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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
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01/04/2012 09:05
 
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di don Nazzareno Marconi

La liturgia della domenica delle Palme ci propone quest'anno la passione di Cristo secondo Marco. Questo racconto è a tutti gli effetti il culmine del suo vangelo. La passione è narrata in un racconto coerente, costruito con solidità, che non trova un equivalente per nessun altro periodo della vita di Gesù. E' soprattutto significativa la concordanza forte tra i 4 evangelisti, che testimonia come questo racconto sia molto antico, è un nucleo antico della predicazione apostolica che forse è trasmesso da Marco nella sua forma più nativa.
Marco probabilmente lo possedeva già strutturato ed in un greco sobrio e corretto. Infatti quando lo specialista legge il suo racconto nota con chiarezza che c'è una differenza chiara rispetto al resto del suo vangelo. Non abbiamo più il tono rude e misterioso di Marco, spesso infarcito di semitismi e di passaggi concitati simili alla relazione di un testimone oculare. Troviamo invece un racconto semplice, scarno ed unitario, fiducioso che i fatti hanno sufficiente eloquenza per presentarsi da soli. Tuttavia in alcuni passaggi troviamo aggiunte caratterizzate da uno stile più vivo e concreto, come l'episodio del giovinetto che fugge via nudo (Mc 14,51s) o i nomi dei figli di Simone di Cirene (Mc 15,21), sono segni di un intervento diretto dell'evangelista, che si caratterizza con la vivezza del testimone oculare.
Queste aggiunte al racconto tradizionale già diffuso a Roma, dove Marco scrive, non è improbabile che siano ricordi diretti di S. Pietro, il grande maestro del nostro evangelista.
Il risultato è che Marco colpisce il suo lettore, sia con la cruda relazione dei fatti, che con la vivezza partecipativa di alcuni passaggi, egli vuole scuoterci mettendoci di fronte allo scandalo della croce: la morte in croce si rivela scandalosa, ma al tempo stesso mette in luce la grandezza divina di Gesù. Per far questo Marco spesso ricorda che gli avvenimenti della passione di Gesù avverano quello che era stato scritto di Lui nell'AT (Mc 14,21.27.49; 15,28).
In modo particolare ricorda i possibili paralleli tra la passione di Gesù e la Profezia sul Messia Sofferente fatta dal profeta Isaia (Mc 14,65; 15,15-20 e Is 50,6; Mc 15,27 e Is 53,12). In questo modo sottolinea che, anche se Gesù appare in totale balia degli uomini, dietro le quinte dell'azione, all'insaputa dei protagonisti, si sta svolgendo un dramma che coinvolge tutto l'universo e tutta la storia e la cui regia è saldamente nelle mani di Dio.
Così la passione di Gesù è il punto in cui culmina tutta la storia della nostra salvezza, voluta da Dio.
Essa è anche il punto d'arrivo del vangelo di Marco, che con tre solenni predizioni della stessa passione ci aveva ripetutamente orientato a questo (Mc 8,31ss; 9,30ss; 10,32ss).
In Marco il mistero della Passione si impone in noi e ci impressiona come dall'esterno. Il risultato è la richiesta cara che rivolge al suo lettore di un atto di fede, di sottomissione al mistero (Mc 15,39).
Il racconto del calvario costituisce l'acme della narrazione e potremmo intitolarlo: "Dalle tenebre nasce la luce".
Il tutto si svolge attorno a 6 quadri fondamentali:
Il Cireneo (15,21)
la crocifissione (22-27)
le offese a Gesù (28-32)
le tenebre (33-36)
la morte di Gesù e le sue ripercussioni (37-39)
la menzione delle pie donne (40-41)

La menzione del Cireneo e delle pie donne alla fine, hanno la chiara funzione, secondo lo stile di Marco, di circondare i fatti con il rimando a dei testimoni oculari rintracciabili per la gente che lo ascolta. Tutto ciò che viene narrato in questa cornice si presenta dunque non come frutto di una fervida fantasia, ma come una relazione di quanto accaduto.
Marco riorganizza i racconti e le testimonianze in base ai temi del processo a Gesù, ma in ordine inverso: infatti la sezione delle offese si rifà ai temi del processo Giudaico centrato attorno al titolo di: Gesù Messia. La crocifissione invece si rifà ai temi del processo Romano, centrato sul titolo: Gesù re dei Giudei. Tornano significativamente i titoli tipici del suo vangelo: Messia e Figlio di David.
Marco fa celebrare nuovamente il processo in modo simbolico.
Il primo gruppo di ingiuriatori, come i falsi testimoni del processo Giudaico, accusano Gesù riguardo al tempio nuovo da ricostruire. Il lettore è invitato a porsi questa domanda: Gesù sta morendo, sta perdendo tutto, sta fallendo? Oppure sta ricostruendo nel suo corpo il nuovo tempio, il nuovo grande segno della presenza di Dio nel mondo? La sua morte in croce è un fallimento o il sacrificio di consacrazione di un nuovo tempio spirituale, grazie al quale la presenza di Dio nel mondo diventa innegabilmente più forte e costante?
La seconda serie di ingiuriatori si richiamano alla domanda del Sommo Sacerdote: se Gesù sia realmente il messia e la loro obiezione alla situazione in cui di fatto si trova Gesù appare logica. Ciò che si mostra come illogico ed incomprensibile è il piano di Dio. Marco vuole che i suoi lettori restino nelle tenebre come tutto il mondo di allora nei confronti della grande domanda: Dio è con Gesù o no? 
Quando giunge il momento del Giudizio di Dio la risposta sembra andare in direzione di una condanna senza appello per Gesù. Il clima è oppressivo, il grido di Gesù e le tenebre sembrano annunciare che Dio sia lontano, che si disinteressi di tutto quanto sta accadendo. Sembra che Dio non abbandoni loro ed il loro tempio, ma proprio Gesù e le sue pretese.
E' però in questa fedeltà di Gesù sino alla fine, nella pienezza del suo dono al Padre fin nel momento più tremendo, che si comincia a rivelare il significato vero di quanto sta accadendo. Il salmo del giusto provato fino alla fine, il salmo 22, che Gesù recita in croce e che inizia con le parole del suo grido: Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato... mostra che Gesù è veramente il Figlio di Dio. Questo salmo infatti continua, aprendosi alla fine ad una grande visione di speranza, che viene confermata dalle parole del centurione:Costui veramente era figlio di Dio.
Con la morte di Gesù inizia a svelarsi il mistero, sembra che tutto sia finito, mentre Gesù dice: tutto è compiuto. 
Iniziano subito i segni di questo compimento: il centurione, la più alta autorità presente, il rappresentante del potere, sancisce il riconoscimento della dignità e dell'autorità di Gesù:Costui era veramente il figlio di Dio. 
Un secondo segno, che apre verso il compimento e non la fine, è la rottura del velo del tempio, segno chiaro che Dio ha abbandonato il vecchio tempio per prendere possesso del nuovo tempio spirituale consacrato da Cristo con la sua offerta di amore sulla croce. E' un perfetto e paradossale rovesciamento finale: Dio non è con i giudei, ma con Gesù.
Il messaggio globale del testo

Un primo elemento simbolico che attraversa il testo della crocifissione e ne offre una lettura unitaria è costituito dall'immagine del ''vedere''.
Già in Mc 14,62 Gesù parlando della sua passione e conseguente glorificazione che avrebbe mostrato la sua vera natura di figlio di Dio, aveva detto ai giudei: E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo. A questo sembrano riferirsi i farisei quando pretendono di Vederlo scendere dalla croce (Mc 15,32). E diventa a questo punto molto significativo che il centurione dopo aver VISTO come era morto Gesù, cominciasse a credere che era figlio di Dio. Ma in realtà cosa vuol dire questa affermazione per Marco?
Il sinedrio aveva giudicato blasfema l'affermazione di Gesù che si proclamava il Cristo, il Figlio di Dio benedetto, non tanto per il suo contenuto messianico, quanto per il modo in cui Gesù intendeva l'essere del messia Figlio di Dio. Questa affermazione, come quella di Figlio dell'uomo, erano infatti intese solitamente in modo simbolico, mentre Gesù mostra di intenderle il modo estremamente realista, una affermazione di una pienezza inaudita. Gesù è realmente Figlio di Dio in modo unico, in Lui Dio Padre è presente nel mondo ed attraverso il suo corpo resuscitato questa presenza supera i limiti del tempo e dello spazio.
A questo tema della nuova presenza di Dio nel mondo attraverso Gesù si collega il tema già accennato del nuovo tempio che permette di comprendere alla fine la morte di Gesù come un sacrificio e non come uno scandalo. Nel mondo antico quando veniva consacrato un nuovo tempio e Dio ne prendeva possesso ciò era sancito da un solennissimo sacrificio di consacrazione. La logica era quella che il sacrificio rinsaldava la comunione tra Dio ed il popolo, comunione che veniva poi conservata dall'esistenza del nuovo santuario. Il velo del tempio che si squarcia indica, nel racconto Marciano della passione, che il tema del nuovo tempio annunciato già più volte nel corso del vangelo e causa di condanna per Gesù secondo i falsi testimoni e le ingiurie sotto la croce, ha raggiunto il suo compimento. L'antico ordine di cose, che legava la comunione con Dio al vecchio tempio, portando all'uccisione di Gesù, ha decretato la sua definitiva fine.
D'altra parte l'offerta che Gesù, vero uomo, fa di sé al Padre fino all'ultimo, costituisce una base di comunione nuova e fortissima tra Dio e l'umanità. La morte di Gesù in croce è un reale sacrificio di comunione tra Dio e l'umanità, e come tale può costituire la base per l'inaugurazione di un nuovo tempio, non fatto da mano d'uomo, il tempio costituito dal corpo resuscitato di Cristo.
Sul calvario non si chiude la storia di Gesù, ma si apre la storia della definitiva salvezza evocando le parole sul nuovo tempio con cui si era aperto il racconto della passione, che mostrano come calvario e resurrezione siano intimamente legate: Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo.

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02/04/2012 07:36
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 12,1-11

1) Preghiera 

Guarda, Dio onnipotente,
l'umanità sfinita per la sua debolezza mortale,
e fa' che riprenda vita
per la passione del tuo unico Figlio.
Egli è Dio e vive e regna con te... 



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 12,1-11
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.
Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: "Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento danari per poi darli ai poveri?"
Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.


3) Riflessione 

? Siamo entrati nella Settimana Santa, la settimana della pasqua di Gesù, del suo passaggio da questo mondo al Padre (Gv 13,1). La liturgia di oggi pone dinanzi a noi l'inizio del capitolo 12 del vangelo di Giovanni, che fa da legame tra il Libro dei Segni (cc 1-11) ed il Libro della Glorificazione (cc.13-21). Alla fine del "Libro dei Segni" appaiono con chiarezza la tensione tra Gesù e le autorità religiose dell'epoca (Gv 10,19-21.39) ed il pericolo che correva Gesù. Diverse volte avevano cercato di ucciderlo (Gv 10,31; 11,8.53; 12,10). Tanto è così che Gesù si vide obbligato a condurre una vita clandestina, perché poteva essere preso in qualsiasi momento (Gv 10,40; 11,54).
? Giovanni 12,1-2: Gesù, perseguitato dai giudei, si reca a Betania. Sei giorni prima della pasqua, Gesù si reca a Betania a casa delle sue amiche Marta e Maria e di Lazzaro. Betania significa Casa della Povertà. Lui era ricercato dalla polizia (Gv 11,57). Volevano ucciderlo (Gv 11,50). Ma pur sapendo che la polizia stava dietro Gesù, Maria, Marta e Lazzaro lo ricevono nella loro casa e gli offrono da mangiare. Era pericoloso accogliere in casa una persona ricercata ed offrirgli da mangiare. Ma l'amore fa superare la paura.
? Giovanni 12,3: Maria unge Gesù. Durante il pasto, Maria unge i piedi di Gesù con mezzo litro di profumo di nardo puro (cf. Lc 7,36-50). Era un profumo caro, anzi carissimo, che costava trecento denari. Gli asciuga dopo i piedi con i suoi capelli. Tutta la casa si riempì di profumo. Maria non parla durante tutto l'episodio. Agisce solo. Il gesto pieno di simbolismo parla da solo. Nel lavare i piedi, Maria si fa serva. Gesù ripeterà il gesto nell'ultima cena (Gv 13,5).
? Giovanni 12,4-6: Reazione di Giuda. Giuda critica il gesto di Maria. Pensa che è uno spreco. Infatti, trecento denari erano lo stipendio di trecento giorni! Lo stipendio di quasi un intero anno speso in una sola volta! Giuda pensa che il denaro si sarebbe dovuto dare ai poveri. L'evangelista commenta che Giuda non aveva nessuna preoccupazione per i poveri, ma che era un ladro. Avevano una cassa comune e lui rubava il denaro. Giudizio forte che condanna Giuda. Non condanna la preoccupazione per i poveri, ma l'ipocrisia che si serve dei poveri per promuoversi ed arricchirsi. Giuda, nei suoi interessi egoisti, pensava solo al denaro. Per questo non si rende conto di ciò che Maria aveva nel cuore. Gesù legge nel cuore e difende Maria.
? Giovanni 12,7-8: Gesù difende la donna. Giuda pensa allo spreco e critica la donna. Gesù pensa al gesto e difende la donna: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura!" E subito Gesù dice: "I poveri li avrete sempre tra di voi, ma non sempre avrete me!" Quale dei due viveva più vicino a Gesù: Giuda o Maria? Giuda, il discepolo, viveva insieme a Gesù da circa tre anni, ventiquattro ore al giorno. Faceva parte del gruppo. Maria lo vedeva una o due volte l'anno, in occasione di alcune feste, quando Gesù si recava a Gerusalemme e visitava la sua casa. Ma la convivenza senza amore non fa conoscere gli altri. Anzi acceca. Giuda era cieco. Molta gente vive insieme a Gesù e lo loda perfino con molti canti, ma non lo conosce veramente e non lo rivela (cf. Mt 7,21). Due affermazioni di Gesù meritano un commento più dettagliato: (a) "I poveri infatti li avrete sempre con voi", e (b) "Perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura".
(a) "I poveri li avrete sempre con voi" Forse Gesù vuol dire che non dobbiamo preoccuparci dei poveri, visto che sempre ci saranno dei poveri? O vuol dire che la povertà è un destino imposto da Dio? Come capire questa frase? In quel tempo le persone conoscevano l'Antico Testamento a memoria. Bastava che Gesù citasse l'inizio di una frase dell'AT e le persone già sapevano il resto. L'inizio della frase diceva: "I poveri li avrete sempre con voi!" (Dt 15,11a). Il resto della frase che la gente già sapeva e che Gesù volle ricordare è questo: "Per questo vi ordino: aprite la mano a favore del vostro fratello, del povero e dell'indigente, nella terra dove voi risiedete!" (Dt 15,11b). Secondo questa legge, la comunità deve accogliere i poveri e condividere con loro i suoi beni. Ma Giuda, invece di "aprire la mano a favore del povero" e di condividere con lui i suoi beni, voleva fare carità con il denaro degli altri! Voleva vendere il profumo di Maria per trecento denari ed usarli per aiutare i poveri. Gesù cita la Legge di Dio che insegnava il contrario. Chi, come Giuda, fa campagna con il denaro della vendita dei beni degli altri, non scomoda. Ma colui che come Gesù insiste nell'obbligo di accogliere i poveri e di condividere con loro i proprio beni, costui è scomodo e corre il pericolo di essere condannato.
(b) "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura". La morte in croce era un castigo terribile ed esemplare adottato dai romani per castigare i sovversivi che si opponevano all'impero. Una persona condannata a morte in croce non riceveva sepoltura e non poteva essere unta, e rimaneva appesa alla croce fino a che il cadavere era mangiato dagli animali, o riceveva sepoltura semplice, da povero. Oltre a questo, secondo la Legge dell'Antico Testamento, doveva essere considerata "maledetta da Dio" (Dt 21, 22-23). Gesù era già stato condannato a morte in croce per il suo impegno verso i poveri e la sua fedeltà al Progetto del Padre. Non sarebbe stato sepolto. Per questo, dopo morto, non poteva essere unto. Sapendo questo, Maria anticipa l'unzione e lo unge prima di essere crocifisso. Con questo gesto, dimostra che accettava Gesù Messia, anche se crocifisso! Gesù capisce il suo gesto e l'approva.
? Giovanni 12,9-11: La moltitudine e le autorità. Essere amico di Gesù poteva essere pericoloso. Lazzaro è in pericolo di morte a causa della vita nuova ricevuta da Gesù. I giudei decisero di ucciderlo. Un Lazzaro vivo era la prova vivente che Gesù era il Messia. Per questo la moltitudine lo cercava, poiché la gente voleva sperimentare da vicino la prova viva del potere di Gesù. Una comunità viva corre pericolo di vita perché è la prova viva della Buona Novella di Dio!


