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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
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28/08/2012 07:24
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!"


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi riporta altri due 'Guai a voi...' di cui Gesù parla contro i capi religiosi del suo tempo. I due 'Guai a voi...' di oggi denunciano la mancanza di coerenza tra parola ed atteggiamento, tra esterno ed interno. Continuiamo oggi la nostra riflessione iniziata ieri.
? Matteo 23,23-24: Il quinto Guai a voi...! contro coloro che insistono nell'osservanza e dimenticano la misericordia: "Che pagate la decima della menta, dell'aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà". Questo quinto Guai a voi! di Gesù è contro i capi religiosi di quell'epoca, può essere ripetuto contro molti religiosi dei secoli successivi, fino ad oggi. Molte volte, in nome di Gesù, insistiamo su i dettagli e dimentichiamo la misericordia. Per esempio, il giansenismo ridusse ad arido il vissuto della fede, insistendo in osservanze e penitenze che deviarono la gente dal cammino dell'amore. La suora carmelitana Teresa di Lisieux crebbe nell'ambiente giansenista che marcava la Francia della fine del XIX secolo. A partire da una dolorosa esperienza personale, seppe recuperare la gratuità dell'amore di Dio, forza che deve animare dal di dentro l'osservanza delle norme. Poiché, senza l'esperienza dell'amore, le osservanze fanno di Dio un idolo.
? Matteo 23,25-26: Il sesto 'Guai a voi...' contro coloro che puliscono le cose fuori e sono sporchi dentro: "che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza". Nel Discorso della Montagna, Gesù critica coloro che osservano alla lettera la legge e trasgrediscono lo spirito della legge. Lui dice: "Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt 5,21-22.27-28). Non basta osservare alla lettera la legge. Non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare, per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede. Osserva pienamente la legge di Dio solo colui che, oltre alla lettera, va fino alla radice e strappa da dentro di sé "i desideri di rapina e intemperanza" che possono condurre all'assassinio, alla rapina, all'adulterio. La pienezza della legge si realizza nella pratica dell'amore.


4) Per un confronto personale

? Sono due espressioni di 'Guai a voi...', due motivi per ricevere una critica da parte di Gesù. Quale dei due si applica a me?
? Osservanza e gratuità: quali delle due si applica in me?


5) Preghiera finale

Annunziate di giorno in giorno la salvezza del Signore.
In mezzo ai popoli narrate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. (Sal 95)
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29/08/2012 07:42
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 6,17-29

1) Preghiera

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". Per questo Erodiade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno".
La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista". Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
E subito mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa [di Giovanni]. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.


3) Riflessione

? Oggi commemoriamo il martirio di San Giovanni Battista. Il vangelo riporta la descrizione di come Giovanni Battista fu ucciso, senza processo, durante un banchetto, vittima della corruzione e della prepotenza di Erode e della sua corte.
? Marco 6,17-20. A causa della prigione e dell'assassinio di Giovanni. Erode era un impiegato dell'Impero Romano. Chi comandava in Palestina, fin dal 63 prima di Cristo, era Cesare, l'imperatore di Roma. Insisteva soprattutto su un'amministrazione efficiente che proporzionasse reddito all'Impero e a lui. La preoccupazione di Erode era la sua propria promozione e la sua sicurezza. Per questo, reprimeva qualsiasi tipo di corruzione. A lui piaceva essere chiamato benefattore del popolo, ma in realtà era un tiranno (cf. Lc 22,25). Flavio Giuseppe, uno scrittore di quell'epoca, informa che il motivo della prigione di Giovanni Battista, era la paura che Erode aveva di una sommossa popolare. La denuncia di Giovanni Battista contro la morale depravata di Erode (Mc 6,18), fu la goccia che fece straboccare il bicchiere, e Giovanni fu messo in carcere.
? Marco 6,21-29: La trama dell'assassinio. Anniversario e banchetto di festa, con danze ed orge. Era un ambiente in cui i potenti del regno si riuniscono e in cui si formavano le alleanze. La festa contava con la presenza "dei grandi della corte, due ufficiali e due persone importanti della Galilea". E' questo l'ambiente in cui si trama l'assassinio di Giovanni Battista. Giovanni, il profeta, era una denuncia viva di questo sistema corrotto. Per questo, lui fu eliminato con il pretesto di una vendetta personale. Tutto questo rivela la debolezza morale di Erode. Tanto potere accumulato in mano di un uomo senza controllo di sé! Nell'entusiasmo della festa e del vino, Erode fa un giuramento leggero a una giovane ballerina. Superstizioso come era, pensava che doveva mantenere il giuramento. Per Erode, la vita dei sudditi non valeva nulla. Marco racconta il fatto dell'assassinio di Giovanni così come è, e lascia alle comunità il compito di trarne le conclusioni.
? Tra le linee, il vangelo di oggi dà molte informazioni sul tempo in cui Gesù viveva e sul modo in cui era svolto il potere da parte dei potenti dell'epoca. Galilea, la terra di Gesù, fu governata da Erode Antipa, figlio del re Erode, il Grande, dal 4 prima di Cristo fino al 39 dopo Cristo. In tutto, 43 anni! Durante tutto il tempo in cui Gesù visse, non ci fu cambiamento di governo in Galilea! Erode era signore assoluto di tutto, non rendeva conto a nessuno, faceva come gli pareva. Prepotenza, mancanza di etica, potere assoluto, senza controllo da parte della gente!
? Erode costruì una nuova capitale, chiamata Tiberiade. Seffori, l'antica capitale, era stata distrutta dai romani in rappresaglia contro una sommossa popolare. Ciò avvenne quando Gesù aveva circa sette anni. Tiberiade, la nuova capitale, fu inaugurata tredici anni dopo, quando Gesù aveva circa 20 anni. Era chiamata così per far piacere a Tiberio, l'imperatore di Roma. Tiberiade era un luogo strano in Galilea. Era lì dove vivevano i re "i grandi della sua corte, gli ufficiali, i notabili della Galilea" (Mc 6,21). Era lì che vivevano i padrone delle terre, i soldati, la polizia, i giudici molte volte insensibili (Lc 18,1-4). Verso di lì erano canalizzate le imposte e il prodotto della gente. Era lì che Erode faceva le sue orge di morte (Mc 6,21-29). Non risulta nei vangeli che Gesù fosse entrato nella città.
Durante quei 43 anni di governo di Erode, si creò una classe di funzionari fedeli al progetto del re: scribi, commercianti, padroni di terre, fiscali del mercato, pubblicani ed esattori, militari, polizia, giudici, promotori, capi locali. La maggior parte di questo personale viveva nella capitale, godendo dei privilegi che Erode offriva, per esempio l'esenzione dalle imposte. Un'altra parte viveva nei villaggi. In ogni villaggio o città c'era un gruppo di persone che appoggiava il governo. Vari scribi e farisei erano legati al sistema e alla politica del governo. Nei vangeli, i farisei appaiono con gli erodiani (Mc 3,6; 8,15; 12,13), e ciò rispecchia l'alleanza esistente tra il potere religioso e il potere civile. La vita della gente nei villaggi della Galilea era molto controllata, sia dal governo che dalla religione. Era necessario molto coraggio per iniziare qualcosa di nuovo, come fecero Giovanni e Gesù! Era lo stesso che attrarre su di sé la rabbia dei privilegiati, sia del potere religioso come del potere civile, sia a livello locale che statale.


4) Per un confronto personale

? Conosci casi di persone che sono morte vittime della corruzione e del dominio dei potenti? E qui tra di noi, nella nostra comunità e nella Chiesa, ci sono vittime di autoritarismo e di eccesso di potere? Dà un esempio.
? Superstizione, corruzione, viltà, marcavano l'esercizio del potere di Erode. Paragonalo con l'esercizio del potere religioso e civile oggi, sia nei vari livelli sia della società che della Chiesa.


5) Preghiera finale

In te mi rifugio, Signore,
ch'io non resti confuso in eterno.
Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami. (Sal 70)
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30/08/2012 08:44
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà

È verità. Nessuno conosce l'ora della sua morte né della fine del mondo. Lungo il corso della storia molti hanno profetizzato che il mondo sarebbe finito in questo o in quell'altro giorno, puntualmente sono stati smentiti e la loro profezia è risultata falsa. Sarà sempre così: chiunque si azzarderà a predire la fine del mondo, sarà sempre dichiarato mentitore dagli eventi. Dobbiamo però dire che vi sono stati e vi saranno sempre i falsi profeti della verità a motivo dell'esistenza di molti uomini che sempre si lasciano abbindolare e raggirare dalla falsa profezia.
Ecco come il Signore metteva in guardia il suo popolo per mezzo di Mosè contro ogni falso profeta e ogni ingannatore: "Qualora sorga in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda, ed egli ti dica: "Seguiamo dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli", tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore, perché il Signore, vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate il Signore, vostro Dio, con tutto il cuore e con tutta l'anima. Seguirete il Signore, vostro Dio, temerete lui, osserverete i suoi comandi, ascolterete la sua voce, lo servirete e gli resterete fedeli. Quanto a quel profeta o a quel sognatore, egli dovrà essere messo a morte, perché ha proposto di abbandonare il Signore, vostro Dio, che vi ha fatto uscire dalla terra d'Egitto e ti ha riscattato dalla condizione servile, per trascinarti fuori della via per la quale il Signore, tuo Dio, ti ha ordinato di camminare. Così estirperai il male in mezzo a te" (Dt 13,2-6). Non c'è un'altra parola di verità. La Parola del Signore rimane stabile in eterno. Su di essa solamente dobbiamo edificare la nostra vita, oggi, domani, sempre.
Perché dobbiamo vigilare, essere pronti, temperanti in tutto, sobri, semplicemente santi? Il motivo è uno solo: perché immediatamente, all'istante della nostra morte, l'anima si presenterà al cospetto di Dio per il giudizio e a Lui essa dovrà rendere conto di ogni azione compiuta mentre era nel corpo, sia in bene che in male. Se saremo trovati mancanti, per noi non ci sarà posto nel Paradiso. Se giusti, ma non santi andremo nel purgatorio ad espiare la pena temporale dovuta ai nostri peccati, commessi ma non ancora espiati a motivo delle nostre scarse opere buone. L'elemosina espia i peccati ed anche l'amore per i propri genitori, da accudire e servire con tanta carità, compassione, commiserazione, grande sopportazione.
Se invece saremo giudicati iniqui e perversi, per noi il posto è la perdizione eterna nell'inferno. È quel buio senza alcuna luce, è quella morte senza vita, è quella solitudine senza alcuna comunione, è quella fame e sete senza alcun nutrimento, è quel tormento di aver perso il Bene Supremo per il niente di questo mondo. I falsi profeti dicono oggi che l'inferno non esiste. Esso esiste ed è pieno. È verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, liberateci dalla morte eterna.
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31/08/2012 07:43
 
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Eremo San Biagio
Commento 1Cor 1,22-25

Dalla Parola del giorno
Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo crocifisso potenza di Dio e sapienza di Dio.

Come vivere questa Parola?
Questa parola di Paolo agli abitanti di Corinto di venti secoli fa è attualissima.
Anche oggi infatti la tentazione è quella di rincorrere il miracolismo oppure di sostituire la fede con dei ragionamenti ed elaborate disquisizioni, più attinenti alle scienze umane che al mistero di Dio.
Invece no! Non si banalizza la fede col voler "gettonare Dio" chiedendo solo miracoli, né la si riduce agli elaborati dell'intelletto umano. La fede va ben oltre!
Oggi il mio esercizio spirituale è quello di ritagliarmi un tempo per ravvivare il mio rapporto interiore con la persona di Cristo: con tutto il suo mistero di crocifisso e risorto. Specialmente sostando sulla "gloria" del suo essere crocifisso per un amore senza limiti, io sconfesso lo scandalizzarsi di tanti per l'apparente silenzio di Dio nel dolore del mondo, e sconfesso pure il dare ad intendere che la croce di Cristo è roba da medioevo.
Accettare dunque con Gesù le fatiche, le difficoltà: accettare la sfida del dolore insieme con Lui, senza incolpare nessuno, ma giocando la sua carta vincente che è il più puro amore, questo risulta "potenza e sapienza di Dio" nella mia vita. Ed è tutt'altro che debolezza e non senso!
Chiedo questa accettazione umile e fiduciosa verbalizzando: "Per la tua croce, Gesù, tu hai vinto il mondo".

La voce di un Padre Apostolico vescovo e martire
Il mio amore è crocifisso, e non vi è più in me un fuoco terreno, ma un'acqua viva che mormora e mi sussurra in cuore: vieni al Padre!
S. Ignazio di Antiochia
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01/09/2012 08:07
 
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padre Lino Pedron
Commento su Matteo, 25, 14-30

Il regno dei cieli è un capitale che Dio ha messo nelle nostre mani: non possiamo lasciarlo improduttivo. Questo racconto ci insegna la vera natura del rapporto che deve intercorrere tra Dio e l'uomo. E' tutto il contrario di quel timore servile che cerca rifugio e sicurezza contro Dio stesso in una esatta osservanza dei suoi comandamenti. E' invece un rapporto di amore dal quale possono e devono scaturire coraggio, generosità e libertà. Il servo buono e fedele è colui che, superando ogni timore servile e la gretta concezione farisaica del dovere religioso, traduce il vangelo in atti concreti, generosi e coraggiosi. Attendere il Signore significa assumere il rischio della propria responsabilità. A coloro che si muovono nell'amore e si assumono il rischio delle proprie decisioni, si aprono prospettive sempre nuove ( v. 28). Chi invece resta inerte e inoperoso ( v.25) diventa sterile e improduttivo, e gli sarà tolto anche quello che ha ( v.29). Non basta non fare il male, bisogna fare positivamente tutto il bene e a tutti.

La paralisi operativa del cristiano è provocata dalla paura nei confronti del suo Signore. Il cristiano vero conosce Dio come amore infinito, e questo lo porta ad agire con entusiasmo e dedizione. "Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone il castigo e chi teme non è perfetto nell'amore" (1Gv 4,17-18).

Il dono dei talenti che Dio ci ha dato è un atto di fiducia nelle nostre reali capacità e nella nostra buona volontà. Egli non vuole che siamo dei semplici dipendenti o esecutori ignari e deresponsabilizzati, ma dei collaboratori coscienti e coscienziosi nella gestione dei suoi beni. L'osservazione maleducata, ingiusta e malvagia che il servo fannullone butta in faccia al suo padrone:" So che sei un uomo duro e mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso" (v.24) contiene una preziosa informazione sul conto di Dio, perché riconosce la laboriosità e la capacità di questo Signore che sa trarre profitto anche dove gli altri non riescono (Dio sa trarre il bene anche dal male, perfino dal peccato!). E vuole che i suoi servi siano come lui.

