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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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24/10/2013 13:18
 
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II. Parte di Dio nella contemplazione.

Dio ha la parte principale, perche` egli solo puo` impossessarsi di noi
e metterci nello stato passivo.

1387. 1^ E` Dio che chiama l'anima alla contemplazione; perche`, a
confessione di tutti i mistici, e` questo un dono essenzialmente
gratuito. Tal e` la dottrina di S, Teresa, che chiama spesso
soprannaturale questo genere d'orazione. Ora, nella seconda relazione
al P. Rodrigo Alvarez, spiega cosi` questa parola: "Chiamo
soprannaturale cio` che non si puo` acquistare ne` coll'industria ne`
collo sforzo, per quanto uno vi si affatichi; sebbene disporvisi, si`,
si puo`, e questo deve importare assai" 1387-1. Il che fa anche
meglio capire con questo grazioso paragone: "Di grado in grado viene
il Signore a prendere quest'uccellino e metterlo nel nido perche` vi si
riposi" 1387-2.

Tal e` pure l'insegnamento di S. Giovanni della Croce, il quale
distingue due metodi, l'uno attivo e l'altro passivo; questo, che non
e` altro che la contemplazione, e`, egli dice, "quello in cui l'anima
non fa nulla come da se` e per propria industria, ma Dio opera in lei
ed ella se ne sta come passiva" 1387-3. E torna spesso su questa
distinzione: corre tra i due stati "tanta differenza come tra l'opera
umana e l'opera divina, tra il modo d'operare naturale e quello
soprannaturale. -- Badino i direttori di tali anime e considerino che
l'agente principale, la guida, il motore delle anime in questo affare,
non sono loro ma lo Spirito Santo, il quale non cessa di vigilar su di
esse, e che essi sono semplici strumenti per condurle alla perfezione
secondo la fede e la legge divina, secondo lo spirito che Dio
distribuisce a ciascuna" 1387-4. Se dunque l'iniziativa e` tutta di
Dio, se e` lui che muove le anime, lui il principale agente, e l'anima
se ne sta come passiva, e` chiaro che l'anima non puo` ingerirsi da se`
in questo stato ne` meritarlo in senso proprio, de condigno; non
potendosi meritare a questo modo se non cio` che Dio volle inchiudere
nell'oggetto del merito, vale a dire la grazia santificante e la
gloria eterna.

Questa gratuita` e` ammesa pure dalla Scuola che tiene che tutte le
anime sono chiamate alla contemplazione; dopo aver detto che la
meditazione non e` sopra i nostri sforzi, il Saudreau aggiunge: "Non si
puo` entrar in pari modo nell'orazione mistica; per qualunque sforzo si
faccia, non vi si arrivera` mai, se non si e` stati innalzati per favor
divino a stato cosi` meritorio" 1387-5. E` vero che alcuni pensano
che si possa meritarlo de congruo, ma questo merito di semplice
convenienza non ne toglie l'essenziale gratuita`.

1388. 2^ Dio pure e` quello che sceglie il momento e il modo della
contemplazione come anche la durata. Egli solo infatti mette l'anima
nello stato passivo o mistico, impossessandosi delle sue facolta` per
operare in loro e per loro col libero consenso della volonta`: e` una
specie di ossessione divina; Dio, essendo sovrano padrone dei suoi
doni, interviene quando vuole e come vuole.

1389. 3^ Nella contemplazione Dio opera soprattutto in quello che i
mistici chiamano l'apice, la cima dell'anima, la cima della volonta` o
l'intimo fondo, il centro dell'anima. Si deve intendere con queste
parole tutto cio` che vi e` di piu` alto nell'intelletto e nella volonta`;
e` l'intelletto non in quanto ragiona ma in quanto percepisce la verita`
con un semplice sguardo, sotto l'influsso dei doni superiori di
intelletto e di sapienza; e` la volonta` nel suo atto piu` semplice che e`
d'amare e di gustare le cose divine 1389-1.

Il Ven. L. Blosio 1389-2 pensa che questo centro dell'anima dove
avviene la contemplazione sia "molto piu` intimo ed alto delle tre
principali facolta`, essendo la fonte od origine di queste stesse
facolta`... In questo centro, dice, le facolta` superiori sono tutte una
cosa sola, la` regna somma tranquillita` e perfetto silenzio, perche` non
vi puo` mai giungere imagine alcuna. In questo centro, ove si cela
l'immagine divina, noi rivestiamo la forma divina".