4) Per un confronto personale

? Maria è stata mal interpretata da Giuda. Sei stato/a interpretato/a male qualche volta?
? Cosa ci insegna il gesto di Maria? Cosa ci dice la reazione di Giuda? 



5) Preghiera finale

Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
Egli mi offre un luogo di rifugio
nel giorno della sventura. 
(Sal 26)

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03/04/2012 08:09
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 13,30

Dalla Parola del giorno
Ed era notte.

Come vivere questa Parola?
La pericope evangelica odierna si apre e si chiude con due tristi predizioni: il tradimento e il rinnegamento. Al centro l?annotazione, che potrebbe sembrare marginale, ?era notte?. Quella notte di cui Gesù è venuto a dissipare le tenebre, ma che ora sferra il suo attacco decisivo, tentando di sopraffare la luce.
Notte di smarrimento che vedrà Giuda consumare il suo delitto, Pietro incespicare preda della paura, gli altri, confusi, darsi alla fuga. Ma è proprio nel cuore di questa notte che Gesù vivrà la sua ?glorificazione?, restituendo all?uomo la sua dignità di figlio di Dio.
Il riaffacciarsi della notte nella nostra esistenza, ormai non può essere che un evento passeggero, un preludio della luce che tornerà a illuminare i nostri occhi, perché il Sole di Cristo non conosce tramonto. Di questo, il cristiano deve farsi profeta, cioè portavoce di Dio che annuncia il definitivo trionfo dell?amore.
Egli ne ha contemplato il volto nel Crocifisso, ne ha sperimentato la vittoria nel Risorto: non può tenere per sé un messaggio così sconvolgente e gioioso. No, non è del cristiano autentico farsi profeta di sventure, accasciarsi sconfortato dinanzi al dilagare del male e, tanto meno, rinunciare di battersi perché la luce si affermi e raggiunga ogni uomo.
?Sentinella? che veglia scrutando le tenebre, per cogliere il primo bagliore che si annuncia all?orizzonte e mantenere desta la speranza nel cuore dei fratelli: questo è il cristiano, questo sono chiamato ad essere io, tu, tutti.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, guarderò con realismo ?la notte? in cui è immersa la nostra società, ma per farmi voce che ne annuncia la sconfitta nel segno vincente dell?amore, che mi impegno a portare là dove vivo.

Donami, Signore, di attraversare la notte, facendomi compagno dei miei fratelli che in essa si dibattono, ma indicando la luce della tua croce, da cui promana pienezza d?amore.

La voce di un padre della Chiesa
Alla vera luce si è ritirata l'oscurità della notte antica. Il popolo cristiano viene invitato alle ricchezze del paradiso e a tutti i rigenerati è stato aperto l'accesso alla patria perduta, se nessuno però fa sì che a lui venga chiusa la via che la fede del ladrone poté aprire.
Leone Magno

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04/04/2012 08:24
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?". Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: il Maestro ti manda a dire: il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".

Come vivere questa Parola?
I miracoli più grandi Gesù li realizza a tavola. È il suo luogo privilegiato durante tutta la vita tanto che alcuni malevoli lo definiscono "mangione e beone".
Ancora una volta, alla vigilia della sua Passione e morte, il Maestro dimostra la sua piena appartenenza al popolo ebreo che da sempre celebra i momenti sacri dello shabbat e della Pasqua attorno alla tavola. Lui sta per inaugurare un tempo nuovo, una Nuova Alleanza, ma si rifà comunque alla tradizione giudaica per quanto riguarda il tempo e il luogo della celebrazione, che tuttavia diventa l'origine di una realtà sacra, divina, di un'incarnazione che supera la storia: l'Eucaristia.
Infatti, l'Eucaristia si racchiude tutta nel segno conviviale, in un pane da condividere, caricato della presenza di Cristo. E proprio l'immagine della tavola familiare ci introduce molto innanzi nella comprensione del disegno di salvezza.
Una festa non può essere celebrata nella solitudine. In genere ci si raduna insieme con gli amici e i parenti per un pranzo, una cena. È proprio nella sacralità della tavola che può avvenire un incontro, una riconciliazione, un'amicizia, un amore. Quello che avviene nelle nostre case, nei gesti semplici e quotidiani di un pasto, è avvenuto in modo misterioso in quella sera a Gerusalemme, "nella sala del piano superiore". Si è creato un clima di attesa e Gesù ha lasciato in dono se stesso. Con le sue parole: "Fate questo in memoria di me" ha esteso il suo invito fino a noi, alle generazioni che sono venute e che verranno. Dio ci vuole oggi suoi commensali, eredi di un dono che riafferma ad ogni alba la sua presenza.

Oggi, nella mia pausa di silenzio, pregherò così:

Invitami, Signore, alla tua cena, e fa' che non opponga mai scuse o ritardi all'incontro con te.

Le parole di uno scrittore
La cena non è soltanto l'ultimo annuncio della passione, l'ultima occasione per Gesù di affermare che egli sa che cosa sta per accadergli e ne conosce il significato: è una realtà che Gesù stesso ha voluto porre per dare il senso da lui voluto alla morte che lo attende.
J. Guillet

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05/04/2012 08:26
 
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aolo Curtaz


Gesù sa che tutto è perduto. La lontananza con i suoi è abissale, Luca dice che il litigio su chi sia il più grande tra i discepoli avvenne durante l'ultima Cena (che squallore!), Gesù avverte che nessuno (forse solo Giuda) ha colto la gravità della situazione. In quel contesto solenne, liturgico (si celebra la Pesah, la Pasqua degli ebrei), Gesù pone un gesto intenso: dona del pane, dona del vino, quella è la sua presenza - dice - chiede ai suoi di ripetere quel memoriale perché lui sia presente. Mangiano, i discepoli. Bevono, senza capire troppo il misterioso linguaggio del Maestro che oggi sembra più stanco del solito. Dio inizia qui la sua Passione. Il sangue che tra poco copioso scenderà dalle ferite sulla cute del capo, già si mischia a quel vino segno di eterna alleanza, di imperitura amicizia. "Fate questo in memoria di me", chiede Gesù. E noi obbediamo, amato Rabbì. Stasera e domenica e ogni domenica, ripetiamo quel gesto. Lo rifacciamo per averti presente, per sentirti accanto, per cantare la tua gloria, per misurare il tuo immenso amore. Anche se le nostre messe sono fiacche, le nostre parole stanche, i nostri canti ripetitivi, le nostre celebrazioni distratte e abitudinarie, ripetiamo quel gesto. In obbedienza.
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06/04/2012 07:05
 
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Padre Alvise Bellinato

Il Venerdì Santo è un giorno particolare.
Solo oggi la liturgia ci propone dei gesti unici: all'inizio della liturgia il sacerdote si prostra in silenzio davanti all'altare, non viene celebrata la Messa ma una liturgia speciale, i fedeli adorano la croce e baciano il crocifisso?
Il Venerdì Santo, assieme al Mercoledì delle Ceneri, è giorno di digiuno per i cattolici.
Sembrerebbe, a prima vista, un giorno di lutto. Alle 15 (l'ora nona) si ricorda la morte in croce del Signore Gesù. Al termine della liturgia vespertina il Santissimo Sacramento è portato via dal sacerdote e la chiesa rimane "vuota", l'altare spoglio. Tutto tace fino alla sera del giorno successivo, che in inglese viene chiamato "Black Saturday", Sabato nero.
Chi di noi ha avuto la fortuna di visitare la Terra Santa, avrà notato che la chiesa del Getzemani è molto buia, contrariamente a quella sul Tabor. Il buio esprime architettonicamente il senso profondo del Venerdì Santo.
Qui vorremmo solo sottolineare un particolare: non è un buio pesto. È un buio con una luce in fondo.
C'è questa luce in fondo alle tenebre che fa riflettere, sulla Parola di Dio del Venerdì Santo. Le letture, che ci descrivono ciò che umanamente si potrebbe definire un completo fallimento (umiliazione, sconfitta, morte) si concludono tutte con un orizzonte inaspettato di luce, vittoria e gioia.
La prima lettura, dopo aver descritto i patimenti e la morte del "Servo di JHWH", si conclude con parole veramente ricche di speranza e di successo: "Il mio servo vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore? Vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; egli giustificherà molti. Io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino". Una discendenza, una lunga vita, la gioia di adempiere la volontà del Signore, luce e conoscenza, premio, fine dei conflitti? Cosa si può desiderare di più? Tutto questo è il desiderio di ogni uomo, o meglio: è ciò che ogni uomo definirebbe "una vita di successo" e non una sconfitta.
Il Salmo responsoriale segue la stessa logica: dopo aver descritto in modo lirico ed efficace l'esperienza terribile del rifiuto, del terrore, dell'emarginazione, della depressione e della morte, si apre alla stessa visione di luce e di positività della prima lettura: emerge al termine con grande forza la fiducia in Dio, l'esperienza della liberazione potente e completa, della luce che risplende in fondo al tunnel, della salvezza nell'amore. Nell'ultima strofa questa esperienza gioiosa diventa perfino esortazione fraterna a noi, qui riuniti: "Siate forti, rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore". Lo stesso salmista che descrive le sue sofferenze, diventa strumento di esortazione alla speranza e al coraggio.
Nella seconda lettura, che pur parla di "esser messo alla prova in ogni modo", di "forti grida e lacrime", di "morte", di "ciò che si patisce", sentiamo rivolte a noi ancora una volta parole piene di conforto e rassicurazione: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno". L'ultima parola, anche qui è fiducia, grazia, misericordia, aiuto, soccorso? Tutto questo è oggetto del desiderio del cuore di ogni uomo. Chi ha queste cose non è un fallito, ma una persona che possiede le cose fondamentali di una vita degna della persona umana. Tutte queste cose sono oggetto della benedizione biblica: "Shalom!".
Il Vangelo segue la stessa logica. Giovanni, contrariamente ai sinottici, non parla dell'agonia di Gesù al Getsemani, del bacio di Giuda, della fuga dei discepoli, del processo davanti al Sinedrio, degli oltraggi in casa del sommo sacerdote e alla corte di Erode, né degli scherni degli spettatori davanti alla croce. Non ci riporta il grido di sconforto di Gesù, le tenebre sulla terra al momento della morte del Signore e neppure la tragica fine di Giuda. Riporta invece - solo lui, non i Sinottici - una serie di "sprazzi di luce in fondo al tunnel": l'impressione di grande maestà che Gesù fece su coloro che venivano ad arrestarlo, il dialogo con Anna sulla sua dottrina, la scena così significativa dell'Ecco il vostro re!, la discussione sul cartello da affiggere sulla croce: Gesù Nazareno Re dei Giudei. Il suo racconto della passione, momento di massima sconfitta di Gesù, presenta alcuni tratti inconfondibili di regalità e di luce. Anche qui si ripete lo stesso dinamismo già visto nelle altre letture. Per Giovanni Gesù crocifisso è Gesù glorificato.
Anche se la Domenica di Pasqua viene cronologicamente dopo il Venerdì Santo, anche se la Resurrezione viene logicamente in seguito alla morte, pare che ci sia una dimensione di simultaneità nella liturgia odierna: la sconfitta patita per il Signore ha già in se stessa il senso profondo di una vittoria. Il Venerdì Santo contiene già in se stesso la luce della Pasqua.
Chiediamo al Signore che la luce della Pasqua illumini il buio di tutte le situazioni di sofferenza, solitudine e tristezza: che il Signore Gesù aiuti tutti i cristiani ad accogliere la sua Parola con cuore sincero, in modo che possano vivere nel modo giusto i momenti di buio, che immancabilmente si presentano nella vita umana.
Le parole di un Padre della Chiesa diventano per noi meditazione e preghiera conclusiva: "Per mezzo della croce sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che già risiede tutta la nostra salvezza" (S. Andrea di Creta).
 
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07/04/2012 07:44
 
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don Roberto Seregni
E' risorto, non è qui!

Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salòme forse pensavano di averne già viste abbastanza, ma non sapevano che il bello doveva ancora venire!
Sabato mattina, con l?aiuto del buon Giuseppe d?Arimatea, calano Gesù dalla Croce e in fretta lo depongono in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia. Il giorno successivo, all?alba, sarebbero ritornate per pulire e ungere il corpo del Rabbì. Si aspettano di ritrovare il suo cadavere. Vanno ai sepolcri per onorare un morto. Durante il tragitto un solo problema le fa pensierose: la pietra del sepolcro. Ancora non sanno che ben altri macigni andranno rimossi?
Il sepolcro è aperto. Al posto del cadavere del Rabbì, le donne trovano un angelo e il suo annuncio: ?Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. ?
Questo è il grande annuncio! Siamo discepoli di un Dio vivo! Siamo discepoli di un Dio che ha fatto esplodere d?amore il suo sepolcro! Non siamo più schiavi della morte, non siamo più prigionieri senza scampo: Gesù è risorto! Gesù è vivo! E come sarebbe bello se questa gioia (almeno un po?...) riempisse per davvero le nostre celebrazioni, la nostra vita quotidiana, i nostri incontri. A volte basta che qualcuno ci rubi un parcheggio o che l?autobus sia in ritardo per scatenare tutte le nostre ire più barbariche? Coraggio, amici: siamo discepoli di un Dio vivo!
Ma c?è un'altra cosa veramente bella nell?annuncio dell?angelo. Nazareno, crocifisso e risorto: con queste tre parole viene riassunta la verità di Gesù. L?angelo avrebbe potuto dire ?Gesù il messia?, ?Gesù il Cristo?, ?Gesù il Figlio di Dio? ... e invece no: ?Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto?. Questo è molto importante perché ci ricorda lo strettissimo legame tra l?incarnazione, la croce e la resurrezione. Davanti al Risorto non dobbiamo perdere la memoria dell?Incarnazione e della Croce, perché sono proprio esse a dirci lo specifico dell?annuncio della Pasqua. La ?buona notizia? non è l?annuncio che un morto è ritornato in vita, ma che il Figlio di Dio che si è fatto uomo tra gli uomini e ha donato tutta la sua vita per amore, ha sconfitto la morte! La resurrezione di Gesù annuncia che solo la vita donata per amore è più forte della morte, che solo la vita riconsegnata nella mani di Dio è sottratta alla morte.

