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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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24/10/2013 13:13
 
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sez. II. Dei doni in particolare.

I. Il dono del consiglio.

1321. 1^ Natura. A) Il dono del consiglio perfeziona la virtu` della
prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una
specie di intuizione soprannaturale, cio` che conviene fare,
specialmente nei casi difficili. Con la virtu` della prudenza noi
riflettiano e accuratamente ricerchiamo i mezzi migliori a conseguire
uno scopo, giovandoci delle lezioni del passato e traendo partito
dalle cognizioni presenti per prendere una savia risoluzione. Col dono
del consiglio la cosa corre altrimenti: lo Spirito Santo ci parla al
cuore e ci fa intendere in un istante quello che dobbiamo fare; onde
si effettua la promessa di Nostro Signore agli apostoli: "Quando
sarete posti nelle loro mani, non vi date pensiero di che o di come
abbiate a parlare, perche` in quel punto vi sara` dato cio` che dovrete
dire: nolite cogitare quomodo aut quid loquamini; dabitur enim vobis
in illa^ hora^ quid loquamini" 1321-1. Questo appunto vediamo nel
contegno di S. Pietro dopo la Pentecoste: arrestato dal Sinedrio,
riceve ordine di non predicar piu` Gesu` Cristo; ed egli subito
risponde: "Obedire oportet Dei magis quam hominibus 1321-2: e`
meglio ubbidire a Dio che agli uomini".

Molti santi godettero del dono del consiglio. S. Antonino lo possedeva
in si` alto grado che i posteri gli diedero il titolo di buon
consigliere, Antoninus consiliorum; veniva infatti consultato non solo
dai semplici fedeli, ma anche da uomini di Stato, specialmente da
Cosimo dei Medici, che lo scelse piu` volte per ambasciatore. Ammiriamo
pure questo dono in S. Caterina da Siena, la quale, benche`
giovanissima e senza studi, da` savi consigli a principi, a Cardinali,
agli stessi Sommi Pontefici; in S. Giovanna d'Arco che, ignara d'arte
militare, forma piani di guerra ammirati dai migliori capitani, e
indica ove attingesse la sua sapienza: "Voi siete stati al vostro
consiglio, e io pure sono stata al mio".

1322. B) L'oggetto proprio del dono del consiglio e` la buona
direzione delle azioni particolari; i doni della scienza e
dell'intelletto ci danno i principi generali; il dono del consiglio ce
li fa applicare ai mille casi particolari che ci si presentano: i lumi
dello Spirito Santo ci mostrano allora cio` che dobbiamo fare nel
tempo, nel luogo e nelle circostanze in cui ci troviamo; e, se siamo
incaricati di dirigere gli altri, quali consigli dobbiamo dare.

1323. 2^ Necessita`. A) A tutti questo dono e` necessario in certi
casi piu` importanti e piu` difficili, dove si tratta dell'eterna salute
o della propria santificazione, per esempio nella vocazione o in certe
occasioni di peccato che s'incontrano nell'esercizio del proprio
ufficio. Essendo la ragione umana fallibile ed incerta nelle sue vie e
non potendo procedere che lentamente, e` necessario, nei momenti
decisivi della vita, ricevere i lumi di questo divino Consigliere, che
abbraccia tutto con un unico sguardo e che in tempo opportuno ci fa
con sicurezza vedere cio` che dobbiamo fare in questa o quella
difficile circostanza 1323-1. "Col dono del consiglio, dice Mons.
Landrieux, l'anima cristiana ha il sicuro discernimento dei mezzi;
vede la propria via; e la batte intrepida, per ardua e arida e
ripugnante che sia... sapendo aspettar l'ora propizia" 1323-2.

