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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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15/10/2013 12:16
 
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ADOLFO TANQUEREY
Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
_________________________________________________________________

PREFAZIONE
ALLA QUINTA EDIZIONE.
______________

Questo libro, come e` indicato dal titolo, piu` che un trattato completo
e` un compendio che puo` servire di buon avviamento a studi piu`
particolareggiati e piu` profondi. Ad evitare l'aridita` d'un compendio,
abbiamo di proposito sviluppato, con riflessioni atte a fomentare la
pieta`, i punti piu` essenziali della vita interiore, come l'abitazione
dello Spirito Santo nell'anima, la nostra incorporazione a Cristo,
l'ufficio di Maria nella nostra santificazione, la natura della
perfezione e la necessita` di tendervi. Cosi` pure, trattando delle tre
vie, insistiamo su cio` che puo` indurre le anime alla confidenza,
all'amore e alla pratica delle virtu`.

Convinti che il Domma e` il fondamento della Teologia ascetica e che
l'esposizione di quanto Dio ha fatto e continua a fare per noi e` lo
stimolo piu` efficace della vera divozione, abbiamo procurato di
richiamar brevemente quelle verita` di fede su cui si fonda la vita
interiore. Quindi il nostro trattato e` innanzi tutto dottrinale,
inteso a dimostrare che la perfezione cristiana deriva logicamente dai
nostri dommi, e sopratutto dall'Incarnazione che ne e` il centro. Ma e`
nello stesso tempo pratico, perche` nulla e` piu` efficace di una fede
viva e illuminata per animarci agli sforzi energici e costanti,
richiesti dalla riforma di se` e dalla pratica delle virtu`. Onde ci
studiamo fin dalla prima parte di trarre dai nostri dommi le
conclusioni pratiche che spontaneamente ne derivano, di dedurne i
mezzi generali di perfezione e di stimolare i lettori a mettere in
pratica cio` che attentamente hanno letto: < non auditores tantum>> 1.

Nella seconda parte, che e` eminentemente pratica, continuiamo ad
appoggiare le nostre conclusioni sui dommi esposti nella prima parte,
specialmente sulla nostra incorporazione a Cristo e sull'abitazione
dello Spirito Santo in noi. La purificazione dell'anima non si fa
perfettamente se non incorporandoci a Colui che e` la sorgente d'ogni
purita`: la pratica positiva delle virtu` cristiane non riesce mai cosi`
facile come quando attiriamo in noi Colui che tutte le possiede nella
loro pienezza e ardentemente brama di comunicarcele; l'unione intima e
abituale con Dio non si attua pienamente se non vivendo alla presenza
e sotto la guida della SS. Trinita` che abita in noi. Cosi` il nostro
progresso nelle tre grandi tappe della vita spirituale procede via via
colla progressiva nostra incorporazione a Cristo Gesu` e colla nostra
sempre piu` intiera dipendenza dallo Spirito santificatore.

Questa adesione al Verbo Incarnato e al divino suo Spirito non solo
non esclude ma suppone anzi un'ascesi attivissima. S. Paolo, che
illustro` cosi` bene la nostra incorporazione a Cristo e l'unione nostra
con Dio, insiste con pari forza sulla necessita` della lotta contro le
tendenze dell'uomo vecchio, contro il mondo e gli spiriti delle
tenebre. Onde anche noi nell'esposizione delle tre vie parliamo
sovente di combattimento spirituale, di sforzi energici, di
mortificazione, di tentazioni, di cadute e di risorgimenti, non solo
per gl'incipienti ma anche per le anime progredite. Si deve tener
molto conto della realta`, e, pur descrivendo l'unione intima con Dio e
la pace che l'accompagna, bisogna ricordare, come fa S. Teresa, che la
lotta spirituale finisce solo con la morte.

Ma queste lotte incessanti, queste alternative di prove e di
consolazioni nulla hanno di terribile per le anime generose, sempre
unite a Dio nella calma come nella tempesta.

Scriviamo principalmente per i seminaristi e per i sacerdoti, ma
speriamo che questo libro sara` pure utile alle comunita` religiose e
anche a quei numerosi laici che oggi coltivano la vita interiore onde
piu` efficacemente esercitare l'apostolato.

Esporremmo anzitutto le dottrine certe o comunemente accettate,
lasciando alle questioni controverse un posto molto ristretto. Vi
sono, e` vero, molte scuole di spiritualita`, ma gli uomini assennati di
queste diverse scuole consentono su cio` che e` veramente importante per
la direzione delle anime. Questa dottrina comune noi esporremo,
studiandoci di mettervi il miglior ordine logico e psicologico
possibile. Se talora mostriamo una certa preferenza per la
spiritualita` della Scuola francese del secolo XVII^, fondata sugli
insegnamenti di S. Paolo e di S. Giovanni e pienamente co`nsona alla
classica dottrina di S. Tommaso, sinceramente dichiariamo che abbiamo
ogni stima per le altre scuole, alle quali largamente attingeremo,
mirando piuttosto a far risaltare cio` in cui convengono che quello in
cui differiscono.

Questo modesto lavoro umilmente dedichiamo al Verbo Incarnato e alla
SS. Vergine, sede della divina sapienza, lieti se, sotto la loro
protezione, contribuira` alcun poco alla gloria della Santissima e
Adorabilissima Trinita`.

Ut in omnibus honorificetur Deus
per Jesum Christum! 2

I pochi cambiamenti introdotti in questa quinta edizione, dovuti a
benevole osservazioni fatteci, non ne hanno punto modificato il fondo;
e ringraziamo qui di gran cuore i cortesi che ce le favorirono.

Issy, (Seine), l'otto dicembre 1924, festa dell'Immacolata Concezione
della SS. Vergine.

AD. TANQUEREY.
_________________________________________________________________

1 Epistola di S. Giacomo, I, 22.

2 I Petri, IV, 11.
_________________________________________________________________

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15/10/2013 12:24
 
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ADOLFO TANQUEREY
Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
_________________________________________________________________

INTRODUZIONE 1-1.
______________

L'oggetto proprio della Teologia ascetica e mistica e` la perfezione
della vita cristiana.

1. Oltre la vita naturale dell'anima, piacque alla divina bonta` di
comunicarci una vita soprannaturale, la vita della grazia, che e` una
partecipazione della vita stessa di Dio, come abbiamo dimostrato nel
nostro Tr. De gratia 1-2. Essendoci questa vita data per i meriti
infiniti di N. S. G. Cristo ed essendone egli la causa esemplare piu`
perfetta, a ragione viene chiamata vita cristiana.

Ogni vita ha bisogno di perfezionarsi e si perfeziona avvicinandosi
sempre meglio al suo fine. La perfezione assoluta consiste nel
conseguimento di questo fine, e non si avra` che in cielo: la` noi
possederemo Dio per mezzo della visione beatifica e dell'amor puro e
la nostra vita avra` il suo pieno sviluppo; allora saremo veramente
simili a Dio, perche` lo vedremo quale egli e`, similes ei erimus
quoniam videbimus cum sicuti est 1-3. Sulla terra non possiamo
acquistare se non una perfezione relativa, avvicinandoci continuamente
a quell'unione intima con Dio che ci prepara alla visione beatifica.
Di questa perfezione relativa noi intendiamo trattare. Dopo avere
esposto i principii generali sulla natura della vita cristiana, sulla
sua perfezione, sull'obbligo di tendervi e sui mezzi generali per
raggiungerla, descriveremo successivamente le tre vie, purgativa,
illuminativa e unitiva, per cui passano le anime generose, avide di
progresso spirituale.

Ma dobbiamo prima, in una breve Introduzione risolvere alcune
questioni preliminari.

2. In questa Introduzione tratteremo cinque questioni:
* I. La natura della Teologia ascetica;
* II. Le fonti;
* III. Il metodo;
* IV. L'eccellenza e la necessita`;
* V. La divisione.

sez. I. Natura della Teologia ascetica.

A meglio spiegare la natura della Teologia ascetica, esporremo per
ordine:
* 1^ i nomi principali che le vennero dati;
* 2^ il suo posto tra le scienze teologiche;
* 3^ le sue relazioni con la Dommatica e la Morale;
* 4^ la distinzione tra l'Ascetica e la Mistica.

I. I VARI NOMI.

3. La teologia ascetica prende vari nomi.

a) Si chiama la scienza dei santi, e con ragione; perche` ci viene dai
santi, che l'hanno vissuta piu` ancora di quello che l'abbiano
insegnata, e perche` e` destinata a fare dei santi, spiegandoci che
cos'e` la santita` e quali sono i mezzi per acquistarla.

b) Altri la chiamano scienza spirituale, perche` forma degli
spirituali, cioe` uomini interiori, animati dallo spirito di Dio.

c) Essendo pero` una scienza pratica, si chiama anche l'arte della
perfezione, giacche` il suo fine e` di condurre le anime alla perfezione
cristiana; o anche l'arte delle arti, perche` non v'e` arte piu`
eccellente di quella di perfezionare un'anima nella piu` nobile delle
vite, la vita soprannaturale.

d) Nondimeno il nome che piu` comunemente oggi le si da` e` quello di
teologia ascetica e mistica.

1) Il vocabolo ascetica viene dal greco asxysi*s (esercizio, sforzo) e
indica ogni esercizio faticoso che si riferisca all'educazione fisica
o morale dell'uomo. Ora la perfezione cristiana suppone sforzi che
S. Paolo paragona volentieri a quegli esercizi d'allenamento a cui si
assoggettavano gli atleti per riportar la vittoria. Era dunque
naturale di indicare col nome d'ascesi gli sforzi dell'anima cristiana
che lotta per acquistare la perfezione. E questo fecero Clemente
Alessandrino 3-1 e Origene 3-2, e dietro loro un gran numero
di Padri. Non e` dunque meraviglia che si sia dato il nome d'ascetica
alla scienza che tratta degli sforzi necessari per acquistare la
perfezione cristiana.

2) Tuttavia, per lunghi secoli, a designare questa scienza prevalse il
nome di Teologia mistica (uusty*s, misterioso, segreto e
particolarmente segreto religioso) perche` esponeva i segreti della
perfezione. In seguito queste due parole furono usate nello stesso
senso; ma presto prevalse l'uso di riservare il nome d'ascetica a
quella parte della scienza spirituale che tratta dei primi gradi della
perfezione fino alla soglia della contemplazione, e il nome di mistica
a quella che s'occupa della contemplazione e della via unitiva.

e) Checche` ne sia, da tutte queste nozioni risulta che la scienza di
cui ci occupiamo e` veramente la scienza della perfezione cristiana;
onde potremo assegnarle il posto conveniente nel disegno generale
della Teologia.

II. SUO POSTO NELLA TEOLOGIA.

4. Nessuno meglio di S. Tommaso dimostro` l'unita` organica che regna
nella scienza teologica. Egli divide la sua Somma in tre parti: nella
prima, tratta di Dio primo principio e lo studia in se` stesso,
nell'unita` della natura e nella trinita` delle persone; e nelle opere
della creazione, che conserva e governa con la sua provvidenza. Nella
seconda, s'occupa di Dio fine ultimo, a cui devono tendere tutti gli
uomini, orientando verso di lui le loro azioni, sotto la guida della
legge e l'impulso della grazia, praticando le virtu` teologali e morali
e osservando i doveri del proprio stato. La terza ci mostra il Verbo
Incarnato, che si fa nostra via per andare a Dio e che istituisce i
sacramenti per comunicarci la grazia e cosi` condurci alla vita eterna.

In questo disegno, la teologia ascetica e mistica si connette alla
seconda parte della Somma, appoggiandosi anche alle altre due.

5. A partir da S. Tommaso, la Teologia, pur rispettandone l'unita`
organica, fu divisa in tre parti: la Dommatica, la Morale e
l'Ascetica.

a) La Dommatica c'insegna cio` che bisogna credere su Dio, sulla vita
divina, sulla comunicazione che volle farne alle creature ragionevoli
e particolarmente all'uomo, sulla perdita di questa vita col peccato
originale, sulla sua restaurazione per mezzo del Verbo Incarnato,
sulla sua azione nell'anima rigenerata, sulla sua diffusione per mezzo
dei sacramenti, sulla sua ultima perfezione nella gloria.

b) La Morale ci mostra come dobbiamo corrispondere a questo amor di
Dio coltivando in noi la vita divina che si degno` di parteciparci,
come dobbiamo evitare il peccato e praticare le virtu` e i doveri del
proprio stato che sono di precetto.

c) Ma quando si vuole perfezionare questa vita, andare oltre cio` che e`
stretto precetto e progredire in modo metodico nella pratica delle
virtu`, allora interviene l'Ascetica la quale ci traccia le regole
della perfezione.

III. LE SUE RELAZIONI COLLA DOGMATICA E COLLA MORALE.

6. L'Ascetica e` dunque una parte della morale cristiana, ma la parte
piu` nobile, quella che mira a fare di noi dei cristiani perfetti. Pur
essendo divenuta un ramo speciale della Teologia, essa serba colla
Dommatica e colla morale intime relazioni.

1^ L'Ascetica si fonda sulla Dommatica. Quando l'Ascetica vuole
esporre la nature della vita cristiana, chiede lumi alla Dommatica.
Questa vita e` infatti una partecipazione della vita stessa di Dio, e
conviene quindi risalire fino alla SS. Trinita` per trovarvi il
principio e l'origine di questa vita, seguirne le vicende, vedere
come, conferita ai nostri progenitori, fu perduta per loro colpa e poi
restaurata per mezzo del Cristo redentore; per conoscere qual e` il suo
organismo e il suo modo di operare nell'anima nostra, per quali canali
misteriosi ci e` data ed aumentata, e come si trasforma in visione
beatifica nel cielo. Ora tutti questi argomenti sono trattati nella
Teologia dommatica; ne` si dica che si possono presupporre; se non si
richiamano in una breve e viva sintesi, l'Ascetica sembrera` senza
fondamenti, e si chiederanno alle anime sacrifici durissimi senza
poterli giusitificare con l'esposizione di cio` che Dio fece per noi. E`
dunque vero che la Dommatica e`, secondo la bella espressione del
Cardinale Manning, la sorgente della devozione.

7. 2^ L'Ascetica s'appoggia pure sulla Morale e la compie. La Morale
spiega i precetti che dobbiamo praticare per acquistare e conservare
la vita divina. Ora l'Ascetica, che ci fornisce i mezzi per
perfezionarla, suppone evidentemente la conoscenza e la pratica dei
comandamenti; sarebbe una pericolosa illusione il trascurare i
precetti sotto pretesto di seguire i consigli e pretendere di
praticare le piu` alte virtu` prima di sapere resistere alle tentazioni
ed evitare il peccato.

8. 3^ Nondimeno l'Ascetica e` un ramo distinto della Teologia
dommatica e morale. Ha infatti un oggetto proprio: sceglie nella
dottrina di N. Signore tutto cio` che si riferisce alla perfezione
della vita cristiana, alla sua natura, al suo obbligo, ai suoi mezzi,
e tutti questi elementi coordina in guisa da formarne una vera
scienza. 1) Si distingue dalla Dommatica, la quale direttamente non ci
propone che le verita` da credere, perche`, pur appoggiandosi su queste
verita`, essa le volge alla pratica e se ne serve per farci
comprendere, gustare e attuare la perfezione cristiana. 2) Si
distingue dalla morale, perche`, pur richiamando i precetti di Dio e
della Chiesa, fondamento di ogni vita spirituale, essa ci propone i
consigli evangelici, e, per ogni virtu`, un grado piu` elevato di quello
che e` strettamente obbligatorio. L'Ascetica e` dunque la scienza della
perfezione cristiana.

9. Di qui deriva il suo doppio carattere di scienza speculativa
insieme e pratica. Contiene certamente una dottrina speculativa,
poiche` risale alla Dommatica per spiegare la natura della vita
cristiana; ma e` soprattutto pratica, perche` ricerca i mezzi da
prendere per coltivare questa vita.

L'Ascetica, in mano d'un savio direttore, e` anche una vera arte, che
consiste nell'applicare con delicatezza e premura i principii generali
a ciascuna anima in particolare; arte tra tutte la piu` eccellente e
difficile, ars artium regimen animarum. I principii e le regole che
daremo mireranno a formare buoni direttori.
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15/10/2013 12:26
 
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IV. DIFFERENZA FRA L'ASCETICA E LA MISTICA.

Quello che abbiamo detto s'applica tanto all'una quanto all'altra.

10. A) Per distingerle, si puo` definire la teologia ascetica quella
parte della scienza spirituale che ha per oggetto proprio la teoria e
la pratica della perfezione cristiana, a partire dai suoi principii
sino alla soglia della contemplazione infusa. Noi facciamo cominciare
la perfezione col desiderio sincero di progredire nella vita
spirituale, e l'ascetica conduce l'anima, per le vie purgativa e
illuminativa, sino alla contemplazione acquisita.

11. B) La mistica e` quella parte della scienza spirituale che ha per
oggetto proprio la teoria e la pratica della vita contemplativa, a
partire dalla prima notte dei sensi e dalla quiete fino al matrimonio
spirituale.

a) Evitiamo quindi, nella nostra definizione, di fare dell'Ascetica lo
studio delle vie ordinarie della perfezione, e della Mistica lo studio
delle vie straordinarie; oggi infatti si riserva questa parola di
straordinario piuttosto a una categoria speciale di fenomeni mistici,
a quelli che sono grazie date gratuitamente e che vengono ad
aggiungersi alla contemplazione, come le estasi e le rivelazioni.

b) La contemplazione e` uno sguardo semplice ed affettuoso di Dio e
delle cose divine: si dice acquisita quando e` frutto della nostra
attivita` aiutata dalla grazia; infusa quando, oltrepassando questa
attivita`, e` operata da Dio col nostro consenso (n. 1299).

c) Di proposito riuniamo in un unico volume la teologia ascetica e la
mistica. 1) Tra l'una e l'altra vi sono certamente differenze
profonde, che a suo tempo additeremo accuratamente; ma vi e` pure tra i
due stati, l'ascetico e il mistico, una certa continuita`, la quale fa
si` che l'uno sia una specie di preparazione all'altro, e che Dio si
giovi, quando lo giudica conveniente, delle disposizioni generose
dell'asceta per elevarlo agli stati mistici. 2) In ogni caso, lo
studio della mistica getta molta luce sull'ascetica e viceversa;
perche` le vie di Dio sono piene di armonia e l'azione cosi` potente
ch'egli esercita sulle anime mistiche, fa meglio cogliere, col rilievo
con cui si mostra, la sua azione meno forte sui principianti; cosi` le
prove passive descritte da S. Giovanni della Croce fanno meglio
intendere le aridita` ordinarie che si provano negli stati inferiori, e
parimenti si intendono meglio le vie mistiche quando si vede a quale
docilita`, a quale pieghevolezza arriva un'anima che per lunghi anni si
e` esercitata nelle rudi fatiche dell'ascesi. Queste due parti d'una
medesima scienza s'illuminano dunque vicendevolmente e ci guadagnano a
non essere separate.

sez. II. Le fonti della Teologia ascetica e mistica.

12. Essendo la scienza spirituale un ramo della Teologia, e` evidente
che le loro fonti sono le stesse: anzitutto le fonti che contengono o
spiegano il dato rivelato, la Scrittura e la Tradizione; poi le fonti
secondarie, ossia tutte le conoscenze che ci vengono della ragione
illuminata dalla fede e dall'esperienza. Non ci rimane dunque qui se
non indicare l'uso che se ne puo` fare nella Teologia ascetica.

I. DELLA SACRA SCRITTURA.

Non vi troviamo certamente una sintesi della dottrina spirituale, ma
ricchi documenti sparsi qua e la` nel Vecchio come nel Nuovo
Testamento, sotto forma di dottrine, di precetti, di consigli, di
preghiere e d'esempi.

13. 1^ Dottrine speculative su Dio, sulla sua natura, sui suoi
attributi, sulla sua immensita` che penetra tutto, sulla infinita sua
sapienza, sulla sua bonta`, sulla sua giustizia, sulla sua
misericordia, sulla provvidenziale sua azione che si esercita su tutte
le creature, ma specialmente sugli uomini per salvarli; sulla sua vita
intima, sulla generazione misteriosa dell'Eterna Sapienza o del Verbo,
sulla processione dello Spirito Santo, vincolo naturale tra il Padre e
il Figlio; sulle sue opere; in particolare su cio` che fece per l'uomo,
per comunicargli una partecipazione della sua vita divina, per
restaurarla dopo la caduta per mezzo dell'Incarnazione del Verbo e
della Redenzione, per santificarla con i sacramenti e per preparargli
in cielo le eterne delizie della visione beatifica e dell'amor puro. E`
evidente che questo insegnamento cosi` nobile e cosi` elevato e` un
potente stimolo per aumentare in noi l'amor di Dio e il desiderio
della perfezione.

14. 2^ Un insegnamento morale composto di precetti e di consigli: il
Decalogo, che si compendia tutto nell'amor di Dio e nell'amor del
prossimo e quindi nel culto divino e nel rispetto dei diritti altrui;
il cosi` nobile insegnamento dei Profeti, che, ricordando continuamente
la bonta`, la giustizia e l'amor di Dio pel suo popolo, lo allontana
dal peccato e specialmente dalle pratiche idolatriche, gli inculca il
rispetto e l'amor di Dio, la giustizia, l'equita`, la bonta` verso
tutti, ma specialmente verso i deboli e gli oppressi; i saggi consigli
del libri sapienziali, che gia` contengono un'intiera esposizione delle
virtu` cristiane; sopra tutto poi l'ammirabile dottrina di Gesu`, la
sintesi ascetica condensata nel discorso del Monte; e la dottrina piu`
alta ancora che troviamo nei discorsi riferiti da S. Giovanni e che
egli commenta nelle sue Epistole; la teologia spirituale di S. Paolo,
cosi` ricca di idee dommatiche e d'applicazioni pratiche. Il pallido
compendio che tosto ne daremo ci mostrera` che il Nuovo Testamento e`
gia` un codice di perfezione.

15. 3^ Preghiere per nutrire la nostra pieta` e la nostra vita
interiore. Ve ne sono forse delle piu` belle di quelle che troviamo nei
Salmi e che la Chiesa giudico` cosi` atte a glorificar Dio e a
santificarci, che le trasporto` nella sua liturgia, nel Messale e nel
Breviario? Altre pur ve ne sono che si trovano sparse qua e la` nei
libri storici o sapienziali; e c'e` soprattutto il Pater, la preghiera
piu` bella, piu` semplice, piu` compita nella sua brevita`, che si possa
trovare; e poi la preghiera sacerdotale di N. Signore, senza parlare
delle dossologie che si trovano gia` nelle Epistole di S. Paolo e
nell'Apocalisse.

16. 4^ Esempi che ci conducono alla pratica della virtu`. a) Il
Vecchio Testamento ci fa sfilare dinanzi una serie di patriarchi, di
profeti e d'altri personaggi illustri, che non sono stati certo senza
debolezze, ma le cui virtu` furono celebrate da S. Paolo 16-1 e
ampiamente descritte dai Padri, che li propongono alla nostra
imitazione. Chi infatti non ammira la pieta` di Abele e di Enoch, la
soda virtu` di Noe` che pratica il bene in mezzo ad una generazione
corrotta, la fede e la confidenza d'Abramo, la castita` e la prudenza
di Giuseppe, il coraggio, la saviezza, la costanza di Mose`,
l'intrepidezza, la pieta`, la saggezza di Davide, la vita austera dei
Profeti, il valore dei Maccabei, e tanti altri esempi che sarebbe
troppo lungo il ricordare? b) Nel Nuovo Testamento, ecco innanzi tutto
Gesu` che ci appare come il tipo ideale della santita`, e poi Maria e
Giuseppe, suoi fedeli imitatori, poi gli apostoli che, prima
imperfetti, si consacrano poi corpo e anima alla predicazione del
Vangelo e alla pratica delle virtu` cristiane ed apostoliche, cosicche`
assai piu` eloquentemente con l'esempio che con le parole ci dicono
"Imitatores mei estote sicut et ego Christi". Se molti di questi santi
personaggi ebbero delle debolezze, il come le hanno poi riparate da`
anche maggior valore ai loro esempi, mostrandoci il modo di riparare
le proprie colpe con la penitenza.

Per dare un'idea dei tesori ascetici che si trovano nella Sacra
Scrittura, faremo nell'Appendice un compendio sintetico della
spiritualita` dei Sinottici, di S. Paolo e di S. Giovanni.
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15/10/2013 12:26
 
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II. LA TRADIZIONE.

17. La Tradizione compie la Sacra Scrittura, trasmettendoci delle
verita` che in questa non sono contenute, e inoltre la interpreta in
modo autentico. Si manifesta col magistero solenne e col magistero
ordinario.

1^ Il magistero solenne, che consiste propriamente nelle definizioni
dei Concilii e dei Sommi Pontefici, non s'e` occupato che raramente di
questioni ascetiche e mistiche strettamente dette; ma dovette spesso
intervenire per chiarire e determinare le verita` che costituiscono il
fondamento della spiritualita`: come la vita divina considerata nella
sua sorgente, l'elevazione dell'uomo allo stato soprannaturale, il
peccato originale e le sue conseguenze, la redenzione, la grazia
comunicata all'uomo rigenerato, il merito che accresce in noi la vita
divina, i sacramenti che conferiscono la grazia, il santo sacrifizio
della Messa in cui sono applicati i frutti della redenzione. Nel corso
dell'opera dovremo giovarci di tutte queste definizioni.

18. 2^ Il magistero ordinario s'esercita in due modi, in modo
teorico e in modo pratico.

A) L'insegnamento teorico ci e` dato per via negativa con la condanna
delle proposizioni dei falsi mistici, e per via positiva con la
dottrina comune dei Padri e dei Teologi o con le conclusioni che
scaturiscono dalle vite dei santi.

a) Sorsero in diversi tempi dei falsi mistici che alterarono la vera
nozione della perfezione cristiana, come gli Encratiti e i Montanisti
dei primi secoli, i Fraticelli e certi mistici tedeschi del Medio Evo,
Molinos e i Quietisti nei tempi moderni; la Chiesa, condannandoli, ci
addito` gli scogli da evitare e insieme la via da seguire.

19. b) E d'altra parte si formo` gradatamente una dottrina comune su
tutte le grandi questioni di spiritualita`, che e` come il commentario
vivente degli insegnamenti biblici, e che si trova presso i Padri, i
teologi e gli autori spirituali; quando si leggono, si e` colpiti
dell'unanimita` che manifestano su tutti i punti vitali che si
riferiscono alla natura della perfezione, ai mezzi necessari per
acquistarla, alle principali tappe da percorrere. Rimane certamente
qualche punto controverso, ma su questioni accessorie, e queste
discussioni fanno anche meglio risaltare l'unanimita` morale che esiste
sul resto. La tacita approvazione che la Chiesa da` a questo
insegnamento comune e` per noi una sicura garanzia di verita`.

20. B) L'insegnamento pratico si trova principalmente nella
canonizzazione dei Santi che hanno insegnato e praticato tutto questo
complesso di dottrine spirituali. Si sa con quale minuziosa cura si
procede alla revisione dei loro scritti e all'esame delle loro virtu`;
dallo studio di questo documenti e` facile dedurre dei principii di
spiritualita` sulla natura e sui mezzi di perfezione, che saranno
l'espressione del pensiero della Chiesa. Per convincersene, basta
leggere l'opera cosi` bene documentata di Benedetto XIV: De Servorum
Dei Beatificatione et Canonizatione, o qualcuno dei processi di
Canonizzazione, oppure biografie di Santi scritte secondo le regole
d'una saggia critica.

III. LA RAGIONE ILLUMINATA DALLA FEDE E DALL'ESPERIENZA.

21. La ragione naturale, essendo un dono di Dio assolutamente
necessario all'uomo per conoscere la verita` sia naturale che
soprannaturale, ha una parte larghissima nello studio della
spiritualita`, come di tutti gli altri rami della scienza
ecclesiastica. Trattandosi pero` di verita` rivelate, ha bisogno
d'essere guidata e perfezionata dai lumi della fede; e, per applicare
i principi generali alle anime, deve appoggiarsi sull'esperienza
psicologica.

22. 1^ Il primo suo ufficio e` di raccogliere e coordinare i dati
della Scrittura e della Tradizione; perche`, essendo essi sparsi in
vari libri, hanno bisogno d'essere riuniti per formare un tutto.
Inoltre quei sacri detti furono pronunziati in quella data
circostanza, in occasione di quella data questione, in quel dato
ambiente; e cosi` pure i testi della Tradizione furono spesso motivati
da circostanze varie di tempi e di persone. a) Per coglierne quindi il
valore, bisogna collocarli nel loro ambiente, confrontarli con
insegnamenti analoghi, poi aggrupparli e interpretarli alla luce del
complesso delle verita` cristiane. b) Fatto questo primo lavoro, si puo`
da questi principi trarre delle conclusioni, mostrarne la saldezza e
le molteplici applicazioni alle mille particolarita` della vita umana
nelle piu` svariate circostanze. c) Principi e conclusioni saranno in
fine coordinati in una vasta sintesi e formeranno una vera scienza.
d) A lei pure spetta il difendere la dottrina ascetica dai suoi
detrattori. Vi sono molti che l'assaltano in nome della ragione e
della scienza e non vedono che illusione la` dove sono invece sublimi
realta`. Rispondere a questi critici, appoggiandosi alla filosofia e
alla scienza, ecco il preciso ufficio della ragione.

23. 2^ Essendo la spiritualita` una scienza vissuta, bisogna mostrare
storicamente come e` stata praticata; e` quindi necessario leggere
biografie di Santi antichi e moderni, di varie condizioni e di diversi
paesi, per rilevare in qual modo le regole ascetiche sono state
interpretate e adattate ai diversi tempi, alle varie nazioni, e ai
doveri particolari del proprio stato. E poiche` nella Chiesa non ci
sono solo dei santi, bisogna rendersi ben conto degli ostacoli che si
oppongono alla pratica della perfezione e dei mezzi usati per
trionfarne. Occorrono quindi studi psicologici e alla lettura bisogna
aggiungere l'osservazione.

24. 3^ Spetta pure alla ragione, illuminata dalla fede, applicare i
principi e le regole generali a ogni persona in particolare tenendo
conto del temperamento, del carattere, dell'eta` e del sesso, della
posizione sociale, dei doveri del suo stato, come anche delle
attrattive soprannaturali della grazia, badando pure alle regole sul
discernimento degli spiriti.

Per adempiere questo triplice ufficio, occorre non solo un'acuta
intelligenza, ma anche un giudizio retto, molta prudenza e
discernimento. Vi si deve aggiungere lo studio della psicologia
pratica, dei temperamenti, delle malattie nervose e degli stati
morbosi che hanno tanta influenza sulla mente e sulla volonta`, ecc.
Trattandosi poi d'una scienza soprannaturale, non si deve dimenticare
che al lume della fede spetta una parte preponderante, e che i doni
dello Spirito Santo mirabilmente la compiono; specialmente il dono
della scienza, che dalle cose umane ci eleva fino a Dio, il dono
dell'intelletto che ci fa meglio approfondire le verita` rivelate, il
dono della sapienza che ce le fa discernere e gustare, il dono del
consiglio che ci aiuta ad applicarle a ciascuno in particolare.

Ecco perche` i Santi, che si lasciano condurre dallo Spirito di Dio,
sono pure i piu` atti a meglio intendere e meglio applicare i principi
della vita soprannaturale; hanno una certa connaturalita` con le cose
divine, che le fa loro meglio intendere e gustare: "Abscondisti haec a
sapientibus et prudentibus et revelasti en parvulis" 24-1.
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sez. III. Il metodo da seguire 25-1.

Per trarre maggior profitto dalle fonti che abbiamo descritte, quale
metodo si dovra` seguire? Il metodo sperimentale e descrittivo, o il
metodo deduttivo, oppure l'unione dei due? Quale spirito deve
presiedere all'uso di questi metodi?

25. 1^ Il metodo sperimentale, descrittivo o psicologico, consiste
nell'osservare in se` o negli altri i fatti ascetici o mistici, nel
classificarli e coordinarli, per dedurne i segni o le note
caratteristiche di ciascuno stato, le virtu` o le disposizioni che
convengono a ognun di loro, e cio` senza darsi pensiero della natura o
della causa di questi fenomeni, senza chiedere se procedono dalle
virtu`, dai doni dello Spirito Santo o da grazie miracolose. Questo
metodo nella parte positiva ha molti vantaggi, perche` bisogna pure ben
conoscere i fatti prima di spiegarne la natura e la causa.

26. Se pero` venga adoperato in modo esclusivo:

a) Questo metodo non puo` costituire una vera scienza; ne somministra
certamente i fondamenti, cioe` i fatti e le induzioni immediate che se
ne possono trarre, puo` anche accertare quali sono i mezzi pratici che
generalmente riescono meglio. Tuttavia, finche` non si risalga alla
natura intima e alla causa di questi fatti, si fa piuttosto della
psicologia che della teologia; o se si descrivono minutamente i mezzi
per praticare questa o quell'altra virtu`, non si mostra abbastanza il
movente e lo stimolo che aiuta a praticarla.

b) Si e` quindi esposti a cadere in opinioni mal fondate. Se nella
contemplazione non si distingue cio` che e` miracoloso, come l'estasi e
la levitazione, da cio` che ne costituisce l'elemento essenziale, cioe`
lo sguardo prolungato e affettuoso su Dio sotto l'influsso d'una
grazia speciale, se ne potra` troppo facilmente concludere che ogni
contemplazione e` miracolosa, il che e` contrario alla dottrina comune.

c) Molte controversie sugli stati mistici s'attenuerebbero se alle
descrizioni di questi stati s'aggiungessero le distinzioni e le
esattezze fornite dallo studio teologico. Cosi` la distinzione tra
contemplazione acquisita e infusa fa meglio intendere certi stati
d'animo molto reali e conciliare certe opinioni che, a prima vista,
sembrano contradittorie. Parimenti, nella contemplazione passiva vi
sono molti gradi: ve ne sono di quelli in cui basta l'uso perfezionato
dei doni, ve ne sono altri in cui Dio deve intervenire per disporre le
nostre idee e aiutarci a trarne delle conclusioni che colpiscono, ve
ne sono infine di quelli che non si possono bene spiegare che con
conoscenze infuse. Tutte queste distinzioni sono il risultato di
lunghe e pazienti ricerche speculative insieme e pratiche; facendole,
si ridurrebbe il numero dei disparari che separano le varie scuole.

27. 2^ Il metodo dottrinale o deduttivo consiste nello studiare
accuratamente cio` che insegnano sulla vita spirituale la Scrittura, la
Tradizione, la Teologia, in particolare la Somma di S. Tommaso, e
dedurne conclusioni sulla natura della vita cristiana, sulla sua
perfezione, sul suo obbligo e sui mezzi di raggiungerla, senza darsi
abbastanza pensiero dei fatti psicologici, del temperamento e del
carattere delle persone dirette, delle loro inclinazioni, dei
risultati prodotti su questa o su quell'altra anima dai diversi mezzi;
senza studiare in particolare i fenomeni mistici descritti dai Santi
che li provarono, come S. Teresa, S. Giovanni della Croce,
S. Francesco di Sales, ecc. ecc.; o almeno senza tenerne abbastanza
conto. Essendo noi facilmente soggetti ad ingannarci nelle nostre
deduzioni, particolarmente quando le moltiplichiamo, e` cosa prudente
il verificarle confrontando i fatti. Se, per esempio, si viene a
conoscere che la contemplazione infusa e` abbastanza rara, si mettera`
qualche restrizione alla tesi sostenuta da alcune scuole, che tutti
sono chiamati ai piu` alti gradi di contemplazione 27-1.

28. 3^ Unione dei due metodi. A) Bisogna dunque saper combinare
insieme i due metodi.

