Nuova Discussione
Rispondi
 

MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
30/06/2012 07:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dona al tuo popolo, o Padre,
di vivere sempre nella venerazione e nell?amore
per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 8,5-17
In quel tempo, entrato Gesù in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: ?Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente?. Gesù gli rispose: ?Io verrò e lo curerò?. Ma il centurione riprese: ?Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch?io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va?, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa? questo, ed egli lo fa?.
All?udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: ?In verità vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall?oriente e dall?occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti?. E Gesù disse al centurione: ?Va?, e sia fatto secondo la tua fede?. In quell?istante il servo guarì.
Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: ?Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie?.



3) Riflessione

? Il vangelo di oggi continua la descrizione delle attività di Gesù per indicare come metteva in pratica la Legge di Dio, proclamata sulla Montagna delle Beatitudini. Dopo la guarigione del lebbroso del vangelo di ieri (Mt 8,1-4), ora segue la descrizione di altre guarigioni.
? Matteo 8,5-7: La richiesta del centurione e la risposta di Gesù. Analizzando i testi del vangelo, è sempre bene fare attenzione ai piccoli dettagli. Il centurione è un pagano, uno straniero. Non chiede nulla, informa soltanto Gesù dicendo che il suo impiegato sta male e che soffre terribilmente. Dietro questo atteggiamento della gente nei confronti di Gesù, c?è la convinzione che non era necessario chiedere le cose a Gesù. Bastava comunicargli il problema. E Gesù avrebbe fatto il resto. Atteggiamento di fiducia illimitata! Infatti, la reazione di Gesù è immediata: ?Io verrò e lo curerò!?
? Matteo 8,8: La reazione del centurione. Il centurione non aspettava un gesto così immediato e così generoso. Non si aspetta che Gesù vada fino a casa sua. E partendo dalla sua esperienza di ?capo? trae un esempio per esprimere la fede e la fiducia che aveva in Gesù. Gli dice: ?Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch?io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va?, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa? questo, ed egli lo fa? .
Questa reazione di uno straniero dinanzi a Gesù rivela qual era l?opinione della gente nei riguardi di Gesù. Gesù era una persona in cui potevano aver fiducia e che non avrebbe allontanato colui o colei che fosse ricorso/a a lui per rivelargli i suoi problemi. E? questa l?immagine di Gesù che il vangelo di Matteo comunica fino ad oggi a noi che lo leggiamo nel XXI secolo.
? Matteo 8,10-13: Il commento di Gesù. L?ufficiale rimase ammirato dalla reazione di Gesù e Gesù rimase ammirato dalla reazione dell?ufficiale: ?In verità vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande.? E Gesù prevedeva già ciò che stava accadendo quando Matteo scrisse il vangelo: ?Ora vi dico che molti verranno dall?oriente e dall?occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti? Il messaggio di Gesù, la nuova Legge di Dio proclamata dall?alto della Montagna delle Beatitudini è una risposta ai desideri più profondi del cuore umano. I pagani sinceri ed onesti come il centurione e tanti altri venuti da Oriente o da Occidente, percepiscono in Gesù la risposta alle loro ansie e la accolgono. Il messaggio di Gesù non è, in primo luogo, una dottrina o una morale, né un rito o un insieme di norme, ma un?esperienza profonda di Dio che risponde a ciò che il cuore umano desidera. Se oggi molti si allontanano dalla chiesa o cercano altre religioni, la colpa non è sempre la loro, ma può essere la nostra, perché non sappiamo vivere né irradiare il messaggio di Gesù.
? Matteo 8,14-15: La guarigione della suocera di Pietro. Gesù entra in casa di Pietro e sana sua suocera. Lei era malata. Nella seconda metà del primo secolo, quando Matteo scrive, l?espressione ?Casa di Pietro? evocava la Chiesa, costruita sulla roccia che era Pietro. Gesù entra in questa casa e salva la suocera di Pietro: ?Le toccò la mano e la febbre scomparve. Poi ella si alzò e si mise a servirlo?. Il verbo usato in greco è diakonew, servire. Una donna diventa diaconessa in Casa di Pietro. Era ciò che stava avvenendo nelle comunità di quel tempo. Nella lettera ai Romani, Paolo menziona la diaconessa Febe della comunità di Cencreia (Rom 16,1). Abbiamo molto da imparare dai primi cristiani.
? Matteo 8,16-17: La realizzazione della profezia di Isaia. Matteo dice che ?giunta la notte?, portarono da Gesù molte persone che erano possedute dal demonio. Perché solo di notte? Perché nel vangelo di Marco, da cui Matteo trae la sua informazione, si trattava di un giorno di sabato (Mc 1,21), ed il sabato terminava nel momento in cui spuntava in cielo la prima stella. Allora la gente poteva uscire dalla casa, caricarsi del peso e portare i malati fino a Gesù. E ?Gesù, con la sua parola, scacciava gli spiriti e guariva tutti i malati!" Usando un testo di Isaia, Matteo illumina il significato di questo gesto di Gesù: ?Perché si compisse quello che era stato detto. Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori?. In questo modo, Matteo insegna che Gesù era il Messia-Servo, annunciato da Isaia (Is 53,4; cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Matteo faceva ciò che fanno oggi le nostre comunità: usa la Bibbia per illuminare ed interpretare gli eventi e scoprire la presenza della parola creatrice di Dio.



4) Per un confronto personale

? Paragona l?immagine che hai di Dio con quella del centurione e della gente, che seguiva Gesù.
? La Buona Novella di Gesù non è, in primo luogo, una dottrina o una morale, né è un rito o un insieme di norme, ma è un? esperienza profonda di Dio che risponde a ciò che il cuore umano anela. La Buona Novella, come si ripercuote in te, nella tua vita e nel tuo cuore?



5) Preghiera finale

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato. (Sal 33)
OFFLINE
01/07/2012 06:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Alberto Brignoli
Semi di immortalità

"Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura". Quindi, l'uomo è stato creato incorruttibile, immortale, come Dio: a sua immagine e somiglianza. Poi però è arrivata l'invidia del diavolo, e la morte è entrata nel mondo.
Insomma, a satana non va giù di non essere figlio prediletto di Dio come è l'uomo, e allora, sin dagli inizi della creazione, mette nel cuore dell'uomo il terribile sentimento dell'invidia, che porta l'uomo a volere essere sempre di più come Dio, conoscitore del bene e del male, usufruttuario dell'albero della vita, che non poteva essere mangiato: e da allora, il male è entrato nel mondo, e con il male la morte.
"Felice colpa", diceva Sant'Agostino, perché a motivo del peccato abbiamo ricevuto la grazia di poter conoscere il nostro Redentore. E io aggiungo: felice colpa, perché a motivo del peccato è entrata nel mondo la morte e noi non siamo più immortali. Almeno, così pare.
Ma ve la immaginate un'esistenza immortale qui sulla terra? È già così faticoso, spesso, vivere fino alla morte?cosa sarebbe vivere anche oltre? Sopportare gente importuna in eterno, trascinarsi malattie e acciacchi per l'eternità, convivere con i nostri difetti lungo tutto il migrare dei giorni della storia?no, sarebbe un supplizio! "Laudato sìì, mio Signore, per sorella nostra morte corporale", cantava già Francesco. E non aveva affatto torto.
Certo, come citiamo i mali sopportati in eterno, per onestà dovremmo dire che sarebbe bello vivere per sempre per tutta un'altra serie di cose belle: l'amore delle persone care, la bellezza delle cose create, la capacità di costruire progetti e realizzare sogni, la gioia e il divertimento?tutte queste cose vorremo senz'altro che non avessero mai fine! Lo stesso autore del libro della Sapienza sembra esprimere questo concetto: le cose create sono limitate, finite, caduche, ma portano dentro di sé dei germi di immortalità per i quali vale davvero la pena vivere! E se uno non vive alla ricerca di questi semi di immortalità perde l'opportunità di essere come il Creatore, come Dio, ad immagine e somiglianza del quale siamo fatti; e siamo talmente grandi e perfetti che effettivamente dimostriamo di essere l'immagine di Dio, ma abbiamo anche talmente tanti difetti che mostrano in maniera evidente che, appunto, siamo solamente fatti a sua somiglianza.
Dove li troviamo questi semi di immortalità e di vita sparsi a piene mani nel nostro esistere? Come ci viene da pensare all'immortalità quando viviamo ripiegati e ricurvi sulle nostre malattie, che ci dissanguano tanto quanto i soldi spesi per curarle, e dalle quali speriamo di essere presto liberati con qualsiasi sistema, a volte anche con quello più drammatico del porre fine a tutto?
C'è sempre nella nostra vita un treno di opportunità che passa, e non sempre si ferma. E non è pure detto che passi un'altra volta: per cui, se avvertiamo che al suo passaggio possiamo trovare vita, non dobbiamo avere paura a gettarvici sopra!
Così è stato per una donna che da un'eternità (dodici anni, nella Bibbia, non è un numero a caso) soffriva di emorragie: sentirsi sfuggire la vita da dentro, certo, ma anche vedere fuggire le persone intorno a lei, in quanto impura, e rendeva impuri gli altri al solo toccarli. E lo sapeva bene che il Maestro stava andando alla sinagoga a guarire la figlia di Giairo, e che non ci sarebbe mai potuto entrare, impuro, se lei la toccava. Eppure lo fa', tant'è, è l'unica chance che gli resta: "Anche lui resterà impuro, ma io mi salverò!". E così avviene, perché colui che si fa mortale in mezzo ai mortali, debole in mezzo ai deboli, impuri in mezzo agli impuri, le restituisce vita: e questo, è un seme di immortalità.
E cos'altro è la voglia di vivere e di rinascere di un padre che ha la figlia (dodici anni pure lei) gravemente malata, che lo porta a sperare contro ogni speranza anche quando la figlia non ce l'ha fatta e tutti stanno già piangendo la sua morte, se non la ricerca di un seme di immortalità, che dica "no" alla morte e "sì" alla vita?
La vita (a causa anche di quelle nostre origini poco edificanti) non è eterna: e grazie a Dio, non lo sono nemmeno i dolori e i dispiaceri che si porta con sé. Ma ci sono tante cose che hanno dentro di sé un seme di immortalità, che sanno sfidare la morte e che vanno al di là di ogni metro umano; e la cosa bella è che solo agli umani è dato scovarle e conoscerle.
E così, troveremo semi di immortalità nelle creature del mondo, che per l'autore della Sapienza sono "portatrici di salvezza"; li troveremo in ogni uomo e in ogni donna che sanno affrontare la debolezza del proprio fisico e la fragilità della loro osservanza religiosa per non gettare all'aria l'occasione di guarigione di tutta una vita; li troveremo in un padre che per la figlia malata farebbe qualsiasi cosa, anche qualora si trovasse in condizioni ormai estreme, pur di salvarla.
Li troveremo nella forza d'amore di un Dio che non si cura né dell'impurità rituale di una religione stanca e obsoleta, e nemmeno delle apparenze di morte che circondano l'esistenza umana, pur di mettere nel cuore dell'uomo il seme d'immortalità dell'amore.
E l'amore, è davvero l'unica realtà umana capace di andare oltre la morte.
OFFLINE
02/07/2012 07:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti

Uno può decidere se accogliere o non accogliere la vocazione che viene dal cuore di Dio, manifestata per mezzo del cuore di Cristo, suscitata per ispirazione dello Spirito Santo. Le modalità, le vie, le forme della sequela di Cristo Gesù mai potranno appartenere alla libera scelta del chiamato. È sempre Dio che le determina e le stabilisce. È sempre Cristo Gesù che deve rivelarle al cuore e alla mente.
Su questo argomento occorre che noi diciamo una parola forte, chiara, inequivocabile: abbiamo noi la volontà di dire sì o di rifiutarci, Possiamo accogliere l'invito o declinarlo. Questo è nelle nostre facoltà. La facoltà che non abbiamo, mai dovremo avere, mai pensare di avere è questa: scegliere noi le vie, le forme storiche per l'attuazione della nostra vocazione. Questa facoltà ci è stata tolta in eterno. Non ci appartiene.
Questo deve significare per tutti che dal momento in cui uno accoglie di seguire Cristo Gesù, sempre, perennemente, ogni giorno, deve mettersi umilmente in preghiera e chiedere a Gesù che sia Lui a manifestare, rivelare, ispirare vie e forme storiche per dare attualizzazione e vita alla nostra vocazione. Deve umilmente prostrarsi dinanzi allo Spirito Santo e chiedere che sia sempre Lui a suggerire ciò che oggi è via santa per vivere la missione di salvezza che è legata alla vocazione.
Certo, i tempi cambiano, gli uomini avanzano nella storia, progrediscono, camminano. Le forme storiche non possono rimanere invariate per i secoli dei secoli. Sarebbe questa una vera contraddizione. Dovremmo servire un essere storico con forme non più storiche, perché appartenenti ad un passato che ormai non esiste più.
Le forme devono cambiare, è giusto che cambino, è opportuno e salutare trovare quelle giuste, del tempo, della contemporaneità con gli uomini. Chi deve però suggerirle non dovrà mai essere il nostro cuore, la nostra volontà, i nostri desideri. Questa mansione, o ministero, o compito, appartiene solo a Cristo Gesù e allo Spirito Santo, i soli due Interpreti e Conoscitori della volontà del Padre e della sua eterna Sapienza. La comunione di preghiera con Cristo e con lo Spirito Santo è la via per giungere e possedere una scienza delle forme storiche della vocazione, attuali e vivibili per i nostri tempi, per ogni ora della nostra vita.
Oggi Gesù dona due forme che sono eterne, che mai potranno essere modificate, perché non sono modificabili: chi si offre a Gesù per la missione della salvezza si deve dimenticare anche del corpo e di ogni esigenza di esso. Al corpo pensa il Padre. È la sua Provvidenza che lo prende in custodia ed è sempre essa che lo cura, lo nutre, gli offre quanto è necessario perché possa sempre vivere la missione di salvezza. L'altra regola è questa: chi si offre al Signore non deve più appartenersi neanche quanto a sentimenti e desideri, anche giusti e santi. Sentimenti e desideri dovranno essere consegnati a Cristo Gesù. Sarà Lui a provvedere ad essi. Sarà Lui a realizzarli. Il come non ci è dato di conoscerlo. Noi realizziamo i suoi sentimenti e i suoi desideri di salvezza eterni e divini, Lui realizzerà i nostri sentimenti e desideri umani, in modo che niente di quanto avremmo potuto fare noi verso gli altri venga tralasciato.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci questa verità santa.
OFFLINE
03/07/2012 06:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo..

