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MEDITIAMO LE SCRITTURE (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2014 07:14
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30/07/2014 17:35
 
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La vita dei santi ci mostra in che modo essi abbiano vissuto la rivoluzionaria scoperta del tesoro del Vangelo.
Sant’Antonio abbandona tutto, all’età di diciotto anni, per andare a vivere nel deserto; san Francesco d’Assisi prende alla lettera le parole che gli chiedono di non portare con sé, in cammino, né bisaccia né bastone; sant’Ignazio si converte alla lettura della vita dei santi nel suo ritiro forzato di Manresa; santa Teresa, alla fine della sua vita, dice: “Non mi pento di essermi donata all’amore”.
Il tesoro nascosto nel terreno della nostra vita chiede non solo di essere scoperto, ma anche di essere anteposto a tutto quanto. Per scoprirlo occorre lo sguardo perseverante di un cercatore che non si fermi sulla via. Ma, una volta capito che proprio là si trova il lieto messaggio, capace di dare senso alla nostra esistenza e di portare la salvezza al mondo, esclamiamo con sant’Agostino: “A lungo ti ho cercata, bellezza nascosta, tardi ti ho trovata; io ti cercavo fuori di me, e tu eri in me!”.
Saremo in grado oggi di dire al Signore che è il nostro tesoro? Diciamoglielo con tutto lo slancio di cui è capace il nostro cuore, donandoci a lui. Il tesoro non si nega a chi lo scopre, si lascia possedere per nascondersi poi di nuovo. Si dà a chi è pronto a perdere tutto pur di impossessarsene. Il solo modo per ottenerlo veramente è di darci a lui, dal momento che riconosciamo in lui il nostro Signore e il nostro Salvatore, Gesù Cristo. Questa perla di grande valore, che ha dato la propria vita per riscattarci dal potere del male, vuole farsi conquistare da noi in cambio della nostra fede e del nostro abbandono al suo amore, qualunque sia la nostra richiesta o il nostro modo di vita. Rivolgendoci a lui dicendo “Mio Signore e mio Dio”, noi possiamo possederlo e, insieme, farne dono agli altri. Questo tesoro, infatti, ha questa particolarità: per poterlo tenere, bisogna dividerlo con altri; esso si sottrae invece a chi vorrebbe privarne gli altri. L’“Amen” che oggi pronunceremo nel ricevere il Corpo di Cristo possa manifestare la nostra gratitudine e, insieme, il nostro desiderio di farne dono ai fratelli.
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31/07/2014 07:38
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, nostra forza e nostra speranza,
senza di te nulla esiste di valido e di santo;
effondi su di noi la tua misericordia
perché, da te sorretti e guidati,
usiamo saggiamente dei beni terreni
nella continua ricerca dei beni eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 13,47-53
In quel tempo, Gesù disse alla folla: "Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".
Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci presenta l'ultima parabola del Discorso delle Parabole. La storia della rete lanciata in mare. Questa parabola si trova solamente nel vangelo di Matteo, senza nessun parallelo negli altri tre vangeli.
? Matteo 13,47-48: La parabola della rete lanciata in mare. "Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi." La storia raccontata è ben conosciuta dalla gente della Galilea che vive attorno al lago. E' il loro lavoro. La storia rispecchia la fine di una giornata di lavoro. I pescatori vanno a pescare con un unico scopo: gettare la rete e prendere molti pesci, trascinare la rete sulla spiaggia, scegliere i pesci buoni da portare a casa e gettar via quelli che non servono. Descrive la soddisfazione del pescatore, alla fine di un giorno di lavoro stancante e faticoso. Questa storia deve aver fatto nascere un sorriso di soddisfazione sul volto dei pescatori che ascoltavano Gesù. Il peggio è arrivare sulla spiaggia al termine di una giornata e non aver pescato nulla (Gv 21,3).
? Matteo 13,49-50: L'applicazione della parabola. Gesù applica la parabola, o meglio dà un suggerimento affinché le persone possano discutere ed applicare la parabola alla loro vita: "Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti". Come capire questa fornace ardente? Sono immagini forti per descrivere il destino di coloro che si separano da Dio o non vogliono sapere nulla di Dio. In ogni città c'è un immondezzaio, un luogo dove si gettano i detriti e l'immondizia. Lì c'è un forno permanente alimentato ogni giorno dall'immondizia che viene gettata ogni giorno. L'immondezzaio di Gerusalemme si trovava in una valle chiamata geena, dove, all'epoca dei re, c'era una fornace perfino per sacrificare i falsi dei Molok. Per questo, la fornace della geena divenne il simbolo di esclusione e di condanna. Non è Dio che esclude. Dio non vuole l'esclusione e la condanna di nessuno, vuole che tutti abbiano vita e vita in abbondanza. Ognuno di noi esclude se stesso.
? Matteo 13,51-53: La fine del Discorso delle Parabole. Alla fine del Discorso delle Parabole, Gesù conclude con la domanda seguente: "Avete capito tutte queste cose?" Loro risposero: "Sì!" E Gesù termina la spiegazione con un altro paragone che descrive il risultato che vuole ottenere con le parabole: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
Due punti per chiarire:
(a) Gesù paragona il dottore della legge al padre di famiglia. Cosa fa il padre di famiglia? "Estrae dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie". L'educazione in casa avviene mediante la trasmissione ai figli e alle figlie di ciò che i genitori hanno ricevuto ed imparato nel tempo. E' il tesoro della saggezza familiare dove è racchiusa la ricchezza della fede, le usanze della vita e molte altre cose che i figli imparano nel tempo. Gesù vuole ora che nella comunità le persone responsabili della trasmissione della fede siano come il padre di famiglia. Così come i genitori sono responsabili della vita in famiglia, così queste persone responsabili dell'insegnamento devono capire le cose del Regno e trasmetterle ai fratelli e alle sorelle nella comunità.
(b) Si tratta di un dottore della Legge che diventa discepolo del Regno. C'erano quindi dottori della legge che accettavano Gesù, e in lui vedevano colui che rivelava il Regno. Così avviene con un dottore quando scopre in Gesù il Messia, il figlio di Dio? Tutto ciò che lui ha studiato per poter essere dottore della legge continua ad essere valido, ma riceve una dimensione più profonda e una finalità più ampia. Un paragone può chiarire ciò che è stato appena detto. In un gruppo di amici uno mostra una foto, dove si vede un uomo con un volto severo, con il dito alzato, quasi aggredendo il pubblico. Tutti pensano che si tratta di una persona inflessibile, esigente, che non permette intimità. In quel momento, arriva un giovane, vede la foto ed esclama: "E' mio padre!" Gli altri lo guardano, e commentano: "Padre severo, vero?" Lui risponde: "No, e no! E' molto affettuoso. Mio padre è avvocato. Quella fotografia è stata scattata in tribunale, mentre denunciava il crimine di un latifondista che voleva che una famiglia povera abbandonasse la casa dove viveva da molti anni! Mio padre vinse la causa. E i poveri rimasero nella casa!" Tutti lo guardano di nuovo e dicono: "Che persona simpatica!" Quasi per miracolo, la fotografia si illuminò dal di dentro ed assunse un altro aspetto. Quel volto, così severo, acquistò i tratti di una grande tenerezza! Le parole del figlio, nate dalla sua esperienza di figlio, cambiarono tutto, senza cambiare nulla! Le parole e i gesti di Gesù, nate dalla sua esperienza di figlio, senza cambiare una lettera o una virgola, illuminarono dal di dentro la saggezza accumulata dal dottore della Legge. E così Dio che sembrava così distante e severo, acquisì i tratti di un Padre di bontà e di enorme tenerezza!


4) Per un confronto personale

? L'esperienza del Figlio è entrata in te e ha cambiato il tuo sguardo, facendoti scoprire le cose di Dio in un altro modo?
? Cosa ti ha rivelato il Discorso delle Parabole sul Regno?


5) Preghiera finale

Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio. (Sal 145)
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01/08/2014 09:46
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Figlio di Dio o del carpentiere?

Quando manca la fede perché oscurata dal male o soffocata dall'orgoglio, le cose di Dio vengono banalizzate e ridotte a categorie umane. Ciò accade perché anche la migliore intelligenza umana non riuscirà mai a scrutare i segreti divini. Capita così agli avversari del Signore nel Vangelo di oggi. Molti suoi ascoltatori, invece di aprire il cuore e la mente alle parole di Gesù, mettono in moto sentimenti di invidia, di odio e di vendetta. Viene poi di conseguenza che non vedano e non possano vedere nella persona del Cristo il Figlio di Dio, ma solo il Figlio di Giuseppe, il carpentiere del paese a loro ben conosciuto. Non possono trattenere una certa meraviglia e un grande stupore nel dover costatare che da quell'umile operaio, proveniente da una bottega di falegname, uscisse tanta sapienza e tanta potenza: «Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?». È vero che lo stupore è l'anticamera della fede, ma senza quella divina virtù si viene soltanto sfiorati dalla verità e non pervasi e convinti. Le vittime privilegiate di questi errori sono persone dotate di buona cultura, con una discreta carriera che li pone in posti di prestigio e che non amano confondersi con gli umili, che credono perché illuminati dalla fede. Qualcuno ha scritto che il contenitore della fede è un vaso di terracotta e non di prezioso cristallo. Dobbiamo perciò dedurre che l'incredulità ha sempre in se una evidente colpevolezza. Spesso si tratta di orgoglio.
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02/08/2014 07:32
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista

Il Vangelo di questo giorno mette in evidenza quanto grande, potente, risoluta, efficace nel male sia la forza del peccato. Si tratta di una forza non controllabile. Nessuno sa i suoi sviluppi futuri. Questi non dipendono più dalla volontà dell'uomo. Una volta che il peccato è stato commesso è come se esso acquistasse una vita propria, una consistenza autonoma, un cammino non più soggetto al nostro governo e dominio.
Se leggiamo con attenzione il testo sacro della Genesi, notiamo che immediatamente dopo il peccato di Eva e di Adamo, questa forza misteriosa e ingovernabile prima si è abbattuta su Caino e lo ha condotto ad uccidere il fratello, poi è divenuta una potente forza di male e di trasgressione in Lamech, che così vantava presso le sue mogli: "Ora Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoc, dal nome del figlio. A Enoc nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamec. Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Silla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a sua volta partorì Tubal-Kain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà. Lamec disse alle mogli: «Ada e Silla, ascoltate la mia voce; mogli di Lamec, porgete l'orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette»" (Gn 4,17-24).
Il peccato uno solo lo toglie dal mondo, dal cuore, dal corpo, dall'anima, dallo spirito: Gesù Cristo nostro Signore. Uno solo dona a noi la forza di non farlo entrare nelle nostre membra: il Signore Gesù. Questa forza però non è fuori di Lui, è in Lui, è Lui stesso perché è il suo corpo la sola dimora nella quale il peccato non può abitare né regnare. Divenendo un solo corpo con Lui, un corpo santo, puro, immacolato, obbediente, noi possiamo sempre vincere il peccato, evitando che la sua forza ci travolga, ci sommerga, ci faccia compiere azioni mostruose e orrende.
La casa di Erode è casa di peccato, dimora della trasgressione, abitazione dove regna l'adulterio, luogo in cui l'impurità fa da padrone. Questa casa è un vero tugurio di ogni vizio. Stoltezza, invidia, lascivia invadono la mente e il cuore. Erode ha introdotto nella sua regia questa potenza di male, introducendo Erodiade e Salome ed ora ne subisce tutte le conseguenze. Lui però è responsabile, perché è stato lui all'origine di ogni male che ora si abbatte sulla sua testa. È stato lui a portarsi con sé la moglie del fratello. Oggi con il peccato tutti scherzano. Non si vuole vedere la sua potenza di male.
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03/08/2014 07:24
 