1390. 4^ In cotesto centro dell'anima produce Dio nello stesso tempo
conoscenza ed amore. La conoscenza si fa per affermazione o per
negazione.

a) La prima, che e` distinta pur restando oscura, colpisce vivamente
l'anima, perche` e` sperimentale o quasi sperimentale. Dio puo` causarla
in noi in quattro modi principali:

1) Attirando la nostra attenzione col lume dei doni su un'idea che gia`
avevamo ma che non ci aveva finallora colpiti. Sappiamo, per esempio,
che Dio e` amore, ma ecco che la divina luce ci fa cosi` bene intendere
e gustare questo pensiero che ne siamo tutti compresi e compenetrati.

2) Facendoci dedurre da due idee, che gia` avevamo, una conclusione che
questa stessa luce rende vivissima nell'anima. Cosi` dal fatto che Dio
e` tutto e noi nulla, lo Spirito Santo ci fa capire che l'umilta` e` per
noi imperioso dovere: Io sono colui che e`, e tu, tu sei colui che non
e`!

3) Producendo in noi specie infuse, le quali, perche` provenienti da
Dio, rappresentano le cose divine in modo piu` perfetto e piu vivo,
come avviene in certe visioni o rivelazioni.

4) Concedendo a un'anima in modo passeggiero la visione beatifica,
come S. Tommaso ammette per Mose` e per S. Paolo 1390-1, e alcuni
Padri per la SS. Vergine 1390-2.

La conoscenza che si fa per negazione ci mostra la trascendenza di Dio
e ce ne da quindi un'altissima idea; la descriveremo al n. 1398.

1391. b) Dio produce pure nell'anima un ineffabile amore: le fa
capire con una specie d'intuizione che Egli ed Egli solo e` il sommo
bene, onde l'attira in modo forte ed irresistibile, come la calamita
attira il ferro, senza pero` violentarne la liberta`; allora infatti
ella va a Dio con lo stesso ardore con cui va alla felicita`, ma
liberamente, perche` questa vista, essendo oscura, non le toglie la
liberta`.

Allora, secondo il Ven. L. Blosio, l'anima esce fuori di se` per
trasfondersi tutta quanta in Dio e perdersi nell'abisso dell'eterno
amore. "E la`, morta a se stessa, vive in Dio senza nulla conoscere ne`
sentire, tranne l'amore di cui e` ebbra. Si perde nell'immensita` della
solitudine e delle tenebre divine; ma il perdersi la` e` piuttosto un
vero ritrovarsi. Perche` l'anima si spoglia veramente di tutto l'umano
per rivestirsi di Dio; e` tutta cangiata e trasformata in Dio, come il
ferro che sotto l'azione del fuoco ne prende l'aspetto e si cangia in
fuoco; ma l'essenza dell'anima cosi` deificata rimane cio` che era, come
il ferro incandescente non cessa d'essere ferro. In quest'anima non
c'era finallora che freddezza, e quindi innanzi e` tutta infiammata;
dalle tenebre e` passata al piu` vivo fulgore; un di` insensibile, ora
non e` piu` che tenerezza... Tutta consumata dal fuoco del divino amore
e tutta liquefatta, e` passata in Dio, e, unendosi immediatamente a
lui, non fa piu` con lui che un solo spirito, a quel modo che l'oro e
il bronzo si fondono in un solo metallo. Coloro che sono cosi` rapiti e
perduti in Dio toccano pero` altezze diverse, perche` ognuno penetra
tanto piu` avanti nelle divine profondita`, quanto maggiore e` la
sincerita, l'ardore e l'amore con cui si volge a Dio e quanto piu`
intieramente rinunzia, anche in questa ricerca, a ogni proprio
interesse 1391-1.