E` quello veramente che fanno in generale gli autori, con questa
differenza pero` che gli uni s'appoggiano di piu` sui fatti e gli altri
sui principi 28-1. Noi cercheremo di tenere la via di mezzo, senza
la pretensione di riuscirvi. a) I principi di teologia mistica che i
grandi maestri dedussero dalle verta` rivelate ci aiuteranno a meglio
osservare i fatti, ad analizzarli in modo piu` compi`to, a ordinarli in
modo piu` metodico, a interpretarli piu` saviamente; non dimenticheremo
infatti che i mistici descrivono le loro impressioni, senza volerne,
almeno il piu` delle volte, interpretare la natura. I principi ci
aiuteranno pure a ricercare la causa dei fatti, tenendo conto delle
verita` gia` conosciute, e a coordinarli in modo da farne una vera
scienza.

b) D'altra parte lo studio dei fatti ascetici e mistici correggera` cio`
che vi sarebbe di troppo rigido e di troppo assoluto nelle conclusioni
puramente dialettiche; non vi puo` infatto essere opposizione assoluta
tra i principii e i fatti; se dunque l'esperienza mostra che il numero
dei mistici e` ristretto, non bisogna affrettarsi a conchiudere che cio`
dipende unicamente dalla resistenza alla grazia. Ed e` pure utile il
chiedersi perche` nelle cause di canonizzazione si giudica della
santita` molto piu` dalla pratica delle virtu` eroiche che dal genere
d'orazione o di contemplazione; questi fatti potranno di fatto
dimostrare che il grado di santita` non e` sempre e necessariamente in
relazione col genere e col grado d'orazione.

29. B) Come fondere insieme i due metodi? a) Bisogna anzitutto
studiare il dato rivelato quale ci e` somministrato dalla Scrittura e
dalla Tradizione, compresovi il magistero ordinario della Chiesa; e,
con l'aiuto di questo dato, determinare, col metodo deduttivo, che
cos'e` la vita e la perfezione cristiana, quali i suoi vari gradi,
quale il cammino progressivo generalmente tenuto per arrivare alla
contemplazione, passando per la mortificazione e la pratica delle
virtu` morali e teologali; in che consiste questa contemplazione, sia
nei suoi elementi essenziali, sia nei fenomeni straodinari che qualche
volta l'accompagnano.

30. b) A questo studio dottrinale bisogna aggiungere il metodo
d'osservazione: 1) esaminare con cura le anime, le loro qualita` e i
loro difetti, la loro fisionomia speciale, le loro inclinazioni e le
loro ripugnanze, i movimenti della natura e della grazia che in loro
si producono; queste conoscenze psicologiche daranno modo di
determinar meglio i mezzi di perfezione che meglio loro convengono, le
virtu` di cui hanno maggior bisogno e verso le quali la grazia le
inclina, la loro corrispondenza a questa grazia, gli ostacoli che
incontrano e i mezzi che riescono meglio per trionfarne. 2) Per
allargare il campo della propria esperienza, si leggeranno
attentamente le vite dei Santi, quelle specialmente che, senza
dissimularne i difetti, mostrano il modo progressivo con cui li
combatterono, come e con quali mezzi praticarono le virtu`, se e come
passarono dalla vita ascetica alla vita mistica e sotto quali
influenze. 3) Nella vita dei contemplativi si dovranno pure studiare i
vari fenomeni della contemplazione, dai primi incerti bagliori fino
alle piu` alte vette, gli effetti di santita` prodotti da queste grazie,
le prove a cui furono sottoposti, le virtu` che praticarono. Tutto cio`
servira` a compiere e talora a rettificare le conoscenza teoriche che
si erano acquistate.

31. c) Con l'aiuto dei principii teologici e dei fenomeni mistici
ben studiati e ben classificati, si potra` piu` facilmente risalire alla
natura della contemplazione, alle sue cause, alle sue specie, e
distinguere cio` che v'e` in essa di normale e di straordinario. 1) Si
cerchera` in quale misura i doni dello Spirito Santo sono i principii
formali della contemplazione e come bisogna coltivarli per mettersi
nelle disposizioni interiori favorevoli alla contemplazione. 2) Si
esaminera` se i fenomeni debitamente accertati si spiegano tutti coi
doni dello Spirito Santo, se qualcuno non suppone specie infuse, e
come esse operino nell'anima; oppure se e` l'amore che produce questi
stati spirituali senza nuove cognizioni. 3) Si potra` allora veder
meglio in che consiste lo stato passivo, in quale misura l'anima vi
resta attiva, la parte di Dio e quella dell'anima nella contemplazione
infusa; cio` che in questo stato e` ordinario e cio` che diviene
straordinario e preternaturale. Cosi` si potra` studiar meglio il
problema della vocazione allo stato mistico e del numero piu` o meno
grande dei veri contemplativi.

Procedendo cosi`, avremo maggior probabilita` d'arrivare alla verita` e a
conclusioni pratiche per la direzione delle anime; e uno studio di
questo genere diventera` non meno attraente che santificante.

32. 4^ Con quale spirito si deve seguir questo metodo? Qualunque sia
il metodo usato, e` necessario studiare questi difficili problemi con
molta calma e ponderazione, allo scopo di conoscere la verita`, e non
di far trionfare ad ogni costo il sistema da noi preferito.

a) Bisogna quindi rilevare e mettere in luce cio` che e` certo o
comunemente ammesso, e riporre in un secondo piano cio` che e`
controverso. La direzione da dare alle anime non dipende dalle
questioni controverse, ma dalle dottrine comunemente ricevute. Vi e`
unanimita` in tutte le scuole nel riconoscere che la rinunzia e la
carita`, il sacrifizio e l'amore sono necessari a tutte le anime e in
tutte le vie, e che l'armonica combinazione di questo doppio elemento
dipende molto dal carattere delle persone dirette. Tutti ammettono che
bisogna sempre praticare lo spirito di penitenza, benche` prenda forme
diverse, secondo i diversi gradi di perfezione; che bisogna praticare
le virtu` morali e teologali in modo sempre piu` perfetto per giungere
alla via unitiva; e che i doni dello Spirito Santo, coltivati con
cura, danno all'anima nostra una pieghevolezza che la rende piu` docile
alle ispirazioni della grazia e la preparono, se Dio ve la chiama,
alla contemplazione. Si e` anche d'accordo su questo punto importante
che la contemplazione infusa e` essenzialmente gratuita e che Dio la da`
a chi vuole e quando vuole; e che quindi nessuno puo` mettersi da se`
stesso nello stato passivo e che i segni d'una vocazione prossima a
questo stato sono quello cosi` ben descritti da S. Giovanni della
Croce. E quando le anime giungono alla contemplazione, devono, per
comun consenso, progredire nella perfetta conformita` alla volonta` di
Dio, nel santo abbandono e soprattutto nell'umilta`, virtu`
costantemente raccomandata da S. Teresa.

Si possono dunque dirigere prudentemente le anima, anche quelle
chiamate alla contemplazione, senza aver sciolto tutte le questioni
controverse che gli autori contemporanei stanno ancora discutendo.

33. b) Ci sembra cosi` che, se si affrontano questi problemi con
spirito conciliativo, cercando cio` che ci avvicina anziche` cio` che ci
divide, si arrivera`, se non a sopprimerle, certo ad addolcire queste
controversie, ad attenuarle, a vedere l'anima di verita` che ogni
sistema contiene. Ecco cio` che si puo` fare quaggiu`: bisogna sapere
attendere i lumi della visione beatifica per risolvere un certo numero
di problemi difficili.
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sez. IV. Eccellenza e necessita` della Teologia ascetica.

Il poco che abbiamo detto sulla natura, sulle fonti e sul metodo della
Teologia ascetica, ce ne lascia gia` intravedere l'eccellenza e la
necessita`.

I. ECCELLENZA DELLA TEOLOGIA ASCETICA.

34. L'eccellenza deriva dal suo oggetto che e` uno dei piu` nobili che
si possano studiare. Egli e` infatto una partecipazione della vita
divina comunicata all'anima e da lei coltivata con infaticabile
ardore. Se analizziamo questo concetto, vedremo quanto questo ramo
della teologia sia degno della nostra attenzione.

1^ Vi studiamo prima di tutto Dio nelle sue piu` intime relazioni con
l'anima: la SS. Trinita` che abita e vive in noi e ci comunica una
partecipazione della sua vita, che collabora alle nostre opere buone,
aiutandoci cosi` ad aumentare continuamente in noi questa vita
soprannaturale, a purificare l'anima nostra, ad abbellirla con la
pratica delle virtu`, a trasformarla finche` sia matura per la visione
beatifica. Si puo` forse immaginare cosa piu` grande e piu` eccellente di
questa azione di Dio che trasforma le anime per unirle a se` e
assimilarsele in modo cosi` perfetto?

2^ Vi studiamo poi l'anima stessa che, nella sua collaborazione con
Dio, si viene a poco a poco liberando dai difetti e dalle
imperfezioni, che coltiva le virtu` cristiane, che si sforza d'imitare
le virtu` del suo divino Modello non ostante gli ostacoli interni ed
esterni, che coltiva i doni dello Spirito Santo e acquista una
mirabile pieghevolezza per obbedire ai minimi tocchi della grazia e
che s'avvicina cosi` ogni giorno piu` al Padre celeste. Se oggi le
questioni che hanno relazione con la vita si considerano come le piu`
degne d'attirare la nostra attenzione, che dobbiamo dire di una
scienza che tratta della vita soprannaturale, della partecipazione
alla vita stessa di Dio, che ne descrive le origini, i progressi e la
piena espansione nel cielo? Vi e` forse oggetto piu` nobile per i nostri
studi? Ve n'e` forse di piu` necessario?

II. NECESSITA` DELLA TEOLOGIA ASCETICA.

Per essere piu` precisi in materia cosi` delicata, ne esporremo:
* 1^ la necessita` pel sacerdote;
* 2^ la grandissima utilita` per i laici;
* 3^ la maniera pratica di studiarla.

1^ Necessita` pel Sacerdote.

35. Il sacerdote deve santificare se stesso e santificare i suoi
fratelli, e per questo doppio rispetto e` obbligato a studiare la
scienza dei santi.

A) Il sacerdote, come dimostreremo piu` innanzi con S. Tommaso, e`
obbligato non solamente a tendere alla perfezione ma a possederla in
un grado piu` elevato del semplice religioso. Ora la conoscenza della
vita cristiana e dei mezzi che contribuiscono a perfezionarla, e`
normalmente necessaria per giungere alla perfezione: nil volitum quin
praecognitum.

a) La conoscenza accende e stimola il desiderio. Sapere che cos'e` la
santita`, la sua eccellenza, l'obbligo di tendervi, i suoi mirabili
effetti nell'anima, la sua fecondita`, e` gia` un desiderarla. La
conoscenza d'un bene tende a farcelo desiderare; non si puo` lungamente
e attentamente contemplare un frutto delizioso senza che nasca il
desiderio di gustarlo. Ora il desiderio, principalmente quando e`
ardente e prolungato, e` gia` un principio d'azione: mette in moto la
volonta` e la spinge verso il conseguimento del bene percepito
dall'intelligenza, le da` slancio ed energia per raggiungerlo, e ne
sostiene gli sforzi per conquistarlo; il che e` tanto piu` necessario in
quanto che molti ostacoli s'oppongono al nostro progresso spirituale.

b) La considerazione particolare delle numerose tappe da percorrere
per giungere alla perfezione, gli sforzi perseveranti fatti dai santi
per trionfare delle difficolta` e avanzare continuamente verso il fine
desiderato, infiamma i cuori, sostiene l'ardore in mezzo alla lotta,
impedisce il rilassamento e la tiepidezza, tanto piu` se si considerano
nello stesso tempo gli aiuti e le consolazioni che Dio tiene preparate
alle anime di buona volonta`.

c) Questo studio e` tanto piu` necessario ai nostri giorni: "Viviamo
infatti in un'atmosfera di dissipazione, di razionalismo, di
naturalismo, di sensualismo che si insinua, anche a loro insaputa, in
una moltitudine di anime cristiane, e che invade financo il
santuario 35-1". I due o tre anni passati in caserma inducono i
giovani chierici, specialmente quelli che non ricevettero in famiglia
una educazione profondamente cristiana, a partecipare a questo tristo
spirito. Ora qual e` il mezzo migliore per reagire contro queste
funeste tendenze del nostro tempo, se non il vivere in compagnia di
Nostro Signore e dei Santi con lo studio metodico e continuato dei
principii di spiritualita`, che sono in opposizione diretta con la
triplice concupiscenza?

36. B) Per la santificazione delle anime che gli sono affidate.
a) Anche quando si tratta di peccatori, il sacerdote ha bisogno di
conoscere l'Ascetica per insegnar loro il modo di evitare le occasioni
di peccato, combattere le passioni, resistere alle tentazioni,
praticare le virtu` contrarie ai vizi che si debbono fuggire. E` vero
che la teologia morale suggerisce gia` brevemente queste cose, ma
l'Ascetica le sintetizza e le sviluppa.

b) E poi vi sono in quasi tutte le parocchie delle anime elette che
Dio chiama alla perfezione, e che, se sono ben dirette, aiuteranno il
sacerdote nell'esercizio dell'apostolato con le loro preghiere, con i
loro esempi, e con mille piccole industrie. In ogni caso se ne possono
formare alcune tra i giovinetti del catechismo e del patronato. Ora
per riuscire in quest'opera cosi` importante, e` necessario che il
sacerdote sia un buon direttore, che possegga le regole tracciate dai
santi e contenute nei libri di spiritualita`; altrimenti non si ha ne`
il gusto ne` la capacita` richiesta per l'arte cosi` difficile di formare
le anime.

37. c) A piu` forte ragione lo studio delle vie spirituali e`
necessario per la direzione delle anime ferventi chiamate alla
santita`, e che talora s'incontrano anche nei piu` piccoli villaggi. Per
guidarle sino all'orazione di semplicita` e alla contemplazione
ordinaria, bisogna conoscere non solamente l'Ascetica ma anche la
Mistica sotto pena di smarrirsi e di ostacolare il progresso di queste
persone. L'osservava gia` S. Teresa: "Per questo e` necessarissimo un
direttore, ma e` a desiderare che abbia esperienza... La mia opinione e`
e sara` sempre che ogni cristiano deve, potendolo, conferire con uomini
dotti; e quanto piu` dotti saranno, tanto meglio. Coloro che camminano
per le vie dell'orazione ne hanno piu` bisogno degli altri; e cio` tanto
piu` quanto piu` saranno spirituali... Cio` di cui io sono persuasissima
e` che il demonio non riuscira` mai con i suoi artifizi a sedurre una
persona d'orazione che consulta i teologi, tranne che non voglia
ingannarsi da se` stessa. Secondo me, il demonio paventa grandemente la
scienza umile e virtuosa, perche` sa che ne sara` smascherato e che
dovra` ritirarsi sconfitto" 37-1. Lo stesso linguaggio tiene
S. Giovanni della Croce: "Siffatti maestri spirituali (che ignorano le
vie mistiche) non comprendono le anime avviate in questa
contemplazione quieta e solitaria... le costringono a riprendere il
cammino della meditazione e del lavoro della memoria, a fare atti
interni in cui queste anime non trovano che aridita` e distrazione...
Che si sappia bene: colui che s'inganna per la sua ignoranza, quando
il suo ministero gli impone il dovere d'acquistare le cognizioni
necessarie, non sfuggira` al castigo, che sara` proporzionato al male
prodotto" 37-2.

Ne` si dica: Se io incontrero` di queste anime, le abbandonero` allo
Spirito Santo perche` le guidi Lui. -- Lo Spirito Santo vi
risponderebbe che egli le ha affidate a voi e che voi dovete lavorare
con Lui alla loro direzione. Egli puo` certamente dirigerle da se`; ma
per evitare ogni pericolo d'illusione, vuole che questa direzione sia
sottoposta all'approvazione d'un direttore visibile.
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2^ Utilita` per i laici.

38. Diciamo utilita` e non necessita`; perche` i laici possono
lasciarsi guidare da un direttore istruito e sperimentato, e non sono
quindi assolutamente obbligati a studiare la Teologia ascetica.
Tuttavia questo studio sara` loro utilissimo per tre ragioni
principali:-- a) Per stimolare e tener vivo il desiderio della
perfezione, come anche per dar loro una certa conoscenza della natura
della vita cristiana e dei mezzi che ci aiutano a perfezionarla. Non
si desidera cio` che non si conosce, ignoti nulla cupido, mentre che la
lettura dei libri spirituali eccita o aumenta il desiderio sincero di
praticare cio` che si e` letto. Quante anime, per esempio, si sono
slanciate con ardore verso la perfezione, leggendo l'Imitazione, il
Combattimento spirituale, l'Introduzione alla vita devota, la Pratica
di amar Gesu` Cristo?

b) E anche quando si abbia una guida spirituale, la lettura d'una
buona Teologia ascetica facilita` e compie la direzione. Si sa meglio
cio` che bisogna dire nella confessione o nella direzione; si capiscono
e si ritengono meglio i consigli del direttore, quando si ritrovano in
un libro che si puo` rileggere. Il direttore, dal canto suo, si vede
dispensato dall'entrare in numerosi particolari, e si contenta, dopo
alcuni avvisi sostanziali, di far leggere qualche trattato ove il
diretto trovera` gli schiarimenti e i compimenti necessari. Cosi` la
direzione potra` diventar piu` breve senza nulla perdere dei suoi
vantaggi, perche` il libro continuera` e compira` l'azione del direttore.

c) Finalmente la lettura d'un trattato di vita spirituale potra`
supplire, fino a un certo punto, la direzione che non si potesse
ricevere per mancanza di guida spirituale o che si ricevesse
raramente. La direzione, come diremo appresso, e` certamente il mezzo
normale per formarsi alla perfezione; quando pero`, per una ragione o
per un'altra, non si puo` trovare un buon direttore, il Signore vi
supplisce, e uno dei mezzi di cui si serve e` appunto qualcuno di quei
libri che, in modo preciso e metodico, tracciano la via da tenere per
diventar perfetti.

3^ Modo di studiare questa scienza.

39. Per acquistare la scienza necessaria alla direzione delle anime
si richiedono tre condizioni: un Manuale, la lettura dei grandi
maestri, la pratica.

A) Lo studio d'un Manuale. Le letture spirituali che si fanno in un
seminario, la pratica della direzione, e specialmente l'acquisto
progressivo delle virtu` aiutano certamente molto il seminarista a
formarsi alla direzione delle anime. Ma pure ci vuole anche lo studio
d'un buon Manuale. 1) Le letture spirituali sono anzitutto un
esercizio di pieta`, una serie d'istruzioni, di consigli e
d'esortazioni sulla vita spirituale, ed e` ben raro che vi si trattino
in modo metodico e completo tutte le questioni di spiritualita`. 2) In
ogni caso, se i seminaristi non hanno un Manuale, a cui possano
logicamente riferire i vari consigli che lor si danno, e che possano
rileggere di quando in quando, presto dimenticheranno cio` che hanno
inteso e mancheranno della competente scienza. Ora questa scienza e`
una di quelle che il giovane clero deve acquistare in Seminario, come
ben disse Pio X: "Scientiam pietatis et officiorum quam asceticam
vocant". 39-1

40. B) Lo studio approfondito dei Maestri spirituali, specialmente
degli autori canonizzati, o di quelli, che senza essere tali, sono
vissuti da santi. a) Al loro contatto, infatti, il cuore si riscalda,
l'intelligenza, illuminata dalla fede, percepisce piu` chiaramente e
gusta meglio che in un libro didattico i grandi principii della vita
spirituale, e la volonta`, sorretta dalla grazia, e` stimolata alla
pratica delle virtu` cosi` vivamente descritte da coloro che vi si sono
valorosamente esercitati. Aggiungendovi la lettura delle vite dei
santi, si capira` anche meglio perche` e come si devono imitare, e
l'irresistibile efficacia dei loro esempi dara` nuova forza ai loro
insegnamenti: "Verba movent, exempla trahunt".

b) Questo studio, cominciato in Seminario, dovra` continuare e
perfezionarsi nel ministero: la direzione delle anime lo rendera` piu`
pratico; come un buon medico non cessa di perfezionare i suoi studi
con la pratica dell'arte e l'arte con nuovi studi, cosi` un savio
direttore dara` compimento alle sue cognizioni teoriche con la
direzione delle anime, e all'arte della direzione con nuovi studi
riguardanti i bisogni speciali delle anime a lui affidate.

41. C) La pratica delle virtu` cristiane e sacerdotali sono sotto il
savio stimolo d'un direttore. Per ben capire la varie tappe della
perfezione, non c'e` mezzo piu` efficace che percorrerle da se` stesso;
infatti, la miglior guida attraverso le montagne non e` forse colui che
le ha percorse egli stesso in tutti i sensi? E quando si e` stati ben
diretti, si e`, a parita` di condizioni, piu` atti a dirigere gli altri,
perche` si e` visto per esperienza come si applicano le regole nei casi
particolari.

Combinando queste tre condizioni, si studiera` la Teologia ascetica con
molto profitto per se` e per gli altri.

42. Soluzione di alcune difficolta`. A) Si rimprovera talvolta
all'Ascetica di falsare le coscienze, mostrandosi molto piu` esigente
della Morale e chiedendo alle anime una perfezione inattuabile. Questo
rimprovero sarebbe fondato se essa non distinguesse tra precetto e
consiglio, tra le anime chiamate ad un'alta perfezione e quelle che
non lo sono. Ora non e` cosi`: pur spingendo le anime elette verso
altezze inaccessibili ai cristiani ordinari, non dimentica la
differenza che passa tra precetto e consiglio, tra le condizioni
essenziali per salvarsi e quelle che sono richieste per la perfezione;
ma sa pure che, per osservar bene i comandamenti, bisogna osservare
pure alcuni consigli.

43. B) Viene accusata di favorire l'egoismo, a tutto anteponendo la
propria santificazione. -- Ma Nostro Signore stesso c'insegna che la
salvezza dell'anima nostra dev'essere il nostro primo pensiero: Quid
enim prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae
detrimentum patiatur? 43-1 Nulla v'e` d'egoistico in questo; perche`
una delle condizioni essenziali per salvarsi e` la carita` verso il
prossimo, la quale si manifesta tanto con le opere corporali quanto
con le spirituali; e la perfezione vuole che si ami il prossimo al
punto da sacrificarsi per lui, come fece Gesu` per noi. Se questo e`
egoismo, e` un egoismo poco temibile.

C) Si insiste: l'Ascetica spinge le anime alla contemplazione e quindi
le distoglie dalla vita attiva. -- Bisogna assolutamente ignorare la
storia, per affermare che la contemplazione nuoce all'azione: "I veri
mistici, dice il signor De Montmorand 43-2, sono persone di
pratica e di azione, non di ragionamento e di teoria. Hanno il senso
dell'organizzazione, il dono del comando, e si palesano pieni di
ottime doti per gli affari. Le opere che essi fondano sono vitali e
durevoli; nella concezione e nella direzione delle loro imprese, danno
prova di prudenza e di arditezza, e di quella giusta stima delle
possibilita` che costituisce il buon senso. Difatti sembra appunto che
il buon senso sia la loro dote principale: un buon senso che non e`
turbato da alcuna esaltazione morbosa ne` da alcuna immaginazione
disordinata, al quale s'aggiunge anzi una rara potenza di
discernimento." Non abbiamo forse visto, leggendo la storia della
Chiesa, che la maggior parte dei santi che hanno scritto intorno alla
vita spirituale erano nello stesso tempo uomini di scienza e d'azione?
Ne sono prova: Clemente Alessandrino, S. Basilio, S. Grisostomo, [sic]
S. Ambrogio, S. Agostino, S. Gregorio, S. Anselmo, S. Bernardo, il
B. Alberto Magno, San Tommaso, S. Bonaventura, Gersone, S. Teresa,
S. Francesco di Sales, S. Vincenzo de Paoli, il Card. di Be'rulle, la
Signora Acarie, e tanti altri che sarebbe troppo lungo enumerare. La
contemplazione non soltanto non e` di ostacolo all'azione, ma la
illumina anzi e la dirige.

Nulla dunque e` piu` nobile, piu` importante, piu` utile della Teologia
ascetica ben compresa.

sez. V. Divisione della Teologia ascetica e mistica
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15/10/2013 12:28
 
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I. DISEGNI VARI SEGUITI DAGLI AUTORI.

Dopo di avere indicati i vari disegni da altri adottati, proporremo
quello che ci sembra il piu` adatto al nostro scopo. Vi sono vari
aspetti secondo cui si puo` tracciare una divisione logica della
scienza spirituale.

44. 1^ Gli uni, considerandola come scienza pratica, lasciano da
parte tutte le verita` speculative su cui si fonda, restringendosi a
coordinare, quanto piu` metodicamente e` possibile, le regole della
perfezione cristiana; tali furono tra i Padri, G. Cassiano nelle sue
Conferenze, S. Giovanni Climaco nella sua Scala Mistica; e, nei tempi
moderni, il Rodriguez nella "Pratica della Perfezione cristiana". Il
vantaggio di questo metodo e` d'entrare immediatamente nello studio dei
mezzi pratici che conducono alla perfezione. L'inconveniente e` di non
proporre alle anime gli stimoli che ci da` la considerazione di cio` che
hanno fatto e fanno per noi Dio e Gesu` Cristo, e di non fondare la
pratica delle virtu` su quelle convinzioni profonde e generali che si
trovano nella meditazione delle verita` dogmatiche.

45. 2^ Quindi e` che i piu` illustri Padri greci e latini, come
S. Atanasio e S. Cirillo, S. Agostino e S. Ilario, i grandi teologi
del Medio-Evo, come Riccardo da S. Vittore, il B. Alberto Magno, San
Tommaso e S. Bonaventura, badano a fondare la loro dottrina spirituale
sui dommi di fede e di riferirvi le virtu` di cui espongono la natura e
i gradi. Questo fece specialmente la Scuola francese del secolo XVII,
con Be'rulle, Condren, Olier, G. Eudes 45-1. Il suo merito sta
nell'illuminare la mente e fortificare le convinzioni per far meglio
praticare le austere virtu` che ci propone. Le si rimprovera talora di
allargarsi un poco troppo nella speculativa e badare troppo poco alla
pratica; la perfezione quindi starebbe nell'unire queste due cose, cio`
che molti hanno gia` tentato con buon esito 45-2.

46. 3^ Tra quelli che si studiano di conciliare questi due elementi
essenziali, alcuni seguono l'ordine ontologico delle virtu`, mentre
altri seguono l'ordine psicologico dello sviluppo delle stesse virtu`
per le tre vie, purgativa, illuminativa e unitiva.

A) Tra i primi sta S. Tommaso che, nella Somma, tratta per ordine
delle virtu` teologali e morali e dei doni dello Spirito Santo da lui
collegati con ciascuna virtu`. Fu seguito dai principali autori della
Scuola francese del secolo XVII e da altri scrittori 46-1.

B) Tra i secondi stanno tutti coloro che, volendo formare dei
direttori spirituali, ordinatamente descrissero le ascensioni
dell'anima per le tre vie, mettendo solamente, in capo ai loro
trattati, una breve introduzione sulla natura della vita spirituale;
tali sono Tommaso da Vallgornera, O. P. Mystica Theologia Divi Thomae,
Filippo della SS. Trinita`, C. D. Summa Theologiae, Scaramelli, S. I.
Direttorio Ascetico, e ai nostri giorni A. Sandreau, Les degre's de la
vie spirituelle.

47. 4^ Altri infine, come il P. Alvarez de Paz S. I. e il
P. Le Gaudier S. I. conciliano insieme i due metodi; pur esponendo in
disteso e dommaticamente cio` che concerne la natura della vita
spirituale e i principali mezzi di perfezione, vengono poi ad
applicare questi principii generali alle tre vie. A noi pare che, per
raggiungere il fine propostoci, che e` di formare dei direttori di
anime, questa sia la divisione migliore. E` vero che, seguendo un tal
disegno, si cade in qualche ripetizione e si e` costretti a spezzettar
la materia, ma sono inconvenienti inevitabili in qualsiasi divisione e
ai quali del resto si puo` rimediare con rinvii agli argomenti gia`
trattati o da trattare.

II. IL NOSTRO DISEGNO.

48. Divideremo la nostra teologia ascetica in due parti.

Nella prima, che sara` principalmente dottrinale e che intitoleremo I
PRINCIPII, esporremo l'origine e la natura della vita cristiana, la
perfezione di questa vita, l'obbligo di tendere a questa perfezione e
i mezzi generali per arrivarvi.

Nella seconda, che sara` l'APPLICAZIONE DEI PRINCIPII alle varie
categorie di anime, seguiremo le ascensioni progressive di un'anima
che, animata dal desiderio della perfezione, percorre ordinatamente le
tre vie, purgativa, illuminativa e unitiva. Questa seconda parte, pur
appoggiandosi sulla dottrina, sara` principalmente psicologica.

La prima parte illuminera` il nostro cammino mostrandoci il divino
disegno della nostra santificazione, stimolera` i nostri sforzi,
ricordandoci la generosita` di Dio verso di noi, e ci traccera` le
grandi linee da seguire per corrispondere a questa generosita` col dono
totale di noi stessi. La seconda guidera` i nostri passi esponendo in
particolare le tappe progressive da percorrere, con l'aiuto di Dio,
per arrivare al fine. Cosi`, a nostro avviso, si troveranno riuniti e
conciliati i vantaggi delle altre divisioni.
_________________________________________________________________

1-1 Th. De Vallgornera O. P. Mystica Theologia D. Thomae, t. I,
q. I; E. Dublanchy, Asce'tique nel Dict. de The'ologie, t. I,
col. 2038-2046.

1-2 Questo trattato si trova nella nostra Synopsis Theologiae
dogmaticae, t. III.

1-3 I Joan., III, 2.

3-1 Nel Pedagogo, l. I, c. 8, P. G., VIII, 318, Clemente da` il
nome d'asceta a Giacobbe, dopo la lotta che sostenne contro un angelo
in una visione misteriosa.

3-2 Origene (In Jerem., omelia 19, n. 7, P. G., XIII, 518) designa
col nome d'asceti una classe di cristiani ferventi che praticavano la
mortificazione e certi altri esercizi di perfezione.

16-1 Hebr., c. XI per intiero.

24-1 Matth., XI, 25.

25-1 R. Garrigou-Lagrange, O. P., La vie spirituelle, 10 ott.
1919, p. 11.

27-1 Ben a ragione dunque due Riviste di tendenza diverse, La vie
spirituelle e la Revue d'Asce'tique et de Mystique, si sono messe sulla
via delle prcisioni, distinguendo con cura, in cio` che riguarda la
chiamata alla contemplazione, la chiamata generale e la individuale,
la chiamata prossima e la remota, la chiamata efficace e la
sufficiente. Precisando il senso di queste parole e studiando i fatti,
si riuscira` a intendersi meglio e a ravvicinarsi.

28-1 Cosi` T. de Vallgornera fa parte piu` ampia al metodo
deduttivo, mentre il P. Poulain nel "Delle Grazie d'Orazione da` piu`
risalto al metodo descrittivo.

35-1 Giroux, Rapport lu au VIe Congr. de l'Alliance, 1911, p. 156.

37-1 Vie par elle-me^me c. 13, p. 173-177, ediz. dei Carmelitani di
Parigi; bisogna leggere tutto il passo, con gli altri sparsi nelle
opere della Santa.

37-2 La Fiamma d'amor viva, stanza III, v. 3^, sez. XI.

39-1 Motu proprio 9 sett. 1910. A. A. S., t. II, p. 668. -- Il
Papa Benedetto XV volle che si fondasse una cattedra di Teologia
ascetica nelle due grandi Scuole teologiche di Roma.

43-1 Matth., XVI, 26.

43-2 Revue Philosophique (Ribot), dic. 1904, pag. 608; M. De
Montmorand, Psychologie des Mystiques, 1920, pag. 20-21.

45-1 G. Le'tourneau, L'Ecole franc,aise du XVIIe sie`cle, 1913;
H. Bre'mond, Hist. litt. du sentiment religieux, t. III, L'Ecole
franc,aise, 1921; quest'ultimo pero` da` troppo rilievo ai dispareri tra
quelle che chiama le due scuole rivali.

45-2 E` cio` che fecero ottimamente, tra gli altri, il B. Eudes
nelle sue missioni e nelle sue opere; e L. Tronson, Examens
particuliers, ove, utilizzando i lavori anteriori di G. G. Olier,
riusci` a condensare tutte le pratiche dell'ascesi oleriana.

46-1 Pei tempi nostri possiamo citare, Mons. Gay, De la vie et des
vertus chre'tiennes; C. de Smedt, S. J. Notre vie surnaturelle.
_________________________________________________________________

Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy .
Ultima revisione: 2 febbraio 2006.
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ADOLFO TANQUEREY
Compendio di Teologia Ascetica e Mistica
_________________________________________________________________

PRIMA PARTE
I Principii
_________________________________________________________________

SCOPO E DIVISIONE DELLA PRIMA PARTE.

49. Questa prima parte ha lo scopo di richiamare brevemente i dommi
principali su cui poggia la nostra vita soprannaturale, di esporre la
natura e la perfezione di questa vita e i mezzi generali che conducono
alla perfezione.

In questa seguiamo l'ordine ontologico, riserbando di indicare nella
seconda parte l'ordine psicologico tenuto ordinariamente dalle anime
nell'uso di questi vari mezzi.
* Cap. I. Le origini della vita soprannaturale: elevazione
dell'uomo allo stato soprannaturale, caduta e redenzione.
* Cap. II. Natura della vita cristiana: la parte di Dio e la
parte dell'anima.
* Cap. III. Perfezione di questa vita: l'amore di Dio e del
prossimo spinto fino al sacrifizio.
* Cap. IV. Obbligo di tendere a questa perfezione pei laici, pei
religiosi, pei sacerdoti.
* Cap. V. Mezzi generali, interni ed esterni, per conseguire
questa perfezione.

50. Abbastanza chiara e` la ragione di questa divisione. Il primo
capitolo, richiamando le origini della vita soprannaturale, ci aiuta a
meglio intenderne la natura e l'eccellenza.

Il secondo espone la natura della vita cristiana nell'uomo rigenerato;
la parte che vi ha Dio col darsi a noi in se stesso sia per mezzo del
suo Figlio; e coll'assisterci per mezzo della SS. Vergine e dei Santi;
e la parte che vi ha l'uomo col darsi a Dio per mezzo di una generosa
e costante cooperazione alla grazia.

Il terzo mostra che la perfezione di questa vita consiste
essenzialmente nell'amor di Dio e del prossimo per Dio; ma che questo
amore non puo` sulla terra praticarsi senza generosi sacrifizi.

Nel quarto si determina l'obbligo di tendere a questa perfezione, e
cio` a cui sono tenuti i laici, i religiosi e i sacerdoti.

Non resta quindi altro se non fissare in un quinto capitolo i mezzi
generali che ci aiutano ad avvicinarci alla perfezione; mezzi comuni a
tutti, ma in gradi diversi che verranno indicati dalla seconda parte
trattando delle tre vie.
_________________________________________________________________

Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy .
Ultima revisione del testo: 10 aprile 2004.
Ultima revisione dell'HTML: 15 gennaio 2006.
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CAPITOLO I.

Le origini della vita soprannaturale.

51. Questo capitolo ha per iscopo di farci meglio conoscere cio` che
vi e` di gratuito e d'eccellente nella vita soprannaturale, come pure
le grandezze e le debolezze dell'uomo a cui questa vita e` conferita.
Per meglio intenderlo, vediamo:
* I. Che cosa e` la vita naturale dell'uomo;
* II. La sua elevazione allo stato soprannaturale;
* III. La sua caduta;
* IV. La sua restaurazione per opera del divin Redentore.

ART. I. DELLA VITA NATURALE DELL'UOMO.

52. Si tratta qui di descrivere l'uomo quale sarebbe stato nello
stato di semplice natura e quale viene dipinto dai filosofi.

Poiche` la nostra vita soprannaturale s'innesta sulla nostra vita
naturale e la conserva perfezionandola, e` necessario richiamare
brevemente cio` che su questo punto la retta ragione c'insegna.