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don Michele Cerutti
Commento su Matteo 14,13-21

La morte di un parente segna la vita degli uomini e Gesù non è da meno. La morte del Battista, suo cugino, colui che già nel grembo di Elisabetta aveva sussultato quando Maria giunse dalla cugina con in grembo anche Lei Gesù, quel cugino che aveva indicato con umiltà ai discepoli il Maestro, quel cugino che nel momento buio della prigionia aveva chiesto a Gesù stesso, tramite i discepoli, se era colui che doveva venire, dimostrando anche la fragilità del dubbio.
Quel cugino è morto sotto la mano violenta di Erode, che punisce in questo modo colui che con sincerità ha detto la verità, il rapporto con Erodiade, moglie di suo fratello, è illegittimo. E' bastato un ballo della figlia di Erodiade, per gettare una trappola a Erode e costringerlo a chiedere la testa di Giovanni il Battista.
Nella tristezza di Gesù c'è la consapevolezza della durezza del peccato e della sua conseguenza la morte. Tanti motivi per ritirarsi a pregare.
Le folle stravolgono i piani. Ora un grande profeta è scomparso e chi potrà dissetare le folle di quella sete di verità che c'è in ogni uomo? Gesù non si sottrae e ancora una volta si pone al servizio. Sì, la preghiera è vera quando non diventa un'isola per sottrarsi dai propri impegni per estraniarsi dalla realtà. La preghiera deve entrare nel vissuto ed allora è autentica.
Questo occorre affermare in un contesto come quello che viviamo dove le esperienze spirituali vengono vendute come realtà dicotomiche, di scissione forte, quasi platoniche tra anima e corpo. E' quello che ci propugna la New Age con esperienze spirituali che ci astraggono dalla realtà.
La preghiera di chi vive la clausura, che a molti può sembrare di estraniazione, invece si fa servizio dell'umanità. Penso alle suore di clausura di Orta, che ad esempio il sabato notte alle tre si svegliano per pregare per tutti coloro che vivono situazioni limite per effetto dei divertimenti del sabato sera oppure debbono tornare a casa dopo una notte di sballo.
Penso alla preziosità delle Suore di Varese al Sacro Monte che elevano le mani al cielo per noi sacerdoti impegnati nella predicazione. Tutte queste esperienze e tante altre ci dicono cosa è la preghiera: un servizio.
Gesù ce ne offre un assaggio. Le folle sono come sbandate e bussano ora con insistenza a quell'uomo indicato dal Battista come l'Agnello di Dio. Gesù li ascolta e si piega sulle loro ferite. L'uomo non vive di solo pane e si sa, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Tuttavia Gesù sa anche il bisogno materiale delle folle e risponde alle loro necessità. L'uomo di preghiera non può che essere uomo attento ai segni dei tempi alle aspirazioni, gioie e angosce dell'umanità.
Gesù chiede la nostra collaborazione dando noi stessi da mangiare alle folle affamate. I discepoli sono sempre impreparati alle richieste del Maestro e perplessi. Gesù riesce a sconvolgere la loro incredulità: pochi pani e pochi pesci sfama 5000 persone perfino donne e bambini non comprese nel conteggio. Mettere a disposizione il nostro poco può riuscire a diventare il tutto per tanti fratelli. Molto spesso siamo preoccupati. Il tempo non è sufficiente per aiutare in parrocchia ad esempio, eppure se ci pensassimo la somma dei nostri pochi minuti può essere preziosa. Non avanzano mai soldi abbastanza per aiutare i poveri eppure se ci privassimo di qualche sigaretta potremmo aiutare tanti bisognosi nelle nostre comunità.
Ecco quello che dobbiamo chiederci in questi giorni: qual è il mio piccolo che posso mettere a disposizione per fare grandi cose? Allora, se riusciamo a mettere in luce i nostri piccoli contributi che possiamo apportare nelle singole situazioni, vedremo che saremo in grado di fare i grandi miracoli della condivisione. Oggi, in un contesto in cui siamo alla ricerca di grandi segni e si presentano nel panorama religioso tanti pellegrinaggi con lo scopo di cercare lo straordinario, il Signore ci chiede di riscoprire il prodigio che è da sempre del miracolo che avviene nella condivisione, fatto da tanti piccoli gesti.
Risuona la frase di Madre Teresa di Calcutta, che sicuramente è conosciuta da tutti, ma che è doveroso ripeterci perché ci fa bene: "Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno".
Via tante remore, tanti ostacoli nel nostro cuore che ci induriscono e ci rendono poco attenti alle necessità dei fratelli. Chiediamo un cuore pronto nel servizio a chi ci sta intorno.

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04/08/2014 07:33
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Coraggio, sono io, non abbiate paura!

Ogni attimo della vita che Gesù ha vissuto sulla nostra terra è un grande insegnamento per noi. Dopo aver vissuto una giornata di lavoro intenso e faticoso, perché tutto intento nella realizzazione della volontà del Padre suo e solo di quella, il Signore lascia i suoi discepoli e si ritira tutto solo sulla montagna a pregare.
Perché Gesù prega? Prega perché sa quanto è facile cadere nella tentazione di compiere la propria volontà e non più quella di Dio. Il bene che Lui fa', anche il più piccolo, non può essere dettato da un suo sentimento, pensiero, desiderio e neanche dalla storia di sofferenza che con prepotenza bussa al suo cuore. Il bene che Lui deve fare è uno solo: realizzare sempre, in ogni momento, la volontà del Padre, i suoi desideri, il suo comando, la sua Parola.
È questa la differenza che vi è tra Gesù ed ogni altro uomo. Noi tutti facciamo il bene che il nostro cuore ci suggerisce. È un bene viziato dal nostro cuore. Manca ad esso la certezza dell'obbedienza. Per Gesù invece il bene era sempre obbedienza perfetta alla volontà del Padre. Ma Lui vive per fare la volontà del Padre. Vive in totale e perenne sottomissione a Lui. Questa gloria sempre ha reso al Padre suo. Lui lo afferma con estrema franchezza e limpida testimonianza ai Giudei: "Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite»" (Gv 8,25-29). Questa è la vita di Gesù: perenne sottomissione, costante obbedienza.
Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Compiuta la traversata, approdarono a Gennésaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.
Pietro invece non vive di obbedienza, non la conosce. Ancora si lascia muovere dai suoi pensieri, che sovente sono una vera tentazione per Gesù. Ora, come segno che è proprio Cristo Gesù, Colui che gli sta di fronte, chiede di poter camminare sulle acque come Gesù sta camminando. Pietro però non ha la fede di Gesù e neanche la sua preghiera. Lascia la barca, prova a camminare, si impaurisce e sta per affondare. Grida a Gesù che lo salvi. Sempre Gesù ha salvato Pietro, perché Lui sempre vive la sua missione come vera opera di salvezza. Gesù è sempre il Salvatore, sempre.
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05/08/2014 08:21
 
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don Luciano Sanvito
Accogliere il Regno

QUELLO CHE ESCE DALL'UOMO LO RENDE IMPURO...

Tutto il mondo attorno a noi può essere impuro e cattivo,...
Ma se non accogliamo in noi questa negatività, ecco che dal nostro cuore questa passa e va via, e non rimane, e da noi non uscirà mai questa negatività, questa impurità.

Tanti santi hanno convissuto con le esperienze del peccato e del male, ma mai ne sono rimasti invischiati, mai lo hanno condiviso, e quindi hanno mantenuto la loro santità, lasciando scorrere su di essi, come acqua del fiume su una roccia, tutto il male che scorreva...sempre fuori.

Non illudiamoci che il bene esteriore possa renderci davvero buoni.
Non spaventiamoci che il male esteriore possa contaminare il cuore.

Restiamo saldi e ancorati alla roccia che è il Cristo e la sua Parola.
Tutto il resto viene di conseguenza.

Tutto ciò che non si collega a Dio e alla sua azione di salvezza finirà comunque "in un fosso", come occasione di cecità morale.
Tutto quello che invece val la pena di accogliere come volontà di Dio, finirà nel nostro cuore e sarà destinato ad essere azione di salvezza.
Non abbiamo dunque paura di quello che entra, ma di quello che esce da noi.
ACCOGLIERE IL REGNO CI GARANTISCE LA PUREZZA DEL CUORE
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06/08/2014 07:22
 
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Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su 2Pt 1,16-19

Collocazione del brano

E' opinione ormai consolidata che la seconda lettera di Pietro non sia stata scritta da questo apostolo bensì da un personaggio autorevole della Chiesa che tra la fine del I secolo e l'inizio del II aveva raccolto e messo per iscritto il pensiero di Pietro a favore dei cristiani dell'Asia Minore provenienti dal paganesimo. In questa comunità si erano introdotti alcuni falsi maestri che interpretavano le scritture in modo da giustificare la propria condotta immorale e deridevano coloro che attendevano la seconda venuta del Signore. La lettera assume toni molto forti, in modo da riportare i cristiani alla retta dottrina. Il brano che la liturgia propone oggi è stato scelto poiché l'autore porta a sostegno delle sue argomentazioni l'evento della Trasfigurazione di Cristo, a cui aveva assistito anche Pietro.
Lectio

Carissimi 16 vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.

L'autore si appella alla solidità del Vangelo che è stato proclamato ai suoi destinatari. Non si tratta delle favole e dei miti, cioè le dottrine che circolavano in quel periodo nell'ambiente greco e giudaico e si riferivano soprattutto alla fine del mondo. Proprio contro queste dottrine si scaglia la seconda lettera di Pietro. L'autore fa appello a un fatto straordinario di cui è stato testimone.
17 Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: "Questi è il Figlio mio, l'amato, nel quale ho posto il mio compiacimento"

Il fatto prodigioso di cui l'autore è stato testimone è la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

Non solo egli manifestò tutta la sua gloria e il suo splendore, ma il Padre con la sua voce dal cielo lo ha dichiarato Figlio amato e oggetto di compiacimento. Il Padre viene indicato qui con un giro di parole tipico dello stile ebraico. Essi per non nominare il sacro nome di Dio, JHWH, lo chiamano Signore o con altri termini onorifici. Qui troviamo la "maestosa gloria".

Cristo nella trasfigurazione ricevette onore e gloria dal Padre. e con questo si sottolinea che in lui la maestà nascosta, la divinità fu rivelata anche all'esterno. Pertanto quando gli apostoli annunciano che Cristo ritornerà con grande maestà e gloria non inventano favole. Essi hanno già contemplato sul monte della Trasfigurazione la maestà divina di Cristo, con la quale egli ritornerà.
18 Questa voce noi l'abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte.