III. Parte dell'anima.

Prevenuta dalla grazia di Dio, l'anima corrisponde liberamente alla
divina mozione:

1392. 1^ Si lascia liberamente prendere e muovere da Dio, come il
bambino che si lascia portare tra le braccia della madre con libero e
giocondo consenso; onde e` nello stesso tempo passiva ed attiva.

a) E` passiva nel senso che e` impotente a operare da per se`, come
faceva prima; non puo` piu`, nel momento della contemplazione, esercitar
le facolta` in modo discorsivo; dipende da un principio superiore che
la governa, che ne fissa lo sguardo, la mente e il cuore sull'oggetto
contemplato, glielo fa amare e gustare, le suggerisce cio` che deve
fare e le da` forte impulso a farla operare. Non e` pero` nei primi gradi
intiera impotenza; il fenomeno del legamento delle facolta` non avviene
che gradualmente e non si ha intieramente che in certi stati piu` alti
di contemplazione, specialmente nelle estasi. Cosi`, nella quiete, la
preghiera vocale e la meditazione riesce faticosa all'anima ma non e`
ordinariamente impossibile 1392-1; nell'unione piena, Dio sospende
l'intelletto, non gia` intieramente impedendogli di operare ma
impedendogli di ragionare; ne ferma i pensieri fissandoli su un dato
oggetto; fa morir la parola sul labbro cosi` che non si riesce a
proferirne se non con penoso sforzo 1392-2.

1393. b) Ma l'anima, che non puo` discorrere come prima, non resta
oziosa. Sotto l'influsso della mozione divina opera guardando Dio ed
amandolo, benche` con atti che sono talora soltanto impliciti. Opera
anzi con piu` attivita` che mai; perche` riceve un'influsso di forza
spirituale che ne decuplica [sic] le energie. Si sente come
trasformata da un essere superiore, che e`, a cosi` dire, l'anima della
sua anima, che la solleva e la rapisce a Dio: e` l'effetto della grazia
operante a cui giocondamente acconsente.

1394. 2^ In questo stato Dio si presenta sotto nuovo aspetto, come
realta` vivente che viene afferrata con una specie di conoscenza
sperimentale che il linguaggio umano non vale ad esprimere. Non si
conosce piu` Dio per induzione o deduzione ma con semplice intuizione,
che non e` pero` la chiara visione di Dio e che rimane oscura
compiendosi per una specie di contatto con Dio che ci fa sentire la
sua presenza e ci fa gustare i suoi favori.

Nessuno forse meglio di S. Bernardo 1394-1 descrisse questa
conoscenza sperimentale: "Il Verbo venne in me (sono stolto a dire
queste cose) e piu` volte venne. Benche` mi abbia visitato spesso, io
non potei mai accorgermi del momento preciso in cui giunse. Ma sentii,
me ne rammento bene, che c'era. Potei talora presentirne l'arrivo, ma
non riuscii mai a sentirne l'entrata o l'uscita. Eppure io conobbi che
era vero cio` che avevo letto: che in lui viviamo, ci moviamo e siamo.
Beato colui in cui abita, che vive per lui ed e` mosso da lui! Ma
poiche` le sue vie sono impenetrabili, voi mi domandate in che modo io
abbia potuto conoscerne la presenza. Essendo egli pieno di vita e di
energia, appena e` presente mi desta l'anima addormentata; mi muove,
ammollisce, ferisce il cuore duro come la selce e molto ammalato; si
mette a sradicare e a distruggere, a edificare e a piantare, a
innaffiare cio` che e` arido, a illuminare cio` che e` oscuro, ad aprire
cio` che e` chiuso, a riscaldare cio` che e` freddo, a raddrizzare cio` che
e` storto, a levigare cio` che e` scabro, onde l'anima mia benedice il
Signore e tutte le mie potenze lodano il santo suo nome. Entrando
dunque in me, lo Sposo divino non fa sentir la sua venuta con segni
esterni, col rumor della voce o dei passi; non dai suoi movimenti, non
coi miei sensi ne riconosco la presenza, ma, come vi dissi, dal moto
del mio cuore; sentendo orrore del peccato e degli affetti carnali,
riconosco la potenza della sua grazia; scoprendo e detestando le
segrete mie colpe, ammiro la profondita` della sua sapienza; riformando
la mia vita, sperimento la sua bonta` e la sua dolcezza; e il
rinnovamento interiore che ne e` il frutto mi fa percepire
l'incomparabile sua bellezza". Ecco come l'anima che contempla il
Verbo ne sente nello stesso tempo la presenza e l'azione
santificatrice.

E` quindi una conoscenza intermedia tra la fede ordinaria e la visione
beatifica, ma che in ultima analisi si riduce alla fede e ne partecipa
l'oscurita`.