Come vivere questa Parola?
Oggi festeggiamo San Tommaso, l'apostolo che non accetta la testimonianza degli altri, ma deve vedere e toccare per credere alla risurrezione di Gesù. Forse noi ci troviamo in accordo con Tommaso, uomo concreto (Gv 14,5), che esige una certa sicurezza prima di impegnarsi; uomo che amava Gesù, con il coraggio di sentirsi pronto anche a morire con lui (Gv 11,16).
Gesù risponde quasi alla lettera alle esigenze di Tommaso, invitandolo a portare il dito nelle cicatrici delle mani e mettere la mano nel suo costato. L'apostolo, con profonda commozione, proclama la sua professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!"; io credo che tu sei risorto, non sei una fantasma; sei il Messia glorioso e il Dio vivente. Gesù riprende Tommaso perché la fede pura non ha bisogno di segni e prodigi: "beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".
Certamente la risurrezione di Gesù dai morti dimostra in modo più chiaro e convincente che egli è Signore e Dio: però è anche vero che il racconto delle esperienze di Gesù risorto da parte di testimoni oculari, affermano e nutrono la nostra fede, ancora imperfetta.

Nella mia pausa contemplativa oggi, mi confronto con la figura di Tommaso: egli, nella forza della fede in Gesù risorto divenne capace di diventare missionario della Parola e anche martire a causa di essa.

Signore Gesù, fa' crescere la mia fede nella tua risurrezione; fa' crescere il mio amore per te tramite la tua Parola nelle Sacre Scritture e la tua Presenza nell'Eucaristia. Tu sei il mio Signore e il mio Dio!

Un santo Papa
Gesù Cristo è il principio e la fine. Egli è il re del nuovo mondo. Egli è il segreto della storia. Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è il ponte fra la terra e il cielo; egli è per antonomasia il Figlio dell'uomo, perché egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito.
Paolo VI
OFFLINE
04/07/2012 06:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 8, 28-34

I discepoli, salvati dal pericolo di essere sommersi dalle onde del mare, assistono al miracolo della liberazione di due indemoniati e alla perdizione dei demoni sommersi nei flutti del mare. La domanda dei demoni: "Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?" significa che la breve permanenza di Gesù nella terra dei gadareni è un'anticipazione della vittoria sul maligno che Gesù opererà con la sua morte e risurrezione.

A differenza dei discepoli che si pongono la domanda sull'identità di Gesù, i demoni lo riconoscono subito senza esitazione: è il Figlio di Dio. I demoni riconoscono la superiorità di Gesù, Figlio di Dio, e cercano una resa, la meno disastrosa possibile, chiedendo di poter restare sul territorio nei corpi dei porci. E Gesù disse loro: "Andate!".

Ad una lettura superficiale sembra che Gesù venga a patti con i demoni. In realtà questa concessione è un tranello che nasconde la sconfitta definitiva. Il precipitare della mandria di porci posseduti dai demoni nelle acque del mare ci richiama l'affondamento del faraone e del suo esercito nel mare (Es 14,28) e la caduta di satana dal cielo (Ap 12,4).

I demoni, che avevano cercato scampo entrando nei porci, sono precipitati definitivamente nel luogo della loro perdizione, negli abissi del mare. L'episodio ci insegna che non esiste alcuna possibilità di compromesso tra Gesù e satana: sono nemici irriducibili.

Gesù, che scaccia i demoni con la potenza della sua parola, resta impotente di fronte agli uomini che non comprendono il beneficio di liberazione che aveva portato loro. Il miracolo è accolto con disappunto dalla gente del luogo. Come egli ha cacciato i demoni, così i gadareni cacciano lui. L'espressione "lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio" forse indica la gentilezza e le belle maniere che i gadareni usarono verso Gesù perché se ne andasse senza reagire e senza provocare danni maggiori.

Il grido degli indemoniati: "Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?" (v.29) manifestava, sostanzialmente, il pensiero di tutti i gadareni.
OFFLINE
05/07/2012 08:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore?

Nel Libro del Levito il perdono dei peccati era opera faticosa, quasi difficile. Per ogni peccato vi era un particolare sacrificio da offrire al Signore. Con i profeti a poco a poco si iniziò a cambiare forme e modalità. La preghiera divenne forma ed essenza per la cancellazione dei peccati. I Salmi attestano questo cambiamento. Davide compose un Salmo per chiedere il perdono della sua colpa, la remissione della sua trasgressione.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d'issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa' grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare. (Sal 51 (50), 1.21).

Con Gesù avviene un radicale cambiamento. È Lui stesso che prende l'iniziativa e senza alcuna richiesta esplicita, dona il perdono del peccato. Questa offerta di perdono per i farisei è scandalo. Nessun uomo può perdonare i peccati. Questi solo Dio li può perdonare. Ignorano questi uomini che Dio perdona se noi perdoniamo, Lui cancella se noi cancelliamo, Lui rimette se noi rimettiamo, Lui condona se noi condoniamo. Non c'è novità più grande di questa: perché Dio perdoni il peccato è richiesto il nostro perdono. Non parliamo di perdono attraverso la via sacramentale. Parliamo della via che Lui ci ha insegnato nel "Padre nostro" ed in ogni altro insegnamento del Vangelo.

Gesù oggi ci insegna che il peccato non si rimette solo per via sacramentale. Questa via è quella sovrana, per assoluzione in nome di Dio ed è sempre necessaria. Questa è però sovente inefficace se l'uomo non perdona, non condona, non rimette il peccato del fratello. Questa via deve esistere assieme all'altra ed è anch'essa via sovrana. Questa via così ci viene insegnata da San Giacomo: "Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto" (G v 5,13-18). Questa via dovrà essere vissuta sempre, in ogni momento in ogni relazione umana, se si vuole che il Sacramento produca frutti di pace, riconciliazione, grande perdono.



Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone di perdono.
OFFLINE
06/07/2012 07:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Seguimi!

Si chiana sui malati il Signore Gesù. Viene a chiamare a se i dispersi e i lontani affinché si formi un solo ovile sotto un solo pastore. La forza della sua voce non ha limiti, egli chiama chi vuole con toni imperativi per esprimere la sua signoria sull'uomo e l'intensità dell'amore che gli vuole manifestare. Oggi si accosta ad un pubblicano seduto al banco delle imposte. È Matteo che racconta la sua chiamata con sorprendente semplicità: Gesù passando lo vide e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì". Sono tutti interessanti i particolari del racconto: c'è un uomo seduto, legato alla sua realtà umana, al suo mestiere, probabilmente non apprezzato da molti perché lo lega ad un modo pagano di cui tutti aborrono la presenza, c'è Gesù che passa e pone il suo sguardo su di lui. È, da quello che segue, uno sguardo di misericordia e di amore. Ci ricorda un episodio analogo quando, dopo il dialogo con il giovane ricco: "Gesù, fissatolo, lo amò". È una costante in Cristo: il suo sguardo è sempre espressione di compiacenza, di misericordia, di predilezione. Sembra quasi che egli voglia così prima aprirsi un varco nel cuore dell'uomo per poi scandire il suo invito e fare la sua chiamata. Lo deduciamo dalla prontezza della risposta e anche dal convito festoso che segue. Ci sono però i soliti guasta festa, gli scribi e i farisei, i quali chiusi nella loro visione purista ed elitaria, non vogliono comprendere che il Regno di Dio è aperto a tutti senza riserva alcuna. Matteo, protagonista del felice incontro, trae dalla sua storia motivi di insegnamenti perenni ed universali e raccoglie dalla bocca di Cristo la sua dichiarazione finale, che smentisce i contestatori e riapre i cuori di tutti alla festa senza fine: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Ecco finalmente la grande apertura di cui avevamo bisogno per comprendere appieno la missione di Cristo e la infinita misericordia del Padre. Così è stata abbattuta la barriera del peccato, così abbiamo potuto comprendere il valore e la gioia del perdono, gratuitamente offerto, perché redenti da Cristo. Così si è riaccesa la speranza anche per i più lontani, così le porte del regno si sono riaperte per tutti. Per quei gesti di misericordia abbiamo visto e vediamo ogni giorno ritornare affaticati e logori tanti figli, che si erano allontanati dalla casa paterna; così, come è avvenuto per Matteo, abbiamo scorto nella schiera dei chiamati tanti e tante provenienti da esperienze mondane di ogni genere e recuperati da quello sguardo di Cristo e sollecitati da quel "Seguimi". Ci ha scelti dalla schiera dei malti e dei peccatori perché a nostra volta avessimo il cuore sempre aperto alla misericordia.
OFFLINE
07/07/2012 07:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa? che non ricadiamo nelle tenebre dell?errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 9,14-17
In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: ?Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano??
E Gesù disse loro: ?Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l?uno e gli altri si conservano?.



3) Riflessione

? Matteo 9,14: La domanda dei discepoli di Giovanni circa la pratica del digiuno. Il digiuno è un?usanza assai antica, praticata da quasi tutte le religioni. Gesù stesso la praticò per quaranta giorni (Mt 4,2). Ma non insiste con i discepoli affinché facciano la stessa cosa. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere perché Gesù non insiste nel digiuno "Noi e i farisei digiuniamo. Perché i tuoi discepoli non digiunano?"
? Matteo 9,15: La risposta di Gesù. Gesù risponde con un paragone sotto forma di domanda: ?Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?? Gesù associa il digiuno al lutto, e lui si considera lo sposo. Quando lo sposo si trova con i suoi amici, cioè durante la festa delle nozze, loro non hanno bisogno di digiunare. Quando Gesù è con loro, con i discepoli, è festa, la festa della nozze. Non devono quindi digiunare. Ma un giorno lo sposo andrà via. Sarà un giorno di lutto. Allora sì che, se vogliono, potranno digiunare. Gesù allude alla sua morte. Sa che, e sente che, se continua per questo cammino di libertà, le autorità lo vorranno uccidere.
? Matteo 9,16-17: Vino nuovo in otri nuovi! In questi due versi, il vangelo di Matteo riporta due frasi separate di Gesù sul rammendo nuovo su una tela vecchia e sul vino nuovo in otre nuovo. Queste parole gettano luce sulle discussioni ed i conflitti di Gesù con le autorità religiose dell?epoca. Non si pone un rammendo di tela nuova su una tela vecchia. Perché nel lavarla, il rammendo nuovo tira ancora di più il vestito vecchio, e lo strappo è maggiore. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, perché il vino nuovo a causa della fermentazione, rompe l?otre vecchio. Vino nuovo in otre nuovo! La religione difesa dalle autorità religiose era come una vecchia tela, come un otre vecchio. Sia i discepoli di Giovanni che i farisei, cercavano di rinnovare la religione. In realtà, facevano soltanto rattoppi e, per questo, correvano il pericolo di compromettere e danneggiare sia la novità che le vecchie usanze. Non bisogna voler combinare la novità che Gesù ci porta con le vecchie usanze. O l?uno, o l?altro! Il vino nuovo che Gesù ci porta fa scoppiare l?otre vecchio. Bisogna saper separare le cose. Assai probabilmente, Matteo presenta queste parole di Gesù per orientare le comunità degli anni 80. C?era un gruppo di giudei-cristiani che volevano ridurre la novità di Gesù al giudaismo di prima della venuta di Gesù. Gesù non è contro ciò che è ?vecchio?. Non vuole che ciò che è vecchio si imponga a ciò che è nuovo e, impedisca di manifestarsi. Non si può rileggere il Vaticano II con la mentalità preconciliare, come alcuni cercano di fare oggi



4) Per un confronto personale

? Quali sono i conflitti attorno alle pratiche religiose che oggi fanno soffrire tante persone e sono motivo di accesa discussione e polemica? Qual è l?immagine di Dio che sta dietro tutti questi preconcetti, queste norme e queste proibizioni?
? Come capire la frase di Gesù: ?Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio?? Qual è il messaggio che emerge da tutto questo per la tua comunità di oggi?