L'essere stati testimoni di questa manifestazione della gloria di Gesù Cristo e aver sentito la sua glorificazione da parte del Padre è una garanzia per gli apostoli che la loro predicazione non è stata inventata, non è una favola.
19 E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino.
E se ancora non bastasse questa testimonianza, la loro predicazione si fonda comunque sulla parola dei profeti, i quali avevano parlato in nome di Dio e avevano predetto l'incarnazione e la passione, morte e glorificazione di Cristo. Queste profezie sono rimaste come fiammelle nella notte e hanno aiutato i credenti a mantenere viva la loro fede. Anche oggi aiutano il popolo a rimanere fedele a Dio in attesa della manifestazione della gloria di Gesù al momento del ritorno glorioso di Cristo.
Meditiamo

- Quali sono le "favole" artificiosamente inventate dietro a cui rischiamo di perderci ancora oggi?

- Quale significato ha per me la trasfigurazione del Signore?

- Come leggo le parole dei profeti?
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07/08/2014 05:49
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa

Il cuore dell'uomo sempre dovrebbe esultare di stupore incontrollabile dinanzi alle opere del Signore. Il nostro spirito dovrebbe essere adorante, benedicente, in perenne atteggiamento di lode e di ringraziamento. Dovremmo gustare la stessa meraviglia provata dal Siracide: "Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l'Onnipotente, ha stabilito perché l'universo stesse saldo nella sua gloria. Egli scruta l'abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L'Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere. Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare. Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono. Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all'altra, egli non ha fatto nulla d'incompleto. L'una conferma i pregi dell'altra: chi si sazierà di contemplare la sua gloria?" (Sir 42,15-25).
Niente sulla terra è più bella della sua Chiesa. Essa è l'opera delle opere del Signore, il suo capolavoro. È il sublime di Dio. È l'opera alla quale Dio ha messo mano ed è sempre attento a che questo suo stupendo, meraviglioso, divino e umano capolavoro non solo conservi la sua bellezza originaria, in questa bellezza cresca di giorno in giorno fino a rivestirsi della stessa divina bellezza e santità. Tutti coloro che sono usciti da questa divina bellezza di unità, santità, grazia, verità, sono divenuti vanità. Si sono trasformati in lampade senza luce, in sale senza sapore, in parola senza verità, in strutture che non sono l'opera stupenda di Dio sulla nostra terra.
La Chiesa di Dio è stupendamente bella se rimane in eterno opera di Dio ed è opera di Dio se è edificata sulla roccia che è Pietro. Solo questa Chiesa sarà sempre rinnovata, purificata, elevata, aggiornata nella sua bellezza di verità, di grazia, di santità. Tutte le altre che non sono sul fondamento di Pietro, sono opere dell'uomo, non di Dio, non di Cristo, non dello Spirito Santo. Non essendo Dio il loro Autore, esse sono esposte ad ogni attacco degli inferi e miseramente cadono nelle tenebre e in ogni falsità. Sono chiese senza vera luce. La loro è una luce di razionalità umana, priva di ogni verità divina. Molte di esse, quasi tutte, sono anche senza la grazia sacramentale. Sono veramente povere, meschine soprannaturalmente parlando. Una chiesa che non si lascia fare perennemente da Dio, sarà sempre la chiesa di ieri e non di oggi, degli uomini e non di Dio, della terra non del cielo. Mai potrà essere portatrice nel mondo della più pura attuale verità, della grazia più santa e completa.
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08/08/2014 10:06
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Salvare o perdere la vita?

La «sequela» è un elemento essenziale in tutte le religioni. Implica non solo il seguire materialmente un maestro, un «gurù», un sapiente, ma soprattutto comporta l'imitazione e poi la testimonianza. I veri maestri infatti sono portatori di una dottrina e loro compito è quello di farla conoscere e poi tramandarla nei secoli futuri. Gesù oggi in modo molto breve, ma con espressioni dense di profondi significati detta le regole, le condizioni per essere suoi veri discepoli. Li sintetizza così: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Il rinnegamento di sé significa l'interiore predisposizione a rinunciare alle proprie convinzioni per abbracciare incondizionatamente quelle del maestro. È la prima condizione. Si tratta poi di prendere la croce: per noi credenti è il peso del ritorno a Dio dopo la disavventura del peccato, diventare capaci di non tanto di soffrire le inevitabili contrarietà della vita, ma ancor più di offrirle come motivo e prezzo di espiazione e di partecipazione alle sofferenze redentive del nostro divino maestro. Ci dice poi il Signore Gesù che dalla sequela come Egli ce la propone dipende la nostra salvezza eterna. Mettere la nostra esistenza al servizio di Dio significa garantirsi la salvezza. Al contrario pretendere di salvarci di nostra iniziativa significa incorrere in un tragico fallimento. Gesù lo afferma così: «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà». E così motiva la sua verità: «Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?». Questa è una convinzione che non ci dovrebbe abbandonare mai.
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09/08/2014 09:04
 
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Movimento Apostolico - rito romano
A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!"

Gesù è lo Sposo dell'umanità. Questa è la sua verità. È sposo per redenzione, conversione, fede, giustificazione, santificazione. Ogni uomo è chiamato a divenire suo corpo, suo vita, suo alito. Quando questo avviene? Quando l'uomo, dopo aver ascoltato la Parola del Vangelo, si converte, si lascia immergere nell'acqua e nello Spirito Santo, diviene nuova creatura, corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo. È in questo istante che lui diviene Chiesa e quindi sposa di Gesù Signore.

Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea, e là si tratteneva con loro e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c'era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: "Non sono io il Cristo", ma: "Sono stato mandato avanti a lui". Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui. (Gv 3,22-35).

Anche l'Apocalisse proclama questa verità. Cristo Gesù vuole celebrare le nozze eterne con la sua Sposa. Questa però viene prima purificata nel crogiolo della sofferenza, del dolore, del martirio. Diviene così un solo sangue versato in Cristo.

Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita. A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro. Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti. (Ap 22,16-21).

Lo Sposo verrà di certo. Le nozze eterne saranno celebrate. Ma come si attende lo sposo? Con una fede ricca di carità, misericordia, pietà, compassione, ogni opera buona. Lo si attende con una fede che è luminosa, perché trasformazione in vita di ogni Parola del Vangelo. Senza questa fede non possiamo celebrare le nozze eterne.

Se siamo nelle tenebre, cioè non luminosi, Gesù non potrà riconoscerci. Lui è luce eterna, divina, perenne. Non può celebrare le nozze celesti con un uomo fatto di tenebra, che non ha portato a compimento la sua trasformazione in luce vera.
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11/08/2014 07:32
 
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Riccardo Ripoli
Essi furono molto rattristati

Con i ragazzi siamo costretti a ripetere le cose diverse volte prima che le capiscano e ne comprendano il valore. Ogni volta che diamo loro una punizione non ne sono felici, ma pian piano iniziano a capire e ad accettare. Vediamo che quando un bambino arriva da noi per la prima volta, spesso si hanno reazioni anche aggressive o esagerate davanti ad una regola non rispettata, ma pian piano le cose cambiano e cominciano ad accettare per fiducia ciò che viene loro richiesto. Questo non vuol dire cambiare, ma iniziare a capire e sopratutto ad accettare un modo di vedere le cose diverso da come erano abituati.
Molti bambini, diventati grandi, ridono insieme a noi su dei comportamenti negativi che avevano in passato e osservano i nuovi con i loro piccoli errori, provano anche loro a parlarci, a spiegare quanto sarebbe facile accettare da subito e che ciò che viene detto è per il loro bene. Ma la crescita è un qualcosa di lungo e spesso doloroso, un filtro attraverso dobbiamo passare tutti.
Anche un adulto deve essere pronto a mettersi continuamente in discussione, a vedere il mondo da più posizioni.
Così è un cammino di Fede, dove è giusto rattristarsi per i nostri errori, ma parimenti accettare un modo diverso di vedere la vita, un modo che ci porta a gioire della morte terrena, a non pensare a noi, a perdonare anche coloro che si sono macchiati di un qualche crimine
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12/08/2014 07:34
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 18,1-5.10.12-14

1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre,
fa' crescere in noi lo spirito di figli adottivi,
perché possiamo entrare
nell'eredità che ci hai promesso.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 18,1-5.10.12-14
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli".


3) Riflessione

- Qui nel capitolo 18º di Matteo inizia il quarto grande discorso sulla Nuova Legge, il Discorso della Comunità. Come già è stato detto in precedenza (lunedì della 10a Settimana dell'Anno), il vangelo di Matteo scritto per le comunità dei giudei cristiani della Galilea e della Siria, presenta Gesù come il nuovo Mosè. Nel VT, la Legge di Mosè venne codificata nei cinque libri del Pentateuco. Imitando il modello antico, Matteo rappresenta la Nuova Legge in cinque grandi Discorsi: (a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29); (b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); (c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); (d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1-35); (e) Il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46). Le parti narrative intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come praticava ed incarnava la nuova Legge nella sua vita.
- Il vangelo di oggi riporta la prima parte del Discorso della Comunità (Mt 18,1-14) che ha come parola chiave i "piccoli". I piccoli non sono solo i bambini, ma anche le persone povere e senza importanza nella società e nella comunità. Gesù chiede che questi piccoli siano sempre nel centro delle preoccupazioni della comunità, poiché "il Padre non vuole che si perda nemmeno uno di questi piccoli" (Mt 18,14).
- Matteo 18,1: La domanda dei discepoli che provoca l'insegnamento di Gesù. I discepoli vogliono sapere chi è il più grande nel Regno. Il semplice fatto di questa loro domanda rivela che avevano capito poco o nulla del messaggio di Gesù. Il Discorso della Comunità, tutto intero, è per far capire che tra i seguaci e le seguaci di Gesù deve vigere lo spirito di servizio, di dono, di perdono, di riconciliazione e di amore gratuito, senza cercare il proprio interesse e la propria promozione.
- Matteo 18,2-5: Il criterio fondamentale: il minore è il maggiore. I discepoli chiedono un criterio per poter misurare l'importanza delle persone nella comunità: "Chi dunque è il più grande nel Regno dei Cieli?". Gesù risponde che il criterio sono i piccoli! I piccoli non hanno importanza sociale, non appartengono al mondo dei grandi. I discepoli devono diventare bambini. Invece di crescere verso l'alto, devono crescere verso il basso e verso la periferia, dove vivono i poveri, i piccoli. Così saranno i più grandi nel Regno! Il motivo è questo: "Chi riceve uno di questi piccoli, riceve me!" Gesù si identifica con loro. L'amore di Gesù verso i piccoli non ha spiegazione. I bambini non hanno merito. E' la pura gratuità dell'amore di Dio che qui si manifesta e chiede di essere imitata nella comunità da coloro che si dicono discepoli e discepole di Gesù.
- Matteo 18,6-9: Non scandalizzare i piccoli. Questi quattro versi sullo scandalo dei piccoli vengono omessi nel vangelo di oggi. Diamo un breve commento. Scandalizzare i piccoli significa: essere motivo per loro di perdita di fede in Dio ed abbandono della comunità. Matteo conserva una frase molto dura di Gesù: "Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare". Segno che in quel tempo molti piccoli non si identificavano più con la comunità e cercavano altri rifugi. E oggi, in America Latina, per esempio, ogni anno, circa 3 milioni di persone abbandonano le chiese storiche e vanno verso le chiese evangeliche. Segno questo che non si sentono a casa tra di noi. Cosa ci manca? Qual è la causa di questo scandalo dei piccoli? Per evitare lo scandalo, Gesù ordina di tagliare il piede o di cavare l'occhio. Questa frase non può essere presa letteralmente. Significa che si deve essere molto esigente nel combattere lo scandalo che allontana i piccoli. Non possiamo permettere, in nessun modo, che i piccoli si sentano emarginati nella nostra comunità. Poiché in questo caso, la comunità non sarebbe più un segno del Regno di Dio.
- Matteo 18,10-11: Gli angeli dei piccoli stanno alla presenza del Padre. Gesù evoca il Salmo 91. I piccoli fanno di Yavé il loro rifugio e prendono l'Altissimo quale loro difensore (Sal 91,9) e per questo: "Non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda; egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede". (Sal 91,10-12).
- Matteo 18,12-14: La parabola delle cento pecore. Secondo Luca, questa parabola rivela la gioia di Dio per la conversione di un peccatore (Lc 15,3-7). Secondo Matteo, rivela che il Padre non vuole che si perda nemmeno uno di questi piccoli. Con altre parole, i piccoli devono essere la priorità pastorale della Comunità, della Chiesa. Devono stare nel centro della preoccupazione di tutti. L'amore verso i piccoli e gli esclusi deve essere l'asse della comunità di coloro che vogliono seguire Gesù. Poiché è così che la comunità diventa la prova dell'amore gratuito di Dio che accoglie tutti.