1395. 3^ Spesso l'anima ama assai piu` che non conosca: e` la
contemplazione serafica, in relazione alla contemplazione cherubica in
cui predomina la conoscenza. La volonta` infatti afferra il suo oggetto
in modo diverso dall'intelletto: l'intelletto conosce solo secondo la
rappresentazione, l'immagine, la specie intelligibile ricevuta dalle
cose; la volonta` o il cuore va invece alla realta` qual e in se stessa.
Ecco perche` possiamo amar Dio qual e` in se`, benche` il nostro
intelletto non ne scopra sulla terra l'intima natura. La stessa
oscurita` onde s'avvolge non fa che avvivare il nostro amore per lui e
ispirarci ardente desiderio della sua presenza. Con uno slancio del
cuore, il mistico, che non puo` veder Dio, varca il mistero che gliene
vela la faccia e ama Dio in se`, nell'infinita sua essenza 1395-1.
Vi e` pero` sempre qualche conoscenza che precede l'amore; e se pare che
certi mistici la neghino, e` perche` insistono su cio` che li ha piu`
particolarmente colpiti; ma resta vero, anche nello stato mistico, che
non si puo` amare cio` che assolutamente non si conosce: "nil volitum
quin praecognitum".

1396. 4^ Vi e` nella contemplazione un misto di gaudio e di angoscia:
gaudio ineffabile nell'assaporare la presenza dell'ospite divino;
angoscia di non possederlo intieramente. Ora domina l'uno ora l'altro
di questi sentimenti, secondo i disegni di Dio, le fasi della vita
mistica e l'indole. Vi sono quindi fasi particolarmente dolorose
appellate notti, e fasi dolci e soavi; vi sono indoli che vedono e
descrivono specialmente le prove della vita mistica, come S. Giovanni
della Croce e la Chantal; altre che si trattengono con maggior
compiacenza sui gaudii e sulle ebbrezze della contemplazione, come
S. Teresa e S. Francesco di Sales.

1397. 5^ Questa contemplazione rimane ineffabile, inesprimibile,
come unanimemente affermano i mistici.

"Impossibile all'anima di discernerla, dice S. Giovanni della
Croce 1397-1, e darle un nome; non ne ha del resto alcuna voglia e
non trova ne` modo, ne` maniera, ne` calzante paragone, a significar
conoscenza cosi` alta e sentimento apirituale cosi` delicato. Per guisa
che, anche se l'anima provasse il piu` vivo desiderio di spiegarsi e
accumulasse spiegazioni, resterebbe sempre cosa segreta ed
ineffabile... Si trova nella condizione di chi scoprisse cosa non mai
vista, senza equivalente da lui conosciuto, che, pur vedendola e
gustandola, non la saprebbe denominare ne` dir che cos'e`, per quanto
s'industriasse, e questo pur trattandosi di cose percepite dai sensi;
or quanto meno potra` farsi in cio` in cui i sensi non entrano?"

Due ragioni principali spiegano questa impossibilita` di descrivere cio`
che si e` provato: da un lato la mente e` immersa nella tenebra divina e
non percepisce Dio che in modo confuso ed oscuro sebbene vivissimo; e
dall'altro il fatto piu` forte e` quello d'un intenso amore per Dio, che
si prova ma non si sa descrivere.

1398. A) Vediamo prima di tutto che cosa s'intende per tenebra
divina, espressione tolta dal Pseudo Dionigi 1398-1.

"Sciolta dal mondo sensibile e dal mondo intellettuale, l'anima entra
nella misteriosa oscurita` d'una santa ignoranza e, rinunziando a ogni
dato scientifico, si perde in colui che non puo` essere ne` visto ne`
afferrato; si da` tutta a questo sovrano oggetto, senza piu` appartenere
a se` ne` ad altri; s'unisce all'ignoto colla piu` nobile porzione di se`
e in ragione della sua rinunzia alla scienza; e attinge infine in
questa assoluta ignoranza una cognizione che l'intelletto non potrebbe
mai acquistare". Per giungere dunque a questa contemplazione, bisogna
innalzarsi sopra la conoscenza sensibile, che non puo`, com'e` chiaro,
percepire Dio; sopra la conoscenza razionale, che non conosce Dio che
per induzione e astrazione; solo con l'apice dell'intelletto possiamo
percepirlo. Ma sulla terra non possiamo vederlo direttamente, onde non
ci resta che coglierlo per via di negazione.

