestazione di un amore insondabile e indicibile. Gli antichi profeti ne avevano contemplato da lontano la realizzazione, nella nebulosità di anticipazioni il cui pieno significato restava velato ai loro stessi occhi. Depositari di una promessa con cui Dio si vincolava all'umanità unicamente in forza del suo amore. Poi, nella pienezza dei tempi, il suo realizzarsi e la consegna che ce ne rende contemporanei: per noi Cristo è morto e risorto, restituendoci la dignità di figli di Dio. Un dono totalmente gratuito e immeritato la cui preziosità rischia di sfuggirci, accantonato tra le cose ovvie. Pietro ammonisce che le stesse creature angeliche, nonostante la loro più perfetta conoscenza delle realtà divine, non riescono a scandagliarne le profondità e desiderano fissare in esso lo sguardo ammirato e adorante. Una sollecitazione a non fare l'abitudine alle cose di Dio, perdendo lo stupore che spinge a passare dal dono al Donatore e a cogliere quella pienezza di amore da cui siamo costantemente avvolti. Sì, figlio perché amato! Dietro il nome di ogni uomo una dichiarazione che, se colta e accolta, fa trasalire di gioia: per il mio cuore di Padre, tu sei unico, sei l'amato, il prediletto. Proprio come il Figlio unigenito, oggetto del mio pieno compiacimento, che ho inviato a te per riportarti a casa. No, non protestare dicendo: ma io sono solo una creatura, anzi un peccatore. Per me tu sei soltanto il figlio a lungo atteso, sul cui labbro aspetto di veder fiorire una sola parola: Padre, Padre mio!

In questa gioiosa consapevolezza voglio immergermi quest'oggi, lasciando che il cuore si sciolga nel canto di riconoscenza e di lode.

"Abbà" Padre, Padre mio!

La voce degli antichi Padri

Colui che è veramente onnipotente, creatore dell'universo e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la sua Verità, la sua Parola santa e incomprensibile, e la stabilì nei loro cuori. [?] Lo inviò con mitezza e con bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini; e fece questo per salvare, per persuadere, non per violentare. Lo inviò per chiamare, non per castigare, lo inviò per amare, non per giudicare.
Discorso a Diogneto
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30/05/2012 08:18
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Voi non sapete quello che chiedete

Il mistero di Gesù di certo è un abisso inesplorabile per qualsiasi mente umana. Solo nello Spirito Santo si può avere di esso una qualche intelligenza. Lui è il Messia del Signore, il suo Cristo, però è un Messia, un Cristo che vive la sua missione in un modo unico, singolare. Anziché essere accolto dal suo popolo, viene rigettato, consegnato ai pagani. Anziché essere osannato, viene crocifisso, dopo essere stato ingiustamente accusato. Dopo tre giorni Lui però risorgerà. Vi è sgomento, paura attorno a Gesù. Non è un viaggio di gioia e di esultanza, bensì di grande tristezza.

Gli Apostoli sembrano camminare su un'altra strada, andare verso un'altra città. Loro sono assai distanti da Gesù. Sembra esservi tra Lui e loro incomunicabilità. Giacomo e Giovanni gli chiedono di essere i primi nel suo regno: uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Loro stanno seguendo un Messia di gloria umana e terrena e gloria umana e terreno pretendono da Lui. Loro vogliono essere importanti sulla terra.

Il vero pericolo della nostra sequela è proprio questo: il procedere, il camminare su una doppia strada: la strada di Cristo Signore e quella dei suoi seguaci. Quella di Gesù Signore è la strada della redenzione sul versamento del proprio sangue, sul sacrificio ed olocausto della propria vita, quella dei suoi seguaci sulla ricerca di una gloria effimera, quando non addirittura peccaminosa, perché costruita sull'ingiustizia, sulla violenza, sopruso, privilegio, nepotismo, simpatia ed antipatia, calunnia, falsa testimonianza, tirannia, inganno, rapina, simonia, raggiro, ogni altra angheria.

La vera questione della religione è la sua costante, perenne, ininterrotta purificazione. Ecclesia - è detto - semper purificanda. La Chiesa è sempre da purificare, mondare, lavare da tutte le scorie di pensiero umano che giorno per giorno si attaccano ai suoi figli. La purificazione inizia dalla pulitura della propria coscienza. Chi purifica se stesso, aiuta la Chiesa ad essere più pura. Mai si può pensare alla purificazione degli altri, senza operare la propria. Operata la propria, si dona agli altri una perfetta esemplarità di come si cammina dietro Gesù Signore. Purtroppo avviene quanto ci insegna Gesù nel suo Vangelo. Ognuno di noi è sempre pronto a vedere la pagliuzza che è nell'occhio dell'altro e mai la trave che è nel suo occhio.
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