4) Per un confronto personale

- Chi sono le persone più povere del nostro quartiere? Essi partecipano alla nostra comunità? Si sentono bene o trovano in noi un motivo per allontanarsi?
- Dio Padre vuole che nessuno dei piccoli si perda. Cosa significa questo per la nostra comunità?


5) Preghiera finale

Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti. (Sal 118)
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13/08/2014 07:25
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
La correzione fraterna e la gioia di «sciogliere».

Sgorga dal comandamento dell?amore il dovere di correggere il fratello. Molti per dovere e per missione debbono assolvere a tale compito perché maestri, educatori e comunque impegnati nell?insegnamento. La chiesa tutta, sin dalle origini, per comando dello stesso Cristo, ha ricevuto il mandato di andare di annunciare e di testimoniare le verità rivelate. Così il Regno di Dio si sta estendendo sino agli estremi confini della terra. Nella vita quotidiana sperimentiamo continuamente debolezze ed errori; ciò è insito nella nostra fragile natura umana. Come è importante e salutare allora che ogni volta ci sia accanto a noi un fratello che pieno di amore intervenga a darci la salutare correzione! Occorre però da ambo le parti, in chi corregge e in chi riceve l?ammonizione, la bella virtù dell?umiltà, che ci consente di dare e di accogliere quanto viene suggerito nel modo migliore. Invocare la libertà dell?individuo per esimersi dal correggere o dal ricevere la correzione è un gravissimo errore che induce al lassismo e a gravi mancanze di carità cristiana. È intimamente legata alla correzione fraterna la legge del perdono, la capacità di sciogliere i lacci del male, i desideri di vendetta e le barriere dell?odio. Senza questa virtù dovremmo rassegnarci a vivere in continua tensione, in incessanti conflitti famigliari e di ben più ampie proporzioni, come frequentemente accade. Dovremmo essere per vocazione e per grazia, costruttori di pace perché datori di perdono. Non dovremmo mai dimenticare che Cristo si è incarnato, ha accettato la passione e la morte proprio per garantirci il perdono, per scioglierci dai lacci del male e garantirci la risurrezione finale
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14/08/2014 07:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette

Il perdono è essenza, sostanza, natura, verità della nostra fede. La nostra è prima di tutto fede nel perdono, compassione, carità, pietà di Dio verso ogni uomo e di ogni uomo verso i suoi fratelli. Tutti siamo chiamati a manifestare quanto è grande la misericordia di Dio, perdonando coloro che in qualche modo ci hanno offeso o ci hanno arrecato un danno: "Padre, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo, abbiamo già rimesso ai nostri debitori".
Il perdono va dato sempre. Mai ci dobbiamo rifiutare di concederlo. Non ci sono colpe imperdonabili, che non debbano essere cancellate dal nostro cuore e dalla nostra mente. Il nostro perdono è condizione necessaria perché Dio rimetta la malizia della nostra colpa. Se noi non perdoniamo, neanche Dio ci perdonerà e noi moriremo nei nostri peccati. Dura sarà la nostra pena a causa del rifiuto di cancellare le altrui colpe. Vale proprio la pena leggere quanto Gesù oggi insegna a Pietro.
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Noi siamo chiamati a perdonare i nostri fratelli, perché il Signore ha legato il suo perdono al nostro. Il suo è sempre perdono sotto condizione. Se noi perdoniamo, lui ci perdona. Se noi chiediamo giustizia, anche Lui chiederà giustizia. Se noi saremo larghi nella misericordia anche Lui sarà larghissimo nella pietà. Lui lo ha detto e la sua Parola è immutabile per i secoli eterni: con la misura con la quale noi misuriamo nel perdono, nella carità, compassione, pietà, elemosina, aiuto, saremo misurati noi in cambio.
Se invece noi ci chiudiamo nella nostra sete di giustizia, vendetta, ostinazione nel richiedere ciò che è nostro o ci è dovuto, anche Dio chiuderà il suo cuore e per noi ci potrà essere solo la via della perdizione eterna. Il Salmo lo insegna con infinita chiarezza: "Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore" (Sal 130 (129),3-4). Dinanzi al Signore nessuno si potrà presentare con le sue colpe. Queste sono troppo grandi per essere perdonate. Se invece ci presenteremo con il nostro totale perdono, anche noi saremo perdonati.
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15/08/2014 08:17
 
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Commento a cura di don Davide Arcangeli

L'apocalisse sembra parlare il linguaggio misterioso della fine del mondo, in realtà i suoi simboli sono talmente potenti da attraversare tutta la storia dell'umanità. Da un lato troviamo la sagoma enorme e spaventosa del drago rosso, che rappresenta la forza del male in opera nella storia. Dall'altro troviamo una donna che vive nel dolore e nelle doglie del parto, vestita di sole, con una corona di dodici stelle e la luna sotto i suoi piedi. Questa donna è la Chiesa, che è avvolta dal sole dello Spirito Santo, della resurrezione di Gesù, e che ha una corona di dodici stelle che sono le dodici tribù di Israele e i dodici apostoli. La luna sotto i suoi piedi rappresenta il tempo su cui la Chiesa ormai regna sovrana, come realtà che gode del Regno inaugurato con la resurrezione di Gesù. Ma nello stesso tempo vive nella storia e dunque soffre le doglie del parto, il dolore della nascita dei figli di Dio. Il bambino che viene salvato dal tentativo omicida del drago è la discendenza dei figli di Dio, insieme con il Figlio per eccellenza, il Messia Gesù Cristo.
Questi simboli contrappongono in modo netto l'umile potenza di Dio, che si manifesta nella generazione e nella fecondità, con la superba potenza del male, che si manifesta in forme grottesche e mostruose. Alla fine la vittoria spetta all'umiltà di Dio, al mistero della fecondità, scritto già nella pagine della creazione del mondo, come parola che si compie e pienamente si manifesta nella vita della Chiesa. Beata colei che ha creduto nel compimento della Parola del Signore afferma Elisabetta a Maria! La fecondità della Chiesa è anticipata dalla fecondità di Maria, non solo fisica, ma anche spirituale. Ella è madre non solo perché ha generato un figlio dal punto di vista biologico, ma anche perché ha creduto nella potenza della Parola di Dio nella sua vita.
Anche la nostra vita può essere dunque caratterizzata da questa misura alta di fecondità. In famiglia, nella relazioni lavorative, nella comunione ecclesiale siamo fecondi nella misura in cui permettiamo alla parola di Dio di prendere possesso in noi, di modificare la nostra mentalità, di correggere i nostri atteggiamenti di giudizio nei confronti delle persone. Siamo fecondi se ci spogliamo dalle tentazioni di possesso, di invidia, di egoismo, di attaccamento a noi stessi, per aderire alla realtà e alle possibilità di bene e di amore che sono nascoste in essa.
Il Signore a volte ci nasconde quanto bene è presente nella realtà intorno a noi, perché vuole che lo cerchiamo, che ci mettiamo in gioco, che usciamo da noi stessi per incontrare gli altri, e l'Altro in loro. Questo incontro è di per se fecondo!
Il vertice di questo percorso di fecondità è l'assunzione di Maria, come trasformazione e generazione al cielo. Da li Maria ci attira a Suo Figlio per la potenza dello Spirito Santo, e contribuisce a rigenerarci come figli di Dio. Proprio per questo suo ruolo particolare nella storia della salvezza possiamo davvero pregarla senza alcuna paura.
Spesso si sente dire che la preghiera mariana, in particolar modo il rosario, è inutile e ripetitivo. Ma quando devi dire ti voglio bene ad una persona che ami, glielo dici una volta sola o glielo ripeti? La pazienza di ripetere, che è al cuore di ogni amore umano, è la caratteristica di questa preghiera in cui ogni mistero è come avvolto dalla ruminazione dell' ave Maria, intessuta di frasi evangeliche. Maria ci conduce a Gesù, per le sue mani possiamo offrirci a lui ben consapevoli che il suo cuore di madre è solidale con le nostre sofferenze e fatiche e al contempo in profonda comunicazione con il cuore di Cristo, fonte dello Spirito.
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16/08/2014 08:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me