1^ L'uomo e` un composto misterioso di corpo e di anima, di materia e
di spirito che in lui intimamente s'uniscono per formare un'unica
natura e un'unica persona. L'uomo dunque e`, per cosi` dire, il punto di
congiunzione, il vincolo che unisce gli spiriti e i corpi; un
compendio delle meraviglie della creazione, un piccolo mondo che
concentra tutti i mondi, uixro'xosuo*s, e che manifesta la sapienza
divina, la quale ha saputo riunire due esseri cosi` disparati.

53. E` un mondo pieno di vita: secondo l'osservazione di S. Gregorio
Magno, vi si distinguono tre vite, la vita vegetativa, la vita animale
e la vita intellettiva: "Homo habet vivere cum plantis, sentire cum
animantibus, intelligere cum angelis." 53-1 Come la pianta, l'uomo
si nutrisce, cresce e si riproduce; come l'animale, conosce gli
oggetti sensibili e tende ad essi col suo appetito sensitivo, con le
sue emozioni e le sue passioni, e si muove di moto spontaneo; come
l'angelo, ma in grado minore e in modo diverso, conosce
intellettualmente l'essere soprasensibile, il vero, e la sua volonta`
tende liberamente al bene razionale.

54. 2^ Queste tre vite non si sovrappongono, ma si compenetrano, si
coordinano e si subordinano, per concorrere ad un medesimo fine: la
perfezione di tutto l'essere. E` legge razionale insieme e biologica
che, in ogni essere composto, la vita non puo` conservarsi e
svilupparsi se non a patto di coordinare e quindi di subordinare i
suoi vari elementi all'elemento principale e di asservirli per
servirsene. Nell'uomo quindi le facolta` inferiori, vegetative e
sensitive, devono essere sottomesse alla ragione e alla volonta`.
Questa condizione e` assoluta: nella misura che manca, la vita
s'affievolisce e scompare; infatti quando cessa la subordinazione, la
dissociazione degli elementi incomincia, e si ha l'indebolimento del
sistema e finalmente la morte. 54-1

55. 3^ La vita e` dunque una lotta; perche` le facolta` inferiori
tendono con ardore al piacere, mentre le facolta` superiori tendono al
bene onesto. Ora tra queste facolta` vi e` spesso conflitto: cio` che ci
piace, cio` che ci e` o almeno ci sembra utile, non e` sempre moralmente
buono; e` necessario quindi che la ragione, per far regnare l'ordine,
combatta le tendenze contrarie e ne trionfi; ed ecco la lotta dello
spirito contro la carne, della volonta` contro la passione. Questa
lotta e` talora penosa; come in primavera sale la linfa negli alberi,
cosi` vi sono talora nella parte sensitiva dell'anima spinte violente
verso il piacere sensibile.

56. Ma non sono irresistibili; la volonta`, aiutata dall'intelletto,
esercita su questi movimenti passionali un quadruplice potere:
1) potere di previdenza, che consiste nel prevedere e nel prevenire,
con una saggia e costante vigilanza, molte immaginazioni, impressioni
ed emozioni pericolose; 2) un potere d'inibizione e di moderazione,
col quale noi infreniamo o almeno moderiamo i moti violenti che ci si
sollevano nell'anima; cosi` io posso impedire ai miei occhi di fissarsi
su un oggetto pericoloso, alla mia immaginazione di trattenere
immagini cattive; e se sorge in me moto di collera, io posso
moderarlo; 3) un potere di stimolo, che eccita o intensifica per mezzo
della volonta` i movimenti passionali; 4) un potere di direzione, che
ci rende capaci di dirigere questi movimenti verso il bene e quindi di
distoglierli anche dal male.

57. Oltre a queste lotte intestine, ce ne possono essere altre tra
l'anima e il suo Creatore. Vediamo certamente con la retta ragione che
siamo obbligati a pienamente assoggettarci a Colui che e` nostro
supremo Padrone. Ma questa obbedienza ci costa; c'e` in noi una certa
sete d'indipendenza e d'autonomia che ci inclina a sottrarci
all'autorita` divina; e` l'orgoglio, di cui non si trionfa che con
l'umile confessione della propria indegnita` e della propria impotenza,
riconoscendo i diritti imprescrittibili del Creatore sulla sua
creatura.

Cosi` dunque, nello stato di natura, noi avremmo dovuto lottare contro
la triplice concupiscenza.

58. 4^ Quando l'uomo, invece di cedere alle cattive tendenze, fa il
suo dovere, puo` a buon diritto aspettarsi una ricompensa, che sara` per
la sua anima immortale una conoscenza piu` ampia e piu` profonda della
verita` e di Dio, sempre pero` conforme alla sua natura, cioe` a dire
analitica o discorsiva, e un amore piu` puro e piu` durevole. Se invece
viola liberamente la legge in materia grave e non si pente prima di
morire, non consegue il suo fine e merita un castigo, che sara` la
privazione di Dio accompagnata da tormenti, proporzionati alla gravita`
delle sue colpe.

Tale sarebbe stato l'uomo nel cosidetto stato di natura pura, che del
resto non e` mai esistito; essendo stato l'uomo elevato allo stato
soprannaturale, o al momento della sua creazione, come dice
S. Tommaso, o immediatamente dopo, come dice S. Bonaventura.

Dio, nella infinita sua bonta`, non si contento` di conferire all'uomo i
doni naturali; ma volle elevarlo ad uno stato superiore, conferendogli
doni preternaturali e soprannaturali.

ART. II. ELEVAZIONE DELL'UOMO ALLO STATO SOPRANNATURALE. 59-1
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I. Nozione del soprannaturale.

59. Richiamiamo che in teologia si distinguono due specie di
soprannaturale: il soprannaturale assoluto, per essenza, quoad
substantiam, e il soprannaturale relativo, quanto al modo, quoad
modum.

1^ Il soprannaturale per essenza e` un dono divino fatto alla creatura
intelligente, e che supera assolutamente tutta la sua natura, in
questo senso che non puo` essere da lei prodotto e neppur da lei
postulato, richiesto, meritato, cosicche` non solo supera ogni sua
capacita` attiva ma anche tutti i suoi diritti e tutte le sue esigenze.
E` qualche cosa di finito, perche` e` un dono fatto alla creatura; ma e`
nello stesso tempo qualche cosa di divino, perche` solo il divino puo`
superare le esigenze di ogni creatura. E` pero` un divino comunicato e
partecipato in modo finito e cosi` evitiamo il panteismo. Non ci sono
veramente che due sole forme di soprannaturale per essenza:
l'Incarnazione e la grazia santificante.

A) Nel primo caso, Dio si unisce all'umanita` nella persona del Verbo,
in modo che la natura umana di Gesu` ha per soggetto personale la
seconda persona della SS. Trinita`, senza alcuna alterazione come
natura umana; cosicche` Gesu`, uomo per la sua natura umana, e` anche
veramente Dio quanto alla sua persona. Abbiamo qui un'unione
sostanziale, che non fonde due nature in una sola, ma le unisce,
conservandone l'integrita`, in una sola persona, la persona del Verbo;
e` quindi un'unione personale o ipostatica. E` questo il piu` alto grado
del soprannaturale quoad substantiam.

B) La grazia santificante e` un grado minore di questo stesso
soprannaturale. Con lei infatti l'uomo serba la personalita` ma viene
divinamente, benche` accidentalmente, modificato nella natura e nella
capacita` operativa; non diventa Dio, ma deiforme, cioe` simile a Dio,
divinae consors naturae, capace di afferrar direttamente Dio nella
visione beatifica, quando la grazia sara` trasformata in gloria, e di
vederlo faccia a faccia, come Dio vede se stesso; privilegio che
supera evidentemente le esigenze delle creature anche piu` perfette,
poiche` ci fa partecipare alla vita intellettuale di Dio e alla sua
natura.

60. 2^ Il soprannaturale relativo, quanto al modo, e` in se` qualche
cosa che non supera la capacita` o le esigenze di ogni creatura, ma
solamente di qualche natura particolare. Tale e` la scienza infusa, che
supera la capacita` dell'uomo ma non quella dell'angelo.

Dio comunico` all'uomo queste due forme di soprannaturale: conferi`
infatti ai nostri progenitori il dono di integrita`, (soprannaturale
quoad modum) che, perfezionandone la natura, la disponeva a ricevere
la grazia, e nello stesso tempo conferi` loro la grazia stessa, dono
soprannaturale quoad substantiam: il complesso di questi due doni
costituisce quella che si chiama giustizia originale.

II. Doni preternaturali conferiti ad Adamo.

61. Il dono di integrita` perfeziona la natura dell'uomo senza
elevarla all'ordine divino; e` certamente un dono gratuito e
preternaturale che supera le sue esigenze e le sue forze; ma non e`
ancora il soprannaturale per essenza. Comprende tre grandi privilegi,
i quali, senza cangiare il fondo della natura umana, le danno una
perfezione a cui non avea alcun diritto: la scienza infusa, il dominio
delle passioni o l'esenzione dalla concupiscenza, l'immortalita` del
corpo.

62. A) La scienza infusa. Per natura noi non vi abbiamo diritto,
perche` e` privilegio degli angeli; solo progressivamente e con
difficolta` noi, secondo le leggi psicologiche, possiamo arrivare alla
conquista della scienza. Ora, per facilitare al primo uomo il suo
ufficio di capo e di educatore del genere umano, Dio gli diede
gratuitamente la scienza infusa di tutte le verita` che gli erano
necessarie, ed una certa facilita` d'acquistare la scienza
sperimentale; s'avvicinava cosi` agli angeli.

63. B) Il dominio delle passioni ossia l'esenzione da quella
tirannica concupiscenza che rende la virtu` cosi` difficile. Abbiamo
detto che, per la costituzione stessa dell'uomo, vi e` in lui una lotta
terribile tra il desiderio sincero del bene e l'appetito disordinato
dei piaceri e dei beni sensibili, ed una spiccata tendenza
all'orgoglio: tutto quello insomma che noi chiamiamo la triplice
concupiscenza. Per rimediare a questo naturale difetto, Dio conferi` ai
nostri progenitori un certo dominio sulle passioni che, senza renderli
impeccabili, agevolava loro la virtu`. In Adamo non v'era quella
tirannia della concupiscenza che inclina violentemente al male, ma
solamente una certa tendenza al piacere, subordinata alla ragione.
Essendo la sua volonta` sottomessa a Dio, le facolta` inferiori erano
sottomesse alla ragione e il corpo all'anima: ordine quindi e
rettitudine perfetta.

64. C) L'immortalita` corporea. L'uomo e` per natura soggetto alla
malattia e alla morte; per una provvidenza speciale, fu preservato da
questa doppia debolezza, affinche` l'anima potesse cosi` piu` liberamente
attendere all'adempimento dei suoi doveri superiori.

Ma questi privilegi erano destinate a rendere l'uomo piu` atto a
ricevere e trafficare un dono molto piu` prezioso, intieramente e
assolutamente soprannaturale, quello della grazia santificante.

III. I privilegi soprannaturali.

65. A) Per natura l'uomo e` servo di Dio, cosa sua e sua proprieta`.
Ma per un'insigne bonta`, di cui non potremo mai ringraziarlo
abbastanza, Dio volle farlo entrare nella sua famiglia, adottarlo per
figlio, farne il suo erede presuntivo, riserbandogli un posto nel suo
regno; e perche` questa adozione non fosse una semplice formalita`, gli
conferi` una partecipazione della sua vita divina, una qualita` creata,
e` vero, ma reale, che gli fa godere sulla terra i lumi della fede,
molto superiori a quelli della ragione, e possedere un giorno Dio nel
cielo con la visione beatifica e un amore proporzionato alla chiarezza
di questa visione.

66. B) A questa grazia abituale, che perfezionava e divinizzava, a
cosi` dire, la sostanza stessa dell'anima, s'aggiungevano delle virtu`
infuse e dei doni dello Spirito Santo che divinizzavano le sue
facolta`, e una grazia attuale che, mettendo in moto tutto
quest'organismo soprannaturale, lo rendeva capace di fare atti
soprannaturali, deiformi e meritori di vita eterna.

Questa grazia e` sostanzialmente la stessa di quella che ci viene
concessa per mezzo della giustificazione; per ora quindi non la
descriviamo in particolare, perche` ci riserbiamo di farlo piu` tardi
parlando dell'uomo rigenerato.

Tutti questi privilegi, eccettuata la scienza infusa, erano stati dati
ad Adamo, non come un bene personale ma come un patrimonio di famiglia
che doveva essere trasmesso a tutta la sua discendenza, a patto che
egli rimanesse fedele a Dio.

ART. III. LA CADUTA E IL CASTIGO. 67-1

I. La caduta.

67. Non ostante tutti questi privilegi, l'uomo restava libero, e fu
percio` sottoposto ad una prova, per potere, con l'aiuto della grazia,
meritare il cielo. Questa prova consisteva nell'osservanza delle leggi
divine e in particolare d'un precetto positivo aggiunto alla legge
naturale, espresso dal Genesi sotto la forma di proibizione di
mangiare il frutto dell'albero della scienza del bene e del male. La
Scrittura narra come il demonio, sotto forma di serpente, venne a
tentare i nostri progenitori, sollevando nell'anima loro un dubbio
sulla legittimita` di quella proibizione. Egli tenta di persuaderli
che, mangiando di quel frutto, non solo non morranno, ma diventeranno
come dei, e conosceranno da loro stessi il bene e il male senza aver
bisogno di ricorrere alla legge divina: "eritis sicut dii, scientes
bonum et malum" 67-2. Era una tentazione d'orgoglio, e di
ribellione a Dio. L'uomo soccombe e commette formalmente un peccato di
disobbedienza, come nota S. Paolo 67-3, ma ispirato dall'orgoglio
e presto seguito da altre debolezze. Fu una colpa grave, perche` fu il
rifiuto di sottomettersi all'autorita` di Dio, una specie di negazione
del suo sovrano dominio e della sua sapienza, essendo quel precetto un
mezzo per provare la fedelta` del primo uomo; colpa tanto piu` grave in
quanto che i nostri progenitori conoscevano l'infinita liberalita` di
Dio verso di loro, i suoi imprescrittibili diritti, la gravita` del
precetto manifestata dalla gravita` della sanzione che vi era annessa,
e perche`, non essendo trascinati dall'impetuosita` delle passioni,
avevano il tempo di riflettere sulle formidabili conseguenze del loro
atto.

68. Si fece pur questione come mai poterono essi peccare, non
essendo soggetti agli allettamenti della concupiscenza. Per
intenderlo, bisogna ricordarsi che nessuna creatura libera e`
impeccabile; ella puo` infatti deviar lo sguardo dal vero bene per
volgerlo al bene apparente, attaccarsi a quest'ultimo e preferirlo al
primo; questa preferenza costituisce appunto il peccato. Solo colui,
come fa notare S. Tommaso, e` impeccabile, la cui volonta` si confonde
con la legge morale: il che e` privilegio di Dio.
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II. Il castigo.

69. Il castigo non si fece aspettare, castigo loro e castigo della
posterita`.

A) Il castigo dei nostri progenitori viene descritto nel Genesi; ma
anche qui si palesa la bonta` di Dio: Dio avrebbe potuto applicare
immediatamente la pena di morte ai nostri progenitori e per
misericordia non lo fece. Si contento` di privarli dei privilegi
speciali che avea loro conferiti, cioe` del dono d'integrita` e della
grazia abituale; conservando quindi la loro natura e i loro privilegi
naturali. La loro volonta` e` certamente indebolita se si paragona a
quello che era col dono dell'integrita`; ma non e` provato che sia ora
piu` debole di quel che sarebbe stata nello stato di natura; in ogni
caso resta pur sempre libera e puo` scegliere tra il bene e il male.
Dio volle anzi lasciar loro anche la fede e la speranza e fece subito
risplendere ai disanimati loro sguardi la promessa di un liberatore,
nato dalla stirpe umana, che un giorno avrebbe trionfato del demonio e
restaurato l'uomo decaduto. Nello stesso tempo con la grazie attuale
sollecitava i loro cuori al pentimento, e venne il momento in cui il
loro peccato fu perdonato.

70. B) Ma che cosa diverra` l'umana stirpe che nascera` dalla loro
unione? Sara` lei pure, nascendo, privata della giustizia originale,
cioe` della grazia santificante e del dono dell'integrita`. Questi doni
intieramente gratuiti, che erano, per cosi` dire, un bene di famiglia,
non dovevano trasmettersi alla posterita` d'Adamo se egli non rimaneva
fedele a Dio; ora questa condizione non essendo stata osservata,
l'uomo nasce privo della giustizia originale. Quando Adamo, fatta
penitenza, ebbe ricuperato la grazia, la ricupero` come persona privata
e per conto suo particolare; e non pote` quindi trasmetterla alla
posterita`. Era riserbato al Messia, al novello Adamo, divenuto ormai
capo della schiatta umana, l'espiare le nostre colpe e l'istituire il
sacramento della rigenerazione per trasmettere ad ogni battezzato la
grazia perduta da Adamo.

71. I figli d'Adamo nascono dunque privi della giustizia originale,
cioe` della grazia santificante e del dono dell'integrita`. La
privazione di questa grazia costituisce cio` che si chiama peccato
originale, peccato in un senso largo che non include alcun atto
colpevole da parte nostra, ma uno stato di decadenza, e, tenendo conto
del fine soprannatrale a cio restiamo destinati, una privazione, la
mancanza d'una qualita` essenziale che dovremmo possedere e quindi una
macchia, una sozzura morale che ci esclude dal regno dei cieli.

72. E poiche` il dono dell'integrita` e` anch'esso perduto, la
concupiscenza infierisce in noi, e se non vi resistiamo
coraggiosamente, ci trascina verso il peccato attuale. Noi siamo
dunque, rispetto allo stato primitivo, diminuiti e feriti, soggetti
all'ignoranza, inclinati al male, deboli per resistere alle
tentazioni.

L'esperienza mostra che la concupiscenza non e` uguale in tutti gli
uomini; infatti non tutti hanno lo stesso temperamento e lo stesso
carattere ne` quindi le passioni ugualmente ardenti; scomparso il freno
della giustizia originale che le signoreggiava, le passioni,
riprendendo la loro liberta`, sono diventate piu` violente negli uni,
piu` temperate negli altri, come spiega S. Tommaso 72-1.

73. Si deve andare piu` oltre e ammettere, con la scuola Agostiniana,
una certa diminuzione intrinseca delle nostre facolta` e delle nostre
naturali energie? Non e` necessario e niente lo prova.

Si deve ammettere, con certo Tomisti, una diminuzione estrinseca delle
nostre energie, nel senso che abbiamo ora piu` ostacoli da vincere, in
particolare la tirannia esercitata dal demonio su noi suoi vinti, e la
sottrazione di certi soccorsi naturali che Dio ci avrebbe largiti
nello stato di natura pura? E` cosa possibile, anzi molto probabile; ma
per essere giusti, bisogna aggiungere che questi ostacoli sono
abbondantemente compensati dalle grazie attuali che il Signore ci da`
per i meriti del suo Figlio, e dalla protezione degli angeli buoni,
specialmente dei nostri angeli custodi.

74. Conclusione. Cio` che si puo` dire e` che, per il peccato
originale, l'uomo perdette il bell'equilibrio datogli da Dio, e che
egli e`, rispetto allo stato primitivo, un ferito ed uno squilibrato,
come appare dallo stato attuale delle nostre facolta`.

A) Appare innanzi tutto nelle nostre facolta` sensitive: a) I nostri
sensi esterni, i nostri sguardi, per esempio, si volgono con avidita`
verso cio` che lusinga la curiosita`, le orecchie ascoltano con premura
tutto cio` che soddisfa il nostro desiderio di conoscere novita`, il
nostro tatto tende alle sensazioni piacevoli, senza curarsi delle
regole della morale. b) Lo stesso avviene dei nostri sensi interni:
l'immaginazione ci rappresenta ogni sorta di scene piu` o meno
sensuali, le nostre passioni ci trasportano con ardore, ed anche con
violenza, verso il bene sensibile o sensuale senza darsi pensiero del
suo lato morale, e tentano di trar seco il consenso della volonta`.
Queste tendenze non sono certamente irresistibili, perche` tali facolta`
restano, fino a un certo punto, sottomesse al dominio della volonta`;
ma quale tattica e quanti sforzi per tenere a posto questi sudditi
ribelli?

75. B) Le facolta` intellettuali, che costituiscono l'uomo
propriamente detto, l'intelletto e la volonta`, furono anch'esse
colpite dal peccato originale. a) E` vero che la nostra intelligenza
resta capace di conoscere la verita`, e col paziente lavoro acquista,
anche senza il soccorso della rivelazione, la cognizione d'un certo
numero di verita` fondamentali d'ordine naturale. Ma quante debolezze
umilianti! 1) Invece di tendere spontaneamente verso Dio e le cose
divine; invece di elevarsi dalle creature al Creatore, come avrebbe
fatto nello stato primitivo, essa tende ad assorbirsi nello studio
delle cose create senza risalire alla loro causa; a concentrare la sua
attenzione su cio` che soddisfa la sua curiosita` ed a trascurare cio`
che si riferisce al suo fine; la premura delle cose temporali le
impedisce spesso di pensare all'eternita`. 2) E quanta facilita` a
cadere nell'errore! I numerosi pregiudizi a cui siamo inclinati, le
passioni che ci agitano l'anima e gettano un velo tra lei e la verita`,
ci traviano ahime`! troppo spesso anche nelle questioni piu` vitali, da
cui dipende la direzione della nostra vita morale. b) La nostra stessa
volonta`, in cambio di assoggettarsi a Dio, ha delle pretese
d'indipendenza; sente difficolta` a sottomettersi a Dio e specialmente
ai suoi rappresentanti sulla terra. Quando si tratta di vincere le
difficolta` che s'oppongono alla pratica del bene, quanta debolezza e
quanta incostanza nello sforzo! E quante volte si lascia trascinare
dal sentimento e dalla passione! S. Paolo descrisse con efficaci
accenti questa deplorevole debolezza: "Io non faccio il bene che
voglio e faccio il male che non voglio... Poiche` mi diletto nella
legge di Dio secondo l'uomo interiore; ma veggo nelle mie membra
un'altra legge che si oppone alla legge della mia mente e mi fa
schiavo della legge del peccato che e` nelle mie membra. Me infelice!
chi mi liberera` da questo corpo di morte? Grazie a Dio per Gesu` Cristo
Signor nostro" 75-1. Dunque, per dichiarazione dell'Apostolo, il
rimedio a questo stato miserando sta nella grazia della redenzione,
della quale ci resta ora a trattare.

ART. IV. LA REDENZIONE E I SUOI EFFETTI.76-1

76. La redenzione e` un'opera meravigliosa, e` il capolavoro di Dio,
che rifa` l'uomo sfigurato dal peccato e lo rimette, in un certo senso,
in uno stato migliore di quello che precedette la sua caduta, tanto
che la Chiesa non teme, nella sua liturgia, di benedire la colpa che
ci merito` un Redentore quale l'Uomo-Dio: "O felix culpa quae talem ac
tantum meruit habere Redemptorem!"
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I. Sua natura.

77. Dio, che da tutta l'eternita` aveva previsto la caduta dell'uomo,
volle anche da tutta l'eternita` preparare agli uomini un Redentore
nella persona del suo Figlio; il quale risolvette di farsi uomo, per
potere, divenuto capo dell'umanita`, espiare in modo perfetto il nostro
peccato e restituirci, con la grazia, tutti i nostri diritti al cielo.
Dio seppe cosi` cavare il bene dal male e conciliare i diritti della
sua giustizia con quelli della sua bonta`.

Egli non era certamente obbligato ad esercitar pienamente tutti i
diritti della sua giustizia e avrebbe potuto perdonare l'uomo,
contentandosi della riparazione imperfetta che questi gli avrebbe
potuto offrire. Ma giudico` cosa piu` degna della sua gloria e piu` utile
all'uomo il por lui in istato di riparare interamente la sua colpa.

78. A) La giustizia perfetta chiedeva una riparazione adeguata,
uguale all'offesa, offerta da un rappresentante legittimo
dell'umanita`. E questo fece Dio perfettamente con l'Incarnazione e con
la Redenzione.

a) Dio incarna il suo Figlio e ne fa con cio` stesso il capo
dell'umanita`, la testa d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra;
questo Figlio ha quindi il diritto d'agire in nome dei suoi membri e
di riparare in nome loro.

b) Questa riparazione non e` solamente uguale all'offesa ma la supera
di molto; ha infatti un valore morale infinito; perche`, provenendo il
valore morale d'un'azione anzitutto dalla dignita` della persona, tutte
le azioni dell'Uomo-Dio hanno un valore infinito. Un solo quindi dei
suoi atti sarebbe bastato a riparare in modo adeguato tutti i peccati
degli uomini. Ora Gesu` fece atti innumerevoli di riparazione ispirati
dal piu` puro amore; e li corono` coll'atto piu` sublime e piu` eroico,
l'immolazione totale di se stesso nella dolorosa sua passione e sul
Calvario; egli ha dunque soddisfatto abbondantemente e
sovrabbondantemente: "Ubi abundavit delictum, superabundavit
gratia" 78-1.

c) Questa riparazione e` dello stesso genere della colpa: Adamo aveva
peccato per disobbedienza e per orgoglio; Gesu` espia con l'umile
obbedienza ispirata dall'amore, che giunge fino alla morte e morte di
croce, "factus obediens usque ad mortem, mortem autem
crucis" 78-2. E come una donna era intervenuta nella caduta per
trarre al male Adamo, cosi` una donna interviene nella redenzione col
suo potere d'intercessione e coi suoi meriti 78-3; e` Maria, la
Vergine Immacolata, la madre del Salvatore, che coopera con lui,
sebbene in modo secondario, all'opera riparatrice.

Cosi` resta pienamente soddisfatta la giustizia, e anche piu` lo sara` la
bonta`.

79. B) Infatti la S. Scrittura attribuisce la redenzione
all'infinita misericordia di Dio e all'amore eccessivo che ci porta:
"Dio, dice S. Paolo, che e` ricco in misericordia, per la eccessiva
carita` con cui ci amo`... ci convivifico` in Cristo: Deus qui dives est
in misericordia propter nimiam caritatem qua dilexit nos...
convivificavit nos in Christo" 79-1.

Le tre persone divine vi concorrono a gara e ognuna con un amore che
sembra veramente andare all'eccesso.

a) Il Padre ha un sol Figlio, a lui uguale, che ama come un altro se
stesso e da cui e` infinitamente riamato; or questo figlio unico egli
lo da`, lo sacrifica per noi, per renderci la vita perduta col peccato:
"Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret, ut omnis qui
credit in eum non pereat, sed habeat vitam aeternam 79-2. Poteva
essere piu` generoso e darci piu` di suo Figlio? Con Lui, del resto, non
ci ha forse dato tutto? "Qui etiam proprio Filio non pepercit, sed pro
nobis tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis
donavit"? 79-3

80. b) Il Figlio lietamente e generosamente accetta la missione
affidatagli; fin dal primo istante dell'Incarnazione, si offre al
Padre come vittima per sostituire tutti i sacrifizi dell'antica legge,
e l'intiera sua vita non sara` che un lungo sacrifizio coronato
dall'Immolazione del Calvario; sacrifizio ispirato dall'amore che ha
per noi: "(Christus) dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis
oblationem et hostiam Deo" 80-1; "Cristo ci amo` e diede per noi se
stesso a Dio, oblazione e ostia di soave odore".

81. c) A perfezionare l'opera sua, egli ci manda lo Spirito Santo,
amore sostanziale del Padre e del Figlio, che, non contento di
infondere nelle anime nostre la grazia e le virtu` infuse, specialmente
la divina carita`, da` se stesso a noi, perche` possiamo godere non solo
della sua presenza e dei suoi doni, ma anche della sua persona: "La
carita` di Dio e` diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito
Santo, che ci fu dato: Caritas Dei diffusa est in cordibus nostris per
Spiritum Sanctum qui datus est nobis" 81-1.

La redenzione e` dunque davvero l'opera d'amore per eccellenza, il che
ce ne fa` gia` presagire gli effetti.

II. Gli effetti della Redenzione.

82. Non pago di riparare, con la sua soddisfazione, l'offesa fatta a
Dio e di riconciliarci con lui, Gesu` ci merita tutte le grazie che
avevamo perduto col peccato ed altre ancora.

Ci restituisce anzitutto i beni soprannaturali perduti col peccato:
a) la grazia abituale col corteggio delle virtu` infuse e dei doni
dello Spirito Santo; e, per meglio adattarsi alla natura umana,
istituisce i sacramenti, segni sensibili che ci conferiscono la grazia
in tutte le circostanze importanti della vita e ci danno cosi` maggior
sicurezza e confidenza; b) grazie attuali copiosissime, che abbiamo
diritto di pensare anche piu` abbondanti che nello stato d'innocenza,
fondandoci sulla parola di S. Paolo: "ubi autem abundavit delictum,
superabundavit gratia" 82-1.

83. c) E` pero` vero che il dono dell'integrita` non ci e` restituito
immediatamente ma progressivamente. La grazia della rigenerazione ci
lascia alle prese con la triplice concupiscenza e con tutte le miserie
della vita, ma ci da` la forza necessaria per trionfarne, ci rende piu`
umili, piu` vigilanti e piu` attivi per prevenire e vincere le
tentazioni, ci rassoda quindi nella virtu` e ci da` occasione
d'acquistare maggiori meriti. Mettendoci sott'occhio gli esempi di
Gesu`, che porto` cosi` valorosamente la croce sua e la nostra, stimola
il nostro ardore e sostiene la nostra costanza nello sforzo; e le
grazie attuali che egli ci merito` e ci largisce con una santa
prodigalita`, facilitano mirabilmente i nostri sforzi e le nostre
vittorie. A mano a mano che lottiamo, sotto la guida e con l'aiuto del
Maestro, la concupiscenza diminuisce, la nostra forza di resistenza
aumenta, e viene il momento in cui certe anime privilegiate sono
talmente rassodate nella virtu` che, pur rimanendo libere di peccare,
non commettono piu` alcun peccato veniale deliberato. La vittoria
definitiva non si ha che con la nostra entrata nel cielo; ma sara`
tanto piu` gloriosa quanto maggiori saranno stati gli sforzi al cui
prezzo essa venne comprata. Non possiamo dunque dire: O felix culpa?

84. d) A questi aiuti interni Nostro Signore ne aggiunge degli
esterni, specialmente quella Chiesa visibile da lui fondata e ordinata
a illuminare le nostre menti con la sua autorita` dottrinale, reggere
le nostre volonta` col suo potere legislativo e giudiziario, e
santificare le nostre anime coi sacramenti, coi sacramentali e colle
indulgenza. Or non e` questo un aiuto immenso di cui dobbiamo
ringraziare Dio? O felix culpa!

85. e) Finalmente non e` certo che il Verbo si sarebbe incarnato
senza il peccato originale. Ora l'Incarnazione e` un bene cosi`
prezioso, che basta da solo a giustificare e spiegare il canto della
Chiesa: "O felix culpa!"

In cambio d'un capo ornato certamente di belle doti, ma debole e
peccabile, noi abbiamo per nostro capo il Figlio eterno di Dio, il
quale, essendoso rivestito della nostra natura, e` tanto vero uomo come
e` vero Dio. Egli e` il mediatore ideale, mediatore cosi` di religione
come di redenzione, che adora il Padre non solo a nome suo, ma anche a
nome dell'intiera umanita`, anzi a nome pure degli Angeli che sono
lieti di glorificare Dio per mezzo di Lui "per quem laudant
Angeli" 85-1. Egli e` il sacerdote perfetto, che per la sua natura
divina ha libero accesso presso Dio e che si china con compassione
verso gli uomini, divenuti suoi fratelli, e li tratta con indulgenza,
essendo egli stesso circondato di debolezza: "qui condolere possit iis
qui ignorant et errant, quoniam et ipse circumdatus est
infirmitate" 85-2.

Con lui e per lui noi possiamo rendere a Dio gli omaggi infiniti a cui
ha diritto; con lui e per lui noi possiamo ottenere tutte le grazie
che sono necessarie a noi e ai nostri fratelli: quando noi adoriamo, e`
lui che adora in noi e per noi; quando noi domandiamo soccorsi, e` lui
che appoggia le nostre suppliche; ecco perche` tutti cio` che chiediamo
al Padre in nome suo ci viene liberalmente concesso.

Dobbiamo dunque rallegrarci d'avere un tal redentore e un tal
mediatore, e riporre in lui una illimitata confidenza.
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CONCLUSIONE.

86. Questo sguardo storico fa mirabilmente risaltare l'eccellenza
della sua vita spirituale come pure la grandezza e la debolezza di
colui che la riceve.

1^ Eccellente e` davvero questa vita perche`:

a) Procede da un pensiero affettuoso di Dio, che da tutta l'eternita`
ci amo` e ci volle unire a se` nella piu` dolce intimita`: "In caritate
perpetua^ dilexi te; ideo attraxi te miserans" 86-1: "Io t'ho amato
d'amore costante e percio` ti trassi a me".

b) E` una partecipazione reale, benche` finita, della natura e della
vita di Dio, "divinae consortes naturae". (Vedi il n. 106).

c) E` cosi` altamente stimata da Dio che, per restituircela, il Padre
sacrifico` l'unico suo Figlio e Questi intieramente s'immola e lo
Spirito Santo viene nell'anima nostra per comunicarcela.

E` quindi il bene piu` prezioso di tutti "maxima et pretiosa nobis
promissa donavit" 86-2, che noi dobbiamo stimare sopra ogni altra
cosa, custodire e coltivare con gelosissima cura: tanti valet quanti
Deus!"

87. 2^ Eppure portiamo questo tesoro in un vaso fragile. Se i nostri
progenitori, dotati del dono dell'integrita` e circondati da ogni sorta
di privilegi, sventuratamente lo perdettero per se` e per i loro
discendenti, che cosa non abbiamo da temere noi che, non ostante la
nostra rigenerazione spirituale, portiamo dentro la triplice
concupiscenza? Vi sono certo in noi nobili e generose tendenze, che
provengono da cio` che vi e` di buono nella nostra natura e
principalmente dalla nostra incorporazione a Cristo; energie
soprannaturali che ci sono date per i suoi meriti; ma pure rimaniamo
deboli ed incostanti, 87-1 se cessiamo d'appoggiarci su colui che
e` il nostro braccio destro e insieme il nostro capo; il segreto della
nostra forza non sta in noi ma in Dio e in Gesu` Cristo. La storia dei
nostri progenitori e della lacrimevole loro caduta ci mostra che il
piu` gran male, il solo male su questa terra, e` il peccato; che
dobbiamo quindi stare assiduamente vigilanti per respingere
immediatamente ed energicamente i primi assalti del nemico, da
qualunque parte egli venga, dal di dentro o dal di fuori. Del resto
noi siamo ben armati contro di lui, come verra` dimostrato nel secondo
capitolo sulla natura della vita cristiana.
_________________________________________________________________

53-1 Oltre i trattati di filosofia, cf. C. de Smedt, Notre vie
surnaturelle, 1912, Introduzione, p. 1-37; I. Schryvers, Les principes
de la Vie spirituelle, 1922, p. 31.

54-1 A. Eymieu, Le gouvernement de soi-me^me, t. III, La loi de la
vie, libro III, p. 128.

59-1 Per quest'articolo vedi la nostra Synopsis Theologiae
Dogmaticae, t. II, n. 859-894 con gli autori indicati, particolarmente
S. Tommaso, I, q. 93-102; P. Bainvel S. I., Nature et surnaturel,
C. I-IV; L'Abbe' de Broglie, Confe'rences sur la vie surnaturelle,
t. II, p. 3-80; L. Labauche, Lec,ons de the'ol. dogmatique, t. II,
L'Homme, P. I, c. I-II.

67-1 S. Tommaso IIa. IIae q. 163-165; de Malo q. 4; Bainvel, Nature
et Surnaturel, c. VI-VII; A. de Broglie, op. cit., p. 133-346;
L. Labauche, op. cit., Parte II, c. 1-5; Ad. Tanquerey, Syn. theol.
dogm. t. II, n. 895-950.