Il servo fannullone non è solo pigro, ma anche stolto. Il suo giudizio sul padrone è falso e malevolo. La sua colpa non è solo la pigrizia, l'infingardaggine, la mancanza di capacità di rischio, ma la disistima e la mancanza d'amore verso il suo padrone: non l'ha compreso, non si è fidato della sue proposte.

Il racconto rappresenta la comunità cristiana impegnata nelle sue varie mansioni. La vocazione cristiana è un capitale a rischio: un dono che bisogna far fruttificare con industriosità, saggezza e amore. Ogni fedele deve dare, con responsabilità e coraggio, la propria prestazione.

Il premio, espresso nel raddoppiamento dei talenti e nella partecipazione alla gioia del Signore, contiene un richiamo alla comunione di vita con Cristo. La condanna è l'esclusione dal banchetto di questa intimità. Fuori dalla sala delle nozze eterne il servo sarà condannato all'oscurità, al freddo, al pianto.

Il momento attuale decide la nostra sorte eterna.

*** Matteo mette in guardia i suoi lettori contro il rischio del disimpegno che sarà condannato come mancanza di fede e di fiducia nel Signore. La paura è il contrario della fede, come la pigrizia è il contrario dell'impegno fruttuoso. L'intenzione di Matteo è questa: motivare un serio impegno dei cristiani nella vita presente con la prospettiva del giudizio finale, della ricompensa e del castigo.

L'esperienza di fede per Matteo è una relazione personale con il Signore, che si esprime e si concretizza nella fedeltà operosa come risposta alla sua iniziativa gratuita.

L'immagine di Dio è deformata dalla paura. Essa paralizza l'iniziativa dell'uomo, gli impedisce di essere attivo e di rischiare.

Il terzo servo, invece di presentare i suoi guadagni, fa leva sulla severità del suo padrone, di cui ha un pessimo concetto, per motivare la sua totale mancanza di intraprendenza nel far fruttare il capitale ricevuto. In altre parole: la colpa è del Signore, non sua ( vv.24-25). La risposta del Signore si apre con due appellativi," malvagio e pigro", che sono l'opposto di quelli usati per i primi due servi laboriosi e intraprendenti," servo buono e fedele". Il Signore risponde riprendendo le stesse parole del servo: "Sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso".

Il dialogo si conclude con l'ordine di cacciare il servo malvagio e pigro. Con tale conclusione il racconto diventa un avvertimento per tutti coloro che nell'attesa della venuta del Signore non si impegnano con costanza e fedeltà.

Il terzo servo non ha fatto, apparentemente, nulla di male, ma, in realtà, il non corrispondere alle attese del Signore è il massimo dei mali, se merita tanto castigo. La vita non ci è stata donata per non fare del male, ma per fare il bene, diversamente i cadaveri sarebbero migliori di noi: non uccidono, non commettono adulterio, non rubano, non fanno falsa testimonianza...

La frase: "A chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (v.29) può sembrare un principio ingiusto; in realtà mette in evidenza come nel seguire il Signore ci sia un crescendo di intimità, di senso reciproco di appartenenza, che si intensifica e si approfondisce sempre di più.

Questo racconto non è una spinta all'imprenditorialismo o all'accumulo di capitali: i talenti sono i "misteri del regno di Dio", non i denari.

Il seguire Gesù rimane spesso bloccato perché ci si lascia dominare dalla paura, che è esattamente il contrario della fede ardimentosa che sposta le montagne. Per concludere, esemplifichiamo: paura di sposarsi, accettando la definitività di questa unione indissolubile per volontà di Dio; paura di fare i preti a vita; paura di consacrarsi definitivamente a Dio nella vita religiosa; paura, paura e sempre paura... perché abbiamo paura di Dio.
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02/09/2012 08:44
 
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Wilma Chasseur
Come cambiare il mondo

Siamo di nuovo alle prese con scribi e farisei che dominano la scena anche in questo brano di Vangelo. Erano proprio sempre attenti e intenti a osservare Gesù con la lente di ingrandimento nel tentativo di coglierlo in fallo. "Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate, lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli prendono cibo con mani immonde?". Ecco che, dopo aver dato segni strabilianti, Gesù viene rimproverato dalle autorità religiose per il fatto che i suoi discepoli non osservano certe regole di purità rituali. Queste regole erano state stabilite dai rabbini che avevano aggiunto alla legge scritta tantissimi precetti (613 addirittura!) e sostenevano di averli ricevuti dal grande legislatore (Mosè). Gesù disapprova a più riprese questa precettistica così minuziosa, estesa e dettagliata. "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me".
Quello era un modo di interpretare la legge in maniera molto superficiale "invano essi mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini". Era solo un ritualismo esterno che lasciava intatta solo la durezza di cuore?mentre Gesù ribadisce che ciò che conta invece è il cuore, non la purità rituale; ciò che rende immondo e impuro viene dal di dentro: "Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che possa contaminarlo, sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo: è dal cuore che escono le intenzioni cattive?" e aggiunge un elenco di nefandezze da far rabbrividire! Come siamo conciati!
Gesù pone dunque l'accento sull'interiorità. Il suo insegnamento mira a debellare la pratica superficiale di un ritualismo puramente esteriore. Occorre vigilare sul cuore per non cadere in una pericolosa forma di illusione religiosa, cioè quella di sentirsi a posto perché si sono osservate determinate pie pratiche. Eccovi un esempio molto efficace per illustrare questa verità.
C'era una volta un bramino indiano che apparteneva alla casta sacerdotale. In India ci sono infatti le varie caste: i bramini appartengono a una casta elevata, mentre i paria (i poveri) appartengono al rango inferiore: sono anche definiti gli intoccabili, appunto perché non bisogna abbassarsi al loro rango.
Questo bramino buono e pio, viveva di elemosine che gli davano i suoi fedeli. Un giorno decise di vestirsi da intoccabile paria per fare il solito giro. Quel giorno nessuno lo salutò, né al mercato, né al tempio e nessuno gli diede niente, né per lui, né per il tempio. Il giorno dopo si vestì di nuovo da bramino: si mise un bel vestito bianco, un turbante di seta, una giacchetta ricamata. Tutti lo salutavano, gli facevano inchini, gli davano denaro per lui e per il tempio. Arrivato a casa, il bramino si tolse gli abiti, li pose su una sedia e si inchinò profondamente dicendo: "O fortunati voi vestiti, fortunati voi! Sulla terra ciò che è certamente più onorato è il vestito, non l'essere umano che vi sta sotto"?
Il Signore ci invita dunque a rinnovare l'interno. A puntare sull'essere, non sull'apparire.
Noi non possiamo cambiare il mondo, ma possiamo cambiare noi stessi e migliorando noi stessi, inizieremo a cambiare il mondo?
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03/09/2012 06:37
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l?amore per te e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 4,16-30
In quel tempo, Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: ?Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l?unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore?.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all?inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: ?Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi?.
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: ?Non è il figlio di Giuseppe??
Ma egli rispose: ?Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!? Poi aggiunse: ?Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c?erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidóne. C?erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro?.
All?udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.


3) Riflessione

? Oggi iniziamo la meditazione del Vangelo di Luca, che si prolungherà tre mesi fino alla fine dell?anno liturgico. Il vangelo di oggi parla della visita di Gesù a Nazaret e della presentazione del suo programma alla gente della sinagoga. In un primo momento, la gente rimane ammirata. Ma, subito dopo, quando si rende conto che Gesù vuole accogliere tutti, senza escludere nessuno, la gente si ribella e vuole ucciderlo.
? Luca 4,16-19: La proposta di Gesù. Spinto dallo Spirito Santo, Gesù ritorna in Galilea (Lc 4,14) e inizia ad annunciare la Buona Notizia del Regno di Dio. Si reca nelle comunità, insegna nelle sinagoghe e giunge a Nazaret, dove era cresciuto. Ritorna nella comunità, dove ha partecipato fin da piccolo, per trenta anni. Il sabato, come era solito fare, Gesù si reca alla sinagoga per partecipare alla celebrazione e si mette in piedi per fare la lettura. Sceglie il testo di Isaia che parla di poveri, carcerati, ciechi e oppressi (Is 61,1-2). Questo testo rispecchia la situazione della gente della Galilea al tempo di Gesù. L?esperienza che Gesù aveva di Dio, Padre d?amore, gli dava uno sguardo nuovo per valutare la realtà. In nome di Dio, Gesù prende posizione in difesa della vita del suo popolo e, con le parole di Isaia, definisce la sua missione: (1) annunciare la Buona Notizia ai poveri, (2) proclamare ai prigionieri la liberazione, (3) ridare la vista ai ciechi, (4) restituire la libertà agli oppressi e, riprendendo l?antica tradizione dei profeti, (5) proclamare ?un anno di grazia da parte del Signore?. Gesù proclama l?anno del giubileo!
? Nella Bibbia, l? ?Anno del Giubileo? era una legge importante. Inizialmente, ogni sette anni (Dt 15,1; Lev 25,3) era necessario restituire le terre al clan delle origini. Così si impediva la formazione di latifondi e si garantiva alle famiglie la sopravvivenza. Bisognava perdonare anche i debiti e riscattare le persone rese schiave (Dt 15,1-18). Non fu facile realizzare l?anno del giubileo ogni sette anni (cf Ger 34,8-16). Dopo l?esilio, si decise di realizzarlo ogni cinquant?anni (Lev 25,8-12). L?obiettivo del Giubileo era, e continua ad essere, quello di ristabilire i diritti dei poveri, accogliere gli esclusi e reintegrarli nella convivenza. Il giubileo era uno strumento legale per ritornare al senso originale della Legge di Dio. Era un?occasione offerta da Dio per fare una revisione del cammino, scoprire e correggere gli errori e ricominciare tutto da capo. Gesù inizia la sua predicazione proclamando un Giubileo, ?Un anno di grazia da parte del Signore?.
? Luca 4,20-22: Unire Bibbia e Vita. Terminata la lettura, Gesù attualizza il testo di Isaia dicendo: ?Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi!? Assumendo le parole di Isaia come parole sue, Gesù da ad esse un senso pieno e definitivo e si dichiara messia che viene per adempiere la profezia. Questo modo di attualizzare il testo provoca una reazione di discredito da parte di coloro che si trovano nella sinagoga. Restano scandalizzati e non vogliono saperne nulla di lui. Non accettano che Gesù sia il messia annunciato da Isaia. Dicevano: ?Non è il figlio di Giuseppe?? Rimangono scandalizzati perché Gesù parla di accogliere i poveri, i ciechi e gli oppressi. La gente non accetta la proposta di Gesù. E così nel momento in cui presenta il progetto di accogliere gli esclusi, lui stesso è escluso.
? Luca 4,23-30: Superare i limiti della razza. Per aiutare la comunità a superare lo scandalo e farla capire che la sua proposta faceva parte della tradizione, Gesù racconta due storie conosciute della Bibbia, la storia di Elia e quella di Eliseo. Le due storie criticano la chiusura mentale della gente di Nazaret. Elia fu mandato alla vedova di Sarepta (1 Re 17,7-16). Eliseo fu mandato ad occuparsi dello straniero della Siria (2 Re 5,14). Spunta qui la preoccupazione di Luca che vuole mostrare che l?apertura verso la tradizione viene già da Gesù. Gesù ebbe le stesse difficoltà che stavano tenendo le comunità al tempo di Luca. Ma la chiamata di Gesù non calmò gli animi, anzi! Le storie di Elia e di Eliseo produssero ancora più rabbia. La comunità di Nazaret giunge al punto di voler uccidere Gesù. Ma lui conserva la calma. La rabbia degli altri non riesce ad allontanarlo dal proprio cammino. Luca ci indica che è difficile superare la mentalità del privilegio e della chiusura mentale.
? É importante notare i dettagli in uso nell?Antico Testamento. Gesù cita il testo di Isaia fino a dove dice: "proclamare un anno di grazia da parte del Signore". Non cita il resto della frase che dice: "ed un giorno di vendetta del nostro Dio". La gente di Nazaret si scaglia contro Gesù perché lui pretende di essere il messia, perché vuole accogliere gli esclusi e perché ha omesso la frase sulla vendetta. Loro volevano che il Giorno di Yavè fosse un giorno di vendetta contro gli oppressori del popolo. In questo caso, la venuta del Regno non sarebbe stata una vera mutazione o conversione del sistema. Gesù non accetta questo modo di pensare, non accetta la vendetta (cf. Mt 5,44-48). La sua nuova esperienza di Dio Padre/Madre lo aiutava a capire meglio il senso delle profezie.


4) Per un confronto personale

? Il programma di Gesù è quello di accogliere gli esclusi. Noi accogliamo tutti o escludiamo qualcuno? Quali sono i motivi che ci spingono ad escludere certe persone?
? Il programma di Gesù è veramente il nostro programma, il mio programma? Quali sono gli esclusi che dovremmo accogliere meglio nella nostra comunità? Chi o cosa ci dà la forza per svolgere la missione dataci da Gesù?


5) Preghiera finale

Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna. (Sal 118)
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04/09/2012 08:36
 
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Movimento Apostolico - rito romano
E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante

Il Padre ha scritto per Gesù il suo programma messianico. Ricevuta l'investitura immediatamente dopo il suo battesimo nel fiume Giordano, prima sostiene una dura lotta contro il diavolo, per attestare a Satana, che Lui non è nelle sue mani, nella sua volontà, ma solo nelle mani e nella volontà del Padre suo, poi si reca nella sinagoga di Nazaret e ai suoi concittadini espone il discorso programmatico preparato dal Padre suo e già profetizzato da Isaia. Ecco come il Vangelo secondo Luca racconta questo evento: "Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»" (Lc 4,16-21). Ora Gesù deve mostrare al mondo intero la perfetta realizzazione della volontà del Padre nella sua vita. Ciò che il Padre ha scritto per Lui, Lui lo deve compiere. È questa la sua missione.
Il programma del Padre prevede per Gesù che Lui sia l'uomo dalla vera Parola di Dio, sempre, in ogni momento della sua vita. Per Gesù mai si potrà dire quanto Malachia dice per i leviti del suo tempo: "Un insegnamento veritiero era sulla sua bocca né c'era falsità sulle sue labbra; con pace e rettitudine ha camminato davanti a me e ha fatto allontanare molti dal male. Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca insegnamento, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti. Voi invece avete deviato dalla retta via e siete stati d'inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete distrutto l'alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. Perciò anche io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento" (Cfr. Mal 2,1-9). Gesù ha un insegnamento fedele, puro, giusto, perfetto, di autorità. Sulla sua bocca vi è solo la Parola di Dio. Se i predicatori del Vangelo vivessero lo stesso stile di Gesù Signore, il mondo sarebbe illuminato perennemente di luce santa, conoscerebbe sempre la volontà del suo Dio, Signore e Padre. Basta niente per dare un nuovo volto al mondo: è sufficiente che il messaggero del Vangelo dica la Parola integra e pura, senza nulla aggiungere e nulla togliere.
Il Padre vuole anche che Lui liberi il mondo dalla schiavitù e dal potere del diavolo. Gesù scaccia il diavolo, lo spirito impuro con una parola forte, un comando energico. Con satana si deve essere forti. Tutti i deboli lui li fagocita e li divora. A Satana non tocca che obbedire. Deve lasciare la sua preda, facendo silenzio e non importunando il mondo con la sua parola di falsità, odio, rancore, menzogna.
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05/09/2012 07:38
 
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padre Lino Pedron
Commento su Luca 4, 38-44

Il breve racconto della guarigione della suocera di Pietro si conclude con un insegnamento importante:" Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli" ( v.39). Qui troviamo il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che essa si metta al servizio degli altri indica una guarigione molto più profonda di quella dalla semplice febbre del corpo. Ella è liberata da quella febbre che le impedisce di servire e la costringe a servirsi degli altri per essere servita. " Servire" è una parola carica di significati nel Nuovo Testamento. Gesù è il Servo di Dio e dei fratelli, il Giusto che per amore si fa carico del peso della debolezza altrui. Il servirsi degli altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male. E' nel servire che l'uomo diventa se stesso e rivela la vera identità di Dio di cui è immagine e somiglianza.

