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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol.1)

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2010 09:53
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06/09/2010 15:34
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero: cioè Cristo in voi.

Come vivere questa Parola?
"Cristo in voi": un breve inciso che rischia di scivolare via senza scalfire, mentre è proprio qui il "segreto" di Dio, quel "mistero nascosto da secoli" che il Padre vuol far conoscere.
Indicibile realtà dell'inabitazione divina, sublime mistero della Chiesa, mistico Corpo di Cristo. Realtà che dovrebbero farci trasalire di gioia e trasfigurare l'intera esistenza.
Cristo vive in me, è più intimo a me di me stesso. L'unione con Lui non è una meta irrealizzabile o raggiungibile solo da pochi, ma un dono che precede il nostro stesso desiderio. A noi non resta altro che accoglierlo con umile riconoscenza e renderci a nostra volta presenti al Presente, cioè rientrare in noi stessi per sostare silenziosi e adoranti là dove Egli dimora. Inizialmente si tratterà di un sistematico rientro al cuore, scandito dai momenti di preghiera, poi un volgere rapidi e frequenti sguardi a Colui che vi risiede, e, infine, uno stabilirsi in Lui, un "vivere con", anzi un "vivere in" Cristo.
E tutto questo perché siamo membra del Corpo Mistico. È nella Chiesa che Cristo vive, e in essa si rende presente in ciascun suo membro. Non vi è quindi spazio per individualismi mistici: si conserva tutta la ricchezza della propria individualità, e unicità, ma di membro che acquista senso e consistenza solo nel suo relazionarsi alla totalità del Corpo. Amo la Chiesa perché amo Cristo e in essa realizzo il mio "essere in Lui".

Oggi, nel mio rientro al cuore, sosterò adorante ai piedi del Maestro e prenderò la risoluzione di vivere con maggior consapevolezza di questa amabile presenza.

Grazie, Signore, per il dono della tua presenza in me e in ciascuno dei miei fratelli, con cui ti prego di aiutarmi a vivere in comunione.
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08/09/2010 22:14
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Da te e' nato il Sole di giustizia, Cristo Dio nostro


Alla data della nostra nascita siamo soliti scambiarci gli auguri di buon compleanno. Dovremmo oggi farlo nei confronti della nostra Madre celeste, celebriamo infatti la sua natività. I Vangeli non parlano di questo lieto evento né ci rivelano i nomi dei genitori della Vergine; ci li rivelano invece i vangeli apocrifi. Per noi però la festa di oggi più che celebrare una data o una semplice ricorrenza, vuole ricordarci che la futura Madre del Signore è stata concepita senza ombra di peccato, preservata dal peccato originale, che tutti ci ha coinvolti. Vuole ancora dirci che è lei la donna che schiaccerà il capo al serpente, preannunciata sin dal principio, e ancora che quella fanciulla, nata da Gioacchino ed Anna, sarà poi la prescelta da Dio per diventare la Madre di Cristo. Maria viene così in modo prodigioso innestata nel mistero della redenzione di tutto il genere umano. In questa luce noi vediamo e celebriamo le feste della Vergine Maria. La nascita della fanciulla di Nazaret diventa quindi «la pienezza dei tempi», quando cioè i disegni di Dio trovano il loro compimento nella storia e i diversi protagonisti assumono i compiti previsti e preannunciati dallo stesso Signore. Così gli eventi umani si legano indissolubilmente ai disegni divini, così anche noi dovremmo impostare e vivere le nostra storia quotidiana per farla diventare storia sacra, la storia del Dio con noi. Potremmo così realizzare l'ideale principale della nostra esistenza quello di fare del nostro tempo, dei nostri eventi, una celebrazione di salvezza, un approdo alla meta finale, dove vivremo senza tempo, nell'eternità di Dio. Ci sgorghi una preghiera particolare in questo giorno: chiediamo alla Beata Vergine una particolare protezione per tutti coloro che si affacciano alla vita in questo giorno, per tutti i bimbi e le bimbe del mondo, spessi minacciati dalle cattiverie degli adulti.
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12/09/2010 12:41
 
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don Roberto Seregni
Il pastore innamorato


I farisei e gli scribi sono convinti di conoscere Dio, di custodirne la legge e il mistero.
Chi meglio di loro, giusti e scrupolosi, può conoscere la verità del Dio dei padri?
Chi meglio di loro si può fare interprete della Sua volontà che premia i giusti e punisce i peccatori, che da a ciascuno secondo il proprio merito?
E poi, un giorno, è arrivato Gesù di Nazareth che opera miracoli di sabato, che sta con le prostitute, che tocca i malati, che parla con le donne, che recluta discepoli tra i pescatori di Galilea e siede a mangiare con i pubblicani e i peccatori e che, soprattutto, afferma che questo - il Suo - è il vero stile di Dio.
I farisei e gli scribi mormorano davanti alla scelta di Gesù di cenare con i peccatori. Voglio però sottolineare che il dissenso non è tanto sulla cena in sé, quanto piuttosto sulla pretesa di Gesù che in quell'atteggiamento, in quella prossimità, in quella condivisione sia rivelato il vero volto di Dio. Un volto inedito, sorprendente, che sovverte i canoni teologici dell'autorità costituita. Da qui parte la mormorazione. Da qui nascono le tre parabole della misericordia che Luca incatena nel suo Vangelo. Ci fermiamo sulla prima, quella del pastore innamorato.
Mi affascina questa parabola di Gesù che ci racconta di un Dio che si mette sulle nostre tracce, che ci cerca, che ci vuole venire a scovare nei nostri nascondigli. E' un Dio appassionato che non si cura del gregge rimasto incustodito, che non si accontenta di aspettare un ritorno, che non delega la ricerca, ma che si mette in marcia per colmare il vuoto insopportabile delle distanze.
Ho conosciuto molte persone che si sono sentite scovate da Dio proprio nelle loro distanze e piccolezze; che quando mai se lo sarebbero aspettate, hanno avvertito la Sua presenza forte e consolante; che si sono sentire raggiunte dallo sguardo di Dio proprio quando nemmeno avevano più la forza di guardarsi allo specchio.
Quello che svela Gesù è l'abbraccio del pastore che ti rialza e ti riporta a casa. Ti risparmia persino la fatica del ritorno, si carica Lui del tuo peso, delle tue fatiche. La tua storia, tutta intera, è nelle sue braccia. Tu devi solo lasciarti afferrare, abbassare la guardia, permettere che il suo amore raggiunga le tue ferite e avere il coraggio della novità.

Animo, cari amici! Mentre tutti gli ingranaggi della vita delle nostre comunità ricominciano a mettersi in moto, custodiamo nel cuore la bellezza inaudita e sorprendente del Dio che il Rabbì di Nazareth ci ha svelato. Alleniamoci a testimoniare e a raccontare di questo pastore innamorato che si mette sulle nostre tracce, che fa di noi il suo tesoro più prezioso
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13/09/2010 15:58
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Il centurione romano è un pagano, ma quando cerca Gesù si presenta come una persona dotata di grandi virtù. Sorprende anche Gesù. È un uomo che sa comandare, dà ordini ai servi con molta decisione. Un uomo che ha un cuore grande, ama con vero affetto quelli che gli stanno vicino, come il servo ammalato, bisognoso di cure particolari.

Cerca tutti i mezzi possibili per la sua guarigione, ne ha parlato anche agli anziani dei Giudei, soffre terribilmente nel vedere il proprio servo nella tribolazione.

Oltre ad avere un cuore buono, è anche un uomo generoso, addirittura ha aiutato nella costruzione della sinagoga nella città. Per questo gli anziani dei Giudei nutrivano grande rispetto per lui.

Di lui ci colpisce soprattutto la sua umile fede. Si rivolge a Gesù con somma riverenza, una sottomissione sorprendente per un pagano. Non pretende la presenza di Gesù a casa sua, per questo manda i servi incontro per invitarlo a non disturbarsi. Aveva cercato in tutti i modi di avere l’aiuto da Gesù, ma non vuole infastidirlo.

Un atteggiamento strano a prima vista, ma c’è qualcos’altro: fa dire dai suoi servi a Gesù, che non c’è bisogno di scomodarsi andando a casa sua, gli basta comandare la malattia di lasciare il suo servo e sarebbe senz’altro guarito. Incredibile. Questo pagano ha mostrato una fede come mai Gesù aveva incontrato nella predicazione. Il centurione ha una fede cieca verso la sua Persona, è sicuro che Gesù può compiere qualsiasi miracolo, anche di comandare la malattia per lasciare il suo servo.

È una fede piena di umiltà, questa è la vera caratteristica del credente, ma lui è un pagano! La sua fede và oltre quella dei seguaci del Signore, tanto che Egli dice: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”.

È un elogio espresso con infinita gioia da Gesù, neanche tra gli Apostoli si era formata una  fede così sicura. La richiesta del centurione conteneva già la certezza che Gesù avrebbe guarito il suo servo: “Dì una parola e il mio servo sarà guarito”.

Era sicuro che la parola di Gesù proveniva da Dio, vedeva Dio nella Persona di Gesù pur essendo un pagano. E Gesù che vedeva dentro e vi leggeva tutto, nel cuore del pagano trovò un grande amore per Lui. Questo lo rallegrò più dell’accoglienza di migliaia di persone.

Quando Gesù legge nei nostri cuori, vi trova la stessa fede?

Se abbiamo interesse per la meditazione giornaliera e la lettura spirituale,  riusciremo a vivere gli insegnamenti di Gesù, che richiedono impegno giornaliero nella pratica delle virtù, rinnegamento verso ciò che si oppone al Vangelo, raccoglimento interiore.

Spesso le Grazie non si ottengono per mancanza di umiltà, per una fede vacillante.