5) Preghiera finale

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore. (Sal 84)
OFFLINE
08/07/2012 09:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Marco Pozza
A Nazareth hanno mal di stomaco per troppa gelosia

Anche il talento è una condanna all'isolamento: non sempre i più bravi sono anche i più amati. A Nazareth avevano gonfiato il petto d'orgoglio. Per un giorno al centro del mondo. Tornava a casa uno di loro, uno dei pochi che erano riusciti a far parlare di se fuori dalle campagne di Galilea. Eppoi era dolce e discreto come un bambino, ma sapeva anche diventare ferreo e coraggioso contro le ingiustizie. Non temeva di chiamare "volpe" Erode e serpenti i capi religiosi della sua epoca. Nella sinagoga del suo paese avvenne qualcosa di strano (liturgia della XIV^ domenica del tempo ordinario). Tutti, all'udirlo, "erano meravigliati dalle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca", fino a renderne testimonianza (Lc 4,22). E non ci risulta difficile immaginarcela quella povera gente: attonita, con il fiato sospeso davanti a quello che Gesù aveva da poco catapultato nei loro cuori. Li per lì ne restano affascinati, sedotti, catturati, ma basta un attimo e tutto si capovolge in odio feroce. Come si permette Lui - semplice figlio di Giuseppe, falegname di Nazareth - parlare in quel modo? Quell'Uomo, che avevano visto giocare insieme ai loro figli, uno che avevano sentito più e più volte tossire per le viuzze al calar del sole, uno che avevano visto rantolare dopo un lungo inseguimento sui prati ingialliti di anemoni? Nessuno è profeta in patria: questo anche i muri lo sanno. Ma c'è da credere che Gesù s'aspettasse da quelli del suo paese uno strappo alla regola, un'eccezione che confermi la norma, un exploit che confermi la normalità. E invece, strada facendo, dovrà accorgersi che i suoi nemci sono proprio lì, "tra i suoi parenti, in casa sua e si meravigliava della loro incredulità" (Lc 6,4-6). Luca, evangelista-pittore, dipinge bene la rabbia che stava montando nel cuore dei suoi paesani: "lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte per gettarlo giù dal precipizio". Insomma, volevano ammazzarlo, tutti insieme, a denti stretti, compatti. Perché? Perché la santità, quando è pura, diventa "segno di contraddizione", svela i pensieri dei cuori e, perciò, scandalizza, fino a diventare mortale. Soprattutto se c'è una folla unanime disposta a scagliarsi contro di lui.

I suoi paesani sono ingordi di miracoli. Vogliono il miracolo! Cavolo, una magia a casa sua la può concedere. Vogliono l'emozione, l'eccezione, la magia. Come a Cafarnao! Sono "raccomandati", sono paesani di Gesù, è il figlio di Giuseppe! Ma dei miracoli, Cristo fu nemico. Quale più quale meno, tutti i miracoli sono strappati alla sua pietà, carpiti alla sua condiscendenza, persino rubati con l'astuzia. E ogni volta che ne concede uno, noi sappiamo che quel cieco che apre gli occhi, quello storpio che getta le crucce, quel morto che risuscita non è il vero miracolo. Se non per noi. Per Lui il miracolo è un altro, quello che dovrebbe sgorgare di conseguenza, per ottenere il quale ha ceduto a farsi mago e che invece gli riesce solo raramente: la fede. Vogliono il miracolo, ma Lui non lo compie perché manca la fede! Loro "furono pieni di sdegno, si levarono, lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte per gettarlo giù dal precipizio". Lui non cambia idea sull'uomo: "prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato. Ti ho stabilito profeta delle nazioni. Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti" - dichiara con amore eterno Dio al profeta Geremia.

O Dio, mandaci dei folli, che si impegnino a fondo, che dimentichino, che amino non soltanto a parole, che si donino per davvero sino alla fine. Abbiamo bisogno di folli, di irragionevoli, di appassionati, capaci di tuffarsi nell'insicurezza, l'ignoto sempre più spalancato della povertà. Abbiamo bisogno dei folli del presente, innamorati della semplicità, amanti della pace, liberi dal compromesso, decisi a non tradire mai, obbedienti e insieme spontanei e tenaci, forti e dolci.
O Dio, mandaci dei folli.
Dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola; ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità. Noi dobbiamo soffrire per divertirla.

Manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me, come io faccio ridere gli altri.
OFFLINE
09/07/2012 08:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata

La fede da sola non basta a dare nuova vita alla nostra esistenza segnata dal dolore, dalla malattia, dalla morte. Ad essa occorre che venga aggiunta la preghiera, che si fa richiesta esplicita, domanda formale, chiara manifestazione a Dio della nostra volontà. Occorre anche che vengano posti degli atti concreti perché dalla fede sgorghi la benedizione di Dio che crea nuovamente la nostra storia quotidiana.
Quest'uomo, la cui figlia è appena morta, crede che Gesù possa darle nuovamente la vita. Va da Lui e lo prega, gli chiede di recarsi con lui nella casa dove giaceva la figlioletta morta per imporre la sua mano su di lei e così ella sarebbe tornata a vivere. Basta che Gesù si accosti, la tocchi e la morte scomparirà sul suo corpo.
È questa una fede che sa, che vuole, che opera, che non si arrende. È una fede che si fa compagnia di Cristo Gesù finché Lui non avrà compiuto il miracolo della risurrezione. Di questa fede noi tutti abbiamo bisogno. Sovente la nostra fede è tiepida, ingiallita, una foglia morta caduta dal ramo della nostra anima e del nostro cuore. Questa fede è inutile, perché non ci aiuta a dare soluzione di vita alla nostra morte spirituale ed anche fisica. La fede è vera se si trasforma in preghiera e in compagnia. Si cammina con Gesù fino all'esaudimento della nostra richiesta.
La donna che ha gravi perdite di sangue possiede invece una fede ancora più forte. La sua è una fede che non chiede con la bocca, ma con le mani. Lei sa che è sufficiente toccare Gesù, senza proferire alcuna parola, per ritornare guarita nel proprio corpo. Alla fede che sa ella aggiunge il gesto necessario perché la vita ritorni a scorrere nel suo corpo, anziché uscire da esso e costringerla a vivere quotidianamente da impura e da immonda a causa della sua perdita di sangue.
La nostra fede spesso manca di verità, convincimento, preghiera, gesti concreti, certezza nell'esaudimento, compagnia e cammino insieme a Gesù. Manca di quella fermezza del nostro spirito che sa che nulla è impossibile a Dio. Questa fede così carente, insipiente, stolta non aiuta a ritrovare la vita. Ci lascia nella nostra morte e in quello stato miserevole di povertà fisica, spirituale, morale. Dio è l'Onnipotente. Niente è troppo grande per Lui. Nulla è lontano dalle sue capacità. Tutto Lui può fare per i suoi figli. Chiede però una fede forte, robusta, instancabile, non arrendevole, invincibile, santa, che sa farsi preghiera insistente, opera e gesto concreto perché Dio discenda dal Cielo e venga in nostro soccorso. Tutto è dalla nostra fede. Se la nostra fede non produce frutti, è segno che essa è un albero secco, da tagliare e gettare nel fuoco. Gesù ci chiede una fede viva, intensa, forte, robusta, vigorosa. Vuole da noi una fede ricolma della sua verità. Noi ci accostiamo a Lui con essa e Lui compie ogni miracolo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu che sei la Donna dalla fede purissima, insegnaci a chiedere a Gesù con quella fermezza di volontà e di carità, che hai manifestato alle nozze di Cana. Angeli e Santi, fateci di fede forte, vigorosa, tenace.
OFFLINE
10/07/2012 10:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
La «cura» di Cristo

«Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità». Così si afferma nel mondo il Regno di Dio; è la vittoria di Cristo sul male, in ogni sua manifestazione, e la liberazione dalle seduzioni e invasioni del demonio. Tutto mira a ridare libertà all'uomo da ciò che l'affligge nell'anima e nel corpo. Il mutismo ha le sue evidenti conseguenze fisiche in chi ne è afflitto, ma incide anche nel cuore dell'uomo che resta privo di un mezzo indispensabile per comunicare con i propri simili e con lo stesso Dio. Far parlare i muti è opera di Cristo redentore, che così vuole ricreare la comunione con il Padre celeste e ristabilire la fraternità tra gli uomini. Per questo egli non solo rende l'uomo muto capace di dialogare, ma lo ricongiunge a se e a Dio con il vincolo della preghiera. I soliti farisei non comprendono e non vogliono comprendere l' "opera" di Cristo e cercano di insinuare nella folla l'idea che egli scacci i demoni «per opera del principe dei demoni». È però la stessa folla a smentirli, che mostra invece stupore ed esclama: «non si è mai visto nulla di simile in Israele». Molto spesso Gesù allarga la sua visione da una persona al mondo intero; dopo aver liberato il muto indemoniato, guarda le folle con amore e compassione, le scorge «stanche e sfinite, come pecore senza pastore». Si vaga a lungo e fino alla spossatezza quando manca una guida sicura ai pascoli migliori e agli obiettivi primari della vita, quando si cade in preda al disorientamento, quando si è affamati e assetati e non si trova il cibo buono e bevande salutari. Ecco allora una condizione indispensabile affinché il regno di Dio si estenda ovunque: «Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe». Comprendiamo così l'urgenza della preghiera perché i chiamati alla vigna, gli operai per il regno di Dio, rispondano con sollecitudine e generosità, comprendiamo l'importanza dell'impegno che viene loro affidato e nel contempo la consolante certezza che «il padrone della messe» è Lui, il Signore. Il campo, la vigna, il regno, la Chiesa richiedono il nostro indispensabile contributo personale di energie da spendere senza riserva, ma alla fine sappiamo che prima di essere un nostro compito, è opera di Dio stesso, che feconda e fa germogliare i semi.
OFFLINE
11/07/2012 07:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che nell'umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l'umanità dalla sua caduta,
donaci una rinnovata gioia pasquale,
perché, liberi dall'oppressione della colpa,
partecipiamo alla felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 19,27-29
In quel tempo, Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?". E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.


3) Riflessione

? Oggi è la festa di San Benedetto, patrono d'Europa. Per questo, in Europa, il vangelo di oggi è diverso. Gli altri continenti continuano a meditare il Discorso della Missione (Mt 10,16-23), iniziato il 9 luglio. In Europa il vangelo di oggi ci parla dell'invito di Gesù ad abbandonare tutto e a seguirlo (Mt 19,27-29). Per capire tutta la portata di questo invito è bene aver presente il suo contesto. Gesù aveva detto al giovane ricco: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e seguimi. Nell'udire ciò, il giovane si riempì di tristezza, perché era molto ricco" (Mt 19,22). Dinanzi alla reazione negativa del giovane, Gesù commenta dicendo "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli" (Mt 19,24). Questa parola di Gesù spaventò i discepoli: "Ma allora, chi potrà salvarsi?" Gesù rispose: "Per gli uomini questo è impossibile, ma nulla è impossibile a Dio". E a continuazione viene la domanda di Pietro che introduce il vangelo di oggi.
? Matteo 19,27: La domanda di Pietro. "Gesù, ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?" Nonostante avessero abbandonato tutto per seguire Gesù, loro non hanno ancora abbandonato la mentalità di prima. Non hanno capito ancora il senso del servizio e della gratuità. Abbandonarono tutto, ma in realtà per avere qualcosa in cambio. "Cosa avranno?". La risposta di Gesù è simbolica. Ed è divisa in due parti:
(a) la ricostruzione del nuovo Israele (Mt 19,28)
(b) la ricompensa per coloro che abbandonano tutto per amore suo (Mt 19,29).
? Matteo 19,28: La ricostruzione del nuovo Israele. "In verità vi dico, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele". C'è una ricompensa, sì, ma non per meriti. La ricompensa sarà il frutto naturale dell'impegno gratuito, liberamente assunto, di seguire Gesù in questa vita. Poiché chi segue Gesù in questa vita, starà con lui nell'altra vita. La ricompensa sarà: sedersi sul trono della gloria insieme a Gesù. Nel mondo rinnovato, annunciato da Isaia (Is 65,17-25; 66,22-23), in cui Gesù apparirà come il Figlio dell'Uomo, il giudice universale, annunciato da Daniele (Dan 7,13-14), gli apostoli staranno con Gesù, non nel potere, ma nel servizio. Nel vangelo di Giovanni Gesù formula la stessa cosa, in altro modo: "Voglio che stiano con me dove io stia".
? Matteo 19,29: La ricompensa per coloro che abbandonano tutto per amore a Gesù. "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna". Si tratta di una duplice promessa: il centuplo in questa vita e nel futuro la vita eterna. Oggi, in molte comunità ecclesiali di base, la gente riconosce la verità di questa promessa di Gesù in questa vita. Poiché la vita in comunità fa crescere il numero di sorelle e fratelli, di padri e di madri. La condivisione aumenta l'aiuto reciproco fino al punto di non esserci più in comunità persone nel bisogno. Le comunità raggiungono l'ideale dei primi cristiani (cf At 2,44-45;4,34-35).
? La scelta a favore dei poveri. Al tempo di Gesù, c'erano diversi movimenti che cercavano, come Gesù, di vivere in comunità, in modo nuovo: gli esseni, i farisei e, più tardi, gli zeloti. Ma nella comunità di Gesù c'era qualcosa di nuovo che si differenziava dagli altri movimenti. Era l'atteggiamento dinanzi ai poveri ed agli esclusi. Le comunità dei farisei e degli esseni vivevano separate. La parola "fariseo" vuol dire "separato". Vivevano separati dalla gente impura. Alcuni farisei consideravano la gente ignorante e maledetta (Gv 7,49), in peccato (Gv 9,34). Gesù e la sua comunità, al contrario, vivevano insieme alle persone escluse: poveri, pubblicani, peccatori, prostitute, lebbrosi (Mc 2,16; 1,41; Lc 7,37). Gesù riconosce la ricchezza e il valore che i poveri posseggono (Mt 11,25-26; Lc 21,1-4). Li proclama felici, perché loro è il Regno, il Regno è dei poveri (Lc 6,20; Mt 5,3). Definisce la sua missione così: annunciare la Buona Novella ai poveri" (Lc 4, 18). Lui stesso visse da povero. Non possedeva nulla per sé, nemmeno una pietra dove reclinare il capo (Lc 9,58). E a chi vuole seguirlo per vivere con lui, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Ordina di fare la scelta a favore dei poveri! (Mt 19,21-22) La povertà che caratterizzava la vita di Gesù e dei discepoli, caratterizza anche la missione. Al contrario degli altri missionari (Mt 23,15), i discepoli e le discepole di Gesù non possono portare nulla con sé, né oro, né argento, né due tuniche, né borsa, né sandali (Mt 10,9-10). Devono affidarsi all'ospitalità (Lc 9,4; 10,5-6). E se sono accolti dalla gente, devono lavorare come tutti e vivere di ciò che ricevono in cambio (Lc 10,7-8). Inoltre devono occuparsi dei malati e dei bisognosi (Lc 10,9; Mt 10,8). E solamente così possono dire alla gente: "Il Regno è qui!" (Lc 10,9). Questa testimonianza diversa a favore dei poveri era il passo che mancava nel movimento popolare dell'epoca. Ogni volta che nella Bibbia sorge un movimento per rinnovare l'Alleanza, loro ricominciano ristabilendo il diritto dei poveri, degli esclusi. Senza di questo, l'Alleanza non si ricostruisce! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Denuncia il sistema antico che, in nome di Dio, escludeva i poveri. Gesù annuncia un nuovo inizio che, in nome di Dio, accoglie gli esclusi. Questo è il senso ed il motivo dell'inserimento e della missione della comunità di Gesù in mezzo ai poveri. La scelta per i poveri attinge la sua radice dalla nuova alleanza e la inaugura.