S. Tommaso spiega la cosa in modo piu` preciso: "Di negazione in
negazione l'anima sorge piu` in alto delle piu` eccellenti creature e si
unisce a Dio in quella misura che ora e` possibile. Perche` nella vita
presente l'intelletto non giunge mai a vedere l'essenza divina, ma
solo a conoscere di Dio cio` che non e`. Onde l'unione della mente con
Dio quale e` possibile in questa vita avviene quando conosciamo che Dio
supera tutte le piu` eccelse creature" 1398-2. La stessa nozione di
essere, quale la concepiamo noi, e` cosi` imperfetta da non potersi
applicare a Dio; solo dopo aver eliminato tutto l'essere che gli e`
noto, l'intelletto giunge a Dio; si trova allora nella tenebra divina,
e la` abita Dio 1398-3.

Chi chiedesse come mai questa intuizione negativa possa illuminarci su
Dio, si puo` rispondere che, conoscendo cosi` non cio` che e` ma cio` che
non e`, si ha di lui un'altissima idea, che produce nella parte
superiore dell'anima una profonda impressione della divina
trascendenza e nello stesso tempo un'amore intenso di questo Dio, di
cui nulla puo` esprimere la grandezza e la belta`, e che solo puo`
appagar l'anima. Questa contemplazione confusa e affettuosa basta a
fare scaturir dall'anima, sotto l'influsso della grazia, atti
impliciti di fede, di confidenza, di amore, di religione, che
riempiono tutta l'anima e producono ordinariamente in lei gaudio
grande.

1399. B) Il secondo elemento che rende difficile la descrizione
della contemplazione, e` l'amore ardente che vi si gusta e che non si
sa come esprimere.

"E`, dice S. Bernardo 1399-1, il cantico dell'amore; nessuno lo
capisce, se l'unzione non glie lo insegno` e non lo imparo` per
esperienza. Quelli che lo provarono lo conoscono, e quelli che non ne
hanno esperienza devono desiderare non di conoscerlo ma di gustarlo.
Non e` fremito di lingua ma inno del cuore, non rumor di labbra ma moto
di gaudio, sono volonta` che s'accordano non voci. Non si sente di
fuori, non risuona in pubblico; nessuno lo sente fuorche` chi lo canta
e a chi si canta, la sposa e lo sposo. E` canto nuziale che esprime i
casti e deliziosi amplessi delle anime, l'armonia dei sentimenti e la
mutua corrispondenza degli affetti. L'anima novizia, l'anima ancor
bambina o convertita di fresco, non puo` cantar questo cantico, che e`
riserbato all'anima progredita e formata, all'anima che, coi progressi
fatti sotto l'azione di Dio, tocco` l'eta` perfetta, l'eta` nubile coi
meriti acquistati, e che, per le sue virtu`, e` divenuta degna dello
sposo".

1400. 6^ Quando la contemplazione e` arida e debole, come nella prima
notte di S. Giovanni della Croce, non se ne ha coscienza; solo piu`
tardi, studiandone gli effetti prodotti nell'anima, se ne puo` accertar
l'esistenza. Quando e` saporosa, non e`, a quanto pare, sempre avvertita
a principio, quando e` ancora debole, perche` e` difficile scorgerne la
differenza dall'orazione di semplicita` e perche` si passa talora
dall'una all'altra senza accorgersene. Ma quando si fa intensa, se ne
ha coscienza; quel che si puo` dire e` che tutte le orazioni
soprannaturali descritte da S. Teresa sono di questo genere, come
osserveremo spiegando le varie fasi della contemplazione.

1401. Conclusione. Da quanto abbiamo detto risulta che l'elemento
essenziale della contemplazione infusa e` la passivita` quale abbiamo
descritta, e che consiste in questo che l'anima e` guidata, attuata,
mossa, diretta dallo Spirito Santo, invece di guidarsi, di muoversi,
di dirigersi da se`, senza pero` perdere ne` la liberta` ne` l'attivita`.

Non si deve dunque dire che l'elemento essenziale della
contemplazione 1401-1 sia la coscienza della presenza di Dio o la
presenza di Dio sentita, perche` questo elemento qualche volta manca,
massime nella contemplazione arida descritta da S. Giovanni della
Croce quando tratta della prima notte. Ma e` uno degli elementi
principali, perche` si trova in tutti i gradi di contemplazione
descritti da S. Teresa, dalla quiete all'unione trasformativa.
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