Allora coraggio, amici, il Signore è risorto!
E? Risorto per te che ti senti abbandonato da tutti. E? risorto per te che sei riuscita a riprendere tra le mani la tua vita. E? risorto per te che da anni ti prendi cura di tuo marito immobile nel letto. E? risorto per te che dopo mesi di indecisione hai fatto quel passo tanto importante. E? risorto per te che dopo mesi di buio regali alla tua famiglia e ai tuoi amici i tuoi sorrisi più belli. E? risorto per te che fai Pasqua lontano dalla tua famiglia e anche per te che una famiglia non ce l?hai più. E? risorto per te che non lo cerchi mai e oggi sei qui, davanti a Lui. Forse non lo sai, ma Gesù è vivo e se anche tu ti dimentichi di Lui, Lui di te non si scorda mai.

don Roberto
 
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08/04/2012 09:25
 
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don Marco Pedron
Vivi, vivaci, vitali, conviviali

Buona Pasqua a tutti voi. Vorrebbe essere un augurio profondo e non una frase fra le tante. Che non sia solo una frase ma che sia qualcosa che ci entri dentro e che cambi la nostra vita.
Cos'è la Pasqua? Cronologicamente è oggi, domenica 8 aprile. Etimologicamente è una parola ebraica (pesah) che vuol dire passaggio. Catechisticamente indica la resurrezione dalla morte di Gesù. Teologicamente indica che il Risorto vive sotto un'altra condizione. Ho chiesto ad un bambino della scuola dell'infanzia: "Cos'è la Pasqua?". E lui: "E' il giorno in cui la nonna arriva con l'uovo di cioccolata per i piccoli e la colomba per i grandi".
Tutti sappiamo che oggi è Pasqua. Con la mente lo sappiamo. Ma sappiamo davvero tutti cos'è Pasqua? Pasqua è un sapere o è qualcos'altro?

Cos'è stata la Pasqua per quelli vicini a Gesù? Per tutti è stata una questione di vita.
Maria Maddalena. Maria Maddalena è stata la prima ad incontrarlo. Cosa succede? Lei amava Gesù profondamente. Gesù era tutto per lei. Lei era pazza, schizofrenica, "fuori di testa" e Lui le aveva ridato la vita (Lc 8,2: "Maria Maddalena, dalla quale erano uscite sette demoni"). Gesù era tutto e soprattutto era "suo". Era il "suo" Gesù.
Come si può vivere quando tuo marito, tua moglie, tuo figlio, il tuo amore, ti viene tolto? Si può ancora vivere?
Gesù le dirà: "Non mi trattenere" (Gv 20,17). E lei imparerà l'amore che non possiede, libero. E questo le cambierà la vita. Pasqua sarà per lei imparare ciò che mai prima d'ora aveva imparato: ad amare.

Giovanni e Simon Pietro. Il vangelo di oggi è davvero strano. Non si capisce che senso abbia questa corsa. L'evangelista Giovanni non ci racconta la resurrezione ma una gara di corsa, una gara a chi arriva prima. Sembra di essere ai 100 metri alle Olimpiadi. Ci sono tre fasi.
1. Arriva prima Giovanni, vede ma non entra (Gv 20,4-5).
2. Simon Pietro (Simon Pietro=il Pietro che crede e dubita) invece arriva dopo, vede ed entra (Gv 20,6-7).
3. Poi entra anche l'altro discepolo (Gv 20,8) e di lui si dice che vide e credette. Di Pietro non si dice questo: di Pietro si dice solo che vide, ma non che credette.
Ma cosa vuol dire tutto questo? Ma che vangelo strano!? Invece questo vangelo racconta il senso profondo della Pasqua per ognuno di noi.

Simon Pietro nel vangelo è la razionalità, l'uomo che vuole capire, che dubita, l'uomo che vuole comprendere Dio con la sua testa. Fa grandi proclami ma, poiché non è collegato al suo sentire, quando poi c'è da seguirlo, sempre lo tradisce e lo abbandona.
La razionalità vede: sì, la nostra testa sa che oggi è Pasqua; sa che Pasqua è la resurrezione del Risorto; sa che Gesù vive; sa che Gesù continua a vivere in noi. Lo sa perché ha studiato nel catechismo, lo ha studiato nei libri di teologia, ma tutto questo non cambia nulla nel suo cuore; tutto questo non scalfisce di un centimetro la sua vita e non produce nulla.
L'altro discepolo (che sembrerebbe essere l'evangelista Giovanni) invece rappresenta l'amore. Il vangelo di Gv lo dice più volte: "Quello che Gesù amava" (Gv 20,2; 13,23; "colui che posa il suo capo sul petto di Gesù:" Gv 13,25). E' solo Giovanni che vede e crede.
E' solo l'amore che può capire cos'è Pasqua. Se il tuo cuore non vive, non si emoziona, non piange, non vibra, non sussulta; saprai che è Pasqua ma non cos'è la Pasqua. Non produrrà niente nella tua vita. Giobbe disse (Gb 42,5): "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono".
Pasqua non è un'idea ma un'esperienza, un incontro, una rivoluzione, che ti cambia la vita, che ti entra dentro e che ti fa totalmente diverso da prima. Per questo molti non la conosceranno mai: proprio perché temeranno di cambiare.
"Ero sordo come una campana. Vedevo la gente che faceva ogni sorta di giravolte: la chiamavano danza. A me, che ero sordo, pareva tutto così stupido. Ma un giorno sentii la musica e capii: quant'era bella la danza!".

Tommaso. Tommaso dapprima non crederà alla Pasqua, al Signore Risorto. Anzi: "Se non vedo, non credo" (Gv 20,25). Ed è proprio così: si tratterà di toccare, di sperimentare, di vedere sulla propria pelle. E cosa capiterà: che dovrà toccare le ferite e lì lo sentirà e lo vedrà. E' l'esperienza con le ferite, con le proprie ferite, che gli faranno capire chi è Dio, il Risorto e la Vita Vera.
Nick Vujicic è un uomo australiano nato con una rara malattia genetica: la tetramelia. E' senza arti, senza entrambe le braccia e senza le gambe, eccetto i piedi, uno dei quali ha due dita. Non ha potuto andare a scuola e a otto anni decise di suicidarsi.
Vale la pena di vivere con "una ferita, un dolore" del genere? Ma se incontri Dio nelle tue ferite, Lui ti cambia la vita. L'incontro con Gesù Cristo, nonostante ciò che ha, lo ha fatto vivere. Oggi, nella sua condizione, è un uomo felice di vivere e di essere così. Dice: "Io non sono niente ma Lui vive in me e io vivo della sua forza. Io credo che se anche Dio non ti dà un miracolo tu sei già un miracolo. Io sono un uomo senza braccia e senza gambe, ma sono un figlio di Dio. Io sono un ambasciatore del re dei Re. E io ringrazio Dio per non avermi dato il miracolo perché così nella mia condizione io ho testimoniato Gesù Cristo a milioni di persone. Is 40,31 dice: "Quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano in volo come aquile". Non ho bisogno di braccia e di gambe, ho bisogno solo di Lui, e volerò perché so che Gesù mi mantiene".

Cos'hanno in comune tutti questi personaggi (Maria Maddalena, Giovanni, Tommaso, Pietro)? Loro non sanno cos'è la Pasqua; loro la Pasqua l'hanno vissuta sulla loro vita. Pasqua è: incontrare il Risorto nella tua vita e il suo incontro ti cambia, ti stravolge la vita. Lo sanno non perché l'hanno letto, ma perché l'hanno incontrato. Pasqua non è una domenica: Pasqua è il giorno in cui tu lo incontri. Pasqua è il giorno in cui tu lasci che tutta la Vita, la Forza, la Fiducia, che c'è in te, viva.
Un giorno un ciliegio disse ad un mandorlo: "Parlami di Dio!". E il mandorlo fiorì! Questa è Pasqua.

Quattro parole per Pasqua.

1. VIVI. Pasqua è vita. Vivere non è sopravvivere. Essere vivi è più di respirare. Nel film Braveheart si dice: "Tutti muoiono, non tutti però vivono veramente". Vivere non è "tirare a campare". Vivere non è "andare avanti". Nel film l'Ultimo Samurai, Nathan Algren (Tom Cruise), il protagonista, quando l'imperatore chiede di descrivere la morte di Katsumoto, l'Ultimo Samurai, risponde: "Non vi racconterò di come è morto ma vi racconterò di come è vissuto". Dobbiamo vivere, ed essere ricordati per la vita e la vitalità che abbiamo vissuto e lasciato.
Un magistrato antimafia, minacciato dalla mafia, si fece spostare e venne al nord. Intervistato prima di morire: "Cosa rifarebbe e cosa non rifarebbe se tornasse indietro?", rispose: "Avevo cinquant'anni ed ero vivo. Poi minacciarono di farmi uccidere, e prima o poi, forse, ci sarebbero anche riusciti. Per paura emigrai al nord. In quel giorno sono morto, anche se sono ancora in vita. In quel giorno la mafia mi ha vinto. Se tornassi indietro preferirei morire da vivo che vivere da morto".
Se perdi il gusto di sorridere, sei morto, se perdi il piacere di piangere, se perdi il gusto di stupirti, di meravigliarti e di sorprenderti, se non ti batti per qualcosa di grande, se non sai commuoverti di fronte ad un film, ad una scena, ai tuoi figli, se non sai rischiare qualcosa, se non senti più niente dentro di te? sei morto.
"Tu sei vivo? La tua vitalità esce? Si sente la tua energia? Si percepisce la tua passione?".
Patrick Henry, protagonista della rivoluzione americana, che denunciò la corruzione dei funzionari pubblici e rivendicò i diritti degli abitanti delle colonie, quando fu catturato dagli inglesi e fu messo di fronte alla scelta di rinunciare alla rivoluzione e di unirsi agli inglesi o di essere fucilato come traditore, disse: "Datemi la libertà o datemi la morte". Dove trovò questa forza? Dove si trovano uomini così? Appassionati, infuocati, radicali, che non cedono, che non indietreggiano, che non si vendono, che non scendono a compromessi, che sono disposti a pagare per le idee e per le proprie azioni?
Ma che uomo sei? Ma non vedi che sei pieno di paura! Hai paura perfino di cosa dice la gente; hai paura di rimanere da solo; hai paura di deludere, di non andar bene; hai paura di essere rifiutato dai superiori, dai tuoi capi, ma che uomo sei? Guarda Gesù! Sei vivo: resta vivo; non morire prima. Non permettere che la paura ti uccida!
Giorgio Faletti in una canzone dice: "Fa' che la morte mi trovi vivo".
Ad un certo punto della sua vita Martin Luther King si trovò ad un bivio. Il suo programma di liberazione dei neri diventava pericoloso per la sua incolumità. Ma una notte, finché era in preghiera in cucina, sentì forte e chiara dentro di sé una voce: "Martin Luther, battiti per ciò che è giusto. Battiti per la verità. Ed ecco io sarò con te, anche fino alla fine del mondo". Quella fu la svolta della sua vita e lui stesso disse più volte: "E non me ne sono mai pentito!".

2.VITALI. Vit-ali=è la vita che prende le ali.
Gli apostoli furono persone, che dopo la morte di Gesù, sognarono, realizzarono cose impossibili perché credettero di poterle realizzare. E lo credettero in nome di Gesù. Abbiamo bisogno di trovare, di seguire e di essere noi stessi, gente risorta, come gli apostoli.
La resurrezione fu un'idea rivoluzionaria, visionaria, incredibile per la maggioranza della gente. Quando San Paolo (At 17,22-34) parlò agli Ateniesi di risurrezione, alcuni lo derisero altri gli dissero: "Su questa cosa, ti sentiremo un'altra volta (At 17,32)". Gli apostoli erano dei visionari, dei profeti. Ma quelli che sentivano gli apostoli cosa credete che dicessero: "Sono tutti pazzi; sono fuori di sé (Mc 3,21); sono tutti ubriachi (At 2,13); sono pazzi furiosi".
D'altronde dobbiamo capirli. Gli apostoli dicevano: "Vi ricordate di Gesù, quello che è morto, beh non è morto è vivo, noi lo abbiamo visto, incontrato. Ci abbiamo parlato e perfino mangiato insieme". E' perché non esistevano gli ospedali psichiatrici a quel tempo, ma oggi sarebbero stati certamente internati!
Eppure quegli uomini non erano pazzi ma visionari. Il visionario, il profeta, vede prima quello che altri non vedono, quello che altri neppure immaginano. Se tutti vivono nel 2012 il visionario è già nel 6012. Allora lui vede (sa) cose che tutti gli altri non sanno.
Iain Couzin con la sua equipe ha studiato le formiche (e molti altri animali che vivono in società). Ha scoperto che quando il 51% dei membri di un branco guardavano in una certa direzione, l'intero branco procedeva in quella direzione. Ma osservando meglio ha scoperto che dentro ad ogni branco c'erano dei leader, dei creatori di tendenze, degli "esperti", che avevano maggior fiuto rispetto agli altri per individuare cibo o il pericolo. E sia un piccolo gruppo di trenta formiche, che uno molto più grande di trecento, il gruppo era guidato da questi esperti. Gli stessi esperimenti si verificano con gli altri animali.
Abbiamo bisogno di leader positivi, di illuminati, di gente dalla grande spiritualità, e dalle grandi visioni, che ci indirizzino nella giusta strada. E abbiamo bisogno di difenderli, di sostenerli, di aiutarli, perché ogni gruppo, ogni comunità, senza questi visionari positivi, questi saggi, va velocemente in rovina e muore.
Abbiamo bisogno di questa gente così vitale, così piena di vita, che sa dirigersi verso approdi, ideali e mete alte, che ci sappiamo elevare dalla bassezza comune.