Con il peccato l'uomo ha reso pesante la sua mente, da spirito l'ha fatta divenire di piombo. Ha tolto da essa la saggezza e vi ha posto la stoltezza. L'ha privata della luce e vi ha messo le tenebre. Il Libro della Sapienza così parla della mente dell'uomo: "Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall'alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza" (Sap 9,13-18).
L'uomo pensa, tra il suo pensiero e la verità vi è però l'abisso della falsità che inquina ogni sua riflessione, pur nella sua buona volontà. Nasce allora tutto un mondo di pensieri errati che noi curiamo e coltiviamo come ottimi, meravigliosi, stupendi. Diamo ad essi anche il nome di scienza, verità, dottrina acquisita, patrimonio dell'umanità, conquista irrinunciabile. E tutto questo altro non è che un frutto della nostra mente che è errata, perché incapace di pensare il bene, il meglio, l'ottimo per sé e per gli altri.
Oggi si fa un gran parlare sul battesimo dei bambini. Molti vi si oppongono adducendo come motivazione che questa decisione deve essere presa dal soggetto nell'età adulta, quando è capace di discernere e di orientare in modo irrevocabile la sua vita. Questa decisione vale solo per la fede. Per tutto il resto poi il bambino è orientato fin dal seno materno e condotto su strade di menzogna, falsità, inganno. Si costruisce per lui tutta una vita di male e lo si immerge anche nel peccato, per costrizione e non di certo per libera scelta. Questo è uno dei tanti frutti della nostra mente errata, sbagliata, incapace di pensare il bene per se stessa e per ogni altro.
Il principio che deve guidarci è invece ben altro: al bambino si deve dare il più grande bene, quello vero, perfetto, santo, sempre. Chi discerne questo bene è il padre e la madre, cui è stato affidato da Dio il compito di "obbligare", cioè "legare al bene più grande per un fine altrettanto grande", i propri figli, fino a quando sono sotto la loro custodia, protezione, conduzione. È il genitore il responsabile dinanzi a Dio e al mondo della verità della vita del figlio. È lui che deve scegliere, sempre però con coscienza retta, santamente formata, libera da ogni condizionamento di male e di peccato. La scelta di condurre a Cristo il figlio è cosa buona, ottima, perfetta, perché Cristo Gesù è la verità anche del bambino, chiamato anche lui a lasciarsi illuminare dalla sua luce.
Quando però un uomo vive con la mente gravata dal peccato, l'errore lo conquista e lo conduce, gli fa pensare che al bambino non si debba dare la luce della fede, perché è giusto che cresca nelle tenebre del mondo. Questa stoltezza oggi ci governa e ci seduce. Il suo frutto però è sempre la morte sia fisica che spirituale. Oggi essendo molti bambini abbandonati a se stessi, non obbligati più alla verità e alla sana moralità, stanno crescendo con il solo pensiero del male nel loro cuore. Domani nessuno più li potrà aiutare, perché essi ormai hanno il gusto e il sapore del peccato nel loro corpo.
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17/08/2014 07:45
 
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Wilma Chasseur
Gesù va all'estero

"Partito di là, si diresse verso le parti di Tiro e Sidone". Gesù va dunque all'estero: l'area siro-fenicia, secondo la mentalità giudaica consolidata dell'epoca, era considerata zona straniera. In base a canoni socio-culturali ben precisi, i Cananei venivano considerati pagani, cioè non appartenenti al popolo d'Israele. Gesù era dunque sempre in movimento, instancabile annunciatore del Vangelo.

Per chi è venuto Gesù?


Di giorno capitava che, assieme agli apostoli, non avesse neppure il tempo di mangiare, tanta era la folla che gli faceva ressa intorno. E di notte, capitava che passasse intere notti a pregare il Padre suo. Forse perché sapeva che il suo tempo sarebbe durato solo tre anni? O forse perché lo zelo per la casa del Padre lo divorava? Probabilmente per entrambi i motivi: certamente Gesù sapeva che gli restavano solo tre anni da vivere, ma nello stesso tempo lo zelo per l'annuncio del Regno lo divorava, anche se in questo Vangelo vediamo una battuta d'arresto. Alla donna Cananea dice senza mezzi termini di essere venuto solo per Israele e che "non è bene prendere il pane dei figli per darlo ai cagnolini". Che fulmine a ciel sereno!... Ma la Cananea non ha fatto neanche una piega, neanche un minimo sussulto e insiste pacata e imperterrita di poter mangiare almeno le briciole riservate ai cagnolini (questa sì che è umiltà!). Ed ecco che avviene l'incredibile, la donna per niente offesa di essere stata paragonata ai cagnolini, continua ad insistere, tanto da suscitare addirittura l'ammirazione di Gesù che la loda apertamente. "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri" E subito sua figlia fu liberata.

Meno male che non si diedero retta


Meno male che nessuno dei due, Gesù e la donna, diede retta a quel che diceva l'altro: non tennero conto né della prima richiesta né della prima risposta: se la donna avesse preso per buona la prima risposta di Gesù se ne sarebbe andata come un cagnolino con le orecchie penzoloni e non ne sapremmo assolutamente nulla di lei. E meno male che Gesù non l'ha esaudita subito perché così veniamo a conoscenza della grandissima fede della Cananea, lodata addirittura da Gesù che l'ha messa sul candelabro per illuminare tutti noi quando sperimentiamo il silenzio di Dio, e dobbiamo prenderla come modello e patrona. Dobbiamo cioè, continuare a inseguire Gesù e a insistere finché si fermi e ci ascolti, perché qui vediamo che lui ascolta anche quando non ascolta e si ferma anche quando va avanti... E' la nostra fede in Lui che non deve mai fermarsi e l'impossibile diverrà possibile. E' la nostra speranza che non deve mai fermarsi per andare oltre i suoi silenzi. Allora sentiremo la sua risposta... Ma qui vediamo, come diceva Padre Cantalamessa, che addirittura Gesù ha sperato... Ha sperato che la donna non si bloccasse al suo primo apparente diniego; ha sperato che insistesse per poter poi lodare la sua fede e tramandarla ai posteri come modello di fede incrollabile che ottiene anche l'impossibile.

Oltre il silenzio


Per l'ennesima volta dunque assistiamo a questa scena prodigiosa: da Gesù emanava una forza straordinaria che sanava ogni tipo di male, naturale o soprannaturale. Cos'era mai questa forza misteriosa? Era il Suo stesso Spirito. Gesù guariva liberava, risuscitava in forza dello Spirito Santo. E guarisce ancora! E libera ancora! E salva ancora e sempre perché Gesù è vivo oggi: è qui presente e cammina con noi fino alla consumazione dei secoli. Chiediamo la fede granitica della donna Cananea: fede che non si arresta davanti agli apparenti silenzi del Maestro, ma sa andare oltre e giungere dritta al suo Cuore.
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18/08/2014 07:33
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 19,16-22
In quel tempo, ecco un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?" Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". Ed egli chiese: "Quali?"
Gesù rispose: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso". Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?" Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".
Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci parla della storia di un giovane che chiese a Gesù quale è il cammino per la vita eterna. Gesù gli indica il cammino della povertà. Il giovane non accetta la proposta di Gesù, perché è molto ricco. Una persona ricca è protetta dalla sicurezza della ricchezza che possiede. Ha difficoltà ad aprire la mano della sua sicurezza. Afferrata ai vantaggi dei suoi beni, vive preoccupata in difesa dei suoi interessi. Una persona povera non ha questa preoccupazione. Ma ci sono poveri con la mentalità di ricchi. Molte volte, il desiderio di ricchezza crea in loro una grande dipendenza e rende il povero schiavo del consumismo, poiché ricerca la ricchezza dappertutto. Non ha più tempo di dedicarsi al servizio del prossimo.
? Matteo 19,16-19: I comandamenti e la vita eterna. Una persona si avvicina a Gesù e gli chiede: "Maestro, cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?" Alcuni manoscritti dicono che si tratta di un giovane. Gesù risponde bruscamente: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono!" Dopo risponde alla domanda e dice: "Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti". Il giovane reagisce e chiede: "Quali comandamenti?" Gesù ha la bontà di enumerare i comandamenti che il giovane doveva già conoscere: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso". É molto significativa la risposta di Gesù. Il giovane aveva chiesto cosa fare per ottenere la vita eterna. Voleva vivere accanto a Dio! Ma Gesù ricorda solo i comandamenti che dicono rispetto per la vita accanto al prossimo! Non menziona i tre primi comandamenti che definiscono la relazione con Dio! Secondo Gesù, staremo bene con Dio solo se sapremmo stare bene con il prossimo. A nulla serve ingannarsi. La porta per giungere a Dio è il prossimo.
In Marco, la domanda del giovane è diversa: "Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" Gesù risponde: "Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono, e nessun altro!" (Mc 10,17-18). Gesù devia l'attenzione da se stesso verso Dio, perché ciò che importa è fare la volontà di Dio, rivelare il Progetto del Padre.
? Matteo 19,20: Osservare i comandamenti, a cosa serve? Il giovane risponde: "Ho sempre osservato tutte queste cose. Che mi manca, ancora?" Ciò che segue è strano. Il giovane voleva conoscere il cammino che porta alla vita eterna. Ora, il cammino della vita eterna era e continua ad essere: fare la volontà di Dio, espressa nei comandamenti. Detto con altre parole, il giovane osservava i comandamenti senza sapere a cosa gli servivano! Se lo avesse saputo, non avrebbe fatto la domanda. E' come per molti cattolici che non sanno perché sono cattolici. "Sono nato cattolico, per questo lo sono!" E' come se fosse un'usanza!
? Matteo 19,21-22: La proposta di Gesù e la risposta del giovane. Gesù risponde: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi". Udito questo, il giovane se ne andò molto triste, perché era molto ricco. L'osservanza dei comandamenti è appena il primo grado di una scala che va molto più in là e più in alto. Gesù chiede di più! L'osservanza dei comandamenti prepara la persona per potere giungere al dono totale di sé al prossimo. Marco dice che Gesù guarda il giovane con amore (Mc 10,21). Gesù chiede molto, ma lo chiede con molto amore. Il giovane non accetta la proposta di Gesù e si allontana, "perché era molto ricco".
? Gesù e l'opzione per i poveri. Una duplice schiavitù marcava la situazione della gente all'epoca di Gesù: la schiavitù della politica di Erode, appoggiata dall'Impero Romano e mantenuta da tutto un sistema bene organizzato di sfruttamento e di repressione, e la schiavitù della religione ufficiale, mantenuta dalla autorità religiose dell'epoca. Per questo, il clan, la famiglia, la comunità, si stavano disintegrando e una grande parte della gente era esclusa, emarginata, senza dimora, né una religione e una società. Per questo c'erano diversi movimenti che, come Gesù, cercavano di rifare la vita nelle comunità: esseni, farisei e più tardi, gli zelati. Ma nella comunità di Gesù, c'era qualcosa di nuovo che la differenziava dagli altri gruppi. Era l'atteggiamento dinanzi ai poveri ed agli esclusi. Le comunità dei farisei vivevano separate. La parola "fariseo" voleva dire "separato". Vivevano separate dalla gente impura. Alcuni farisei consideravano la gente ignorante e maledetta (Gv 7,49), in peccato (Gv 9,34). Non imparavano nulla dalla gente (Gv 9,34). Gesù e la sua comunità, al contrario, vivevano in mezzo alle persone escluse, considerate impure: pubblicani, peccatori, prostitute, lebbrosi (Mc 2,16; 1,41; Lc 7,37). Gesù riconosce la ricchezza e il valore che i poveri possiedono (Mt 11,25-26; Lc 21,1-4). Li proclama beati, perché loro è il Regno, dei poveri (Lc 6,20; Mt 5,3). Definisce la sua missione così: "annunciare la Buona Novella ai poveri" (Lc 4, 18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra su cui reclinare la testa (Lc 9,58). E a chi vuole seguirlo per vivere come lui, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Ordina di scegliere i poveri, come propose al giovane ricco! (Mc 10,21) Questo modo diverso di accogliere i poveri e di vivere con loro è una dimostrazione del Regno di Dio.