67-2 Gen., III, 5.

67-3 Rom., V.

72-1 Summa theol., 1a. 2ae, q. 82, a. 4, ad 1.

75-1 Rom., VII, 19-25.

76-1 S. Tommaso, III, q. 46-49; Hugon, O. P., Le Myste`re de la
Re'demption; Bainvel, op. cit., c. VIII; J. Rivie`re, Le Dogme de la
Re'demption, e'tude the'ologique, 1914; Ad. Tanquerey, Synopsis theol.
dogm., t. II, n. 1119-1202; L. Labauche, Lec,. de The'ol., t. I, IIIe P.

78-1 Rom., V, 20.

78-2 Philip., II, 8.

78-3 Si tratta del merito di convenienza che si chiama de congruo,
e che spiegheremo piu` avanti.

79-1 Ephes., II, 4.

79-2 Joan., III, 16.

79-3 Rom., VIII, 32.

80-1 Rom., V, 5.

81-1 Ephes., V, 2.

82-1 Rom., V, 20.

85-1 Prefazio della Messa.

85-2 Hebr., V, 2.

86-1 Jer., XXXI, 3.

86-2 II Petr., I, 4.

87-1 Questa grandezza e questa bassezza dell'uomo fu spesso
descritta dai pensatori cristiani, specialmente da Pascal, Pense'es,
nn. 397-424, ed. Brunschwigg.
_________________________________________________________________

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CAPITOLO II.

Natura della vita cristiana

88. Essendo la vita soprannaturale una partecipazione della vita di
Dio per i meriti di Gesu` Cristo, viene talora definita la vita di Dio
in noi o la vita di Gesu` in noi. Queste espressioni sono giuste, se si
bada a spiegarle bene in modo da evitare ogni cenno di panteismo. Noi
infatti non abbiamo una vita identica a quella di Dio o di Nostro
Signore, ma una somiglianza di questa vita, una partecipazione finita,
benche` reale, di questa vita.

Possiamo dunque definirla: una partecipazione della vita divina,
conferita dallo Spirito Santo che abita in noi, in virtu` dei meriti di
Gesu` Cristo, e che noi dobbiamo coltivare contro le tendenza che le si
oppongono.

89. E` chiaro quindi che la vita soprannaturale e` una vita in cui Dio
ha la parte principale e noi la parte secondaria. Dio, la terza
persona della SS. Trinita` (che si chiama anche Spirito Santo), viene
personalmente a conferirci questa vita, perche` egli solo puo` farci
partecipare alla sua stessa vita. Ce la comunica per i meriti di Gesu`
Cristo (n. 78), che e` causa meritoria, esemplare e vitale della
nostra santificazione. E` quindi vero che Dio vive in noi, che Gesu`
vive in noi; ma la nostra vita spirituale non e` identica a quella di
Dio o a quella di Nostro Signore; ne e` distinta ed e` solo simile
all'una e all'altra. La vita nostra consiste nell'utilizzare i doni
divini per vivere in Dio e per Dio, per vivere in unione con Gesu` e
imitarlo; e poiche` resta in noi la triplice concupiscenza, noi non
possiamo vivere che a patto di accanitamente combatterla; e avendoci
inoltre Dio dotati d'un organismo soprannaturale, noi dobbiamo farlo
crescere con gli atti meritorii e con la fervorosa frequenza dei
sacramenti.

E` questo il senso della definizione che abbiamo data; l'intiero
capitolo non ne sara` che la spiegazione e lo svolgimento e ci dara`
modo di trarre delle conclusioni pratiche sulla devozione alla
SS. Trinita`, sulla devozione e sull'unione al Verbo Incarnato, ed
anche sulla devozione alla S. Vergine ed ai Santi che discende dalle
loro relazioni col Verbo Incarnato.

Benche` l'azione di Dio e l'azione dell'anima si svolgano
parallelamente nella vita cristiana, noi, per maggior chiarezza,
tratteremo in due distinti articoli della parte di Dio e della parte
dell'uomo.
* Dio opera in noi
+ 1^ Per se` stesso
o Abita in noi: donde la devozione alla SS. Trinita`.
o Ci dota d'un organismo soprannaturale.
+ 2^ Per mezzo del Verbo Incarnato che e` principalmente
o Causa meritoria della nostra vita.
o Causa esemplare della nostra vita.
o Causa vitale della nostra vita.
o Donde la devozione al Verbo Incarnato.
+ 3^ Per mezzo di Maria che e` secondariamente
o Causa meritoria della nostra vita.
o Causa esemplare della nostra vita.
o Causa distributrice delle grazie.
o Donde la devozione a Maria.
+ 4^ Per mezzo dei Santi e degli Angeli
o Immagini viventi di Dio: venerarli.
o Intercessori: invocarli.
o Modelli: imitarli.
* Noi viviamo e operiamo per Dio
+ 1^ Lottando contro
o la concupiscenza.
o il mondo.
o il demonio.
+ 2^ Santificando le nostre azioni.
o Loro triplice valore.
o Condizioni del merito.
o Mezzi per rendere i nostri atti piu` meritorii.
+ 3^ Ricevendo degnamente i Sacramenti
o La grazia sacramentale.
o La grazia speciale
# della Penitenza.
# dell'Eucarestia.

ART. I. DELLA PARTE DI DIO NELLA VITA CRISTIANA.

Dio opera in noi sia per se stesso, sia per mezzo della SS. Vergine,
degli Angeli e dei Santi.

sez. I. Della parte della SS. Trinita`.

90. Il primo principio, la causa efficiente principale e la causa
esemplare della vita soprannaturale in noi e` la SS. Trinita`, o, per
appropriazione, lo Spirito Santo. Perche` la vita della grazia, benche`
sia opera comune delle tre divine persone, essendo opera ad extra, si
attribuisce specialmente allo Spirito Santo, come opera d'amore.

Ora questa adorabile Trinita` contribuisce alla nostra santificazione
in due modi: col venire ad abitare nell'anima nostra e col
produrre un organismo soprannaturale che, soprannaturalizzando
l'anima, la abilita a fare atti deiformi.

I. L'abitazione dello Spirito Santo nell'anima 90-1

91. Essendo la vita cristiana una partecipazione della vita stessa
di Dio, e` evidente che egli solo la puo` conferire. E la conferisce
venendo ad abitare nelle anime nostre e dandosi intieramente a noi,
affinche` possiamo rendergli i nostri ossequi, godere della sua
presenza e lasciarci da lui docilmente guidare a praticare le
disposizioni e le virtu` di Gesu` Cristo 90-2: e` cio` che i teologi
chiamano grazia increata. Vedremo:
* 1^ in che modo le tre divine persone vivono in noi;
* 2^ come dobbiamo diportarci verso di loro.

1^ IN CHE MODO LE DIVINE PERSONE ABITANO IN NOI.

92. Dio, come dice S. Tommaso 92-1, abita naturalmente nelle
creature in tre modi diversi: con la sua potenza, nel senso che tutte
le creature stanno soggette al suo dominio; come la sua presenza, in
quanto che vede tutto, anche i piu` segreti pensieri del nostro cuore
"omnia nuda et aperta sunt oculis eius"; con la sua essenza, perche`
opera dappertutto ed e` dovunque la pienezza dell'essere e la causa
prima di tutto cio` che e` di reale nelle creature, comunicando loro
continuamente non solo il moto e la vita ma lo stesso essere: "in ipso
vivimus, movemur et sumus" 92-2.

Ma la sua presenza in noi per mezzo della grazia e` di ordine molto
superiore e piu` intimo. Non e` soltanto la presenza del Creatore e del
Conservatore che regge gli esseri da lui creati ma e` la presenza della
Santissima e Adorabilissima Trinita` quale ci e` rivelata dalla fede: il
Padre viene in noi e vi continua a generare il Verbo; con lui
riceviamo il Figlio, perfettamente uguale al Padre, sua immagine
vivente e sostanziale, che non cessa di infinitamente amare il Padre
come infinitamente ne e` riamato; dal qual mutuo amore procede lo
Spirito Santo, persona uguale al Padre e al Figlio, vincolo reciproco
fra i due eppur distinto dall'uno e dall'altro. Quante meraviglie in
un'anima in stato di grazia!

La particolarita` di questa presenza e` che Dio non solo e` in noi, ma si
da` a noi, perche` noi possiamo godere di lui. Secondo il linguaggio dei
nostri Libri Sacri, possiamo dire che, per mezzo della grazia, Dio si
da` a noi come padre, come amico, come collaboratore, come
santificatore, e che cosi` egli diviene veramente il principio stesso
della nostra vita interiore, la sua causa efficiente ed esemplare.

93. A) Nell'ordine della natura Dio e` in noi come creatore e sovrano
padrone e noi non siamo che suoi servi, sua proprieta`, cosa sua. Ma
nell'ordine della grazia egli si da` a noi come nostro Padre, e noi
siamo i suoi figli adottivi; mirabile privilegio che e` il fondamento
della nostra vita soprannaturale. Questo continuamente ripetono
S. Paolo e S. Giovanni: "Non enim accepistis spiritum servitutis
iterum in timore, sed accepistis spiritum adoptionis filiorum, in quo
clamamus Abba (Pater). Ipse enim Spiritus testimonium reddit spiritui
nostro quod sumus filii Dei 93-1". Dio dunque ci adotta per figli,
ma in modo assai piu` perfetto che non facciano gli uomini con
l'adozione legale. Questi possono bene trasmettere ai figli adottivi
il nome e le sostanze, ma non il sangue e la vita. "L'adozione legale,
dice con ragione il Cardinal Mercier, 93-2 e` una finzione. Il
figlio adottato viene considerato dai genitori adottivi come se fosse
loro figlio e riceve da essi quell'eredita` a cui avrebbe avuto diritto
il frutto della loro unione; la societa` riconosce questa finzione e ne
sancisce gli effetti; tuttavia l'oggetto della finzione non si
trasforma in realta`... Ma la grazia dell'adozione divina non e` una
finzione... e` una realta`. Dio largisce a coloro che credono nel suo
Verbo la divina filiazione, dice S. Giovanni: "Dedit eis potestatem
filios Dei fieri, his qui credunt in nomine eius" 93-3. E questa
filiazione non e` nominale ma effettiva: "Ut filii Dei nominemur et
simus". Noi entriamo in possesso della natura divina, "divinae
consortes naturae".

94. Questa vita divina e` certamente in noi soltanto una
partecipazione, "consortes", una somiglianza, un'assimilazione che fa
di noi, non gia` degli de`i, ma degli esseri deiformi. Non e` pero` men
vero che essa non e` una finzione ma una realta`, una vita nuova, non
uguale ma simile a quella di Dio, e che, a detta della Sacra
Scrittura, suppone una nuova generazione o rigenerazione: "Nisi quis
renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto... per lavacrum
regenerationis et renovationis Spiritus Sancti... regeneravit nos in
spem vivam... voluntarie enim genuit nos verbo veritatis" 94-1.
Tutte queste espressioni ci mostrano che la nostra adozione non e`
puramente nominale ma vera e reale, benche` molto bene distinta dalla
filiazione del Verbo Incarnato. Ed e` per questo che noi diventiamo di
pieno diritto eredi del regno celeste, coeredi di Colui che e` nostro
fratello maggiore: "haeredes quidem Dei, cohaeredes autem Christi... ut
sit ipse primogenitus in multis fratribus" 94-2. O non e` dunque il
caso di ripetere le cosi` soavi parole di S. Giovanni: "Videte qualem
caritatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur et
simus?" 94-3.

Dio quindi avra` per noi la premura, la tenerezza d'un padre. Egli
stesso si paragona a una madre che non potra` mai dimenticare il
figlio: "Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non
misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non
obliviscar tui 94-4". E l'ha ben dimostrato davvero, poiche`, per
salvare i figli decaduti, non esito` a dare e a sacrificare l'unico suo
Figlio: "Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret, ut
omnis qui credit in eum non pereat, sed habeat vitam
aeternam 94-5". Ed e` questo stesso amore che lo spinge a darsi
intieramente, fin d'ora e in modo abituale, ai figli adottivi,
abitando nei loro cuori: "Si quis diligit me, sermonem meum servabit,
et Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus, et mansionem apud eum
faciemus 94-6". Egli abita dunque in noi come Padre amantissimo e
premurosissimo.

95. B) Dio si da` pure a noi come amico. L'amicizia aggiunge alle
relazioni di padre e di figlio una certa uguaglianza, "amicitia
aequales accipit aut facit", una certa intimita`, una scambievolezza
d'affetto che porta seco le piu` dolci comunicazioni. Relazioni appunto
di questo genere la grazia pone tra Dio e noi; e` vero che quando si
tratta di Dio e dell'uomo non si puo` parlare d'uguaglianza vera, ma
solo d'una certa somiglianza che pero` basta a stabilire una vera
intimita`. Dio infatti ci apre i suoi secreti; ci parla non solo per
mezzo della Chiesa, ma anche interiormente per mezzo del suo Spirito:
"Ille vos docebit omnia et suggeret vobis omnia quaecumque dixero
vobis 95-1". Quindi e` che nell'ultima cena Gesu` dichiara agli
Apostoli che ormai non saranno piu` servi ma amici, perche` egli non
avra` piu` segreti per loro: "Iam non dicam vos servos, quia servus
nescit quid faciat dominus eius; vos autem dixi amicos, quia omnia
quaecumque audivi a Patre meo, nota feci vobis 95-2". Sara` quindi
una dolce familiarita` quella che governera` ormai le loro relazioni, la
familiarita` che corre tra amici che siedono alla stessa mensa: Ecco
che io sto alla porta e picchio; se alcuno udira` la mia voce e mi
aprira` la porta, io entrero` da lui, cenero` con lui ed egli con me:
"Ecce sto ad ostium et pulso; si quis audierit vocem meam et aperuerit
mihi januam, intrabo ad illum et coenabo cum illo, et ipse
mecum 95-3". Mirabile intimita` a cui noi non avremmo mai osato
aspirare se l'Amico divino non si fosse fatto avanti lui per il primo.
Eppure una tale intimita` si e` avverata e si avvera ogni giorno, non
soltanto presso i santi, ma anche in quelle anime interiori che
acconsentono ad aprire le porte dell'anima all'ospite divino. E` cio`
che ci attesta l'autore dell'Imitazione, quando descrive le frequenti
visite dello Spirito Santo alle anime interiori, le sue dolci
conversazioni con loro, le consolazioni e le carezze di cui le colma,
la pace che fa regnare in loro, la stupenda familiarita` con cui le
tratta: "Frequens illi visitatio cum homine interno, dulcis
sermocinatio, grata consolatio, multa pax, familiaritas stupenda
nimis 95-4". Del resto la vita dei mistici contemporanei, di Santa
Teresa del Bambin Gesu`, di Suor Elisabetta della Trinita`, di Gemma
Galgani e di tanti altri, ci prova che le parole dell'Imitazione si
avverano tutti i giorni. E` dunque vero che Dio vive in noi come un
intimo amico.

96. C) Ne` vi resta ozioso ma vi opera come il piu` potente dei
collaboratori. Sapendo bene che non possiamo coltivare da noi quella
vita soprannaturale che pone in noi, egli supplisce alla nostra
impotenza, collaborando con noi per mezzo della grazia attuale.
Abbiamo bisogno di luce per afferrare le verita` della fede che
dovranno ormai guidare i nostri passi? Verra` lui, che e` il Padre dei
lumi, a illuminare il nostro intelletto sul nostro ultimo fine e sui
mezzi per conseguirlo, e ci suggerira` buoni pensieri ispiratori di
buone opere. Abbiamo bisogno di forza onde voler sinceramente dirigere
la nostra vita verso il nostro fine, volerlo energicamente e
costantemente? Ed egli ci dara` quel concorso soprannaturale che ci
abilita a volere e ad eseguire le nostre risoluzioni, "operatur in
vobis et velle et perficere 96-1". Se si tratta di combattere le
nostre passioni o di disciplinarle, di vincere le tentazioni che
talora ci assediano, egli pure ci dara` la forza di resistervi e di
trarne profitto per rassodarci nella virtu`: "Fidelis est Deus qui non
patietur vos tentari supra id quod potestis, sed faciet etiam cum
tentatione proventum 96-2". Quando, stanchi di fare il bene, ci
sentiremo tratti allo scoraggiamento e alla fiacchezza, egli ci si
avvicinera` per sorreggerci e assicurare la nostra perseveranza; Colui
che in voi comincio` l'opera della vostra santificazione, la
perfezionera` fino al giorno di Cristo Gesu`; "qui coepit in vobis opus
bonum, ipse perficiet usque in diem Christi Jesu 96-3". Insomma,
noi non saremo mai soli, anche quando, privi di consolazione, ci
crederemo abbandonati; la grazia di Dio sara` sempre con noi a patto
che noi acconsentiamo a lavorar con lei: "Gratia eius in me vacua non
fuit, sed abundantius illis omnibus laboravi: non ego autem, sed
gratia Dei mecum 96-4..." Appoggiato su questo onnipotente
collaboratore, saremo invincibili, perche` tutto noi possiamo in colui
che ci conforta: "Omnia possum in eo qui me confortat 96-5".

97. D) Questo collaboratore e` nello stesso tempo un santificatore:
venendo ad abitare nell'anima nostra, la trasforma in un tempio santo
ornato di tutte le virtu`: "Templum Dei sanctum est: quod estis
vos 97-1". Il Dio infatti che viene in noi colla grazia, non e` il
Dio della natura, ma il Dio vivente, la SS. Trinita`, sorgente infinita
di vita divina, e che altro non chiede che farci partecipare alla sua
santita`; e` vero che talora questa abitazione e` attribuita, per
appropriazione, allo Spirito Santo, perche` e` opera d'amore; ma,
essendo operazione ad extra, e` comune alle tre persone divine. Ecco
perche` S. Paolo ci chiama indifferentemente tempii di Dio e tempii
dello Spirito Santo: "Nescitis quia templum Dei estis et Spiritus Dei
habitat in vobis? 97-2".

L'anima nostra diviene dunque tempio del Dio vivente, un sacro recinto
riservato a Dio, un trono di misericordia donde si compiace di
distribuire i suoi favori celesti e che egli adorna di tutte le virtu`.
Descriveremo presto l'organismo soprannaturale di cui ci dota. Ma e`
evidente che la presenza in noi del Dio tre volte santo, quale abbiamo
descritta, non puo` essere che santificante, e che l'Adorabile Trinita`
che vive e opera in noi diviene veramente il principio della nostra
santificazione, la sorgente della nostra vita interiore. E ne e` pure
la causa esemplare, poiche`, essendo figli di Dio per adozione,
dobbiamo imitare il Padre. Il che del resto intenderemo meglio
spiegando come dobbiamo diportarci verso le tre divine persone che
abitano in noi.
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2^ I NOSTRI DOVERI VERSO LA SS. TRINITA` CHE VIVE IN NOI.

98. Possedendo un tesoro cosi` prezioso come la SS. Trinita`, bisogna
pensarvi spesso "ambulare cum Deo intus". Or questo pensiero fa
nascere tre principali sentimenti: l'adorazione, l'amore,
l'imitazione 98-1.

99. A) Il primo sentimento che scaturisce come spontaneamente dal
cuore e` quello dell'adorazione: "Glorificate et portate Deum in
corpore vestro 99-1". Come, infatti, non benedire, glorificare,
ringraziare quest'ospite divino che trasforma l'anima nostra in un
vero santuario? Dopoche` Maria ebbe ricevuto nel casto suo seno il
Verbo Incarnato, la sua vita non fu piu` che un perpetuo atto
d'adorazione e di riconoscenza: "Magnificat anima mea Dominum... fecit
mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus"; e tali pure sono i
sentimenti, benche` in grado minore, di un'anima che prende coscienza
dell'abitazione dello Spirito Santo in lei: capisce che, essendo
tempio di Dio, deve incessantemente offrirsi come ostia di lode alla
gloria delle tre divine persone. a) Al principio delle proprie azioni,
facendo il segno di croce in nomine Patris et Filii et Spiritus
Sancti, consacra loro ogni sua opera; terminandole, riconosce che
tutto il bene da lei fatto si deve ad esse attribuire: Gloria Patri et
Filio et Spiritui Sancto. b) Ama ripetere quelle preghiere liturgiche
che ne celebrano le lodi: il Gloria in excelsis Deo, che esprime cosi`
bene tutti i sentimenti di religione verso le divine persone e
specialmente verso il Verbo Incarnato; il Sanctus, che proclama la
santita` divina; il Te Deum, che e` l'inno della riconoscenza. c) Alla
presenza di quest'ospite divino, molto amorevole senza dubbio ma che
non cessa d'essere Dio, riconosce umilmente l'intiera sua dipendenza
da Colui che e` il suo primo principio e il suo ultimo fine; la sua
incapacita` a lodarlo come egli si merita, e in questo sentimento si
unisce allo Spirito di Gesu` che solo puo` rendere a Dio quella gloria a
cui ha diritto: "Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza,
perche` noi non sappiamo cio` che dobbiamo chiedere nelle nostre
preghiere, secondo i nostri bisogni; ma lo Spirito prega egli stesso
per noi con gemiti inenarrabili; "Spiritus adiuvat infirmitatem
nostram; nam quid oremus sicut oportet, nescimus; sed ipse Spiritus
postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus 99-2".

100. B) Dopo avere adorato Dio e proclamato il proprio nulla,
l'anima si abbandona ai sentimenti del piu` confidente amore. Per
quanto sia infinito pur Dio si abbassa a noi, come il padre piu`
amoroso verso il proprio figlio, e c'invita ad amarlo e a dargli il
cuore: "Praebe, fili, cor tuum mihi 100-1"; questo amore egli
potrebbe esigerlo imperiosamente ma preferisce chiederlo dolcemente,
affettuosamente, perche` vi sia, a cosi` dire, piu` spontaneita` nella
nostra risposta, piu` abbandono filiale nel nostro ricorso a lui. E
come non rispondere con confidente amore a tanti e si` delicati
riguardi, a tante cosi` materne sollecitudini? Sara` un amore penitente,
per espiare le nostre troppo numerose infedelta` passate e presenti; un
amore riconoscente, per ringraziare quest'insigne benefattore, questo
collaboratore premuroso che lavora l'anima nostra con tanta assiduita`;
ma principalmente un amore d'amicizia, che ci fara` conversare
dolcemente col piu` fedele e piu` generoso degli amici, ci fara`
caldeggiare tutti i suoi interessi, procurarne la gloria e farne
benedire il santo nome. Non sara` quindi un semplice sentimento
affettuoso, ma un amore generoso, che va fino al sacrifizio, all'oblio
di se`, alla rinunzia della propria volonta`, per sottomettersi ai
precetti e ai consigli divini.

101. C) Quest'amore ci condurra` dunque all'imitazione dell'adorabile
Trinita` in quel grado che e` compatibile con l'umana debolezza. Figli
adottivi d'un Padre tre volte santo, tempii viventi dello Spirito
Santo, intendiamo meglio la necessita` di rispettare il nostro corpo e
la nostra anima. Tale era la conclusione che l'Apostolo inculcava ai
discepoli: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio
abita in voi? Se alcuno violera` il tempio di Dio, Dio lo sperdera`;
poiche` santo e` il tempio di Dio che siete voi; Nescitis quia templum
Dei estis, et Spiritus Dei habitat in vobis? Si quis autem templum Dei
violaverit, disperdet illum Deus. Templum enim Dei sanctum est quod
estis vos 101-1". L'esperienza prova che per le anime generose non
v'e` motivo piu` potente di questo per allontanarle dal peccato ed
eccitarle alla pratica delle virtu`; infatti, non si deve forse
purificare e ornare continuamente un tempio ove risiede il Dio tre
volte santo? Del resto quando Nostro Signore volle proporci un ideale
di perfezione, non ando` a cercarlo fuori della SS. Trinita`: "Siate
perfetti, egli dice, come e` perfetto il vostro Padre celeste: "Estote
ergo perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus
est 101-2". A prima vista, quest'ideale sembra troppo elevato; ma
quando ci ricordiamo che siamo figli adottivi del Padre, e che egli
vive in noi per imprimervi la sua immagine e collaborare alla nostra
santificazione, capiamo bene che nobilta` obbliga e che abbiamo il
dovere d'avvicinarci sempre piu` alle perfezioni divine. Specialmente
per praticare la carita` fraterna Gesu` ci chiede di avere dinanzi agli
occhi quel perfetto modello che e` l'indivisibile unita` delle tre
divine persone: "Che siano tutti una cosa sola, come tu sei in me, o
Padre, e io in te, che siano anch'essi una cosa sola in noi; Ut omnes
unum sint, sicut tu, Pater, in me et ego in te, ut et ipsi in nobis
unum sint 101-3". Tenera preghiera, di cui san Paolo si faceva eco
quando supplicava i cari discepoli di non dimenticare che, essendo un
solo corpo e un solo spirito, non avendo che un solo ed unico Padre
che abita in tutti i giusti, dovevano conservare l'unita` dello spirito
col vincolo della pace 101-4.

Riepilogando possiamo conchiudere che la vita cristiana consiste prima
di tutto in una unione intima, affettuosa e santificante colle tre
divine persone, che ci conserva nello spirito di religione, d'amore e
di sacrifizio.
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II. Dell'organismo della vita cristiana 102-1.

102. Le tre divine persone che abitano nel santuario dell'anima
nostra si dilettano di arricchirla di doni soprannaturali e ci
comunicano una vita simile alla loro che si chiama la vita della
grazia o vita deiforme.

Ora in ogni vita vi e` un triplice elemento: un principio vitale che e`,
per cosi` dire, la sorgente della vita; delle facolta` che fanno
produrre operazioni vitali; e in fine degli atti, che ne sono
l'espansione e contribuiscono al suo accrescimento. Nell'ordine
soprannaturale, Dio, che vive in noi, produce nelle anime nostre
questi tre elementi. a) Ci comunica dapprima la grazia abituale, che
fa in noi l'ufficio di principio vitale soprannaturale^102-2 e
divinizza, a cosi` dire, la sostanza stessa dell'anima nostra,
rendendola atta, benche` remotamente, alla visione beatifica e agli
atti che la preparano.

103. b) Da questa grazia sgorgano le virtu` infuse^103-1 e i doni
dello Spirito Santo, che perfezionano le nostre facolta` e ci danno il
potere immediato di fare atti deiformi, soprannaturali e meritorii.

c) Per mettere in moto queste facolta`, Dio ci concede le grazie
attuali, che illuminano la nostra intelligenza, fortificano la nostra
volonta`, ci aiutano ad operare soprannaturalmente e ad aumentare cosi`
il capitale di grazia abituale che ci ha compartito.

104. Questa vita della grazia, benche` distinta dalla vita naturale,
non e` semplicemente a lei sovrapposta ma la compenetra tutta quanta,
la trasforma e la divinizza. Si assimila tutto cio` che vi e` di buono
nella natura, nell'educazione e nelle abitudini acquisite; perfeziona
e soprannaturalizza tutti questi elementi volgendoli verso l'ultimo
fine, che e` il possesso di Dio per mezzo della visione beatifica e
dell'amore che l'accompagna.

Spetta a questa vita soprannaturale il dirigere la vita naturale, in
virtu` del principio generale gia` esposto al n. 54, che gli esseri
inferiori sono subordinati agli esseri superiori 104-1. Non puo`
durare ne` svilupparsi se non a patto di dominare e serbare sotto la
sua influenza gli atti dell'intelligenza, della volonta` e delle altre
facolta`; con cio` non distrugge ne` diminuisce la natura, ma anzi la
esalta e la perfeziona. Il che dimostreremo, studiandone per ordine i
tre elementi.

1^ DELLA GRAZIA ABITUALE. 105-1

105. Dio, volendo nell'infinita sua bonta` elevarci a lui per quanto
e` permesso alla debole nostra natura, ci da` un principio vitale,
soprannaturale deiforme: la grazia abituale, grazia che si chiama
creata 105-2 per opposizione alla grazia increata che consiste
nell'abitazione dello Spirito Santo in noi. Questa grazia ci rende
simili a Dio e ci unisce strettissimamente a lui: "Est autem haec
deificatio, Deo quaedem, quoad fieri potest, assimilatio
unioque 105-3". Sono questi i due aspetti della grazia che
esporremo, dandone la definizione tradizionale e determinando l'unione
prodotta dalla grazia tra l'anima e Dio.

A) Definizione.

106. La grazia ordinariamente si definisce una qualita`
soprannaturale, inerente all'anima nostra, che ci fa partecipare in
modo reale, formale, ma accidentale, alla vita divina.

a) E` dunque una realta` di ordine soprannaturale ma non una sostanza,
perche` nessuna sostanza creata puo` essere soprannaturale; e` un modo
d'essere, uno stato dell'anima, una qualita` inerente alla sostanza
dell'anima nostra, che la trasforma, la eleva sopra tutti gli esseri
anche piu` perfetti; qualita` permanente di sua natura, che sta in noi
finche` non la scacciamo dall'anima nostra commettendo volontariamente
un peccato mortale. "La grazie, dice il Card. Mercier106-1
appoggiandosi su Bossuet, e` quella qualita` spirituale che Gesu`
diffonde nelle anime nostre, che penetra nel piu` intimo della nostra
sostanza, che s'imprime nel piu` secreto delle anime nostre, e che si
spande (per mezzo delle virtu`) in tutte le potenze e le facolta`
dell'anima, che possiede interiormente l'anima e la rende pura e grata
agli occhi di questo divin Salvatore, la fa suo Santuario, suo tempio,
suo tabernacolo, insomma suo luogo di delizie."

107. b) Questa qualita` ci rende, secondo l'energica espressione di
S. Pietro, partecipi della natura divina, divinae consortes naturae; ci
fa entrare, come dice S. Paolo, in comunione con lo Spirito Santo
"communicatio Sancti Spiritus 107-1", in societa` col Padre e col
Figlio, come aggiunge S. Giovanni 107-2. Non ci fa certamente
uguali a Dio, ma esseri deiformi simili a lui; e ci da`, non la vita
stessa di Dio che e` essenzialmente incomunicabile, ma una vita simile
alla sua. Il che ora spiegheremo, per quanto l'umana intelligenza vi
puo` arrivare.

108. 1) La vita propria di Dio e` di contemplare direttamente se`
stesso e di infinitamente amarsi. Nessuna creatura, per quanto sia
perfetta, puo` contemplare da se stessa l'essenza divina "che abita una
luce inaccessibile, lucem inhabitat inaccessibilem" 108-1. Ma Dio,
per un privilegio intieramente gratuito, chiama l'uomo a contemplare
questa essenza divina nel cielo; ed essendone l'uomo incapace, ne
eleva, ne dilata, ne fortifica l'intelligenza col lume della gloria.
Allora, dice S. Giovanni, saremo simili a Dio, perche` lo vedremo come
egli vede se stesso, o, che e` lo stesso, come egli e` in se: "Similes
ei erimus, quoniam videbimus eum sicuti est 108-2". Lo vedremo,
aggiunge S. Paolo, non piu` attraverso lo specchio delle creature, ma
faccia a faccia, senza intermedio, senza nubi, con una fulgida
chiarezza: "Nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad
faciem 108-3". Cosi` parteciperemo, benche` in modo finito, alla
vita stessa di Dio, poiche` lo conosceremo come egli conosce se stesso
e lo ameremo come egli ama se stesso. Il che spiegano i teologi
dicendo che l'essenza divina verra` ad unirsi alla parte piu` intima
dell'anima nostra e ci servira` di specie impressa, per renderci capaci
di vederla senza alcuno intermedio creato, senza immagine alcuna.

109. 2) Ora la grazia abituale e` gia` una preparazione alla visione
beatifica e quasi un saggio di questo favore, praelibatio visionis
beatificae; e` la gemma che gia` contiene il fiore, benche` questo non
debba sbocciare che piu` tardi; e` quindi dello stesso genere della
visione beatifica e partecipa della sua natura.

Cerchiamo di spiegarci con un paragone, per quanto possa riuscire
imperfetto. Io posso conoscere un artista in tre modi: dallo studio
delle sue opere, -- dal ritratto che me ne fa un suo intimo amico -- o
finalmente dalle relazioni dirette che io ho con lui. La prima di
queste conoscenze di Dio, e` quella che abbiamo dalla vista delle sue
opere, conoscenza induttiva molto imperfetta, perche` le sue opere, pur
manifestandoci la sua sapienza e la sua potenza, nulla ci dicono della
sua vita interiore. La seconda risponde assai bene alla conoscenza che
ce ne da` la fede: sulla testimonianza degli scrittori sacri e
principalmente del Figlio di Dio, io credo tutto cio` che Dio si degno`
di rivelarmi non solamente sulle sue opere e sui suoi attributi, ma
anche sulla sua vita intima; io credo che da tutta l'eternita` egli
genera un Verbo che e` suo Figlio, che ama e dal quale e` riamato, e che
da questo mutuo amore procede lo Spirito Santo. Certo io non capisco,
e sopratutto io non vedo, ma io credo con incrollabile certezza, e
questa fede mi fa partecipare in modo velato, oscuro, ma reale, alla
conoscenza che Dio ha di se` stesso. Solo piu` tardi, per mezzo della
visione beatifica, si avverera` il terzo modo di conoscenza; ma, com'e`
chiaro, il secondo e` in sostanza della stessa natura di quest'ultimo,
e certamente molto superiore alla conoscenza razionale.

110. c) Questa partecipazione della vita divina non e` semplicemente
virtuale ma formale. La partecipazione virtuale non ci fa possedere
una data qualita` che in un modo diverso da quello in cui si trova
nella causa principale; cosi` la ragione e` una partecipazione solo
virtuale dell'intelletto divino, perche` ci fa conoscere la verita`, ma
in un modo assai diverso dalla conoscenza che ne ha Dio. Non e` cosi`
della visione beatifica, e, salve le proporzioni, della fede; queste
ci fanno conoscere Dio some egli conosce se stesso, non certo nello
stesso grado ma nello stesso modo.

111. d) Questa partecipazione non e` sostanziale ma accidentale. Cosi`
essa si distingue dalla generazione del Verbo, che riceve tutta la
sostanza del Padre; e dalla unione ipostatica, che e` un'unione
sostanziale della natura umana con la natura divina nell'unica persona
del Verbo; noi conserviamo infatti la nostra personalita` e la nostra
unione con Dio non e` sostanziale. Tale e` la dottrina di
S. Tommaso: 111-1 "Essendo la grazia molto superiore alla natura
umana, non puo` essere ne` una sostanza, ne` la forma sostanziale
dell'anima; non puo` esserne che la forma accidentale". E, per spiegare
il suo pensiero, aggiunge che tutto cio` che e` sostanzialmente in Dio
ci vien dato accidentalmente e ci fa partecipare alla divina bonta`:
"Id enim quod substantialiter est in Deo, accidentaliter fit in anima
participante divinam bonitatem, ut de scientia patet".

Con queste restrizioni si evita di cadere nel panteismo, e si ha
nondimeno un'idea altissima della grazia, che ci apparisce come una
divina somiglianza impressa da Dio nell'anima nostra: "faciamus
hominem ad imaginem et similitudinem nostram 111-2".

112. Per farci intendere questa divina somiglianza, i Padri usano
diversi paragoni. 1) L'anima nostra, essi dicono, e` una immagine
vivente della Trinita`, una specie di ritratto in miniatura, poiche` lo
Spirito Santo stesso viene ad imprimersi in noi come il sigillo sulla
molle cera e vi lascia cosi` la sua divina somiglianza 112-1. Ne
concludono che l'anima in stato di grazia e` d'una meravigliosa
bellezza, poiche` l'artista che vi dipinge questa immagine e`
infinitamente perfetto, non essendo altri che Dio stesso: "Pictus es
ergo, o homo, et pictus es a Domino Deo tuo. Bonum habes artificem
atque pictorem 112-2". E ne conchiudono pure con ragione che noi
non solo non dobbiamo distruggere od offuscare questa immagine, ma
anzi renderla ogni giorno piu` rassomigliante. -- Paragonano anche
l'anima nostra a quei corpi trasparenti che, ricevendo la luce del
sole, ne sono come penetrati e acquistano un incomparabile fulgore che
diffondono poi tutto intorno a loro 112-3; cosi` l'anima nostra,
simile a un globo di cristallo illuminato dal sole, riceve la luce
divina, risplende di vivo fulgore e lo riflette sugli oggetti
circostanti.