3.VIVACI=vuol dire idee creative, nuove, per affrontare i problemi di questo mondo. Per risolvere problemi vecchi occorrono soluzioni nuove. D'altronde è ovvio: le vecchie non hanno funzionato. Se avessero funzionato, infatti, non avremo ancora quei problemi. Quindi inutile perseguire con le vecchie modalità: ci serve fantasia, creatività, vivacità, acutezza, prospettive diverse per risolvere i problemi che abbiamo.
Sapete come fanno a legare un elefante? L'elefante ha la forza per spezzare qualsiasi corda e per sradicare ogni palo e albero. Eppure lo legano ad un palo e lui rimane attaccato lì. Com'è possibile? Semplice! Fin da piccolo la sua zampa verrà legata ad un palo con una corda robusta. L'elefante è piccolo, la corda è forte e non riesce a liberarsi. Così l'elefante impara che la corda è inamovibile, onnipotente: da adulto ha questa credenza, quest'idea dentro di sé e così ogni volta che sentirà la corda intorno alla zampa crederà che quella corda sia onnipotente.
Siamo noi quell'elefante. Non è che c'è stato insegnato che le cose sono così e che non si può fare nulla? Non c'è stato detto di accontentarci? Non c'è stato detto che non si può?
Cosa fecero gli apostoli? Ebbero un'ida vivace, nuova, diversa, incredibile. La gente non credeva in Dio e i predicatori e i profeti continuavano a ripetere da secoli: "Dovete convertirvi, dovete cambiare, dovete ritornare a Dio. Se vivete così, vi ucciderete tutti", ma non funzionava.
Per risolvere problemi vecchi occorrono soluzioni nuove. E così loro cambiarono tutto: "Non dovete ritornare a Dio è Lui che viene da voi. Non dovete amare Dio: è Dio che vi ama". Loro ebbero fede che era possibile e lo fu. Se credi che non è possibile, non lo sarà. Se credi che è possibile, lo sarà. "Tutto quello per cui pregate, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà concesso" (Mc 11,24). Virgilio: "Possono perché credono di potere". E' così! Dio è veramente forza.
Un contadino aveva scoperto che i cani del vicino uccidevano le sue pecore. Il metodo usuale per risolvere la questione era semplice: confronti, minacce, cause legali, recinzioni, filo spinato, nei casi estremi fucilate. Ma il contadino ebbe un'idea creativa, fantasiosa, propositiva: diede degli agnelli come animali da compagnia per i bambini del vicino. Fu una soluzione "vincente-vincente" per entrambi: per amore, infatti, delle adorabili bestiole dei figli, i vicini legarono i cani di spontanea volontà e le due famiglie diventarono amiche.

4.CON-VIVIALI=portare l'amore là dove non c'è, così ci sarà. Conviviale=vivo con la vita.
La nostra società è basata sulla vecchia e antievangelica idea della competizione: "Io ti vinco". Ma dove c'è un vincitore c'è sempre un perdente. E chi perde oggi vorrà vincere domani. Competere=arrivare prima, davanti e eliminare l'avversario.
Ci sono due campeggiatori in Canada. Ad un certo punto si trovano davanti un orso. Allora uno dei due si mette le scarpe e l'altro gli dice: "Perché ti metti le scarpe? Non puoi correre più veloce di un orso". Allora l'altro gli risponde: "E chi ha bisogno di correre più veloce dell'orso? Mi basta soltanto correre più veloce di te".
Eppure l'etimologia della parola com-petere vuol dire "lottare insieme". Competere vorrebbe dire: ci serviamo dell'energia di tutti per il bene comune e non implica lo schiacciare i propri avversari e il vincere a tutti i costi. C'è spazio per tutti, c'è pane per tutti, c'è amore per tutti, nessuno dev'essere eliminato.
Bernard Grad, un biologo canadese, ha fatto questo esperimento: ha messo dell'acqua dentro ad un becher (una caraffa trasparente) e dei guaritori pregavano su quell'acqua. I semi innaffiati con quell'acqua crescevano più rapidamente di quelli innaffiati con acqua semplice. Poi ha dato da tener in mano un becher d'acqua a pazienti gravemente depressi. I semi innaffiati con quell'acqua non nacquero mai.
Cosa vuol dire? Che rapportarsi con amore (perdono) a noi stessi, produce vita.
Michael Weisser, un ebreo cantore, e sua moglie Julie si erano appena trasferiti. Stavano ancora disfando le valigie quando ricevettero un biglietto: "Il KKK (Ku Klux Klan) vi sta tenendo d'occhio, feccia!". Il biglietto era stato mandato da Larry Tramp, un sedicente nazista che aveva già organizzato vari attentati e che stava progettando di bombardare B'nai Jeshuran, la sinagoga dove Weisser era cantore. Saputo questo, Weisser non reagì con sdegno od odio, ma reagì in maniera diversa, nuova, con amore. Chiamò varie volte Larry e gli mandò vari biglietti: "Larry, perché mi odi, non mi conosci nemmeno!". Poiché Larry era su una sedie a rotelle (e aveva anche il diabete) Michael gli chiedeva spesso se aveva bisogno di aiuto. Una sera Michael e tutta la sua congregazione pregarono per qualcuno che era malato di "odio e di intolleranza". In quella sera Larry sentì prurito così forte alle mani che si tolse gli anelli con la svastica e chiamò Michael: "Aiutami, voglio uscire, ma non so come!". Diede le dimissioni dal KKK, si scusò e poiché scoprì di avere meno di un anno di vita, i Weisser lo ospitarono a casa loro. Si convertì all'ebraismo in quella stessa sinagoga che aveva progettato di far saltare e morì tra le braccia di Michael e di Julie.
Cos'è questo? E' il potere dell'amore. Se tu sei conviviale, se vivi con la vita, nell'amore, vuoi l'amore per tutti e lo porti a tutti. E' questo che salverà il mondo: l'amore.
Pasqua è: vivo nella convivialità: "Basta con la lotta, basta con i nemici dappertutto (non ci sono nemici, solo infelici e bisognosi d'amore!); basta uno contro l'altro: c'è spazio per tutti attorno alla tavola di Dio; basta con l'odio; basta con le divisioni".
E la Grande Pasqua, quella dell'Ultimo Giorno (ultimo perché senza fine, eterno, e quindi non ce ne sarà un altro, visto che quello è senza fine) sarà il regno di quest'Amore, dove tutti saremo attorno alla su tavola. Nessuno contro nessuno. Tutti insieme a tutti.
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09/04/2012 09:39
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 28,8-15

1) Preghiera

O Padre, che fai crescere la tua Chiesa,
donandole sempre nuovi figli,
concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vita
il sacramento che hanno ricevuto nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo... 



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 28,8-15
In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli. Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: "Salute a voi". Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: "Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno". Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: "Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia". Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi.


3) Riflessione

? Pasqua! Il vangelo di oggi descrive l'esperienza di risurrezione delle discepole di Gesù. All'inizio del suo vangelo, nel presentare Gesù, Matteo aveva detto che Gesù è l'Emanuel, Dio con noi (Mt 1,23). Ora, alla fine, comunica ed aumenta la stessa certezza di fede, poiché proclama che Gesù è risorto (Mt 28,6) e che starà con noi sempre, fino alla fine dei tempi! (Mt 28,20). Nelle contraddizioni della vita, questa verità è molte volte contestata. Non mancano le opposizioni. I nemici, i capi dei giudei, si difesero contro la Buona Novella della risurrezione e mandarono a dire che il corpo era stato rubato dai discepoli (Mt 28,11-13). Tutto ciò succede anche oggi. Da un lato, lo sforzo di molte persone per vivere e testimoniare la risurrezione. Dall'altro, tanta gente cattiva che combatte la risurrezione e la vita.
? Nel vangelo di Matteo, la verità della risurrezione di Gesù è raccontata attraverso un linguaggio simbolico, che rivela il senso nascosto degli avvenimenti. Matteo parla di scosse di terremoto, di fulmini e di angeli che annunciano la vittoria di Gesù sulla morte (Mt 28,2-4). E' un linguaggio apocalittico, molto comune in quel tempo, per annunciare che finalmente il mondo era stato trasformato dalla potenza di Dio! Si compiva la speranza dei poveri che riaffermavano la loro fede: "Lui è vivo, in mezzo a noi!"
? Matteo 28,8: L'allegria della Risurrezione vince la paura. Al mattino di domenica, il primo giorno della settimana, due donne si recano al sepolcro, Maria Maddalena e Maria di Giacomo, chiamata l'altra Maria. Improvvisamente la terra trema ed un angelo appare come un fulmine. Le guardie che stavano vigilando il tumulo svennero. Le donne si impaurirono, ma l'angelo le incoraggiò, annunciando la vittoria di Gesù sulla morte e mandandole a riunire i discepoli di Gesù in Galilea. E in Galilea potettero vederlo di nuovo. Lì cominciò tutto, lì avvenne la grande rivelazione del Risorto. L'allegria della risurrezione comincia a superare la paura. Si inizia così l'annuncio della vita e della risurrezione.
? Matteo 28,9-10: Gesù appare alle donne. Le donne escono di corsa. In loro c'è un misto di paura e di gioia. Sentimenti tipici di coloro che fanno una profonda esperienza del Mistero di Dio. Improvvisamente, Gesù stesso va incontro a loro e dice: "Rallegratevi!" E loro si prostrarono ed adorarono. E' l'atteggiamento di colui che crede ed accoglie la presenza di Dio, anche se sorprende e supera la capacità umana di comprensione. Ora Gesù stesso ordina di riunire i fratelli in Galilea: "Non abbiate paura. Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno".
? Matteo 28,11-15: L'astuzia dei nemici della Buona Novella. La stessa opposizione che Gesù ha avuto in vita, spunta ora dopo la sua risurrezione. I capi dei sacerdoti si riuniscono e danno denaro alle guardie. Loro devono spargere la notizia che i discepoli hanno rubato il corpo di Gesù per evitare così quanto si dice della risurrezione. I capi non accettano la Buona Novella della Risurrezione. Preferiscono credere che si tratta di un'invenzione da parte dei discepoli e delle discepole di Gesù.
Il significato della testimonianza delle donne. La presenza delle donne alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione di Gesù è significativa. Loro sono testimoni della morte di Gesù (Mt 27,54-56). Nel momento della sepoltura, rimangono sedute dinanzi al sepolcro e quindi possono rendere testimonianza del luogo dove Gesù fu sepolto (Mt 27,61). Ora, al mattino di domenica, loro sono lì di nuovo. Sanno che quel sepolcro vuoto è veramente il sepolcro di Gesù! La profonda esperienza di morte e di risurrezione che loro hanno fatto ha trasformato le loro vite. Loro stesse diventano testimoni qualificati della risurrezione nelle Comunità cristiane. Per questo ricevono l'ordine di annunciare: "Gesù è vivo! Risuscitò!"


4) Per un confronto personale

? Qual è l'esperienza di resurrezione che ho nella mia vita? C'è in me qualche forza che cerca di combattere l'esperienza della risurrezione? Come reagisco?
? Qual è oggi la missione della nostra comunità di noi discepoli e discepole di Gesù? Da dove possiamo trarre forza e coraggio per adempiere la nostra missione? 



5) Preghiera finale

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare. 
(Sal 15)
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10/04/2012 06:36
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo

Pietro e Giovanni, dopo aver constatato che nessuno aveva portato via Gesù dal sepolcro, ma che Lui era risorto, secondo la confessione fatta dallo stesso Giovanni, lasciano il sepolcro e se ne ritornano a Gerusalemme. Loro non cercano più Gesù. Per loro è risorto. È divenuto corpo spirituale, incorruttibile, immortale, glorioso. Ora Gesù è nel mondo del Padre suo. Non è più sulla terra ed è inutile cercarlo.
Maria ancora non è giunta alla fede nella risurrezione. Rimane all'esterno, vicino al sepolcro e piange per l'amato dell'anima sua. Il Signore viene in suo aiuto. Prima le manda due Angeli. Questi si siedono l'uno dalla parte del capo e l'altro dalla parte dei piedi, dove era stato deposto Gesù. Sono in vesti bianche. Sono segno della manifestazione di Dio. Lei non li riconosce come angeli. Pensa che siano due persone come tante altre. Essi le chiedono: "Donna, perché piangi?". Lei risponde: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto". Per lei Gesù era stato rubato.
Una riflessione si impone: Giovanni era giunto alla fede. La conserva però nel suo cuore. Non la rivela a Maria di Màgdala. Pietro e Giovanni abbandonano il sepolcro perché sanno per fede che lì non c'è più. Mai ci potrà essere. Gesù ha cambiato esistenza. Maria di Màgdala è invece senza questa nuova luce che illumina l'esistenza e le dona pienezza di verità. Ella piange per mancanza di conoscenza. È stata privata della verità di Gesù. Ogni verità di Gesù che noi nascondiamo nel nostro cuore genera tanto pianto nel seno dell'umanità. La verità di Gesù invece fa nascere la speranza nei cuori, perché li illumina e li riscalda, li risana e li rinnova.
Quando viene meno l'uomo, se la nostra ricerca è vera, sincera, sempre il Signore viene in nostro soccorso. Mai Lui ci farà mancare il suo aiuto potente, risolutore del nostro pianto e delle nostre lacrime. Ora è Gesù stesso che si presenta a Maria. Neanche Lui è però riconosciuto. Pensa che sia il custode del giardino e così gli risponde: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo". È il corpo di Gesù che Maria sta cercando, non Gesù. Il corpo morto di Gesù, non Gesù il Vivente. La fede nella risurrezione non è nel suo cuore.
Ora Gesù le viene in aiuto e la chiama per nome: "Maria!". Ella riconosce questa voce. È del suo Maestro, del suo Signore, dell'Amato dell'anima sua. Maria vorrebbe trattenerlo. Stare in eterno con Lui. Gioire nel suo spirito di questo momento. Per la gioia c'è sempre tempo. Ora bisogna che lei vada e dica ai suoi discepoli che Lui è risorto. Che Lui sta compiendo le parole proferite nel Cenacolo: "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". Gesù mai è venuto meno ad una sola parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, aiutateci a cercare Gesù.
 
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11/04/2012 08:00
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Una lettura sapienziale proposta da Gesù

Ci associamo anche noi ai due discepoli, che lasciato il Cenacolo, s'incamminano verso Emmaus. I due stanno andando in senso contrario e stanno percorrendo un tratto di sette miglia, una distanza incolmabile! Eppure Gesù si affianca a loro; è pronto ad andare anche con coloro che si stanno allontanando dal Cenacolo, dalla comunione dei fratelli, dalla Chiesa. Da risorto non smette di essere il Pastore buono che va in cerca delle pecore smarrite. Egli sente il loro chiacchiericcio su tutto quello che era accaduto. Parlano di un morto e non si accorgono che il risorto è con loro: «Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Di Lui sanno soltanto dire che «I sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso». Egli, con divina sapienza, devia prima i loro discorsi, li illumina ricorrendo alle divine scritture, fa rinascere in loro la speranza e fa loro toccare con mano che il Cristo, che loro considerano morto da tre giorni, è veramente colui che è venuto «a liberare Israele». Non basta aver visto un sepolcro vuoto, aver ascoltato la testimonianza delle donne che vanno dicendo che Gesù è vivo, non convincono neanche le testimonianze degli altri discepoli perché «Hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Fin quando non si entra in un rapporto personale con il Signore, le verità che lo riguardano, possono sconvolgerci, stupirci, ma non generano ancora la vera conversione e l'autentica convinzione che sboccia solo con le fede. Questa sgorga in tutta la sua intensità quando lo riconoscono nello spezzare il pane; questo gesto è solo di Cristo, gli uomini impareranno da Lui a ripeterlo nel sacrificio eucaristico e nella concretezza della carità cristiana. La parola, il pane e la condivisione nella carità di Cristo aprono gli occhi ai ciechi! Accade ancora oggi, nelle celebrazioni che facciamo nelle nostre chiese e in quelle che si celebrano nello stesso amore per le strade del mondo. Sono queste le esperienze che fanno ardere il cuore nel petto, che nutrono abbondantemente ed efficacemente la nostra fede. Questa è ancora la via per farci desiderare che il Risorto resti sempre con noi, soprattutto quando cala la sera e il timore del buio ci assale. È ancora questa la via sicura per tornare al Cenacolo, alla comunione con i fratelli, per diventare testimoni veraci e credibili: «Partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane».
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12/04/2012 08:31
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Di questo voi siete testimoni