4) Per un confronto personale

? Una persona che vive preoccupata per la sua ricchezza o con l'acquisto di beni che la propaganda del consumismo le offre, potrà liberarsi da tutto questo per seguire Gesù e vivere in pace in una comunità cristiana? É possibile? Cosa ne pensi?
? Cosa significa per noi oggi: "Va, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri"? É possibile fare questo letteralmente? Conosci qualcuno che è riuscito a lasciare tutto per il Regno?


5) Preghiera finale

Su pascoli erbosi il Signore mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome. (Sal 22)
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19/08/2014 06:26
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli

Oggi Gesù proclama che difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. È una affermazione che merita di essere ben compresa. Una interpretazione letterale è altamente deleteria. Chi può aiutarci a comprendere la Parola di Gesù è il Salmo.

Solo in Dio riposa l'anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme come un muro cadente, come un recinto che crolla? Tramano solo di precipitarlo dall'alto, godono della menzogna. Con la bocca benedicono, nel loro intimo maledicono. Solo in Dio riposa l'anima mia: da lui la mia speranza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio. Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore: nostro rifugio è Dio. Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini: tutti insieme, posti sulla bilancia, sono più lievi di un soffio. Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore. Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: la forza appartiene a Dio, tua è la fedeltà, Signore; secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo (Sal 62 (81) 1-13).

La ricchezza condannata da Gesù non è quella materiale. Questa non manda all''inferno nessuna persona. Anzi potrebbe essere uno strumento di grande salvezza. La ricchezza che ci manda in perdizione in vita e dopo la morte è quella che ci fa sostituire Dio con essa. Quando i beni di questo mondo prendono il posto di Dio, quando noi pensiamo che la nostra vita è dalla nostra ricchezza, è allora che siamo divenuti idolatri ed empi e per idolatri ed empi non c'è salvezza. Dio è stato escluso dal loro cuore. Non c'è più posto in esso per la verità, la giustizia, la misericordia, la pietà, la compassione, l'elemosina, il vero amore verso l'uomo.

È Dio la fonte, la sorgente, il principio e il fine della nostra vita. Quando sorgente, fonte, principio e fine della vita diviene la ricchezza, allora si è già nella morte dell'anima, dell'intelligenza, dello spirito, dei sentimenti, del cuore. Questa morte mentre si è nel corpo, si trasformerà in morte eterna. Dio è stato escluso nella vita, sarà anche escluso nella morte. La ricchezza è stato il nostro Dio sulla terra, sarà anche dopo. Ma la ricchezza non può dare vita eterna. Essa è una cosa. Non è vita. Non è la vita.

La possibilità che il ricco si salvi è una sola: spostare la verità della sua mente, del suo cuore, della sua intelligenza. Dal confidare nella ricchezza al confidare, al fidare solo in Dio, nella sua bontà, misericordia, carità, amore, provvidenza, vita. Dio è la nostra vita sulla terra e nei cieli, nel tempo e nell'eternità. Quando si entra in questa conversione, allora i beni della terra vengono all'istante trasformati in strumenti per amare di più, non sono più essenziali alla nostra vita, perché la vita non è da essi. È l'idolatria il veleno mortale per ogni uomo. La ricchezza è vera idolatria quando prende il posto di Dio nella nostra vita. È questa però una idolatria stupida, insensata, empia e malvagia. Anche la povertà potrebbe essere la grande idolatria dell'uomo. Essa è vera idolatria quando la si vuole annullare nell'empietà e nella trasgressione dei comandamenti. Quando si vuole togliere Dio dalla povertà.
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20/08/2014 07:58
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16a
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Così gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi narra una parabola che solo Matteo riporta. Non c'è negli altri vangeli. Come in tutte le parabole, Gesù racconta una storia fatta di elementi quotidiani della vita della gente. Lui fa un ritratto della situazione sociale del suo tempo, in cui gli uditori si riconoscono. Ma nello stesso tempo, nella storia di questa parabola, avvengono cose che non avvengono mai nella realtà della vita della gente. Perché, parlando del padrone, Gesù pensa a Dio, a suo Padre. Per questo, nella storia della parabola, il padrone fa cose sorprendenti che non avvengono nella vita quotidiana degli uditori. In questo atteggiamento strano del padrone bisogna trovare la chiave per capire il messaggio della parabola.
? Matteo 20,1-7: Le cinque volte che il padrone esce alla ricerca degli operai. "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna." Così inizia la storia che parla da sé e non ha bisogno di molti commenti. In ciò che segue, il padrone esce quattro volte a chiamare gli operai perché vadano a lavorare nella sua vigna. Gesù allude alla terribile mancanza di impiego di quell'epoca. Alcuni dettagli della storia:
(a) Il padrone stesso esce personalmente cinque volte per contattare operai.
(b) Quando contatta gli operai, fissa il salario solo con il primo gruppo: un denaro al giorno. A quelli delle nove del mattino dice: Quello che è giusto, ve lo darò. Con gli altri non fissò nulla. Li contattò solo per lavorare nella vigna.
(c) Alla fine della giornata, quando si trattava di dar la paga agli operai, il padrone ordina all'amministratore di occuparsi di questo servizio.
? Matteo 20,8-10: Lo strano modo di fare i conti alla fine della giornata. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Qui, nel momento di fare i conti, avviene qualcosa di strano, che non avviene nella vita normale. Sembra che le cose si invertano. Il pagamento inizia da coloro che sono stati contattati appena qualche ora prima. Il pagamento è uguale per tutti: un denaro, come era stato combinato con coloro contattati all'inizio della giornata. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. Perché il padrone agisce così? Tu faresti così? E' proprio in questo gesto sorprendente del padrone che è nascosta la chiave del messaggio di questa parabola.
? Matteo 20,11-12: La reazione nomale degli operai dinanzi allo strano atteggiamento del padrone. Gli ultimi a ricevere il salario sono quelli contattati per primi. Costoro, dice la storia, nel ricevere il pagamento cominciano a mormorare contro il padrone e dicono: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". E' la reazione normale del buon senso. Penso che tutti noi avremmo la stessa reazione e diremmo la stessa cosa al padrone. O no?
? Matteo 20,13-16: La spiegazione sorprendente del Padrone che fornisce la chiave della parabola. La risposta del padrone è questa: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?" Queste parole danno la chiave che spiega l'atteggiamento del padrone e indica il messaggio che Gesù ci vuole comunicare:
(a) Il padrone non fu ingiusto, poiché agisce d'accordo con quello che aveva stipulato con il primo gruppo di operai: un denaro al giorno.
(b) E' decisione sovrana del padrone dare agli ultimi la stessa paga che aveva stipulato con quelli della prima ora. Costoro non hanno diritto a reclamare.
(c) Agendo con giustizia, il padrone ha diritto di fare il bene che lui vuole con le cose che gli appartengono. L'operaio da parte sua ha questo stesso diritto.
(d) La domanda finale tocca il punto centrale: Oppure, tu sei invidioso perché io sono buono? Dio è diverso! I suoi pensieri non sono i nostri pensieri (Is 55,8-9).
? Lo sfondo della parabola è la congiuntura di quell'epoca, tanto di Gesù come di Matteo. Gli operai della prima ora sono il popolo ebreo, chiamato da Dio a lavorare nella sua vigna. Loro sopportano il peso della giornata, da Abramo a Mosè, da oltre mille anni. Ora, nell'undicesima ora, Gesù chiama i pagani a lavorare nella sua vigna e loro giungono ad avere la preferenza nel cuore di Dio. "Così, gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi".


4) Per un confronto personale

? Quelli dell'undecima ora arrivano, hanno vantaggi e ricevono priorità nella fila d'entrata del Regno di Dio. Quando tu aspetti due ore in fila, ed arriva una persona che senza dir nulla ti si mette davanti, tu l'accetteresti? Le due situazioni sono paragonabili?
? L'azione di Dio supera i nostri calcoli e il nostro modo umano di agire. Lui sorprende e a volte è scomodo. E' successo a volte nella tua vita? Che lezione ne hai tratto?


5) Preghiera finale

Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni. (Sal 22)
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21/08/2014 05:54
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
La figlia data in olocausto e l?invito rifiutato

Due episodi sconcertanti e strani: l?uno ci presenta Ièfte che, per tenere fede ad un voto fatto, offre in olocausto la propria figlia e l?altro un re il cui invito ad un pranzo di nozze viene rifiutato da tutti. Se il primo è plausibile, il secondo è iperbolico. Mentre nel brano tratto dai Giudici, il sacrificio umano, seppure fa inorridire, ha una sua spiegazione con una certa contaminazione che Israele ha ricevuto in trecento anni di convivenza con le popolazioni indigene e con un perverso senso religioso, che promette ciò che Dio stesso proibisce, nel vangelo c?è una trama surreale che ci fa stare a disagio, che ci fa come compatire e compiangere questo re tanto bistrattato. Fuor di metafora, tutti noi sappiamo qual è il senso di questa parabola: se Israele rifiuta l?invito di Dio, Egli inviterà altri. Alla fine del racconto vi è l?episodio ermetico dell?invitato senza la veste nuziale: anche coloro che accolgono l?invito, possono non dimostrarsi all?altezza di tanto onore. Se la prima parte la rivolgiamo agli Israeliti, la seconda dovremmo cercare di applicarla a ciascuno di noi. Possiamo infatti, benché invitati non essere degni del dono ricevuto. Cerchiamo di riscoprire in questa giornata il nostro Battesimo, non solo la gratuità con cui ci è stato donato, ma la grandezza della dignità che in esso abbiamo ricevuto. Un?ultima annotazione sulla prima lettura: Iefte, si badi bene, riceve lo spirito del Signore (v. 29), ma questo non gli impedisce di fare e di adempiere quel voto empio. La scelta da parte di Dio di una persona, non preserva questa da errori. Nessuno è infallibile, è vero, anche se talvolta dovremmo esercitare il buon senso che ci indurrebbe a non compiere tante idiozie.
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22/08/2014 07:45
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Questo è il grande e primo comandamento