Con la parola "servire" il Nuovo Testamento intende l'amore fraterno concreto "non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Gv 3,18). Questa è la caratteristica specifica e fondamentale di Gesù, lasciata in eredità ai suoi discepoli prima di morire (Lc 22,24-27; Gv 13,1-17). La liberazione che Gesù ci ha portato non ottiene il suo risultato nella semplice professione della fede, come fanno i demoni ( Lc 4,34.41; Gc 2, 9), ma nel servire che è la vera liberazione dal male profondo dell'uomo, l'egoismo, che lo fa essere il contrario di Dio che è amore (1Gv 4,8.16). Alle tante domande " Chi conta veramente nella Chiesa?; con quali occhi dobbiamo leggere la storia della Chiesa?; chi dobbiamo guardare per imparare dal vivo il vangelo?;... la risposta è una sola: A quelle persone "insignificanti" per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. Essi ed esse sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi, essi ed esse sono i nostri maestri di vita cristiana. Anche alla fine della sua vita, Gesù chiamerà i suoi discepoli ad osservare una povera vedova che "dà tutta la sua vita"(Lc 21,4) perché imparino da lei la lezione fondamentale del suo vangelo.

Nei vv.40-41 Gesù ci insegna come dobbiamo accostarci ai malati. Prima di tutto per Gesù il malato non è un numero:" egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva", inoltre Gesù si occupa del malato, non del male. Il malato non è un caso clinico o un oggetto di studio: è una persona. All'arrivo di Gesù, il demonio, che è la causa del male, è sconfitto e fugge. Il diavolo conosce la vera identità di Cristo e la proclama, ma la vera fede che salva viene solo dall'adesione del cuore all'annuncio della salvezza (Rm 10,8-10). E questa adesione del cuore e della vita il demonio non ce l'ha.

Il popolo comincia a seguire Gesù, ma Gesù si sottrae da loro perché la volontà del Padre, che egli ha compreso a pieno di buon mattino nel luogo deserto dove aveva conversato filialmente col Padre suo, lo vuole altrove. Questa volontà del Padre è presentata con le parole:" Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". Il regno di Dio è esattamente il contrario del regno dell'uomo. Questo regno ci viene donato da Dio in Gesù. Esso non viene né per azione, né per evoluzione, ma solo per umile invocazione:" Venga il tuo regno" (Lc 11,12).

Nei vv.40-41 Luca ci offre un primo sommario di opere miracolose. Nella storia della salvezza Dio si è sempre rivelato con parole e azioni, e Gesù ora fa lo stesso. Un lungo discorso aveva aperto il suo ministero a Nazaret, una lunga serie di guarigioni conclude ora a Cafarnao la sua attività missionaria. Per la prima volta Gesù si incontra con una folla numerosa di malati, venuti o trasportati da ogni luogo.

I vangeli presentano più spesso Gesù attorniato da folle bisognose di guarigione che desiderose di ascoltare la parola di Dio. In questa circostanza appare come un medico premuroso che si prende cura di ciascuno e impone le sue mani ad uno ad uno dei malati e li guarisce.

I miracoli biblici sono stati visti spesso più come una manifestazione della potenza di Dio che come momenti della salvezza dell'uomo. Essi, invece, sono come delle piccole luci che Dio accende sul cammino dell'uomo per dimostrargli che fa storia con lui, che non l'abbandona a se stesso o in balia del male, ma che l'assiste sempre con la sua paterna presenza. Il miracolo ha pure un significato di protesta contro il male e di annuncio di salvezza presente e futura. Cristo combatte il male con tutte le sue forze e comanda a noi di continuare la sua missione facendo altrettanto, ossia il massimo.

La malattia, la miseria d'ogni genere non sono un bene, ma uno squilibrio che deve scomparire grazie all'operosità congiunta di Dio e dell'uomo.

Gesù ha bisogno di solitudine e di raccoglimento. Deve incontrarsi con il Padre per comprendere le scelte da fare e il cammino da percorrere. L'inseguimento della folla è ben spiegabile, dopo i successi e i prodigi del giorno prima. Forse qui c'è anche un richiamo polemico ai suoi concittadini di Nazaret: qui a Cafarnao è trattenuto perché non parta, lì era stato cacciato con ira e con violenza, rischiando persino di essere spinto nel burrone.

Gli uomini vogliono trattenerlo, ma la sua partenza è fuori discussione perché non dipende dalla sua volontà. Il suo cammino ha ben altre motivazioni e non può essere arrestato né dai nemici né tanto meno dagli amici. Nemmeno da lui stesso. L'incontro con il Padre suo, nel luogo deserto (cfr v.42), gli ha rivelato con certezza la volontà di Dio:" Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato (dal Padre)". Il cammino che Gesù è chiamato ad intraprendere fin dal suo battesimo è quello del servo-figlio obbediente e non del signore.

Gesù annuncia il regno di Dio. L'instaurazione di questo regno segnerà la fine del peccato, del male e di qualunque ingiustizia. Per Gesù "evangelizzare il regno di Dio" sintetizza tutta la sua missione. Evangelizzare i poveri significa aprire ad essi le porte del regno: qui la loro miseria finirà e le loro aspirazioni saranno pienamente esaudite.

Il Signore non verrà a sedersi tra i sovrani della terra, accanto a quelli che opprimono gli uomini, ma instaurerà, in mezzo ai credenti e agli uomini che seguono onestamente i dettami della loro coscienza, lo stesso regime di vita, di pace, di santità che vige presso di lui in cielo.

Il regno di Dio è già instaurato e la strada per arrivarci è quella percorsa da Cristo. Egli è il salvatore e il liberatore nel senso più pieno e totale della parola.
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06/09/2012 06:28
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l?amore per te e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio, egli vide due barche ormeggiate alla sponda.
I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: ?Prendi il largo e calate le reti per la pesca?. Simone rispose: ?Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti?. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell?altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: ?Signore, allontanati da me che sono un peccatore?. Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.
Gesù disse a Simone: ?Non temere; d?ora in poi sarai pescatore di uomini?.
Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi narra la chiamata di Gesù a Pietro. Il vangelo di Marco colloca la chiamata dei primi discepoli dopo l?inizio del ministero pubblico di Gesù (Mc 1,16-20). Luca la colloca dopo che la fama di Gesù si era già estesa per tutta la regione (Lc 4,14). Gesù aveva curato molta gente (Lc 4,40) ed aveva pregato nelle sinagoghe di tutto il paese (Lc 4,44). La gente lo cercava e la moltitudine lo spingeva da tutte le parti per udire la Parola di Dio (Lc 5,1). Luca rende più comprensibile la chiamata. In primo luogo, Pietro ascolta le parole di Gesù alla gente. Poi è testimone della pesca miracolosa. Solo dopo questa duplice esperienza sorprendente, capisce la chiamata di Gesù. Pietro risponde, lascia tutto e diventa ?pescatore di uomini?.
? Luca 5,1-3: Gesù insegna dalla barca. La gente cerca Gesù per ascoltare la Parola di Dio. Molte sono le persone che si radunano attorno a Gesù, che fanno ressa attorno a lui. E Gesù cerca aiuto da Simon Pietro e da alcuni compagni che erano appena ritornati dalla pesca. Entra nella barca con loro e risponde all?aspettativa della gente, comunicando loro la Parola di Dio. Seduto, Gesù prende l?atteggiamento di un maestro e parla dalla barca di un pescatore. La novità consiste nel fatto che insegna non solo nella sinagoga per un pubblico scelto, ma in qualsiasi luogo, dove c?è gente che voglia ascoltarlo, perfino sulla spiaggia.
? Luca 5,4-5: "Sulla tua parola getteremo le reti!" Terminata l?istruzione alla gente, Gesù si dirige a Simone e lo incoraggia a pescare di nuovo. Nella risposta di Simone spuntano la frustrazione, la fatica e lo scoraggiamento: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla!" Ma, fiduciosi nella parola di Gesù, gettano di nuovo le reti e continuano la lotta. La parola di Gesù tiene per loro più forza che l?esperienza frustrante della notte!
? Luca 5,6-7: Il risultato è sorprendente. La pesca è così abbondante che le reti quasi si rompono e le barche cominciano ad affondare. Simone ha bisogno dell?aiuto di Giovanni e di Giacomo, che sono su un?altra barca. Nessuno riesce ad essere completo, da solo. Una comunità deve aiutare l?altra. Il conflitto tra le comunità, sia al tempo di Luca che oggi, deve essere superato per raggiungere un obiettivo comune, che è la missione. L?esperienza della forza della Parola di Gesù che trasforma è l?asse attorno a cui le differenze si abbracciano e si superano.
? Luca 5,8-11: "Siate pescatori di uomini!" L?esperienza della vicinanza di Dio in Gesù fa capire a Simone chi è: "Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore!" Davanti a Dio siamo tutti peccatori! Pietro ed i suoi compagni hanno paura e, nello stesso tempo, si sentono attratti. Gesù allontana la paura: "Non temete!" Chiama Pietro e lo impegna nella missione, ordinandogli di essere pescatore di uomini. Pietro sperimenta, assai concretamente, che la Parola di Gesù è come la Parola di Dio. E? capace di far succedere ciò che afferma. In Gesù quei rudi lavoratori faranno un?esperienza di potere, di coraggio e di fiducia. Ed allora, "lasceranno tutto e seguiranno Gesù!". Finora, era solo Gesù che annunciava la Buona Notizia del Regno. Ora, altre persone saranno chiamate e coinvolte nella missione. Questo modo di Gesù, di lavorare con gli altri, è anche una Buona Notizia per la gente.
? L?episodio della pesca lungo il lago indica l?attrazione e la forza della Parola di Gesù. Attira la gente (Lc 5,1). Spinge Pietro ad offrire la sua barca a Gesù per poter parlare (Lc 5,3). La Parola di Gesù è così forte che vince la resistenza di Pietro, lo spinge a gettare di nuovo la rete e così avviene la pesca miracolosa (Lc 5,4-6). Vince in lui la volontà di allontanarsi da Gesù e lo attira ad essere "pescatore di uomini!" (Lc 5,10) E così che la Parola di Dio agisce in noi, fino ad oggi!


4) Per un confronto personale

? Dove e come avviene oggi la pesca miracolosa, che avviene facendo attenzione alla Parola di Gesù?
? "Lasciarono tutto e lo seguirono." Cosa devo lasciare per seguire Gesù?


5) Preghiera finale

Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna. (Sal 23)
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07/09/2012 05:52
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi

Ogni giorno Gesù ci incanta con la sua saggezza, sapienza, intelligenza, grande capacità di discernimento. Lui vive in un mondo di ciechi religiosi e per di più maligni e malvagi. Questo mondo è come la vipera sorda che si tura le orecchie per non sentire, sempre pronta però ad attaccare per iniettare il suo veleno di morte a quanti passano per la sua strada. In un mondo religioso impastato e fatto di peccaminosa religiosità, senza sapienza, la battaglia è persa all'istante. La missione di Gesù sarebbe durata appena qualche giorno e si sarebbe conclusa nel fallimento totale. La sapienza è la vera via della vita. Essa aiuta a fare bene ogni cosa senza che un danno ci travolga.
Gesù è venuto per trasformare ogni religiosità in purissima fede, cioè in un ascolto santo della Parola del Padre suo. La religione che Cristo Signore deve creare nel cuore degli uomini consiste in una obbedienza risoluta, ferma, convinta, perenne alla volontà di Dio, manifestata nella Legge, nei Profeti, nei Salmi, attualizzata dall'annunzio che Lui stesso quotidianamente sta portando nel mondo. Cosa vuole invece l'uomo religioso del suo tempo? Vuole che Gesù si lasci ingoiare da quel mondo che lui deve trasformare proprio partendo dalla sua missione evangelizzatrice.
Gesù non può dire ancora la verità della sua missione ma neanche può ratificare, omologare i loro pensieri. Deve però rispondere ad ogni loro richiesta. Non può tacere. Il silenzio sarebbe stato considerato da loro una colpevole ammissione di mancanza grave contro la religione dei padri, così come era vissuta ai suoi tempi. Ecco allora che la saggezza e l'intelligenza gli vengono in aiuto. Risponde, ma con una parabola che lascia tanto spazio al nuovo, senza minimamente sconfessare in modo palese ciò che è vecchio. Così agendo Gesù si rivela un vero Pastore accorto, prudente, intelligente. Conosce il mondo nel quale vive e non si lascia irretire nei suoi pensieri atei.
Cosa esattamente ci vuole insegnare Gesù con queste due parabole del pezzo di panno e degli otri nuovi? Un uomo di buon senso, saggio, accorto, intelligente, se ha un vestito nuovo, non lo strappa per rattoppare un vestito vecchio, logoro, consumato dagli anni. È un'opera doppiamente stolta: perché rovina un vestito nuovo e perché non rende sano il vecchio. Il nuovo sul vecchio stride. Mal si adatta. E così un vino ancora bollente non si può mettere in un otre vecchio, altrimenti si spacca e vanno perduti insieme e l'otre e il vino. Mettendo vino nuovo in otri nuovi, si salva e l'otre e il vino. Così è della sua verità. Non può prendere un poco della sua verità e adattarla alla vecchia religiosità. Sarebbe un'opera di bassissima saggezza. Non si conserva integra la prima, non si risolvono i problemi della seconda. Invece lasciando che il nuovo avanzi come nuovo e il vecchio continui come vecchio, possono camminare insieme e l'uno e l'altro. Non è l'adattamento del nuovo all'antico che urge, urge invece che sia l'uomo a scegliere in quale otre essere posto. È l'uomo la vera via della religione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, inseriteci nell'otre nuovo.
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08/09/2012 07:36
 
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Eremo San Biagio
Commento su Michea 5,1

"E tu, Betlemme di Efrata, cos? piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te uscir? colui che deve essere il dominatore in Israele" Mi. 5,1

La pericope ? tratta dallo scritto del profeta Michea. Quest'uomo dello Spirito vede lontano quel che, secondo il piano di Dio, dovr? realizzarsi a salvezza. Anche questo profeta allude alla venuta del Messia e ai tempi messianici, in cui il "piccolo resto" d'Israele salvato da stragi e calamit? dalla mano potente di Dio, torner? l? dove deve nascere l'Atteso delle genti: il Salvatore, E ci? avverr? quando - dice Michea - "Colei che deve partorire partorir?" (Mi,5,2).