113. 2) Per dimostrare che questa rassomiglianza non e` cosa
superficiale ma penetra nel piu` intimo dell'anima nostra, ricorrono al
paragone del ferro e del fuoco. Come, dicono essi, una verga di ferro,
immersa in un ardente braciere, acquista subito lo splendore, il
calore e la pieghevolezza del fuoco, cosi` l'anima nostra, immersa
nella fornace del divino amore, si libera dalle scorie e diviene
brillante, ardente e docile alle ispirazioni divine.

114. 3) Un autore contemporaneo, volendo esprimere l'idea che la
grazia e` una vita nuova, la paragona a un innesto divino fatto sul
ramo salvatico della nostra natura e che si fonde coll'anima nostra
per costituire un nuovo principio vitale e quindi una vita assai
superiore. Pero`, come l'innesto non conferisce al ramo salvatico tutta
la vita di quella natura onde e` stato tolto ma soltanto questa o
quella delle sue proprieta` vitali, cosi` la grazia santificante non ci
da` tutta la natura di Dio ma qualche cosa della sua vita che
costituisce per noi una nuova vita; noi quindi partecipiamo alla vita
divina ma non la possediamo nella sua pienezza 114-1.

E` chiaro che questa divina somiglianza prepara l'anima nostra ad una
intimissima unione con l'adorabile Trinita` che abita in lei.
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15/10/2013 12:35
 
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B) Unione tra l'anima nostra e Dio.

115. Da cio` che abbiamo detto sull'abitazione della SS. Trinita`
nell'anima nostra (n. 92), risulta che tra noi e l'ospite divino
corre un'unione morale intimissima e santificantissima.

Ma non c'e` forse qualche cosa di piu`, qualche cosa di fisico 115-1
in quest'unione?

116. a) I paragoni usati dai Padri sembrerebbero indicarlo.

1) Un gran numero di essi ci dicono che l'unione di Dio coll'anima e`
simile a quella dell'anima col corpo: "In noi vi sono, dice
S. Agostino, due vite, la vita del corpo e la vita dell'anima; la vita
del corpo e` l'anima, la vita dell'anima e` Dio "sicut vita corporis
anima, sic vita animae Deus 116-1." E` chiaro che si tratta solo di
analogie; ma studiamoci di cavarne la verita` che contengono. L'unione
tra il corpo e l'anima e` sostanziale, cosi` che non formano piu` che una
sola e medesima natura, una sola e medesima persona. Non e` cosi`
dell'unione dell'anima con Dio: noi conserviamo sempre la nostra
natura e la nostra personalita` e restiamo quindi essenzialmente
distinti dalla divinita`. Ma, come l'anima da` al corpo la vita di cui
gode, cosi` Dio, senza essere forma dell'anima, le da` la vita
soprannaturale, vita non uguale ma veramente e formalmente simile alla
sua; e questa vita costituisce un'unione realissima tra l'anima e Dio.
Suppone una realta` concreta che Dio ci comunica e che serve di vincolo
unitivo tra lui e noi; questa nuova relazione non aggiunge certamente
nulla a Dio, ma perfeziona l'anima nostra e la rende deiforme; lo
Spirito Santo quindi diviene non causa formale, ma causa efficiente ed
esemplare della nostra santificazione.

117. 2) Questa stessa verita` si deduce dal paragone che alcuni
autori 117-1 fanno tra l'unione ipostatica e l'unione dell'anima
nostra con Dio. Vi e` certamente tra le due una differenza essenziale:
l'unione ipostatica e` sostanziale e personale, perche` la natura divina
e la natura umana, sebbene perfettamente distinte, non formano piu` in
Gesu` Cristo che una sola e medesima persona, mentre che l'unione
dell'anima con Dio per mezzo della grazia, ci lascia la nostra
personalita`, essenzialmente distinta dalla personalita` divina, e non
ci unisce a Dio se non in modo accidentale: "Si compie infatti per
mezzo della grazia santificante, che e` un accidente aggiunto alla
sostanza dell'anima; ora, in linguaggio scolastico, l'unione d'un
accidente e d'una sostanza si chiama unione accidentale 117-2".

Ma rimane pur sempre vero che l'unione dell'anima con Dio e` un'unione
di sostanza a sostanza, 117-3 e che l'uomo e Dio vengono in
contatto cosi` intimo come il ferro e il fuoco che l'avvolge e lo
penetra, come il cristallo e la luce. Per dir tutto in una parola,
l'unione ipostatica fa un uomo-Dio, l'unione della grazia fa degli
uomini divinizzati; e come le azioni di Cristo sono divino-umane o
teandriche, cosi` le azioni del giusto sono deiformi, fatte in comune
da Dio e da noi, e per questo titolo meritorie della vita eterna, la
quale non e` altro che la unione immediata con la Divinita`. Possiamo
quindi dire col P. de Smedt, 117-4 "che l'unione ipostatica e` il
tipo della nostra unione con Dio per mezzo della grazia, e che questa
ne e` l'immagine piu` perfetta che una pura creatura possa riprodurre in
se`".

Concludiamo collo stesso autore che l'unione della grazia non e`
puramente morale, ma contiene un elemento fisico che ci permette di
chiamarla fisico-morale: "La natura divina e` veramente nel suo essere
stesso unita alla sostanza dell'anima per mezzo di un vincolo
speciale, per modo che l'anima giusta possiede in se` la natura divina
come cosa che le appartiene, e quindi possiede un carattere divino,
una perfezione d'ordine divino, una bellezza divina, infinitamente
superiore a tutto cio` che puo` esservi di perfezione naturale in una
creatura qualsiasi reale o possibile 117-5.

118. b) Se, lasciando da parte i paragoni, studiamo il lato
dottrinale della questione, arriviamo alla stessa conclusione. 1) In
cielo, gli eletti vedono Dio faccia a faccia, senza alcun intermedio;
la stessa essenza divina fa l'ufficio di specie impressa: "in visione
qua Deus per essentiam videbitur, ipsa divina essentia erit quasi
forma intellectus qua intelliget 118-1". Vi e` dunque tra essi e la
Divinita` un'unione vera, reale, che si puo` chiamare fisica, perche` Dio
non puo` essere visto e posseduto che a patto d'essere presente al loro
intelletto colla sua essenza, e non puo` essere amato, se non e`
effettivamente unito alla loro volonta` come oggetto d'amore: "amor est
magis unitivus quam cognitio 118-2". Ora la grazia altro non e` che
un principio e un germe della gloria: "gratia nihil est quam inchoatio
gloriae in nobis 118-3".

L'unione dunque cominciata sulla terra tra l'anima nostra e Dio per
mezzo della grazia e` in sostanza dello stesso genere di quella della
gloria, reale e in un certo senso fisica come questa. Tal e` la
conclusione del P. Froget nel suo bel libro L'abitazione dello Spirito
Santo (p. 159), appoggiandosi su numerosi testi di S. Tommaso: < dunque realmente, fisicamente, sostanzialmente presente nel cristiano
che ha la grazia; e non e` gia` una semplice presenza materiale ma un
vero possesso accompagnato da un principio di godimento>>.

2) La medesima conclusione discende pure dall'analisi della grazia
stessa. Stando all'insegnamento dell'Angelico Dottore, che si fonda
sugli stessi testi scritturali che abbiamo citati, la grazia abituale
ci e` data per godere non solo dei doni di Dio, ma delle stesse persone
divine; "Per donum gratiae gratum facientis perficitur creatura
rationalis ad hoc quod libere non solum ipso dono creato utatur, sed
ut ipsa^ divina^ persona^ fruatur 118-4". Ora, aggiunge un discepolo
di S. Bonaventura, per godere d'una cosa e` necessaria la sua presenza,
e quindi per godere dello Spirito Santo la sua presenza e` necessaria
come necessario e` il dono creato che ci unisce a lui 118-5. E
poiche` la presenza del dono creato e` reale e fisica, quella dello
Spirito Santo non dovra` forse essere dello stesso genere?

Ecco dunque che le deduzioni della fede come i paragoni dei Patri ci
autorizzano a dire che l'unione dell'anima nostra con Dio per mezzo
della grazia non e` soltanto morale, che non e` neppure sostanziale in
senso proprio, ma che e` talmente reale da potersi chiamare
fisico-morale. Restando pero` essa velata ed oscura ed essendo
progressiva, nel senso che noi ne percepiamo tanto meglio gli effetti
quanto piu` coltiviamo la fede e i doni dello Spirito Santo, le anime
ferventi che sospirano l'unione divina, se sentono vivamente
sollecitate ad avanzarsi ogni giorno piu` nella pratica delle virtu` e
dei doni.

2^ DELLE VIRTU` E DEI DONI, O DELLE FACOLTA` DELL'ORDINE SOPRANNATURALE.

Richiamatane prima l'esistenza e la natura, parleremo per ordine delle
virtu` e dei doni.
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15/10/2013 12:35
 
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A) Esistenza e natura.

119. La vita soprannaturale inserita nell'anima nostra per mezzo
della grazia abituale richiede, per operare e svilupparsi, delle
facolta` di ordine soprannaturale, che la liberalita` divina
generosamente ci concede sotto nome di virtu` infuse e di doni dello
Spirito Santo: "L'uomo giusto, dice Leone XIII, che vive della vita
della grazia e che opera per mezzo delle virtu`, che tengono in lui il
posto di facolta`, ha pure bisogno dei doni dello Spirito Santo: Homini
iusto, vitam scilicet viventi divinae gratiae et per congruas virtutes
tamquam facultates agenti, opus plane est septenis illis quae proprie
dicuntur Spiritus Sancti donis 119-1". Conviene infatti che le
nostre facolta` naturali, le quali da se` stesse non possono produrre
che atti del medesimo ordine, siano perfezionate e divinizzate da
abiti infusi, che le elevino e le aiutino ad operare
soprannaturalmente. E Dio, infinitamente liberale qual e`, ce ne da di
due specie: le virtu`, che, sotto la direzione della prudenza, ci
abilitano a operare soprannaturalmente col concorso della grazia
attuale; e i doni che ci rendono cosi` docili all'azione dello Spirito
Santo che, guidati da una specie di divino istinto, siamo, per cosi`
dire, mossi e diretti da questo divino Spirito. Bisogna pero` notare
che questi doni, i quali ci sono conferiti colle virtu` e colla grazia
abituale, non vengono esercitati con frequenza ed intensita` se non
dalle anime mortificate che, con una lunga pratica delle virtu` morali
e teologali, acquistarono quella soprannaturale pieghevolezza, onde
rendonsi intieramente docili alle ispirazioni dello Spirito Santo.

120. La differenza essenziale tra le virtu` e i doni deriva dunque
dal loro diverso modo di operare in noi; nella pratica delle virtu`, la
grazia ci lascia attivi, sotto l'influsso della prudenza; nell'uso dei
doni, raggiunto che abbiano il loro pieno sviluppo, richiede da noi
piu` docilita` che attivita`, come esporremo meglio trattando della via
unitiva. Intanto un paragone ci aiutera` a capire: quando una madre
insegna a camminare al figlio, ora si contenta di guidarne i passi
impedendogli di cadere, ora lo prende tra le braccia per fargli
superare un ostacolo o per farlo riposare; nel primo caso si ha la
grazia cooperante delle virtu`, nel secondo si ha la grazia operante
dei doni.

Ma da cio` risulta che, normalmente, gli atti compiti sotto l'influsso
dei doni sono piu` perfetti di quelli che si compiono solamente sotto
l'influsso delle virtu`, appunto perche` l'azione dello Spirito Santo
nel primo caso e` piu` attiva e piu` feconda.

B) Delle virtu` infuse.

121. E` certo, secondo la dottrina del Concilio di Trento, che nel
momento stesso della giustificazione riceviamo le virtu` infuse della
fede, della speranza e della carita` 121-1. Ed e` dottrina comune,
confermata dal Catechismo del Concilio di Trento 121-2, che anche
le virtu` morali della prudenza, della giustizia, della fortezza e
della temperanza ci sono comunicate nello stesso momento. Non
dimentichiamo pero` che queste virtu` ci danno, non la facilita`, ma il
potere soprannaturale prossimo di fare atti soprannaturali; saranno
necessari ripetuti atti per aggiungervi quella facilita` che viene
dall'abitudine acquisita.

Vediamo come queste virtu` rendono soprannaturali le nostra facolta`.

a) Le une sono teologali, perche` hanno Dio per oggetto materiale e
qualche attributo divino per oggetto formale. La fede ci unisce a Dio,
suprema verita`, e ci aiuta a veder tutto e a tutto giudicare alla
divina sua luce. La speranza ci unisce a Colui che e` la sorgente della
nostra felicita`, sempre pronto a versare su noi le sue grazie per
compiere la nostra trasformazione ed aiutarci col suo potente soccorso
a fare atti di confidenza assoluta e di filiale abbandono. La carita`
ci eleva a Dio sommamente buono in se stesso; e, sotto il suo
influsso, noi ci compiacciamo delle infinite perfezioni di Dio piu` che
se fossero nostre, desideriamo che siano conosciute e glorificate,
stringiamo con Lui una santa amicizia, una dolce familiarita` e cosi`
diventiamo ognor piu` a lui somiglianti. Queste tre virtu` teologali ci
uniscono dunque direttamente a Dio.

122. b) Le virtu` morali, che hanno per oggetto un bene onesto
distinto da Dio e per motivo l'onesta` stessa di quest'oggetto,
favoriscono e perpetuano questa unione con Dio, regolando le nostre
azioni in modo che, non ostante gli ostacoli che si trovano dentro e
fuori di noi, tendano continuamente verso Dio. Cosi` la prudenza ci fa
scegliere i mezzi migliori per tendere al nostro fine soprannaturale.
La giustizia, facendoci rendere al prossimo cio` che gli e` dovuto,
santifica le nostre relazioni coi nostri fratelli in modo da
avvicinarci a Dio. La fortezza arma l'anima nostra contro la prova e
la lotta, ci fa sopportare con pazienza i patimenti e intraprendere
con santa audacia le piu` rudi fatiche per procurare la gloria di Dio.
E, poiche` il piacere colpevole ce ne distoglierebbe, la temperanza
modera il nostro ardore pel piacere e lo subordina alla legge del
dovere. Tutte queste virtu` hanno dunque per ufficio di allontanare gli
ostacoli e anche di somministrarci mezzi positivi per andare a
Dio 122-1.

C) Dei doni dello Spirito Santo.

123. Senza descriverli in particolare (cosa che faremo piu` tardi) ci
basti qui dimostrarne la corrispondenza colle virtu`.

I doni, senza essere piu` perfetti delle virtu` teologali e specialmente
della carita`, ne perfezionano l'esercizio. Cosi` il dono
dell'intelletto ci fa penetrare piu` addentro nelle verita` della fede
per scoprirne i reconditi tesori e le arcane armonie; quello della
scienza ci fa considerare le cose create nelle loro relazioni con Dio.
Il dono del timore fortifica la speranza, staccandoci dai falsi beni
di quaggiu`, che potrebbero trascinarci al peccato e ci accresce quindi
il desiderio dei beni celesti. Il dono della sapienza, facendoci
gustare le cose divine, aumenta il nostro amore per Dio. La prudenza e`
grandemente perfezionata dal dono del consiglio, che ci fa conoscere,
nei casi particolari e difficili, cio` che e` o non e` espediente di
fare. Il dono della pieta` perfeziona la virtu` della religione, che si
connette colla giustizia, facendoci vedere in Dio un padre che siamo
lieti di glorificare per amore. -- Il dono della fortezza compie la
virtu` dello stesso nome, eccitandoci a praticare cio` che vi e` di piu`
eroico nella paziente costanza e nell'operare il bene. Infine il dono
del timore, oltre che facilita la speranza, perfeziona pure in noi la
temperanza, facendoci temere i castighi e i mali che risultano
dall'amore illecito dei piaceri.

Tal e` il modo con cui armoniosamente si sviluppano nell'anima le virtu`
e i doni, sotto l'influsso della grazia attuale, di cui ci resta ora a
dire una parola.

3^ DELLA GRAZIA ATTUALE 124-1.

Come nell'ordine di natura abbiamo bisogno del concorso di Dio per
passare dalla potenza all'atto, cosi` nell'ordine soprannaturale non
possiamo porre in atto le nostre facolta` senza il soccorso della
grazia attuale.

124. Ne esporremo:
* 1^ la nozione;
* 2^ il modo di operare;
* 3^ la necessita`.

A) La nozione. La grazia attuale e` un aiuto soprannaturale e
transitorio che Dio ci da` per illuminare la nostra intelligenza e
fortificare la nostra volonta` nella produzione degli atti
soprannaturali.

a) Opera quindi direttamente sulle nostre facolta` spirituali,
l'intelligenza e la volonta`, non piu` soltanto per elevarle all'ordine
soprannaturale, ma per metterle in moto e far loro produrre atti
soprannaturali. Diamone un esempio: prima della giustificazione o
dell'infusione della grazia abituale, ci illumina sulla malizia e sui
terribili effetti del peccato per farcelo detestare. Dopo la
giustificazione, ci mostra, alla luce della fede, l'infinita bellezza
di Dio e la misericordiosa sua bonta` per farcela amare con tutto il
cuore.

b) Accanto pero` a queste grazie interne, ve ne sono altre che si
chiamano esterne, le quali, operando direttamente sui nostri sensi e
sulle nostre facolta` sensitive, indirettamente influiscono sulle
nostre facolta` spirituali, tanto piu` che sono spesso accompagnate
anche da veri aiuti interni. Cosi` la lettura della Sacra Bibbia o d'un
libro cristiano, l'ascoltazione d'una predica, d'un pezzo di musica
religiosa, d'una buona conversazione, sono grazie esterne: di per se`
non fortificano la volonta`, ma producono in noi delle impressioni
favorevoli che scuotono l'intelletto e la volonta` e li inclinano verso
il bene soprannaturale. Dio, del resto, vi aggiungera` spesso dei
movimenti interni che, illuminando l'intelletto e fortificando la
volonta`, ci aiuteranno potentemente a convertirci o a divenir
migliori. E` quanto possiamo dedurre dalle parole del libro degli Atti,
che ci mostrano lo Spirito Santo che apre il cuore d'una donna
chiamata Lidia, per renderla attenta alla predicazione di
S. Paolo 124-2. Dio poi, il quale sa che noi ci eleviamo dal
sensibile allo spirituale, s'adatta alla nostra debolezza e si serve
delle cose visibili per portarci alla virtu`.

125. B) Suo modo di operare. a) La grazia attuale influisce su di
noi in modo morale e fisico nello stesso tempo: in modo morale, con le
persuasioni e le attrattive, come una madre che, per aiutare il
bambino a camminare, dolcemente lo chiama e lo invita a se`
promettendogli una ricompensa; in modo fisico 125-1, aggiungendo
nuove forze alle nostre facolta`, troppo deboli per operare da sole,
come fa una madre che prende per le braccia il suo bambino e l'aiuta,
non solo con la voce ma anche col gesto, a fare qualche passo innanzi.
Tutte le Scuole ammettono che la grazia operante opera fisicamente,
producendo nell'anima nostra dei movimenti indeliberati; quando pero`
si tratta della grazia cooperante, vi e` tra le diverse scuole
Teologiche qualche disparere, che del resto per la pratica non ha
grande importanza: non entriamo in queste discussioni, perche` non
vogliamo fondare la nostra spiritualita` su questioni controverse.

b) Sotto un altro aspetto, la grazia previene il nostro libero
consenso o l'accompagna nel compimento dell'atto. Cosi` mi nasce, per
esempio, il pensiero di fare un atto d'amor di Dio senza che io abbia
fatto nulla per suscitarlo: e` una grazi preveniente, e` un buon
pensiero che Dio mi da`; se io l'accolgo bene e mi studio di produrre
quest'atto d'amore, io lo faccio con l'aiuto della grazia adiuvante o
concomitante. -- Pari a questa distinzione e` quella della grazia
operante, per mezzo della quale Dio opera in noi senza di noi, e della
grazia cooperante, per mezzo della quale Dio opera in noi e con noi,
cioe` colla nostra libera collaborazione.

126. C) Sua necessita`. 126-1 Il principio generale e` che la
grazia attuale e` necessaria per ogni atto soprannaturale, perche` vi
dev'essere proporzione tra l'effetto e il suo principio.

a) Cosi`, quando si tratta della conversione, vale a dire del passaggio
dal peccato mortale allo stato di grazia, abbiamo bisogno d'una grazia
soprannaturale per fare gli atti preparatorii di fede, di speranza, di
penitenza e d'amore; e anche per l'inizio della fede, cioe` per quel
pio desiderio di credere che ne e` il primo passo. b) Ed e` pure per la
grazia attuale che perseveriamo nel bene nel corso della nostra vota
sino all'ora della morte. Per questo infatti: 1) si deve resistere
alle tentazioni che assalgono anche le anime giuste e che sono
talvolta cosi` insistenti e ostinate che non possiamo resistervi senza
l'aiuto di Dio. Ecco perche` Nostro Signore raccomanda agli apostoli,
anche dopo l'ultima Cena, di vigilare e pregare, vale a dire di
appoggiarsi non sui propri sforzi soltanto ma sulla grazia per non
soccombere alla tentazione^126-2. 2) Si devono inoltre adempiere
tutti i propri doveri, e lo sforzo energico, costante, richiesto da
questo adempimento non puo` farsi senza l'aiuto della grazia: solo
colui che incomincio` in noi l'opera della perfezione, puo` condurla a
buon fine 126-3; solo l'autore della nostra vocazione all'eterna
salute ha diritto di darvi l'ultima mano 126-4.

127. E cio` e` specialmente vero per la perseveranza finale che e` dono
speciale e grande dono 127-1: morire nello stato di grazia, non
ostante tutte le tentazioni che vengono ad assalirci in quell'ultimo
momento, o sfuggire a queste lotte con una morte dolce o repentina che
ci addormenti nel Signore, e`, a detta dei Concilii, la grazia delle
grazie che non si potra` mai chiedere abbastanza, che non si puo`
strettamente meritare, ma che si puo` ottenere con la preghiera e con
la fedele cooperazione alla grazia, suppliciter emereri
potest 127-2. c) E quando si vuole non solo perseverare, ma
crescere ogni giorno piu` in santita`, schivare i peccati veniali
deliberati e diminuire il numero delle colpe di fragilita`, non si
dovra` pure far assegnamento sui divini favori? Pretendere che si possa
stare a lungo senza commettere qualche peccato che ritardi il nostro
avanzamento spirituale, e` un andare contro l'esperienza delle anime
migliori che si rimproverano cosi` amaramente le loro debolezze, e` un
contradire S. Giovanni, che dichiara illusi quelli che pensano di non
commettere peccati: "Si dixerimus quoniam peccatum non habemus, ipsi
nos seducimus, et veritas non est in nobis" 127-3; e` un contradire
il Concilio di Trento, il quale condanna chi dicesse che l'uomo
giustificato puo`, senza uno speciale privilegio divino 127-4,
evitare in tutta la vita i peccati veniali.

128. La grazia attuale ci e` dunque necessaria anche dopo la
giustificazione; ed ecco perche` la S. Scrittura insiste tanto sulla
necessita` della preghiera, con cui quella si ottiene dalla
misericordia divina, come spiegheremo piu` tardi. Possiamo pure
ottenerla con atti meritori o, in altre parole, con la libera
cooperazione alla grazia; perche` quanto piu` siamo fedeli ad
approfittarci delle grazie attuali che ci vengono largite, tanto piu`
Dio si sente inclinato a concedercene delle nuove.
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15/10/2013 12:36
 
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CONCLUSIONI.

129. 1^ Dobbiamo dunque avere la piu` grande stima per la vita della
grazie; e` una vita nuova, una vita che ci unisce e ci rende simili a
Dio, con tutto l'organismo necessario al suo esercizio. Ed e` vita
assai piu` perfetta della vita naturale. Se la vita intellettuale e`
molto superiore alla vita vegetativa e alla vita sensitiva, la vita
cristiana e` infinitamente superiore alla vita semplicemente razionale;
questa infatti e` dovuta all'uomo, posto che Dio si risolva a crearlo,
mentre la vita della grazia supera tutte le attivita` e tutti i meriti
delle creature anche piu` perfette. Qual creatura infatti potrebbe mai
pretendere il diritto di divenire figlio adottivo di Dio, tempio dello
Spirito Santo, e il privilegio di vedere Dio faccia a faccia come Dio
vede se stesso? Dobbiamo quindi stimare questa vita piu` di tutti i
beni creati, e considerarla come il tesoro nascosto pel cui acquisto
non si deve esitare a vendere tutto cio` che si possiede.

130. 2^ Quando si possiede un tal tesoro, bisogna sacrificare ogni
cosa piuttosto che esporci a perderlo. E` questa la conclusione che ne
trae il Papa S. Leone: "Agnosce, o christiane, dignitatem tuam, et,
divinae consors factus naturae, noli in veterem vilitatem degeneri
conversatione redire 130-1". Non vi e` alcuno che piu` del cristiano
debba rispettare se stesso, non certo per ragione dei propri meriti ma
per ragione di quella vita divina a cui partecipa, e perche` e` tempio
dello Spirito Santo, tempio santo di cui non si deve mai offuscare la
bellezza: "Domum tuam decet sanctitudo in longitudinem
dierum 130-2".

131. 3^ Anzi, e` evidente che dobbiamo pure utilizzare, coltivare
quest'organismo soprannaturale di cui siamo dotati. Se piacque alla
divina bonta` di elevarci ad uno stato superiore, di darci largamente
virtu` e doni che perfezionano le nostre facolta` naturali, se ad ogni
istante ci offre la sua collaborazione per metterli in opera, sarebbe
un mal corrispondere a tanta liberalita` il rigettar questi doni col
non voler fare che atti naturalmente buoni o col non far produrre alla
vigna dell'anima nostra che frutti imperfetti. Quanto piu` il donatore
si mostro` generoso, tanto piu` s'aspetta da noi una collaborazione
attiva e feconda. Il che apparira` anche meglio quando avremo veduto la
parte che ha Gesu` nella vita cristiana.

sez. II. Della parte che ha Gesu` nella vita cristiana 132-1.

132. Tutta la SS. Trinita` ci conferisce quella partecipazione della
vita divina che abbiamo descritta. Ma lo fa per riguardo ai meriti e
alle soddisfazioni di Gesu` Cristo, il quale sotto questo aspetto ha
una parte cosi` essenziale nella nostra vita soprannaturale, che questa
a buon diritto viene detta vita cristiana.

Secondo la dottrina di S. Paolo, Gesu` Cristo e` il capo dell'umanita`
rigenerata, come Adamo lo era stato dell'umana stirpe al suo nascere,
in guisa pero` assai piu` perfetta. Egli coi suoi meriti ci riconquisto`
il diritto alla grazia e alla gloria; coi suoi esempi ci mostra come
dobbiamo vivere per santificarci e meritare il cielo; ma egli e`
sopratutto il capo d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra: e`
quindi causa meritoria, esemplare e vitale della nostra
santificazione.

I. Gesu` causa meritoria della nostra vita spirituale.

133. Quando diciamo che Gesu` e` causa meritoria della nostra
santificazione, prendiamo questa parola nel suo piu` esteso significato
in quanto comprende la soddisfazione e il merito; "Propter nimiam
charitatem qua dilexit nos, sua sanctissima passione in ligno crucis
nobis iustificationem meruit et pro nobis satisfecit".

Logicamente la soddisfazione precede il merito, nel senso che, per
ottenere il perdono dei nostri peccati e meritare la grazia, e` prima
necessario riparare l'offesa fatta a Dio; ma in realta` tutti gli atti
liberi di N. Signore erano nello stesso tempo soddisfatorii e
meritorii, e avevano tutti un valore morale infinito, come abbiamo
detto al n. 78. Non ci resta che trarre da queste verita` alcune
conclusioni.

A) Non vi sono peccati irremissibili, purche`, contriti e umiliati, ne
chiediamo umilmente perdono. E questo noi facciamo nel sacro tribunale
della penitenza, ove la virtu` del sangue di Gesu` ci viene applicata
per mezzo del ministro di Dio. Questo facciamo pure nel santo
sacrifizio della messa, ove Gesu` continua ad offrirsi, per le mani del
sacerdote, vittima di propiziazione, eccita nell'anima nostra profondi
sentimenti di contrizione, ci rende Dio propizio, ci ottiene perdono
sempre piu` pieno dei nostri peccati e una remissione sempre piu`
abbondante della pena che dovremmo subire per espiarli. Possiamo
aggiungere che tutti i nostri atti cristiani, uniti ai patimenti di
Gesu`, hanno un valore soddisfatorio per noi e per le anime per cui li
offriamo.

134. B) Gesu` ci merito` pure tutte le grazie di cui abbiamo bisogno
per conseguire il nostro fine soprannaturale e coltivare in noi la
vita cristiana: Benedixit nos in omni benedictione spirituali in
caelestibus in Christo Jesu 134-1", Dio ci benedisse in Cristo con
ogni sorta di benedizioni spirituali: grazie di conversione, grazie di
perseveranza, grazie per resistere alle tentazioni, grazie per trar
profitto dalle tribolazioni, grazie di consolazione, grazie di
rinnovamento spirituale, grazie di nuova conversione, grazia di
perseveranza finale, tutto egli ci merito`; e ci assicura che tutto cio`
che chiederemo al Padre in suo nome, vale a dire appoggiandoci sui
suoi meriti, ci sara` concesso.

Per ispirarci anche maggior fiducia, istitui` i sacramenti, segni
visibili che ci conferiscono la grazia in tutte le circostanze piu`
importanti della vita e ci danno diritto a grazie attuali che
riceviamo a tempo opportuno.

135. C) Ma fece anche di piu`; ci diede il potere di sodisfare e di
meritare, volendo cosi` associarci a lui come cause secondarie e far di
noi gli artefici della nostra santificazione. Ce ne fa perfino un
precetto e condizione essenziale della nostra vita spirituale. S'ei
porto` la croce, gli e` perche` anche noi lo seguiamo portando la nostra:
"Si quis vult post me venire, abnegat semetipsum, tollat crucem suam,
et sequatur me 135-1". Cosi` l'intesero gli Apostoli: "Se vogliamo
partecipare alla sua gloria, dice S. Paolo, dobbiamo anche partecipare
ai suoi patimenti, si tamen compatimur ut et
conglorificemur 135-2"; e S. Pietro aggiunge che se Gesu` Cristo
pati` per noi, lo fece perche` noi battiamo le sue orme 135-3. Anzi,
le anime generose si sentono stimolate, come S. Paolo, a soffrir
lietamente, in unione con Cristo, per il suo corpo mistico che e` la
Chiesa 135-4; a questo modo partecipano all'efficacia redentrice
della sua Passione e collaborano come cause seconde alla salute dei
fratelli. Oh! quanto questa dottrina e` piu` vera, piu` nobile, piu`
consolante dell'incredibile affermazione di certi protestanti che
hanno il triste coraggio d'affermare che, avendo Gesu` Cristo patito
sufficientemente per noi, noi non abbiamo che da godere dei frutti
della sua redenzione senza berne il calice! Pretendono con cio` di
esaltare la pienezza dei meriti di Cristo, mentre in verita` e` il
potere di meritare quello che fa risaltar meglio la pienezza della
redenzione. Non e` infatti piu` onorifico per Cristo il manifestare la
fecondita` delle sue soddisfazioni, associandoci all'opera sua
redentrice e rendendoci capaci di collaborarvi, benche` in modo
secondario, con imitarne gli esempi?

II. Gesu` causa esemplare della nostra vita.

136. Gesu` non si contento` di meritare per noi, ma volle pur essere
la causa esemplare, il modello vivente della nostra vita
soprannaturale.

Gran bisogno noi avevamo d'un modello di questo genere; perche`, per
coltivare una vita che e` una partecipazione della vita stessa di Dio,
dobbiamo avvicinarci quanto piu` e` possibile alla vita divina. Ora,
osserva S. Agostino, gli uomini che avevamo sotto gli occhi erano cosi`
imperfetti da non poterci servire da modelli, e Dio, che e` la santita`
stessa, sembrava troppo distante. E allora l'eterno Figlio di Dio,
viva sua immagine, si fa uomo e ci mostra coi suoi esempi come si puo`
sulla terra avvicinarsi alla perfezione divina. Figlio di Dio e figlio
dell'uomo, visse una vita veramente deiforme e pote` dire, "qui videt
me, videt et Patrem" 136-1, chi vede me, vede anche il Padre mio.
Avendo manifestato nelle sue azioni la santita` divina, pote` proporci
come possibile l'imitazione delle divine perfezioni: "Estote igitur
perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est" 136-2.
Ecco perche` il Padre ce lo propone come modello: nel battesimo e nella
trasfigurazione, apparendo ai discepoli dice loro parlando del Figlio:
"Hic est filius meus in quo mihi bene complacui" 136-3: ecco il
mio Figlio nel quale mi sono compiaciuto. Se trova in lui tutte le sue
compiacenze, ei vuole dunque che noi l'imitiamo. Anche Nostro Signore
ci dice con tutta sicurezza: "Ego sum via... nemo venit ad Patrem nisi
per me... Discite a me quia mitis sum et humilis corde... Exemplum
enim dedi vobis ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos
faciatis" 136-4. E che cos'e` in sostanza il Vangelo se non il
racconto della vita, della passione e morte e risurrezione di Nostro
Signore, onde proporlo alla nostra imitazione? "caepit facere et
docere" 136-5. Che cos'e` il cristianesimo se non l'imitazione di
Gesu` Cristo? tanto che S. Paolo compendiera` tutti i doveri cristiani
in quello d'imitare Nostro Signore: "Imitatores mei estote sicut et
ego Christi" 136-6. Vediamo dunque quali sono le qualita` di
questo modello.

137. a) Gesu` e` un modello perfetto; anche per confessione di coloro
che non credono alla sua divinita`, egli e` il tipo piu` compito di virtu`
che sia mai comparso sulla terra. Pratico` le virtu` in grado eroico e
con le disposizioni interne piu` perfette: religione verso Dio, amore
del prossimo, annientamento di se` stesso, orrore del peccato e di cio`
che puo` condurvi 137-1. Eppure e` un modello imitabile ed
universale, pieno d'attrattiva, i cui esempi sono pieni d'efficacia.

138. b) E` un modello che tutti possono imitare; perche` volle
assumere le nostre miserie e le nostre debolezze, subire persino la
tentazione, esserci simile in tutto fuori del peccato: "Non enim
habemus Pontificem qui non possit compati infirmitatibus nostris;
tentatum autem per omnia pro similitudine absque peccato" 138-1.
Per trent'anni ei visse la vita piu` nascosta, piu` oscura, piu` comune,
obbedendo a Maria e a Giuseppe, lavorando come garzone ed operaio,
"fabri filius" 138-2; e percio` divenne il modello perfetto della
maggior parte degli uomini, che non hanno se non doveri oscuri da
compiere e che devono santificarsi in mezzo alle occupazioni piu`
comuni. Ma visse pure la vita pubblica e pratico` l'apostolato sia in
un gruppo scelto, formando gli Apostoli; sia tra la folla,
evangelizzando il popolo; e quindi dovette soffrire la fatica e la
fame; godette l'amicizia di alcuni come ebbe a sopportare
l'ingratitudine di altri; provo` trionfi e sconfitte; passo` insomma per
le peripezie di ogni uomo che ha relazioni con gli amici e col
pubblico. La sua vita sofferente ci diede l'esempio della pazienza piu`
eroica in mezzo alle torture fisiche e morali che ei tollero`, non solo
senza lamentarsi, ma pregando per i suoi carnefici. Ne` si dica che
che, essendo Dio, pati` di meno; era anche uomo: dotato di squisita
sensibilita`, senti` piu` vivamente di noi l'ingratitudine degli uomini,
l'abbandono degli amici, il tradimento di Giuda; provo` tali sentimenti
di tedio, di tristezza, di timore, che non pote` tenersi dal pregare
che l'amaro calice, se fosse possibile, s'allontanasse da lui; e,
sulla croce, emise quel grido straziante che mostra la profondita`
delle sue angoscie: "Deus, Deus meus, ut quid dereliquisti
me?" 138-3 Gesu` fu dunque un modello universale.