4) Per un confronto personale

? Una persona che vive preoccupata per la sua ricchezza o che vive volendo compare tutti i prodotti della propaganda in televisione, può liberarsi di tutto per seguire Gesù e vivere in pace in una comunità cristiana? E' possibile? Cosa ne pensi?
? Come capire e praticare oggi i consigli di Gesù al giovane ricco?


5) Preghiera finale

Beato l'uomo che teme il Signore
e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza dei giusti sarà benedetta. (Sal 111)
OFFLINE
12/07/2012 06:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 10, 7-15

La predicazione degli apostoli riprende e continua l'annuncio del regno dei cieli fatto da Gesù (4,17) e dal Battista (3,2). Tale annuncio viene fatto con la parola (v.7), con le azioni di bene (v.8a) e con la testimonianza della vita (vv.8a-10).

La testimonianza della vita consiste nella gratuità. Gli inviati di Dio non lavorano per il proprio onore, né per la propria grandezza, né per il proprio arricchimento.

Il disinteresse è certamente la prova più grande della bontà della causa che essi promuovono (1Cor 9,18; At 20,33; 1Tm 3,8; ecc.).

Gli annunciatori del vangelo non devono chiedere nulla e non devono prendere nulla per il viaggio. La motivazione è questa: il regno dei cieli viene annunciato ai poveri e appartiene ai poveri (Mt 5,3) e quindi può essere annunciato in modo credibile solo da coloro che dimostrano di averlo già accolto nella propria vita diventando poveri. Gesù è povero (Mt 8,20).

La povertà e il distacco dalle preoccupazioni materiali è la dimostrazione che si è capito e accettato il vangelo della paternità di Dio (Mt 6,32-33). Il missionario deve presentarsi agli uomini spoglio e umile come è richiesto a chi vuol annunciare in modo coerente i contenuti del discorso della montagna.

Dovunque l'apostolo arriverà, dovrà farsi indicare qualche persona degna presso la quale prendere alloggio (v.11), cioè un luogo che non susciti pettegolezzi che nuocerebbero alla predicazione o la renderebbero vana.

La missione comincia con l'augurio della pace. Nel linguaggio dell'Antico Testamento la pace è sinonimo di benessere materiale e spirituale; nel Nuovo Testamento significa la salvezza portata dal Cristo, anzi, Cristo stesso (Ef 2,14).

L'eventuale rifiuto dell'annunciatore e delle sue parole non deve scoraggiare l'apostolo né arrestare l'azione missionaria: egli andrà altrove a portare il dono della salvezza.

Il gesto di scuotere la polvere dai piedi non è una maledizione: è un segno di distacco e di protesta. Era il gesto che ogni israelita compiva rientrando in Palestina da un luogo pagano, come gesto di totale separazione. Siccome gli inviati stanno recando il vangelo in terra d'Israele, questo gesto significa che le città e i villaggi d'Israele che rifiutano gli apostoli di Gesù vanno ritenuti come territorio di pagani, esclusi dalla comunione di salvezza col popolo di Dio.

Quando l'apostolo ha compiuto la sua missione in un luogo, non deve fermarsi: non ha tempo da perdere. Il tempo è così poco e l'annuncio così importante che l'apostolo deve andare speditamente per le città e i villaggi, come faceva Gesù (Mt 9,35).

Luca riporta anche il comando di Gesù: "Non salutate nessuno lungo la strada" (10,4) proprio per sottolineare l'urgenza della missione (cfr 2Re 4,29).

Il compito del missionario è di presentare l'annuncio chiaro e convincente, e poi affidarlo alla libertà e alla responsabilità degli ascoltatori.

Le città di Sodoma e Gomorra sono il simbolo della violazione dei sacri doveri dell'ospitalità (Gen 19,8). Le città che non ospiteranno gli inviati di Cristo saranno trattate più duramente di Sodoma e di Gomorra nel giorno del giudizio.
OFFLINE
13/07/2012 07:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Ecco io vi mando come pecore in mezzo ai lupi, siate dunque prudenti come serpenti e semplici come le colombe".

Come vivere questa Parola?
Queste parole di Gesù sembrano quasi in contraddizione con l'immagine del buon pastore che lascia le novantanove pecore nell'ovile per andare in cerca di quella perduta perché potrebbe essere mangiata dai lupi. Qui, invece, è proprio il pastore che getta il suo gregge nella mischia, senza salvavita. Ma il contesto è diverso. Nella parabola, le pecore rappresentano quelli che seguono il pastore forse solo per stare al sicuro e si accontentano di essere protetti. Sono ancora agli inizi del cammino, non possono assumersi compiti di cura per altri. I discepoli, invece, quelli che Gesù manda su sentieri pericolosi per raggiungere tutti i confini del mondo, sono quelli che hanno vissuto con lui, che conoscono i suoi pensieri e la sua parola. Per questi, il Maestro pronunzia vere e proprie "Linee guida". E' inutile illudersi: la strada di chi decide di camminare al fianco del più piccolo, più povero, dell' "abbandonato" non viene capita dal "mondo" dalla cultura dominante, da chi non si interessa dell'altro. Anzi viene continuamente ostacolata: quasi un accanimento.
Il Signore Gesù non illude i suoi discepoli. Dice loro che non saranno sempre accolti volentieri, anzi, dovranno incontrare il rifiuto, il disprezzo, il ridicolo, ed anche la violenza nei loro confronti
Lui sa bene che i discepoli vanno "come agnelli in mezzo ai lupi". E non è agevole per un "agnello" far cambiare vita al "lupo". E tutto è ancora più difficile se questi "agnelli" debbono presentarsi senza "borsa, né bisaccia, né sandali". L'unica loro forza è l'amore. E' una "forza debole". Debole perché non ha né armi, né arroganza; eppure è a tal punto forte da spostare i cuori degli uomini. C'è dunque un potere dato ai discepoli: quello di voler bene a Dio e agli uomini ad ogni costo e sopra ogni cosa. C'è inoltre lo Spirito che parla a favore e a nome di chi porta l'annuncio della buona notizia su strade pericolose. Questo stesso Spirito gli insegna ad essere semplice, in modo da non rinunciare mai allo suo scopo e insieme prudente nel scegliere la via migliore per raggiungerlo.

Nella pausa di preghiera di questa giornata, mi rivolgerò al Buon pastore dicendo:

Signore Gesù, tu mi chiedi di rendere testimonianza, nonostante l'ostilità di qualcuno e l'incomprensione di molti. Manda il tuo Spirito a guidarmi dove tu vuoi che vada.

Parole del Papa buono
Mi lascerò schiacciare, ma voglio essere paziente e buono fino all'eroismo. Solo allora sarò meritevole di partecipare al sacerdozio di Gesù Cristo.
Giovanni XXIII
OFFLINE
14/07/2012 07:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

Gesù ci chiede di vivere il Vangelo, offrendo a Lui tutta intera la nostra vita. Questa stessa verità così veniva già annunziata nell'Antico Testamento.

Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d'immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l'offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell'amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti. Ma gli empi riceveranno una pena conforme ai loro pensieri; non hanno avuto cura del giusto e si sono allontanati dal Signore. Infatti è infelice chi disprezza la sapienza e l'educazione. Vana è la loro speranza e le loro fatiche inutili, le loro opere sono senza frutto. Le loro mogli sono insensate, cattivi i loro figli, maledetta la loro progenie. Felice invece è la sterile incorrotta, che non ha conosciuto unione peccaminosa: avrà il frutto quando le anime saranno visitate. E felice l'eunuco la cui mano non ha fatto nulla d'ingiusto e non ha pensato male del Signore: riceverà una ricompensa privilegiata per la sua fedeltà, una sorte più ambita nel tempio del Signore. Poiché glorioso è il frutto delle opere buone e la radice della saggezza non conosce imperfezioni. I figli degli adulteri non giungeranno a maturità, il seme di un'unione illegittima scomparirà. Anche se avranno lunga vita, non saranno tenuti in alcun conto, e, infine, la loro vecchiaia sarà senza onore. Se poi moriranno presto, non avranno speranza né conforto nel giorno del giudizio, poiché dura è la fine di una generazione ingiusta. (Sap 3,1-18).

Il Vangelo si vive fino alla testimonianza suprema, effondendo per esso la vita. Dare la vita al Vangelo è ritrovarsela tutta gloriosa nell'eternità beata. Toglierla al Vangelo invece è perderla per l'eternità. Come si dona la vita al Vangelo? La si dona consegnandola alla verità che esso annunzia e contiene. La verità del Vangelo sono le Beatitudini. Chi dona la vita al Vangelo, deve essere uomo, persona delle Beatitudini, cioè persona, uomo, consacrato interamente al bene secondo la via e la forma di Cristo Gesù. Nessuna connivenza con il male. Nessun atto della nostra vita dovrà essere vissuto nella volontà degli uomini, se questa è contraria alla volontà di Dio.

Non si può vivere da cristiani nel segreto, nel nascondimento, nel deserto, nel ritiro dal mondo. Il Vangelo è la testimonianza da fare a Cristo Gesù dinanzi nel mondo. Il Vangelo è il lievito del mondo, il sale della terra, la luce delle genti. Il Vangelo esige una confessione pubblica, palese, sempre attuale di fedeltà ad esso quando l'uomo ti chiede che la verità venga vissuta nell'intimo della coscienza, nel segreto, nel deserto, lontano dalla città degli uomini, fuori delle sue istituzioni. Il Vangelo è combattimento, lotta contro il principe di questo mondo e questi non è nel deserto. È nel cuore della città.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni.
OFFLINE
15/07/2012 09:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ileana Mortari - rito romano
Va loro potere sugli spiriti impuri

Nella pericope odierna Gesù affida ai Dodici (chiamati in Mc.3,13-14) il compito di condividere la sua stessa missione, impartendo loro precise indicazioni; li manda a due a due, secondo l'uso giudaico, non solo per un mutuo e fraterno sostegno, e per affrontare meglio i rischi che comportava allora il viaggiare, ma soprattutto perché - secondo Dt,17,6 e 19,15 - la legge riteneva valida solo la testimonianza e la deposizione concorde di almeno due persone.

L'equipaggiamento deve essere ridotto al minimo necessario (sandali e bastone), per testimoniare in prima persona il distacco dai beni, e perché la missione non deve basarsi su mezzi o sicurezze umane, ma sulla potenza di Dio: "il nulla degli apostoli è il tutto di Dio"! - osserva don L. Pozzoli.

