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PERLE PATRISTICHE

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2017 23:57
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26/02/2010 21:36
 
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Dal vangelo secondo Giovanni:
20,19-31
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato,
mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, per timore
dei Giudei,
venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse.
Pace a voi!
-------------------------------------------------

Dopo aver mostrato ai discepoli le stimmate, segni irrefutabili della sua
passione, il Signore ripeté per la seconda volta: "Pace a voi!" Poi aggiunse:
"Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". In altre parole: Vi mando con
il medesimo amore, con uguale autorità; vi invio per la medesima funzione e la
medesima dignità; vi rendo partecipi del mio onore e della mia missione. Proprio
quell'amore del Padre che mi ha fatto scendere nel mondo, quell'amore che lo
spinse a dare il suo unico Figlio, lo stesso amore adesso spinge me a inviarvi a
salvare gli uomini. L'autorità, la potenza conferitami dal Padre per scacciare i
demoni, guarire gli infermi, ridare la vita ai morti, insomma per comandare a
tutte le forze della natura, anzi, per rimettere i peccati, ciò che è ben più
grande, tutto questo io lo dò ugualmente a voi. A chiunque rimetterete i peccati
saranno rimessi.

Delego poi a voi anche le credenziali che il Padre mi aveva affidato. Mi creò
sacerdote, anzi sommo sacerdote-, mi inviò come apostolo e ambasciatore. Ora io
mando voi al mio posto come apostoli e ambasciatori. Così potrete dire con piena
verità: Noi fungiamo da ambasciatori di Cristo, come se Dio esortasse per mezzo
nostro. cf 2Cor 5,20.

"Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che
vi ho comandato", Mt 28,19-20. per tema che paghi della gloria conferita dal
battesimo e dalla fede, si approprino la salvezza senza curarsi di obbedire ai
precetti divini. Il beneficio della mia passione e della mia croce non deve
essere occasione d'inerzia, ma stimolare all'impegno e coinvolgere sul serio.
Eppure una missione così centrale non può essere trasmessa in modo efficace
senza che lo Spirito la accompagni investendola con la forza di Dio. Perciò:
"Ricevete lo Spirito Santo, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò
che io vi ho detto".ii cf Gv 14,26. 25

Poi il Signore terminò quelle parole aggiungendo un gesto nuovo: egli soffiò su
di essi. Che significa tale rito? La Sapienza eterna non fa nulla senza essere
motivata. Con quel segno visibile, ella manifestava la grazia invisibile dello
Spirito divino conferito in quell'istante ai discepoli. Così i sacramenti della
nuova Legge significano all'esterno quello che operano dentro: il battesimo,
lavando materialmente il corpo, produce l'interna abluzione dell'anima;
l'eucaristia, mentre nutre il corpo, innesta nell'anima un'energia divina.
Perciò quando Gesù, alitando sui discepoli, comunica loro lo Spirito Santo che
lo inabita, il suo respiro significa il dono interiore e la partecipazione a
questo medesimo Spirito.

In tale evento sì possono assaporare la bontà e la sapienza di Dio: la bontà
perché egli chiama i discepoli a condividere un compito tanto sublime; la
sapienza, perché nel farli partecipi della sua missione, dona loro anche il suo
Spirito. Quando Dio sceglie qualcuno perché eserciti una funzione, lo correda
delle doti necessarie alla piena attuazione di essa. Ricordiamo, ad esempio,
quando il Signore designò i settanta anziani per guidare il suo popolo,
alleviando così la carica di Mosè. Egli prese lo spirito che era sul patriarca e
lo infuse sui settanta anziani. Anche ora che si associa i discepoli nel lavoro
apostolico, comunica ad essi il suo Spirito; illuminati dal Soffio divino, essi
compiranno opere divine e diventeranno uomini di Dio.

Questo alitare del Signore sui discepoli raffigura con plasticità la dignità
nuova che la sua incarnazione ha conferito al nostro essere. Un tempo, allorché
Dio formò il corpo dell'uomo dalla polvere del suolo, egli soffiò nelle sue
narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Gn 2,7. Ancor oggi
Dio effonde il suo alito sull'uomo. Soffiandoci sopra, egli muta in Dio, per
così dire, quella polvere che aveva cambiato in creatura umana alitando su di
lei la prima volta. Il fango diventato un uomo, ora è elevato sino a Dio. chi ha
in sé lo Spirito di Dio è Dio, fino ad un certo punto.

Siamo perciò più debitori a colui che ci ha redenti che a colui che ci creò. Al
Creatore dobbiamo il nostro essere umano, mentre grazie al Redentore siamo
diventati partecipi della natura divina. Questo dono non è stato soltanto
conferito agli apostoli, ma a tutti i giusti nella persona degli apostoli,
giacché sta scritto: "Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli
appartiene". 2 Pt 1,4.


Dai "Discorsi" di Luigi di Granada.
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