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14/09/2010 09:39
 
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Paolo Curtaz

La croce non è da esaltare, la sofferenza non è mai gradita a Dio, toglietevela dalla testa, subito, quella tragica inclinazine all'autolesionismo che troppe volte crogiuola il critiano nel proprio dolore pensando che questo lo avvicini a Dio. Religione che rischia di fermarsi al venerdì santo la nostra, perché tutti abbiamo una sofferenza da condividere e ci piace l'idea che anche Dio la pensi come noi. No, lo ripeto alla nausea: la felicità cristiana è una tristezza superata, una croce abbandonata perché ormai inutile e questa croce vuota – oggi - viene esaltata. La croce non è il segno della sofferenza di Dio, ma del suo amore. La croce è epifania della serietà del suo bene per ciascuno di noi. Fino a questo punto ha voluto amarci, perché altro è usare dolci e consolanti parole, altro inchiodarle a tre chiodi sospeso fra cielo e terra. La croce è il paradosso finale di Dio, la sua ammisisone di sconfitta, la sua ammissione di arrendevolezza: poiché ci ama lo possiamo crocifiggere. Esaltare la croce significa esaltare l'amore, esaltare la croce significa spalancare il cuore all'adorazione allo stupore. Davvero innalzato sulla croce (Giovanni non usa mai la parola "crocifisso" ma "osteso" cioè mostrato) Gesù attira tutti a se. Davanti a Dio nudo, sfigurato, così irriconoscibile da necessitare di una didascalia sopra la sua testa, possiamo scegliere: cadere nella disposizione o ai piedi della croce. Dio – ormai – è appeso, abissalmente lontano dalla caricatura che ne facciamo egli è li, donato per sempre. Sì, amici, c'è di che celebrare, c'è di che esaltare, c'è di che esultare.

Appeso tra il cielo e la terra, in segno di perenne alleanza, hai amato i tuoi che erano nel mondo fino alla fine. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
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15/09/2010 22:02
 
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Paolo Curtaz


Ben ritrovati cari amici, spero abbiate passato un'estate di riposo e di vacanza e che abbiate trovato tempo e cuore per custodire la vostra fede. Ebbene sì, anche quest'anno mi è stato chiesto di accompagnarvi in quest'appuntamento quotidiano di ascolto della Parola. E così – volentieri –dall'alto delle mie montagne, vicino come sono al Paradiso, condivido con voi quella Parola del vangelo di oggi che, messa "prima di tutto" all'interno della giornata, ci scava il cuore, ci cambia la vita. Ieri abbiamo celebrato solennemente l'esaltazione della croce di Cristo La croce non è da esaltare, la sofferenza non è mai gradita a Dio; toglietevela dalla testa, da subito, quella tragica inclinazione all'autolesionismo che troppe volte crogiuola il cristiano nel proprio dolore pensando che questo lo avvicini a Dio. Religione che rischia di fermarsi al venerdì santo la nostra, perché tutti abbiamo una sofferenza da condividere e ci piace l'idea che anche Dio la pensi come noi. No, lo ripeto alla nausea: la felicità cristiana è una tristezza superata, una croce abbandonata perché ormai inutile e questa croce vuota – oggi - viene esaltata. La croce non è il segno della sofferenza di Dio, ma del suo amore. La croce è epifania della serietà del suo bene per ciascuno di noi. Fino a questo punto ha voluto amarci, perché altro è usare dolci e consolanti parole, altro inchiodarle a tre chiodi sospeso fra cielo e terra. E oggi, riprendendo la nostra trasmissione, ci viene proposto l'atteggiamento di Maria, discepola del Signore, irremovibile sotto la croce. Maria sta sotto la croce, incrollabile nella fede davanti alla morte di suo figlio. Tale sia oggi il nostro atteggiamento: irremovibile e saldo nella fede, malgrado i venti contrari, malgrado la stanchezza del lunedì, malgrado le difficoltà che possiamo custodire nel cuore. Buon anno pastorale a tutti voi, amici, che sia un anno in cui scopriamo il volto sorridente e consolante del Dio di Gesù manifestato nel paradosso della croce!

Come Maria, Signore, resto ai piedi della croce e contemplo l'inaudito mistero del tuo amore. Rendimi saldo nella fede di fronte alla difficoltà, come lo fu Maria tua e nostra madre, donami di fissare lo sguardo sul tuo amore per me.

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16/09/2010 08:41
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

La peccatrice pubblica conosciuta da tutti, disprezzata da alcuni ed ammirata da altri, di sicuro poco affidabile e bugiarda, ad un certo momento abbandona il suo mestiere e cerca quel Gesù che insegnava la dottrina del perdono e della misericordia di Dio.

Questo passaggio non è stato semplice né repentino, si tratta della trasformazione del suo essere, qualcosa che avviene solo con la Grazia di Dio. Ma la prostituta non meritava nulla, non aveva pregato, la sua vita immorale non era stato un buon esempio per la popolazione, poi per i giovani che la conoscevano era un grande scandalo.

Questa prostituta si era introdotta nella casa del fariseo durante il pranzo offerto a Gesù, come al solito oltre i commensali potevano assistere tutti quello che lo desideravano, e molti rimanevano a guardare durante il pranzo. Non mangiavano, si mettevano in disparte ed ascoltavano i discorsi, assistevano come davanti ai televisori di oggi.

La stessa presenza della prostituta già suscitava un mormorio e una sorpresa evidenti, tutti osservavano le sue mosse e la reazione di Gesù. Chiaramente il Signore conosceva le intenzioni della donna, e mentre i commensali si preoccupavano, la donna cominciò a piangere e a baciare i piedi di Gesù.

Vi versava un vaso di profumo e li asciugava con i suoi capelli, aveva un atteggiamento di vera adorazione verso Gesù, vedeva in Lui il suo Salvatore e non voleva smetterla di baciarli e cospargerli di profumo.

In questo gesto della donna c’è tutto il suo pentimento, il dolore per una vita condotta nella depravazione, la constatazione del suo fallimento, il rinnegamento di una esistenza inutile.

Le lacrime e il bacio dei piedi, manifestano un amore profondo verso Gesù, anche se è mossa dalla Grazia di Dio, lei è lì che striscia per terra e profuma i piedi del Signore. È passata dallo sfarzo alla polvere, dall’indifferenza all’adorazione di Dio. Questo cambiamento della donna è straordinario.

Anche i più grandi peccatori possono diventare Santi.

E mentre il padrone di casa giudica negativamente la donna, dagli altri viene derisa, Gesù emette il suo Giudizio, l’unico infallibile ed eterno: “I tuoi peccati sono perdonati”. Non possiamo immaginare la gioia della donna, la nuova vita che iniziava e il cuore che era stato rinnovato dallo Spirito Santo.

Il perdono che ha ricevuto è stato notevole, la spiegazione la dà Gesù: “Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato”. Ecco cosa produce l’amore, è un principio di attività che scarica all’esterno tutto ciò che ne proviene: carità, bontà, amicizia, onestà, verità.

Oggi c’è un’altra forma di prostituzione, ed è veramente malvagia, è quella intellettuale. La falsità e l’egoismo sono caratteristiche dolorose che agiscono quasi sempre nel nascondimento, e causano sofferenze indicibili in coloro che subiscono cattiverie.  

Come per la conversione della prostituta erano stati altri a pregare e ad offrire sacrifici, così noi dobbiamo pregare per quanti ci perseguitano ed agiscono nelle tenebre per danneggiarci.

Con l’amore vinceremo l’odio e la cattiveria.

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17/09/2010 08:55
 
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Quando Gesù si muoveva nelle vicinanze, oltre gli Apostoli c’erano diverse donne molto premurose che Lo seguivano, non solo per ascoltare gli insegnamenti del Maestro, andavano anche per sostenere con i loro beni la missione apostolica. D’altronde, erano benestanti, i loro familiari gioivano nel sapere che le mogli o le sorelle seguivano Gesù, Lui era stato l’artefice della conversione delle donne, quindi, della loro rinascita spirituale.

Un cattolico non può che gioire quando vede un familiare che rinasce moralmente. È il rapporto di sangue che prima causava dispiacere mentre dopo la sua conversione fa provare una grande gioia per la sua risurrezione.

Solo chi riflette sulla sua conversione ha una forza spirituale superiore agli altri cattolici, infatti vediamo le donne seguire con determinazione Gesù e rimanere addolorate sotto la Croce, quando tutti gli Apostoli erano fuggiti, tranne Giovanni. Gesù le premia apparendo prima alla Madre Immacolata e subito dopo alla Maddalena, la prostituta, la convertita che suscitava enorme scalpore. La forza che si sprigionava dalle donne convertite arrivava dalla Verità che avevano accolta nella vita, dalla Grazia di Dio che divinizza.

Le donne che seguivano Gesù erano felici e fedeli agli insegnamenti, non Lo abbandonavano nei momenti difficili, erano sempre premurose nel servire secondo le necessità materiali del gruppo apostolico. Il loro servizio era animato da una visione soprannaturale, la Fede le muoveva e non aspettavano nulla in cambio.

Alle donne bastava la misericordia di Gesù, il perdono ricevuto.

Dobbiamo riflettere sul servizio che prestavano quelle donne, soprattutto sulla presenza di Maddalena, la grande peccatrice che aveva ritrovata la dignità perduta e la nuova vita. La Maddalena era stata perdonata perché aveva molto amato Gesù, ma il suo non era un amore effimero, astratto o momentaneo, al contrario, era fortemente operativo.

Non fu perdonata solo perché aveva molto amato, non è sufficiente amare troppo per trovare il Paradiso, occorrono le opere. E Gesù nella Maddalena non vide solo l’amore sconfinato per Lui, trovò anche la piena disponibilità all’obbedienza, a fare quello che insegnava Gesù. Il suo era un amore produttivo, infatti subito abbandonò tutto e si mise al servizio di Gesù.

Oggi si diffonde la falsa teoria che basta amare Gesù per trovare misericordia ed anche il perdono, senza più ricorrere alla Confessione. È un inganno universale.

Questa forma di amore è un falso amore. Chi ama veramente si dona a Dio senza riserve, mentre chi vuole rimanere avvinghiato ai suoi piaceri e si illude di amare Gesù, sta solo perdendo tempo. L’amore vero è un servizio del cuore, una donazione, una testimonianza coerente verso l’amato.

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18/09/2010 09:44
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
"Ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico Sovrano, il Re dei regnanti e Signore dei signori."