Potrà succedere, come del resto è accaduto a Gesù, che accoglienza e ascolto vengano loro negati; in tal caso essi dovranno "scuotere la polvere sotto i piedi come testimonianza per loro."
Il gesto di scuotere la polvere dai calzari e dagli indumenti era normalmente compiuto dal giudeo che ritornava in patria da paesi pagani, per eliminare impurità eventualmente contratte. Analogamente il gesto degli apostoli doveva indicare separazione netta da coloro che, rifiutando il messaggio evangelico, perdevano la loro qualifica di "popolo di Dio" e diventavano in tutto simili ai pagani.

E comunque "il rifiuto è previsto: la parola di Dio è efficace, ma a modo suo. Il discepolo deve proclamare il messaggio e in esso giocarsi completamente, ma deve lasciare a Dio il risultato. Al discepolo è stato affidato un compito, non garantito il successo." (B. Maggioni)

E' da notare che, al momento dell'invio, l'evangelista mette in risalto solo che Gesù "??.dava loro potere sugli spiriti impuri", attuazione di quanto preannunciato all'inizio del ministero: "ne costituì Dodici, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni" (Mc.3,14-15).

E' quel potere di esorcismo che, anche nella missione di Gesù, viene più volte riferito e messo in rilievo, un ministero che ha certamente basi storiche.

Nel vangelo i demoni sono chiamati "spiriti impuri" o "spiriti immondi". "Spiriti" significa esseri non umani; "impuri" e "immondi" indica tutto ciò che, fonte di corruzione e contaminazioni negative, si oppone al sacro, al bene, alla positività, a Dio; secondo la concezione giudaica del tempo, tali spiriti sono quindi la causa dei mali fisici nel mondo e di tutti i mali che affliggono l'umanità, delle disgrazie, delle tentazioni, degli insuccessi, delle rovine e della morte.

Il diavolo - o Satana - è poi la personificazione stessa del male (Mt.13,19), il nemico (Mt.13,25.28; Lc.10.19), l'invisibile potenza che si mette contro il piano divino della salvezza (Mt.4; Mc.4,15), rende gli uomini ciechi nei confronti della volontà di Dio (2°Cor.4,4), conduce all'incredulità, al peccato (Ef.2,2) e alla morte.
Il diavolo si configura come il tentatore (Mt.4,3.5; 6,13; 13,25.39;Mc.1,13; Lc.4,1ss; 8,12; Gv.6,70; 8,44; 13,2; 15,15; 1°Ts.3,5), il forte (Mt.12,29), padre della menzogna (Gv.8,44), principe di questo mondo (Gv.12,31), Dio di questo mondo (2°Cor.4,4). E' responsabile di ossessione (Mc.5,1-13), malattie (Mt.4,24; 8,24 ss; 9,32; 12,22; Mc.9,17.25; Lc.13,16; At.10,38), potenza malefica (Lc.11,14 ss; At.13,10).

A fronte di un panorama così desolante, nell'ambiente giudaico si attendeva con ansia il "tempo del Messia", o escatologico (=della fine della storia), che avrebbe portato la vittoria sul regno di Satana e dei suoi satelliti.

Ora, nei vangeli Gesù si rivela proprio come quell'inviato definitivo di Dio che era tanto atteso;
Egli conduce una lotta continua ed implacabile contro il demonio e le sue manifestazioni, una lotta che comincia con l'episodio delle tentazioni (Mt.4,1-11 e parall.), in cui per la prima volta, dopo la scena del Paradiso terrestre, un uomo, che rappresenta l'umanità, viene a trovarsi faccia a faccia con il diavolo e, al contrario di Adamo, ne vince le seduzioni.
La lotta si inasprisce con le liberazioni degli indemoniati, che il Signore attua senza ricorrere a lunghi e complicati rituali (come facevano allora gli esorcisti), ma con la semplice forza della sua Parola, e con le guarigioni di malati, che sono pure vittorie su Satana, dato il legame che veniva supposto tra quest'ultimo e la malattia.
La battaglia continua pure, più dissimulata, nello scontro che oppone Cristo ai Giudei increduli, detti "figli del diavolo" (Gv.8,44) e raggiunge il suo parossismo nell'ora della Passione. Qui, nell'"ora delle tenebre", il Maligno sembra condurre il gioco; ma in realtà "non ha su Cristo alcun potere": tutto è opera dell'amore e dell'obbedienza del Figlio (Gv.14,30). Nel momento preciso in cui si crede certo della vittoria, il "principe di questo mondo" è "gettato fuori" (Gv.12,31; Ap.12,9-13); Gesù, che lo ha sempre affrontato con grande fermezza, con la sua morte in croce gli infligge la sconfitta decisiva.

Dunque, come viene ripetuto più volte nel Nuovo Testamento, Cristo si è incarnato ed è venuto nel mondo "per distruggere le opere del diavolo" (1°Gv.3,8), liberarci dalla schiavitù di Satana (cfr. At.10,38), "ridurre all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo" (Eb.2,14).

Ma tutto questo sarà totalmente definitivo solo al momento della parusia, quando "il Signore Gesù distruggerà l'empio con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta" (2°Ts.2,8) e Satana e i suoi angeli saranno ricacciati per sempre nel buio dell'inferno, in uno "stagno di fuoco e di zolfo", ove "saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli" (Ap.20,10).

Intanto, per tutto il corso della storia, è ancora permesso al Maligno di continuare a "fare guerra contro il resto della sua discendenza" (Ap.12,17), cioè l'umanità.

Come si manifesta oggi la potenza di Satana? E come va combattuta?

Il diavolo si manifesta certamente nelle scene di possessione demoniaca; ma queste, per quanto sconvolgenti, sono molto molto rare e non è soprattutto lì che il Maligno mostra il suo potere: egli è molto più astuto!

Satana (dall'ebraico Satàn = avversario, accusatore, calunniatore) o Diavolo (= colui che separa, divide), è il maestro insuperato nel mettere la confusione e la discordia tra gli uomini attraverso la menzogna e il peccato, con il fine di aizzarli gli uni contro gli altri e allontanarli da Dio e dal suo piano di salvezza.
OFFLINE
16/07/2012 07:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
In verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa

Il Vangelo è separazione, divisione, distacco dell'uomo dall'uomo perché è scelta di vita. Chi sceglie il Vangelo, lo deve scegliere per sempre, senza più ritorno indietro, senza compromessi, senza sconti, senza vie di fuga, senza alcun'altra alternativa. Il Vangelo è la perfezione del bene sulla terra, perché è la scelta del sommo bene che è Dio, la sua volontà, la sua divina ed eterna carità, la sua verità, che è il fondamento di ogni altra verità creata, compresa la verità della nostra natura umana.
Chi sceglie il Vangelo è in tutto simile ad un uomo che prende una via per recarsi in un luogo. Se l'altro prende una via opposta e contraria, necessariamente deve avvenire la separazione, la divisione, il distacco. Le due vie non sono percorribili allo stesso tempo, simultaneamente dalla stessa persona. Chi sceglie la via del bene non può percorrere la via del male e chi sceglie la via del male non può camminare sulla strada del bene. La scelta è di ogni singola persona. È il mistero della volontà dell'uomo, della sua saggezza, intelligenza, sapienza, razionalità, discernimento, responsabilità.
Dinanzi alla scelta di Cristo Gesù viene meno ogni altra possibile scelta di affetto, relazione, comunione di vita, parentela, nazionalità, tribù, popolo, lingua, affinità spirituale. Scelto Cristo, ogni altra realtà la si deve scegliere in Cristo, con Cristo, per Cristo, nella sua volontà, carità, speranza, verità, sapienza, Parola. Ogni altra realtà la si deve amare nel suo amore e secondo il suo comandamento.
Scelto Cristo Gesù, anche la nostra vita deve essere amata in Cristo, con Cristo, per Cristo, secondo la sua volontà, la sua Parola, il comandamento del suo amore. Neanche la propria vita potrà essere amata in una linea parallela o di uguaglianza all'amore per Cristo Gesù. L'amore per Lui deve essere il principio, il fondamento, la razionalità, l'intelligenza, la sapienza dell'amore per noi stessi. Questo amore esige anche l'annientamento, l'abbassamento, il rinnegamento della nostra stessa vita.
Si ama Cristo Gesù e ogni altro amore terreno, per noi stessi o per gli altri, deve essere offerto al Signore in sacrificio. Di ogni altro amore se ne deve fare un olocausto per Lui. Anche Gesù fece dell'amore per la sua persona un olocausto al Padre suo sull'altare della croce. Fu il suo un olocausto reale, vero, puntuale, fino all'ultima goccia di sangue, con il dono dell'intero suo corpo che fu immolato e consumato.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, aiutaci a fare di tutta la nostra vita un sacrificio per Cristo Signore. È questa la via del vero amore, dell'amore puro, santo e giusto per il nostro Dio. Angeli e Santi del Cielo venite in nostro soccorso. Vogliamo rispondere secondo pienezza di verità all'amore che Gesù ci chiede.
OFFLINE
17/07/2012 13:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo?

Tiro e Sidone sono note per la loro superbia. Queste città si vantavano in modo empio ed idolatra della loro ricchezza, potenza, forza, gloria mondana: "Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: "Io sono un Dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari", mentre tu sei un uomo e non un Dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, tu sei più saggio di Daniele, nessun segreto ti è nascosto. Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore. Perciò così dice il Signore Dio: Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri; snuderanno le spade contro la tua bella saggezza, profaneranno il tuo splendore. Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mare. Eccomi contro di te, Sidone, e mostrerò la mia gloria in mezzo a te. Si saprà che io sono il Signore quando di essa farò giustizia e manifesterò in essa la mia santità. Manderò contro di essa la peste e il sangue scorrerà per le sue vie: in essa cadranno i trafitti di spada, e questa da ogni parte la circonderà, e sapranno che io sono il Signore Dio" (Cfr. Ez 28,1-23). Queste due città non conoscevano Dio, il vero Dio. Nessuno lo aveva loro annunziato. Avevano come unico punto di riferimento la coscienza che era sfasata, malformata. Dio ha chiesto loro ragione della superbia con la quale agivano e le due città finirono nel nulla. Sempre la superbia è causa di rovina. Essa acceca il cuore e oscura la mente. Con sessa si prendono decisioni insensate che conducono alla distruzione. La storia è testimone di questa verità.
Corazìn e Betsàida non possono appellarsi alla coscienza. Loro hanno ascoltato Cristo Signore, hanno udito la vera Parola di Dio, sono state invitate a pentimento e a conversione e si sono chiuse nella loro incredulità, continuando a peccare e a vivere come se Dio non avesse mai parlato loro. Esse sono responsabili di ogni Parola ascoltata e di ogni segno ricevuto, come testimonianza della verità di Cristo Signore.
Anche Cafàrnao è responsabile dinanzi a Dio, il quale le domanderà conto della sua superbia. Essa è paragonata alla superba Babilonia e prima ancora a Lucifero: "Come mai sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell'aurora? Come mai sei stato gettato a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi nel tuo cuore: "Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio innalzerò il mio trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nella vera dimora divina. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo". E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso!" (Is 14,12-14). Prima che il Signore parla, siamo giudicati in base alla coscienza. Dopo che il Signore ha parlato, la coscienza non è più criterio di giudizio. Unica legge per il giudizio è la Parola del Signore che è stata fatta risuonare alle nostre orecchie. Cafarnao è responsabile di ogni Parola ascoltata e di ogni miracolo ricevuto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, convertite i nostri cuori.
OFFLINE
18/07/2012 06:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-27
In quel tempo, Gesù disse: ?Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare?.