139. c) Si mostra pieno d'attrattiva. Aveva predetto che, quando
fosse elevato da terra (alludendo al supplizio della croce), avrebbe
attirato tutto a se`: "Et ego, si exaltatus fuero a terra, omnia traham
ad meipsum 139-1". La profezia si avvero`. Vedendo cio` che Gesu`
fece e pati` per loro, i cuori generosi si accesero d'amore pel divin
Crocifisso e quindi per la sua croce 139-2; non ostante le
ripugnanze della natura, portano valorosamente le croci interne od
esterne, sia per meglio rassomigliare al divino Maestro, sia per
attestargli il loro amore, soffrendo con lui e per lui, sia per avere
una parte piu` abbondante dei frutti della redenzione e collaborare con
lui alla santificazione dei fratelli. E` cio` che chiaramente si vede
nella vita dei santi, i quali corrono dietro la croce con piu` avidita`
che non i mondano dietro i piaceri.

140. d) Questa attrattiva e` tanto piu` forte in quanto che egli vi
aggiunge l'efficacia della sua grazia: essendo le azioni fatte da Gesu`
prima della morte tutte meritorie, egli ci merito` la grazia di farne
di simili; quando noi consideriamo la sua umilta`, la sua poverta`, la
sua mortificazione e le altre sue virtu`, siamo eccitati ad imitarlo
non solo per la forza persuasiva dei suoi esempi, ma anche per
l'efficacia delle grazie che ci merito` praticando le virtu` e che in
quell'occasione ci concede.

141. Vi sono poi certe particolari azioni di Nostro Signore che
hanno una maggiore importanza e a cui dobbiamo in modo speciale unirci
perche` contengono piu` copiose grazie: sono i suoi misteri. Cosi` il
mistero dell'Incarnazione ci merito` la grazia della rinunzia a noi
stessi e della unione con Dio, perche` Nostro Signore ci offri` con Lui
per consacrarci tutti al Padre; il mistero della crocifissione ci
merito` la grazia di crocifiggere la carne e le sue cupidigie; il
mistero della morte ci merito` di morire al peccato e alle sue cause,
ecc. 141-1 La qual cosa, del resto, intenderemo meglio, vedendo
in che modo Gesu` e` il capo del corpo mistico di cui noi siamo le
membra.
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15/10/2013 12:37
 
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III. Gesu` capo del corpo mistico o fonte di vita 142-1.

142. Questa dottrina si trova gia` sostanzialmente nelle parole di
Nostro Signore: "Ego sum vitis, vos palmites" 142-2. Io sono la
vite e voi i tralci. Egli afferma infatti che noi riceviamo la vita da
lui come i tralci della vite la ricevono dal ceppo a cui sono uniti.
Questo paragone fa dunque risaltare la comunanza di vita che corre tra
Nostro Signore e noi; onde e` facile passare all'idea del corpo mistico
in cui Gesu`, come capo, fa scorrere la vita nelle membra. Chi insiste
di piu` su questa dottrina cosi` feconda di risultati e` S. Paolo.

In un corpo sono necessari un capo, un'anima e delle membra. Appunto
questi tre elementi descriveremo, attenendoci alla dottrina
dell'Apostolo.

143. 1^ Il capo esercita nel corpo umano un triplice ufficio:
ufficio di preminenza, perche` ne e` la parte principale; ufficio di
centro d'unita`, perche` riunisce e dirige tutte le membra; ufficio
d'influsso vitale, perche` da lui parte il movimento e la vita. Ora
appunto questo triplice ufficio esercita Gesu` nella Chiesa e sulle
anime. a) Ha certamente la preminenza su tutti gli uomini egli che,
come uomo, e` il primogenito tra tutte le creature, l'oggetto delle
divine compiacenze, il modello perfetto d'ogni virtu`, la causa
meritoria della nostra santificazione, egli che, pei suoi meriti,
venne esaltato su tutte le creature e al cui cospetto deve piegarsi
ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno.

b) Gesu` e` nella Chiesa il centro d'unita`. Due cose sono essenziali in
un organismo perfetto: la varieta` degli organi e delle funzioni che
compiono e la loro unita` in un comune principio; senza questo doppio
elemento non si avrebbe che una massa inerte o un aggregato d'esseri
viventi senza vincolo organico. Ora e` pur sempre Gesu` che, dopo avere
costituito nella Chiesa la varieta` degli organi con l'istituzione
della gerarchia, ne rimane centro d'unita`, poiche` e` lui, capo
invisibile ma reale, che imprime ai capi gerarchici la direzione e il
movimento.

c) Gesu` e` pure il principio dell'influsso vitale che anima e vivifica
tutte le membra. Anche come uomo riceve la pienezza della grazia per
comunicarcela: "Vidimus cum plenum gratiae et veritatis... de cuius
plenitudine nos omnes accepimus, et gratiam pro gratia 143-1".
Non e` infatti causa meritoria di tutte le grazie che riceviamo e che
ci sono distribuite dallo Spirito Santo? Anche il Concilio di Trento
afferma senza esitare quest'azione e quest'influsso vitale di Gesu` sui
giusti: "Cum enim ille ipse Christus Jesus tanquam caput in membra...
in ipsos iustificatos iugiter virtutum influat 143-2".

144. 2^ Ad ogni corpo e` necessario non solo un capo ma anche
un'anima. Ora l'anima del corpo mistico di cui Gesu` e` il capo, e` lo
Spirito Santo (cioe` la SS. Trinita` indicata con questo nome); e` lui
infatti che diffonde nelle anime la carita` e la grazia meritate da
Nostro Signore: "Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per
Spiritum Sanctum qui datus est nobis 144-1". Ecco perche` e`
chiamato Spirito vivificante: "Credo in Spiritum... vivificantem".
Ecco perche` S. Agostino dice che lo Spirito Santo e` per il corpo della
Chiesa cio` che l'anima e` pel corpo naturale: "Quod est in corpore
nostro anima, id est Spiritus Sanctus in corpore Christi quod est
Ecclesia 144-2". Questa espressione, del resto, fu consacrata da
Leone XIII nella Enciclica sullo Spirito Santo 144-3. -- E` pure
questo divino Spirito che distribuisce i vari carismi: agli uni il
discorso della sapienza o la grazia della predicazione, agli altri il
dono dei miracoli, a questi il dono della profezia, a quelli il dono
delle lingue, ecc.: "Haec autem omnia operatur unus atque idem
Spiritus, dividens singulis prout vult 144-4".

145. Queste due azioni di Cristo e dello Spirito Santo non solo non
s'intralciano ma si compiono a vicenda. Lo Spirito Santo ci proviene
da Cristo. Quando Gesu` viveva sulla terra, possedeva nella santa sua
anima la pienezza dello Spirito; con le sue azioni e principalmente
coi suoi patimenti e con la sua morte, merito` che questo Spirito ci
fosse comunicato: e` dunque in grazia sua che lo Spirito Santo viene a
comunicarci la vita e le virtu` di Cristo e a renderci simili a lui.
Cosi` si spiega tutto: Gesu`, essendo uomo, puo` egli solo essere il capo
di un corpo mistico composto di uomini, dovendo il capo e le membra
essere della stessa natura; ma, come uomo, non puo` da se stesso
conferire la grazia necessaria alla vita delle membra onde vi
supplisce lo Spirito Santo compiendo appunto quest'ufficio; ma poiche`
lo fa in virtu` dei meriti del Salvatore, si puo` ben dire che
l'influsso vitale parte in sostanza da Gesu` per arrivare alle membra.

146. 3^ Quali sono dunque i membri di questo corpo mistico? Tutti
coloro che sono battezzati. Di fatti col battesimo veniamo incorporati
a Cristo, come dice S. Paolo: "Etenim in uno Spiritu omnes nos in unum
corpus baptizati sumus 146-1". Ecco perche` aggiunge che fummo
battezzati in Cristo e che col battesimo ci rivestiamo di
Cristo 146-2, vale a dire che partecipiamo alle disposizioni
interne di Cristo: la qual cosa il Decreto per gli Armeni spiega
dicendo che col battesimo diventiamo membri di Cristo e parte del
corpo della Chiesa: "per ipsum (baptismum) enim membra Christi ac de
corpore efficimur Ecclesiae 146-3".

Ne viene che tutti i battezzati sono membri di Cristo ma in grado
diverso: i giusti gli sono uniti per mezzo della grazia abituale e di
tutti i privilegi che l'accompagnano; i peccatori per mezzo della fede
e della speranza; i beati per mezzo della visione beatifica. Gli
infedeli poi non sono attualmente membri del suo corpo mistico, ma,
finche` vivono sulla terra, sono chiamati a divenirlo; i dannati
soltanto sono esclusi per sempre da questo privilegio.

147. 4^ Conseguenze di questo domma. -- A) Su questa incorporazione
a Cristo e` fondata la comunione dei Santi; i giusti che vivono
quaggiu`, le anime del Purgatorio e i Santi del cielo, fanno tutti
parte del corpo mistico di Gesu`, tutti ne partecipano la vita, ne
ricevono l'influsso e devono scambievolmente amarsi e aiutarsi come le
membra d'uno stesso corpo; perche`, dice S. Paolo, "se un membro
soffre, tutte le membra soffrono con lui; e se un membro e`
glorificato, tutte godono con lui: Si quid patitur unum membrum,
compatiuntur omnia membra; sive gloriatur unum membrum, congaudent
omnia membra" 147-1.

148. B) Ecco perche` tutti i cristiani sono fratelli: non vi e` piu`
ormai ne` Giudeo, ne` Greco, ne` uomo libero ne` schiavo; siamo tutti uno
solo in Cristo Gesu` 148-1. Siamo dunque tutti solidarii e cio` che
e` utile ad uno e` utile agli altri, perche`, qualunque sia la diversita`
dei doni e degli uffici, tutto il corpo s'avvantaggia di cio` che vi e`
di buono in ciascun membro, come ciascun membro si avvantaggia a sua
volta dei beni dell'intiero corpo. Con questa dottrina si spiega pure
perche` Nostro Signore pote` dire: Cio` che fate al piu` piccolo dei miei,
a me lo fate; il capo infatti si identifica con le membra.

149. C) Ne viene che, secondo la dottrina di S. Paolo, i cristiani
sono il compimento di Cristo: Dio infatti "lo diede per capo supremo
alla Chiesa, che e` il corpo di lui e la pienezza di lui, il quale
compie tutto in tutti: "Ipsum dedit caput supra omnem Ecclesiam, quae
est corpus ipsius et plenitudo eius, qui omnia in omnibus
adimpletur 149-1". Gesu`, infatti, pur essendo perfetto in se`
stesso, ha bisogno d'un compimento per formare il suo corpo mistico:
sotto questo aspetto, non basta a se` stesso ma ha bisogno di membra
per esercitare tutte le funzioni vitali. Onde l'Olier
conchiude 149-2: "Cediamo le anime nostre allo Spirito di Gesu`
Cristo perche` egli cresca in noi. Se trova soggetti ben disposti, si
dilata, s'accresce, s'espande nei loro cuori, li profuma dell'unzione
spirituale di cui e` egli stesso profumato". E` questo il modo con cui
possiamo e dobbiamo compiere la Passione del Salvatore Gesu`, soffrendo
come ha sofferto lui, affinche` questa passione, cosi` compita in se
stessa, si compia anche nei suoi membri nel corso del tempo e dello
spazio: "Adimpleo ea quae desunt passionum Christi in carne mea pro
corpore eius quod est Ecclesia 149-3". Come si vede, non v'e`
nulla di piu` fecondo di questa dottrina sul corpo mistico di Gesu`.

CONCLUSIONE: DEVOZIONE AL VERBO INCARNATO 150-1.

150. Da tutto il fin qui detto sulla parte di Gesu` nella vita
spirituale risulta che, per coltivare questa vita, dobbiamo vivere in
unione intima, affettuosa, abituale con lui, o, in altri termini,
praticare la devozione al Verbo Incarnato: "Qui manet in me et ego in
eo, hic fert fructum multum; Chi resta in me ed io in lui, produce
frutti abbondanti 150-2." E` quello che c'inculca la Chiesa,
ricordandoci verso la fine del Canone della Messa, che per Lui noi
riceviamo tutti i beni spirituali, per Lui siamo santificati,
vivificati e benedetti, per Lui, con Lui e in Lui dobbiamo rendere
ogni onore e ogni gloria a Dio Padre onnipotente, nell'unita` dello
Spirito Santo 150-3. Ecco un intiero programma di vita
spirituale: avendo ricevuto tutto da Dio per mezzo di Cristo, per Lui
dobbiamo pure glorificar Dio, per Lui dobbiamo chiedere nuove grazie,
con Lui e in Lui dobbiamo fare tutte le nostre azioni.

151. 1^ Essendo Gesu` il perfetto adoratore del Padre, o, come dice
l'Olier, il religioso di Dio, il solo che gli possa offrire omaggi
infiniti, e` evidente che per rendere i nostri ossequi alla
SS. Trinita`, non possiamo far di meglio che unirci intimamente a lui
ogni volta che vogliamo compiere i nostri doveri di religione. Il che
e` tanto piu` facile in quanto che, essendo Gesu` il capo d'un corpo
mistico di cui noi siamo le membra, adora il Padre non solo in nome
suo ma anche in nome di tutti coloro che gli sono incorporati, e mette
a nostra disposizione gli omaggi che rende a Dio, permettendoci di
appropriarceli per offrirli alla SS. Trinita`.

152. 2^ Con Lui e per Lui noi possiamo pure chiedere con la massima
efficacia nuove grazie; perche` Gesu`, Sommo Sacerdote, prega
incessantemente per noi, "semper vivens ad interpellandum pro
nobis" 152-1. Anche quando abbiamo la disgrazia d'offendere Dio,
egli perora la nostra causa, con tanto maggior eloquenza in quanto
offre nello stesso tempo il sangue versato per noi: "Si quis
peccaverit, advocatum habemus apud Patrem Jesum Christum iustum, et
ipse est propitiatio pro peccatis nostris" 152-2. Inoltre da` alle
nostre preghiere tal valore che, se noi preghiamo in suo nome, cioe`
appoggiandoci sugli infiniti suoi meriti, siamo sempre sicuri d'essere
esauditi: "Amen, amen, dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine
meo, dabit vobis" 152-3. Infatti il valore dei suoi meriti viene
comunicato ai suoi membri, e Dio non puo` rifiutar nulla a suo Figlio:
"exauditus est pro sua reverentia" 152-4.

153. Bisogna in ultimo fare tutte le nostre azioni in unione con
Lui, avendo abitualmente, secondo una bella espressione
dell'Olier, 153-1 Gesu` davanti agli occhi, nel cuore e nelle
mani: davanti agli occhi, vale a dire considerandolo come modello che
dobbiamo imitare e chiedendoci, come S. Vincenzo De Paoli: Che cosa
farebbe Gesu` se fosse al mio posto? Nel cuore, attirando in noi le sue
interne disposizioni, la sua purita` d'intenzione, il suo fervore, per
fare le nostre azioni secondo il suo spirito; nelle mani, eseguendo
con generosita`, energia e costanza le buone ispirazioni che ci
suggerisce.

Allora le nostra vita sara` trasformata e noi vivremo della vita di
Cristo: "Vivo autem, iam non ego, vivit vero in me Christus: vivo, non
piu` io, ma vive in me Cristo" 153-2.
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15/10/2013 12:37
 
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sez. III. Della parte della SS. Vergine, dei Santi e degli Angeli nella
vita cristiana.

154. Non vi e` certamente che un Dio solo e un solo Mediatore
necessario, Gesu` Cristo: "Unus enim Deus, unus et mediator Dei et
hominum homo Christus Jesus" 154-1. Ma piacque alla Sapienza e
alla Bonta` divina di darci dei protettori, degli intercessori e dei
modelli che siano o che almeno sembrino piu` vicini a noi; e sono i
Santi, i quali, avendo ricopiato in se stessi le perfezioni divine e
le virtu` di Nostro Signore, fanno parte del suo corpo mistico e si
danno pensiero di noi che siamo loro fratelli. Onorandoli, onoriamo in
loro Dio stesso e un riflesso delle sue perfezioni; invocandoli, a Dio
in ultima analisi vanno le nostre invocazioni, perche` chiediamo ai
santi di essere nostri intercessori presso Dio; imitandone le virtu`,
imitiamo Gesu`, perche` essi non furono santi se non in quella misura
che imitarono le virtu` del divino modello. Questa devozione ai santi
non solo non nuoce al culto di Dio e del Verbo Incarnato, ma anzi lo
conferma e lo compie. Ora poiche` tra i Santi la madre di Gesu` occupa
un posto a parte, esporremo prima l'ufficio suo e poi quello dei Santi
e degli Angeli.

I. Dell'ufficio di Maria nella vita cristiana 155-1.

155. 1^ Fondamento di quest'ufficio. Quest'ufficio dipende dalla
stretta unione con Gesu` o in altri termini dal domma della divina
maternita`, che ha per corollario la sua dignita` e l'ufficio suo di
madre degli uomini.

A) Nel giorno dell'Incarnazione Maria divenne madre di Gesu`, madre di
un Figlio-Dio, madre di Dio. Ora, se teniamo conto del dialogo tra
l'Angelo e la Vergine, Maria e` madre di Gesu` non solo in quanto e`
persona privata, ma anche in quanto e` Salvatore e Redentore. "L'Angelo
non parla soltanto delle grandezze personali di Gesu`; ma del
Salvatore, dell'atteso Messia, dell'eterno Re dell'umanita` rigenerata
viene proposto a Maria di diventar Madre... Tutta l'opera redentrice e`
sospesa al Fiat di Maria e Maria ne ha piena coscienza. Sa cio` che Dio
le propone e a cio` che Dio le domanda acconsente senza condizioni ne`
restrizioni; il suo Fiat, risponde all'ampiezza delle proposte divine
e s'estende a tutta l'opera redentrice 155-2". Maria e` dunque la
madre del Redentore, e, come tale, associata all'opera sua redentrice;
nell'ordine della riparazione tiene il posto che tenne Eva nell'ordine
della nostra spirituale rovina, come con S. Ireneo i Padri fanno
rilevare.

Quale madre di Gesu`, Maria avra` le piu` intime relazioni con le tre
divine persone: sara` la Figlia prediletta del Padre, la sua associata
nell'opera dell'Incarnazione; la Madre del Figlio, con diritto al suo
rispetto, al suo amore, e anche, sulla terra, alla sua obbedienza, e
che, per la parte che prendera` ai suoi misteri, parte secondaria ma
reale, ne diviene la collaboratrice nell'opera della salvezza degli
uomini e della loro santificazione; il tempio vivo, il santuario
privilegiato dello Spirito Santo e, in senso analogico, la Sposa, in
quanto che con lui e dipendentemente da lui lavorera` a partorire anime
a Dio.

156. B) Nel giorno dell'Incarnazione Maria divenne pure madre degli
uomini. Gesu`, come abbiamo detto (n. 142), e` il capo dell'umanita`
rigenerata, e` la testa d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra.
Ora Maria, madre del Salvatore, lo genera tutto intiero e quindi come
capo dell'umanita` e come testa del corpo mistico. Ne genera quindi
anche i membri, tutti quelli che sono incorporati con lui, tutti i
rigenerati o quelli che son chiamati ad esserlo. Cosi`, diventando
madre di Gesu` secondo la carne, Maria ne diviene nello stesso tempo
madre dei membri secondo lo spirito. La scena del Calvario non fara`
che confermare questa verita`; nel momento stesso in cui la nostra
redenzione sta per ricevere l'ultimo suo compimento con la morte del
Salvatore, Gesu` dice a Maria mostrandole S. Giovanni e in lui tutti i
suoi discepoli presenti o futuri: "Ecco tuo Figlio"; e a S. Giovanni:
"Ecco tua madre"; era questo un dichiarare, secondo una tradizione che
risale ad Origene, che tutti i rigenerati sono figli spirituali di
Maria.

Da questo doppio titolo di madre di Dio e madre degli uomini deriva
l'ufficio di Maria nella nostra vita spirituale.

157. 2^ Maria causa meritoria della grazia. Abbiamo visto
(n. 133) che Gesu` e` causa meritoria principale e in senso proprio
di tutte le grazie che riceviamo. Maria, sua associata nell'opera
della nostra santificazione, merito` secondariamente e solo de
congruo 157-1, con merito di convenienza, tutte queste stesse
grazie. Non merito` che secondariamente, vale a dire in dipendenza dal
Figlio e perche` Gesu` le conferi` il potere di meritare per noi.

Le merito` prima nel giorno dell'Incarnazione, nel momento in cui
pronunzio` il Fiat. Perche` l'Incarnazione e` la redenzione incominciata;
quindi cooperare all'Incarnazione e` cooperare alla redenzione e alle
grazie che ne saranno il frutto e per conseguenza alla nostra salute e
alla nostra santificazione.

158. Del resto Maria, la cui volonta` e` in tutto conforme a quella di
Dio come a quella del Figlio, in tutta la vita s'associa all'opera
riparatrice. E` Lei che alleva Gesu`, che nutre e prepara per
l'immolazione la vittima del Calvario; associata alle sue gioie come
alle sue prove, alle umili sue fatiche nella casa di Nazaret e alle
sue virtu`, si unira` con generosissima compassione alla passione e alla
morte del Figlio, ripetendo il Fiat al piede della Croce e
acconsentendo all'immolazione di colui che amava assai piu` di se`
stessa, mentre l'amante suo cuore veniva trafitto da dolorosissima
spada: "tuam ipsius animam gladius pertransibit" 158-1. Quanti
meriti acquisto` Maria con questa perfetta immolazione!

E` continuo` ad acquistarne nel lungo martirio sostenuto dopo il ritorno
del Figlio al cielo: priva della presenza di Colui che formava la sua
felicita`, sospirando ardentemente il momento d'essergli unita per
sempre e accettando amorosamente quella prova per fare la volonta` di
Dio e contribuire a edificare la Chiesa nascente, Maria accumula per
noi meriti innumerevoli. I suoi sono tanto piu` meritori in quanto che
sono fatti con la piu` perfetta purita` d'intenzione "Magnificat anima
mea Dominum", con fervore intensissimo compiendo in tutta la sua
interezza la volonta` di Dio "Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum
verbum tuum", e in unione strettissima con Gesu`, sorgente di ogni
merito.

E` vero che questi meriti erano anzitutto per lei stessa e ne
aumentavano il capitale di grazia e i diritti alla gloria; ma, in
virtu` della parte che prendeva all'opera redentrice, meritava pure de
congruo per tutti; ed essendo per se` piena di grazia, lascia che
questa grazia ridondi su noi, secondo la parola di
S. Bernardo 158-2: "Plena sibi, nobis superplena et
supereffluens".

159. 3^ Maria causa esemplare. Dopo Gesu`, Maria e` il piu` bel modello
che si possa da noi imitare; lo Spirito Santo che, in virtu` dei meriti
del suo Figlio, viveva in lei ne fece una copia vivente delle virtu` di
questo Figlio: "Haec est imago Christi perfectissima, quam ad vivum
depinxit Spiritus Sanctus". Mai ella commise la minima colpa o la
minima resistenza alla grazie, adempiendo alla lettera il fiat mihi
secundum verbum tuum. Percio` i Padri, specialmente S. Ambrogio e il
Papa S. Liberio, la presentano come modello perfetto di tutte le
virtu`, "caritatevole e premurosa verso tutte le compagne, sempre
pronta a rendere servizio, nulla dicendo o facendo che potesse causar
la minima pena, piena d'amore per tutte e da tutte
riamata" 159-1.

Ci basti rammentare le virtu` additate nello stesso Vangelo:
* 1) la fede profonda che le fa credere senza esitazione alcuna le
meraviglie che l'Angelo le annunzia da parte di Dio, fede di cui
Elisabetta, ispirata dallo Spirito Santo, si congratula con lei,
"Beata te che credesti! Beata quae credidisti, quoniam perficientur
ea quae dicta sunt tibi a Domino" 159-2;
* 2) la verginita` che appare nella risposta data all'Angelo:
"Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco"? onde si vede la
ferma volonta` di rimanere vergine, quand'anche occorresse per
questo di sacrificare la dignita` di madre del Messia;
* 3) l'umilta` che risplende nel turbamento sorto in lei per gli
elogi dell'Angelo, nella dichiarazione di essere sempre la serva
del Signore nel momento stesso in cui e` proclamata madre di Dio,
in quel Magnificat anima mea Dominum che venne chiamato l'estasi
della umilta`, nell'amore che dimostra alla vita nascosta mentre
come madre di Dio aveva diritto a tutti gli onori;
* 4) nell'interno raccoglimento, che le fa raccogliere e
silenziosamente meditare tutto cio` che si riferiva al divino suo
Figlio: "Conservabat omnia verba haec conferens in corde suo";
* 5) l'amore per Dio e per gli uomini, che le fa generosamente
accettare tutte le prove d'una lunga vita e principalmente
l'immolazione del Figlio sul Calvario e la lunga separazione da
questo Figlio prediletto che va dall'Ascensione al momento della
morte.

160. Questo modello cosi` perfetto e` nello stesso tempo pieno
d'attrattiva: Maria e` una semplice creatura come noi, e` una sorella, e`
una madre che ci sentiamo tratti ad imitare, se non altro per
attestarle la nostra riconoscenza, la nostra venerazione, il nostro
amore.

Ed e` del resto modello facile ad essere imitato, nel senso almeno che
Maria si santifico` nella vita comune, nell'adempimento dei doveri di
giovinetta e di madre, nelle umili cure della famiglia, nella vita
nascosta, nelle gioie come nelle tristezze, nell'esaltazione come
nelle piu` profonde umiliazioni.

Siamo quindi certi d'essere in via molto sicura quando imitiamo la
SS. Vergine; e` questo il mezzo migliore d'imitare Gesu` e d'ottenere la
potente mediazione.

161. 4^ Maria mediatrice universale di grazia. Sono gia` parecchi
secoli che S. Bernardo 161-1 formulo` questa dottrina in quel
notissimo testo: < per Mariam>>. E` bene determinarne il senso 161-2. E` certo che
Maria ci diede in modo mediato tutte le grazie col darci Gesu` autore e
causa meritoria della grazia. Ma inoltre, secondo l'insegnamento
sempre piu` unanime, non vi e` una sola grazia concessa agli uomini che
non venga immediatamente da Maria, vale a dire senza il suo
intervento. Si tratta quindi qui` d'una mediazione immediata,
universale, ma subordinata a quella di Gesu`.

162. Per maggiormente determinare questa dottrina, diciamo col P. de
la Broise 162-1 che < che ogni beneficio soprannaturale sia concesso al mondo col concorso
di tre volonta` e che non se ne conceda mai altrimenti. Anzitutto la
volonta` di Dio che conferisce tutte le grazie; poi la volonta` di
Nostro Signore, mediatore che le merita e le ottiene in tutta
giustizia di per se` stesso; infine la volonta` di Maria, mediatrice
secondaria, che le merita e le ottiene in tutta convenienza per mezzo
di Nostro Signore>>. Questa mediazione e` immediata, nel senso che per
ogni grazia concessa da Dio Maria interviene con i suoi meriti passati
o con le sue preghiere presenti; il che pero` non inchiude
necessariamente che la persona che riceve queste grazie debba pregare
Maria, potendo Maria intervenire anche senza esserne pregata.
E` universale, estendendosi a tutte le grazie concesse agli uomini dopo
la caduta di Adamo. Ma resta subordinata alla mediazione di Gesu`, nel
senso che Maria non puo` meritare od ottenere grazie se non per mezzo
del suo divin Figlio; e cosi` la mediazione di Maria serve a far sempre
meglio spiccare il valore e la fecondita` della mediazione di Gesu`.

Questa dottrina venne teste` confermata dall'ufficio e dalla messa
propri in onore di Maria mediatrice concessi dal Papa Benedetto XV
alle chiese del Belgio e a tutte quelle che ne faranno
domanda 162-2. E` quindi una dottrina sicura di cui possiamo in
pratica giovarci, valendo ad ispirarci grande confidenza in Maria.
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15/10/2013 12:38
 
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CONCLUSIONE: DEVOZIONE ALLA SS. VERGINE.

163. Avendo Maria una parte cosi` importante nella nella nostra vita
spirituale, dobbiamo avere verso di lei una grande devozione. Questa
parola significa dedizione e dedizione e` dono di se`. Saremo quindi
devoti di Maria se ci diamo intieramente a lei e, per lei, a Dio. In
cio` non faremo che imitare Dio stesso che da` se` e suo Figlio a noi per
mezzo di Maria. Le daremo la intelligenza con la venerazione piu`
profonda, la volonta` con una confidenza assoluta, il cuore col piu`
filiale amore, tutto il nostro essere con l'imitazione piu` perfetta
possibile delle sue virtu`.

164. A) Venerazione profonda. Questa venerazione si fonda sulla
dignita` di Madre di Dio e sulle conseguenze che ne derivano. Non
potremo infatti stimare mai troppo colei che il Verbo Incarnato
riverisce come madre, che il Padre amorosamente contempla come figlia
prediletta e che lo Spirito Santo riguarda come tempio di
predilezione. Il Padre la tratta col piu` grande rispetto, inviandole
un Angelo che la saluta piena di grazia e le chiede il consenso
all'opera dell'Incarnazione, in cui se la vuole cosi` intimamente
associare; il Figlio la venera e l'ama come madre e le ubbidisce; lo
Spirito Santo viene in lei e vi prende le sue compiacenze. Venerando
Maria, non facciamo quindi altro che associarci alle tre divine
persone e stimare cio` che esse stimano.

E` vero che bisogna badare a evitare gli eccessi, specialmente tutto
cio` che tenderebbe ad uguagliarla a Dio e farne la sorgente della
grazia. Ma finche` la consideriamo come creatura, che non ha di
grandezza, di santita` e di potenza se non quel tanto che Dio le
conferisce, non vi sono eccessi da temere: in lei veneriamo Dio.

Questa venerazione dev'essere maggiore di quella che abbiamo per gli
Angeli e per i Santi, appunto perche` per la dignita` di madre di Dio,
per l'ufficio di mediatrice, per la santita` supera tutte le creature.
Ecco perche` il suo culto, pur essendo culto di dulia e non di latria,
viene a ragione detto culto d'iperdulia, essendo superiore a quello
che si rende agli Angeli ed ai Santi.

165. B) Confidenza assoluta, che e` fondata sulla potenza e sulla
bonta` di Maria. a) Questa potenza viene non da lei ma dal suo potere
d'intercessione, non volendo Dio rifiutar nulla di legittimo a colei
che venera ed ama piu` di tutte le creature. Ed e` cosa pienamente equa;
avendo infatti Maria somministrato a Gesu` quell'umanita` con cui pote`
meritare, e avendo coi suoi atti e coi suoi patimenti collaborato con
lui all'opera redentrice, e` pur conveniente che abbia parte nella
distribuzione dei frutti della redenzione; nulla quindi di legittimo
ei potra` rifiutare alle sue domande, e cosi` potra` dirsi che Maria e`
onnipotente con le sue suppliche, omnipotentia supplex. b) Quanto alla
bonta`, e` quella d'una madre che riversa su noi, membri di Gesu` Cristo,
l'affetto che porta al Figlio; d'una madre che, avendoci partoriti nel
dolore, tra le angoscie del Calvario, ha tanto maggior amore per noi
quanto piu` le siamo costati.

La nostra confidenza in lei sara` quindi incrollabile ed universale.

1) Incrollabile non ostante le nostre miserie e le nostre colpe; e`
infatti madre di misericordia, mater misericordiae, che non ha da
occuparsi di giustizia, ma che fu scelta per esercitare anzitutto la
compassione, la bonta`, la condiscendenza: sapendo che siamo esposti
agli assalti della concupiscenza, del mondo e del demonio, ha pieta` di
noi che non cessiamo d'essere suoi figli anche quando cadiamo in
peccato. Appena quindi manifestiamo la minima buona volonta`, il
desiderio di tornare a Dio, ella ci accoglie con bonta`; anzi spesso e`
lei che, prevenendo questi movimenti, ci ottiene le grazie che ce li
eccitano nell'anima. La Chiesa ha cosi` bene inteso questa verita`, che
per alcune diocesi istitui` una festa sotto un titolo che a prima vista
pare un poco strano ma che in fondo e` perfettamente giustificato, la
festa del Cuore immacolato di Maria rifugio dei peccatori; appunto
perche` e` immacolata e non commise mai la minima colpa, tanto maggior
compassione sente pei poveri suoi figli che non hanno come lei il
privilegio dell'esenzione della concupiscenza.

2) Universale, vale a dire che s'estende a tutte le grazie di cui
abbiamo bisogno, grazie di conversione, di progresso spirituale, di
perseveranza finale, grazie di preservazione in mezzo ai pericoli,
alle angosce, alle piu` gravi difficolta` che possano presentarsi. Una
tal confidenza raccomanda instantemente San Bernardo 165-1: "Se
sorgono le tempeste delle tentazioni, se ti trovi in mezzo agli scogli
delle tribolazioni, leva lo sguardo alla stella del mare, invoca Maria
in tuo soccorso; se sei sbattuto dai flutti della superbia,
dell'ambizione, della maldicenza, della gelosia, guarda la stella,
invoca Maria. Se l'ira, l'avarizia, i diletti del senso ti agitano la
navicella dell'anima, guarda Maria. Se turbato dell'enormita` dei tuoi
delitti, confuso dello stato miserando della tua coscienza, compreso
d'orrore al pensiero del giudizio, ti senti affondare nell'abisso
della tristezza e della disperazione, pensa a Maria. In mezzo ai
pericoli, alle angoscie, alle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria.
La sua invocazione, il suo pensiero non abbandonino mai ne` il tuo
cuore ne` il tuo labbro, e, per ottenere piu` sicuramente l'aiuto delle
sue preghiere, non trascurare d'imitarne gli esempi. Seguendola non ti
puoi smarrire, supplicandola non ti puoi disperare, pensando a lei non
puoi traviare. Se ella ti tiene per mano, non puoi cadere; sotto la
sua protezione non hai nulla da temere; sotto la sua guida, nessuna
stanchezza, e col suo favore si arriva sicuramente al termine". Avendo
noi costantemente bisogno di grazie per vincere i nostri nemici e
progredire, dobbiamo rivolgerci spesso a colei che a cosi` buon diritto
viene detta la Madonna del perpetuo soccorso.

166. C) Alla confidenza aggiungeremo l'amore, amore filiale, pieno
di candore, di semplicita`, di tenerezza e di generosita`. Maria e`
certamente la piu` amabile delle madri, perche`, avendola Dio destinata
a madre del suo figlio, le diede tutte le qualita` che rendono amabile
una persona, la delicatezza, la finezza, la bonta`, l'abnegazione d'una
madre. E` la piu` amante, perche` il suo cuore fu creato espressamente
per amare un Figlio-Dio e amarlo quanto piu` perfettamente fosse
possibile. Ora l'amore che aveva per il Figlio, Maria lo riversa su
noi che siamo i membri viventi di questo Figlio divino, la sua
estensione e il suo complemento. Quest'amore risplende pure nel
mistero della Visitazione, in cui Maria s'affretta di portare alla
cugina Elisabetta quel Gesu` che ricevette nel seno e che con la sola
sua presenza santifica tutta la casa; nelle nozze di Cana in cui,
attenta a tutto cio` che succede, interviene presso il Figlio, per
risparmiare ai giovani sposi una penosa umiliazione; sul Calvario, ove
consente a sacrificare per la nostra salute cio` che ha di piu` caro;
nel Cenacolo, ove esercita il potere d'intercessione per ottenere agli
Apostoli maggior copia dei doni dello Spirito Santo.