Come vivere questa Parola?
Paolo, nell'indicare a Timoteo un vero cammino spirituale, arriva addirittura a "scongiurare" il suo destinatario di "conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento". Che cosa intende? Che cosa ritiene dunque di capitale importanza? Si tratta dell'insegnamento del Vangelo, sopratutto di quello che è da ritenersi il comando del Signore per eccellenza, il comando dell'amore. E' questa perseveranza nell'amare con tutto il cuore, l'anima, la mente, e le forze Dio, questa perseveranza nell'amarLo in ogni prossimo che permetterà poi di vivere le manifestazione piena di Gesù nella sua gloria. Così penetreremo nel mistero di Dio, per una conoscenza che per ora è solo allo stato iniziale, nella fede. L'attuazione piena di questa conoscenza avverrà alla Parusía (cf 1Cor. 13, 12). Per ora bisogna impegnarsi ad amare con cuore puro e irreprensibile nell'attesa di poter essere introdotti presso il "Signore dei signori che abita la Luce inaccessibile." "Non puoi vivere senza la Vita," dice S. Ireneo. E la vita proviene dal partecipare a Dio. Ma partecipare a Dio è conoscerlo e godere della sua bontà. C'è comunque una conoscenza che sarà la piena manifestazione del Signore nella vita eterna. Ma c'è già una conoscenza amorosa anche se parziale a cui perveniamo se viviamo una vita santa in Gesù Signore.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiedo allo Spirito di sentire in cuore quel "ti scongiuro" rivolto a Timoteo circa l'irreprensibilità della vita che è tale se m'impegno ad amare nell'esodo dal mio ego.

Signore Gesù, manifestazione dell'amore con cui sono amato, che io conosca Te per avere il coraggio di perdere quello che, in me, blocca lo slancio per una vita santa.
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19/09/2010 09:11
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

La parabola dell'amministratore disonesto, presenta diversi ammonimenti, che vogliono spiegare l’argomento principale della stessa parabola: l’uso del denaro.

È una parabola da decifrare bene, complicata da comprendere se si legge una sola volta e non si studia. I fedeli a Messa la domenica se non vengono guidati, non riescono a capire nulla. Perché ci sono diversi passaggi con un significato diverso da come appare. Per esempio, Gesù dice che il padrone loda l’amministratore malvagio, anche se gli aveva fatto una grande truffa.

L’amministratore disonesto è usato da Gesù nella parabola per mostrare la sua capacità di organizzarsi il futuro, la chiarezza nel programmare cosa fare quando il padrone gli toglierà l’amministrazione. Cerchiamo di commentare questa Parola.

L’amministratore era stato accusato dal padrone di essere disonesto, sperperava i beni affidatigli, quindi doveva rendere conto della sua amministrazione. A questo punto l’amministratore pensò di superare la difficoltà escogitando un piano malvagio, ma di sicuro conveniente per lui. Non era in grado di fare altri lavori, doveva prepararsi il futuro cercando alleanze.

Chiamò i debitori del padrone e fece un accordo che favoriva loro, praticamente se un debitore doveva dare 100 al padrone faceva scrivere 80 oppure la metà. In questo modo i debitori rimanevano obbligati con lui per avere fatto risparmiare molto denaro e nel futuro avrebbe trovato da loro aiuti e forse denaro. È un amministratore disonesto, ma scaltro, perspicace.  Gesù non loda l’amministratore per la truffa che compie nel poco tempo che gli rimane prima dell’intervento del padrone, mostra come è astuto. Addirittura si fa gli amici tra i debitori.

Gesù non loda la sua truffa, ma la sua astuzia, la capacità di non abbattersi nel momento difficile. Precisa il comportamento astuto dei malvagi: “I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”. E questo è proprio vero, i cattivi o quelli che non seguono Gesù hanno una capacità impressionante di organizzare truffe. Invece, i seguaci di Gesù sonnecchiano nel fare il bene, mancano di accortezza e non riescono ad organizzare il futuro, quasi non ci pensano e poi si ritrovano in difficoltà.

Gesù ci presenta questo amministratore capace di trovare la soluzione in poco tempo, ci mette impegno, non si lascia vincere dallo sconforto, è capace di prendere subito una decisione.

Questo figlio delle tenebre è riuscito a superare il fallimento prossimo della sua vita e come lui, oggi moltissimi si adoperano con la stessa astuzia, tenacia e decisione per truffare e sistemare serenamente il loro futuro. Ma è un inganno, perché il modo utilizzato è gravissimo, non potranno godere in futuro quel denaro derubato perché forse non ne avranno tempo e senza Confessione, quale perdono potranno ottenere da Gesù?

Quante persone si affannano e compiono sacrifici incredibili per raggiungere la ricchezza o trovare spazi negli ambienti mondani, o per acquistarsi credito presso le persone che contano. Quanto sciupio di energie e di tempo che sarà implacabile quando segnerà la fine. Dopo non ci sarà più tempo per tornare indietro e cercare il vero senso della vita.

Questo è il momento per deciderci seriamente per Gesù.

Chi cerca affannosamente gli idoli umani, perderà il tesoro divino.

In questa parabola Gesù ci dice di guardare la tenacia di questo amministratore, per combattere con tutte le nostre forze e così guadagnare la salvezza eterna. Come l’amministratore anche noi dobbiamo pensare al futuro, ma in senso opposto, spirituale, eterno.

Non dobbiamo affannarci per le cose del mondo, dei beni o del denaro come se fossero una divinità, il corretto affanno lo dobbiamo avere per pensare alla vitalità della nostra anima, della Grazia che ci deve sempre avvolgere.

Gesù ci chiama ad occuparci delle sue cose, con lo stesso impegno che gli altri hanno per le loro cose terrene. Dobbiamo essere più disponibili con Gesù, altrimenti Egli non potrà contare sulle nostre capacità, non ci inviterà a fare apostolato, vedendo la nostra indolenza, indifferenza, incoerenza. Tutti siamo chiamati a servire Gesù, aiutandolo nell’apostolato.

Sappiamo bene che i cristiani non sono coerenti, mentre i figli delle tenebre sono infallibilmente coerenti con la loro perversa mentalità. Questi ultimi non credono alla vita eterna, sono convinti che esiste solo questo mondo e nient’altro.

Se anche i cristiani agiscono come gli altri, non sono più cristiani, perché il vero seguace di Gesù si riconosce dalle opere. E non c’è nient’altro paragonabile all’apostolato, perché portiamo gli altri verso la salvezza eterna e diventiamo più grandi davanti Gesù, perché ogni nostra opera di evangelizzazione è ricompensata con Grazie continue.

Non possiamo servire Gesù e al tempo stesso l’opposto di Gesù.

Chi si lascia prendere dalla preoccupazione del denaro, lentamente ne diventa schiavo, si lascia guidare nelle scelte dal nuovo padrone, appunto il denaro. Invece il denaro è solamente un mezzo per vivere dignitosamente, non fatevi illudere da satana che presenta il denaro come l’essenza della felicità. Satana vi ispira sempre nuovi bisogni, vi spinge a comprare sempre nuove cose, non vi lascia in pace, vi martella fino a quando vince.

Ci sono cose necessarie che si devono comprare, tante altre non sono necessarie né convenienti per le tasche. Eppure, spinge così tanto fino a indurre all’acquisto. E i soldi non bastano mai, ci sono sempre cose da comprare, così satana ispira qualcos’altro, cioè, come fare per avere altri soldi. Spesso in modo disonesto.

Chiaramente le persone oneste non cadranno in questa trappola, altre però sì…

La fiducia in Gesù è la vera felicità.

Gesù non ci fa mancare nulla.

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20/09/2010 22:46
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Nessuno compra una lampada per chiuderla in una scatola nella cantina, la compra per utilizzarla, magari non subito, ma la utilizzerà per illuminare. Una lampada si mette in un posto dominante per diffondere luce fin dove è possibile. Una lampada che non illumina è un’anomalia. Non si può nascondere la lampada quando serve ad illuminare.

Al tempo di Gesù quando scendeva la sera si accendeva la lampada e si poneva in alto, emanava la luce necessaria per illuminare la casa, e tutti consideravano quella lampada indispensabile. Non ringraziavano la lampada, ma tutti avevano come un segno di gratitudine.

Quando viene a mancare la corrente elettrica e per necessità usiamo le candele o qualche lampada con le batterie, scopriamo la povertà dei nostri limiti e l’importanza delle candele o di qualche lampada ricaricabile. Alcuni rimangono tranquilli, altri perdono la pazienza perché non riescono a sopportare la privazione della luce, perché non vedono la televisione…

Sembra facile la spiegazione, ma Gesù non ci dice solo di essere luce per gli altri, di illuminare il cammino, ci invita soprattutto a realizzare la nostra santificazione e di conseguenza quella degli altri. Parlare di santificazione per molti è anacronistico, per altri è inopportuno in questa società così evoluta e galoppante nel progresso.

Forse Dio ci ha creati per sbaglio?

Oppure su ognuno di noi ha un disegno e desidera la salvezza eterna?

Gesù ci ha conosciuti prima ancora della nostra nascita, ci ama sempre, ci accoglie così come siamo ma ci invita a diventare migliori. E chi decide di compiere un serio cammino spirituale, entra nel cammino di santità, che significa questo: osserva la Legge di Dio ed ama il prossimo come se stesso. Chi ama sopra ogni cosa Dio e il prossimo con piena sincerità, sta compiendo il cammino di santificazione. Perché pratica le virtù e lotta i vizi.

Questo piacevole sforzo indica che quella persona è una lampada che emana luce soprannaturale, illumina i cuori degli altri, addirittura illumina il mondo. Perché è una luce spirituale piena di amore e l’amore si espande a velocità indefinibile. La luce del cristiano coerente è la stessa di Gesù, per questo il Signore in un altro passo dice: “Chi crede in me, compirà le opere che Io compio e ne farà di più grandi” (Gv 14,12).

Fare opere più grandi è impossibile, ma Lui le faceva come Dio, noi siamo umani, quindi, le nostre opere sono grandi davanti ai suoi occhi.

Oggi ci sono poi due affermazioni da non trascurare, vediamo la prima: “Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce”. Molti di voi chiedono giustizia a Gesù per torti subiti, persecuzioni e tradimenti, e il Signore ci assicura che tutto ciò che adesso è tenuto nascosto dalle persone malvagie, sarà svelato. E ci sarà giustizia con l’intervento di Gesù, mai con la nostra vendetta.

“Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere”. Qui Gesù sembra più enigmatico. Se uno non ha, cosa si può togliere? Quello che potrebbe ricevere, o meglio, quello che Gesù aveva riservato di donare. I peccati, i vizi, le opere cattive, induriscono il cuore e lo rendono insensibile. Così non ha più la Grazia di Dio e gli viene tolto quello che avrebbe dovuto ricevere.

Il cristiano che non illumina con la sua vita virtuosa e i comportamenti coerenti, non è cristiano. Non è pensabile un cristiano che non effonda luce divina, quindi, amore e verità. Se non emana luce, è come una lampada nascosta sotto il letto. La sua vita è insignificante.

Non solamente in famiglia dobbiamo testimoniare la vita cristiana, in ogni luogo frequentato dobbiamo emanare la luce del Vangelo, che illumina anche se non parliamo, perché l’amore oltrepassa la materia e raggiunge tutto ciò che incontra. Anche quello che è lontano.

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21/09/2010 08:25
 
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mons. Vincenzo Paglia

Matteo, l'autore del Vangelo che stiamo seguendo, era un esattore delle tasse. Come tale apparteneva alla odiata classe dei pubblicani, ritenuti imbroglioni e sfruttatori della gente. In aggiunta erano considerati anche impuri, perché si sporcavano le mani con loschi affari pecuniari. Insomma, accomunati agli scomunicati, ai ladri e agli strozzini, erano da evitare. Gesù, quando lo vede, invece di scansarlo passando oltre si ferma, lo chiama e lo invita a seguirlo. Per Gesù nessun uomo, nessuna donna, qualunque sia la condizione, fosse malfamata come quella di Matteo, è estraneo alla chiamata evangelica. Quel che conta è accogliere nel proprio cuore l'invito di Gesù a seguirlo. Matteo l'accolse e iniziò a seguire Gesù. E fu un inizio con una festa: Matteo invitò i suoi amici pubblicani e peccatori per un pranzo. Da quel momento non siede più al solito banco per raccogliere le tasse; Matteo chiama i peccatori attorno a Gesù per fare festa con lui. Il mondo non comprende più questo suo nuovo di comportarsi, ma è proprio questa la novità del Vangelo: tutti possono essere toccati nel cuore e cambiare vita, soprattutto i peccatori. E Gesù lo chiarisce subito: "Non hanno bisogno del medico i sani, ma i malati" perché sta scritto: "Misericordia voglio e non sacrificio". Matteo, da peccatore che era, diviene un esempio di come si segue il Signore. Anzi, ancor di più, con il Vangelo che porta il suo nome è divenuto guida di tanti. Anche noi, oggi, poveramente seguiamo questo antico pubblicano e peccatore che ci conduce verso la conoscenza e l'amore del Signore Gesù. Il pubblicano è diventato discepolo e guida.
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22/09/2010 23:56
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

La missione che Gesù affidò agli Apostoli era smisurata, nessun uomo prima di loro aveva ricevuto questa forza divina, neanche il Profeta Elia era stato così potente, anche se grande davanti a Dio. Con l’Incarnazione del Figlio di Dio cambia molto. È l’Uomo-Dio a partecipare ai dodici Apostoli la sua santità, il suo potere, il dominio su satana e tutto l’inferno.

Una forza invincibile, infatti i discepoli tornavano dalle missioni pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome» (Lc 10,17). Gesù sapeva molto bene che i suoi discepoli dominavano i diavoli perché agivano nel suo Nome. E aggiunse: «Io vedevo satana cadere dal Cielo come la folgore» (Lc 10,18).

Gli Apostoli andavano per le città a predicare il nuovo Vangelo e la venuta del Messia, nel frattempo tutti i diavoli tremavano e perdevano potere. Gesù aveva detto loro: «Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare» (Lc 10,19).

Non ci sono ricchezze né poteri umani paragonabili al potere dato da Gesù agli Apostoli. Come gli Apostoli, così ogni Sacerdote ha questo straordinario potere, perché satana vede nel Sacerdote il sacro, lo stesso sacerdozio di Cristo, la potenza di Dio. Ogni Sacerdote se vuole e se crede fermamente, terrorizza satana non solo con le sue preghiere, già con la sua presenza.

Poi, c’è da dire che tutti i diavoli hanno terrore delle mani consacrate del Sacerdote. Quando queste mani benedicono, come reazione i diavoli tremano e scappano, perché è la benedizione di Cristo. Quando queste mani vengono poggiate sulla testa di qualcuno per una benedizione, i diavoli preferiscono la peggiore tortura pur di allontanarsi. Ma la peggiore tortura è il loro stato di dannati.

I diavoli sapendo molto bene quanto è potente la benedizione e la preghiera di liberazione fatte dai Sacerdoti e che sono la loro rovina, da quasi cinquant’anni è riuscito a indebolire l’esorcismo e a far togliere in molte diocesi l’esorcista. In Francia e nel nord Europa non ci sono esorcisti da decenni, in Italia si sta arrivando a questo deserto. Come è possibile?

È come togliere la medicina al malato che vive grazie a quella medicina.

È una contraddizione enorme quella di togliere gli esorcisti dalle diocesi e lasciare andare milioni di fedeli da maghi e fattucchiere, togliendo alla Chiesa incalcolabili preghiere di intercessione. Quale padre o madre vedendo il proprio figlio bisognoso di cure non lo fa curare o non lo accompagna in ospedale? Lo lascia morire a casa? O lo abbandona?

Questo senso di paternità oggi non si vede molto nella Chiesa, ed intendo la paternità spirituale. Se non c’è alcuna preoccupazione per la salvezza delle anime, non si utilizzano quei mezzi e quel potere che Gesù ha donato alla sua Chiesa e ai Sacerdoti. E questo è il trionfo di satana, solo momentaneo, ma sta trionfando.

Purtroppo, lo scrivo con profonda amarezza, il motivo dell’eliminazione degli esorcisti viene dai poteri occulti, da coloro che hanno perduto la Fede e forse neanche l’avevano, che hanno scelto la carriera e il potere tradendo Gesù, ed è un tradimento peggiore a quello di Giuda. E la perdita del senso del peccato, lascia tranquilli quanti vivono nell’apostasia del cuore, con una fede di facciata. Lo scrivo con grande dolore, perché penso a tutte quelle persone bisognose di benedizioni che non trovano Sacerdoti disponibili. Penso agli ammalati che rimangono abbandonati nelle loro case, con certi parroci indifferenti alla loro tremenda sofferenza.

Quando i fedeli trovano un parroco paterno e responsabile, spirituale e disponibile, come avviene a molti fedeli nelle loro città e che me lo riferiscono, provano una gioia immensa e trovano una consolazione straordinaria. Grazie a Dio ci sono ancora molti parroci in trincea, che aiutano e salvano le anime.

Anche il potere di ottenere la guarigione degli ammalati è stato dato ai Sacerdoti, e se il Sacerdote comprendesse la sua grande forza di intercessione, resterebbe forse a pregare prolungatamente.

La forza di vincere i diavoli ce l’hanno in realtà tutti i cristiani, perché li allontanano con la preghiera e con l’invocazione del Nome di Gesù. I fedeli possono ottenere con la loro preghiera umile e devota, con una condotta di vita esemplare, molte Grazie fisiche per loro e per gli altri, e questa è la preghiera di intercessione, una mediazione o una raccomandazione a Gesù e alla Madonna per gli altri. Se la vita di chi prega per gli altri è coerente, onesta, devota, la sua preghiera viene ascoltata con maggiore attenzione dal Cielo, altrimenti occorre più tempo ed intensa preghiera per ottenere determinate Grazie.

Visitare gli ammalati è un’opera di misericordia corporale. È un grande atto di amore visitare gli ammalati, e questa visita si tramuta di per sé in preghiera. La preghiera si misura dall’amore per Gesù, e se si vede Lui presente nell’ammalato, si riversa maggiore amore.

Ricordiamo quanta sollecitudine aveva Gesù nel guarire gli ammalati, come era pronto a cacciare i diavoli da quelle persone possedute e che soffrivano terribilmente da molti anni. Oggi come allora Gesù vuole guarire tutti da ogni malattia e liberarci da ogni vessazione satanica.

Si deve avere un amore intenso per Gesù, dove c’è l’amore non c’è mai satana, egli scappa immediatamente in quanto non è capace di amare e non sopporta l’amore.

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23/09/2010 08:32
 
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Monaci Benedettini Silvestrini

E cercava di vederlo...


Erode Antìpa, figlio di Erode il Grande, vuole vedere Gesù, così come suo padre chiese ai Magi notizie sul bambino che stavano cercando. In entrambi i casi ciò che spinge questi cuori non è il desiderio dell'incontro con il Salvatore ma la paura ed il timore. Adesso, aleggia ancora anche il fantasma di Giovanni Battista. La domanda che si pone Erode, l'ha posta lo stesso Giovanni Battista, tramite la delegazione di due discepoli. Qual'è la differenza tra i due atteggiamenti? Le due intenzioni ed i due metodi? Giovanni Battista, forse anche a scopo pedagogico affronta apertamente la questione e manda due discepoli direttamente da Gesù, perché potessero ascoltare, in prima persona la sua parola. Erode, invece medita nel turbinio dei sentimenti del suo cuore: in ciò è simile al padre che dimostrò lo stesso timore, lo stesso atteggiamento di chiusura del cuore nel suo incontro con i Magi. Come cerchiamo Gesù, come affrontiamo i nostri dubbi? Con sincerità ed apertura di cuore? Nel vangelo abbiamo molte testimonianze di persone che cercano Gesù per un miracolo, una guarigione, per amore e un tentativo di riscatto della propria esistenza: per ognuna vi è una buona parola, un gesto di accoglienza e per tutti possiamo sentire quello che Gesù dice alla peccatrice: «le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato.»
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24/09/2010 09:04
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto… e risorgerà il terzo giorno.

