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PERLE PATRISTICHE

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2017 23:57
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26/02/2010 21:35
 
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Finché sulla terra saremo circondati dalla carne che lotta contro lo
spirito e la cui sapienza è nemica di Dio e non può in alcun modo
sottostare alla legge di Dio (Rm 8,7), noi siamo nella tentazione.
Giobbe, inoltre, con queste parole ci ha insegnato che tutta la vita
dell`uomo su questa terra è tentazione: Forse che non è una
tentazione la vita dell`uomo sopra la terra? (Gb 7,1). Ciò medesimo
traspare dal salmo diciassettesimo: In te sarò liberato dalla
tentazione (Sal 17,30). Paolo stesso, d`altronde, nello scrivere ai
Corinti, dice: Non vi hanno assalito che tentazioni umane; ora Dio è
fedele e non permetterà che siate tentati oltre la vostra capacità,
ma con la tentazione vi procurerà anche la via di scampo, affinché
possiate sostenerla (1Cor 10,13); e ciò affermò non perché noi non
venissimo tentati, ma affinché Dio ci concedesse di non esser tentati
al di sopra delle nostre forze...
Chi ha mai potuto ritenere con conoscenza di causa che gli
uomini non abbiano tentazioni? Quando mai un uomo sarà così al sicuro
da non dover combattere per non peccare? Uno è povero? Ebbene, stia
attento a non rubare e profanare il nome di Dio (Pr 30,9). E` ricco?
Stia allora attento a non sentirsi troppo sicuro: egli, infatti,
può «divenire un gran mentitore» e affermare, insuperbendosi: «Chi mi
vede?». Neppure Paolo, ricco in ogni parola e in ogni scienza (1Cor
1,5), è immune dal pericolo di inorgoglirsene e di peccare; per
questo ha bisogno dello stimolo di Satana, che lo schiaffeggia per
non farlo inorgoglire (2Cor 1,5). Se qualcuno, avendo compreso il
bene, ha evitato il male, legga ciò che è scritto nel secondo libro
delle Cronache intorno ad Ezechia, del quale si narra come sia
incorso nella tracotanza del cuore (cf. 2Cr 32,25). Se poi qualcuno,
dal momento che non abbiamo molto parlato a proposito del povero, si
preoccupa poco, come se la tentazione, quando si è poveri, non si
avvertisse, sappia che l`insidiatore tende tranelli per sconfiggere
il povero e il bisognoso (cf. Sal 36,14), segnatamente in conformità
a quanto afferma Salomone, dicendo che il povero non sostiene la
minaccia (Pr 13,8). C`è forse bisogno di ricordare quanti, avendo
male amministrato le loro ricchezze materiali, si videro inflitta la
medesima pena, e nel medesimo luogo, del ricco del Vangelo? E quanti
furono, peraltro, coloro i quali, mal sopportando la povertà e
vivendo in maniera servile e dimessa, sconveniente ai santi,
decaddero dalla speranza delle cose celesti? Come neppure sono immuni
dal peccato coloro i quali si trovano in una condizione intermedia
fra la ricchezza e la povertà. Chi, poi, è sano e robusto
fisicamente, ritiene per questo di essere sano e robusto di fronte ad
ogni tentazione? E di chi altro, se non della persona sana e
vigorosa, è proprio il peccato con il quale viene violato il tempio
di Dio (1Cor 3,17)? Nessuno oserà soffermarsi esplicitamente su tale
brano, trattandosi di cose evidenti per tutti. D`altra parte, però,
qual è mai il malato che sia riuscito a sottrarsi alla tentazione di
distruggere il luogo sacro di Dio, trovandosi nell`ozio in quel
periodo di tempo, e non abbia assecondato almeno qualcuno dei
pensieri impuri? C`è forse bisogno di dire quante cose lo turbino
oltre a queste, se non procura di serbar puro il suo cuore, con ogni
sollecitudine? Molti, infatti, vinti dalle sofferenze e non essendo
in grado di sopportare virilmente le malattie, finirono quasi
coll`ammalarsi più con l`anima che col corpo. Altresì molti, per
scongiurare l`infamia, si vergognarono di sostenere generosamente il
nome di Cristo e precipitarono nella condanna eterna. Qualcuno, poi,
ritiene che per lui cesserà la tentazione, il giorno in cui egli avrà