I farisei vogliono la morte di Gesù. Hanno però bisogno di un pretesto legale per poterlo accusare e toglierlo di mezzo. Per questo cercano di farlo cadere in qualche parola pronunciata dalla sua bocca. È sufficiente una sola frase considerata da loro blasfema per una immediata sentenza di lapidazione. Gesù però conosce la malizia del loro cuore. Sa quali sono le loro vere intenzioni e risponde sempre con somma sapienza e intelligenza nello Spirito Santo. Dalla sua bocca esce sempre una parola purissima di verità e nessun cuore, neanche il più malvagio, la potrà mai dichiarare bestemmia. Solo dinanzi al sinedrio, sotto giuramento, Gesù è obbligato a dichiarare la sua eterna e divina verità, la sua vera identità di Figlio dell'uomo. È accusato di bestemmia e consegnato a Pilato, il solo a quei tempi con potere di vita e di morte.
I farisei studiano come far cadere Gesù. Gli pongono una domanda complessa, difficile, a loro giudizio, inestricabile. Le scuole del tempo erano divise sull'argomento. La risposta di Gesù senz'altro avrebbe messo fuori gioco qualche grande maestro che di certo sarebbe insorto contro di Lui. Gesù invece con semplicità divina riporta tutto alla Parola del Padre suo. Vi è la rivelazione. Ad essa ci si deve rivolgere quando si vuole dare ad ogni questione una risposta sicura. La rivelazione è manifestazione della divina volontà e contro di essa non vi possono mai essere pensieri differenti.
Questa metodologia di Gesù va osservata sempre. Anche oggi si parla di comandamenti più importanti, meno importanti. Si discute su norme morali assolute, meno assolute, insignificanti, non utili, da modificare, trasformare, rinnovare. Si fa un grande chiasso anche attorno a delle verità centrali della nostra fede quali la misericordia di Dio, la sua giustizia, il futuro eterno dell'uomo, ma anche il modo più idoneo per essere oggi Chiesa vera del Dio vivente. Sarebbe sufficiente servirci del metodo di Cristo Gesù per dare soluzione vera ad ogni nostra domanda. Invece sempre si parte dal cuore dell'uomo, dai suoi desideri, dal suo peccato.
Il cuore dell'uomo non è principio di verità, di moralità, di rette regole da osservare. Nel cuore dell'uomo regna il peccato e le sue norme sono sempre la giustificazione del malessere che lo rode e corrode dentro. Urge invece partire sempre dal cuore di Dio. È Dio la sorgente della verità, della moralità, della giustizia, delle sane regole per la celebrazione bene ordinata e santa del nostro culto. Il cuore del Padre è tutto nel cuore di Cristo. Il cuore di Cristo è posto interamente nella sua Parola. Si prende la Parola in mano, la si legge. Si invoca lo Spirito Santo perché ce ne offra la verità tutta intera. Si dona soluzione giusta a tutte le problematiche che ci affliggono.
Il desiderio dell'uomo è utile per un solo fine: interrogare con sapienza e intelligenza di Spirito Santo la divina Parola di Gesù Signore. È il Vangelo che deve offrirci ogni soluzione. Il Vangelo però va letto non con il cuore di peccato, bensì con il cuore ricolmo di Spirito Santo, pieno di saggezza e intelligenza divina, luce eterna e purissima verità. Se ignoriamo questa verità, possiamo dare anche delle soluzioni per noi ritenute santissime, ma poiché esse non vengono ratificate da Dio, non saranno mai soluzioni di vita, bensì apertura di ogni porta verso la morte. Gesù invece, divinamente saggio e illuminato, legge secondo verità la Parola del Padre e in essa trova ogni risposta a tutte le domande che farisei, scribi, sadducei gli pongono per farlo cadere e così avere di che accusarlo per una immediata e pronta condanna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la metodologia di Gesù.
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23/08/2014 07:25
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Ma non agite secondo le loro opere

Gesù vuole che ogni suo discepolo sia un vero maestro nella trasmissione della Parola di Dio. La sua cattedra però mai dovrà essere il libro, preso tra le mani, letto con occhi di carne, interpretato con occhio di peccato, trasmesso con intelligenza depravata. Lui dovrà insegnare la Parola servendosi di un'altra cattedra, quella cioè della perfetta esemplarità della sua vita. Cambia terribilmente ogni cosa.
Lui dovrà prendere il libro in mano, mangiarlo, facendolo divenire sua carne, suo sangue, sua vita quotidiana. A lui è chiesto di insegnare ciò che vive. Dovendo però dare ad ogni uomo tutta la divina Parola è più che urgente che lui sia in tutta la Parola e non in una sola parte. L'esemplarità in lui non solo dovrà essere perfetta in parte, in quelle cose che riesce a vivere, dovrà essere totale, verso ogni Parola di Dio. Nulla da lui dovrà essere tralasciato, neanche i più piccoli, i minimi precetti della legge di Dio.
Quando l'insegnamento viene offerto dalla più alta, universale esemplarità con la Parola del Signore, quando il discepolo di Gesù è Vangelo vivente, lo Spirito Santo è nel suo cuore e da esso attrae molte altre anime alla Parola. L'esemplarità perfetta ci fa essere maestri e missionari per attrazione. Lo Spirito Santo che è in noi non viene ostacolato in nulla. Anzi a Lui è data ogni libertà di poter agire sempre secondo la sua eterna e divina sapienza per la conversione di molti cuori.
Oggi nella Chiesa di Dio serpeggia un grave pericolo. Si vuole da molti la legalizzazione del peccato, del vizio, della trasgressione, della disobbedienza a Dio e ai suoi comandamenti. Questa legalizzazione è impossibile che possa avvenire. La Chiesa esiste sulla terra per un solo fine: insegnare dalla sua perfetta esemplarità la via del Signore. Se la Chiesa insegna dallo scandalo e dalla trasgressione legalizzata, il regno di Dio che essa incarna, anche se ancora non in modo pieno, va in frantumi.
Se la Chiesa vuole agire secondo la verità di Cristo Signore, essa si dovrà liberare dal numero e da ogni appartenenza. Essa dovrà ricordarsi solamente della sua verità costitutiva, fondante. Lei per legge divina è sale della terra e luce del mondo. Sale e luce dovrà rimanere per sempre. Se perde il suo sapore, sarà calpestata dagli uomini. Se perde la sua luce, tutti gli uomini precipiteranno nelle tenebre. Il sole è uno solo e riscalda tutta la terra. È sufficiente un solo cristiano vero per dare luce al mondo intero.
Gesù vuole che ogni suo discepolo insegni dall'ultimo posto. L'ultimo posto è la sua cattedra, il suo studio, la sua università, la sua palestra, il suo ginnasio. Per questo urge rivestirsi di una grande umiltà. Ognuno si deve considerare strumento inutile nelle mani del suo Dio e Signore per dare al mondo una luce nuova che non è la verità che il cristiano annunzia, è bensì la sua vita trasformata nella verità annunziata da Cristo Gesù. Si è servi, ma non per servire noi stessi agli altri, ma per dare ad ogni uomo la più pura verità del nostro Dio, non però attingendola semplicemente dal Libro, ma divenendo noi il Libro vivente del Signore. La parola da trasmettere deve essere data alla maniera di Dio, estraendola sempre dal proprio cuore e dalla propria anima.
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23/08/2014 07:25
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Ma non agite secondo le loro opere

Gesù vuole che ogni suo discepolo sia un vero maestro nella trasmissione della Parola di Dio. La sua cattedra però mai dovrà essere il libro, preso tra le mani, letto con occhi di carne, interpretato con occhio di peccato, trasmesso con intelligenza depravata. Lui dovrà insegnare la Parola servendosi di un'altra cattedra, quella cioè della perfetta esemplarità della sua vita. Cambia terribilmente ogni cosa.
Lui dovrà prendere il libro in mano, mangiarlo, facendolo divenire sua carne, suo sangue, sua vita quotidiana. A lui è chiesto di insegnare ciò che vive. Dovendo però dare ad ogni uomo tutta la divina Parola è più che urgente che lui sia in tutta la Parola e non in una sola parte. L'esemplarità in lui non solo dovrà essere perfetta in parte, in quelle cose che riesce a vivere, dovrà essere totale, verso ogni Parola di Dio. Nulla da lui dovrà essere tralasciato, neanche i più piccoli, i minimi precetti della legge di Dio.
Quando l'insegnamento viene offerto dalla più alta, universale esemplarità con la Parola del Signore, quando il discepolo di Gesù è Vangelo vivente, lo Spirito Santo è nel suo cuore e da esso attrae molte altre anime alla Parola. L'esemplarità perfetta ci fa essere maestri e missionari per attrazione. Lo Spirito Santo che è in noi non viene ostacolato in nulla. Anzi a Lui è data ogni libertà di poter agire sempre secondo la sua eterna e divina sapienza per la conversione di molti cuori.
Oggi nella Chiesa di Dio serpeggia un grave pericolo. Si vuole da molti la legalizzazione del peccato, del vizio, della trasgressione, della disobbedienza a Dio e ai suoi comandamenti. Questa legalizzazione è impossibile che possa avvenire. La Chiesa esiste sulla terra per un solo fine: insegnare dalla sua perfetta esemplarità la via del Signore. Se la Chiesa insegna dallo scandalo e dalla trasgressione legalizzata, il regno di Dio che essa incarna, anche se ancora non in modo pieno, va in frantumi.
Se la Chiesa vuole agire secondo la verità di Cristo Signore, essa si dovrà liberare dal numero e da ogni appartenenza. Essa dovrà ricordarsi solamente della sua verità costitutiva, fondante. Lei per legge divina è sale della terra e luce del mondo. Sale e luce dovrà rimanere per sempre. Se perde il suo sapore, sarà calpestata dagli uomini. Se perde la sua luce, tutti gli uomini precipiteranno nelle tenebre. Il sole è uno solo e riscalda tutta la terra. È sufficiente un solo cristiano vero per dare luce al mondo intero.
Gesù vuole che ogni suo discepolo insegni dall'ultimo posto. L'ultimo posto è la sua cattedra, il suo studio, la sua università, la sua palestra, il suo ginnasio. Per questo urge rivestirsi di una grande umiltà. Ognuno si deve considerare strumento inutile nelle mani del suo Dio e Signore per dare al mondo una luce nuova che non è la verità che il cristiano annunzia, è bensì la sua vita trasformata nella verità annunziata da Cristo Gesù. Si è servi, ma non per servire noi stessi agli altri, ma per dare ad ogni uomo la più pura verità del nostro Dio, non però attingendola semplicemente dal Libro, ma divenendo noi il Libro vivente del Signore. La parola da trasmettere deve essere data alla maniera di Dio, estraendola sempre dal proprio cuore e dalla propria anima.
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24/08/2014 07:48
 
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Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Rm 11,33-36

Collocazione del brano

Termina oggi la nostra lettura della sezione 9-11, i capitoli in cui Paolo parlava della sorte di Israele nel piano della salvezza. Proprio l'atteggiamento di Dio nei confronti del popolo eletto, ribelle e ostinato nel non accogliere la rivelazione in Gesù Cristo, svela nuovi aspetti straordinari e sorprendenti della realtà di Dio. Paolo stesso si stupisce di ciò ed ed erompe in un inno di lode.
Lectio

33 O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

Gli aspetti fondamentali del piano di salvezza del Signore sono profondi, non si finisce mai di conoscerli nelle loro sfaccettature più nascoste. Tali aspetti sono: la ricchezza, cioè le inesauribili risorse di grazia; la sophia, cioè la sapiente progettazione; la conoscenza, cioè una dinamica di elezione gratuita. Ciò che fa il Signore non si può conoscere fino in fondo. I suoi giudizi va inteso qui nel senso di gesti della sua giustizia salvifica. Il Signore è giusto e ci rende giusti.
34 Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? 35 O chi gli ha dato qualcosa per primo così da averne il contraccambio?

Paolo per rafforzare le sue affermazioni ricorre a delle citazioni bibliche, unendo Is 40,13 e Gb 15,8. Si tratta di interrogativi retorici a cui la risposta è ovviamente negativa.
36 Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Paolo termina il suo inno di lode ricordando che il Signore è al principio di tutte le cose. Proprio in forza della sua potenza creatrice Egli sostiene l'universo e guida la storia. L'uomo non può far altro che lodarlo e dargli gloria.
Meditiamo

- Mi sono mai stupito davanti all'opera del Signore, nel creato e nella vita di qualche persona?