Come vivere questa Parola?
Il Vangelo di oggi, in continuità con quello di ieri, ci fa fare un passo ulteriore. Pietro aveva dichiarato che Gesù è “il Cristo di Dio”, cioè il Messia. Gesù cerca di chiarire la natura del suo messianismo e prende a parlare della passione: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto: è necessario. Gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e i maestri della Legge lo rifiuteranno. Egli sarà ucciso, ma al terzo giorno risusciterà”.
Egli è il ‘Servo sofferente’ di Isaia che deve passare per la via della sofferenza e dell’ignominia della morte di croce per redimere ognuno di noi dal peccato. Però, la morte non avrà l’ultima parola: “il terzo giorno risusciterà”, il trionfo sarà di Dio, non di satana.
Vincendo la morte con la risurrezione, Gesù, Uomo-Dio, ci dà la possibilità di avere la vita eterna. Questa vita, secondo Giovanni, consiste nel “conoscere il solo vero Dio e Gesù Cristo che lui ha mandato” (Gv 17,3). Si tratta di una consapevolezza interiore di Dio come Egli è. Tale conoscenza è sempre trasformante: porta ad un’intimità con Dio per mezzo di Gesù che non solo ci apre la strada, ma ci accompagna passo passo in questo cammino di verità e di amore.

Nella mia pausa contemplativa oggi, loderò il Signore per il suo piano di salvezza e mediterò sui modi con cui Gesù mi accompagna concretamente giorno per giorno (l’Eucaristia, Riconciliazione, Lectio, gruppi di impegno ecc.).

Gesù, morto e risorto per me, donami di dimorare nella gioia; che io percepisca sempre il tuo amore che salva e lo irradi intorno a me. Amen!
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25/09/2010 18:11
 
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+ VANGELO (Lc 9,43b-45)
Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato. Avevano timore di interrogarlo su questo argomento
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù annuncia per la seconda volta la sua morte, e lo afferma in modo inequivocabile, suscitando nei discepoli sgomento ed amaro smarrimento. Gesù poco prima aveva guarito l’indemoniato, si era trattato di un miracolo straordinario, per questo i discepoli erano smarriti. Si trovavano tra due situazioni opposte: Gesù compie un miracolo presentandosi come Messia, ma subito dopo parla della sua morte di croce.
Gesù rivela la sua missione e li prepara alla loro identica missione, che non potrà essere meno dolorosa, perché inevitabilmente le persecuzioni e le cattiverie accompagnano i veri seguaci del Maestro. Gesù non promette gloria umana, assicura la vita eterna mentre in questa vita dona Grazie spirituali e fisiche. Ci dona cento volte tanto.
Ma entrare nella spiritualità della Croce non è facile, bisogna convertirsi sul serio, cambiare vita, scelte e mentalità. Non possiamo avere paura della Croce, come non lo furono dopo la Pentecoste i discepoli, anche se dopo aver sentito la profezia della Croce erano entrati in crisi.
Consideravano grande contraddizione la scelta di Gesù, non riuscivano ad accettare la sua morte. La vedevano come una sconfitta.
Si sentivano felici e raggianti accanto a Gesù ma non appena sentirono la profezia, non sapevano più prendere una decisione. Molti lasciarono Gesù, fuggirono da Lui terrorizzati e non capivano quello che perdevano. Per piccole ed umane gioie, perdevano incalcolabili ricchezze spirituali.
Molti cristiani compiono la stessa scelta: non cercano le Grazie di Gesù e si accontentano di misere soddisfazioni che lasciano vuoti ed insoddisfatti.
La Passione di Gesù ha sempre diviso tutti, la non comprensione di questo enorme Sacrificio impedisce a molti di comprendere il significato della riparazione, anzi, oggi insegnano che è superfluo espiare i propri peccati perché sulla Croce sono stati riparati.
È la Croce che divide le acque, separa i veri cristiani da quelli finti.
Il mistero della sofferenza non è accettato da molti cattolici praticanti, il motivo è dato dalla loro scarsa preparazione dottrinale. Gesù dalla Croce ci ha insegnato tutto, la sua scelta è servita alla nostra salvezza, si è sacrificato per ognuno di noi.
Gesù in Croce non è sconfitto, è il trionfatore sulla morte e sul diavolo. Dalla Croce nasce la nostra salvezza, è una sconfitta per chi si oppone ad essa.
Stare vicino a Gesù è la vera felicità, si trova la grande forza per sopportare con amore ogni sofferenza ed accettare le amare prove della vita. Si diventa forti e coraggiosi.
Niente ci preoccupa quando rimaniamo vicini a Gesù.
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28/09/2010 13:14
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Durante il viaggio verso Gerusalemme, avviene un episodio indicativo sullo stato spirituale di Giovanni, in un momento euforico insieme al fratello Giacomo. Si nota la poca spiritualità di Giovanni, si trova ancora nella fase iniziale del cammino spirituale. Un’altra immagine importante è l’affidamento che Gesù morente fa della Madre a Giovanni. La terza immagine è quella in cui Giovanni diventa Evangelista, scrivano dello Spirito Santo, il cantore dell’Amore e in una lettera afferma: “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore” (1 Gv 4,8).

Giovanni ha compiuto come tutti i Santi, una evoluzione spirituale straordinaria, la sua trasformazione interiore è stata progressiva, forte, sincera. Volerà alto come l’aquila.

Giovanni aveva difetti come gli altri Apostoli, e il Vangelo non li nasconde, anzi li mette in evidenza proprio per mostrare la trasformazione di questi uomini che hanno abbandonato tutto per obbedire a Gesù. Molte volte leggiamo nel Vangelo atteggiamenti sbagliati degli Apostoli, non erano già perfetti, non eccellevano nella santità, addirittura, proprio nel momento più importante e doloroso della vita di Gesù, essi fuggirono dall’Orto degli Ulivi.

La vicinanza durata tre anni accanto a Gesù, ha trasfigurato completamente gli Apostoli, ma non tutti, perché uno ha resistito e ha rifiutato l’Amore del Signore.

In questi tre anni Gesù ha sempre insegnato agli Apostoli di amare tutti, di comprendere anche coloro che non ci comprendono. È difficile, ma da qui cominciò la santità dei suoi seguaci. È l’amore l’essenza del Cristianesimo, l’amore verso tutti è indispensabile per distaccarsi dai propri vizi ed elevarsi come fece giorno dopo giorno anche l’Apostolo Giovanni.

Senza perdere la propria identità, egli fu cambiato dallo Spirito Santo, proprio lui ci ha fatto conoscere il Comandamento nuovo insegnato da Gesù: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).

Gli Apostoli dopo la Pentecoste sono stati trasfigurati dall’azione dello Spirito Santo, ma non dimentichiamo come erano all’inizio, quando incontrarono Gesù e litigavano tra loro. Questo indica che Gesù li ha plasmati, li ha cambiati dentro, insegnando ogni giorno il suo Vangelo, trovando in essi disponibilità all’ascolto, tranne quell’uomo che Lo tradì.

La presenza del traditore tra gli Apostoli, convertiti dall’Amore di Gesù, ci indica che anche oggi tra i cattolici ci sono persone che non vogliono convertirsi, pur frequentando la Messa e considerandosi seguaci di Gesù. La loro vita li condanna, non sono seguaci ma nemici di Gesù.

San Giovanni non cambiò in un attimo, seguì un percorso lungo e difficoltoso, incontrò ostacoli e sofferenze, ma non si allontanò da Gesù. Era sincero, fu scelto perché più puro e fedele al Signore, l’Apostolo che più amò Gesù.

All’inizio non amava Gesù con la stessa intensità che aveva sotto la Croce.

Il mezzo che dobbiamo usare noi per seguire San Giovanni nella vera conversione, è di trovare il difetto dominante, quello che ci comanda e fa peccare molto spesso. Un buon metodo è di verificare quante volte satana ci tenta in qualcosa, questo indica che lì siamo deboli e dobbiamo fortificarci con la preghiera. L’esame di coscienza ci fa rientrare in noi stessi e conoscerci bene, ci fa valutare vizi e virtù, soprattutto scopriamo il difetto che ci rende schiavi.

Ognuno si chieda: Quale è il punto debole della mia vita? Se ne individui almeno uno.

Ogni giorno bisogna controllarlo ed agire in modo opposto alle tentazioni.

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29/09/2010 13:41
 
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Eremo San Biagio

Giovanni 1,47-51

Dalla Parola del giorno
Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo.

Come vivere questa Parola?
Si tratta di una visione allegorica descritta dall'autore dell'Apocalisse. Michele è l'arcangelo il cui nome ebraico significa "Chi è come Dio?". Il nome stesso, dunque, è una sfida contro chi, come Satana, raffigurato qui come un drago, avrebbe preteso di opporsi alla salvifica sovranità del Creatore.
La descrizione della lotta tra Dio e satana che è lo stesso "serpente antico" ricordato in Genesi 3,1, è intensa come una poesia epica. Mette in evidenza l'assoluta e vincente onnipotenza di Dio e, nello stesso tempo, ci rende avvertiti che la guerra è ancora aperta. Satana ha perduto la guerra in cielo ma, scaraventato sulla terra, cerca di sedurre gli uomini al male. È dunque un combattimento la nostra vita in terra.
Quello che però ci colma il cuore di fiducia è il grido registrato nell'odierno passo dell'Apocalisse:
"Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli" (Ap 12,10).

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi è dolce invocare l'arcangelo Michele e con lui anche Gabriele, l'arcangelo del lieto annuncio dell'Incarnazione del Verbo alla Vergine Maria, e l'arcangelo Raffaele, tanto efficacemente ricordato nel libro di Tobia. Sì, invoco la loro forza luminosa e, in Cristo Gesù, vincente contro il maligno.