167. Se Maria e` la piu` amabile e la piu` amante delle madri,
dev'essere pure la piu` amata. E` questo infatti uno dei suoi privilegi
piu` gloriosi: dovunque Gesu` e` conosciuto ed amato, lo e` anche Maria;
non si separa la madre dal Figlio e, pur tenendo conto della
differenza che passa tra l'uno e l'altra, sono entrambi circondati
dello stesso affetto benche` in grado diverso: al Figlio si rende
l'amore che e` dovuto a Dio, a Maria quello che e` dovuto alla madre
d'un Dio, amor tenero, generoso, devoto ma subordinato all'amor di
Dio.

E` amore di compiacenza, che gioisce delle grandezze, delle virtu` e dei
privilegi di Maria, riandandoli spesso nella mente, ammirandoli,
compiacendosene e congratulandosi con lei che sia cosi` perfetta. Ma e`
pure amore di benevolenza, che brama sinceramente che il nome di Maria
sia meglio conosciuto e meglio amato, che prega perche` se ne allarghi
l'influsso sulle anime e che alla preghiera aggiunge la parola e
l'azione. E` amore filiale, pieno d'abbandono e di semplicita`, di
tenerezza e di premura, che va sino a quella rispettosa intimita` che
una madre permette al figlio. E` finalmente e principalmente amore di
conformita`, che si sforza di conformare in ogni cosa la propria
volonta` a quella di Maria e quindi a quella di Dio, essendo l'unione
delle volonta` il segno piu` autentico dell'amicizia. Il che conduce
all'imitazione della SS. Vergine.

168. D) L'imitazione e` infatti l'omaggio piu` delicato che le si
possa rendere; e` un proclamare non solo a parole ma a fatti che e` un
modello perfetto che siamo lieti d'imitare. Abbiamo gia` detto
(n. 159) come Maria, essendo un ritratto vivente di suo Figlio,
ci da` l'esempio di tutte le virtu`. Accostarci a lei e` accostarci a
Gesu`; non possiamo quindi far di meglio che studiarne le virtu`,
meditarle spesso, sforzarci di imitarle.

Per riuscirvi, non possiamo far di meglio che compiere tutte ed ognuna
delle nostre azioni per Maria, con Maria e in Maria; per ipsam, et cum
ipsa et in ipsa 168-1. Per Maria, cioe` domandando per mezzo suo
le grazie che ci occorrono ad imitarla, passando per lei per andare a
Gesu`, ad Jesum per Mariam.

Con Maria cioe` considerandola come modello e collaboratrice,
chiedendoci spesso: Che cosa farebbe Maria se fosse al mio posto? e
umilmente pregandola di aiutarci a conformare le nostre azioni ai suoi
desideri.

In Maria, in dipendenza da questa buona Madre, assecondandone i
pensieri, e le intenzioni, e facendo, come lei, le nostre azioni per
glorificar Dio: Magnificat anima mea Dominum.

169. Reciteremo con questo spirito le preghiere in onore di Maria:
l'Ave Maria e l'Angelus che le ricordano la scena dell'Annunziazione e
il titolo di Madre di Dio; il Sub tuum praesidium, che e` l'atto di
confidenza in colei che ci protegge in mezzo a tutti i pericoli;
l'O Domina mea, l'atto d'intiero abbandono nelle sue mani, con cui le
affidiamo la nostra persona, le opere nostre, i nostri meriti; e
specialmente la Corona o il Rosario che, unendoci ai suoi misteri
gaudiosi, dolorosi e gloriosi, ci fa santificare con lei e con Gesu` le
nostre gioie, le nostre tristezze e le nostre glorie. Il Piccolo
Ufficio della SS. Vergine e`, per le persone che lo possono recitare,
il riscontro del Breviario, che rammenta loro piu` volte al giorno le
grandezze, la santita` e l'ufficio santificatore di questa Buona Madre.
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15/10/2013 12:39
 
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ATTO DI CONSACRAZIONE TOTALE A MARIA 170-1.

170. Natura ed estensione di quest'atto. E` un atto di divozione che
contiene tutti gli altri. Quale e` esposto dal B. Grignion di Montfort,
consiste nel darsi interamente a Gesu` per mezzo di Maria e abbraccia
due elementi: un atto di consacrazione che si rinnova ogni tanto, e
uno stato abituale che ci fa vivere ed operare sotto la dipendenza di
Maria. L'atto di consacrazione, dice il B. Grignion, "consiste nel
darsi intieramente, come schiavo, a Maria e per suo mezzo a Gesu`".
Nessuno si scandalizzi di questa parola schiavo, a cui bisogna
togliere ogni senso peggiorativo, vale a dire ogni idea di
costrizione: non solo quest'atto non inchiude costrizione alcuna ma e`
l'espressione del piu` puro amore; se ne conservi quindi il solo
elemento positivo quale e` spiegato dal Beato: Un semplice servo riceve
salario, resta libero di lasciare il padrone e non da` che il suo
lavoro ma non la sua persona, i suoi diritti personali, i suoi beni;
uno schiavo invece acconsente liberamente a lavorare senza stipendio,
fiducioso nel padrone che gli da` vitto e vestito, e si da` per sempre,
con tutte le sue energie, la sua persona, i suoi diritti, per vivere
in piena dipendenza da lui.

171. Facendone applicazione alle cose spirituali, il perfetto servo
di Maria da` a lei e per suo mezzo a Gesu`:

a) Il corpo, con tutti i suoi sensi, non conservandone che l'uso, e
obbligandosi a non servirsene che secondo il beneplacito della
SS. Vergine o del suo Figlio; e accetta anticipatamente tutte le
disposizioni della Provvidenza riguardanti la salute, la malattia, la
vita e la morte.

b) Tutti i beni di fortuna, non usandone che sotto la sua dipendenza
per la gloria sua e per quella di Dio.

c) L'anima con tutte le sue facolta`, consacrandole al servizio di Dio
e delle anime, sotto la guida di Maria, e rinunziando a tutto cio` che
puo` compromettere la nostra salvezza e santificazione.

d) Tutti i beni interiori e spirituali, i meriti, le sodisfazioni e il
valore impetratorio delle buone opere, in quella misura in cui questi
beni sono alienabili. Spieghiamo questo ultimo punto:

1) I meriti propriamente detti (de condigno) per mezzo dei quali
meritiamo per noi un aumento di grazia e di gloria, sono inalienabili;
se quindi li diamo a Maria, e` perche` li conservi e li aumenti, non
perche` li applichi altrui. Quanto ai meriti di semplice convenienza
(de congruo), potendo questi essere offerti per gli altri, ne lasciamo
la libera disposizioni a Maria.

2) Il valore sodisfattorio dei nostri atti, comprese le indulgenze, e`
alienabile, e ne lasciamo l'applicazione alla SS. Vergine 171-1.

3) Il valore impetratorio, vale a dire le nostre preghiere e le nostre
opere buone in quanto godono di tal valore, possono esserle
abbandonate e in fatto lo sono con quest'atto di consacrazione.

172. Una volta dunque fatto quest'atto non si puo` piu` disporre di
questi beni senza il permesso della SS. Vergine; possiamo pero` e
talora dobbiamo pregarla che si degni, in quella misura che le
piacera`, disporne a favore delle persone verso le quali abbiamo
speciali obbligazioni. Il mezzo di conciliar tutto e` d'offrirle nello
stesso tempo non solo la nostra persona e i nostri beni, ma anche
tutte le persone che ci sono care "Tuus totus sum, omnia mea tua sunt,
et omnes mei tui sunt"; cosi` la SS. Vergine attingera` dai nostri beni
e specialmente dai tesori suoi e da quelli di suo Figlio per venire in
aiuto di queste persone; ed esse non vi perderanno nulla.

173. Eccellenza di quest'atto. E` un atto di santo abbandono, ottimo
gia` per questo verso, ma che inoltre contiene gli atti delle piu` belle
virtu`.

1) Un atto di religione profonda verso Dio, verso Gesu` e verso Maria:
con cio` infatti riconosciamo il sovrano dominio di Dio e il nostro
nulla, e proclamiamo di gran cuore i diritti che Dio diede a Maria su
noi.

2) Un atto di umilta`, con cui riconoscendo il nostro nulla e la nostra
impotenza, ci priviamo del possesso di tutto cio` che il Signore ci
diede, restituendoglielo per le mani di Maria, da cui, dopo Lui e per
Lui, abbiamo ricevuto ogni cosa.

3) Un atto d'amore confidente, perche` l'amore e` il dono di se`, e per
donarsi occorre una confidenza perfetta, una fede viva.

Si puo` dunque dire che quest'atto di consacrazione, se e` ben fatto,
spesso rinnovato di cuore e messo in pratica, e` piu` eccellente ancora
dell'atto eroico, con cui non si rinunzia che il valore sodisfattorio
dei propri atti e le indulgenze che si guadagnano.

174. Frutti di questa devozione. Derivano dalla sua natura. 1) Con
essa glorifichiamo Dio e Maria nel modo piu` perfetto, perche` gli diamo
tutto cio` che siamo e tutto cio` che abbiamo senza riserva e per
sempre; e cio` nel modo a Lui piu` gradito, seguendo l'ordine stabilito
dalla sua sapienza, ritornando a Lui per la via da Lui tenuta per
venire a noi.

175. 2) Assicuriamo pure in questo modo la nostra santificazione.
Maria infatti, vedendo che cediamo a lei la nostra persona e i nostri
beni, si sente vivamente mossa ad aiutare a santificarsi coloro che
sono, per cosi` dire, sua proprieta`. Ci otterra` quindi copiosissime
grazie, che aumenteranno i nostri piccoli tesori spirituali che sono
suoi, ce li conserveranno e ce li faranno fruttificare sino al punto
della morte. Porra` per questo in opera l'autorita` del suo credito sul
cuore di Dio e la sovrabbondanza dei suoi meriti e delle sue
sodisfazioni.

3) Finalmente anche la santificazione del prossimo, e specialmente
delle anime a noi affidate, verra` a guadagnarci; lasciando che Maria
distribuisca i nostri meriti e le nostre sodisfazioni secondo il suo
beneplacito, sappiamo che tutto sara` applicato nel modo piu` sapiente,
perche` e` piu` prudente, piu` previdente, piu` premurosa di noi; i nostri
parenti ed amici non potranno quindi che guadagnarci.

176. Si potra`, e` vero, obiettare che a questo modo noi alieniamo
tutto il nostro patrimonio spirituale, specialmente le nostre
sodisfazioni, le indulgenze e i suffragi che si potessero offrire per
noi, e che cosi` potrebbe accadere che restassimo poi i lunghi anni in
purgatorio. Per se` questo e` vero, ma si tratta di confidenza: abbiamo,
si o no, piu` confidenza in Maria che in noi stessi e nei nostri amici?
Se si`, non temiamo nulla; sapra` ella prendersi cura dell'anima nostra
e dei nostri interessi meglio che non potremmo far noi; se no, e`
meglio che non facciamo quest'atto di consacrazione totale di cui piu`
tardi potremmo pentirci.

In ogni caso non deve farsi che dopo matura riflessione e d'accordo
col proprio direttore.
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15/10/2013 12:39
 
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II. Della parte dei Santi nella vita cristiana.

177. I Santi, che possedono Dio nel cielo, si prendono cura della
nostra santificazione e ci aiutano a progredire nella pratica delle
virtu` con la loro potente intercessione e coi nobili esempi che ci
lasciarono, dobbiamo quindi venerarli; sono potenti intercessori,
dobbiamo quindi invocarli; sono i nostri modelli, dobbiamo quindi
imitarli.

178. 1^ Dobbiamo venerarli e con cio` veneriamo in loro lo stesso Dio
e lo stesso Gesu` Cristo. Infatti quanto in loro e` di buono e` opera di
Dio e del suo divin Figlio. Il loro essere naturale non e` che un
riflesso delle divine perfezioni; le loro doti soprannaturali sono
l'opera della grazia divina meritata da Gesu` Cristo, compresi gli atti
meritori, che, pur essendo un bene loro nel senso che col libero
consenso vi hanno collaborato con Dio, sono anche e principalmente
dono di Colui che ne resta causa prima ed efficace: "coronando merita
nostra coronas et dona tua".

Onoriamo quindi nei Santi: a) i santuari viventi della SS. Trinita`,
che si degno` di abitare in loro, di ornarne l'anima colle virtu` e coi
doni, di operare sulle loro facolta` per farne produrre atti meritori,
e concedere loro la grazia insigne della perseveranza; b) i figli
adottivi del Padre, da lui singolarmente amati, circondati della sua
sollecitudine paterna, a cui seppero corrispondere avvicinandosi a
poco a poco alla sua santita` e alle sue perfezioni; c) i fratello di
Gesu` Cristo, suoi membri fedeli, che, incorporati al suo corpo
mistico, ricevettero da lui la vita spirituale e la coltivarono con
amore e costanza; d) i tempii e i docili strumenti dello Spirito
Santo, che da lui si lasciarono guidare e dalle sue ispirazioni
anziche` seguir ciecamente le tendenze della guasta natura.

Tali sono i pensieri espressi molto bene dal Sig. Olier 178-1:
"Potrete adorare con profonda venerazione questa vita di Dio diffusa
in tutti i Santi; onorerete Gesu` Cristo che li anima tutti e tutti li
perfeziona col divino suo Spirito per non farne che una cosa sola in
lui..... Gesu` e` in tutti il cantore delle divine lodi; Gesu` mette loro
in bocca tutti i loro cantici; per Gesu` tutti i Santi lo lodano e lo
loderanno per tutta l'eternita`".

179. 2^ Dobbiamo invocarli, per ottenere piu` facilmente, con la
possente loro intercessione, le grazia di cui abbiamo bisogno. E` vero
che la sola mediazione necessaria e` quella di Gesu`, che basta
pienamente in se` stessa; ma appunto perche` membri di Gesu` risuscitato,
i Santi uniscono le loro preghiere alle sua; e` quindi tutto il corpo
mistico del Salvatore che prega e che fa dolce violenza al cuore di
Dio. Pregare coi Santi e` quindi un unire le nostre preghiere a quelle
dell'intiero corpo mistico ed assicurarne cosi` l'efficacia. I Santi
del resto sono lieti d'intercedere per noi: "Amano in noi i fratelli
nati dallo stesso Padre; hanno compassione di noi; rammentando, al
vedere il nostro stato, quello in cui furono essi stessi, riconoscono
in noi anime che devono, come loro, contribuire alla gloria di Gesu`
Cristo. Quale gioia non provano quando possono trovare associati che
li aiutino a rendere i loro omaggi a Dio e a soddisfarne il desiderio
di magnificarlo con mille bocche, se l'avessero!" 179-1. La loro
potenza e la loro bonta` ci devono dunque ispirare piena confidenza.

E li invocheremo specialmente nel celebrarne le feste; entreremo cosi`
nella corrente liturgica della Chiesa e parteciperemo alle virtu`
particolari praticate da questo o quel Santo.

180. 3^ Dobbiamo infatti imitarne pure e principalmente le virtu`.
Tutti si studiarono di imitare gli esempi del modello divino e tutti
ci possono ripetere la parola di S. Paolo: "Siate imitatori miei come
io di Cristo: Imitatores mei estote sicut et ego Christi" 180-1.
Essi pero` coltivarono per lo piu` una virtu` speciale che ne e`, a cosi`
dire, la virtu` caratteristica: gli uni l'integrita` della fede, gli
altri la confidenza e l'amore, questi lo spirito di sacrifizio,
l'umilta`, la poverta`; quelli la prudenza, la fortezza, la temperanza,
la castita`. Chiederemo a ciascuno piu` specialmente la virtu` che ha
praticato, convinti che ha grazia particolare per ottenercela.

181. Ecco perche` la nostra devozione si volgera` specialmente a quei
Santi che vissero nelle stesse nostre condizioni, che occuparono
uffici simili ai nostri e praticarono la virtu` che ci e` piu`
necessaria.

Consideriamo le cose sotto un altro aspetto, avremo pure devozione
particolare ai nostri santi patroni, vedendo nella scelta che se ne
fece un'indicazione provvidenziale di cui dobbiamo giovarci.

Ma, se per ragioni speciali, le attrattive della grazia ci portano
verso questo o quel Santo le cui virtu` consuonano meglio coi bisogni
dell'anima nostra, nulla vieta che ci diamo alla loro imitazione,
consigliandocene prima da un savio direttore.

182. Cosi` intesa la devozione ai Santi riesce molto utile: gli
esempi di coloro che ebbero le stesse nostre passioni, che subirono le
stesse tentazioni, e cio` non ostante, sorretti dalle stesse grazie,
riportarono vittoria, sono stimolo potente per farci arrossire della
nostra codardia, prendere energiche risoluzioni e indurci a sforzi
costanti per metterle in pratica, sopratutto rammentandoci delle
parole d'Agostino: "Tu non poteris quod isti et istae?" 182-1 Le
loro preghiere poi compiranno l'opera e ci aiuteranno a batterne le
orme.

III. Della parte degli Angeli nella vita cristiana.

Questo ufficio deriva dalle loro relazioni con Dio e con Gesu` Cristo.

183. 1^ Gli Angeli rappresentano anzitutto la grandezza e gli
attributi di Dio: "Ognuno in particolare porge un qualche grado di
quest'Essere infinito e gli e` specialmente consacrato. Negli uni se ne
ammira la forza, negli altri l'amore, in altri la fermezza. Ognuno e`
imitazione d'una bellezza del divino originale; ognuno l'adora e lo
loda nella perfezione di cui e` l'immagine" 183-1. Dio stesso
adunque onoriamo nei suoi Angeli: sono "fulgidi specchi, sono pure
cristalli, sono brillanti spere, che rappresentano le fattezze e le
perfezioni di questo infinito Tutto" 183-2. Elevati all'ordine
soprannaturale, partecipano della vita divina, e usciti vittoriosi
dalla prova, godono della visione beatifica: "Gli angeli di questi
fanciulli, dice Nostro Signore, vedono costantemente la faccia del
Padre mio che e` nei cieli: "Angeli eorum in caelis semper vident faciem
Patris mei qui in caelis est" 183-3.

184. 2^ Considerando le loro relazioni con Gesu` Cristo, non e` certo,
e` vero, che ne abbiano ricevuto la grazia, e` pero` certo che in cielo
si uniscono a questo mediatore di religione per lodare, adorare e
glorificare la maesta` divina, lieti di poter dare cosi` maggior valore
alle loro adorazioni: "Per quem maiestatem tuam laudant Angeli,
adorant Dominationes, tremunt Potestates". Quando dunque ci uniamo a
Gesu` per adorar Dio, ci uniamo pure agli Angeli e ai Santi, armonioso
concerto che non puo` che glorificare piu` perfettamente la divinita`.
Possiamo quindi ripetere col gia` citato autore: "Che tutti i custodi
dei cieli, tutte queste possenti virtu` che li muovono, suppliscano mai
sempre, in Gesu` Cristo, alle nostre lodi; vi ringrazino essi per i
benefici che riceviamo dalla vostra bonta` cosi` nell'ordine di natura
come in quello della grazia" 184-1.

185. 3^ Si deduce da queste due considerazioni che gli Angeli,
essendoci fratelli nell'ordine della grazia, poiche` partecipiamo, come
loro, alla vita divina e siamo, come loro, in Gesu` Cristo i religiosi
di Dio, si prendono grande cura della nostra salute, bramosi di averci
presto in cielo a glorificar Dio e partecipare alla stessa visione
beatifica. a) Accettano quindi con gioia le missioni che Dio loro
affida in servizio della nostra santificazione: "Dio, dice il
Salmista, affido` loro il giusto, perche` lo custodiscano in tutte le
sue vie: "Angelis suis mandavit da te ut custodiant te in omnibus viis
tuis" 185-1. -- E San Paolo aggiunge che sono tutti subordinati
spiriti, mandati in servigio per quelli che hanno da ereditare la
salute: "Nonne omnes sunt administratorii spiritus, in ministerium
missi propter eos qui haereditatem capient salutis?" 185-2. Nulla
infatti tanto bramano quanto radunare eletti per riempire i posti resi
vacanti dalla caduta degli angeli ribelli, e adoratori per glorificar
Dio in loro vece. Avendo trionfato dei demoni, altro non chiedono che
di proteggerci contro questi perfidi nemici; e` quindi specialmente
opportuno invocarli per vincere le tentazioni diaboliche.

b) Offrono le nostre preghiere a Dio 185-3: il che significa che
le avvalorano aggiungendovi le loro suppliche. E` dunque utile per noi
l'invocarli, principalmente nei momenti difficili e sopratutto in
punto di morte, perche` ci proteggano contro gli ultimi assalti del
nemico e portino l'anima nostra in paradiso 185-4.

186. Gli angeli custodi. Tra gli angeli ve ne sono di quelli
incaricati di ogni anima in particolare; sono gli Angeli custodi.
Istituendo una festa in loro onore, la Chiesa consacro` la dottrina
tradizionale dei Padri, fondata del resto sui testi della Sacra
Scrittura e appoggiata su buone ragioni. Queste ragioni nascono dalle
nostre relazioni con Dio: siamo i suoi figli, i membri di Gesu` Cristo
e i tempii dello Spirito Santo. "Essendo suoi figli, dice
l'Olier 186-1, ci da per precettori i principi della sua corte,
che si stimano molto onorati di tal carica, avendo noi l'onore di
appartenergli cosi` da vicino. Essendo suoi membri, vuole che quegli
stessi spiriti che servono lui siano sempre al nostro fianco per
renderci mille buoni servizi. Essendo suoi tempii ed abitando in noi,
vuole che abbiamo degli angeli che siano pieni di venerazione verso di
lui, come lo sono nelle nostre chiese; vuole che vi stiano in continuo
ossequio alla sua grandezza, supplendo a cio` che dovremmo far noi e
spesso gemendo per le irriverenze che commettiamo verso di lui". Vuole
pure in questo modo, egli aggiunge, intimamente collegare la Chiesa
del cielo con quella della terra: "A tal fine fa scendere in terra
questo misterioso esercito degli Angeli, i quali, unendosi a noi e
legandoci a loro, ci collocano nel loro ordine, cosi` da non formare
che un sol corpo della Chiesa del cielo e di quella della terra".

187. Per mezzo dell'angelo custode siamo dunque in comunicazione
permanente col cielo, e a trarne maggior profitto, non possiamo far di
meglio che pensare spesso all'angelo custode, per esprimergli la
nostra venerazione, la nostra confidenza e il nostro amore: -- a) la
nostra venerazione, salutandolo come uno di coloro che vedono sempre
il volto di Dio, che sono per noi i rappresentanti del Padre celeste;
nulla quindi faremo che possa dispiacergli o contristarlo, ci
studieremo invece di mostrargli il nostro rispetto, imitandone la
fedelta` nel servizio di Dio: modo veramente delicato di mostrargli la
nostra stima; b) la nostra confidenza, rammentandoci la potenza che
possiede per proteggerci e la bonta` che ha per noi affidati alla sua
custodia da Dio stesso. Dobbiamo poi invocarlo principalmente nelle
tentazioni del demonio, perche` e` abituato a sventare le astuzie di
questo perfido nemico; come pure nelle occasioni pericolose, in cui la
sua previdenza e la sua destrezza possono venirci molto opportunamente
in aiuto; e nell'affare della vocazione, in cui puo` conoscere meglio
di tutti, i disegni di Dio sopra di noi. Inoltre quando abbiamo
qualche cosa importante da trattare col prossimo, giova rivolgerci
agli angeli custodi dei nostri fratelli, perche` li dispongano
all'ufficio che vogliamo compiere presso di loro; c) il nostro amore,
riflettendo che fu sempre e sempre sara` per noi un ottimo amico, che
ci ha reso ed e` sempre disposto a renderci ottimi servizi, di cui solo
in cielo potremo conoscere il valore ma che fin d'ora possiamo
intravvedere con la fede, il che ci deve bastare per esprimergliene
riconoscenza ed affetto. Soprattutto quando sentiamo il peso della
solitudine, possiamo ricordarci che non siamo mai soli, ma che abbiamo
al fianco un amico affezionato e generoso, con cui possiamo
familiarmente conversare.

Non dimentichiamo mai del resto che onorare quest'angelo e` onorare Dio
stesso, di cui e` il rappresentante sulla terra, e uniamoci qualche
volta a lui per meglio glorificarlo.
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15/10/2013 12:40
 
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SINTESI DELLA DOTTRINA ESPOSTA.

188. Dio ha dunque una parte grandissima nella nostra
santificazione. Viene egli stesso a risiedere nell'anima nostra per
darsi a noi e santificarci. Per renderci capaci di elevarci a lui, ci
da` un intero organismo spirituale: la grazia abituale che, penetrando
la sostanza stessa dell'anima, la trasforma e la rende deiforme; le
virtu` e i doni che, perfezionando le facolta`, le abilitano, col
soccorso della grazia abituale che le mette in moto, a fare atti
soprannaturali meritori di vita eterna.

189. Ma questo non basta ancora al suo amore: ci manda l'unico suo
Figlio, il quale, facendosi uomo come noi, diventa il modello perfetto
che ci guida nella pratica delle virtu` che conducono alla perfezione e
al cielo; ci merita la grazia necessaria per calcarne le orma non
ostante le difficolta` che troviamo dentro e fuori di noi; e che, per
meglio trarci alla sua sequela c'incorpora a se`, fa passare in noi,
per mezzo del divino suo Spirito, la vita di cui possiede la pienezza,
e con questa incorporazione da` alle nostre anche minime azioni un
immenso valore; queste azioni infatti, unite a quelle di Gesu` nostro
capo, partecipano al valore delle sue, poiche` in un corpo tutto
diventa comune tra il capo e le membra. Con lui e per lui possiamo
quindi glorificar Dio come merita, ottenere nuove grazie e avvicinarci
cosi` al Padre celeste ricopiandone in noi le divine perfezioni.

Maria, essendo madre di Gesu` e sua collaboratrice, benche` secondaria,
nell'opera della Redenzione, prende pur parte alla distribuzione della
grazie da lui meritateci: per lei andiamo a Lui, per lei chiediamo la
grazia; la veneriamo e l'amiamo come madre, studiandoci d'imitarne le
virtu`.

E poiche` Gesu` non e` soltanto capo nostro ma anche dei Santi e degli
Angeli, mette a nostro servizio questi potenti ausiliari per
proteggerci contro gli assalti del demonio e la debolezza della nostra
natura: i loro esempi e la loro intercessione ci sono di efficacissimo
aiuto.

Poteva Dio far di piu` per noi? E s'egli si diede cosi` generosamente a
noi, che cosa non dobbiamo far noi per corrispondere al suo amore e
coltivare la partecipazione della vita divina di cui ci ha cosi`
generosamente gratificati?

ART. II. LA PARTE DELL'UOMO NELLA VITA CRISTIANA.

190. E` evidente che se Dio ha fatto tanto per comunicarci una
partecipazione della sua vita, noi dal canto nostro dobbiamo
corrispondere a questa preveniente sua bonta`, accettar con
riconoscenza questa vita, coltivarla e prepararci cosi` a quell'eterna
beatitudine che sara` il coronamento degli sforzi fatti sulla terra. La
riconoscenza ce ne fa un dovere, perche` il miglior mezzo di esser
grati a un beneficio e` utilizzarlo pel fine per cui e` stato concesso.
Lo vuole il nostro spirituale interesse; perche` Dio ci ricompensera`
secondo i meriti, e la nostra gloria in paradiso corrispondera` ai
gradi di grazia che avremo acquistato con le nostre buone opere:
"Unusquisque autem propriam mercedem accipiet secundum suum
laborem" 190-1. Sara` invece obbligato a castigar severamente
coloro che, resistendo volontariamente alle divine sue premure,
avranno abusato della sua grazia. Perche`, dice l'Apostolo, "la terra
che beve spesso la pioggia cadente su lei e produce utile erbe a chi
la coltiva, riceve benedizioni da Dio; ma se non produce che spine e
triboli, e` riprovata e prossima alla maledizione: "Terra enim saepe
venientem super se bibens imbrem et generans herbam opportunam illis a
quibus colitur, accipit benedictionem a Deo; proferens autem spinas ac
tribulos, reproba est et meledicto proxima" 190-2. E` vero che
Dio, che ci creo` liberi, rispetta la nostra liberta` e non ci
santifichera` contro il nostro volere; non cessa pero` di esortarci ad
utilizzare le grazie che cosi` liberalmente ci concede: "Adjuvantes
autem exhortamur ne in vacuum gratiam Dei recipiatis" 190-3: Vi
esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio.

191. Ora, per corrispondere a questa grazia, dobbiamo anzitutto
praticare le grandi devozioni esposte nell'articolo precedente:
devozione alla SS. Trinita`; devozione al Verbo Incarnato, devozione
alla SS. Vergine, agli Angeli e ai Santi. Vi troveremo infatti
efficacissimi motivi per darci intieramente a Dio in unione con Gesu`,
e con la protezione dei nostri potenti intercessori; vi troveremo pure
modelli di santita` che ci tracceranno la via da seguire, e meglio
ancora energie soprannaturali che ci aiuteranno ad avvicinarci ogni
giorno piu` all'ideale di santita` proposto alla nostra imitazione. --
Si noti pero` che noi abbiamo esposto queste devozioni nel loro ordine
ontologico o di dignita`; ma che in pratica non e` la devozione alla
SS. Trinita` quella che si esercita per la prima; si comincia
ordinariamente con la devozione a Nostro Signore e alla SS. Vergine, e
solo piu` tardi assorgiamo alla SS. Trinita`.

192. Ma questo non e` tutto. E` necessario che utilizziamo tutto
quell'organismo soprannaturale di cui siamo dotati, e che lo
perfezioniamo non ostante gli ostacoli interni ed esterni che si
oppongono al suo sviluppo. 1^ Poiche` rimane in noi la triplice
concupiscenza, che tende incessantemente al male e che e` continuamente
aizzata dal mondo e dal demonio, il primo passo sara` di energicamente
combatterla coi suoi potenti ausiliari. 2^ Poiche` quest'organismo
soprannaturale ci fu dato per produrre atti deiformi, meritorii della
vita eterna, dobbiamo moltiplicare i nostri meriti. 3^ Ed essendosi la
divina bonta` degnata d'istituire i sacramenti, che producono in noi la
grazia secondo la misura della nostra cooperazione, bisogna che li
frequentiamo con quelle disposizioni migliori che ci sono possibili.
Cosi` conserveremo in noi la vita della grazia, anzi la faremo crescere
indefinitamente.

sez. I. Della lotta contro i nemici spirituali.

Questi nemici sono la concupiscenza, il mondo e il demonio; la
concupiscenza, nemico interno che portiamo sempre con noi; il mondo e
il demonio, nemici esterni, che attizzano il fuoco della
concupiscenza.
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15/10/2013 12:41
 
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I. Lotta contro la concupiscenza 193-1.

S. Giovanni descrisse la concupiscenza in quel celebre testo: "Omne
quod est in mundo concupiscentia carnis est et concupiscentia oculorum
et superbia vitae" 193-2.

1^ LA CONCUPISCENZA DELLA CARNE.

193. La concupiscenza della carne e` l'amore disordinato dei piaceri
dei sensi.

A) Il male. Il piacere non e` cattivo in se` stesso; Dio lo permette
ordinandolo ad un fine superiore, il bene onesto; se annette il
piacere a certi atti buoni, lo fa per renderli piu` facili e attirarci
cosi` all'adempimento del dovere. Gustare moderatamente il piacere
riferendolo al suo fine che e` il bene morale e soprannaturale, non e`
male; anzi e` atto buono, perche` tende a fine buono, che in ultima
analisi e` Dio. Ma volere il piacere indipendentemente da questo fine
che lo giustifica, volerlo quindi come fine in cui uno si ferma, e` un
disordine, perche` e` un andare contro l'ordine sapientissimo stabilito
da Dio. E questo disordine ne trae seco un altro: quando si opera per
il piacere, si e` esposti ad amarlo con eccesso, perche` non si e` piu`
guidati dal fine che impone dei limiti a questa smodata sete del
piacere che tutti ci punge.

194. Cosi` Dio sapientemente volle che fosse unito un certo piacere
all'atto del nutrirsi per stimolarci a sostenere le forze del corpo.
Ma, come dice Bossuet 194-1, "gli uomini ingrati e carnali
tolsero occasione da questo piacere per attaccarsi al loro corpo,
anziche` a Dio che ne e` l'autore. Il piacere del mangiare li fa
schiavi; invece di mangiare per vivere, pare, come gia` diceva un
antico e dopo di lui S. Agostino, che vivano per mangiare. Quelli
stessi che sanno regolare i loro desideri e vanno a cibarsi per
necessita` di natura, ingannati dal piacere e tratti dai suoi
allettamenti piu` in la` del bisogno, oltrepassano i giusti limiti; si
lasciano insensibilmente vincere dagli appetiti e non credono mai
d'avere intieramente soddisfatto al bisogno fin tanto che il bere ed
il mangiare ne solleticano il gusto". Di qui eccessi nel bere e nel
mangiare opposti alla temperanza. E che dire poi del piacere anche piu`
pericolosa della volutta`, "di quella profonda e vergognosa piaga della
natura, di quella concupiscenza che lega l'anima al corpo con vincoli
cosi` teneri e cosi` violenti che costano tanta pena a disfarsene, e che
cagiona nel genere umano disordini cosi` terribili?"

195. Questo sensuale diletto e` tanto piu` pericoloso, in quanto e`
diffuso per tutto il corpo. Ne e` infetta la vista, perche` con gli
occhi s'incomincia ad ingoiare il veleno dell'amore sensuale. Ne sono
infette le orecchie, quando, con conversazioni pericolose e molli
canti, si accendono o si alimentano le fiamme dell'amore impuro e
quella segreta disposizione che abbiamo ai sensuali diletti. E lo
stesso avviene degli altri sensi. -- Cio` che aumenta il pericolo e` che
tutti questi sensuali diletti si eccitano a vicenda: quelli che
parrebbero i piu` innocenti, se non si sta sempre in guardia, preparano
ai piu` colpevoli. Vi e` perfino una mollezza e una delicatezza diffusa
in tutto il corpo che, facendoci cercare riposo nel sensibile, lo
risveglia e ne alimenta la vivacita`. Si ama il corpo con un
attaccamento che fa dimenticare l'anima; un'eccessiva premura della
salute fa che si accarezzi il corpo in tutto; e cosi` questi vari
diversi sentimenti sono come altrettante diramazioni della
concupiscenza della carne 195-1.

196. B) Il rimedio a un si` gran male e` la mortificazione dei
sensuali diletti; perche`, dice S. Paolo: "Quelli che sono di Cristo,
crocifiggono la carne con i suoi vizi e le sue cupidigie: Qui sunt
Christi, carnem suam crucifixerunt cum vitiis et
concupiscentiis" 196-1. Ora crocifiggere la carne, come dice
l'Olier 196-2, significa legare, infrenare, soffocare
internamente tutti gli impuri e sregolati desideri che sentiamo nella
nostra carne; significa pure mortificare i sensi esterni che ci
mettono in comunicazione con gli oggetti del di fuori ed eccitano in
noi pericolosi desideri. Il motivo fondamentale che ci obbliga a
praticare questa mortificazione sono le promesse battesimali.

197. Per il battesimo, che ci fa morire al peccato e c'incorpora a
Cristo, noi siamo obbligati a praticare questa mortificazione dei
sensuali diletti; perche`, "secondo S. Paolo, non siamo piu` debitori
alla carne da vivere secondo la carne, ma siamo obbligati a vivere
secondo lo spirito; e se viviamo secondo lo spirito, camminiamo pure
secondo lo spirito che c'imprime nel cuore l'amore alla croce e la
forza di portarla" 197-1.