Ecco, la nostra attenzione va anzitutto su Betlemme (= citt? del pane) che il profeta riconosce tanto piccola, pur essendo tra i capoluoghi di Giuda.

Per di pi?, proprio questa citt? cos? piccola e dunque di ben poca importanza, ? messa in relazione con una donna: quella da cui dovr? nascere il Signore delle genti. Un paradosso? No, una costante biblica e soprattutto evangelica. ? dalla piccolezza, da quel che apparentemente non conta che viene ci? che conta veramente nei piani di Dio.

Maria ? come Betlemme: citt? piccola, ma citt? del pane. Vi nascer? infatti Ges?: il pane vivo disceso dal cielo.

Anche Maria ? piccola, consapevole del suo niente. Maria ? solo un grembo caldo e vivo di tenerissima umanit?, dove ha albergato un nascituro che ? il Cristo Salvatore del mondo. Maria ? nata per questo. Da quando Ges? sulla Croce ci consegn? a Lei, noi le apparteniamo, se per? ci lasciamo assimilare alla sua piccolezza generatrice di un mistero di vita.

O Maria, piccola sei nata e piccola nello Spirito sei rimasta sempre. Aiutami a non desiderare grandezze di nessun genere. Che io resti, contenta, nella verit? del mio niente dove solo ? grande Dio, che non cessa di amarmi e associarmi, in Ges?, al suo disegno di salvezza.

La voce del Papa di un presbitero scrittore

L'umilt? creaturale ? l'umilt? filiale cos? come ? rappresentata da Maria.
Ernesto Balducci
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09/09/2012 06:37
 
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Wilma Chasseur
Il sospiro della compassione

"Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco, il vostro Dio (?) Egli viene a salvarvi"( prima lettura).
Chi sono questi smarriti di cuore, se non tutti noi, sempre pi? smarriti in un mondo che sembra abbia perso la bussola e ci spaventa per la violenza, l'insicurezza, la precariet? che regnano - almeno queste ultime due - pressoch? in ogni ambiente. Anche le istituzioni pi? consolidate, come la famiglia e la scuola, sembra siano in fase di dissestamento pi? che di assestamento e non si sa pi? dove poggiare il capo.
Chi sono coloro che hanno bisogno di sentirsi dire: "Coraggio! Non temete: ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi"? Ma siamo sempre noi, uomini e donne del ventunesimo secolo, apparentemente cos? sicuri e baldanzosi a cavallo di tecnologie sempre pi? avanzate e marchingegni sempre pi? complicati, ma interiormente cos? pieni di paure, timori, ansie e angosce varie. Paura del futuro: chiss? cosa accadr?? Paura del passato: ma guarda cos'ho combinato, Dio mi perdoner?? Paura addirittura delle paure: ora sono tranquillo, ma ho paura che mi tornino le paure! Abbiamo veramente bisogno di sentirci dire ogni momento:"Non temete, ecco il vostro Dio, Egli viene ". Ecco cos'? che ci salva: la certezza che abbiamo un Salvatore che non ci ha salvati una volta per tutte, ma continua a venire ogni momento a salvarci da ogni sbandamento, traviamento e oscuramento. Infatti la prima lettura di oggi dice proprio: "Non temete, Egli viene a salvarvi". Non lo dice al passato "? venuto" ma al presente "viene", ed ? un presente continuo (come si dice in inglese), che durer? fino alla fine dei secoli, fino a quando non ci saranno pi? giorni e quindi non ci sar? neanche pi? il presente? E abbiamo bisogno di poter contare su uno che ? fedele per sempre, come dice il Salmo responsoriale.
Nel Vangelo vediamo Ges? sempre itinerante, di ritorno da Tiro e diretto verso il territorio della Decapoli. Da quando ? partito di casa per annunciare il Regno, Ges? ? instancabile nel proclamare la buona novella, sempre in cammino per la Galilea, Giudea e Samaria, passando notti insonni in preghiera, e giornate di un'attivit? intensissima tra miracoli, guarigioni e insegnamenti. Sar? perch? sapeva che il suo ministero sarebbe stato di brevissima durata? O perch? "lo zelo per la casa del Padre lo divorava"? (Salmo). Oggi lo vediamo di nuovo alle prese con la malattia: "Gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano". Gli condussero. Questi malati del Vangelo, magari hanno perso tutto, anche la salute, ma non hanno perso la cosa pi? importante: gli amici. L'abbiamo gi? visto altre volte: il paralitico aveva come minimo quattro amici fedelissimi che lo calarono addirittura dal tetto per metterlo davanti a Ges? affinch? lo guarisse. Anche oggi vediamo il sordomuto che ha amici fedeli che lo conducono davanti a Ges? pregandolo di guarirlo. Si capisce che erano veri amici, perch? ci tengono alla sua guarigione e, non solo la chiedono, ma pregano addirittura Ges? di guarirlo. Ed Egli lo porta in disparte. Chiss? perch?! Forse per essere pi? vicino al Padre e poter alzare gli occhi al cielo, come faceva ogni volta prima di operare un miracolo, lontano da sguardi indiscreti? E prima di dire "apriti" emette un sospiro. E' la prima volta che notiamo questo atteggiamento in Ges? e mi ha colpito tantissimo. Cosa vorr? dire? Sar? stato dettato sicuramente dalla compassione, non solo per il sordomuto, ma per la condizione umana in s?, soggetta a mille sordit? e a mille fragilit?. Infatti siamo soggetti a fragilit? fisiche; quante malattie; fragilit? psicologiche: quante depressioni, esaurimenti e disturbi di carattere psicosomatico; fragilit? morali: le tendenze al male contro cui dobbiamo lottare per far trionfare il bene e, come se non bastasse, anche le tentazioni che vengono dal nemico delle anime. Il nostro cuore ? un vero e proprio campo di battaglia e in questo sospiro di Ges?, possiamo vedervi tutta la sua ansia di Salvatore e il desiderio di vederci tutti salvi e liberati soprattutto dalle innumerevoli sordit? ai suoi richiami e inviti di salvezza.
Dobbiamo chiedere di essere guariti dalla sordit? ai suoi richiami e acquistare quella docilit? allo Spirito Santo che basterebbe a farci santi.
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10/09/2012 08:00
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Gli scribi e i farisei lo osservavano

Una fede nella quale l'intelligenza, la sapienza, il discernimento, la scienza di ci? che ? giusto vengono oscurati, ? una fede misera, incapace di elevare l'uomo fino alle pi? alte vette dalla verit? e della santit?. ? questa una fede che oscura il volto di Dio ed anche quello dell'uomo. Questa fede costruisce uomini falsi perch? la verit? sulla quale essa si fonda ? anch'essa grande falsit?.
Un uomo, dal cuore puro, dalla mente libera, dai pensieri che cercano la verit? e la giustizia, pu? sempre sapere ci? che ? bene e ci? che ? male. Pu? sempre operare un sano discernimento sul giusto e sull'ingiusto. D'altronde Ges? ha racchiuso tutta la Legge e tutti i Profeti su questo discernimento, o capacit? dell'uomo di conoscere il bene e il male: "Chiedete e vi sar? dato, cercate e troverete, bussate e vi sar? aperto. Perch? chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sar? aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, dar? una pietra? E se gli chiede un pesce, gli dar? una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto pi? il Padre vostro che ? nei cieli dar? cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti ? la Legge e i Profeti" (Mt 7,7-12).
Sempre Ges? fa appello all'intelligenza dell'uomo: "Diceva ancora alle folle: ?Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: "Arriva la pioggia", e cos? accade. E quando soffia lo scirocco, dite: "Far? caldo", e cos? accade. Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perch? non giudicate voi stessi ci? che ? giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di l? finch? non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo?" (Lc 12,54-59). Anche San Paolo punta sulla capacit? di discernimento del discepolo di Ges?: "In conclusione, fratelli, quello che ? vero, quello che ? nobile, quello che ? giusto, quello che ? puro, quello che ? amabile, quello che ? onorato, ci? che ? virt? e ci? che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sar? con voi!" (Fil 4,8-9). Anche dinanzi ad errate e cattive interpretazioni della Legge di Dio, Ges? chiede che mai venga ad oscurarsi questa capacit? nell'uomo, che ? un vero riflesso della sapienza eterna, ad immagine della quale lui ? stato creato.
Un altro sabato egli entr? nella sinagoga e si mise a insegnare. C'era l? un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Ges? conosceva i loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: ??lzati e mettiti qui in mezzo!?. Si alz? e si mise in mezzo. Poi Ges? disse loro: ?Domando a voi: in giorno di sabato, ? lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla??. E guardandoli tutti intorno, disse all'uomo: ?Tendi la tua mano!?. Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di s? dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Ges?.
Ges? fa appello alla saggezza dei molti per mettere in difficolt? i farisei e gli scribi, gente ipocrita, disposta anche ad ucciderlo subito. Avuta dalla sua parte la folla, opera il miracolo, perch? sa di avere in quegli uomini onesti un appoggio necessario in questo frangente della sua vita. Nessuno dovr? mai sfidare il male. Esso va sempre aggirato con circospezione, saggezza, grande intelligenza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci saggi per il regno di Dio.
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11/09/2012 08:26
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Luca 6, 12-19

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo,
guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,
perch? a tutti i credenti in Cristo
sia data la vera libert? e l?eredit? eterna.
Per il nostro Signore Ges? Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 6,12-19
In quei giorni, Ges? se ne and? sulla montagna a pregare e pass? la notte in orazione. Quando fu giorno, chiam? a s? i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiam? anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d?Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
Disceso con loro, si ferm? in un luogo pianeggiante. C?era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sid?ne, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.
Tutta la folla cercava di toccarlo, perch? da lui usciva una forza che sanava tutti.


3) Riflessione

? Il brano di oggi ci presenta due fatti: la scelta dei dodici apostoli (Lc 6,12-16) e l?enorme moltitudine che vuole incontrare Ges? (Lc 6,17-19). Il vangelo ci invita a riflettere sui Dodici che furono scelti per vivere con Ges?, essendo apostoli. I primi cristiani ricordarono e registrarono i nomi di questi Dodici e di alcuni altri uomini e donne che seguirono Ges? e che dopo la sua risurrezione cominciarono a creare le comunit? per il mondo di fuori. Anche oggi, tutti ricordano qualche catechista o persona significativa per la propria formazione cristiana.
? Luca 6,12-13: La scelta dei 12 apostoli. Prima di scegliere definitivamente i dodici apostoli, Ges? trascorse una notte intera in preghiera. Prega per sapere chi scegliere, e sceglie i Dodici, i cui nomi sono nei vangeli e che riceveranno il nome di apostolo. Apostolo significa inviato, missionario. Loro furono chiamati per svolgere una missione, la stessa missione che Ges? ricevette dal Padre (Gv 20,21). Marco concreta di pi? e dice che Dio li chiam? per stare con lui e li manda in missione (Mc 3,14).
? Luca 6,14-16: I nomi dei 12 apostoli. Con piccole differenze i nomi dei Dodici sono uguali nei vangeli di Matteo (Mt 10,2-4), Marco (Mc 3,16-19) e Luca (Lc 6,14-16). Gran parte di questi nomi vengono dall?AT. Per esempio, Simeone ? il nome di uno dei figli del patriarca Giacobbe (Gen 29,33). Giacomo ? il nome stesso di Giacobbe (Gen 25,26). Giuda ? il nome dell?altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Matteo aveva anche il nome di Levi (Mc 2,14), l?altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Dei dodici apostoli, sette hanno il nome che viene dal tempo dei patriarchi: due volte Simone, due volte Giacomo, due volte Giuda, ed una volta Levi! Ci? rivela la saggezza e la pedagogia della gente. Mediante i nomi dei patriarchi e delle ?matriarche?, dati ai figli ed alle figlie, la gente mantiene viva la tradizione degli antichi ed aiuta i propri figli a non perdere l?identit?. Quali sono i nomi che oggi diamo ai nostri figli ed alle nostre figlie?
? Luca 6,17-19: Ges? scende dalla montagna e la gente lo cerca. Scendendo dalla montagna con i dodici, Ges? incontra una moltitudine immensa di gente che cercava di ascoltare la sua parola e di toccarlo, perch? sapeva che lui sprigionava una forza di vita. Tra questa moltitudine c?erano giudei e stranieri, gente della Giudea ed anche di Tiro e Sidone. Era gente abbandonata, disorientata. Ges? accoglie tutti coloro che lo cercano. Giudei e pagani! Questo ? uno dei temi preferiti da Luca!
? Queste dodici persone, chiamate da Ges? per formare la prima comunit?, non erano sante. Erano persone comuni, come tutti noi. Avevano le loro virt? ed i loro difetti. I vangeli informano molto poco sul temperamento e il carattere di ciascuna di loro. Ma ci? che dicono, anche se poco, ? per noi motivo di consolazione.
- Pietro era una persona generosa e piena di entusiasmo (Mc 14,29.31; Mt 14,28-29), ma nel momento del pericolo e della decisione, il suo cuore diventa piccolo e fa marcia indietro (Mt 14,30; Mc 14,66-72). Giunge ad essere satana per Ges? (Mc 8,33). Ges? lo chiama Pietra (Pietro). Pietro di per s? non era Pietra. Diventa pietra (roccia), perch? Ges? prega per lui (Lc 22,31-32).
- Giacomo e Giovanni, fratelli, sono disposti a soffrire con e per Ges? (Mc 10,39), ma erano molto violenti (Lc 9, 54). Ges? li chiama ?figli del tuono? (Mc 3,17). Giovanni sembrava avere una certa invidia. Voleva Ges? solo per il suo gruppo (Mc 9,38).
- Filippo aveva un modo di fare accogliente. Sapeva mettere gli altri a contatto con Ges? (Gv 1,45-46), ma non era molto pratico nel risolvere i problemi (Gv 12,20-22; 6,7). A volte, era molto ingenuo. Ci fu un momento in cui Ges? perse la pazienza con lui: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14,8-9)
- Andrea, fratello di Pietro ed amico di Filippo, era pi? pratico. Filippo ricorre a lui per risolvere i problemi (Gv 12,21-22). Andrea chiama Pietro (Gv 1,40-41), ed Andrea trov? il fanciullo con cinque pani e due pesci (Gv 6,8-9).
- Bartolomeo sembra essere lo stesso che Natanaele. Costui era di l? e non poteva ammettere che qualcosa di buono potesse venire da Nazaret (Gv 1,46).
- Tommaso fu capace di sostenere la sua opinione, una settimana intera, contro la testimonianza di tutti gli altri (Gv 20,24-25). Ma quando vide che si era sbagliato non ebbe paura di riconoscere il suo errore (Gv 20,26-28). Era generoso, disposto a morire con Ges? (Gv 11,16).
- Matteo o Levi era pubblicano, esattore, come Zaccheo (Mt 9,9; Lc 19,2). Erano persone impegnate nel sistema oppressiva dell?epoca.
- Simone, invece, sembra che appartenesse al movimento che si opponeva radicalmente al sistema che l?impero romano imponeva al popolo giudeo. Per questo lo chiamavano anche Zelota (Lc 6,15). Il gruppo dei Zeloti giunse a provocare una rivolta armata contro i romani.
- Giuda era colui che si occupava del denaro nel gruppo (Gv 13,29). Tradisce Ges?.
- Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo, di questi due i vangeli non dicono nulla, salvo il nome.