Signore, la mia vita è lotta, sia pur con tregue di pace. È lotta, sia pur nella fiducia di sapere che Gesù è con me e mi darà vittoria. Tu sostienimi in questa certezza di fede e fa' che io la viva anche con l'aiuto degli Arcangeli.
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30/09/2010 11:09
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
 Inviati come agnelli in mezzo ai lupi

Gesù allarga la schiera dei suoi seguaci. È ancora Lui a chiamarli. Affida loro il compito, già svolto dal Battista, di preparargli la strada nei luoghi dove intendeva recarsi a dare il suo annuncio di salvezza. Il mondo da evangelizzare è una messe abbondante, ma gli operai sono pochi. Il loro primo compito è quello di pregare il padrone della messe, il buon Dio, affinché mandi operai in numero adeguato alla vastità della messe. Gesù invita a chiedere il dono della chiamata, della vocazione speciale a consacrare in modo elusivo, la propria vita all’evangelizzazione. È un’intenzione di preghiera, suggerita dallo stesso Cristo, perciò è un sacrosanto dovere di tutta la Chiesa, di ogni fedele, impetrare questo dono per tanti giovani. Il fatto che Gesù invii i suoi come pecore in mezzo ai lupi potrebbe sembrare temerario e crudele. Noi sappiamo però, tutta la storia lo conferma, che sorretti dallo Spirito Santo, i suoi testimoni saranno sempre vincitori. Non hanno infatti verità proprie da annunciare o ideologie umane da sostenere e difendere. Essi portano un annuncio di liberazione e di amore e di pace universale, il messaggio stesso di Cristo, che ha potuto loro garantire, che insieme e persecuzioni, avranno un premio eterno. Alla sua Chiesa poi ha dato una garanzia di vittoria: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». Le norme che poi Gesù detta ai suoi «missionari» riguardano, oltre quello primario di annunciare il Regno di Dio, la loro fiducia da riporre soltanto nella provvidenza divina, l’interiore libertà da umane preoccupazioni, l’umiltà nell’accettare eventuali rifiuti senza sgomentarsi per questo e la convinzione che l’avvento dell’umana ed universale liberazione è ormai imminente. Sarà il frutto della Croce e della risurrezione, ma si espanderà ancora per l’opera si tanti inviati, che sulla scia dei dodici e dei primi settantadue discepoli, andranno, sparsi per il mondo, che Dio ha liberato il suo popolo.
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01/10/2010 11:13
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
I guai derivanti dalla cecità spirituale


I miracoli compiuti da Gesù, la sua stessa presenza, reale e misteriosa insieme, hanno lo scopo preciso, non di meravigliare e stupire gli ascoltatori e i testimoni, ma di suscitare la fede e far comprendere la verità della vita e la sua missione di salvatore del mondo. Molti invece cercano segni e prodigi solo per placare con gli occhi la propria incredulità e illudersi di saziare le proprie ragioni, così non approdano alla fede, ma permangono nel buio dei propri vizi e conservano l’ostilità al Cristo e ai suoi inviati. C’è una oggettiva responsabilità quando la grazia divina viene riversata in noi e non l’accogliamo con umiltà e gratitudine, non operiamo la conversione interiore del cuore, non facciamo la dovuta penitenza per i mali commessi e restiamo nei nostri personali e falsi moralismi. I “guai” che Gesù scaglia contro le città che non hanno voluto accogliere il suo annuncio di salvezza risuonano come una inevitabile autocondanna: è normale che ci si perda quando trovandoci sperduti nel buio rifiutiamo il dono della luce che ci serve per uscirne.
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02/10/2010 13:56
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre...


"Chi è il più grande nel regno dei cieli?" Una richiesta da parte dei discepoli direttamente rivolta al Maestro, non completamente libera da nascoste rivalità personali, serpeggianti nel gruppo. Nell'animo umano si annida sempre la sete di grandezza e di prestigio. Non per nulla il testo dice: "se non vi convertirete, non entrerete nel regno dei cieli". Il fine dell'azione del Figlio è la comunità da costruire, dove si è fratelli, perché figli dello stesso Padre. Nella comunità sono impegnati cielo e terra. Da una parte c'è il Padre con i suoi angeli e il Figlio con il suo Spirito, dall'altra gli uomini, così come sono, con le loro piccolezze, scandali e peccati. La logica del Regno dei cieli va in direzione opposta e per accoglierla bisogna cambiare mentalità, ossia convertirsi, "diventare come bambini". E' il farsi tali come bisogno di tutto e come abbandono: "costui è il più grande nel Regno dei cieli". Gesù risponde alla domanda iniziale dei discepoli. Il più grande nel regno del Padre è quello che più somiglia a lui, il Figlio, che tutto riceve in dono – come un bambino – e tutto dona, fino al dono di sé. "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini, in nome mio, accoglie me". Dio si identifica con un bambino, che vive di accoglienza. Lui, che è amore e accoglienza, può vivere solo se è accolto. "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli". Questi 'piccolì sono i prediletti del Signore, i loro angeli vedono sempre il volto di Dio e sono a lui vicini. Se il Padre, che è nei cieli circonda i bambini, donando loro gli angeli custodi, i discepoli sono chiamati a compiere gli uni verso gli altri un servizio simile a quello degli angeli e a farsi buona compagnia nel faticoso viaggio della vita.
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03/10/2010 21:55
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Il tema del Vangelo di questa domenica è la Fede. Un argomento delicato, parecchio trascurato oggi nella Chiesa, eppure è la questione centrale, sia per il cammino di santità sia per l’apostasia del cuore, ossia, la perdita della Fede.

È un argomento non trattato in nessun luogo, come se fosse scontata o si sostenesse da sola senza l’indispensabile partecipazione della persona. O che crescesse indipendentemente dai peccati e dalla vita corrotta della persona. Ma tutti, proprio tutti i cattolici modernisti consapevoli o inconsapevoli, ostentano, esibiscono, fanno sfoggio, di una grande fede, che scrivo con la minuscola perché di divino non ha assolutamente nulla.

Ricordare i modernisti non è un piacere né un obbligo, è solo opportuno chiarire che la grave crisi nella Chiesa è nata ed è alimentata da quanti si sono distaccati dal Vangelo e dal Magistero autentico della Chiesa per aggiornare, trasformare, umanizzare la sana Tradizione della Chiesa. Non dobbiamo metterci in nessun estremo, vogliamo restare con il Vangelo e la Chiesa, il resto si chiama modernismo, ossia, tutte le novità apportate da persone senza più fede, nella morale, nella liturgia, nella devozione, addirittura nelle verità fondamentali della Chiesa.

Molti modernisti affermano che se un mistero della Fede non è comprensibile non si deve più credere. Da inorridire. Ma il mistero si chiama mistero proprio perché non è comprensibile dalla ragione, non c’è ragionamento. Sarebbe onesto dire: “Io non ho più fede, non credo più nella Santa Messa, nell’Eucaristia, nella Trinità, pertanto affermo che non si devono credere”.

Ma occorre avere onestà intellettuale.

E sarebbe scandaloso pure affermarlo, perché se tu non credi più nei misteri della Chiesa, non devi più insegnare in seminario, non devi fare conferenze tra i cattolici, non devi arrogarti il ruolo di studioso della dottrina cattolica. Devi solo manifestare che non segui più il Vangelo di Gesù, quindi, che non vuoi vivere da cristiano e non hai qualità morali per fare da guida.

Il danno che arrecano quanti non hanno più Fede e continuano a mostrarsi come cristiani, è inimmaginabile, si tratta di un comportamento ambiguo che confonde i fedeli, li orienta verso il male e a vivere in opposizione al Vangelo. Noi questo comportamento lo condanniamo, non è onesto dare ai fedeli le proprie idee moderniste spacciandole come insegnamento della Chiesa.

Chi vive oggi di Fede?

Gesù lo ha detto: “Ma il Figlio dell'Uomo, quando verrà, troverà la Fede sulla terra?” (Lc 18,8). Bisogna partire da qui per fare una discreta valutazione sulla Fede dei cattolici. Già l’affermazione di Gesù contiene la risposta, ha detto che non la troverà, non ci saranno tutti i cattolici ad aspettarlo quando verrà, troverà un piccolo gregge, come Lui ha affermato.

I cattolici tiepidi o poco attratti da Gesù e dal Vangelo, quei cattolici che non vogliono lasciare il peccato e i vizi, si annoiano nel dover riflettere sulle parole di verità, preferiscono una fede permissiva, licenziosa, modernizzata e, per ultimo, umanizzata.

Invece, Gesù ha inviato sua Madre sulla terra a riunire da ogni angolo del mondo il piccolo gregge dei fedeli onesti, per educarli nella Fede, sostenerli nel cammino, guidarli nella verità del Vangelo. Questo è il motivo che ancora fa apparire dopo 29 anni la Madonna a Medjugorje.

La persona intelligente si chiede il vero motivo di lunghissime apparizioni. Ed è questo: raccogliere i buoni fedeli in un piccolo gregge e conservarlo nel suo Cuore Immacolato, là dove satana non ha accesso. Questo piccolo gregge aiuterà la Chiesa nel momento di grande difficoltà.

“Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (Lc 12,32).

A Medjugorje la Madonna continua a dare insegnamenti straordinari. Quello di ieri che riporto sotto, è un insegnamento importantissimo in questi tempi di confusione e di ribellione, perché in molti casi la Santa Messa è stata trasformata in rock and roll, la liturgia è uno spettacolo televisivo, la preghiera un divertimento da piazza.

Le parole che rimettono la Santa Messa, la liturgia e le devozioni, al posto importante che meritano, sono queste: Cari figli, oggi vi invito ad una umile, figli miei, umile devozione”. In queste parole c’è la spiegazione dell’errore che commettono numerosi cattolici che pregano nell’euforia, nell’esaltazione, nella finzione, nel vuoto della Fede. Domani lo commento.

Ritorniamo alla Fede. Solo chi ripone la sua speranza in Gesù, vive di Fede, si abbandona a Lui, è sicuro che non sarà mai solo, si considera figlio di Dio. Questa è la vera Fede.

Chi non cura la propria Fede, è come una banderuola, segue quello che fa comodo e non sa che cosa vuole essere. Sceglie la variabilità delle circostanze, crede non in Gesù ma in ciò che conviene. E questo si chiama interesse personale.

Invece, chi possiede una Fede matura, trova in sé una grande forza, è capace di superare ostacoli difficili senza abbattersi, controlla le difficoltà personali con calma ed equilibrio.

Senza questa Fede, non ci sono neanche le opere, perché la Fede morta è senza opere.

Se tra i cristiani c’è uno sbandamento morale, figuriamoci nel mondo. In quale luogo viene praticata la Fede cristiana? Non in televisione, né al cinema o al teatro, figuriamoci in politica, nello sport o nella moda. Quale canale televisivo basa la programmazione tenendo conto della Fede cristiana? Nessuno, tranne quelli religiosi.