Il battesimo d'immersione, col suo simbolismo, ci mostra la verita` di
questa dottrina: immerso nell'acqua, il catecumeno vi muore al peccato
e alle sue cause, e uscito che e`, partecipa ad una vita nuova, alla
vita di Gesu` risorto. Tal e` l'insegnamento di S. Paolo 197-2:
"Morti al peccato, come potremmo ancor vivere in esso? Non sapete
forse che quanti fummo battezzati in Cristo Gesu`, nella morte di lui
fummo battezzati? Fummo sepolti insieme con lui pel battesimo nella
morte, affinche` come fu Cristo risuscitato da morte dalla gloria del
Padre, cosi` anche noi in novita` di vita si cammini". L'immersione
battesimale significa dunque la morte al peccato e l'obbligo di
lottare contro la concupiscenza che tende al peccato; e l'uscita
dall'acqua esprime la nuova vita, onde partecipiamo alla vita risorta
del Salvatore 197-3. Il battesimo quindi ci obbliga a mortificare
la concupiscenza che resta in noi, e ad imitare Nostro Signore che,
crocifiggendo la carne sua, ci merito` la grazia di crocifiggere la
nostra. I chiodi con cui la crocifiggiamo sono appunto i vari atti di
mortificazione che facciamo.

Cosi` grave e` quest'obbligo di mortificare i sensuali diletti che ne
dipende la nostra salvezza e la nostra vita spirituale: "Perche`, se
vivete secondo la carne, spiritualmente morrete; se poi con lo spirito
darete morte alle azioni della carne, vivrete: Si autem secundum
carnem vixeritis, moriemini; si autem spiritu facta carnis
mortificaveritis, vivetis" 197-4.

198. Perche` intera sia la vittoria, non basta rinunziare ai piaceri
peccaminosi (il che e` di precetto), ma bisogna pure sacrificare i
piaceri pericolosi che conducono quasi infallibilmente al peccato, in
virtu` del principio: "qui amat periculum in illo peribit"; anzi e`
necessario privarsi di alcuni piaceri leciti per rinvigorire la nostra
volonta` contro gli allettamenti dei piaceri proibiti: chiunque infatti
vuol gustare senza freno alcuno di tutti i diletti permessi, e` molto
vicino a scivolare in quelli che non lo sono.

2^ LA CONCUPISCENZA DEGLI OCCHI (CURIOSITA` E AVARIZIA).

199. A) Il male. -- La concupiscenza degli occhi abbraccia due cose:
la vana curiosita` e l'amore disordinato dei beni della terra.

a) La curiosita` di cui qui si tratta, e` lo smodato desiderio di
vedere, d'udire, di conoscere cio` che avviene nel mondo, come i
secreti intrighi che vi si annodano, non per trarne spirituale
vantaggio ma per dilettarsi di una tal frivola cognizione. Si estende
pure ai secoli passati, quando frughiamo la storia, non per trarne
esempi utili alla vita umana, ma per pascere la nostra immaginazione
di tutte le cose che la dilettano. Abbraccia principalmente tutte le
false scienze divinatorie, con cui si pretende di conoscere le cose
segrete o future delle quali Dio s'e` riservata la conoscenza: "e`
questo un usurpare i diritti di Dio, e` un distruggere la confidenza
con cui dobbiamo abbandonarci alla sua volonta`" 199-1. Questa
curiosita` riguarda pure le scienze vere ed utili, quando uno ci si
applica con eccesso o intempestivamente e ci fa sacrificare doveri
assai maggiori, come avviene a quelli che leggono ogni specie di
romanzi, di commedie e di poesie. "Orbene, tutto cio` non e` altro che
intemperanza, malattia, disordine della mente, inaridimento del cuore,
miseranda schiavitu` che non ci lascia agio di pensare a noi, e fonte
d'errori" 199-2.

200. b) La seconda forma di questa concupiscenza e` l'amore
disordinato del denaro; talora si considera il danaro come mezzo per
acquistare altri beni, per esempio, piaceri od onori; talora uno si
attacca al denaro per se stesso, per contemplarlo, per palparlo, e per
trovare nel suo possesso una certa sicurezza per l'avvenire: questa e`
l'avarizia propriamente detta. Nell'uno e nell'altro caso uno si
espone a commettere molti peccati; perche` questo disordinato desiderio
e` fonte di molte frodi ed ingiustizie.

201. B) Il rimedio. a) Per combattere la vana curiosita` bisogna
ricordarsi che tutto cio` che non e` eterno e` indegno di fissare e
ritenere l'attenzione di esseri immortali come noi. La figura di
questo mondo passa, una sola cosa rimane: Dio e il cielo che e` eterno
possesso di Dio. Non diamoci quindi pensiero che delle cose eterne;
perche` cio` che non e` eterno e` un nulla, quod aeternum non est, nihil
est. Gli avvenimenti presenti, come quelli dei secoli passati, possono
e devono certamente premerci, ma solo nella misura in cui
contribuiscono alla gloria di Dio o alla salvezza degli uomini. Quando
Dio creo` il mondo e tutto cio` che esiste, non ebbe che uno scopo solo:
comunicare la sua vita divina alle creature intelligenti, agli Angeli,
agli uomini, e raccogliere degli eletti. Tutto il resto e` accessorio e
non dev'essere studiato che come mezzo per andare a Dio o al cielo.

202. b) Per cio` che riguarda l'amore disordinato dei beni della
terra, bisogna ricordarsi che le ricchezze non sono un fine ma un
mezzo che la Provvidenza ci da` per sovvenire ai nostri bisogni; che
Dio ne resta il supremo Padrone, che noi in fondo non ne siamo che
amministratori, e che dovremo rendere conto del loro uso: redde
rationem villicationis tuae" 202-1. E` quindi savia cosa dare larga
parte del proprio superfluo in elemosine e in buone opere; a questo
modo si assecondano i disegni di Dio, il quale vuole che i ricchi
siano, a cosi` dire, gli economi dei poveri; e si fa un deposito sulla
Banca del cielo, che ci sara` reso centuplicato quando entreremo
nell'eternita`: "Accumulatevi, dice Gesu`, tesori nel cielo, dove la
ruggine e la tignuola non corrodono; e dove i ladri non forano muri ne`
rubano: thesaurizate autem vobis thesauros in caelo, ubi nec aerugo,
neque tinea demolitur, et ubi fures non effodiunt nec
furantur" 202-2. E` il mezzo sicuro per distaccare i nostri cuori
dai beni della terra ed elevarli a Dio: "perche`, aggiunge Nostro
Signore, dov'e` il tuo tesoro, ivi e` il tuo cuore: "Ubi enim est
thesaurus tuus, ibi est et cor tuum" 202-3. Cerchiamo dunque
innanzitutto il regno di Dio, la santita`, ed il resto ci sara` dato per
giunta.

A diventar perfetti, occorre ancora qualche cosa di piu`, praticare la
poverta` evangelica: "Beati, infatti, sono i poveri di spirito: Beati
pauperes spiritu" 202-4. Il che puo` farsi in tre modi, secondo
l'inclinazione e la possibilita` di ciascuno: 1) vendendo i propri beni
e dandoli ai poveri: "Vendite quae possidetis et date
eleemosynam" 202-5; 2) mettendo ogni cosa in comune, come si
pratica in certe congregazioni; 3) serbando il capitale e privandosene
dell'uso, col non spendere nulla se non col consiglio d'un savio
direttore 202-6.

203. In ogni caso il cuore dev'essere distaccato dalle ricchezze per
volarsene a Dio. E` pur quanto ci raccomanda Bossuet: "Beati coloro,
egli dice, che, ritirati umilmente nella casa del Signore, si
dilettano della nudita` delle loro cellette e di tutto il misero
corredo di cui hanno bisogno in questa vita, che non e` che un'ombra di
morte, per non considerare altro che la loro infermita` e il giogo
pesante di cui il peccato li ha oppressi. Beate le sacre Vergini, che
non vogliono essere piu` lo spettacolo del mondo e che bramerebbero
nascondersi perfino a se stesse sotto il sacro velo che le circonda!
Beata la dolce violenza che si fa ai propri occhi per non vedere le
vanita` e dire con David: 203-1 Distogliete i miei occhi perch'io
non le veda. Beati coloro che, stando secondo il loro stato in mezzo
al mondo, non ne sono tocchi e vi passano senza attaccarvisi... che
dicono con Ester sotto il diadema: "Voi sapete, o Signore, quanto
disprezzo questo segno d'orgoglio e tutto cio` che puo` servire alla
gloria degli empi; e come la vostra serva non si e` mai rallegrata che
in voi solo, o Dio d'Israele" 203-2.
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15/10/2013 12:41
 
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3^ L'ORGOGLIO DELLA VITA.

204. A) Il male. "L'orgoglio, dice Bossuet 204-1, e` una
depravazione piu` profonda; per esso l'uomo, abbandonato a se stesso,
nell'eccesso dell'amor proprio considera se` come proprio Dio".
Dimenticando che Dio e` il suo primo principio e il suo ultimo fine,
stima eccessivamente se stesso, e le proprie doti vere o pretese
riguarda come fossero sue senza riferirle a Dio. Di qui quello spirito
d'indipendenza o d'autonomia che lo spinge a sottrarsi all'autorita` di
Dio i dei suoi rappresentanti; quell'egoismo che lo inclina ad operare
per se` come se fosse fine a se stesso; quella vana compiacenza che si
diletta nella propria eccellenza, come se Dio non ne fosse l'autore,
che si compiace nelle proprie buone opere, come se esse non fossero
prima di tutto e principalmente il risultato dell'azione divina in
noi; quella tendenza ad esagerare le proprie doti, ad attribuirsene di
quelle che non si posseggono, a preferirsi agli altri, e talvolta
anche a disprezzarli, come faceva il Fariseo.

205. A quest'orgoglio s'aggiunge la vanita`, che ci fa cercare in
modo disordinato la stima altrui, la loro approvazione, le loro lodi:
che si chiama anche vana gloria. Perche`, come fa notare
Bossuet 205-1, "se queste lodi sono false o ingiuste, qual errore
di compiacermene tanto! Se poi sono vere, perche` mi diletto io meno
della verita` che della stima che le rendono gli uomini?" Strana cosa
davvero! ci diamo piu` pensiero della stima degli uomini che della
stessa virtu`, e si rimane piu` umiliati d'un granchio preso in pubblico
che d'una colpa segreta. Quando uno si abbandona a questo difetto, non
tarda a commetterne altri: la millanteria, che inclina a parlar di se`
e dei proprii trionfi; l'ostentazione, che cerca d'attirare
l'attenzione pubblica col lusso e col fasto; l'ipocrisia, che simula
le apparenze della virtu` senza darsi pensiero d'acquistarla.

206. Gli effetti dell'orgoglio sono deplorevoli: e` il gran nemico
della perfezione: 1) perche` ruba a Dio la sua gloria e ci priva quindi
di molte grazie e di molti meriti, non volendo Dio esser complice
della nostra superbia: "Deus superbis resistit" 206-1; 2) e` fonte
di numerosi peccati, peccati di presunzione puniti con lagrimevoli
cadute, come vizi odiosi; di scoraggiamento quando si vede d'essere
caduti cosi` in basso; di dissimulazione, perche` rincresce confessare i
proprii disordini; di resistenza ai superiori, d'invidia e di gelosia
verso il prossimo, ecc.

207. B) Il rimedio e`: a) riferire tutto a Dio, riconoscendo che egli
e` l'autore di ogni bene e che, essendo il primo principio delle nostre
azioni, ne deve pur essere l'ultimo fine. E` cio` che suggerisce
S. Paolo 207-1: "Quid habes quod non accepisti? Si autem
accepisti, quid gloriaris quasi non acceperis? Che hai tu che non abbi
ricevuto? e se l'hai ricevuto, perche` te ne glorii come se non
l'avessi in dono?". Onde conchiude che tutte le nostre azioni devono
tendere alla gloria di Dio: "Sive manducatis, sive bibitis, sive aliud
quid facitis, omnia in gloriam Dei facite" 207-2. E per dar loro
maggior valore, procuriamo di farle in nome, nella virtu` di Gesu`
Cristo: "Omne quodcumque facitis in verbo aut in opere, omnia in
nomine Domini Jesu Cristi, gratias agentes Deo et Patri per
ipsum 207-3; qualunque cosa da voi si faccia in parola o in
opera, fate tutto nel nome del Signore Gesu` Cristo, rendendo grazie a
Dio Padre per mezzo suo".

208. b) E poiche` la natura costantemente ci porta a cercar noi
stessi, per reagire contro questa tendenza, bisogna ricordarci che da
noi non siamo che nulla e peccato. E` vero che ci sono in noi delle
buone qualita` naturali e soprannaturali che bisogna altamente stimare
e coltivare; ma, venendoci queste qualita` da Dio, non ne dobbiamo
forse glorificar lui? Quando un artista ha fatto un capolavoro, non e`
forse lui, e non la tela, che si deve lodare?

Or da noi stessi non abbiamo che il nulla: "questo noi eravamo da
tutta l'eternita`; e l'essere di cui Dio ci ha rivestiti, non da noi
viene ma da Dio; e benche` ci sia stato dato, non cessa d'essere pur
sempre anche cosa sua, di cui vuol essere onorato" 208-1.

Da noi stessi siamo pure peccato, nel senso che per ragione della
concupiscenza tendiamo al peccato, per modo, dice
S. Agostino 208-2, che, se noi non commettiamo certi peccati, lo
dobbiamo alla grazia di Dio: "Gratiae tuae deputo et quaecumque non feci
mala. Quid enim non facere potui, qui etiam gratuitum facinus amavi?"
Pensiero che l'Olier 208-3 spiega cosi`: "Quel che posso dire e`
che non vi e` specie immaginabile di peccati, non vi e` imperfezione o
disordine, non vi e` errore ne` confusione di cui la carne non sia
piena; talmente che non vi e` sorta di leggerezza, non vi e` follia o
sciocchezza che la carne non sia capace di commettere ad ogni
istante". La nostra natura non e` certo intieramente corrotta, come
pretendeva Lutero; e col concorso naturale o soprannaturale 208-4
di Dio, puo` fare qualche bene, e ne fa anche molto, come vediamo nei
Santi; ma poiche` Dio ne e` causa prima e principale, a lui dobbiamo
renderne grazie.

209. Concludiamo dunque con Bossuet 209-1: "Non presumere di
te; perche` nella presunzione sta il principio di ogni peccato... Non
desiderar la gloria degli uomini; perche`, ottenutala, avresti ricevuta
la tua ricompensa e non dovresti poi aspettarti altro che veri
supplizi. Non ti gloriare; perche` tutto cio` che ti attribuisci nelle
tue opere buone, lo togli a Dio che ne e` l'autore e ti metti al suo
posto. Non scuotere il giogo della disciplina del Signore; non dire
dentro di te, come un superbo orgoglioso: Non serviro`; perche`, se non
servi alla giustizia, sarai schiavo del peccato e figlio della morte.
Non dire: Io sono senza macchia; e non credere che Dio abbia
dimenticato i tuoi peccati perche` li hai dimenticati tu; perche` il
Signore ti destera` dicendoti: Vedi le tue vie in quella segreta
vallicella; io ti seguii dappertutto e contai tutti i tuoi passi. Non
resistere ai savi consigli e non ti adirare quando sei ripreso, perche`
e` il colmo dell'orgoglio ribellarsi alla verita` stessa quando ti
avverte, e ricalcitrare contro lo sprone".

Regolandoci in questo modo, saremo piu` forti per lottare contro il
mondo, che e` il secondo dei nostri nemici spirituali.
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15/10/2013 12:42
 
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II. Lotta contro il mondo.

210. Il mondo di cui parliamo non e` il complesso delle persone che
vivono nel mondo, fra cui si trovano ed anime elette ed increduli.
E` il complesso di coloro che si oppongono a Gesu` Cristo e sono schiavi
della triplice concupiscenza. Sono dunque: 1) gli increduli, ostili
alla religione appunto perche` condanna il loro orgoglio, la loro
sensualita`, la loro sete smodata di ricchezze; 2) gl'indifferenti, che
non si curano d'una religione che li obbligherebbe ad uscire dalla
loro indolenza; 3) i peccatori impenitenti, che amano il loro peccato,
perche` amano il piacere e non vogliono distaccarsene; 4) i mondani che
credono ed anche praticano la religione, ma associandola all'amore del
piacere, del lusso, delle lautezze, e che talvolta scandalizzano i
fratelli, credenti o increduli, facendo lor dire che la religione ha
ben poco influsso sulla vita morale. E` questo il mondo che Gesu`
maledisse per i suoi scandali: "Vae mundo a scandalis!" 210-1 e
che S. Giovanni dice immerso tutto nel male: "Mundus totus in maligno
positus est" 210-2.

211. 1^ I Pericoli del mondo. Il mondo che penetra anche nelle
famiglie cristiane e perfino nelle comunita`, con le visite fatte o
ricevute, con le corrispondenze, con la lettura di libri o di giornali
mondani, e` un grande ostacolo alla salvezza e alla perfezione;
risveglia e attizza in noi il fuoco della concupiscenza; ci seduce e
ci atterrisce.

212. A) Ci seduce con le sue massime, con la pompa delle sue vanita`,
coi perversi suoi esempi.

a) Con le sue massime, che sono in opposizione diretta con le massime
del Vangelo. Il mondo infatti vanta la felicita` dei ricchi, dei forti
o anche dei violenti, degli arricchiti, degli ambiziosi, di quelli che
sanno godersi la vita; predica volentieri l'amor dei piaceri:
"Coroniamoci di rose prima che avvizziscano, Coronemus nos rosis
antequam marcescant" 212-1. Non bisogna forse, si dice, godersi
la gioventu`? Non si deve godere un poco la vita? Quanti vivono cosi`, e
il Signore non vorra` poi mandar tutti all'inferno. Bisogna pur campare
la vita. A essere scrupolosi negli affari, non si riuscira` mai ad
arricchire.

b) Con la pompa delle sue vanita` e dei suoi piaceri; la maggior parte
delle riunioni mondane non hanno altro scopo che di sollecitare la
curiosita`, la sensualita` ed anche la volutta`. Per rendere il vizio
attraente, si dissimula sotto forma di divertimenti che si dicono
onesti ma che non lasciano di essere pericolosi, come le vesti
scollacciate, le danze, alcune specialmente che sembra non abbiano
altro scopo che favorire sguardi lascivi e sensuali abbracciamenti. E
che dire della maggior parte delle rappresentazioni teatrali, degli
spettacoli offerti al pubblico, dei libri licenziosi che vengono
esposti dappertutto?

c) I cattivi esempi vengono, ahime`! ad aumentare il pericolo; quando
si vedono tanti giovani divertirsi, tanti sposi diventare infedeli ai
loro doveri, tanti commercianti e uomini d'affari arricchirsi con
mezzi poco scrupolosi, si e` fortemente tentati di lasciarsi trascinare
a simili disordini. -- Del resto il mondo e` cosi` indulgente verso le
umane debolezze che pare che le incoraggi: il seduttore e` una persona
galante; il finanziere, il commerciante che si arricchisce con mezzi
disonesti, e` un uomo svelto; il libero pensatore e` uno spregiudicato
che segue i lumi della sua coscienza. Quanti si sentono incoraggiati
al vizio da giudizi cosi` benigni!

213. B) Quando non puo` sedurci, il mondo tenta di atterrirci.

a) Talora e` una vera persecuzione ordita contro i credenti: in certe
amministrazioni, si nega l'avanzamento a quelli che compiono
pubblicamente i doveri religiosi o a quelli che mandano i figli alle
scuole cattoliche.

b) Talora si cerca di distogliere dalle pratiche religiose i timidi
col burlarsi piacevolmente dei devoti, dei Tartufi, dei semplicioni
che prestano ancor fede a vieti dommi, canzonando le madri di famiglia
che continuano a vestire modestamente le figlie, con ironiche
interrogazioni se e` cosi` che sperano di maritarle. E quante infatti,
per rispetto umano e non ostante le proteste della coscienza, si fanno
schiave di quelle mode tiranniche che non hanno piu` rispetto alcuno al
pudore!

c) In altre circostanze si usano minacce: se fate tanta mostra della
vostra religione, non c'e` piu` posto per voi nei nostri uffici; se
siete cosi` schifiltoso, e` inutile che veniate nei nostri saloni; se
siete scrupoloso, non posso prendervi al mio servizio; bisogna fare
come fanno tutti e ingannare il pubblico per guadagnare di piu`.

E` molto facile lasciarsi cosi` sedurre o atterrire, perche` il mondo
trova un complice nel nostro cuore e nel naturale desiderio che tutti
abbiamo dei buoni posti, degli onori e delle ricchezze.

214. 2^ Il rimedio 214-1. Per resistere a questa pericolosa
corrente, bisogna porsi animosamente in faccia dell'eternita` e
considerare il mondo alla luce della fede. Allora ci apparira` come il
nemico di Gesu` Cristo che bisogna combattere energicamente per
salvarci l'anima, e come il teatro del nostro zelo ove dobbiamo
portare le massime del Vangelo.

215. A) Essendo il mondo il nemico di Gesu` Cristo, noi dobbiamo far
tutto il rovescio delle massime e degli esempi del mondo, ripetendo il
dilemma di S. Bernardo 215-1: "O Cristo s'inganna o il mondo e` in
errore; ma e` impossibile che la sapienza divina s'inganni: Aut iste
(Christus) fallitur aut mundus errat: sed divinam falli impossibile
est sapientiam". Essendovi opposizione aperta tra il mondo e Gesu`
Cristo, bisogna assolutamente far la scelta, perche` non si puo` servire
nello stesso tempo due padroni. Ora Gesu` e` sapienza infallibile; chi
dunque ha le parole di vita eterna e` Lui, ed e` il mondo che s'inganna.
La nostra scelta sara` quindi presto fatta; perche`, dice San Paolo, noi
abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che
viene da Dio: "Non spiritum huius mundi accepimus, sed Spiritum qui ex
Deo est" 215-2. Voler piacere al mondo, aggiunge, e` voler
spiacere a Gesu` Cristo: "Si hominibus placerem, servus Christi non
essem" 215-3. E S. Giacomo afferma che "chi vuol essere amico del
mondo si fa nemico di Dio: Quicumque ergo voluerit amicus esse saeculi
huius, inimicus Dei constituitur" 215-4. Dunque in pratica:

a) Leggiamo e rileggiamo il Vangelo, ripensando dentro di noi che qui
ci parla l'eterna verita`, e pregando colui che l'ha ispirato di
farcene ben intendere, gustare e praticare le massime; solo a questa
condizione si e` veramente cristiani ossia discepoli di Cristo. Quindi,
leggendo o ascoltando massime contrarie a quelle del Vangelo, diciamo
coraggiosamente; questo e` falso perche` opposto alla infallibile
verita`.

b) Evitiamo le occasioni pericolose che cosi` spesso s'incontrano nel
mondo. Certamente coloro che non vivono in clausura, sono fino a un
certo punto obbligati a mescolarsi col mondo, ma devono preservarsi
dallo spirito del mondo, vivendo nel mondo come se non fossero del
mondo; perche` Gesu` chiese al Padre di non togliere i suoi discepoli
dal mondo ma di preservarli dal male: "Non rogo ut tollas eos de
mundo, sed ut serves eos a malo" 215-5. E San Paolo vuole che
usiamo del mondo come se non ne usassimo: "Qui utuntur hoc mundo
tanquam non utantur" 215-6.

c) Questo debbono fare specialmente gli ecclesiastici; debbono, come
S. Paolo, poter dire che sono crocifissi al mondo e il mondo ad essi:
"Mihi mundus cruxifixus est et ego mundo" 215-7. Il mondo, sede
della concupiscenza, non puo` avere attrattive per noi; non puo`
ispirarci che ripugnanza, come noi siamo a nostra volta cosa
ributtante per lui, essendo il nostro carattere e il nostro abito una
condanna dei suoi vizi. Dobbiamo quindi evitare le relazioni puramente
mondane, dove noi ci troveremmo fuori posto. Abbiamo, e` vero, visite
di cortesia, d'affari e specialmente d'apostolato da fare e da
ricevere; ma queste visite dovranno essere brevi, e non dobbiamo
dimenticare cio` che e` detto di Nostro Signore dopo la sua
risurrezione, cioe` che non faceva piu` ai suoi discepoli che rare
apparizioni e soltanto per dare l'ultima mano alla loro formazione e
parlar loro del regno di Dio: "Apparens eis et loquens de regno
Dei" 215-8.

216. B) Non andremo quindi nel mondo se non per praticarvi
direttamente o indirettamente l'apostolato, vale a dire per portarvi
le massime e gli esempi del Vangelo. a) Non dimenticheremo che siamo
la luce del mondo: "Vos estis lux mundi" 216-1; e senza
convertire le nostre conversazioni in prediche (cio` che sarebbe
inopportuno) giudicheremo tutto, persone, avvenimenti e cose, alla
luce del Vangelo; invece di proclamare beati i ricchi e i forti,
faremo notare con tutta semplicita` che ci sono altre sorgenti di
felicita` fuori della ricchezza e della fortuna; che la virtu` trova gia`
la sua ricompensa fin di questa terra; che le gioie pure gustate in
seno alla famiglia sono le piu` dolci; che la soddisfazione di aver
fatto il proprio dovere consola molti sventurati e che una buona
coscienza vale anche meglio dell'ebbrezza del piacere. E potremo
citare qualche fatto particolare per far meglio intendere queste
osservazioni. Ma specialmente con l'esempio un prete edifica nella
conversazione; quando tutto, nel suo contegno e nelle sue parole,
rispecchia la semplicita`, la bonarieta`, una schietta allegria, la
carita`, in una parola la santita`, produce su quanti lo vedono e lo
sentono una impressione profonda; non si finisce mai di ammirare
quelli che vivono secondo le proprie convinzioni, e si stima una
religione che sa ispirare cosi` sode virtu`. Mettiamo dunque in pratica
quanto dice Nostro Signore: "Splenda la vostra luce dinanzi agli
uomini, affinche` vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre
vostro che sta nei cieli: Sic luceat lux vestra coram hominibus ut
videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in caelis
est" 216-2. Ma non sono solo i preti che praticano questo genere
d'apostolato, i laici convinti vi riescono anche meglio in quanto che
si e` meno diffidenti contro l'efficacia del loro esempio.

217. b) Spetta a questi uomini scelti e ai sacerdoti di ispirare ai
cristiani piu` timidi il coraggio di lottare contro la tirannia del
rispetto umano, della moda o della persecuzione legale. Uno dei mezzi
migliori e` la formazione di leghe o societa` composte di cristiani
autorevoli e coraggiosi che non temono di parlare e d'operare secondo
le proprie convinzioni. A questo modo i Santi riformarono i costumi
dei loro tempi 217-1. E a questo modo si fondarono nelle nostre
Scuole superiori e persino in Parlamento dei gruppi compatti che sanno
far rispettare le loro pratiche religiose e trascinare gli esitanti.
Il giorno in cui questi gruppi si saranno moltiplicati non solo nelle
citta` ma anche nelle campagne, il rispetto umano sara` presto ucciso e
la vera pieta`, se non sara` praticata da tutti, sara` per lo meno
rispettata.

218. In pratica dunque nessun compromesso col mondo nel senso che
l'abbiamo definito, nessuna concessione per piacergli o attirarsene la
stima. A ragione dice S. Francesco di Sales 218-1: "Comunque da
noi si operi, il mondo ci fara` sempre guerra... Lasciamo questo cieco,
o Filotea; strida pure come il gufo per molestare gli uccelli diurni.
Stiamo saldi nei nostri disegni, invariabili nei nostri propositi; la
perseveranza mostrera` se davvero e di buona voglia ci siamo consacrati
a Dio e dati alla vita devota".
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15/10/2013 12:42
 
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III. Lotta contro il demonio 219-1.

219. 1^ Esistenza e perche` della tentazione diabolica. Abbiamo
visto, n. 67, come il demonio, geloso della felicita` dei nostri
progenitori, li indusse a peccare e non riusci` che troppo bene nella
sua impresa; quindi il libro della Sapienza dichiara che "la morte
entro` nel mondo per l'invidia del demonio: Invidia diaboli mors
introivit in orbem" 219-2. D'allora in poi non cesso` mai
d'infierire contro i discendenti d'Adamo e di tendere loro insidie; e
benche`, dopo la venuta di Nostro Signore sulla terra e il suo trionfo
sopra Satana, l'impero ne sia di molto diminuito, pure non e` men vero
che noi dobbiamo lottare non solo contro la carne e il sangue, ma
anche contro le potenze delle tenebre e gli spiriti malvagi. Ce
l'afferma S. Paolo 219-3: "Non dobbiamo lottare contro carne e
sangue ma contro... spiriti malvagi: Quoniam non est nobis colluctatio
adversus carnem et sanguinem, sed adversus... mundi rectores
tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae". S. Pietro paragona il
demonio ad un leone ruggente che fa la ronda attorno a noi e cerca di
divorarci 219-4: "Adversarius vester diabolus tanquam leo
rugiens, circuit quaerens quem devoret".

220. La Provvidenza permette questi assalti in virtu` del principio
generale che Dio governa le anima non solo direttamente ma anche per
mezzo delle cause seconde, lasciando alle creature una certa liberta`
d'azione. D'altra parte ci avvisa di stare in guardia, e per
proteggerci c'invia in aiuto gli angeli buoni e in particolare
l'angelo custode (n. 186 ss.), senza dire dell'aiuto che ci
presta egli stesso o per mezzo del suo Figlio. Approfittandoci di
quest'aiuto, noi trionfiamo del demonio, ci rassodiamo nella virtu` e
acquistiamo meriti per il cielo. Quest'ammirabile condotta della
Provvidenza ci mostra anche meglio quale somma importanza dobbiamo
dare alla nostra salvezza e alla nostra santificazione, dacche` vi
prendono parte il cielo e l'inferno, e attorno all'anima nostra e
talora dentro l'anima stessa avvengono tra le potenze celesti e le
infernali fieri combattimenti la cui posta e` la vita eterna. Per
uscirne vittoriosi, vediamo come procede il demonio.

221. 2^ La tattica del demonio. A) Il demonio non puo` agire
direttamente sulle nostre facolta` superiori, l'intelligenza e la
volonta`, avendo Dio riservato a se` questo santuario; Dio solo puo`
penetrare nel centro dell'anima nostra e muovere i segreti congegni
della nostra volonta` senza farci violenza: Deus solus animae illabitur.

Ma puo` operare direttamente sul corpo, sui sensi esterni ed interni,
in particolare sulla fantasia e sulla memoria, come pure sulle
passioni che risiedono nell'appetito sensitivo; in questo modo viene
ad agire indirettamente sulla volonta`, che dai vari moti della
sensibilita` e` sollecitata a dare il suo consenso. Tuttavia, come
osserva S. Tommaso, "essa resta sempre libera di acconsentire o di
resistere a questi moti delle passioni: Voluntas semper remanet libera
ad consentiendum vel resistendum passioni" 221-1.

B) D'altra parte, benche` il potere del demonio sia molto esteso sulle
facolta` sensibili e sul corpo, questo potere e` limitato da Dio, che
non gli permette di tentarci sopra le nostre forze: "Fidelis autem
Deus est qui non patietur vos tentari supra id quod potestis; sed
faciet etiam cum tentatione proventum" 221-2. Chi dunque
s'appoggia su Dio con umilta` e confidenza e` sicuro di riuscire
vittorioso.

222. C) Non bisogna poi credere, dice S. Tommaso 222-1, che
tutte le tentazioni che abbiamo siano opera del demonio; la nostra
concupiscenza, mossa da abitudini passate e da imprudenze presenti,
basta a spiegarne un gran numero: "Unusquisque vero tentatur a
concupiscentia^ sua^ abstractus et illectus" 222-2. Come pure
sarebbe temerario l'affermare che non abbia influenza su nessuna
contrariamente al chiaro insegnamento della Scrittura e della
Tradizione; la sua gelosia contro gli uomini e il desiderio che ha di
farseli schiavi, ne spiegano abbastanza il malefico
intervento 222-3.

Or come riconoscere la tentazione diabolica? E` cosa difficile,
bastando la nostra concupiscenza a violentemente tentarci. Tuttavia si
puo` dire che quando la tentazione e` subitanea, violenta e di una
durata eccessiva, il demonio vi ha certamente una larga parte. Si puo`
argomentarlo specialmente quando la tentazione turba profondamente e a
lungo l'anima, quando suggerisce il gusto delle cose chiassose, delle
mortificazioni straordinarie ed appariscenti e principalmente quando
si e` fortemente inclinati a non dir nulla di tutto questo al proprio
direttore e a diffidare dei propri superiori 222-4.

223. 3^ Rimedi contro la tentazione diabolica. Questi rimedi ci sono
indicati dai Santi e particolarmente da S. Teresa 223-1.

A) Il primo e` una preghiera umile e fiduciosa, per trarre dalla nostra
parte Dio e gli angeli suoi. Se Dio e` con noi, chi sara` contro di noi?
Chi infatti puo` essere paragonato con Dio? "Quis ut Deus?"

Questa preghiera dev'essere umile; perche` nulla v'e` che metta piu`
rapidamente in fuga l'Angelo ribelle, il quale, ribellatosi per
orgoglio, non seppe mai praticare questa virtu`: l'umiliarsi dinanzi a
Dio, il riconoscersi impotenti a trionfare senza il suo aiuto,
sconcerta i disegni dell'Angelo superbo. Dev'essere pure fiduciosa;
perche`, premendo alla gloria di Dio il nostro trionfo, possiamo avere
piena fiducia nell'efficacia della sua grazia.

E` bene pure invocare S. Michele, che, avendo inflitto al demonio una
splendida sconfitta, sara` lieto di coronare la sua vittoria in noi e
per mezzo di noi. E volentieri lo assecondera` il nostro Angelo custode
se confidiamo in lui. Ma non dimenticheremo di pregare specialmente la
Vergine immacolata, che col piede verginale non cessa di schiacciare
il capo al serpente ed e` pel demonio piu` terribile di un esercito
schierato in battaglia.

224. B) Il secondo mezzo e` l'uso confidente dei sacramenti e dei
sacramentali. La confessione, essendo un atto d'umilta`, mette in fuga
il demonio; l'assoluzione che le tien dietro ci applica i meriti di
Gesu` Cristo e ci rende invulnerabili ai suoi dardi; la santa
comunione, mettendo nel nostro cuore Colui che ha vinto Satana, ispira
al demonio un vero terrore.

Gli stessi sacramenti, il segno della croce o le preghiere liturgiche
fatte con spirito di fede in unione con la Chiesa, sono pure di
prezioso aiuto. S. Teresa 224-1 raccomanda in particolare l'acqua
benedetta, forse perche` e` molto umiliante pel demonio vedersi
sbaragliato con un mezzo cosi` semplice.

225. C) Ultimo mezzo e` un sommo disprezzo del demonio. Ce lo dice
pure S. Teresa: "Frequentissimamente mi tormentano questi maledetti;
ma mi fanno proprio poca paura; perche` essi, e io lo vedo benissimo,
non possono muovere un passo senza il permesso di Dio.... Vorrei che
si sapesse bene, tutte le volte che noi li disprezziamo, essi perdono
di loro forze, e l'anima acquista su loro un sempre maggior impero....
Sono forti solo contro le anime codarde, che cedono loro le armi;
contro di costoro fanno mostra del loro potere" 225-1. Vedersi
disprezzati da esseri piu` deboli e` infatti una dura umiliazione per
questi spiriti superbi. Ora noi, come abbiamo detto, appoggiati
umilmente su Dio, abbiamo il diritto e il dovere di disprezzarli: "Si
Deus pro nobis, quis contra nos?" Possono abbaiare ma non possono
mordere, se, per imprudenza o per orgoglio, noi non ci mettiamo in
loro potere: "latrare potest, mordere non potest nisi volentem".

A questo modo pertanto la lotta che dobbiamo sostenere contro il
demonio, come pure contro il mondo e la concupiscenza, ci rassoda
nella vita soprannaturale, anzi vi ci fa anche progredire.
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