4) Per un confronto personale

? Ges? trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione ne trai?
? Ricordi le persone che hanno dato origine alla comunit? a cui appartieni? Cosa ricordi di loro: il contenuto di ci? che insegnavano o la loro testimonianza?


5) Preghiera finale

Lodino il suo nome con danze,
con timpani e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona gli umili di vittoria. (Sal 149)
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12/09/2012 09:14
 
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Eremo San Biagio
Commento su Colossesi 3, 1-11

"Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col. 3, 1-11).

Paolo si rivolge agli abitanti di Colossi che hanno realmente ricevuto il Cristo della fede diventando così membri della Chiesa: il suo Corpo Mistico. E' avvenuta dunque una "resurrezione". Cristo è risorto dalla morte fisica; i credenti, cui è indirizzata la lettera, sono risorti a un nuovo stile di vita. Vivere Cristo è appartenere a Lui e quindi "morire" e "risorgere" in quella METANOIA (= conversione) che è anzitutto orientamento del cuore e della mente totalmente nuovi, rispetto agli pseudo valori vagheggiati e ricercati in un clima di mondanità.

Quando Paolo dice di "cercare" e "pensare" in sintonia con Cristo risorto, e di non preoccuparsi più delle cose "della terra" non vuole affatto proporre una fede disincarnata, dove tutto ciò che è vita dell'uomo in questo mondo (il provvedere a un'esistenza sana, il godere onestamente dei beni di questa terra) viene bandito o guardato con sospetto. Tutt'altro!

Risorgi con Gesù, se muori a quel che, nella vita terrena, è avidità, chiusura, violenza, in sostanza rifiuto di amare. Risorgi con Gesù se impari a pensare come Lui, cioè a orientare la tua vita, nel desiderio nel pensiero nell'azione, secondo quel che Dio vuole e che ti è reso ben chiaro dai Comandamenti e dal Vangelo di Gesù.

Oggi, nella mia pausa di contemplazione, entro nella piena consapevolezza che certi desideri pensieri e comportamenti? terra-terra, ci schiavizzano e sono ben lungi dal darci pace.

Morire a questo è sbarazzarcene, per entrare già in quella vita vera che per ora è "nascosta con Cristo in Dio" ma che (molto prima che tra 100 anni!) sarà anche in noi la partecipazione felice alla sua gloria.

Signore Gesù, ottienimi lo Spirito Santo, che mi abiliti a desiderare, pensare volere e agire, almeno in qualche misura, come Te. Grazie, mio Signore!

La voce di un Papa

La conversione costituisce il traguardo del nostro ministero: ridestare la consapevolezza del peccato nella sua perenne e tragica realtà, consapevolezza delle sue dimensioni personali e sociali, insieme con la certezza che «la grazia ha sovrabbondato sul peccato» (Rom. 5, 20); e proclamare la salvezza in Gesù Cristo.
Paolo VI
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13/09/2012 08:45
 
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padre Lino Pedron
Commento su Luca 6, 27-38

Queste parole di Gesù sono strettamente autobiografiche: lui per primo ha fatto quello che ora comanda a noi. Di conseguenza dobbiamo amare il prossimo come Dio lo ama e ama noi.

Il comandamento dell'amore riguarda innanzitutto i nemici. Infatti l'esperienza primordiale del credente è quella di essere stato amato da Dio quando era ancora suo nemico (Rm 5, 6-11).

Questo amore verso il nemico è l'agàpe, l'amore stesso con il quale Dio ci ama, ed è Dio stesso. L'amore per il nemico è la prova per vedere se realmente abbiamo conosciuto Dio. Chi non ama il nemico non conosce Dio.

L'amore per il nemico è il fondamento pratico del cristianesimo, che in altre parti del vangelo si esprime come perdono (cfr Lc 6,36-38; Mt 6,11-12.14-15; 18,21-35).

Gesù ama i peccatori perché odia il peccato. Noi odiamo i peccatori perché amiamo il peccato. Se non amiamo i nemici, siamo nemici di Dio stesso, che li ama perché sono suoi figli. Separarsi dai nemici è separarsi da Dio, che nella sua misericordia si è unito a loro.

L'inimicizia dell'altro proviene quasi sempre dal mio egoismo che lo vuole asservire. L'altro non è visto come fratello, ma come strumento del mio egoismo.

Amare i nemici e amare il prossimo è la stessa cosa: "I nemici dell'uomo sono quelli di casa sua" (Mi 7,6; Mt 10,36). Il nemico lontano è meno detestabile del prossimo vicino.

L'amore non è solo un atteggiamento interiore di misericordia. Come ogni amore, si esprime più nei fatti che nelle parole. Come la fede senza le opere è morta, così l'amore del nemico non esiste se non gli facciamo del bene con creatività e fantasia. Dev'essere però un bene per lui, non per me. Dev'essere un'esaltazione del nemico nell'amore, non l'umiliazione del fratello nel disprezzo e nell'odio. Il perdono è umiltà e amore, non atteggiamento di superiorità e vendetta. Il bene fatto al nemico con atteggiamento moralistico e compassione superba lo porta al rifiuto del perdono e all'indurimento nel male e manifesta la nostra cattiveria e stupidità.

Il nostro sommo bene ci viene proprio dall'amore dei nemici, perché ci dà la possibilità di amare come ama Dio, nella totale gratuità.

"Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (v.31). E' la regola d'oro che sintetizza tutto quanto è stato detto finora. Rabbì Hillel l'aveva insegnata in forma negativa: "Ciò che dispiace a te, non farlo a nessuno. Questa è tutta la legge: il resto è commento". Ma per osservare questo comandamento negativo basta non fare nulla. Gesù invece comanda di fare tutto il bene con la creatività propria dell'amore: impegno da infarto quotidiano! Ovviamente, per vivere queste parole di grazia occorre il dono dello Spirito che ci dà il cuore nuovo.

Per amare come Dio bisogna amare a senso unico: dare tutto senza pretendere nulla. Il fondamento di ogni morale è "essere come Dio". Dio ci ama senza condizioni e senza riserve e ci rende capaci di amare gli altri così come sono, senza condizioni e senza riserve. E i primi aventi diritto al nostro amore sono i più bisognosi, i più disgraziati, i nemici.

L'amore di misericordia è il solo amore capace di creare un mondo nuovo, salvandolo dalla distruzione in cui l'egoismo l'ha precipitato. L'amore di scambio è tipico dei peccatori. Il prezzo della vita è la gratuità.

Quanto Dio ha fatto nella creazione e nella redenzione è amore e gratuità: non ha investito, non ha speculato su di noi. Ha dato tutto se stesso, rimettendoci la vita. E ci ha lasciato un comandamento: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8).

L'amore senza condizioni, senza riserve e senza alcuna speranza di contraccambio ci otterrà un premio grande: amando in questo modo diventiamo figli del Padre. Il premio della vita cristiana, la salvezza eterna, il paradiso non è una cosa, ma diventare ciò che amiamo: Dio. Nell'amore dei nemici giunge a maturazione e fruttifica lo Spirito di Dio ricevuto nel battesimo che ci ha resi veramente "figli dell'Altissimo".

"Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro". Questo versetto è il culmine della rivelazione di chi è Dio per noi e di che cosa ci ha donato. Questo amore di misericordia è l'unico possibile nella situazione in cui ci troviamo di fatto. Il male, che sembra sfuggire di mano alla potenza di Dio, è raggiunto e cambiato in bene dalla misericordia. Ciò che Dio non compie con la potenza della sua mano libera di agire, lo compie con l'impotenza della sua mano inchiodata per amore alla croce.

I vv. 37 e 38, prima ancora che linee di comportamento per noi, sono i lineamenti del volto del Padre misericordioso. La prima immagine che l'uomo ha di Dio è quella del giudice. L'immagine di Dio che giudica con severità è l'ultimo idolo che Gesù riesce a togliere, facendoci vedere che il nostro male lo porta lui sulla croce: "Ecco l'Agnello di Dio che porta via il peccato del mondo" (Gv 1,29). La croce di Cristo è l'unico "giudizio" possibile al Padre della misericordia che giustifica tutti.

Dunque, chiunque giudica un altro sbaglia sempre. E l'errore non sta nel fatto che l'uomo può sbagliare nel suo giudizio, ma nel fatto che usurpa il potere di Dio. Chi giudica non conosce Dio che è misericordia (cfr Giona cap.4). Egli invece di giudicare, giustifica e, invece di condannare, condona.

Il giudizio finale di salvezza o di perdizione non è operato da Dio, ma da me. E non in un tempo indeterminato o nascosto, ma ora, nel rapporto quotidiano con il fratello. Questa è la misericordia di Dio: lascia a noi il giudizio su noi stessi; e questo giudizio è lo stesso che pronunciamo sugli altri. Se non giudichiamo gli altri, Dio non giudica noi. Se non condanniamo gli altri, Dio non condanna noi. Se perdoniamo agli altri, Dio perdona a noi.

Nella misura in cui si dà al fratello, si riceve da Dio. L'unico metro di misura del dono che riceviamo è quindi la nostra capacità di donare. Dio rinuncia a misurare come rinuncia a giudicare. Siamo misurati e giudicati da noi stessi, secondo il nostro amore verso gli altri.

In questo ultimo versetto c'è l'esaltazione dell'abbondanza del dono di Dio. Egli non conosce misura nel donarsi. L'unica limitazione alla misericordia di Dio è data dal nostro grembo, dalle nostre viscere di misericordia.

Dio è il punto di riferimento dell'agire cristiano. Tutta la preoccupazione del credente è ripetere nella propria vita i suoi comportamenti.

Gesù tenta di levarci dalla testa un Dio che siede come giudice in un tribunale, per sostituirlo con un Padre che siede in casa con i suoi figli ai quali non cessa di voler bene e di usare con essi tutta la sua comprensione paterna. Lo sforzo del giudice è quello di arrivare a una sentenza di condanna, quello del padre, così come quello del cristiano, a una assoluzione totale. Il cristiano è chiamato a ricopiare l'atteggiamento paterno di Dio verso tutti indistintamente.

L'amore dei nemici è una grazia che ci fa misericordiosi come il Padre.

Gesù ci insegna come dobbiamo comportarci nei confronti di quelli che non ci amano: non giudicate, non condannate, perdonate, date. E questi quattro comandamenti vanno praticati con una generosità sovrabbondante, smisurata, perché con la misura con la quale misuriamo, sarà misurato a noi in cambio da Dio.

Il desiderio dell'uomo è "diventare come Dio" (Gen 3, 5). Ora, dopo la rivelazione del vero volto di Dio in Gesù, è possibile capire la via per diventare Dio. L'essenza di Dio è la misericordia: "Poiché, quale è la sua grandezza, tale è la sua misericordia" (Sir 2,18).

La nostra esperienza fondamentale di Dio, dal momento che siamo nel peccato e nel male, è quella della misericordia che perdona e che salva. Questo amore di misericordia è l'unico possibile nella situazione in cui ci troviamo di fatto.

Se l'amore si esprime nel dono, la misericordia si esprime nel perdono, che significa super-dono, in modo che "dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5, 20).

L'aggettivo che Luca usa qui per dire "misericordioso" è oiktìrmon, che indica l'espressione esterna della misericordia, sia come compassione che come intervento. Questo aggettivo, applicato a Dio, è usato solo due volte in tutto il Nuovo Testamento: qui e nella Lettera di Giacomo 5,11. Nella traduzione detta dei Settanta oiktìrmon traduce l'ebraico rahamin, che indica l'utero. Questo significa che Dio misericordioso ci è presentato come padre, ma ancor più come madre. A questo proposito è prezioso quanto ha scritto san Clemente di Alessandria: "Per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza (sympathés) che ha per noi lo fa diventare madre. Amando, il Padre diventa femminile" (Quis dives salvetur, 37,2).
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14/09/2012 07:59
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito

Tutti i nostri mali iniziarono per un atto di non fede. Ma cosa è esattamente la fede? La fede è accoglienza di una Parola di Dio esatta, puntuale, specifica, chiara, fatta risuonare al nostro orecchio. Fede non è credere in Dio. Tutti possono credere in Dio, o in un Dio. Fede è credere nella Parola del vero Dio e Signore, del vero Creatore dell'uomo. Dove non c'è la Parola del vero Dio, lì non c'è neanche la fede. Mai ci potrà essere. Perché sarebbe posta in una falsità, in qualcosa di inesistente. Questa sarebbe idolatria, superstizione. Mai potrebbe chiamarsi fede.
Il Signore aveva detto ad Adamo: "Se ne mangi, muori!". Adamo non ascoltò e fu la morte per lui e per tutto il genere umano. Con la morte furono anche ogni sorta di sofferenza e di dolore. Con quella disobbedienza la terra si trasformò in una valle di lacrime, in un cimitero di morti, in una distesa di ossa aride.
Dio, ricco di misericordia e di bontà, non ha lasciato l'uomo in balia della sua sofferenza, del suo dolore, della sua povertà umana, della sua morte. Non vuole che rimanga in eterno fuori della sua casa. Ancora una volta e sempre gli propone la fede come vera via di vita, salvezza, redenzione, giustificazione, elevazione, dono della dignità smarrita e perduta. Questa volta però cambia qualcosa. Non è più nella sua Parola che gli uomini dovranno credere. Sono invece chiamati a credere in un Crocifisso particolare, speciale, unico al mondo.
Questo Crocifisso unico, particolare, speciale è il Figlio dell'uomo. Questi sarà innalzato sulla croce. Chi lo contemplerà come il suo Dio e Signore, chi si lascerà inondare dalla sua grazia e verità, chi lo riconoscerà come il suo Salvatore e lo guarderà con occhio di purissima fede, sarà salvato, entrerà nella vita, otterrà la riconciliazione con il suo Dio e Signore, sarà reso partecipe della divina natura, sarà ricolmato di Spirito Santo, diventerà amico e familiare di Dio.
È Cristo Gesù oggi la via attraverso la quale la salvezza di Dio discende sull'intera umanità. Noi però, ancora una volta, come Adamo, come Eva, vogliamo essere disobbedienti al suo Comando. Non vogliamo accogliere Cristo. Lo rifiutiamo. Lo rinneghiamo. Ci vergogniamo di Lui. Non lo guardiamo con occhi pieni di fede.
La moderna società non solo non vuole più guardare verso il Crocifisso, esige che il Crocifisso non guardi verso di essa e per questo lo vuole togliere fisicamente dalla sua presenza. Dove regna la moderna società il Crocifisso deve essere abolito, tolto, nascosto, eliminato. In nome di chi? Della libertà dell'uomo, della sua autonomia, della sua civiltà, nella quale non c'è più posto per la vera salvezza.
La via della vita non è l'uomo a costruirsela. L'uomo è nella morte, nel cimitero spirituale. L'uomo è una valle di ossa aride. Lui può aggiungere solo morte e a morte, fetore a fetore, puzza a puzza, putridume a putridume, ai quali poi dona il nome di progresso, di civiltà, di elevazione culturale. Quali sono oggi le vie umane del progresso, della civiltà, della salvezza? Aborto, divorzio, eutanasia, omosessualità, coppie di fatto, abolizione del Crocifisso, della Domenica, della Legge morale. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, fateci di vera e convinta fede.
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15/09/2012 06:20
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 19,25-27

1) Preghiera

O Padre, che accanto al tuo Figlio,
innalzato sulla croce,
hai voluto presente la sua Madre Addolorata:
fa? che la santa Chiesa,
associata con lei alla passione del Cristo,
partecipi alla gloria della risurrezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 19,25-27
In quell?ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala.
Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: ?Donna, ecco il tuo figlio!? Poi disse al discepolo: ?Ecco la tua madre!? E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Parola del Signore.


3) Riflessione

? Oggi, festa dell?Addolorata, il vangelo del giorno ci presenta il passaggio in cui Maria, madre di Gesù, ed il discepolo amato, si incontrano sul calvario dinanzi alla Croce. La Madre di Gesù appare due volte nel vangelo di Giovanni: all?inizio, alle nozze di Cana (Gv 2,1-5), ed alla fine, ai piedi della Croce (Gv 19,25-27). Questi due episodi, presenti solo nel vangelo di Giovanni, hanno un valore simbolico assai profondo. Il vangelo di Giovanni, paragonato agli altri tre vangeli, è come una radiografia degli altri tre, mentre che gli altri tre sono solo una fotografia dell?accaduto. Il raggio X della fede aiuta a scoprire negli eventi dimensioni che l?occhio umano non riesce a percepire. Il vangelo di Giovanni, oltre a descrivere i fatti, rivela la dimensione simbolica che esiste in essi. Così, nei due casi, a Cana ed ai piedi della Croce, la Madre di Gesù rappresenta simbolicamente l?Antico Testamento in attesa della venuta del Nuovo Testamento e, nei due casi, lei contribuisce all?avvento del Nuovo. Maria appare come l?anello tra ciò che c?era prima e ciò che verrà dopo. A Cana simbolizza l?AT, percepisce i limiti dell? Antico e prende l?iniziativa affinché giunga il Nuovo. Dice a suo Figlio: ?Non hanno vino!? (Gv 2,3). E sul Calvario? Vediamo:
? Giovanni 19, 25: Le donne ed il Discepolo Amato, insieme ai piedi della Croce. Così dice il Vangelo: ?La madre di Gesù, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa', e Maria Maddalena stavano presso la Croce di Gesù?. La ?fotografia? mostra la madre insieme al figlio, in piedi. Donna forte, che non si lascia abbattere. ?Stabat Mater Dolorosa!? E? una presenza silenziosa che appoggia il figlio nel suo dono fino alla morte, ed alla morte di croce (Fil 2,8). Ma il ?raggio-X? della fede mostra come avviene il passaggio dall?AT al NT. Come è avvenuto a Cana, la Madre di Gesù rappresenta l?AT, la nuova umanità che si forma a partire dal vissuto del Vangelo del Regno. Alla fine del primo secolo, alcuni cristiani pensavano che l?AT non era più necessario. Infatti, all?inizio del secondo secolo, Marcione rifiutò tutto l?AT e rimase solo con una parte del NT. Per questo, molti volevano sapere quale fosse la volontà di Gesù riguardo a questo.
? Giovanni 19,26-28: Il Testamento o la Volontà di Gesù. Le parole di Gesù sono significative. Vedendo sua madre, ed accanto a lei il discepolo amato, Gesù dice: "Donna, ecco tuo figlio." Dopo dice al discepolo: "Ecco tua madre." L?Antico ed il Nuovo Testamento devono camminare insieme. La richiesta di Gesù, il discepolo amato, il figlio, il NT, riceva la Madre, l?AT, a casa sua. Nella casa del Discepolo Amato, nella comunità cristiana, si scopre il senso pieno dell?AT. Il Nuovo non si capisce senza l?Antico, né l?Antico è completo senza il Nuovo. Sant? Agostino diceva: ?Novum in vetere latet, Vetus in Novo patet?. (Il Nuovo è nascosto nell?Antico. L?Antico sboccia nel Nuovo). Il Nuovo senza l?Antico sarebbe un edificio senza basi. E l?Antico senza il Nuovo sarebbe un albero fruttale che non arriva a dare frutti.
? Maria nel Nuovo Testamento. Di Maria parla poco il NT, e lei dice ancora meno. Maria è la Madre del silenzio. La Bibbia conserva appena sette parole di Maria. Ognuna di esse e come una finestra che permette uno sguardo dentro la casa di Maria e scoprire come era il suo rapporto con Dio. La chiave per capire tutto questo ci viene data da Luca: ?Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica." (Lc 11,27-28)
1ª Parola: "Como può avvenire ciò se non conosco uomo!" (Lc 1,34)
2ª Parola: "Ecco la serva del Signore, si faccia in me secondo la tua parola!" (Lc 1,38)
3ª Parola: "L?anima mia glorifica il Signore, esulta il mio spirito in Dio mio Salvatore!" (Lc 1,46-55)
4ª Parola: "Figlio mio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo" (Lc 2,48).
5º Parola: "Non hanno vino!" (Gv 2,3)
6ª Parola: "Fate tutto ciò che vi dirà!" (Gv 2,5)
7ª Parola: Il silenzio ai piedi della Croce, più eloquente di mille parole! (Gv 19,25-27)


4) Per un confronto personale

? Maria ai piedi della Croce. Donna forte e silenziosa. Come è la mia devozione a Maria, madre di Gesù?
? Nella Pietà di Michelangelo, Maria sembra molto giovane, più giovane del figlio crocifisso, quando doveva avere per lo meno una cinquantina di anni. Chiestogli perché aveva scolpito il volto di Maria da giovane, Michelangelo rispose: ?Le persone appassionate di Dio non invecchiano mai!? Appassionata di Dio! C?è in me questa passione per Dio?


5) Preghiera finale

Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
ne ricolmi chi in te si rifugia
davanti agli occhi di tutti. (Sal 30)
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16/09/2012 08:14
 
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don Maurizio Prandi


Mi piace condividere con voi il commento alla parola di Dio che domenica scorsa ci ha guidato nelle comunità della missione in terra cubana.
Il Signore Dio mi ha fatto udire le sue parole e io non ho opposto resistenza. Il profeta Isaia oggi ci dice cose molto importanti riguardo al rapporto con la parola di Dio: sei chiamato a farla entrare nella tua vita senza opporre resistenza, perché la tua vita possa cambiare, trasformarsi, divinizzarsi. Lasciarla entrare senza costruire muri, tra se stessi e Dio tra se stessi e i fratelli e le sorelle che incontriamo.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi Per questa Parola essere disposti ad esporre la nostra vita. Credo che una vita vissuta di nascosto è una vita senza senso. Vivere esposti, alla luce del sole, trasparenti, chiari, sinceri? ci sono dei rischi, certamente, però la Scrittura ci invita a vivere così. Gesù ha vissuto così, fino al massimo dell?esposizione, che è la Croce. La vita di Gesù fu una vita esposta, tanto da salire sulla Croce. Martedì sarà il giorno di Maria Addolorata; credo sia una festa che ci invita a guardare alla Croce: la vergine, sotto la croce, con altre tre, forse quattro donne e S. Giovanni. Dalla Croce, dall?effusione dello spirare di Gesù nasce la chiesa. Pensiamo allora allo sguardo di Gesù sulla sua chiesa che, riunita sotto la Croce, conta al massimo cinque persone. E penso a quanto proviamo a fare qua, in terra cubana, in comunità come Alvarez (cinque persone), Maboa (sette persone), Cayo Beuco (dieci persone) e qualcuno può dire: ma chi ve lo fa fare? Chilometri e chilometri per sette persone? non so? mi sembra una fedeltà alla chiesa nata sotto la Croce e per questo credo sarà bellissimo servire questa chiesa. Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo. Che bello, fedeli anche al sogno, al desiderio di Gesù, che non ha puntato alla grande città, ma ai piccoli villaggi perché per Lui anche loro sono importanti, anche loro contano.
Mi piace anche sottolineare, (ed è un tornare al tema iniziale della parola), quanto Gesù dice al termine del vangelo di oggi, lo trovo importantissimo per quello che riguarda la nostra relazione personale con Lui: colui che perde la sua vita per me e per il vangelo, la salverà? mi colpisce molto questo paragone, o meglio questa uguaglianza: per me o per il vangelo. Perché Gesù dice così? Perché Gesù e il Vangelo sono la stessa cosa! Il Vangelo non è un libro, è una persona: Gesù! Non lo abbiamo qui, fisicamente in mezzo a noi, però abbiamo il vangelo, la sua Parola, e tutte le volte che prendiamo in mano il vangelo scopriamo qualcosa di bello del volto e del nome di Dio: tu sei colui che è buono Signore? tu sei colui che guarisce le mie ferite Signore? tu sei colui che polverizza i muri che costruisco dentro di me e che mi fanno vivere separato da Te e dai miei fratelli? tu sei il seminatore che pone dentro ogni uomo il seme della tua Parola?
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17/09/2012 06:50
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!

La personale struttura mentale oggi entra con forza, potenza, vigore grande nella fede e nella preghiera che dalla fede sgorga e si innalza verso Dio. Se la Parola è una e la stessa per tutti, il modo di accoglierla, viverla, trasformarla in storia, farla divenire preghiera, richiesta di aiuto e di soccorso, è proprio, particolare, unico di ciascuna persona. Nel mondo non vi saranno mai due "fedi" uguali e due preghiere altrettanto uguali. Questo perché nel mondo non vi sono due persone uguali. Dio è veramente irripetibile nella sua creazione. Questa è sempre una perenne novità.
Chi esclude la via personale della fede e della preghiera, uccide sia la fede che la preghiera. Uccide l'uomo che è portatore particolare sia della fede che della preghiera. Concepita come rapporto personalissimo, singolare, particolare la relazione che ognuno intrattiene con la Parola, personalissima, singolare, particolare sarà anche la fede e di conseguenza uniche ed irripetibili saranno anche la moralità e la spiritualità.
La comunione e l'unità sono nella verità della Parola, mai nel modo di trasformare la verità in fede e in preghiera. La persona è unica ed unica è anche la sua relazione con la Parola e con la fede. Se la persona viene distrutta in questa sua particolarità e singolarità, anche la fede viene distrutta. Della fede mai nessuno ne potrà fare una cosa astratta, un abito confezionato senza il corpo che dovrà indossarlo. Chi sacrifica la singolarità, specificità, particolarità, unicità della fede in nome della comunione e dell'unità, costui sappia che mai potrà costruire la comunione e l ?unità, perché questa è il frutto della molteplici singolarità che sono tutte le persone della terra.
Il centurione è uomo di comando. Questa la sua struttura mentale. Questo lo specifico della sua persona. Da uomo di comando pensa, crede, agisce, dona la soluzione a Gesù. Per quest'uomo Gesù possiede però un comando universale. Visibile ed invisibile: tutto attende un suo preciso ordine e l'obbedienza è immediata. Gesù può comandare alla febbre e questa all'istante lascerà il suo servo.
Gesù ammira questa fede e la loda. È una fede intelligente, saggia, sapiente. È una fede ricca perché fondata sulla propria esperienza, sulla propria storia, sulla vita di ogni giorno. Questa fede sapiente ed intelligente Gesù vuole dai suoi discepoli. Non vuole una fede stolta, insipiente, opaca, neutra, senza alcun mordente. Questa fede mai si trasformerà in una preghiera dall'esaudimento immediato.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, dateci un po' della vostra fede. Vogliamo parlare al cuore di Dio da persone immerse nella storia.
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18/09/2012 07:25
 
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Eremo San Biagio
Commento su 1Cor 12,12-13

Dalla Parola del giorno
Fratelli, come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo.

Come vivere questa Parola?
Per dimostrarci l?unità in Cristo, S. Paolo attinge alla stupenda unità del corpo umano.
È come se ci dicesse: ?In ognuno di voi ci sono organi e membra e funzioni diverse ma, fino a che rimane in voi lo spirito della vita, ciascuno di voi è una persona unica e irrepetibile. Tu sei il tuo occhio, il tuo piede, la tua mano. E il tuo occhio, il tuo piede e la tua mano, pur essendo diversi tra loro sono in armonia, sono te.
Ecco il punto: diversi tra loro eppure in armonia! La diversità quindi è armonia, completamento, compimento. Quel non essere solo mano o solo piede o solo occhi o altro che è nel tuo corpo, crea una differenziazione che genera ricchezza.
Però, la diversità a volte crea problema. ?Io sono così, invece l?altro è cosà; io voglio questo, l?altro invece vuole quello? scattano confronti e, a volte addirittura contrapposizioni, intolleranze circa il suo modo di pensare e di agire. Può anche nascere senso d?inferiorità e magari invidia perché il ?diverso? da me riesce meglio, è più bravo di me.
Vi è un modo per uscire da questo vortice del confronto, della contrapposizione, della rivalità? Della paura del diverso? Come passare dal considerare l?altro rivale a considerarlo coinquilino della comune casa che è la terra e compagno dello stesso viaggio che è la vita?
Scoprire che proprio la diversità arricchisce la comunità umana e la Chiesa di Dio e arricchisce me, te. E gioire, facendo del ?diverso? un?occasione per decentrarmi in un amore universale come quello di Gesù.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, invoco lo Spirito Santo:

Brucia con il tuo Amore le scorie di egoità che si annidano nel mio cuore, dilata la mia anima alla speranza e alla certezza che l?inedito dell?altro (e anche mio!) è la ricchezza che ogni giorno mi è data in dono perché io aneli sempre più all?infinito, a Te al Padre e a Gesù mio Signore.