conseguito gloria presso gli uomini. Per coloro i quali si
inorgogliscono, come se fosse un valore, della gloria ottenuta presso
molti, valgono le dure parole della Scrittura: «Ricevettero la
mercede dagli uomini», e le altre parole ancora più lampanti: Come
potete voi credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri e non
cercate la gloria che viene dall`unico Dio? (Gv 5,44)...
Non dobbiamo dunque pregare di non essere tentati (il che,
infatti, è impossibile), ma di non venire sopraffatti dalla
tentazione, ciò che capita, appunto, a coloro che ne sono posseduti e
vinti. Se in un passo diverso dall`orazione (domenicale) sta scritto,
con parole facilmente comprensibili: «Perché non entriate in
tentazione», dobbiamo così rivolgerci nella stessa orazione a Dio
Padre: «Non ci indurre in tentazione». Vale la pena vedere in che
senso si debba intendere che Dio induca in tentazione chi non prega o
chi non viene esaudito. Ripugnerebbe, infatti, ritenere che, se uno
vinto, entra nella tentazione, Dio lo abbia indotto in tentazione,
come se lo abbandonasse alla disfatta. Non è assurdo, infatti,
convincersi che il buon Dio, il quale non può recare frutti cattivi,
possa far cadere qualcuno nel peccato?...
Io credo, invece, che Dio governi ogni anima razionale avendo
di mira la loro vita eterna. Le anime, infatti, da parte loro, sono
sempre dotate di libero arbitrio e perciò spontaneamente esse si
trovano nelle migliori condizioni, fino a salire all`apice del bene,
ovvero, a motivo della loro negligenza, esse discendono in vari modi
verso un sempre maggior numero di mali. Ciò nondimeno, dal momento
che una più breve guarigione suscita in talune persone la
trascuratezza delle loro malattie al punto che, avendole essi curate
così facilmente, in seguito, una volta risanati, cadono nuovamente
nelle medesime infermità; allora, non senza motivo, Iddio abbandona
queste anime alla loro malizia, lasciandovela crescere e diffondersi
fino a diventare insanabile, affinché queste, rimaste così a lungo
nel male e nel peccato sino alla nausea e alla sazietà, si rendano
alla fine conto del loro danno e rimpiangano di aver intrapreso il
male. In tal modo, queste anime, una volta guarite, potranno
conservare con maggior sicurezza la riacquistata sanità...
Le tentazioni sopravvengono affinché appaia chiaramente ciò
che siamo o perché si conoscano le cose nascoste nel nostro cuore: lo
dimostra quanto viene affermato dal Signore nel libro di Giobbe,
scritto altresì nel Deuteronomio, e che in tal modo suona: Ritieni
che io abbia risposto a te in maniera diversa da farti apparire
giusto? (Gb 40,3). Nel Deuteronomio, poi: Ti ha umiliato, ti ha fatto
provare la fame e ti ha fatto mangiare la manna (Dt 8,3), e ti ha
condotto nel deserto tra serpenti che mordono e scorpioni (Dt 8,15),
affinché diventassero note le cose che sono nel tuo cuore (Dt 8,2)...
Dopo aver diligentemente esaminato queste cose per chiedere
consapevolmente a Dio di non entrare in tentazione, ma di essere
liberati dal male e dopo avere scrutato noi stessi, una volta
divenuti degni, ascoltando Dio, di essere esauditi da lui,
scongiuriamolo affinché, nella tentazione, non rimaniamo mortificati,
colpiti e infuocati dai dardi incandescenti del maligno (Ef 6,16).
Vengono accesi, infatti, tutti coloro che hanno i cuori divenuti come
fornelli (Os 7,6) come dice uno dei dodici [profeti minori: n.d.t.];
diversamente accade, invece, per coloro i quali con lo scudo della
fede estinguono i dardi infuocati scagliati dal maligno (Ef 6,16)
contro di loro; coloro, cioè, che hanno in se stessi fiumi di acqua
che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14), che non permettono al
maligno di appiccare il fuoco, ma facilmente lo estinguono con un
diluvio di pensieri divini e salutari impressi dalla contemplazione
della verità nell`anima di chi si sforza di diventare spirituale.

Origene, La preghiera, 29,1-30,3

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