Ci sono moltissime persone che non hanno Fede e sono oneste, ma tutto ciò che le riguarda prescinde dalla morale cristiana, non condividono i nostri valori e permettono quello che per noi è peccato grave. Chi non ha Fede, non ha limiti nella sua azione immorale.

Quasi l’intera umanità si è rimbecillita davanti al televisore, è anestetizzata, ipnotizzata.

La Fede deve essere coltivata, nella giornata dobbiamo chiedere l’aumento della Fede, dobbiamo fare atti di Fede in tutte le circostanze della vita, con suppliche rivolte a Gesù e alla Madonna. Dobbiamo arrivare ad una Fede ferma, per raggiungere mete elevate, per vivere di amore per Gesù e di vera osservanza del Vangelo.

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04/10/2010 16:08
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora? [...] Ti sono state indicate le porte della morte?

Come vivere questa Parola?
Al termine del libro di Giobbe, di cui la liturgia ci ha offerto squarci antologici, Dio risponde. O meglio, questa volta è Lui che, con un succedersi di domande estremamente provocatrici, costringe Giobbe a guardare bene in faccia sia la maestà, la grandezza senza confronti di un Dio che è Creatore e Signore di tutto, e il suo limite di uomo di fronte al mistero che da ogni parte ci avvolge. È vero, la oggi scienza e la sua figlia primogenita che è la tecnologia hanno fatto passi da giganti. I nostri antenati, anche solo di fronte a certi procedimenti telematici, griderebbero al prodigio. Eppure di fronte a certi gravi mali, anche oggi l'umanità si dibatte nel dolore senza risposte. In un non lontano passato, certo, l'uomo di scienza era ancorato a pseudocertezze di un positivismo senz'anima. Oggi, se è onesto, approda all' "indicibilità" del MISTERO che è come affacciarsi sull'infinito "indicibile" di Dio. Però la società consumistica vive oggi un tipo di ateismo pratico.

Nella mia pausa contemplativa, chiederò con tutto il cuore allo Spirito Santo che mi risvegli ogni giorno allo stupore del mistero di Dio: in me e attorno a me.

Signore della vita e della risurrezione dei morti, Tu, anche attraverso le difficili vie del dolore e della morte, sempre ci conduci a una VITA che è vittoria su ogni negatività. È questo il tuo ESSERE e il tuo AGIRE. Tu splendore del bene che stronca ogni male, vinci in me ogni dubbio, ogni esitazione e fa' che io voglia quello che tu vuoi per me: certamente un bene per sempre.
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05/10/2010 11:33
 
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Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Marta e Maria, le due sorelle di Lazzaro, accolgono Gesù nella loro casa, ma con due atteggiamenti diversi, unite dallo stesso amore per il Signore. Marta era la più accorta, forse troppo attenta alle faccende di casa, anche se l’interessamento era dettato dall’alto senso di ospitalità che possedeva.

Maria è la Maddalena protagonista di una straordinaria conversione, anche se fu un’operazione voluta ed eseguita da Gesù. Una donna libertina e dedita alla vita lussuriosa, ostile alla preghiera e ad ogni osservanza religiosa. La sua conversione è una delle pagine più forti del Vangelo, la manifestazione della misericordia di Dio su una creatura.

Marta rappresenta la vita attiva, l’operosità di una donna devota ed attenta agli insegnamenti del Signore. Ma si occupa troppo dei preparativi per festeggiare Gesù e trascura di sostare in contemplazione davanti Colui che considera Dio. Un atteggiamento un po’ superficiale, anche se dettato dall’amore, dal troppo interesse di festeggiare Gesù con un pranzo eccellente.

È stata richiamata dal Signore ed invitata a mettere al primo posto l’adorazione a Dio, l’ascolto della Parola evangelica, la contemplazione delle verità eterne. La invita a fermarsi quando c’è da pregare e rimandare a dopo le cose non urgenti. Quando poi riprenderà a lavorare e si rimetterà nella vita attiva, dovrà cercare di portare ovunque quello che ha ricevuto nella preghiera: l’Amore Divino.

L’atteggiamento corretto è proprio questo, anche se non è facile da raggiungere, chi lo raggiunge riesce a compiere i lavori o lo studio o altre faccende, in unione a Gesù, come se compisse tutto alla sua presenza e, per questo, farà attenzione nel compiere i propri doveri come meglio possibile.

La vita attiva coinvolge un po’ tutti, molto spesso può diventare eccessiva e non lascia più margini per la preghiera personale e la meditazione del Vangelo. Bisogna avere la capacità di trovare sempre nella giornata il tempo per pregare, perché senza preghiera è la fine.

È Maria la convertita a scegliere la parte migliore, come dice Gesù. Tra le faccende di Marta e la sosta di Maria ai piedi di Gesù, viene affermato il primato della preghiera e dell’adorazione del Signore. Una sola cosa è necessaria: il pane della Parola di Gesù.

Dobbiamo vedere la presenza di Gesù in tutte le cose che facciamo.

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06/10/2010 11:07
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Gesù maestro di preghiera

Esiste un vincolo inscindibile tra noi e il nostro Creatore e Signore. È stato lui stesso a stabilirlo sin dal momento della creazione, alitando il suo spirito in noi e facendoci simili a Lui. È vero che abbiamo deturpato quella primordiale immagine con l'arroganza del peccato, mai però si è completamento spento in noi l'innato desiderio di riunirci in qualche modo al nostro Dio e Padre. La preghiera è perciò un desiderio spontaneo in ogni essere umano, è la necessità urgente di dialogo con Colui che nel suo amore ci ha generati. Non è facile però immergersi nell'invisibile e nell'infinitamente grande; da quando ci siamo prostrati sulle cose della terra è diventata ardua la via del cielo. Gli stessi apostoli, testimoni oculari delle intense preghiere del loro maestro, sentono la necessita di chiedere: «Signore, insegnaci a pregare». È pronta la risposta di Gesù. Egli, perfetto nella natura divina e umana, sa come rivolgersi al Padre, come unirsi in intima comunione con Lui. Ed intona la sua splendida preghiera: «Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno». La paternità è per Lui connaturale ed intima, ma vuole, anticipando i frutti della redenzione, che anche noi ci rivolgiamo a Dio con gli stessi accenti. Ci invita a riscoprire le meraviglie del suo amore. Egli vuole che chiamandolo Padre, riscopriamo la nostra figliolanza, gustiamo come il figlio prodigo l'abbraccio amoroso che ci ridona in pienezza la primitiva dignità, sentiamo in noi la gioia di Dio per il nostro ritorno a lui. La preghiera di Gesù ci risuona come l'inno iniziale di una grande festa, come l'avvento del suo regno in noi. Sentiamo che è davvero salutare per noi che si compia, non la volontà degli uomini, vittima di mille inquinamenti, ma quella del nostro Padre che è alimentata solo dal suo infinito amore. È sulla scia di questa meravigliosa scoperta che con fiducia chiediamo poi quanto ci occorre, affinché ognuno possa vivere dignitosamente e possa progredire nella sua grazia e nella vera fraternità. Riscopriamo così la forza sanante del perdono e della riconciliazione, riscopriamo quell'aiuto soprannaturale di grazia che ci rende forti dinanzi alle tentazioni e liberi da ogni male. Riscopriamo infine un nuovo programma di vita da realizzare pregando: siamo suoi figli e opera delle sue mani, siamo tutti fratelli in Cristo, tutti da lui riconciliati con il Padre, tutti peccatori, ma capaci di riconciliazione e di perdono. Tutti affamati, ma tutti partecipi nella solidarietà e nella condivisione, dell'unica mensa del pane di Dio.
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07/10/2010 10:30
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Avete affermato: «E inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall'aver osservato i suoi comandamenti o dall'aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti».

Come vivere questa Parola?
Il profeta Malachia ci pone dinanzi a una domanda inquietante, ben nota anche a noi, uomini del XXI secolo: perché i giusti devono assaporare l'amarezza della prova? Perché i reprobi prosperano? In realtà il problema è più radicale: "perché il dolore"? Ecco il grande enigma che ci tormenta! Ecco il grande scoglio con cui anche la fede è chiamata a confrontarsi! "Se Dio è buono, perché il dolore? Se Dio è giusto, perché non castiga e non premia?", viene da chiedersi. Ne sono un'eloquente conferma certe espressioni correnti: "Che cosa ho fatto di male perché mi capiti questa disgrazia?".
Nel tentativo di "scagionare" Dio, si trasferisce tutto nell'al di là, quando, finalmente, Egli "farà giustizia". Certo, crediamo nel giudizio di Dio e nella sua giustizia, ma il problema è molto più serio. Il dolore, qualunque volto assuma, è "mistero", la sofferenza degli innocenti è "mistero", e come tale lo accettiamo. Alla luce della fede esso si illumina e si trasfigura. Perde quell'alone di assurdità che lo rende ripugnante. Se Dio è Amore onnipotente, il permanere del dolore nel mondo ha un perché, sia pur misterioso. Non può essere l'ultima parola, né un imprevedibile "incidente di percorso". Se Dio non lo ha rimosso, anzi vi si è immerso, aprendo per esso la via della redenzione, esso ha un senso, una funzione, uno scopo. Qualcosa se ne può intuire anche a livello di esperienza umana: la prova, se assunta positivamente, fa crescere, maturare. In genere, chi è passato per il crogiuolo del dolore riesce meglio a capire gli altri, è più "umano". Certe forme di egocentrismo infantile si sfaldano più facilmente. Le prove sono legate al fatto che Dio non è "paternalista" ma "Padre". E nessun padre rimuove tutti gli ostacoli dinanzi al figlio, se ne vuol fare un uomo.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, cercherò di "rileggere" i momenti di prova alla luce della fede. Riconfermerò la fiducia in Dio-Padre e mi abbandonerò a lui.

Credo che tu sei Amore. Credo che nulla permetti di quanto possa nuocermi. Credo e mi abbandono, anche quando non riesco a capire, perché so che sei mio Padre.
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08/10/2010 08:47
 
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Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
«Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra... Chi non è con me è contro di me».