Siamo sempre nel giorno della risurrezione. La mattina Gesù ha ricostituito la fede nel cuore di Maria di Màgdala, apparendole, chiamandola per nome, inviandola a dare il lieto annunzio della risurrezione ai suoi discepoli, affranti, sconvolti, dalla fede scarsa, anzi persa quasi del tutto. Poi la rifonda nei due discepoli di Emmaus, camminando con loro, spiegando il suo mistero partendo dalle Scritture, rivelando la sua identità durante la cena. Ora Gesù è nel Cenacolo per iniziare a far prendere vita alla fede di tutti i suoi discepoli che ormai stava per seccare del tutto.
Segni, gesti, parole, insegnamento, niente basta per convincere i discepoli. Non è sufficiente neanche la spiegazione di tutta la Scrittura. Occorre un vero miracolo. C'è bisogno di una grazia speciale. Urge una illuminazione potente dello Spirito Santo. Lo Spirito del Signore deve avvolgere la loro mente con la sua luce, perché solo così sarà possibile far giungere i discepoli alla verità di Cristo Gesù. Lo scandalo della croce è stato così forte, così potente, da lasciare in loro segni indelebili.
Gesù apre loro la mente per comprendere le Scritture. È questo un vero dono di grazia. È una vera infusione nello Spirito Santo. È una immersione completa nella verità della Scrittura. Andando per il mondo i discepoli sempre dovranno ricordarsi di questo momento. Se per loro è stata necessaria questa grazia speciale, particolare, data da Gesù in persona, per riedificare nel cuore la fede nel Messia di Dio, il Crocifisso e il Risorto, questa stessa grazia sarà necessaria per ogni altra persona che essi vorranno condurre alla fede. Come Cristo Gesù, sempre loro dovranno immergere le persone nello Spirito Santo. Per questo dovranno essere perennemente pieni di Lui.
Loro non dovranno essere i testimoni di un Messia alla maniera di Davide, militarmente glorioso, vittorioso, con la testa dei suoi nemici issata come trofeo e bottino di guerra. Loro dovranno andare nel mondo ed essere i testimoni del Cristo Crocifisso e Risorto, che viene per fare l'uomo nuovo nella conversione e nel perdono dei peccati. Loro dovranno predicare Cristo Crocifisso in modo che ognuno si converta alla Crocifissione. Loro dovranno annunziare il Risorto, perché è questa la loro unica vera speranza: risorgere con Cristo a vita nuova. Il perdono dei peccati è duplice. Dio perdona il nostro peccato. Noi perdoniamo il peccato dei fratelli. Dio toglie il nostro peccato. Noi togliamo il peccato dei fratelli. È nel perdono che si crea la pace, perché è in esso che nasce la vita nuova. È questo il vero messianismo di Gesù Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, ottienici una potente immersione nello Spirito Santo e saremo veri nella fede. Angeli e Santi di Dio, aiutateci nel nostro cammino.
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13/04/2012 08:07
 
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padre Lino Pedron


Il capitolo 20 del vangelo di Giovanni ha descritto il cammino di fede pasquale dei discepoli a partire dalla tomba vuota fino all'incontro personale con il Risorto che reca i doni pasquali. Il capitolo 21 ci presenta Gesù risorto nella comunità che è in missione tra le ostilità del mondo e che viene invitata a seguire il Maestro, anche se le è riservata la medesima sorte (cfr 21,29).
Il ritorno dei discepoli alla loro terra di Galilea e al loro lavoro di pescatori forse rivela un momento di dispersione e di smarrimento della comunità dopo lo scandalo della croce. Ma l'esperienza con il Risorto, vissuta in una normale giornata di fatica, mette in luce che la fede si può vivere sempre in qualsiasi tempo e circostanza.
Il Signore si rivela loro presso il mare di Tiberiade svelando con gradualità il suo mistero e la loro vocazione.
Pietro è il primo del gruppo ad essere nominato. E' lui che prende l'iniziativa della pesca. La sua funzione nella comunità cristiana è già delineata chiaramente.
Il loro numero di "sette" ha un significato: come il numero "dodici" indica la totalità di Israele, il "sette" è la cifra simbolica dell'universalità. Questi sette discepoli sono simbolicamente il primo seme della Chiesa che viene sparso tra le nazioni pagane, perché la parola di Gesù possa generare altri figli di Dio. Ma senza Gesù l'insuccesso è totale e non prendono nulla. Senza la fede nel Risorto, che è la Vita della comunità, è impossibile riuscire nella missione e portare frutti nella Chiesa.
Sul far del giorno, quando i discepoli tornano dal loro lavoro infruttuoso, egli va loro incontro, ma loro non lo riconoscono. L'"alba" in cui agisce Gesù è l'opposto della notte e delle tenebre in cui hanno agito i discepoli. Nel linguaggio biblico, è il momento dell'intervento straordinario di Dio (cfr Es 24,24; ecc.); essa coincide con la risurrezione di Cristo e con la sua presenza nella comunità ecclesiale.
E' spuntato il nuovo giorno e Gesù rivolge la sua parola autoritativa: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (v. 6a). Il risultato è una pesca miracolosa e abbondante, tanto che "non riuscivano più a tirare su la rete per la grande quantità di pesci" (v. 6b).
Allora il discepolo che Gesù amava dice a Pietro: "E' il Signore!". Pietro non discute minimamente l'intuizione di fede del suo compagno: Tutto proteso verso il Signore si cinge la veste e si getta in mare: è l'uomo della risposta immediata. Anche gli altri credono dopo aver visto, ma il loro modo di agire verso il Signore è diverso: tirano la rete piena di pesci e nel servizio ecclesiale tutti prendono contatto con Gesù.
Per ordine di Gesù, Pietro riprende il suo servizio nel gruppo, sale sulla barca, tira la rete a terra e fa il computo della pesca: centocinquantatrè grossi pesci. Dietro a questo numero c'è qualcosa di misterioso. Scrive Strathmann: "L'esegesi della Chiesa antica aveva ragione quando intuiva che dietro a quel numero c'era qualcosa di misterioso; è particolarmente degno di nota quanto dice Gerolamo a proposito di Hes. 47,9-12, che gli antichi zoologi avrebbero conosciuto 153 specie di pesci; inoltre, si poteva considerare il numero 153 come la somma dei numeri da 1 a 17, o come numero di un triangolo di base 17, cioè come un numero di misteriosa perfezione. Così la pesca apostolica degli uomini è definita universale e misteriosa, nessun popolo ne è escluso (cfr At 2,9-11) e tutti si raccolgono nell'unica rete della Chiesa universale, che può accogliere tutti senza lacerarsi. Ma gli apostoli come pescatori di uomini possono compiere con successo questo lavoro soltanto su comando di Gesù" (Il vangelo secondo Giovanni, Brescia 1973, pag. 435).
La pesca è seguita da un banchetto in cui il Cristo risorto dà da mangiare ai discepoli. Il testo, parlando di pane e di pesce, allude in modo esplicito all'Eucaristia, momento vertice della vita della Chiesa. Il Signore è al centro della sua comunità rinnovata, che egli nutre familiarmente con il pane e il pesce, simbolo dell'Eucaristia, ossia dono della sua vita (cfr Lc 24,30.41-43; At 1,4).
Solo nell'ascolto della parola del Signore e nell'incontro eucaristico con il Risorto la Chiesa rende fruttuoso ogni suo impegno. Sempre e dovunque vale il detto di Gesù: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15,5).
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14/04/2012 08:25
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 16,9-15

1) Preghiera 

O Padre, che nella tua immensa bontà
estendi a tutti i popoli il dono della fede,
guarda i tuoi figli di elezione,
perché coloro che sono rinati nel Battesimo
ricevano la veste candida della vita immortale.
Per il nostro Signore Gesù Cristo... 



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 16,9-15
Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.
Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.
Alla fine apparve agli Undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi fa parte di una unità letteraria più ampia (Mc 16,9-20) che ci mette dinanzi la lista o il riassunto di diverse apparizioni di Gesù: (a) Gesù appare a Maria Maddalena, ma i discepoli non accettano la sua testimonianza (Mc 16,9-11); (b) Gesù appare ai discepoli, ma gli altri non accettano la loro testimonianza (Mc 16,12-13); (c) Gesù appare agli Undici, critica la mancanza di fede e ordina di annunciare la Buona Novella a tutti (Mc 16,14-18); (d) Gesù ascende al cielo e continua a cooperare con i discepoli (Mc 16,19-20).
? Oltre a questa lista di apparizioni del vangelo di Marco, ci sono altre liste di apparizioni che non sempre coincidono tra di loro. Per esempio, la lista conservata da Paolo nella lettera ai Corinzi è molto differente (1 Cor 15,3-8). Questa varietà mostra che all'inizio, i cristiani, non si preoccupano di provare la risurrezione per mezzo di apparizioni. Per loro la fede nella risurrezione era così evidente e viva che non c'era bisogno di prove. Una persona che prende il sole sulla spiaggia non si preoccupa di dimostrare che il sole esiste, perché lei stessa abbronzata è la prova evidente dell'esistenza del sole. Le comunità, con il loro esistere in mezzo all'impero immenso, erano una prova viva della risurrezione. Le liste delle apparizioni cominciano a spuntare più tardi, nella seconda generazione per ribattere le critiche degli avversari.
? Marco 16,9-11: Gesù appare a Maria Maddalena, ma gli altri discepoli non le credettero.Gesù appare prima a Maria Maddalena. Lei va ad annunciarlo agli altri. Per venire al mondo, Dio volle dipendere dal seno di una giovane di 15 o 16 anni, chiamata Maria, di Nazaret (Lc 1,38). Per essere riconosciuto vivo in mezzo a noi, volle dipendere dall'annuncio di una donna che era stata liberata da sette demoni, anche lei chiamata Maria, di Magdala! (Per questo era chiamata Maria Maddalena). Ma gli altri non credettero in lei. Marco dice che Gesù apparve prima a Maddalena. Nell'elenco delle apparizioni, trasmesso nella lettera ai Corinzi (1 Cor 15,3-8), non vengono riportate le apparizioni di Gesù alle donne. I primi cristiani avevano difficoltà a credere nella testimonianza delle donne. E' un peccato!
? Marco 16,12-13: Gesù appare ai discepoli, ma gli altri non credettero a loro Senza molti dettagli, Marco si riferisce ad un'apparizione di Gesù a due discepoli, "mentre erano in cammino verso la campagna". Si tratta, probabilmente, di un riassunto dell'apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus, narrata da Luca (Lc 24,13-35). Marco insiste nel dire che "gli altri non cedettero nemmeno a loro".
? Marco 16,14-15: Gesù critica l'incredulità e ordina di annunciare la Buona Novella a tutte le creature. Per questo, Gesù appare agli undici discepoli e li riprende perché non hanno creduto alle persone che lo avevano visto risorto. Di nuovo, Marco si riferisce alla resistenza dei discepoli nel credere nella testimonianza di coloro che hanno sperimentato la risurrezione di Gesù. Perché? Probabilmente per insegnare tre cose. In primo luogo che la fede in Gesù passa attraverso la fede nelle persone che ne danno testimonianza. In secondo luogo, che nessuno si deve scoraggiare, quando il dubbio o l'incredulità nascono nel cuore. In terzo luogo, per ribattere le critiche di coloro che dicevano che il cristiano è ingenuo e accetta senza critica qualsiasi notizia, poiché gli undici ebbero molta difficoltà ad accettare la verità della risurrezione!
? Il vangelo di oggi termina con l'invio: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura!" Gesù conferisce loro la missione di annunciare la Buona Novella ad ogni creatura.


4) Per un confronto personale

? Maria Maddalena, i due discepoli di Emmaus e gli undici discepoli: chi di loro ebbe maggiore difficoltà nel credere alla risurrezione? Perché? Con chi di loro mi identifico?
? Quali sono i segnali che più convincono le persone della presenza di Gesù in mezzo a noi? 



5) Preghiera finale

Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero. 
(Sal 144)
 
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14/04/2012 23:41
 
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Ileana Mortari - rito romano
Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!"

L'apostolo Tommaso è universalmente noto come emblema dell'incredulità, tanto che proprio a questa sua caratteristica pittori e scultori di ogni tempo hanno dedicato bellissime opere d'arte! E diffusissima poi è la nota espressione proverbiale "voler vedere e toccare come Tommaso".

Ora, è certamente vero che - come dice S.Gregorio Magno - "a noi giovò di più l'incredulità di Tommaso che la fede degli apostoli"; ma su di essa si è forse insistito un po' troppo, tanto da far passare in secondo piano altri aspetti dell'episodio che meglio ci aiutano a rispondere all'interrogativo di fondo sottostante a questa pagina: come, in ogni tempo, è possibile arrivare a credere in Gesù Cristo, morto e risorto, Messia e Figlio di Dio?

Tommaso, solo menzionato come uno dei Dodici dagli autori del Nuovo Testamento, compare invece più volte come personaggio di un certo rilievo nel quarto vangelo: prima della resurrezione di Lazzaro (Giov.11,14-16), durante i discorsi dell'Ultima Cena (Giov.14,1-7) e nell'episodio del cap.20.

Dal temperamento schietto e spontaneo, egli esprime apertamente interrogativi e inquietudini che serpeggiano anche negli altri discepoli e soprattutto nel cap.20 è scelto da Giovanni per esemplificare quella situazione di dubbio e incertezza che, come sappiamo da altri passi, ha colto tutti gli apostoli dopo la Resurrezione, tanto che Gesù stesso li rimprovera e li convince con prove sensibili che Egli non è un fantasma! (così in Luca 24,38-43).

Essendo stato assente alla prima apparizione di Gesù avvenuta nel giorno stesso di Pasqua, Tommaso dichiara che non bastano l'esperienza e le assicurazioni dei compagni per fargli accettare una cosa assolutamente impossibile: che un uomo, crocefisso, possa ritornare vivo!
Per questo pone le condizioni: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi???..non crederò" (v.25). Fin qui la sua posizione è quanto mai ragionevole e consequenziale; in fin dei conti egli, apostolo, rivendicava anche per sé quel "privilegio" di cui i suoi compagni avevano goduto.

Così la seconda apparizione di Gesù, sempre nel giorno della domenica (della settimana successiva) e con le stesse modalità, pare proprio venire incontro alla richiesta di Tommaso; è Gesù stesso che riecheggia le parole e le condizioni poste, per credere, dal discepolo scettico. In questo ritroviamo un tratto tipico del Nazareno: saper entrare in dialogo profondo con ogni persona, saperla capire e accogliere per quella che è, andandole incontro fin là dove è possibile il dialogo vero.

Ora, è proprio questo che ha fatto scattare la molla nel discepolo "incredulo": di fronte alla sconfinata condiscendenza e comprensione di Gesù, egli capisce che non aveva senso pretendere di porre delle condizioni e addirittura stabilire le modalità del riconoscimento; probabilmente avrà anche provato vergogna per la sua meschinità di fronte alla incredibile magnanimità di Gesù!


E così, di colpo, senza più aver bisogno di "constatare" personalmente e sensibilmente alcunché, arriva a pronunciare la più alta, profonda e solenne professione di fede del vangelo, connotata oltretutto da una sfumatura di intimità personale: "Mio Signore e mio Dio!" (v.28).