La voce di un grande vescovo
L?uomo, ogni persona umana, ognuno di voi non è entrato nell?universo dell?essere per caso, affidato esclusivamente alla mera progettazione della propria libertà, collocato in un?originaria neutralità nei confronti di qualsiasi realizzazione di se stesso. La vita non è un teatro in cui ciascuno sceglie prima di entrare in scena, quale parte recitare. Noi siamo stati pensati dal Padre dentro un rapporto: il rapporto con Cristo. È questo rapporto che definisce la nostra persona e ne determina il destino eterno: "voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte".
Monsignor Caffarra
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19/09/2012 08:21
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Donna, ecco tuo figlio!

L'uomo fin dal suo sorgere, dal primo istante della sua nascita, venne dal cuore di Dio come vera coppia, vera unità di maschio e di femmina, di uomo e di donna. Questa unità si vive storicamente nel matrimonio che è unico ed indissolubile. Un solo uomo con una sola donna per tutta la vita, per sempre.
Questa prima coppia è fallita a causa della non fede dell'uomo, che ha voluto farsi come Dio, rinnegando la legge del suo essere e del suo operare. La verità dell'uomo è la sua umanità, non è la sua divinità. Lui è stato fatto. Non si può fare da sé. Lui è dipendente. Non è autonomo. Lui è creatura non è Creatore. Lui è servo non Signore. Lui la vita la deve ricevere sempre dal suo Dio. Lui non è la vita, ma la morte.
Dall'alto della Croce Dio vuole fare l'umanità nuova. La vuole fare in tutto ad immagine di sé. "Faccio il nuovo uomo a mia immagine". "E Gesù fece il nuovo uomo a sua immagine e somiglianza. Lo fece Madre e Figlio. Figlio e Madre li fece". In questa nuova creazione Gesù ha posto un principio solido, forte, che mai verrà meno. In questa nuova unità del genere umano ha messo la Donna dalla fede purissima, santa, immacolata, casta, vergine. Quella della Donna è una fede che mai verrà mano. Satana mai avrà potere su questa Donna. Mai lo ha avuto un qualche potere. Ella gli ha schiacciato la testa. Lo ha rovinato per sempre, in eterno.
Da questo istante, al momento cioè in cui questa nuova unità, questa nuova coppia è stata formata, chi vuole portare la vita spirituale sulla nostra terra, deve costituirla, formarla. È questa la nuova vocazione dell'uomo ed è una vocazione universale, per tutti, sempre. Rimane sempre intatta la prima vocazione, quella alla famiglia. Quella però è finalizzata alla vita del corpo. Per la vita spirituale, per la rinascita da acqua e da Spirito Santo, per generare figli a Dio mediante la fede occorre un'altra unità e comunione. Non più quella sponsale, maschio femmina, bensì quella cristica: madre figlio, figlio madre. Perché la vita nuova sorga nel mondo, perché si costruisca e si edifica il Regno di Dio sulla nostra terra, occorra che ogni discepolo di Gesù formi con la Madre sua una unità inscindibile, inseparabile, perenne.
Senza questa unità non si generano figli a Dio, perché manca la Madre dalla quale ogni figlio a Dio dovrà nascere mediante la fede. La Madre di Gesù è vera Madre della Redenzione, perché ogni uomo che nasce alla fede, vede la luce nel suo grembo. La Redenzione operata per mezzo di Cristo Gesù, diviene realtà, si compie per mezzo della sua mistica maternità. Il figlio dona la Parola, la voce. La Madre dona il grembo e la nuova vita viene alla luce, nasce, inizia il suo cammino nella storia. Dove questa unità madre figlio non viene portata a compimento, dove il figlio è senza la Madre e la Madre senza il figlio, sempre per colpa del figlio e mai della Madre, nessuna nuova creatura vedrà mai la luce e il mondo continuerà a rimanere nelle tenebre. Una è la Madre. Tutti gli altri dovranno essere figli. Dovranno essere figli e discepoli allo stesso tempo. Dovranno imparare da Lei come si crede a Dio in modo casto, verginale, puro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, noi vogliamo accoglierti nella nostra casa. Angeli e Santi di Dio, fate che il nostro amore per la Madre celeste sia vero e santo.
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20/09/2012 08:11
 
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padre Lino Pedron
Commento su Luca 7, 36-50

Nella casa del fariseo, dove era stato invitato, Gesù imbandisce il banchetto nuziale per la peccatrice inopportuna e indesiderata. Il fariseo tronfio della sua giustizia non può partecipare alla danza dell'amore se prima non piange il suo peccato.

Il racconto serve per persuadere il giusto di peccato di prostituzione perché vuole meritare l'amore di Dio che è gratuito. Questo peccato di "meretricio", di prostituzione è l'unico peccato diretto contro Dio che è amore.

Questa donna è figura del vero popolo di Dio che si riconosce peccatore e bisognoso di perdono; è il simbolo dell'umanità peccatrice che ritorna al suo sposo, Dio.

La presenza della peccatrice che ama, mostra al giusto il suo peccato profondo, quello di non saper amare. Dalla festa dell'amore resta escluso solo il giusto, che non ama perché non si sente amato, perché crede di non aver bisogno di essere amato. Ma anche il giusto può partecipare al banchetto della vita nella misura in cui si riconosce prostituto, adultero e peccatore.

Il peccato tipico del giusto è quello di comprarsi l'amore di Dio con la moneta sonante delle proprie buone opere. E' il peccato "naturale" di tute le religioni, che suppongono un Dio cattivo da imbonire.

Gesù, in casa del fariseo, mostra a tutti la sua bontà: accetta e ama la donna che peccò di prostituzione con gli uomini, accetta e ama il fariseo che pecca di prostituzione nei confronti di Dio. Nei vv.40-42 Gesù racconta una parabola che mette in gioco tutti. E' la parabola dei due debitori. Ogni uomo è debitore a Dio di tutto. Il vero peccato è quello di non accettare di essere debitori, ma voler restituire sotto forma di prestazioni di vario tipo, in modo di pareggiare il nostro conto con Dio, per sentirci liberi e indipendenti da lui a cui abbiamo dato tutto il dovuto, per sentirci nostri e non suoi.

E' il tentativo di non essere più creature, ma di emanciparci dal Creatore per essere Dio come Dio, senza Dio e in contrapposizione a Dio. E' il peccato originale dell'uomo. Questa è la prostituzione religiosa, frutto della non conoscenza di Dio, che produce tutti i peccati dei giusti e degli ingiusti. Il dono di Dio, al quale tutto dobbiamo, è un amore gratuito da accettare e a cui rispondere con altro amore gratuito.

Il contenuto della parabola è nelle due espressioni "far grazia" da parte del creditore e "amare di più" da parte del debitore graziato. Il più avvantaggiato in questa situazione è chi ha il debito maggiore, perché riceve un dono maggiore. Chi riceve un dono maggiore, un perdono maggiore fa esperienza di un amore più grande. Davanti a un Dio che riempie gratis del suo amore è una disgrazia essere pieni di sé.

Gesù dà come modello al fariseo la peccatrice perdonata che ama, colei che egli aveva giudicata e condannata, e che avrebbe voluto escludere dalla sua casa.
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21/09/2012 09:49
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa? che non ricadiamo nelle tenebre dell?errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 9,9-13
In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".
Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".



3) Riflessione

? Il Discorso della Montagna occupa i capitoli 5,6 e 7 del vangelo di Matteo. La parte narrativa dei capitoli 8 e 9 ha lo scopo di mostrarci come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nel Discorso della Montagna, lui insegna l?accoglienza (Mt 5,23-25.38-42.43). Ora lui stesso la mette in pratica accogliendo i lebbrosi (Mt 8,1-4), gli stranieri (Mt 8,5-13), le donne (Mt 8,14-15), i malati (Mt 8,16-17), gli indemoniati (Mt 8,28-34), i paralitici (Mt 9,1-8), i pubblicani (Mt 9,9-13), le persone impure (Mt 9,20-22), etc. Gesù rompe con le norme ed i costumi che escludevano e dividevano le persone, cioè con la paura e la mancanza di fede (Mt 8,23-27) e le leggi della purezza (9,14-17), e dice chiaramente quali sono le esigenze di coloro che vogliono seguirlo. Devono avere il coraggio di abbandonare molte cose (Mt 8,18-22). Così, negli atteggiamenti e nella prassi di Gesù vediamo in cosa consiste il Regno e l?osservanza perfetta della Legge di Dio.
? Matteo 9,9: La chiamata a seguire Gesù. Le prime persone chiamate a seguire Gesù sono quattro pescatori, tutti giudei (Mt 4,18-22). Ora, Gesù chiama un pubblicano, considerato peccatore e trattato come un essere impuro dalle comunità più osservanti dei farisei. Negli altri vangeli, questo pubblicano si chiama Levi. Qui, il suo nome è Matteo, che significa dono di Dio o dato da Dio. Le comunità, invece di escludere il pubblicano e considerarlo impuro, devono considerarlo un Dono di Dio per la comunità, poiché la sua presenza fa sì che la comunità diventi un segno di salvezza per tutti! Come i primi quattro chiamati, così pure il pubblicano Matteo lascia tutto ciò che ha e segue Gesù. Seguire Gesù comporta l?obbligo di rompere con molte cose. Matteo lascia il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, e segue Gesù!
? Matteo 9,10: Gesù si siede a tavola con peccatori e pubblicani. In quel tempo i giudei vivevano separati dai pagani e dai peccatori e non mangiavano con loro allo stesso tavolo. I giudei cristiani dovevano rompere questo isolamento e mettersi a tavola con i pagani e con gli impuri, secondo l?insegnamento dato da Gesù nel Discorso sulla Montagna, espressione dell?amore universale di Dio Padre. (Mt 5,44-48). La missione delle comunità era quella di offrire uno spazio a coloro che non lo avevano. Ma questa nuova legge non era accettata da tutti. In alcune comunità le persone venute dal paganesimo, pur essendo cristiane, non erano accettate attorno allo stesso tavolo (cf. At 10,28; 11,3; Gal 2,12). Il testo del vangelo di oggi ci mostra Gesù che si mette a tavola con pubblicani e peccatori nella stessa casa, attorno allo stesso tavolo.
? Matteo 9,11: La domanda dei farisei. Ai giudei era proibito sedersi a tavola con i pubblicani e con i peccatori, ma Gesù non segue questa proibizione. Anzi, fa amicizia con loro. I farisei, vedendo l?atteggiamento di Gesù, chiedono ai discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?" Questa domanda può essere interpretata come un?espressione del loro desiderio di sapere perché Gesù agisce così. Altri interpretano la domanda come una critica al comportamento di Gesù, perché per oltre cinquecento anni, dal tempo della schiavitù in Babilonia fino all?epoca di Gesù, i giudei avevano osservato le leggi della purezza. Questa osservanza secolare diventa un forte segno di identità. Allo stesso tempo era fattore della loro separazione in mezzo agli altri popoli. Così, a causa delle leggi sulla purezza, non potevano né riuscivano a sedersi attorno allo stesso tavolo per mangiare con i pagani. Mangiare con i pagani voleva dire contaminarsi, diventare impuri. I precetti della purezza legale erano rigorosamente osservati, sia in Palestina che nelle comunità giudaiche della Diaspora. All?epoca di Gesù, c?erano più di cinquecento precetti per conservare la purezza. Negli anni 70, epoca in cui scrive Matteo, questo conflitto era molto attuale.
? Matteo 9,12-13: Misericordia voglio e non sacrifici. Gesù ascolta la domanda dei farisei ai discepoli e risponde con due chiarimenti. Il primo è tratto dal buon senso: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati?. L?altro è tratto dalla Bibbia: ?Imparate, quindi, cosa significa: Misericordia voglio, e non sacrifici?. Per mezzo di questi chiarimenti, Gesù esplicita e chiarisce la sua missione tra la gente: ?Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". Gesù nega la critica dei farisei, non accetta i loro argomenti, poiché nascevano da una falsa idea della Legge di Dio. Lui stesso invoca la Bibbia: "Misericordia voglio e non sacrifici!" Per Gesù, la misericordia è più importante della purezza legale. Lui fa riferimento alla tradizione profetica per dire che la misericordia vale per Dio molto di più che tutti i sacrifici (Os 6,6; Is 1,10-17). Dio ha viscere di misericordia, che si commuovono dinanzi alle mancanze del suo popolo (Os 11,8-9).



4) Per un confronto personale

? Oggi, nella nostra società, chi è emarginato ed escluso? Perché? Nella nostra comunità, abbiamo preconcetti? Quali? Qual è la sfida che le parole di Gesù presentano alla nostra comunità?
? Gesù chiede alla gente di leggere e di capire l?Antico Testamento che dice: "Misericordia voglio e non sacrificio". Cosa vuol dirci Gesù con questo oggi?



5) Preghiera finale

Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti
e ti cerca, Signore, con tutto il cuore.
Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti. (Sal 118)
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22/09/2012 07:56
 
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Movimento Apostolico - rito romano
A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio

La conoscenza di Dio, del suo mistero, della sua essenza, natura ed anche della sua opera di giustizia, carità, provvidenza, amore, misericordia, santità, grande pietà di redenzione e di riconciliazione, è un suo dono, una purissima elargizione della sua benevolenza e accondiscendenza divina verso la creatura fatta da Lui a sua immagine e somiglianza. Senza questo dono, di Dio si parlerà sempre per sentito dire. Faremo come Giobbe, parleremo di Lui, ma per forte e congenita ignoranza. Il Signore interviene, Lui, direttamente dal Cielo e pone l'uomo dinanzi al suo mistero, quello che si legge nella creazione. Ecco l'inizio: "Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all'uragano: «Chi è mai costui che oscura il mio piano con discorsi da ignorante? Cingiti i fianchi come un prode: io t'interrogherò e tu mi istruirai! Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov'eri? Dimmelo, se sei tanto intelligente! Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la corda per misurare? Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e acclamavano tutti i figli di Dio? Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, e gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: "Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde"?" (Gb 38,1-11).
Alla fine Giobbe confessa la sua grande ignoranza, serviva Dio, ma non lo conosceva: "Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo. Ascoltami e io parlerò, io t'interrogherò e tu mi istruirai! Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere»" (Gb 42,1-6). La mente dell'uomo può conoscere Dio, ma solo per dono dell'Onnipotente, per sua grazia. Senza questo aiuto soprannaturale la mente si oscura, il cuore si fa di pietra, i pensieri di rame e quanto si pensa di Dio è solo falsità, inganno, menzogna. Infinite infatti sono le menzogne che l'uomo ha pensato, pensa, penserà del suo Dio, Creatore, Signore, Padre.
Gesù oggi lo afferma con molta chiarezza: non tutti possono entrare nella conoscenza del mistero. Da essa sono esclusi superbi, arroganti, empi, idolatri, malvagi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, conduceteci nel mistero.
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23/09/2012 08:22
 
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Wilma Chasseur
Servire è regnare?