3) Riflessione

? Contesto. Il brano liturgico di Mt 11,25-27 rappresenta una svolta nel vangelo di Matteo: a Gesù vengono poste le prime domande sull?avvicinarsi del regno dei cieli. Il primo a porre tali interrogativi sull?identità di Gesù è Giovanni Battista, il quale tramite i suoi discepoli gli rivolge una precisa domanda: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (11,3). Invece i Farisei insieme agli Scribi si rapportano a Gesù con parole di rimprovero e giudizio: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato» (12,2). Sinora nei capp. 1-10 la venuta del regno dei cieli nella persona di Gesù non sembrava avere ostacoli, ma dal cap.11 vengono poste delle precise difficoltà. Ovvero molti iniziano a prendere posizione di fronte alla persona di Gesù: a volte è «oggetto di scandalo», di caduta (11,6); «questa generazione», nel senso di questa discendenza umana, non ha un atteggiamento di accoglienza nei confronti del regno che viene; le città situate lungo il lago non si convertono (11,20); sul comportamento di Gesù si scatena una vera e propria controversia (cap.12) anzi, s?inizia premeditare come farlo morire (12,14). Questo è il clima di sfiducia e di contestazione in cui Matteo inserisce il nostro brano.
Ora è arrivato il momento di interrogarsi sull?attività di Gesù: come interpretare queste «opere del Cristo» (11,2.19)? Come spiegare questa azioni taumaturgiche (11, 20.21.23)? Tali interrogativi riguardano la cruciale questione della messianicità di Gesù. Intanto le opere messianiche di Gesù pongono sotto giudizio non soltanto «questa generazione» ma anche le città che sono intorno al lago che non si son convertite all?avvicinarsi del regno nella persona di Gesù.
? Divenire piccolo. L?itinerario più efficace per realizzare questa conversione è diventare «piccoli». Gesù comunica questa strategia della «piccolezza» in una preghiera di riconoscenza (11,27) che ha un parallelo splendido nelle testimonianza resa dal Padre in occasione del battesimo (11,27). Gli studiosi amano chiamare questa preghiera un? «inno di giubilo». Il ritmo della preghiera di Gesù inizia con una confessione: «ti rendo lode», «confesso a te». Tale espressione introduttiva rende la parola di Gesù alquanto solenne. La preghiera di lode che Gesù pronuncia presenta le caratteristiche di una risposta rivolta al lettore. Gesù si rivolge a Dio con l?espressione «Signore del cielo e della terra», vale a dire, a Dio come creatore e custode del mondo. Nel giudaismo, invece, si era soliti rivolgersi a Dio con l?invocazione «Signore del mondo», ma non l?aggiunta del termine «Padre», caratteristica distintiva della preghiera di Gesù. Il motivo della lode e lo svelarsi di Dio: perché nascondesti?, rivelasti. Il nascondimento riferito ai «sapienti e intelligenti» riguarda gli scribi e i farisei considerati come interamente chiusi e ostili all?avvicinarsi del Regno (3,7ss; 7,29; 9,3.11.34). La rivelazione ai piccoli, il termine greco dice «infanti», coloro che ancora non parlano. Quindi Gesù designa gli uditori privilegiati della proclamazione del regno dei cieli come gli inesperti della legge, i non istruiti.
Quali siano «queste cose» che vengono nascoste o rivelate? Il contenuto di questa rivelazione o nascondimento è Gesù, il Figlio di Dio, il rivelatore del Padre. È evidente per il lettore che lo svelarsi di Dio è legato inscindibilmente alla persona di Gesù, alla sua parola, alle sue azioni messianiche. È lui che permette lo svelarsi di Dio e non la legge o gli eventi premonitori del tempo finale.
? Lo svelarsi di Dio dal Padre al Figlio. Nell?ultima parte del discorso Gesù fa un?autopresentazione di se stesso come colui al quale ogni cosa è stata comunicata dal Padre. Nel contesto dell?avvicinarsi del Regno Gesù ha il ruolo e la missione di rivelare il Padre celeste in tutto. In tale compito e ruolo riceve la totalità del potere, del sapere e l?autorità di giudicare. Per confermare questo ruolo così impegnativo Gesù si appella alla testimonianza del Padre, l?unico che possiedo una reale conoscenza di Gesù: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» e viceversa «e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». La testimonianza del Padre è insostituibile perché la dignità unica di Gesù come Figlio venga compresa dai suoi discepoli. Inoltre, viene affermata l?unicità di Gesù nel rivelare il Padre; lo affermava già il vangelo di Giovanni: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio, ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18). In sintesi. L?evangelista fa capire ai suoi lettori che lo svelarsi di Dio avviene attraverso il Figlio. Di più: il Figlio rivela il Padre a chi vuole.



4) Per un confronto personale

? La tua preghiera sente il bisogno di esprimere tutta la gratitudine al Padre per i doni con cui cola la tua vita? Ti capita di confessare pubblicamente di esaltare il Signore a motivo delle opere meravigliose che compie nel mondo. Nella chiesa, nella tua vita?
? Nella tua ricerca di Dio fai affidamento sulla tua sapienza e intelligenza o ti lasci guidare dalla sapienza di Dio? Che attenzione poni al tuo rapporto con Gesù? Ascolti la sua Parola? Assumi i suoi sentimenti per scoprire la sua fisionomia di Figlio del Padre celeste?



5) Preghiera finale

La mia bocca annunzierà la tua giustizia,
proclamerà sempre la tua salvezza.
Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza
e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. (Sal 70)
OFFLINE
19/07/2012 06:29
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 11,28-30

Gli affaticati e gli oppressi sono coloro che penavano sotto le pesanti prescrizioni della legge e che si sentivano smarriti davanti alla dottrina difficile e complicata dei rabbini. Gesù invita tutti costoro a cercare nel suo vangelo la vera volontà di Dio: una volontà esigente, ma lineare e semplice, alla portata di tutti. Gesù si definisce mite e umile di cuore. Mite significa l'atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini, un atteggiamento lineare, coraggioso ma non violento; misericordioso, tollerante, pronto al perdono, ma anche severo ed esigente. Umile indica l'atteggiamento ubbidiente e docile alla volontà del Padre: un atteggiamento interiore, libero e voluto.

Il "riposo" che Gesù offre, corrisponde alla promessa biblica di pace e felicità. Al seguito di Gesù, la volontà di Dio non è più un giogo oppressivo e duro, ma genera già ora quella pace gioiosa promessa agli umili e ai miti, garanzia della salvezza definitiva. Gli insegnamenti degli scribi e dei farisei, invece, sono "pesanti fardelli che impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito" (Mt 23,4) e producono allontanamento da Dio e disperazione di potersi salvare.

Al contrario, il "carico" di Gesù è leggero; la religione cristiana non consiste nell'osservanza della legge giudaica ma nell'entrare nel rapporto del Figlio con il Padre assumendo l'atteggiamento dei piccoli. Tutti coloro che sono disillusi da ogni forma di religione che non salva e appesantisce la vita sono invitati a seguire Gesù che porta al mondo la religione vera e definitiva.

Gesù si presenta "mite e umile di cuore". Mite significa il suo atteggiamento accogliente e misericordioso verso gli uomini. Umile di cuore indica il suo atteggiamento ubbidiente alla volontà del Padre.

Gesù non è un maestro autoritario. Egli non impone agli altri i pesi che prima non ha portato lui. Il giogo è "suo" perché l'ha portato lui per primo ed è "leggero" perché non contiene ordini assurdi e impossibili. Lo ricordava Pietro nell'assemblea degli apostoli e degli anziani a Gerusalemme: "Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati..." (At 15,10-11). E la prima lettera di Giovanni ci assicura: " I suoi comandamenti non sono gravosi " (1Gv 5,3).
OFFLINE
20/07/2012 05:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 12,1-8

1) Preghiera

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
Ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".
Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato".


3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi vediamo da vicino molti conflitti tra Gesù e le autorità religiose dell'epoca. Sono conflitti attorno alle pratiche religiose di quel tempo: digiuno, purezza, osservanza del sabato, etc. In termini odierni, sarebbero conflitti riguardanti per esempio, il matrimonio tra persone divorziate, l'amicizia con prostitute, l'accoglienza degli omosessuali, la comunione senza sposarsi in chiesa, il non andare a messa la domenica, non digiunare il venerdì della settimana santa. Sono molti i conflitti: in casa, a scuola, nel lavoro, in comunità, in chiesa, nella vita personale, nella società. Conflitti di crescita, di relazione, di età, di mentalità. Tanti! Vivere la vita senza conflitto è impossibile! Il conflitto fa parte della vita e spunta fin dalla nascita. Nasciamo con dolori di parto. I conflitti non sono incidenti lungo il percorso, ma fanno parte del cammino, del processo di conversione. Ciò che colpisce è il modo in cui Gesù affronta i conflitti. Nella discussione con gli avversari, non si trattava di aver ragione contro di loro, ma di far prevalere l'esperienza che lui, Gesù, aveva di Dio, Padre e Madre. L'immagine di Dio che gli altri avevano era quella di un giudice severo che minacciava e condannava solamente. Gesù cerca di far prevalere la misericordia sull'osservanza cieca delle norme e della legge che non avevano nulla a che vedere con l'obiettivo della Legge che è la pratica dell'amore.
? Matteo 12,1-2: Raccogliere grano il giorno di sabato e la critica dei farisei. In un giorno di sabato, i discepoli passavano lungo le piantagioni e si aprivano il cammino cogliendo spighe per mangiarle. Avevano fame. I farisei giungono ed invocano la Bibbia per dire che i discepoli stanno commettendo una trasgressione della legge del Sabato (cf Es 20,8-11). Anche Gesù usa la Bibbia e risponde invocando tre esempi tratti dalla Scrittura: (a) di Davide, (b) dalla legislazione sul lavoro dei sacerdoti nel tempio e (c) dall'azione del profeta Osea, ossia, cita un libro storico, un libro legislativo e un libro profetico.
? Matteo 12,3-4: L'esempio di Davide. Gesù ricorda che Davide stesso fece una cosa proibita dalla legge, perché tolse il pane sacro dal tempio e lo dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Nessun fariseo ebbe il coraggio di criticare il re Davide!
? Matteo 12,5-6: L'esempio dei sacerdoti. Accusato dalle autorità religiose, Gesù argomenta partendo da ciò che loro stesse, le autorità religiose, fanno il giorno di sabato. Nel tempio di Gerusalemme, il giorno di sabato, i sacerdoti lavoravano molto di più degli altri giorni della settimana, poiché dovevano sacrificare gli animali per i sacrifici, dovevano, pulire, scopare, caricare pesi, sgozzare gli animali, etc., e nessuno diceva che era contro la legge, pensavano che fosse normale! La legge stessa li obbligava a fare questo (Num 28,9-10).
? Matteo 12,7: L'esempio del profeta. Gesù cita la frase del profeta Osea: Misericordia voglio e non sacrificio. La parola misericordia significa avere il cuore (cor) nella miseria (miseri) degli altri, ossia, la persona misericordiosa deve stare molto vicino alla sofferenza delle persone, deve identificarsi con loro. La parola sacrificio significa fare (fício) che una cosa sia consacrata (sacri), ossia chi offre un sacrificio separa l'oggetto sacrificato dall'uso profano e lo distanzia dalla vita giornaliera della gente. Se i farisei avessero avuto questo modo di guardare la vita del profeta Osea, avrebbero saputo che il sacrificio più gradito a Dio non è che la persona consacrata viva lontano dalla realtà, ma che disponga interamente il suo cuore consacrato al servizio dei fratelli e delle sorelle per sollevarli dalla miseria. Non avrebbero considerato colpevoli coloro che in realtà erano innocenti.
? Matteo 12,8: Il Figlio dell'Uomo è padrone del sabato. Gesù termina con questa frase: il Figlio dell'Uomo è padrone perfino del sabato! Gesù stesso è il criterio dell'interpretazione della Legge di Dio. Gesù conosceva la Bibbia a memoria e la invocava per indicare che gli argomenti degli altri non avevano fondamento. In quel tempo, non c'erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c'era solo una Bibbia scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosceva così bene la Bibbia, vuol dire che durante i trenta anni della sua vita a Nazaret, aveva partecipato intensamente alla vita di comunità, dove ogni sabato si leggevano le scritture. La nuova esperienza di Dio Padre, faceva sì che Gesù riuscisse a scoprire meglio l'intenzione di Dio nel decretare le leggi dell'Antico Testamento. Vivendo trenta anni a Nazaret e sentendo nella sua pelle l'oppressione e l'esclusione di tanti fratelli e sorelle, in nome della Legge, Gesù deve aver percepito che non poteva essere questo il senso della legge. Se Dio è Padre, allora accoglie tutti come figli e figlie. Se Dio è Padre, allora noi dobbiamo essere fratelli e sorelle tra di noi. Gesù visse questo e pregò per questo, dal principio fino alla fine. La Legge deve stare al servizio della vita e della fraternità. "L'essere umano non è fatto per il sabato, ma il sabato per l'essere umano" (Mc 2,27). Per la sua fedeltà a questo messaggio Gesù fu condannato a morte. Lui scomodò il sistema, e il sistema si difese, usando la forza contro Gesù, poiché lui voleva che la Legge fosse messa al servizio della vita, e non viceversa. Ci manca molto per conoscere a fondo la Bibbia e per partecipare a fondo alla comunità, come fece Gesù.


4) Per un confronto personale

? Che tipo di conflitti vivi in famiglia, nella società e nella Chiesa? Quali sono i conflitti riguardo alle pratiche religiose che oggi, recano sofferenza alle persone e sono motivo di discussione e di polemica? Qual è l'immagine di Dio che è dietro tutti questi preconcetti, dietro tutte queste norme e proibizioni?
? Cosa ti ha insegnato il conflitto in tutti questi anni? Qual è il messaggio che trai da tutto questo per le nostre comunità di oggi?