Ancora una volta, come sempre negli episodi di apparizione, è solo ed esclusivamente l'iniziativa di Gesù che rende possibile, al di là di tutti i nostri calcoli e tentativi, l'incontro con Lui; non solo per i suoi contemporanei, ma in ogni tempo, come ci assicura Egli stesso:"Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno!" (v.29)

Ma allora Tommaso non può più essere considerato l'emblema dell'incredulità; semmai è il rappresentante di tutti coloro che, mossi da ostinata ricerca della Verità, pur conoscendo le inquietudini dell'esitazione e del dubbio, giungono a quella straordinaria esperienza che è l'incontro con il Vivente.

Per questo il quarto evangelista ha strettamente collegato l'episodio delle due apparizioni ai discepoli con la considerazione dei vv.30-31, che si riferisce a tutti quei "segni" compiuti da Gesù utili a credere che Egli è il Cristo.

L'esperienza storica, straordinaria ma non più ripetibile, di chi ha visto Gesù risorto, è consegnata alla Scrittura e questa ci è stata tramandata perché crediamo e, credendo, abbiamo la vita!
 
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15/04/2012 23:25
 
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padre Lino Pedron


Dopo la descrizione dei rapporti di Gesù con i giudei, il vangelo introduce il personaggio che ne è il rappresentante tipico: Nicodemo. Egli è un uomo ragguardevole che in seguito prenderà le difese di Gesù (cfr Gv 7,50ss) e darà onorata sepoltura al corpo di Cristo (cfr Gv 19,39ss).
L'incontro di Nicodemo con Gesù avviene di notte, forse per timore dei giudei, forse perché i rabbini studiavano la Legge nelle ore notturne. Ma più probabilmente il cenno alla notte vuole alludere alle tenebre dell'incredulità di Nicodemo. Al contrario, il dialogo di Gesù con la samaritana avviene nell'ora sesta (Gv 4,6), in pieno meriggio, nell'ora in cui il sole sfolgora maggiormente. Nel vangelo di Giovanni le indicazioni cronologiche possono avere un significato teologico.
Per scoprire il mistero di Gesù e aderire alla sua persona è necessario essere generati nuovamente dall'alto. L'avverbio ànothen è intenzionalmente ambiguo. Il dialogo con Nicodemo si sviluppa su questo equivoco: nascere di nuovo dalla madre e nascere dall'alto, da Dio.
"Vedere il regno di Dio" ed "entrare nel regno di Dio" nel vangelo di Giovanni sono espressioni che significano sperimentare la presenza salvifica di Gesù, entrare in comunione vitale con la sua persona, riconoscerlo nella fede come Messia e Figlio di Dio.
Gesù spiega a Nicodemo che la vita nuova non è una seconda nascita dalla madre, ma una nascita dallo Spirito. Questa persona divina, suscitando nel cuore la fede profonda ed esistenziale nel Figlio incarnato, trasforma le creature umane in figli di Dio (cfr Gv 1,12-13). La carne, ossia la natura umana nella sua fragilità e caducità, può generare solo esseri carnali. Lo Spirito Santo invece genera degli esseri spirituali, che sono i figli di Dio.
La fede esistenziale in Gesù, Figlio di Dio, è il prodotto dell'azione dello Spirito. L'esempio del vento, che per gli antichi rappresentava un autentico mistero, serve come illustrazione del tema della necessità della rinascita dallo Spirito.
Anche in natura esistono misteri che superano la mente umana; non deve meravigliare che esistano dei misteri nell'agire di Dio. Il frutto dello Spirito sorpassa tutte le capacità della natura umana. I figli di Dio trascendono la carne, quanto lo Spirito supera le leggi della natura.
 
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17/04/2012 07:41
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto

Nel Prologo del suo Vangelo, l'Apostolo Giovanni ha già fatto la differenza tra Gesù, Giovanni il Battista, Mosè: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (Gv 1,1-18). Giovanni il Battista non è la luce. Mosè non è la conoscenza perfetta di Dio. È solo la Legge. Gesù è la grazia e la verità. È il solo vero Rivelatore del Padre, il solo vero Testimone della sua essenza divina. Il solo vero Datore della Parola nella sua pienezza. Il solo, l'unico attuatore e realizzatore di ogni promessa fatta da Dio ai Padri per tutto l'arco dell'Antico testamento.

Gesù è il solo vero che possiede la conoscenza, la scienza, la dottrina, la volontà del Padre, perché Lui è nel seno del Padre, viene dal seno del Padre, il seno del Padre è la sua casa eterna. Lui è il solo testimone credibile, perché non solo vede e conosce secondo pienezza di verità tutto il Padre, ma anche vive con il Padre nell'unica sostanza o natura divina. Tra un padre e un figlio della terra, la conoscenza è solo esteriore, per visione esterna, per comunione di due vite e di due sostanze, di due persone e di due storie, anche se la persona dell'uno è dalla persona dell'altro. Nulla di tutto questo tra Padre e Figlio. Il Figlio è eternamente nel Padre e il Padre eternamente nel Figlio. Questa conoscenza è perfettissima. Il Figlio conosce in pienezza il Padre, il Padre conosce in pienezza il Figlio. La stessa conoscenza che è il Padre ha di se stesso, la stessa conoscenza è nel Figlio. E così dicasi anche per la conoscenza tra il Figlio e il Padre. Noi invece neanche conosciamo noi stessi. Il peccato ha oscurato tutto di noi: mente, cuore, sentimenti, desideri, aspirazioni. Anche quando noi rendiamo testimonianza, questa è assai fallace. Il nostro ricordo è sempre sbiadito. Cristo invece testimonia ciò che vede in questo istante del Padre. Vede e dice. Vede e racconta. Vede e annunzia. Vede e riferisce. La sua è la sola vera testimonianza.


Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.
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18/04/2012 08:10
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 3,16-21

1) Preghiera

O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio
hai ristabilito l'uomo nella dignità perduta
e gli hai dato la speranza della risurrezione,
fa' che accogliamo e viviamo nell'amore
il mistero celebrato ogni anno nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".


3) Riflessione

? Il vangelo di Giovanni è come un tessuto fatto di tre fili diversi, ma simili. I tre si combinano così bene tra di loro che, a volte, non si riesce a capire quando si passa da un filo all'altro. (a) Il primo filo sono i fatti e le parole di Gesù degli anni trenta, conservati dalle testimonianze oculari che guardavano le cose che Gesù fece ed insegnò. (b) Il secondo filo sono i fatti della vita delle comunità. Per la loro fede in Gesù e convinte della sua presenza in mezzo a loro, le comunità illuminavano il loro cammino con le parole e i gesti di Gesù. Questo ha un'incidenza sulla descrizione dei fatti. Per esempio, il conflitto delle comunità con i farisei della fine del primo secolo segna il modo di descrivere i conflitti di Gesù con i farisei. (c) Il terzo filo sono i commenti fatti dall'evangelista. In certi passaggi, è difficile percepire quando Gesù smette di parlare e l'evangelista comincia ad intrecciare i suoi commenti. Il testo del vangelo di oggi, per esempio, è una riflessione bella e profonda dell'evangelista sull'azione di Gesù. La gente quasi non percepisce la differenza tra il parlare di Gesù e quello dell'evangelista. Comunque, sia l'una che l'altra, sono parole di Dio.
? Giovanni 3,16: Dio amò il mondo. La parola mondo è una delle parole più frequenti nel vangelo di Giovanni: 78 volte! Ha vari significati. In primo luogo mondo può significare la terra, lo spazio abitato dagli esseri umani (Gv 11,9; 21,25) o anche l'universo creato (Gv 17,5.24). Mondo può anche significare le persone che abitano questa terra, tutta l'umanità (Gv 1,9; 3,16; 4,42; 6,14; 8,12). Può significare anche un gruppo grande, un gruppo numeroso di persone, come quando parliamo di "tutto il mondo" (Gv 12,19; 14,27). Qui, nel nostro testo la parola mondo ha anche il senso di umanità, tutto l'essere umano. Dio ama l'umanità in modo tale che dona il suo figlio unico. Chi accetta che Dio giunga fino a noi in Gesù, è già passato per la morte ed ha la vita eterna.
? Giovanni 3,17-19: Il vero senso del giudizio. L'immagine di Dio che appare nei tre versi è quella di un padre pieno di tenerezza e non di un giudice severo. Dio manda il suo figlio non per giudicare e condannare il mondo, ma affinché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in Gesù e lo accetta come rivelazione di Dio non è giudicato, perché già è accettato da Dio. E chi non crede in Gesù è già stato giudicato. Si esclude da sé. E l'evangelista ripete ciò che ha già detto nel prologo: molte persone non vogliono accettare Gesù, perché la sua luce rivela la cattiveria che esiste in loro (cf. Gv 1,5.10-11).
? Giovanni 3,20-21: Praticare la verità. In ogni essere umano, c'è un seme divino, un tratto del Creatore. Gesù, rivelazione del Padre, è una risposta a questo desiderio più profondo dell'essere umano. Chi vuole essere fedele a ciò che ha di più profondo in sé, accetta Gesù. E' difficile incontrare una visione ecumenica più vasta di quella che il vangelo di Giovanni esprime in questi versi.
? Completando il significato della parola mondo nel Quarto Vangelo. Altre volte, la parola mondo significa quella parte dell'umanità che si oppone a Gesù ed al suo messaggio. Lì la parola mondo assume il significato di "avversari" o "oppositori" (Gv 7,4.7; 8,23.26; 9,39; 12,25). Questo mondo contrario alla pratica di libertà di Gesù è comandato dall'Avversario o Satana, chiamato anche "principe di questo mondo" (Gv 14,30; 16,11). Rappresenta l'impero romano e, nello stesso tempo, i responsabili dei giudei che stanno cacciando i seguaci di Gesù dalle sinagoghe. Questo mondo perseguita ed uccide le comunità, recando tribolazioni ai fedeli (Gv 16,33). Gesù le libererà, vincendo il principe di questo mondo (Gv 12,31). Quindi, mondo significa una situazione di ingiustizia, di oppressione, che genera odio e persecuzione contro le comunità del Discepolo Amato. I persecutori sono quelle persone che hanno il potere, i dirigenti, sia dell'impero che della sinagoga. Infine, tutti coloro che praticano l'ingiustizia usando per questo il nome stesso di Dio (Gv 16,2). La speranza che il vangelo dà alle comunità perseguitate è che Gesù è più forte del mondo. Per questo dice: "Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33).


4) Per un confronto personale

? Dio amò tanto il mondo che dette il suo proprio figlio. Questa verità è penetrata nel profondo del mio cuore, della mia coscienza?
? La realtà più ecumenica che ci sia è la vita che Dio ci ha dato e per cui ha dato il suo proprio figlio. Come vivo l'ecumenismo nel quotidiano della mia esistenza?


5) Preghiera finale

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino. (Sal 33)
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18/04/2012 23:24
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 3,16

Gesù disse a Nicodemo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Gv 3,16

Come vivere questa parola?

Il dialogo fra Gesù e Nicodemo raggiunge un punto culminante: la rivelazione del Padre che per amore dell'uomo dà il suo Figlio per vincere il peccato e la morte e donare la vita eterna. La missione salvifica di Gesù è la più alta manifestazione di Dio-Amore.

Come per Nicodemo, la nostra scelta fondamentale diventa: accettare o rifiutale l'amore del Padre che si è fatto così vicino a noi in Gesù Cristo. Di qui la necessità di ascoltare e conoscere bene Gesù e il suo messaggio nei Vangeli per essere in grado di fare una scelta decisiva, veramente libera e responsabile.

Il Padre non condanna nessuno, cerca di illuminarci attraverso la vita, morte e risurrezione del Figlio, Gesù. Solo chi non crede in Gesù rischia, perché rifiuta consapevolmente la Verità. Invece, chi crede in Gesù, quindi in Dio, accoglie la sua testimonianza, si converte e inizia un cambiamento radicale di vita.

Nella mia pausa di contemplazione, oggi, mi metto alla scuola di Gesù, come Nicodemo: mi metto in ascolto del messaggio di ?nuova nascita'.

Signore Gesù, il mio quotidiano è un susseguirsi di luci e di tenebre. Infondi il tuo Spirito in me per illuminare con gioia e speranza gli eventi piccoli e grandi della mia esistenza. Gloria a te, O Cristo risorto!.

La voce di un guida spirituale

Occorre l'occhio della fede per leggere negli eventi miei e intorno a me questa presenza dello Spirito Santo che costruisce il mondo nuovo, la Gerusalemme celeste, che non è una città nel cielo separata da qui, ma una città che viene dal cielo, cioè dalla forza di Dio e trasforma tutti i rapporti di questa terra.
Cardinal Carlo Maria Martini
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20/04/2012 08:13
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!

Vera moltiplicazione prima dell'olio e poi dei pani è quella raccontata a proposito di Eliseo: "Una donna, una delle mogli dei figli dei profeti, gridò a Eliseo: «Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini». Eliseo le disse: «Che cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa». Quella rispose: «In casa la tua serva non ha altro che un orcio d'olio». Le disse: «Va' fuori a chiedere vasi da tutti i tuoi vicini: vasi vuoti, e non pochi! Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli. Versa olio in tutti quei vasi e i pieni mettili da parte». Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi le porgevano e lei versava. Quando i vasi furono pieni, disse a suo figlio: «Porgimi ancora un vaso». Le rispose: «Non ce ne sono più». L'olio cessò. Ella andò a riferire la cosa all'uomo di Dio, che le disse: «Va', vendi l'olio e paga il tuo debito; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà»" (2Re 4,1-7). "Da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all'uomo di Dio: venti pani d'orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: "Ne mangeranno e ne faranno avanzare"». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore" (2Re 4,42-44). Nella Scrittura Antica non vi sono altri casi di moltiplicazione per miracolo. Questi sono unici e soli. Chi però era uomo di Dio, formato nella conoscenza della Legge, dei Profeti e dei Salmi, sapeva che la moltiplicazione è possibile. Non è cosa impensabile ed inimmaginabile.

Siamo in una regione solitaria, distante dai centri abitati. Gesù coglie l'occasione per mettere alla prova Filippo e gli chiede: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". Si noti bene: Gesù parla di comprare. Filippo gli risponde che la folla è così numerosa che non sono sufficienti neanche duecento denari, perché ognuno abbia un solo pezzetto di pane. La sua risposta è chiara: non è possibile. Quando si guarda la storia, la risposta è sempre una: non è possibile, mai potrà essere possibile. Solo un sognatore potrebbe pensare una cosa del genere. Noi non siamo sognatori. Siamo persone reali, concrete, con i piedi per terra. Anche Gesù è persona concreta, reale, con i piedi per terra. Lui però è colmo di fede e di Spirito Santo. È pieno della potenza di Dio. Conosce il Padre e le opere del suo amore. Lui non sogna. Chi è pieno di fede mai sogna, eppure fa cose impossibili, impensabili, non umane.