Come vivere questa Parola?
Per l'ennesima volta Gesù ha compiuto un segno d'amore potente, scacciando un demonio. E si è sentito gettare addosso un'accusa assurda: che Egli (il Signore!) ha scacciato satana con l'aiuto dei demoni. E' come dire che un chirurgo decide di vincere un tumore nello stomaco di una persona con l'aiuto di tanti altri tumori applicati al paziente. Altro che vittoria sul male, quando si cerca aiuto e sostegno nelle forze negative del male stesso! Ma Gesù splende nella risposta pacata e perfino arguta: "Se invece io scaccio il demonio col dito di Dio, è dunque giunto a voi il Regno di Dio". Il dito, un membro molto piccolo è grande per esprimere tutta la forza che viene dallo stare col Signore onnipotente. Ciò che conta è proprio la compattezza del nostro cuore se vive insieme con Lui. Senza dubbiosi si può sforzare a "raccogliere" chissà quali risultati positivi: sia nelle proprie realizzazioni sia in rapporti interpersonali, nella vita spirituale come nel lavoro o altro. Tutto si rivela presto dispersione. E a monte avviene il fallimento che più mina, oggi, la persona, la coppia, la comunità ecclesiale, civile e religiosa. Si tratta di quel fallimento di fondo che viene da ogni divisione. Il progetto di Dio si realizza attraverso l'unione. "Deus creavit uniendo", scrisse, in latino trasparente, un grande. Mentre il diavolo (in greco "dia-ballo", colui che divide) ha la strategia opposta: quella di dividere, frantumando, devastando poi tutto.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, invoco lo Spirito del Signore che è Spirito di comunione all'interno della Trinità Santissima. Gli chiedo di guardare con coraggio quei fermenti di divisioni che satana tende a farmi accogliere tramite suggestioni malevole, sospetti, gelosie, invidie, rabbie represse o maldicenze. E con umile amore prego:

Signore, dammi ciò che più mi necessita per stare con te, vivere insieme a te ventiquattro ore su ventiquattro ore della mia giornata: dammi di raccogliere il mio cuore nell'unificazione di un solo desiderio: appartenerti per fare della mia vita un dono di semplice gratuità.

La voce dei Padri del deserto
Quando uno spirito del male viene e ti ferisce con le sue suggestioni, ma tu persisti nel volere che la Parola di Dio si pianti nel tuo cuore per annientarlo, allora il demone fuggirà via non appena il tuo pensiero volerà alto sulla della Conoscienza.
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09/10/2010 12:15
 
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Eremo San Biagio

Non c'è più Giudeo né Greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.

Come vivere questa Parola?
Oggi si parla tanto di globalizzazione e spesso la si assume nei suoi aspetti deteriori. In realtà il primo a realizzarla e in una luce pienamente positiva è stato Gesù. In lui vengono superate tutte le contrapposizioni e, al tempo stesso, si valorizza quanto distingue gli uni dagli altri. L'unità non è uniformità, appiattimento, soffocamento di ogni nota di originalità. Tutt'altro! Essere uno in Cristo significa convergere in Lui, ma con tutta la ricchezza del proprio irrepetibile essere. È scoprirsi accomunati da un medesimo anelito: quello di un mondo dove regni giustizia equità pace, dove trionfi l'amore. Che importa se ciò si realizzerà percorrendo vie diverse, rispettose della variegata molteplicità di culture etnie religioni? Non c'è che un solo Dio e noi, europei africani asiatici americani australiani cristiani induisti musulmani buddisti..., sì, tutti, proprio tutti siamo fratelli. L'evento pasquale ha fatto cadere tutte le barricate che avevamo innalzato, ci ha permesso di guardarci nuovamente negli occhi e di scoprire nell'altro le nostre stesse paure, ma anche i nostri stessi desideri la nostra stessa volontà di bene. Perché tornare ad elevarle? Perché guardarci con diffidenza? Perché tentare di livellare tutto e tutti? Perché, in una parola, privarci della ricchezza di cui ognuno è portatore? Siamo "uno" in Cristo! È un dato di fatto, un dono da accogliere. E ne parliamo come qualcosa che dobbiamo faticosamente costruire noi. Impieghiamo tempo ed energie per discutere, pianificare... e lasciamo il dono...in un cassetto. Continuiamo a guardarci da estranei, con più o meno palese diffidenza. Questo anche nell'ambito familiare. No, non c'è più "né uomo né donna", ma un unico corpo in cui ogni membro si completa nell'altro, dove non si dà benessere che nella totalità.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, proverò a fermare la mia attenzione su quanto l'opera redentiva di Cristo ha realizzato. Mi chiederò che cosa significhi per me l'"essere uno in Cristo" e quanto questa verità incida nella mia vita.

Signore, aiutami a cogliere le ricchezze dell'altro, a gioirne e a valorizzarle. Che io, in tal modo, possa essere elemento di pace e di unità là dove vivo.

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11/10/2010 10:37
 
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Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». Parola del Signore

 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

Gesù condannò come malvagia quella generazione che voleva un segno. Cosa pensa di questa nostra generazione? Possiamo immaginare lo sdegno presente nel Cuore di Dio, un Dio tradito, ignorato e bestemmiato. È pure vero che in questa nostra generazione c’è stato un attacco violentissimo di satana con tutto l’inferno per distruggere la Chiesa Cattolica e l’umanità.  

Trascrivo nuovamente alcuni messaggi della Madonna per capire la portata dell’attacco: “Dovete sapere che Satana esiste. Egli un giorno si è presentato davanti al trono di Dio e ha chiesto il permesso di tentare la Chiesa per un certo periodo con l'intenzione di distruggerla. Dio ha permesso a Satana di mettere la Chiesa alla prova per un secolo ma ha aggiunto: Non la distruggerai! Questo secolo in cui vivete è sotto il potere di Satana ma, quando saranno realizzati i segreti che vi sono stati affidati, il suo potere verrà distrutto. Già ora egli comincia a perdere il suo potere e perciò è diventato ancora più aggressivo: distrugge i matrimoni, solleva discordie anche tra le anime consacrate, causa ossessioni, provoca omicidi. Proteggetevi dunque con il digiuno e la preghiera, soprattutto con la preghiera comunitaria. Portate addosso oggetti benedetti e poneteli anche nelle vostre case. E riprendete l'uso dell'acqua benedetta!” (14 aprile 1982).

 “Cari giovani! Tutto quello che il mondo di oggi vi offre è illusione, passa. Proprio per questo potete comprendere che Satana vuole, con la sua presenza, distruggere voi e le vostre famiglie. Cari figli, questo è il tempo delle grandi Grazie. Desidero che rinnoviate i miei messaggi e che li viviate col cuore. Siate portatori della mia pace e pregate per la pace nel mondo. Vi chiedo di pregare innanzitutto per la pace nei vostri cuori e nelle vostre famiglie e poi per la pace nel mondo. Cari giovani, Satana è forte e farà di tutto per disturbarvi ostacolandovi in tutte le vostre iniziative. Aumentate quindi le vostre preghiere perché ne avete particolarmente bisogno in questi ultimi tempi. La migliore arma da impiegare contro Satana è il Rosario” (1 agosto 1990).

Tutti ci accorgiamo che nel mondo diventato pagano regna l’odio, un odio che si nutre di vendetta, contornato da ipocrisia e crudeltà. I valori cristiani sono scomparsi, non sono conosciuti dai giovani di oggi, una nuova generazione cresciuta tra agiatezze e soddisfazione di ogni desiderio. L’errore è principalmente commesso dai genitori che pensano al lavoro, al maggiore guadagno economico, ed ignorano completamente la formazione religiosa dei figli.

Questi giovani sono abbandonati e la società perfida se li mangia deponendoli nella melma della vita superficiale ed indifferente. La società mangia il cuore buono di tutti i giovani e lo sostituisce con uno perverso, e i giovani sono passivi perché non conoscono le preghiere, i genitori non li hanno formati religiosamente.

La nostra generazione è più malvagia di quella antica, ma io discolpo molti giovani. È pure vero che tanti giovani hanno un demone dentro ed agiscono con una spregiudicatezza inaudita. Diventa difficile redimerli, ridicolizzano Dio e la preghiera, plagiati in buona parte da insegnanti di scuola depressi e comunisti, portatoti di un credo ateo e di un odio diabolico contro la Chiesa e i Sacerdoti.

La droga circola in tutti gli ambienti, tra i giovani è normale farne uso, perché bisogna conformarsi alla mentalità moderna, e nessun controllo è usato dai genitori. Quando scoprono che sono diventati tossicodipendenti, è troppo tardi. Oramai non ci sorprende più nulla.

Tra la scuola atea, la televisione che al 99% rimbecillisce gli italiani, facebook usato per molte ore al giorno, tutti strumenti buoni se usati bene, ma soprattutto i giovani ne fanno un uso sbagliato. La confidenza che prima si aveva verso Gesù e qualche preghiera, è stata sostituita dall’amicizia verso ignoti. C’è questa necessità di avere centinaia di amici sconosciuti? Non è diventato un modo per fuggire da se stessi, per dimenticare i propri mali spirituali?

Il ruolo che prima era riservato ai Sacerdoti per la fiducia che si riponeva in loro, oggi lo hanno preso i conduttori televisivi, letteralmente sommersi di richieste di persone di ogni età che vogliono parlare in televisione dei loro problemi. Perché questa loquacità logorroica?

Una volta i problemi si portavano in parrocchia a parlarne con il parroco e a pregare davanti il Tabernacolo. Ma tra le parrocchie chiuse, molti parroci indifferenti alle sofferenze dei parrocchiani, questi preferiscono parlarne con altri. Con maghi, fattucchiere o in televisione.

La nostra generazione è malvagia. Un’umanità abbandonata al male e alla deriva morale, un’umanità malata di odio, indifferenza, immoralità.

Nonostante la corruzione estesa, Gesù vuole usare la sua misericordia con tutti quanti si pentono dei mali commessi, anche verso i più grandi peccatori. Non dobbiamo condannare nessuno, quanti oggi vivono nell’immoralità domani potrebbero diventare buoni e praticanti.

Bisogna pregare per i familiari e i conoscenti che vivono nei peccati, avere fiducia che Gesù può tutto e che vuole salvare tutti.

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11/10/2010 10:42
 
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