Questo brano di vangelo ci mostra ancora Gesù e i discepoli in giro per la Galilea, instancabili camminatori e annunciatori del Regno. Sempre per via. Se domenica scorsa Gesù li interrogava, oggi, per via, li istruisce. E li mette al corrente dei grandi e tragici avvenimenti riguardanti la sua persona che sarebbero presto accaduti: "Istruiva i discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato in mano agli uomini e lo uccideranno, ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà". Questi però non comprendevano di che stesse parlando e a cosa alludesse, e non osavano chiedergli spiegazioni.
Ma il seguito del brano, ci mostra come i discepoli non stessero solo ad ascoltare il Maestro, ma sembra che lungo la strada camminassero anche da soli, discorrendo tra di loro. Infatti appena giunti a Cafarnao ed entrati in casa Gesù domanda loro: "Di cosa stavate discutendo lungo la via? Ed essi tacevano. Per via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande". Incredibile ma vero! Dopo la grande e tragica rivelazione di Gesù sulla sua fine imminente e cioè che sarebbe stato ucciso e dopo tre giorni sarebbe risorto, i suoi amici più intimi, stavano pensando a loro stessi e alla carriera! Ecco di che pasta siamo fatti! La natura umana, lasciata a se stessa, non è proprio capace di grandi voli! Ne facciamo tutti l'esperienza. Solo la grazia fa volare...
E naturalmente, allorché Gesù li interroga su cosa stessero dicendo lungo la via, si guardano bene dal dirglielo! Evidentemente si vergognano di rivelare quali meschini interessi fossero oggetto della loro conversazione, proprio dopo aver udito il grande annuncio della passione, morte e risurrezione del Signore. Sennonché Gesù sa leggere! E leggere un "testo" che nessun dottore della legge, anche il più bravo, sapeva decifrare: il cuore dell'uomo. Quindi Gesù sa benissimo di cosa stavano discorrendo lungo la via e, da come risponde, anche i discepoli capiscono che aveva capito tutto.
"Allora sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Ecco smascherati in pieno i loro sogni di grandezza e rivelati i pensieri nascosti nel loro cuore. Risposta che centra in pieno l'obiettivo e non lascia sussistere la minima illusione di "carriera": in un sol colpo il Maestro abbatte tutti i sogni trionfalistici e desideri arrivisti dei Dodici.
"Servire è regnare" diceva già sant'Ireneo di Lione, ma chi la capisce ancora questa lingua? O, perlomeno, chi la parla ancora, anche qualora la capisca? Alzi la mano colui per il quale "servire" è sinonimo di "regnare" e colui che aspira ad arrivare al potere, solo per servire! Quante mani alzate?
Questo Vangelo ci mostra dunque due modi di tacere dei Dodici, dettati da due atteggiamenti diversi: prima, quando Gesù annuncia la sua prossima fine, tacciono perché non capiscono e non osano far domande. E forse non le fanno proprio per il timore di capire ciò che non vogliono capire.
Poi, quando Gesù li interroga su cosa stessero dicendo tra di loro, tacciono di nuovo perché evidentemente si vergognano di rivelare quali aspirazioni abitassero i loro cuori, proprio dopo aver udito il grande annuncio della Passione. Aspiravano ad essere grandi, ma Gesù rivela loro che l'unico modo per essere grandi è diventare piccoli: "E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me".
Siamo dunque invitati a non crescere troppo, o perlomeno a non lasciar crescere troppo la cresta, perché poi sarà sempre più difficile ridiventare piccoli ed essere felici di essere servi di tutti.
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24/09/2012 07:07
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso

Gesù vuole i suoi discepoli saggi, intelligenti, capaci di grande discernimento, aperti alla più grande verità. Li vuole con uno spirito di sapienza vivo, in tutto simile a ciò che la Scrittura Antica dice della sapienza: "La sapienza è un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l'amicizia con Dio. Ho conosciuto tutte le cose nascoste e quelle manifeste, perché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose. In lei c'è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell'Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza" (Cfr Sap 7,13-30). È proprio della sapienza conoscere il fine delle cose e le modalità per la loro giusta realizzazione. Invece lo stolto non conosce né fine e né modalità e per questo consuma la sua vita in una esistenza chiusa in se stessa, senza alcuna apertura né alla vera trascendenza né verso i fratelli.
Il discepolo di Gesù è invece persona che deve arricchire gli altri offrendo loro il dono della sua scienza, sapienza, intelligenza, luce con le quali il Signore lo ha arricchito. È proprio della sapienza donarsi così come è proprio della luce illuminare. Il sapiente che non rende sapiente il mondo è uno stolto, un insipido, un innaturale. La luce che non illumina e non riscalda di certo non è luce, ma tenebra. È così della sapienza che non rende sapiente ogni uomo. Essa è stoltezza, non sapienza, non saggezza, non intelligenza, non luce soprannaturale.
Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».
Il Vangelo è l'unica vera sapienza, l'unica vera luce, l'unica e sola vera intelligenza data da Dio all'uomo. Con la sapienza del Vangelo il discepolo di Gesù deve fare sapienti tutti i suoi fratelli. Come? Non nascondendo questa luce nel suo cuore o nella sua coscienza, ma facendola apparire, rendendola manifesta in ogni sua opera, decisione, atto del suo corpo. Anche le sue più piccole manifestazioni del suo corpo devono respirare saggezza e sapienza evangelica, così l'uomo potrà fare visibilmente, operativamente, storicamente, e non solo concettualmente, la differenza tra la stoltezza e la sapienza, tra le tenebre e la luce, tra la verità e la falsità.
È questa la sapienza del discepolo di Gesù: illuminare di luce evangelica tutta la storia. Togliere dalle tenebre la sua vita e mostrarla in piena luce, sempre, in ogni luogo, qualsiasi cosa faccia, dica, pensi, operi. Non c'è luogo sulla terra nel quale la sapienza non debba e non possa risplendere. Il Vangelo non è per le sacrestie, ma per le piazze, gli stadi, le scuole, i mercati, i tribunali, gli uffici, i parlamenti, le corti, le regge.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la vera sapienza.
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25/09/2012 07:56
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che nell?amore verso di te e verso il prossimo
hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa? che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 8,19-21
In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fu annunziato: ?Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti?.
Ma egli rispose: ?Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica?.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi presenta l?episodio in cui i genitori di Gesù, anche sua madre, vogliono conversare con lui, però Gesù non presta loro attenzione. Gesù ebbe problemi con la famiglia. A volte la famiglia aiuta a vivere il vangelo ed a partecipare alla comunità. Altre volte, lo impedisce. Così è successo con Gesù e così succede con noi.
? Luca 8,19-20: La famiglia cerca Gesù. I parenti giungono a casa dove si trovava Gesù. Probabilmente erano venuti da Nazaret. Da lì a Cafarnao la distanza è di circa 40 km. Sua madre era con loro. Probabilmente non entrarono perché c?era molta gente, ma gli mandano a dire: "Tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e desiderano vederti". Secondo il vangelo di Marco, i parenti non vogliono vedere Gesù. Loro vogliono riportarselo a casa (Mc 3,32). Pensano che Gesù si era impazzito (Mc 3,21). Probabilmente, avevano paura, poiché secondo ciò che dice la storia, i romani vigilavano assai da vicino tutto ciò che aveva a che fare, in un modo o nell?altro, con il popolo (cf. At 5,36-39). A Nazaret, tra le montagne sarebbe stato più al sicuro che nella città di Cafarnao.
? Luca 8,21: La risposta di Gesù. La reazione di Gesù è chiara: "Mia madre ed i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica." In Marco la reazione di Gesù è più concreta. Marco dice: Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre (Mc 3,34-35). Gesù allarga la famiglia! Non permette che la famiglia lo allontani dalla missione: né la famiglia (Gv 7,3-6), né Pietro (Mc 8,33), né i discepoli (Mc 1,36-38), né Erode (Lc 13,32), né nessuno (Gv 10,18).
? E? la parola di Dio che crea una nuova famiglia attorno a Gesù: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la mettono in pratica." Un buon commento di questo episodio è ciò che dice il vangelo di Giovanni nel prologo: ?Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità." (Gv 1,10-14). La famiglia, i parenti, non capiscono Gesù (Gv 7,3-5; Mc 3,21), non fanno parte della nuova famiglia. Fanno parte della nuova comunità solo coloro che ricevono la Parola, cioè, che credono in Gesù. Costoro nascono da Dio e formano la Famiglia di Dio.
? La situazione della famiglia al tempo di Gesù. Nel tempo di Gesù, sia il momento politico, sociale ed economico come pure l?ideologia religiosa, tutto cospirava a favore dell?indebolimento dei valori centrali del clan, della comunità. La preoccupazione con i problemi della famiglia impediva alle persone di unirsi in comunità. Orbene, affinché il Regno di Dio potesse manifestarsi, di nuovo, nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano oltrepassare gli stretti limiti della piccola famiglia ed aprirsi alla grande famiglia, verso la comunità. Gesù dà l?esempio. Quando la sua famiglia cerca di impadronirsi di lui, Gesù reagisce ed allarga la famiglia (Mc 3,33-35). Crea la comunità.
? I fratelli e le sorelle di Gesù. L?espressione ?fratelli e sorelle di Gesù? causa molta polemica tra cattolici e protestanti. Basandosi su questo e su altri testi, i protestanti dicono che Gesù aveva più fratelli e sorelle e che Maria aveva più figli! I cattolici dicono che Maria non ebbe altri figli. Cosa pensare di questo? In primo luogo, le due posizioni, sia dei cattolici che dei protestanti, partono da argomenti tratti dalla Bibbia e dalla Tradizione delle loro rispettive Chiese. Per questo, non conviene discutere questa questione con argomenti solo intellettuali. Poiché si tratta di convinzioni che hanno a che vedere con la fede e con il sentimento. L?argomento solo intellettuale non riesce a distogliere una convinzione del cuore! Anzi, irrita ed allontana! Ed anche quando non sono d?accordo con l?opinione dell?altra persona, devo rispettarla. In secondo luogo, invece di discutere attorno a testi, noi tutti, cattolici e protestanti, dovremmo unirci insieme per lottare in difesa della vita, creata da Dio, vita totalmente sfigurata dalla povertà, dall?ingiustizia, dalla mancanza di fede. Dovremmo ricordare alcune frasi di Gesù: ?Sono venuto perché abbiano vita e l?abbiano in abbondanza? (Gv 10,10). ?Perché tutti siano una cosa sola, ed il mondo creda che tu mi hai mandato? (Gv 17,21). ?Non lo impedite! Chi non è contro di noi è a favor nostro? (Mc 10,39.40).


4) Per un confronto personale

? La famiglia aiuta o rende difficile la tua partecipazione alla comunità cristiana?
? Come assumi il tuo impegno nella comunità cristiana, senza pregiudicare né la famiglia né la comunità?


5) Preghiera finale

Signore, ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore. (Sal 118)
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26/09/2012 07:32
 
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Movimento Apostolico - rito romano
In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite

Dinanzi ad ogni discepolo di Gesù ci sono due forze o potenze invincibili da qualsiasi energia o risorsa che proviene dal cuore, dalla mente, dalla scienza, dalla dottrina, dall'intelligenza, dalla sapienza dell'uomo. Nulla che scaturisce dall'uomo ha la potestà di eliminare, cancellare, abolire queste due forze che sono il demonio e la malattia.
Dinanzi a queste due forze l'uomo sperimenta tutta la sua pochezza, il suo niente. L'impossibilità non è neanche imparziale. Essa è assoluta. L'uomo semplicemente non può. Questa la sua verità .Gesù conosce questa naturale incapacità dell'uomo e dona ai suoi discepoli la forza e il potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. Conferisce loro un potere divino, una forza celeste, una capacità soprannaturale.
Questo potere e questa forza agiscono in loro in un solo modo: se sono finalizzati unicamente ed esclusivamente per l'edificazione del regno di Dio tra gli uomini. Questa forza e questo potere non sono fine a se stessi. Dio non manda i discepoli nel mondo per sanare i malati e per liberarli dal demonio, per poi lasciarli nel mondo del peccato o dell'ignoranza di Dio, nella non fede e nella non verità.
Gesù manda nel mondo i suoi discepoli per edificare il regno di Dio, segno di questa loro opera è la distruzione del regno di satana e dalla sue conseguenze che sono la morte, la malattia, la sofferenza, il vizio, il peccato, ogni altra schiavitù materiale e spirituale dell'uomo. Se non vi è edificazione nei cuori del regno di Dio, il potere diviene debolezza e la forza inesistente, vana. Non agisce perché separata dal suo fine.
Gesù chiede ai suoi apostoli una grande libertà dai beni di questo mondo. Li vuole anche liberi dalla ricerca di comodità e di agi. Si devono accontentare, essere gioiosi per quel poco che ogni giorno il Signore darà loro, servendosi della carità dei suoi figli. La libertà dal denaro e dalla cose di questo mondo è la verità del discepolo di Gesù. Un discepolo di Gesù è vero se è libero dalle cose di quaggiù. È falso se è attaccato alle cose di questo mondo. È doppiamente falso se si serve del suo ministero per arricchirsi o fare denaro a basso prezzo, al prezzo della sua simonia mascherata che lega la sua prestazione del sacro e delle cose sante alle offerte.
La credibilità del discepolo del Signore è data tutta dalla sua libertà dalle cose della terra. È questa la prima santità che lui deve mostrare al mondo. Se è libero, è santo: se non è libero, non è santo. Se è libero è credibile. Se non è libero, mai sarà credibile. Sarà sempre giudicato, condannato. Lo si vedrà come un impiegato del sacro, mai come un missionario di Gesù Signore.
Il missionario di Gesù deve sempre essere rivestito di libertà, santità, prudenza, saggezza. Deve possedere nel cuore un solo desiderio: che il Signore lo rivesta di credibilità e lo accrediti nella verità del Vangelo. Solo così ogni persona da lui incontrata potrà accogliere la Parola da lui seminata nel cuore ed entrare nel Regno.
Vergine Maria, Madre di Dio, rivesti il nostro cuore e la nostra anima della tua stessa libertà e santità. Angeli e Santi di Dio, rendeteci missionari credibili della Parola.
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