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21/04/2012 08:18
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Giovanni 6,16-21

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo,
guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,
perché a tutti i credenti in Cristo
sia data la vera libertà e l'eredità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,16-21
Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao.
Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: "Sono io, non temete".
Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi racconta l'episodio della barca sul mare agitato. Gesù si trova sulla montagna e i discepoli nella barca. Nel modo di descrivere i fatti, Giovanni cerca di aiutare le comunità a scoprire il mistero che avvolge la persona di Gesù. Lo fa evocando testi dell'Antico Testamento che alludono all'esodo.
? All'epoca in cui Giovanni scrive, la barchetta delle comunità doveva affrontare un vento contrario sia da parte di alcuni giudei convertiti che volevano ridurre il mistero di Gesù a profezie e figure dell'Antico Testamento, sia da parte di alcuni pagani convertiti che pensavano che fosse possibile un'alleanza tra Gesù e l'impero.
? Giovanni 6,15: Gesù sulla montagna. Dinanzi alla moltiplicazione dei pani, la gente conclude che Gesù è il messia atteso, perché secondo la speranza della gente dell'epoca, il Messia avrebbe ripetuto il gesto di Mosè: alimentare la gente nel deserto. Per questo, secondo l'ideologia ufficiale, la moltitudine pensava che Gesù fosse il messia e, per questo, voleva fare di lui un re (cf. Gv 6,14-15). Questa richiesta della gente era una tentazione sia per Gesù che per i discepoli. Nel vangelo di Marco, Gesù obbliga i discepoli a imbarcarsi immediatamente e ad andare all'altro lato del lago (Mc 6,45). Voleva evitare che si contaminassero con l'ideologia dominante. Segno, questo, che il "fermento di Erode e dei farisei", era molto forte (cf. Mc 8,15). Gesù affronta la tentazione con la preghiera sulla montagna.
? Giovanni 6,16-18. La situazione dei discepoli. Era già di notte. I discepoli scesero verso il mare, salirono sulla barca e si diressero verso Cafarnao, all'altro lato del mare (del lago). Giovanni dice che era già buio e che Gesù non era ancora arrivato. Da un lato evoca l'esodo: attraversare il mare in mezzo a difficoltà. Dall'altro evoca la situazione delle comunità nell'impero romano: con i discepoli, vivevano nel buio, con il vento contrario ed il mare agitato e Gesù sembrava assente!
? Giovanni 6,19-20. Cambiamento della situazione. Gesù giunge camminando sul mare. I discepoli si spaventano. Come avviene nel racconto dei discepoli di Emmaus, loro non lo riconoscono (Lc 24,28). Gesù si avvicina e dice: "Sono io! Non temete!" Qui, di nuovo, chi conosce la storia dell'Antico Testamento, ricorda alcuni fatti molto importanti: (a) Ricorda che la moltitudine, protetta da Dio, attraversò senza paura il Mar Rosso. (b) Ricorda che Dio, nel chiamare Mosè, dichiara il suo nome dicendo: "Io sono!" (cf. Es 3,15). (c) Ricorda anche il libro di Isaia che presenta il ritorno dall'esilio come un nuovo esodo, in cui Dio appare ripetendo molte volte: "Io sono!" (cf. Is 42,8; 43,5.11-13; 44,6.25; 45,5-7).
? Per il popolo della Bibbia, il mare era il simbolo dell'abisso, del caos, del male (Ap 13,1). Nell'Esodo, il popolo compie la traversata verso la libertà affrontando e vincendo il mare. Dio divide il mare con il suo soffio e la moltitudine attraversa il mare sull'asciutto (Es 14,22). In altri passaggi la Bibbia mostra Dio che vince il mare (Gen 1,6-10; Sal 104,6-9; Pro 8,27). Vincere il mare significa imporgli i propri limiti ed impedire che inghiottisca tutta la terra con le sue onde. In questo passaggio Gesù rivela la sua divinità dominando e vincendo il mare, impedendo che la barca dei suoi discepoli sia trascinata dalle onde. Questo modo di evocare l'Antico Testamento, di usare la Bibbia, aiutava le comunità a percepire meglio la presenza di Dio in Gesù e nei fatti della vita. Non temete!
? Giovanni 6,22. Giunsero nel porto desiderato. Loro vogliono prendere Gesù nella barca, ma non fu necessario, perché la barca toccò la riva alla quale erano diretti. Giunsero al porto desiderato. Il Salmo dice: "Ridusse la tempesta alla calma, tacquero i flutti del mare. Si rallegrarono nel vedere la bonaccia ed egli li condusse al porto sospirato". (Sal 107,29-30)


4) Per un confronto personale

? Sulla montagna: Perché Gesù cerca di stare da solo per pregare dopo la moltiplicazione dei pani? Qual è il risultato della sua preghiera?
? E' possibile oggi camminare sulle acque del mare della vita? Come?


5) Preghiera finale

Esultate, giusti, nel Signore:
ai retti si addice la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate. (Sal 32)
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22/04/2012 09:03
 
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Gaetano Salvati
Solo l'Amore

"Il Signore fa prodigi per il suo fedele" (Sal 4,4). Il versetto del Salmo illustra bene ciò che il Risorto fà per i suoi discepoli: dona la forza per seguirlo (la fede) e la capacità di riconoscersi bisognosi del Suo amore (conversione). Sia la fede che la conversione, conducono l'uomo verso la vera vita, quella eterna. Per intraprendere un tale cammino, è opportuno rimanere in silenzio, e lasciare che il Signore entri nel nostro cuore: le Sue parole e i Suoi gesti aprono "la mente verso la comprensione" (Lc 24,45) del disegno di salvezza di Dio per noi. Tacere di fronte al dubbio, non significa che l'uomo rimane un semplice recettore passivo della grazia divina, oppure che non è capace dell'Altro; ma, denota che egli da solo non riesce a trovare una risposta di senso alla sua esistenza. Ecco allora che il Dio rivelato a pasqua si mostra dolcemente alla creatura quale Vivente nel Padre. San Luca organizza questo progressivo avvicinamento e riconoscimento del Signore risorto all'uomo, narrando la Sua apparizione ai discepoli. Questi, nonostante i preannunci della risurrezione del Salvatore (v.v. 30-31), e persino dopo che Egli è apparso loro risorto (v.v. 37), continuano a non capire (v.41). Quindi, il Maesto comincia a spiegare (togliere il velo) ai discepoli ogni cosa che si riferiva a Lui nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi (v.44). Ora, i discepoli intuiscono che la Scrittura trova compimento nella passione, morte e risurrezione di Gesù di Nazaret. Essi, infatti, leggendo gli indizi della risurrezione alla luce del progetto divino annunciato nelle Scritture, comprendono, e divengono testimoni, che la storia dell'uomo è unita con quella di Dio. In Cristo risorto, la storia umana diviene storia redenta, l'opportunità per l'uomo di risollevarsi dalle cadute (v.47), incontrare il Signore e non vagare nelle tenebre di una ricerca infruttuosa della verità.
Ma, a che punto sta la nostra comprensione e la nostra apertura ai doni pasquali?
San Giovanni, a riguardo, nella seconda lettura, ci dà un criterio di discernimento assoluto per fare il punto sulla nostra comprensione: "in Lui l'amore di Dio è veramente perfetto" (1Gv 2,5). Certamente, non bisogna ridurre questa perfezione al semplice aspetto morale. Il Redentore ama l'uomo, tanto da offrirsi come cibo a noi. Nella Sua carne, la creatura ha ritrovato la comunione con il Creatore: "toccatemi" (Lc 24,39), cioè offro la mia vita, il mio corpo per stare vicino all'uomo.
Dunque, solo l'Amore, concreto, da toccare, sincero, che fa la volontà del Padre, dà inizio al nostro itinerario di fede, e dà senso al nostro essere cristiani: qui ci parla il Risorto, e qui inizia il discepolato. Amen.
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23/04/2012 06:41
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato

Per interpretare gli eventi che sono posti in essere da Gesù Signore occorre la sapienza dello Spirito Santo, la sua saggezza ed intelligenza. La folla non possiede ancora lo Spirito del Signore. Ancora non è stato versato da Gesù nei cuori. Lui ancora non è stato glorificato. Senza la luce che viene dall'Alto, la folla dona un significato materiale alla moltiplicazione dei pani. Pensa che Gesù sia il Nuovo Mosè mandato da Dio per risolvere le molteplici urgenze, emergenze, necessità, impellenze che ruotano attorno al corpo dell'uomo, bisognoso di tante cose.
La sera precedente i discepoli erano partiti alla volta di Cafarnao. Gesù si era ritirato, solo, sul monte a pregare. Doveva combattere contro la tentazione che incombeva sopra di Lui. Il Padre, nello Spirito Santo, è la fonte della sua verità. Solo Lui e nessun altro. Dal Padre Gesù riceve la verità. Altri non sono abilitati a dargliela, né in cielo e né sulla terra. Quando uno sa da dove scaturisce la sua verità, può sempre recarsi alla fonte e attingerla a piene mani. L'uomo oggi ha smarrito questa fonte. Cerca la sua verità in delle cisterne screpolate, che non contengono nessuna acqua di salvezza.
La folla va alla ricerca di Gesù. Lo cerca però secondo la falsità che è nei loro cuori. Non lo cerca secondo la verità che è nel cuore di Gesù Signore. Gesù lo sa e lo dice: "Voi mi state cercando falsamente. Voi avete una errata comprensione del miracolo che ho fatto. Voi non siete passati dal materiale allo spirituale, dal segno alla verità contenuta nel segno. Vi siete saziati nel corpo. Volete che io continui a saziarvi ancora, ma sempre nel corpo". Loro devono cercare Gesù, ma non per un pane che perisce, che non dura. Lo devono cercare invece per il cibo che rimane per la vita eterna. Questo cibo solo il Figlio dell'uomo lo potrà dare loro. Lo potrà dare solo Lui perché solo su di Lui il Padre ha messo il suo sigillo. Il sigillo di Dio su Cristo Gesù è il marchio di verità divina. Gesù è dal Padre ed è venuto per compiere le opere del Padre.
La folla sembra volersi aprire alla fede: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio!". Gesù non tergiversa, non tentenna, risponde con somma certezza: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". Se voi volete fare l'opera di Dio, essa è una sola: che abbiate fede in me. Io vi parlo e voi mi ascoltate. Io vi dico cosa fare e voi lo fate. Io vi comando e voi obbedite. Io vi rivelo la verità e voi l'accogliere nel vostro cuore. Sono io il tramite, il mediatore tra Dio e voi e nessun altro. Se volete fare l'opera di Dio, lasciate tutte le parole di Dio finora ascoltate e convergete solo sulla mia. Essa è oggi la Parola della vostra vita eterna. L'opera di Dio passa tutta per la mia Parola. Nella mia Parola è oggi l'opera di Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, aiutateci a credere in Gesù.
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24/04/2012 05:48
 
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padre Lino Pedron


I giudei pretendono di fondare la loro fede sull'esperienza di prodigi straordinari. Nella mentalità giudaica i segni sono visti nella linea delle opere e devono essere simili a quelli operati da Mosè quando liberò Israele dalla schiavitù dell'Egitto.
I galilei citano uno dei prodigi dell'esodo per indicare a Gesù in quale direzione deva operare i suoi segni per esigere la loro fede. Egli deve compiere un prodigio simile a quello della manna. Il testo più vicino alla citazione è il Sal 78,24: "Fece piovere loro la manna da mangiare e diede loro il pane del cielo".
Il cibo divino della rivelazione escatologica piena e perfetta non è dono di Mosè, ma è offerto dal Padre nel dono del suo Figlio. Questo pane dal cielo è chiamato veritiero perché contiene la verità, cioè la rivelazione definitiva della vita divina che si identifica con la persona di Gesù. Questo pane dal cielo è dunque una persona: è Gesù che dà la vita al mondo. Tutti gli uomini possono trovare vita e salvezza nel Figlio di Dio.
La replica finale dei giudei (v. 34) sembra piena di fede. In realtà non credono affatto in Gesù e intendono il pane dal cielo come alimento terreno; non hanno afferrato per nulla il senso della rivelazione del Verbo incarnato nella sua persona divina. Appena il Maestro chiarirà ulteriormente il suo pensiero, proclamandosi come il pane della vita disceso dal cielo (vv. 36 ss), i giudei manifesteranno la loro incredulità (Gv 6,41-42).
Gesù chiarisce il suo pensiero dichiarando esplicitamente di essere il pane di Dio, fonte della vita. Ora non ci sono più equivoci: il pane di Dio, disceso dal cielo per dare la vita all'umanità, è Gesù.
La frase: "Io sono il pane della vita" confrontata con "Io sono? la verità e la vita" (Gv 14,6) ci fa comprendere che il pane dal cielo è la parola, la rivelazione di Gesù, ossia la verità. Gesù è la verità della vita eterna, manifesta e comunica la vita di Dio.
Il Verbo incarnato è l'unica persona che può spegnere la fame e la sete di vita e di salvezza. Per questo motivo esorta tutti ad andare da lui per appagare il bisogno di felicità (Gv 7,37).
"Chi viene a me" e "Chi crede in me" sono espressioni dell'unico atteggiamento di fede. La fede è l'orientamento della vita verso la persona di Gesù.
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25/04/2012 07:39
 
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Eremo San Biagio
Commento su Marco 16,15

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»
Mc 16,15

Come vivere questa Parola?

Nella gloria della sua resurrezione, Gesù appare agli undici apostoli (Giuda se n'era andato nella notte del tradimento) e ancora una volta si rivela interessato alla nostra salvezza: quella che coincide col lieto annuncio del vangelo non solo a tutti gli uomini ma a ogni creatura, cioè al cosmo intero.

Credo che proprio in questo tempo pasquale in cui il risveglio della natura coincide col canto dell'Alleluia, valga la pena di soffermarci sul significato profondo delle parole. Che cosa significa predicare il vangelo a ogni creatura? Già l'invito di Gesù sarebbe universalizzante se avesse detto: predicate il vangelo a tutti gli uomini.. Invece no, dice "a ogni creatura". Bellissima questa totale immersione di ogni realtà creata nella vita rinnovata dal mistero di Colui che, risorgendo, ha vinto la morte. È un pressante invito a vivere lo stupore oltre che l'uso della natura che ci circonda. È un invito a promuoverla, a proteggerla, a evitare ogni sfruttamento abusivo ed egoistico.

Annunciare il vangelo vuol dire rendere consapevoli tutti e tutto che siamo amati; che chi ci ha creati ci ha anche salvati, che abbiamo un destino di gloria per sempre. Si, a ogni creatura è annunciata la salvezza: anzitutto a te che sei uomo, donna, anziano, bambino, ma poi anche al cane, al gatto, alla pecora, all'uccello, agli alberi e al fiore e all'erba.

Signore, vivo con gioia la consapevolezza di essere una tua creatura evangelizzata e ti chiedo di evangelizzare quello che vive dando amore e gioia.

La voce della Chiesa

«Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch'essi attivamente partecipino all'opera salvifica della Chiesa».
Lumen gentium
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26/04/2012 06:42
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo

La conversione a Cristo Gesù è purissima grazia di Dio. È un dono del Padre al Figlio suo Gesù Cristo. Questa verità è così manifestata nel Vangelo secondo Giovanni: "Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo" (Gv 17,6-14). Nella nostra santa fede tutto è di Dio. Noi tutti siamo un dono che il Padre ha fatto al suo Figlio Unigenito.