5) Preghiera finale

Signore, se penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene. (Sal 62)
OFFLINE
21/07/2012 09:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Nel suo nome spereranno le nazioni

Prudenza, obbedienza alla mozione dello Spirito, saggezza ed intelligenza sono le virtù che guidano Cristo Gesù nella sua missione evangelizzatrice in mezzo noi. Lui sa che un branco di lupi lo circonda. Vogliano sbranarlo. Toglierlo di mezzo. Eliminarlo per sempre. La sua parola, più tagliente di ogni spada a doppio taglio, penetra nei cuori, li sventra e fa uscire fuori il sangue dei peccati di molti. La sua luce di verità mostra le tenebre nelle quali è avvolta la loro vita. La sua carità è come un macigno che si abbatte sulla loro avarizia, avidità, desiderio incolmabile per le cose di questo mondo.
I farisei non sopportano la verità di Cristo Gesù che li dichiara falsi dinanzi a Dio e al popolo e per questo decidono di ucciderlo, toglierlo di mezzo una volta per sempre. Gesù mai sfida i farisei. Non è ancora venuta l'ora di manifestare in modo diretto le loro colpe e i tradimenti della Legge e dei Profeti, le loro verità inutili e le loro pratiche religiose peccaminose. Evita di cadere nella loro trappola di male, allontanandosi, recandosi in altri luoghi, presso altre persone cui annunziare la buona novella.
Gesù si allontana e molti lo seguono. Vi sono anche ammalati, storpi, ciechi, sordi, muti. Come una sciame di api tutto il mondo della malattia si annida sopra Gesù, sapendo che Lui ad ogni male, ogni infermità, ogni sofferenza è capace di dare sollievo. Niente è gli impossibile a motivo del suo grande amore. È l'amore la forza che fa compiere miracoli a Cristo Gesù, perché è l'amore il padre di ogni prodigio di bene che avviene nel mondo. Un uomo che ama compie sempre miracoli, perché è proprio dell'amore generare intorno a sé un bene sempre nuovo e sempre vero.
L'amore conduce Gesù ad assumere sul suo dorso tutte le conseguenze del peccato del mondo, sia materiali che spirituali, per recare sollievo, conforto, consolazione, pace, liberazione, giustizia, verità, guarigione. Lo stesso amore guida Gesù perché porti nei cuori la più grande speranza. Dove la luce sembra che stia per spegnersi Lui la riaccende. Dove la vita sempre ormai spezzata, senza alcuna possibilità umana di salvezza, Lui la ricompone. Al suo grande amore niente è impossibile. Anche i casi più critici, dove ognuno di noi si smarrisce e si confonde, vengono da lui avvolti dalla sua carità, compassione, pietà. Nel deserto di questo mondo di peccato, nell'aridità della nostra anima e del nostro corpo, Cristo Gesù è un vero fiume di acqua che risana, ricompone, vivifica, risuscita, eleva, rinnova, riaccende la luce della giustizia.
Il suo è però un amore ordinato, saggio, intelligente, sapiente, prudente, sempre vero perché guidato e mosso nell'agire dallo Spirito Santo. La sua carità è sempre perfetta obbedienza al Padre suo che è nei cieli. Quando l'amore è obbedienza, purissimo ascolto della voce di Dio, i suoi frutti nutrono il mondo intero. L'obbedienza infatti fa sì che Gesù sia sempre dall'amore del Padre, che è eterno, infinito, gratuito, perenne.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, insegnaci ad amare con una purissima e santa obbedienza ad ogni tuo comando. Angeli e Santi di Dio, sostenete la nostra volontà, il nostro cuore, la nostra mente. Otteneteci un amore sempre più vero e puro.
OFFLINE
22/07/2012 07:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Luciano Cantini
Senza pastore

Riposatevi un po'
Marco ci regala uno spaccato della vita di Gesù con i suoi apostoli. Piccole cose come lo stare intorno a lui e raccontare i fatti degli ultimi giorni; devono aver faticato non poco perché Gesù li inviti ad un momento di riposo, in un luogo appartato. Marco con pochi tratti ci racconta il lato umano del Signore che perde tempo con i suoi amici, si fa raccontare le loro fatiche, quello che hanno fatto e quello che hanno insegnato, con loro fa un giro in barca alla ricerca di un luogo tranquillo, perché di tranquillità in quei giorni ne avevano avuto ben poca se l'evangelista si preoccupa di ricordare che non avevano neppure il tempo di mangiare. Questo racconto così umano ci fa intuire come sia difficoltoso per gli apostoli, proprio per la loro quotidianità con Gesù, riconoscerlo come Signore (Mt 16,17). Un po' come la nostra difficoltà di oggi di riconoscere il Signore Gesù nella pienezza della umanità.

da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero
La folla li ha preceduti... è una folla che cerca, percepisce in Gesù una novità che altrove non ha trovato. Non è facile sentir parlare di Dio e sentirsi allargare il cuore dal suo amore. L'uomo ha paura e cerca certezze anche nel rapporto con Dio, allora moltiplica le sovrastrutture, le leggi, i decreti le prescrizioni. I sacerdoti e gli scribi, gli anziani del popolo erano diventati burocrati della religione. Quante volte i Profeti li anno avvertiti (cfr. Ger 23,1s) perché non disperdessero la fede di quegli uomini. Il parlare di Gesù era semplice e schietto, non aveva riferimenti in scuole o rabbini se non in se stesso e nel Padre suo. Il suo amore è l'unico vero assoluto. Gli uomini inventano religioni ed il bisogno di sicurezza degli uni incontra io desiderio di potere degli altri. Gesù è venuto per abolire tutto questo (Ef 2, 13-18). «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato» (Mc 2,27) aveva detto Gesù, ed il farsi dominare da decreti e prescrizioni è ancora dei nostri giorni e in questa nostra Chiesa.

ebbe compassione di loro
Al veder la volontà di ricerca della folla, il bisogno di scoprire l'amore di Dio, la sete di una fede liberante, Gesù si muove a compassione, non è semplicemente un sentimento di pena, ma un moto interiore, viscerale di condivisione della stessa difficoltà: erano come pecore senza pastore. Eppure non mancavo nulla: nel tempio il culto era quotidiano, nella sinagoghe si insegnava la Scrittura, il Sinedrio reggeva Gerusalemme, tutto era ben organizzato e sistematizzato. Allora come oggi la religione aveva le sue strutture e organigrammi, ma non basta, o forse era già troppo.
Gesù si mette semplicemente a insegnare loro molte cose.
Facciamo calare quelle parole e lasciamoci convertire.
OFFLINE
23/07/2012 09:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Voi siete ... del mondo

Un Vangelo provocante, quello odierno, per il celebre paragone di Gesù che disse ai suoi discepoli: "Voi siete il sale della terra..., voi siete la luce del mondo". Si noti la dimensione universalistica, espressa in "la terra" e "il mondo", sono l'intera umanità. Grandissima missione, essere uomini e donne che danno sapore e senso alla vita, che danno luce e convinzioni agli altri. Con altrettanta evidenza tuttavia c'è il rischio di essere insipidi, di perdere quella novità a cui tutti dovrebbero poter guardare per imparare a sperare in Dio. Se i discepoli venissero meno al loro compito rispetto al mondo, non servirebbero più a nulla, anzi, rischiano di essere "gettati via e calpestati dagli uomini". "Voi siete", grande fiducia da parte del Signore per i suoi discepoli! Grande responsabilità per i discepoli nei confronti di coloro a cui sono mandati! "Voi siete", costituisce già un'entità, data certo come dono, in unione con Gesù, vera "luce degli uomini". La luce, che non può essere nascosta come una città elevata e che sarebbe assurdo metterla sotto il moggio come la lucerna in casa, sono le "buone opere" dei discepoli. Si tratta di quelle opere che rendono visibili "la giustizia, la misericordia, la pace, l'impegno sociale" dei discepoli per mezzo delle quali si rivelano autentici figli di Dio. Infatti questo dovere, coerente e pratico dei discepoli è un irraggiamento di quella luce che deve condurre gli uomini a riconoscere la fonte luminosa e sapienziale: il Padre che è nei cieli. E se volessimo leggere ancora quel "voi siete..." nella luce della festa della Patrona d'Europa, santa Brigida? "Voi, siete per il mondo..." Non risuonano forse queste parole come profezia?, come compito..., come funzione, come dovere? Di fronte al "mondo" che vede nelle cose materiali il valore supremo... l'Europa deve dare il sapore giusto all'umanità. Che compito, che missione... che responsabilità..
OFFLINE
24/07/2012 08:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore,
e donaci i tesori della tua grazia,
perché, ardenti di speranza, fede e carità,
restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 12,46-50
In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».



3) Riflessione

? La famiglia di Gesù. I parenti giungono alla casa dove si trovava Gesù. Probabilmente vengono da Nazaret. Di lì fino a Cafarnao c?è una distanza di 40 chilometri. Anche sua madre viene insieme a loro. Non entrano, ma mandano un messaggio: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». La reazione di Gesù è chiara: «Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?» E lui stesso tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre». Per capire bene il significato di questa risposta conviene guardare la situazione della famiglia al tempo di Gesù.
? Nell?antico Israele, il clan, cioè, la grande famiglia (la comunità), era la base della convivenza sociale. Era la protezione delle famiglie e delle persone, la garanzia del possesso della terra, il veicolo principale della tradizione, la difesa dell?identità. Era il modo concreto da parte della gente di quella epoca di incarnare l?amore di Dio e l?amore verso il prossimo. Difendere il clan era lo stesso che difendere l?Alleanza.
? Nella Galilea del tempo di Gesù, a causa del sistema impiantato durante i lunghi governi di Erode Magno (37 a.C. a 4 a.C.) e di suo figlio Erode Antipa (4 a.C. a 39 d.C.), il clan (la comunità) si stava debilitando. Le imposte da pagare, sia al governo che al tempio, i debiti in aumento, la mentalità individualista dell?ideologia ellenistica, le frequenti minacce di repressione violenta da parte dei romani e l?obbligo di accogliere i soldati e dare loro ospitalità, i problemi sempre più grandi di sopravvivenza, tutto questo spingeva le famiglie a rinchiudersi in se stesse e pensare alle proprie necessità. Questa chiusura si vedeva rafforzata dalla religione dell?epoca. Per esempio, chi dedicava la sua eredità al Tempio poteva lasciare i suoi genitori senza aiuto. Ciò indeboliva il quarto comandamento che era la spina dorsale del clan (Mc 7,8-13). Oltre a questo, l?osservanza delle norme di purezza era un fattore di emarginazione per molte persone: donne, bambini, samaritani, stranieri, lebbrosi, indemoniati, pubblicani, malati, mutilati, paraplegici.
? E così, la preoccupazione con i problemi della propria famiglia impediva alle persone di riunirsi in comunità. Ora, affinché potesse manifestarsi il regno di Dio nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano superare i limiti stretti della piccola famiglia ed aprirsi di nuovo alla grande famiglia, alla Comunità. Gesù dette l?esempio. Quando la sua famiglia cercò di impossessarsi di lui, reagì ed allargò la famiglia: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» . Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre». Creò comunità.
? Gesù chiedeva lo stesso a tutti coloro che volevano seguirlo. Le famiglie non potevano rinchiudersi in se stesse. Gli esclusi e gli emarginati dovevano essere accolti nella convivenza e così sentirsi accolti da Dio (cf Lc 14,12-14). Questo era il cammino per raggiungere l?obiettivo della Legge che diceva: ?Non vi sarà alcun bisognoso tra di voi? (Dt 15,4). Come i grandi profeti del passato, Gesù cerca di consolidare la vita comunitaria nei villaggi della Galilea. Riprende il senso profondo del clan, della famiglia, della comunità, quale espressione dell?incarnazione dell?amore verso Dio e verso il prossimo.



4) Per un confronto personale

? Vivere la fede nella comunità. Che posto ha e che influsso ha la comunità nel mio modo di vivere la fede?
? Oggi, nella grande città, la massificazione promuove l?individualismo che è contrario alla vita in comunità. Cosa sto facendo per combattere questo male?



5) Preghiera finale

Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio. (Sal 39)
OFFLINE
25/07/2012 06:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo

Tra Gesù e gli Apostoli vi è ancora una distanza eterna. Essa è distanza di Spirito Santo. Gesù cammina con la verità e la comunione dello Spirito Santo. Gli Apostoli con i loro pensieri di fango, terra, melma. Loro ancora non hanno ricevuto lo Spirito del Signore e neanche riescono a comprendere quanto Cristo Gesù sta insegnando loro.
Anche tra la Parola di Gesù e la loro mente la distanza è infinita. Anch'essa è distanza di Spirito Santo. La comprensione della Parola, del Vangelo, della Buona Novella di Cristo Signore può avvenire solo nello Spirito di Dio. Loro ancora ne sono privi e per questo motivo tra loro e Gesù vi è inconoscibilità. Gesù cammina con la volontà del Padre, essi invece avanzano e procedono con il loro pensieri, desideri, aspirazioni.
Non solo sono inquinati loro di pensieri mondani, inquinano anche gli altri. Con certezza Giacomo e Giovanni hanno chiesto alla loro madre di intervenire presso Cristo Gesù per chiedere lei che i suoi due figli non fossero secondi a nessuno nel regno che lui avrebbe di lì a poco instaurato sulla terra. Uno sarebbe dovuto stare a destra e l'altro a sinistra. I primi due posti più elevati sarebbero dovuti essere per loro.
Gesù non si lascia tentare, non tenta; non si lascia ingannare, non inganna. Lui è sempre l'uomo dalla perfettissima verità, perché vive nella comunione dello Spirito Santo e sa sempre, in ogni momento, cosa il Padre vuole da Lui. I posti nel regno di Dio non è Lui che li stabilisce. È il Padre. È Lui che chiama ed assegna a ciascuno il ruolo, il ministero, la mansione che dovrà assolvere. La relazione di obbedienza al Padre mai dovrà essere abolita, tolta, abrogata. Ascoltiamo cosa chiede la donna:
Gesù può dare loro solo il calice della sua passione, perché lo bevano. Altro non può fare. Questo calice lo darà loro e loro lo berranno. Infatti Giacomo è il primo martire tra gli Apostoli e Giovanni visse una dura prigionia nell'isola di Patmos, durante la quale scrisse la sua Apocalisse. Ogni altra cosa è il Padre suo che la dona secondo un mistero imperscrutabile che nessuno mai potrà conoscere.
Gli Apostoli si sentono scavalcati, messi da parte, ignorati nella spartizione delle cariche e si sdegnano con i due fratelli. Gesù interviene e con somma verità dice loro di stare tranquilli e sereni, perché nel suo regno tutti possono avere non il secondo posto, ma il primo. È questa la bellezza del suo regno: tutti possono sedere alla sua destra, basta una cosa sola: mettersi all'ultimo posto, servire tutti, dare la vita in riscatto per la conversione del mondo. Nessuno ruba o toglie nulla all'altro. Tutti invece possono servire gli altri e lasciarsi servire. È questo l'abisso che vi è tra il suo e i regni del mondo. In questi le cariche sono di oppressione, nel suo invece solo di servizio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci servi di tutti.
OFFLINE
26/07/2012 08:14
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Luciano Sanvito
Intravedere il Cristo

Maria Maddalena addita a noi lo stile evangelico della sequela.