- Ho mai pensato che il Signore avrebbe dovuto fare secondo i miei consigli?

- In cosa si esprime l'essere di tutte le cose da lui e per lui?
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25/08/2014 06:50
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti

Quello di Gesù è un "guai" profetico, una condanna senz'appello della falsità che governa mente, cuore, corpo dell'uomo. È una denuncia fatta in nome di Dio, per suo comando, volontà, desiderio, perché l'uomo possa convertirsi per entrare nella vita. In tal senso Gesù è vero profeta, più che Isaia e di ogni altro. Lui è la verità stessa.

Guai, gente peccatrice, popolo carico di iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo di Israele, si sono voltati indietro (Is 1, 4). Guai all'empio! Lo colpirà la sventura, secondo i misfatti delle sue mani avrà la mercede (Is 3, 11). Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nel paese (Is 5, 8). Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera accesi in volto dal vino (Is 5, 11). Guai a coloro che si tirano addosso il castigo con corde da buoi e il peccato con funi da carro (Is 5, 18). Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro (Is 5, 20). Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti (Is 5, 21). Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino, valorosi nel mescere bevande inebrianti (Is 5, 22). Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive (Is 10, 1). Dagli angoli estremi della terra abbiamo udito il canto: Gloria al giusto". Ma io dico: "Guai a me! Guai a me! Ohimè!". I perfidi agiscono perfidamente, i perfidi operano con perfidia (Is 24, 16). Guai alla corona superba degli ubriachi di Efraim, al fiore caduco, suo splendido ornamento, che domina la fertile valle, o storditi dal vino! (Is 28, 1). Guai ad Arièl, ad Arièl, città dove pose il campo Davide! Aggiungete anno ad anno, si avvicendino i cicli festivi (Is 29, 1). Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: "Chi ci vede? Chi ci conosce?" (Is 29, 15). Guai a voi, figli ribelli -oracolo del Signore - che fate progetti da me non suggeriti, vi legate con alleanze che io non ho ispirate così da aggiungere peccato a peccato (Is 30, 1). Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto, e pongono la speranza nei cavalli, confidano nei carri perché numerosi e sulla cavalleria perché molto potente, senza guardare al Santo di Israele e senza cercare il Signore (Is 31, 1). Guai a te, che devasti e non sei stato devastato, che saccheggi e non sei stato saccheggiato: sarai devastato, quando avrai finito di devastare, ti saccheggeranno, quando avrai finito di saccheggiare (Is 33, 1).

Scribi e farisei vivono un momento assai triste della loro vita. Essi si sono fossilizzati in una religiosità senza alcun respiro di umanità, giustizia, verità, santità, misericordia, pietà, compassione, carità. Essi vivono solo di apparenza peccaminosa. Come scuoterli dal loro torpore? Come convincerli che il loro mondo è tutto avvolto dalla falsità, dalla menzogna, dall'inganno, dall'assoluta mancanza del vero Dio nella loro vita? Come portare a vera conversione? Solo attraverso l'uso di una profezia forte, risoluta, ferma. Solo per mezzo di una denuncia svelatrice del loro nulla peccaminoso.

Quanto oggi fa Cristo Signore deve farlo ogni giorno la sua Chiesa e in essa ogni suo figlio. Non però contro il mondo. Ma contro se stessa, la sua religione, fede, carità, speranza, ascesi, teologia, mistica, morale. Se la Chiesa non si evangelizza, mai potrà evangelizzare il mondo e se non si converte mai potrà divenire strumento e sacramento di conversione per il mondo. Converte chi si converte.
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26/08/2014 08:36
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi pulito!

La cosa più triste per un popolo, per una nazione, per il mondo intero, è la trasformazione della religione da culto per la vita in servizio di morte sia spirituale che fisica. La responsabilità di questa aberrazione non è solo dei "Gestori", di quanti cioè sono i responsabili della Parola, della verità, della fede, del culto e di ogni manifestazione che la religione comporta, ma anche di colui che è "Fruitore" di essa.
Tutti, indistintamente, sia il "Gestore" che il "Fruitore" sono chiamati ad una fedeltà assoluta, estrema a conservarsi nella verità della Parola. Quando vi è discrepanza tra la verità della Parola che è poi anche verità storica e l'insegnamento, allora l'obbedienza non deve essere donata. Questa verità così ce la insegna San Pietro, dinanzi ai "Gestori" della religione ebraica del suo tempo: "Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto. L'uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni" (At 4,13-22).
Gesù non vuole che i "Gestori" della sua Parola, del suo Mistero, della sua Vita e della sua Morte, della sua Redenzione e Salvezza, si comportino in modo ipocrita e falso. Perché questo non avvenga, dona la sua regola infallibile: la santità del cuore, la sua purezza, la sua perenne limpidezza. Un cuore puro custodirà sempre pura la fede e la verità. Un cuore impuro trasformerà fede e ferità in una falsità di morte.
Altra verità che Gesù insegna è questa: chi vuole conservare pura la fede e la verità della religione, deve osservare con scrupolosa cura e infinito zelo tutta la Legge del Signore. Se un solo precetto viene trasgredito, a poco a poco, tutta la legge verrà trasgredita e l'insegnamento che si farà di essa non sgorgherà più dalla santità di Dio che è nel nostro cuore, ma dal diavolo che abita in noi e ci suggerisce la parole di inganno e di falsità. Dio è nel nostro cuore, se la sua legge è nel nostro corpo. Se il nostro corpo è senza la legge di Dio, nel nostro cuore regna il diavolo con la sua menzogna, falsità, inganno. Quando la legge di Dio è nel cuore il "Fruitore" della religione immediatamente sa e percepisce quando il "Gestore" è falso o vero.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci "Gestori e Fruitori" veri.

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27/08/2014 07:19
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
La vera giustizia si annida nel cuore

?Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all?esterno sono belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all?esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d?ipocrisia e d?iniquità?. Ascoltiamo ancora una solenne invettiva scagliata da Cristo contro gli scribi e i farisei. L?immagine con cui li descrive e perfino ripugnante: sepolcri pieni di putredine: davvero l?ipocrisia è un orribile misto di marciume, ammantato all?esterno da veli seducenti. Quando prevale in noi l?idea di apparire belli e il desiderio di carpire l?altrui ammirazione senza avere le prerogative per ottenerli, ci dipingiamo di falsità e ci copriamo di maschere, senza però riuscire a celare completamente la nostra vera identità. Gesù ci dice che diventiamo sepolcri imbiancati. Lo stesso Signore ci ammonisce che non possiamo nemmeno trarre vanto andando a scavare nella nostra storia cercando lustro dai nostri antenati o traendo vanto dalle altrui gesta. Possiamo anche scoprire di essere figli di profeti o di santi, ma se poi non siamo capaci di ripetere in noi le loro gesta rassomigliamo a coloro che vogliono adornarsi delle vesti altrui. Possiamo anche noi diventare con la nostra vita uccisori di profeti quando non seguiamo i loro esempi. Potremmo incorrere nel peccato di far morire la fede e la santità di coloro che ci hanno preceduto e ci hanno lasciato i loro splendidi esempi. Sembra che una delle ragioni della crisi della nostra fede cattolica cristiana derivi proprio dal fatto che si è interrotta quella catena d?oro di trasmissione sulle cui maglie si è trasmessa per secoli di storia. Manca infatti la pratica cristiana dove si è smesso di viverla e di testimoniarla.

28/08/2014 07:21
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà

Il brano che oggi la liturgia pone alla nostra meditazione possiamo classificarlo inutile. Riflettere su di esso è vera perdita tempo. Nessuno si scandalizzi. Nessuno si stracci le vesti. Nessuno si cosparga il capo di cenere in segno di lutto per aver dichiarato inutile una pagina di Vangelo, o meglio una Parola di Gesù Signore. Noi lo sappiamo. Tutte le sue parole sono verità, giustizia, santità. Tutto il Vangelo è vita eterna per noi. In ogni sua frase è tracciato il cammino della nostra obbedienza.
Allora perché lo si può classificare come inutile, vano? Perché oggi serpeggia nella Chiesa la più triste delle eresie, la più nera, la più diabolica, la più infernale. Oggi da buona parte del mondo dell'intelligenza teologica si insegna e si predica che tutti siamo salvi, indipendentemente dalla conversione, dal nostro ritorno a Dio, dalla vita moralmente sana, conforme alla verità rivelata che si vive. Uno può vivere da disonesto, ladro, adultero, avaro, empio, idolatra e alla fine avrà ugualmente in eredità la vita eterna. Per queste menti elevate e meno elevate nella scienza teologica, il paradiso è un dono del Signore. Esso non è più ritenuto un dono e un frutto.
Non essendo più neanche un frutto della risposta di fede alla Parola del Signore, non solo questa pagina viene a perdere il suo valore di rivelazione e di verità, ma tutto il Vangelo è privato dell'obbedienza ad esso dovuta. A volte un solo principio errato che si introduce nella nostra fede, turba, guasta, manda in malora tutta la rivelazione. La nostra fede è un apparato di altissima logica soprannaturale. È un sistema divino in cui ogni verità diviene forza e principio di ogni altra verità. Se una sola verità viene eliminata, tutto il sistema crolla, viene vanificato, si fa illogico, incomprensibile. Una sola Parola di Cristo Gesù è luce per tutte le altre parole della Scrittura, del Vangelo. Abrogata questa Parola, le altre divengono insignificanti. Non hanno alcun senso.
Perché dobbiamo vigilare, stare attenti, prestare ogni cura alla nostra elevazione morale e spirituale? Perché dobbiamo osservare tutta la Parola, tutto il Vangelo? Perché dobbiamo mettere ogni impegno a camminare nella verità che Cristo Gesù ci ha rivelato? Perché al momento stesso della nostra morte viene il giudizio. Compariremo dinanzi al cospetto di Dio per essere valutati in base alle nostre opere di bene e di male. Se saremo stati trovati fedeli, andremo con Lui in Paradiso. Se invece il Signore ci troverà mancanti, per noi il posto sarà nell'inferno, tra i tormenti. Se però come insegnano molte menti illuminate oggi, non vi è alcuna condanna eterna, allora a che serve vigilare, essere attenti, camminare nella verità? A nulla.
Lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti. È questa parola che oggi da molti è stata abolita. Senza questa parola, tutto diviene inutile. Anche la stessa vita cristiana diviene senza senso. Tutto il Vangelo evapora nel non significato. Bene e male non producono un frutto eterno. Alla fine vi sarà solo il bene che trionferà e la misericordia del Signore abbraccerà tutti. Urge convertirsi alla verità rivelata. È necessario che il Vangelo venga confessato e creduto come la sola ed unica parola di rivelazione sul nostro futuro eterno. Esiste il Paradiso ed esiste l'inferno ed essi sono eterni. Sono però anche il frutto delle nostre opere di bene e di male.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Gesù.

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