Tutta la salvezza è opera del Signore, una stupenda meraviglia del suo amore. Così Isaia: "Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disonorata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza. Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d'Israele, è chiamato Dio di tutta la terra. Come una donna abbandonata e con l'animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? - dice il tuo Dio. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia. Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata, ecco io pongo sullo stibio le tue pietre e sugli zaffìri pongo le tue fondamenta. Farò di rubini la tua merlatura, le tue porte saranno di berilli, tutta la tua cinta sarà di pietre preziose. Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, grande sarà la prosperità dei tuoi figli; sarai fondata sulla giustizia" (Is 54,3-13). Il dono da solo però non basta. Esso va accolto, vissuto. Con esso urge diventare una cosa sola, una sola vita per la fede.

Oggi il Padre ci dona Cristo Gesù come dono. Ce lo offre in una maniera particolare, unica, mai data prima. Ce lo offre come pane vivo da mangiare. Non però spiritualmente, bensì fisicamente, realmente, corporalmente. Ce lo offre sotto carne da consumare, sotto sangue da bere. Vera carne, vero corpo, vero sangue. Non si tratta di simbolismo, immagine, figura. La carne è data nella sua più pura verità. È questo il grande mistero che Gesù annunzia oggi ai Giudei. Da questa fede è la loro salvezza.
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27/04/2012 08:28
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio onnipotente,
che ci hai dato la grazia di conoscere
il lieto annunzio della risurrezione
fa' che risorgiamo a nuova vita
per la forza del tuo Spirito di amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,52-59
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?"
Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.


3) Riflessione

Stiamo giungendo quasi alla fine del Discorso del Pane di Vita. Qui comincia la parte più polemica. I giudei si chiudono in se stessi e cominciano a discutere sulle affermazioni di Gesù.
Giovanni 6,52-55: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale. I giudei reagiscono: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" Era vicina la festa di Pasqua. Dopo pochi giorni, tutti avrebbero mangiato la carne dell'agnello pasquale nella celebrazione della notte di pasqua. Loro non capiscono le parole di Gesù, perché le prendono letteralmente. Ma Gesù non diminuisce le esigenze, non ritira nulla di ciò che ha detto ed insiste: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate le carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed il lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui". (a) Mangiare la carne di Gesù significa accettare Gesù come il nuovo Agnello Pasquale, il cui sangue ci libera dalla schiavitù. La legge dell'Antico Testamento, per rispetto verso la vita, proibiva di mangiare il sangue (Dt 12,16.23; At 15.29). Sangue era il segno della vita. (b) Bere il sangue di Gesù significa assimilare lo stesso modo di vivere che ha marcato la vita di Gesù. Ciò che dà vita non è celebrare la manna del passato, ma mangiare questo nuovo pane che è Gesù, la sua carne ed il suo sangue. Partecipando alla Cena Eucaristica, assimiliamo la sua vita, la sua donazione, il dono di sé. "Se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita". Devono accettare Gesù come messia crocifisso, il cui sangue sarà sparso.
Giovanni 6,56-58: Colui che mangia di me, vivrà per me. Le ultime frasi del Discorso del Pane di Vita sono di una grande profondità e cercano di riassumere tutto quanto è stato detto. Evocano la dimensione mistica che avvolge la partecipazione all'eucaristia. Esprimono ciò che Paolo dice nella lettera ai Galati: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). E ciò che dice l'Apocalisse di Giovanni: "Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20). E Giovanni stesso nel Vangelo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). E termina con la promessa della vita che marca la differenza con l'antico esodo: "Questo è il pane disceso dal cielo. Non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno."
Giovanni 6,59: Termina il discorso nella sinagoga. Fin qui la conversazione tra Gesù e la gente ed i giudei nella sinagoga di Cafarnao. Come è stato detto prima, il Discorso del Pane di Vita ci offre un'immagine di come era la catechesi in quel tempo della fine del primo secolo nelle comunità cristiane dell'Asia Minore. Le domande della gente e dei giudei rispecchiano le difficoltà dei membri delle comunità. E la risposta di Gesù rappresenta i chiarimenti per aiutarli a superare le difficoltà, per approfondire la loro fede e vivere più intensamente l'eucaristia che era celebrata soprattutto nella notte tra sabato e domenica, il Giorno del Signore.


4) Per un confronto personale

A partire dal Discorso del Pane di Vita, la celebrazione dell'Eucaristia riceve una luce molto forte ed un enorme approfondimento. Qual è la luce che sto vedendo e che mi aiuta a fare un passo?
? Mangiare la carne e il sangue di Gesù, è il comandamento che lui ci lascia. Come vivo l'eucaristia nella mia vita? Anche se non posso andare a messa tutti i giorni o tutte le domeniche, la mia vita deve essere eucaristia. Come cerco di raggiungere questo obiettivo?


5) Preghiera finale

Lodate il Signore, popoli tutti,
voi tutte, nazioni, dategli gloria.
Forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura in eterno. (Sal 116)
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28/04/2012 07:48
 
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Messa Meditazione
Signore, da chi andremo?

Lettura
Il testo si apre, parlando della resistenza di «molti dei suoi discepoli» al discorso, ritenuto «duro», fatto dal Maestro (v. 60). Gesù, nei vv. 60-63, dapprima, accenna all'ascesa della croce, che può essere capita solo con la fede e, dopo, parla dello Spirito «che dà la vita»; accenna pure alle sue parole dette ai discepoli: queste donano il respiro di Dio e aprono alla vita divina. Successivamente, denuncia l'incredulità di alcuni discepoli, da lui conosciuta, e ribadisce che credere al Figlio è dono del Padre (vv. 64-65). «Molti dei suoi discepoli» trovano dure le sue parole e si tirano indietro da lui (v. 66). Gesù si rivolge, poi, ai Dodici, distinti dagli altri discepoli, e li provoca a riconoscerlo come «il Santo di Dio», che ha «parole di vita eterna» (vv. 67-69).

Meditazione
L'esperienza insegna che non è gratificante essere un oratore o un insegnante di successo che, a un certo punto, perde il favore del pubblico e vede allontanarsi tutti, anche i seguaci più vicini. In caso di difficoltà, comprensibilmente, ciascuno si metterebbe all'opera per non perdere il proprio seguito. In politica, ad esempio, per riguadagnare il consenso, si è disposti a cambiare frequentemente, e talvolta radicalmente, il proprio programma.
La domanda rivolta da Gesù agli apostoli non segue certamente questa logica. Gesù, infatti, vedendo che molti dei discepoli lo hanno abbandonato, chiede ai Dodici se pure loro vogliono abbandonarlo. In tal modo, Gesù provoca questi a riconoscere la loro eventuale crisi, per risolverla. Il Maestro interroga ed esorta i Dodici, e anche i lettori di oggi, a riflettere sulla loro fede, ponendoli di fronte a una decisione radicale da prendere. Gli apostoli sono liberi di andarsene, invece rimangono.
Simon Pietro, a nome dei Dodici, dà la risposta decisiva alla domanda di Gesù e spiega, con l'adesione di fede e di amore, la motivazione della loro decisione di rimanere: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (vv. 68-69). Andarsene via da Gesù, lasciare il Maestro, vorrebbe dire separarsi dal solo che può indicare loro la via, da colui che hanno amato e conosciuto, perché li ha amati per primo e, nel cammino della loro vita, li ha chiamati, con una parola calda ed efficace, a seguirlo.

Preghiera:
Signore Gesù, «Santo di Dio», dove andremmo senza di te? Concedi a noi un amore ardente per te, che ci faccia credere in te, ci faccia accogliere le tue parole "dure" e non ci faccia mai separare da te.

Agire:
Oggi, pensando alle parole di Pietro rinnoverò spesso la mia adesione fedele al Signore.

Commento a cura di don Nunzio Capizzi
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29/04/2012 09:14
 
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don Marco Pozza
E' la tua voce: il cuore sta per impazzire

Nato tra i pastori di Betlemme, da grande Gesù corre verso l'acqua e i pescatori. I pastori sono allevatori, i pascoli all'aria aperta sono la loro stanza abitata da fuochi, stelle e predatori. Ascoltano per migliaia di notti la litania fumante dalla gola di bronzo del leone. Il pastore sa mettersi nel cuore del leone per conoscere la debolezza che nasconde, le sue orecchie contengono, trattengono. Così un tempo era l'organo dell'udito, prensile di parole, avido d'ascolto, l'organo di più alta fedeltà. I pastori migliori sconfinano verso il deserto, ne tentano i bordi, sentono la pioggia a molte miglia, fiutano l'odore della terra risvegliata. E' compito del pastore conoscere il numero delle pecore e delle pecore riconoscerne la voce. In terra d'Israele puoi anche essere pescatore, ma non puoi scrollarti di dosso l'irrinunciabile, inseparabile, inconfondibile odore del gregge.
"Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati" (liturgia della IV^ domenica di Pasqua) Sentilo! Assoluto, esigente, di un'arditezza quasi blasfema e irriverente questo Gesù. D'altronde era un uomo libero, di una libertà totale. Scendeva nelle strade, nelle piazze, nelle sinagoghe, nel Tempio, nelle case private, incrociava sguardi di prostitute e di briganti, di benestanti e di folli. Non sapeva cosa fossero i complessi! Per questo metteva alle strette, sbaragliava tutto e andava al sodo, se ne infischiava dei formalismi e delle convenzioni sociali. Non guardava in faccia a nessuno, ma parlava con autorità, mosso da estrema libertà. "Le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce". In ogni occasione la voce del pastore garantisce ad ogni pecora del gregge la via per superare la prova. Rapporto di casta intimità ("entra per la porta"), sguardi intrecciati al singolare ("ad una ad una"), messaggi personalizzati ("le chiama per nome"), liriche scritte a quattro mani. Quella voce avrebbe accompagnato il popolo come una colonna di fumo che tratteggia la via, come un mare che si apre alla salvezza, come un tempio che custodisce preghiere. Dai pastori ai pescatori.
Nato pescatore, probabilmente Pietro non era tanto diverso da me, forse nemmeno da te. Impulsivo, testardo, apparentemente sicuro di sé, pieno di amore a parole per Gesù, ma sotto sotto un insicuro, con la paura di essere sommerso dalle onde e pronto a tradire se la testimonianza gli costava troppo. Guardalo oggi, in piedi a gridare il suo credo. Sbagliando, ha imparato: "sulla tua parola getto la mia vita". Sbagliando, ti capisci! Se uno mi chiedesse: "Descriviti!", con il sorriso ti direi che sono un buono a nulla. Un buono a nulla, ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona in Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno. Un ragazzo mi dice: "Copiando gli altri diventerò qualcuno anch'io". Che menzogna: hai copiato, hai copiato e sei scoppiato. Ma non hai imparato la lezione. Continui a copiare, copiare, copiare e ti senti una "patacca". "Perché vivere?" - mi chiedi. Sbagli! Per Chi vivere. E' molto meglio! Se vivi per qualcosa hai sempre lo sguardo che s'aggancia con il tuo ombelico, guardi sempre e solo a te. Se vivi per Qualcuno esci da te, rischi la novità, percorri sentieri di novità, che profumano di grandezza. Se poi quel Qualcuno ha la lettera maiuscola, allora: in bocca al lupo! Perché quel Qualcuno ti fa uscire dal branco, richiede coraggio per camminare da soli, per camminare contro tutti, per incontrare, incontrare, incontrare. Certo, ci vuole follia, fantasia e...tanta fiducia. Pensa: Pietro e i suoi soci hanno lavorato tutta la notte, ma invano. Non hanno preso neanche un pesce. Gesù dice loro: "gettate la rete dalla parte destra della barca". Pietro fece notare a Gesù che non aveva voglia di risalire sulla barca, andare al largo, con il sole a picco sul mare per non prendere niente. Era anche stanco. Tuttavia rispose con fermezza: "sulla tua parola getterò la rete". In altre parole Pietro disse: "secondo me tu sbagli, non c'è pesce ma io vado contro la mia ragione, mi fido di te. Sulla tua parola getto la mia vita".
Correva l'anno 1951. Giorgio La Pira fu eletto per la prima volta sindaco di Firenze. Subito domandò a ventun monasteri di clausura di pregare quotidianamente per il comune di Firenze. I monasteri aderirono volentieri. Nel discorso di insediamento disse: "Abbiamo ventun comunità puntate verso il cielo". Ogni mattina si fermava a lungo a pregare prima di andare in municipio dove tante persone lo aspettavano con i loro problemi. Ripeteva: "Come potrei stare con questo popolo nel nome di Dio, se non stessi in preghiera con Dio?".
A sogno alto, vita alta; a sogno basso, vita meschina.
Eppure nessuno può scegliere la vita al posto nostro.
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30/04/2012 08:49
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza

Quando il Siracide parla del consiglio da chiedere, mette in evidenza una grande verità. Dove c'è interesse personale, lì mai vi potrà essere un buon consiglio: "Ogni consigliere esalta il consiglio che dà, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio. Guàrdati da chi vuole darti consiglio e prima infórmati quali siano le sue necessità: egli infatti darà consigli a suo vantaggio; perché non abbia a gettare un laccio su di te e ti dica: «La tua via è buona», ma poi si tenga in disparte per vedere quel che ti succede. Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco e nascondi le tue intenzioni a quanti ti invidiano. Non consigliarti con una donna sulla sua rivale e con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio e con un compratore sulla vendita, con un invidioso sulla riconoscenza e con uno spietato sulla bontà di cuore, con un pigro su una iniziativa qualsiasi e con un salariato sul raccolto, con uno schiavo pigro su un lavoro importante. Non dipendere da costoro per nessun consiglio. Frequenta invece un uomo giusto, di cui sai che osserva i comandamenti e ha un animo simile al tuo, perché se tu cadi, egli saprà compatirti. Attieniti al consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti è più fedele. Infatti la coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Per tutte queste cose invoca l'Altissimo, perché guidi la tua via secondo verità" (Sir 37,7-15). Questa legge vale anche per il pastore. Anche il più piccolo, insignificante interesse personale, fa sì che il pastore diventi un mercenario, uno interessato più a se stesso che al gregge che gli è stato dato in custodia. Invece gregge e pastore devono essere una sola vita, un solo interesse, una sola verità, un solo amore, un solo presente, un solo futuro. La vita del buon pastore sono le pecore.

Gesù vive per le pecore. Nutre e disseta le sue pecore con il suo sudore quotidiano, il suo sacrificio, la sua rinunzia a vivere per se stesso e con un amore sino alla fine li sfama donando loro da mangiare la sua carne e li disseta offrendo loro da bere il suo sangue. Veramente Gesù è la vita delle sue pecore. Per essere buoni pastori, e non ladri e briganti, si deve essere in Cristo, con Cristo, per Cristo, da Cristo, mai senza di Lui. Ora Cristo non è nella sua Parola, nel suo Vangelo senza la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Cristo Gesù è nella Parola, nel Vangelo, nella grazia, nei sacramenti di cui depositaria è la Chiesa fondata su Pietro.

Chi si pone fuori della Chiesa fondata su Pietro, mai potrà nutrire il gregge alla maniera di Cristo Gesù. O le manca la grazia o la pienezza della verità. Pienezze di grazia e di verità sussistono solo nella Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Fuori di essa vi è carenza parziale, oppure totale di questo nutrimento di vita per le pecore. Che nutrimento si può dare alle pecore senza Eucaristia, senza dono dello Spirito Santo, senza la remissione sacramentale dei peccati? Quale verità si può dare alle pecore dove non vi è la garanzia che ciò che si dona è purissima verità di Gesù Signore? Si può essere ladri e briganti in tanti modi, anche lasciando morire le pecore di fame.
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