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MEDITIAMO LE SCRITTURE (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2014 07:14
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14/08/2014 07:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette

Il perdono è essenza, sostanza, natura, verità della nostra fede. La nostra è prima di tutto fede nel perdono, compassione, carità, pietà di Dio verso ogni uomo e di ogni uomo verso i suoi fratelli. Tutti siamo chiamati a manifestare quanto è grande la misericordia di Dio, perdonando coloro che in qualche modo ci hanno offeso o ci hanno arrecato un danno: "Padre, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo, abbiamo già rimesso ai nostri debitori".
Il perdono va dato sempre. Mai ci dobbiamo rifiutare di concederlo. Non ci sono colpe imperdonabili, che non debbano essere cancellate dal nostro cuore e dalla nostra mente. Il nostro perdono è condizione necessaria perché Dio rimetta la malizia della nostra colpa. Se noi non perdoniamo, neanche Dio ci perdonerà e noi moriremo nei nostri peccati. Dura sarà la nostra pena a causa del rifiuto di cancellare le altrui colpe. Vale proprio la pena leggere quanto Gesù oggi insegna a Pietro.
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Noi siamo chiamati a perdonare i nostri fratelli, perché il Signore ha legato il suo perdono al nostro. Il suo è sempre perdono sotto condizione. Se noi perdoniamo, lui ci perdona. Se noi chiediamo giustizia, anche Lui chiederà giustizia. Se noi saremo larghi nella misericordia anche Lui sarà larghissimo nella pietà. Lui lo ha detto e la sua Parola è immutabile per i secoli eterni: con la misura con la quale noi misuriamo nel perdono, nella carità, compassione, pietà, elemosina, aiuto, saremo misurati noi in cambio.
Se invece noi ci chiudiamo nella nostra sete di giustizia, vendetta, ostinazione nel richiedere ciò che è nostro o ci è dovuto, anche Dio chiuderà il suo cuore e per noi ci potrà essere solo la via della perdizione eterna. Il Salmo lo insegna con infinita chiarezza: "Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore" (Sal 130 (129),3-4). Dinanzi al Signore nessuno si potrà presentare con le sue colpe. Queste sono troppo grandi per essere perdonate. Se invece ci presenteremo con il nostro totale perdono, anche noi saremo perdonati.
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