Pur incontrando Gesù sulla sua strada, come noi nei segni della Chiesa, non lo riconosce e lo può solo intravedere, e come ausilio del cammino della propria fede e della testimonianza.

Maria Maddalena è immagine del credente, che con tutte le sue pecche storiche, trapassa e va oltre il limite dell'esperienza umana, anticipando nel segno del nome - del proprio nome e del nome del Maestro - niente meno che l'esperienza dell'infinito, dell'eternità, del Paradiso.

Ecco questa pagina del Vangelo, dove Maria Maddalena incontra il Cristo nel giardino della morte, trasformato in giardino della vita; e lei, da Eva viene trasformata per grazia in Maria...Maria Maddalena. E il morto Gesù riappare morto in Adamo e risuscitato come Cristo.

Questo brano è l'icona del credente, che pregusta e anela in quello che già c'è e ancora non c'è: il Paradiso.
Nella contemplazione, nell'esperienza della fede, anche noi siamo stimolati a fare questo "mitico" incontro che tra il mito e la magia dello Spirito riproduce in noi le emozioni, le sensazioni e gli atteggiamenti di Maria Maddalena, povera peccatrice ma ricca della santità della grazia.

CREDENTI E PECCATORI, DAVANTI A LUI CHE VIENE INCONTRO ANCHE A NOI, POSSIAMO ENTRARE NELLA SUA GIOIA
OFFLINE
27/07/2012 07:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore,
e donaci i tesori della tua grazia,
perché, ardenti di speranza, fede e carità,
restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 13,18-23
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ?Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l?uomo che ascolta la parola e subito l?accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l?inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta?.



3) Riflessione

? Contesto. A partire dal cap.12 si delinea da un lato un?opposizione tra i capi religiosi d?Israele, gli scribi e i farisei, dall?altro, in seno alle folle che ascoltano Gesù e si meravigliano dalle sue azioni prodigiose, sta formandosi a poco a poco un gruppo di discepoli, dai lineamenti ancora incerti, ma seguono Gesù con perseveranza. A dodici di questi discepoli Gesù ha fatto dono della sua autorità e dei suoi poteri; li ha inviati come messaggeri del regno, trasmettendo loro istruzioni esigenti e radicali (10,5-39). Ora nel momento in cui si scatena la controversia con i suoi oppositori Gesù riconosce la sua vera parentela non nella linea della carne (madre, fratelli), ma in coloro che lo seguono, lo ascoltano e compiono la volontà del Padre (12,46-50). Quest?ultimo rapporto ci offre la possibilità di immaginare che l?uditorio al quale Gesù rivolge le sue parabole è duplice: da un lato i discepoli ai quali è donato di conoscere i misteri del regno (13.119 e che sono nella possibilità di comprenderle (13,50) e dall?altro le folle che sembrano rimanere prive di questa comprensione profonda (13, 11.34-36). Davanti alle grandi folle che si raccolgono per ascoltare Gesù viene esposta anzitutto la parabola del seminatore. Gesù parla di un seme che cade o no nella terra. Dal luogo dove cade, dipende la sua crescita; è possibile che venga impedita così da non produrre frutto. È quanto accade nelle prime tre categorie di terreno: «lungo la strada» (il suolo indurito dal passaggio degli uomini e delle bestie), «terreno sassoso» (composto da roccia), «sui rovi» (è il terreno ricoperto da spine). Invece quello che cade sulla «terra bella» dà frutti eccellenti anche se a diversi livelli. Il lettore è orientato a prestare attenzione più al rendimento del chicco che non sul gesto del seminatore. Inoltre Matteo focalizza l?attenzione dell?ascoltatore sulla terra buona e il frutto che questa è capace di produrre in maniera eccezionale.
La prima parte della parabola termina con un ammonimento: «Chi ha orecchi ascolti» (v.9); è un appello alla libertà dell?ascoltatore. La parola di Gesù può rimanere «parabola» per una folla incapace di comprendere; può svelare «i misteri del regno dei cieli» per chi si lascia sconvolgere dalla sua forza. È l?accoglienza della Parola di Gesù che distingue i discepoli dalle folle indeterminate; la fede dei primi rivela cecità degli altri e li sospinge a cercare «oltre» la parabola.
? Ascoltare e comprendere. È sempre Gesù a condurre i discepoli alla pista buona per la comprensione della parabola. In futuro attraverso i discepoli è la chiesa ad essere guidata nella comprensione della Parola di Gesù. Nella spiegazione della parabola la coppia dei due verbi «ascoltare» e «comprendere» compare in 13,23: «Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende?». È nella comprensione che si distingue il discepolo che quotidianamente ascolta la Parola di Gesù dalle folle che, invece, l?ascoltano occasionalmente.
? Impedimenti alla comprensione. Gesù richiama innanzitutto la risposta negativa prestata dai suoi contemporanei alla sua predicazione del regno dei cieli. Tale risposta negativa è legata ad impedimenti diversificati tra loro. Il terreno sulla strada, è quello trasformato dai passanti in sentiero battuto; si dimostra del tutto negativo: «Gettare il seme sull?asfalto della strada, tutti sanno che non serve a niente: non ci sono condizioni necessarie alla crescita. E, poi, la gente passa, calpesta, rovina il seme. Il seme non si getta dovunque sia» (Carlos Mesters). C?è innanzitutto la responsabilità personale dell?individuo: accogliere la Parola di Dio nel proprio cuore; viceversa, se cade su un cuore ?battuto?, reso ostinato dalle proprie convinzioni e dall?indifferenza presta il fianco al maligno che completa quell?atteggiamento persistente di chiusura alla Parola di Dio. Il terreno pietroso. Se il primo impedimento era costituito da un cuore insensibile, indifferente, ora l?immagine del seme che cade sulle pietre, sui sassi, e tra rovi sta a indicare il cuore immerso in una vita superficiale e mondana. Tali stili di vita sono delle energie che impediscono alla Parola di fruttificare. Un inizio di ascolto si verifica; solo che è subito bloccato, non solo, dalle tribolazioni e dalle prove che sono inevitabili, ma anche dal coinvolgimento del cuore nelle preoccupazioni e nelle ricchezze. Una vita non profonda ma superficiale, mondana, si coniuga bene con l?instabilità. Il terreno buono: è il cuore che ascolta e comprende la Parola; questo fa frutto. Tale rendimento è opera della Parola in cuore accogliente. Si tratta di una comprensione in azione, che si lascia coinvolgere dall?azione di Dio presente nella Parola di Gesù. La comprensione della sua Parola resterà inaccessibile se trascuriamo l?incontro con lui e quindi non permettiamo che dilaghi in noi.



4) Per un confronto personale

? L?ascolto porta alla comprensione profonda della Parola di Dio o rimane solo un esercizio intellettuale?
? Sei un cuore accogliente, disponibile, docile per arrivare ad una comprensione piena della Parola?



5) Preghiera finale

Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi. (Sal 18)
OFFLINE
28/07/2012 07:38
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 13, 24-30

La parabola del grano e della zizzania insegna che nel campo del mondo ci sono i buoni e i cattivi e che esistono in tutti i tempi dei servi impazienti che vorrebbero anticipare il giudizio di Dio. Ma gli uomini non sanno giudicare perché non conoscono né il metro di Dio né il cuore dell'uomo.

Il bene e il male devono crescere fino alla completa maturazione. Il centro della parabola non sta nella scoperta della zizzania e neppure nel giudizio finale della separazione del grano dalla zizzania, ma più propriamente nell'ordine di non stappare la zizzania. La meraviglia e lo scandalo dei servi sta proprio in questo atteggiamento paziente e lungimirante di Dio.

La Chiesa di tutti i tempi è sempre stata agitata dagli scandali e dai peccati dei cristiani. Per ogni situazione problematica vale il detto di Paolo: "Non vogliate giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio" (1Cor 4,5).

Al tempo di Gesù c'erano i farisei che pretendevano di essere santi e perciò si separavano dalla moltitudine dei peccatori. C'era il movimento di Qumran con la sua idea di rigida santità che esigeva il rifiuto di tutti gli impuri. C'era Giovanni il Battista che annunciava il messia che avrebbe separato il grano dalla pula (Mt 3,12).

Viene Gesù e si mescola con i peccatori, li accoglie e mangia con loro (cfr Lc 15,2). Addirittura ha un traditore nel gruppo dei dodici che si è scelto. Possiamo dunque dire che zeloti, farisei e tanti altri pretendevano che il regno di Dio intervenisse in modo netto, chiaro e definitivo. In questo contesto si capisce la forza polemica della parabola di Gesù: la politica del regno di Dio è divina, fatta di tolleranza e di misericordia.

L'elemento della sorpresa da parte dei servitori quando scoprono la zizzania fa pensare che la parabola si applichi alla comunità cristiana che scopre nel suo seno imperfezioni e controtestimonianze al vangelo.

La Chiesa non deve diventare una comunità di puri e di perfetti, estromettendo i deboli e gli inadempienti. Buon grano e zizzania devono crescere insieme fino alla mietitura. Anche perché Dio solo sa chi è buon grano e chi è zizzania.
OFFLINE
29/07/2012 07:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Paul Devreux


Questo racconto è ripetuto nei vangeli ben sei volte. Questo ci fa capire quanto lo ritenessero importante. Giovanni, ultimo a scriverlo, lo ambienta in un contesto pasquale e presenta Gesù come il nuovo Mosè, che prima attraversa il lago, che chiama mare, e poi sale sul monte, come Mosè.

Alla fine alza lo sguardo e vede un'umanità infinita affamata. Li fa sedere in un posto dove c'era molta erba; segno che è il buon pastore perché ha saputo guidare il suo gregge dove c'è pascolo abbondante.

Domanda a Filippo dove si può comperare il pane per tanta gente, per mettere in evidenza che certi problemi con i soldi non si riesce a risolverli. Lo vediamo anche oggi, con i problemi che affliggono l'Italia e tanti altri paesi; si cercano soldi dappertutto, ma il problema rimane.

Gesù aspetta una risposta vera, e alla fine arriva. Un ragazzino si è portato dietro la sua merenda, ragazzo sveglio e previdente che, sentendo la domanda di Gesù, invece di spaventarsi guardando all'ampiezza del problema che Gesù ha sollevato, invece di andarsi a mangiare la sua merenda di nascosto da qualche parte o di tenersela stretta perché si salvi chi può, la tira fuori, e tirandola fuori, quella piccola bisaccia, diventa la bandiera più grande che il mondo abbia conosciuto e che da allora ha salvato e aiutato milioni di persone e cambiato il mondo. Quella merenda è la risposta che Gesù aspettava e accoglie sorridendo. Questo ragazzo, di cui non conosciamo il nome, ha creduto in Gesù e cosi facendo ha innalzato la bandiera della solidarietà.

Pensate: Gesù afferma che duecento denari, cioè la paga di duecento giorni lavorativi, non son sufficienti per sfamare questa gente, mentre cinque pani e due pesci (5+2=7 numero perfetto) sono sufficienti e ci saranno anche avanzi, da raccogliere. Come è possibile ciò? Lo vediamo anche oggi che quando qualcuno crede nel Signore e nell'amore, parte una catena di solidarietà che è capace di smuovere il mondo e di cambiare il corso della storia.

Questo ha fatto Gesù quel giorno, grazie a quel ragazzo e questo possiamo fare noi anche oggi, li dove abbiamo il coraggio di alzare lo sguardo e vedere i problemi di chi ci sta intorno. Tanto è vero che già Eliseo lo fece molti anni prima di Gesù. Gli viene portato un regalo importante se se lo fosse mangiato da solo, ma che diventa una cosa ridicola se si mette nelle mani di tutti; eppure Eliseo, condividendo il dono con tutti, sfama tutti i presenti non con un miracolo, ma proponendo semplicemente di condividere il poco che ha. Questo, nell'economia spietata di mercato, non funziona, ma dove si lancia l'economia dell'amore funziona benissimo.

In sintesi diciamo che la proposta della condivisione del pane e il comandamento dell'amore, sono la stessa cosa, ed è questo che rende la religione concreta, fatta di fatti più che di riti, perché la preghiera e la messa ci vogliono e ci aiutano, ma è dalla solidarietà che nasce la fraternità che tutto vince. E' la via concreta per rivelare che il Cristianesimo è una cosa da vivere. Essere cristiani significa camminare sulle orme di Gesù come questo ragazzo che sogna in un mondo migliore e tira fuori la sua merenda per vivere la gioia della condivisione.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:12. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com