B) Questo dono e` necessario specialmente ai superiori e ai sacerdoti,
cosi` per la propria come per l'altrui santificazione. a) E` talora cosi`
difficile saper conciliare la vita interiore con l'apostolato,
l'affetto che si deve alle anime con la perfetta castita`, la
semplicita` della colomba con la prudenza del serpente, che non e`
davvero di troppo un lume speciale dello Spirito Santo che suggerisca
nel momento opportuno la condotta da tenere. b) Parimenti i Superiori,
che devono far fedelmente osservare la regola e nello stesso tempo
conservarsi la fiducia e l'affetto dei sudditi, hanno bisogno di molto
discernimento per associare una giusta severita` con la bonta`, non
moltiplicar le prescrizioni e gli avvisi e fare osservare la regola
piu` per amore che per timore. c) Quanto ai direttori poi di qual lume
non hanno bisogno per discernere cio` che conviene a ognuno dei loro
diretti, conoscere i difetti e scegliere i mezzi migliori per
riformarli; dar retto giudizio sulla vocazione e guidare ogni anima al
grado di perfezione o al genere di vita a cui e` chiamata!

1324. 3^ Mezzi per coltivarlo. A) Per coltivar questo dono e`
necessario prima di tutto avere profondo sentimento della nostra
impotenza e ricorrere spesso allo Spirito Santo perche` ci faccia
conoscere le sue vie: "Vias tuas, Domine, demonstra mihi: et semitas
tuas edoce me" 1324-1. Verra` allora o in un modo o in un altro ad
illuminarci, perche` s'abbassa volentieri agli umili; principalmente se
ci studiamo di invocarlo fin dal mattino per tutta la giornata, poi al
principio delle principali azioni e specialmente nei casi difficili.

B) Bisogna pure abituarsi a prestare orecchio alla voce dello Spirito
Santo, a giudicar tutto alla sua luce senza lasciarsi muovere da
considerazioni umane, e a seguirne le minime ispirazioni; trovando
l'anima arrendevole e docile le parlera` al cuore con molto maggior
frequenza 1324-2.

II. Il dono della pieta`.

1325. 1^ Natura. Questo dono perfeziona la virtu` della religione,
che e` annessa alla giustizia, producendo nel cuore un affetto filiale
a Dio e una tenera devozione alle persone o alle cose divine, per
farci compiere con santa premura i doveri religiosi.

La virtu` della religione si acquista laboriosamente, il dono della
pieta` ci e` comunicato dallo Spirito Santo.

A) Ci fa vedere in Dio non piu` soltanto il supremo Padrone, ma un
ottimo e amantissimo Padre: "Accepistis spiritum adoptionis filiorum,
in quo clamamus: Abba, Pater" 1325-1. Onde ci allarga l'anima con
la confidenza e l'amore, senza escludere la debita riverenza.

Coltiva quindi in noi un triplice sentimenti: 1) Un rispetto filiale
per Dio, che ce lo fa adorare con santa premura, come un Padre
dilettissimo; onde le pratiche di pieta`, in cambio di riuscire
pesanti, diventano un bisogno dell'anima, uno slancio del cuore verso
Dio. 2) Un amor tenero e generoso, che ci porta a sacrificarci per Dio
e per la sua gloria, a fine di piacergli: "quae placita sunt ei facio
semper". Non e` quindi una pieta` egoista, che vada in cerca di
consolazioni; una pieta` inerte, che resti oziosa quando invece
bisognerebbe operare; una pieta` sentimentale, che cerchi soltanto
emozioni e si perda in fantasticherie: e` pieta` virile, che manifesta
l'amore facendo la divina volonta`. 3) Un'affettuosa ubbidienza, che
vede nei precetti e nei consigli la altamente sapiente e paterna
espressione dei divini voleri su di noi; onde un santo abbandono nelle
mani di questo amantissimo Padre, che conosce meglio di noi cio` che ci
conviene e che non ci prova se non per purificarci e unirci a lui:
"diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum" 1325-2.

1326. B) Questo stesso sentimento ci fa amare le persone e le cose
che partecipano dell'essere divino e delle sue perfezioni.

1) Onde amiamo e veneriamo la SS. Vergine, perche` e` Madre di Dio e
Madre nostra (n. 155-156); riversiamo in lei qualche cosa della
venerazione e dell'amore che abbiamo per Dio, essendo quella tra tutte
le creature che meglio riflette le divine perfezioni. 2) Cosi` pure
amiamo e veneriamo negli Angeli e nei Santi un riflesso dei divini
attributi. 3) La Sacra Scrittura diventa per noi la vera parola di Dio
e come una lettera scrittaci dal Padre celeste, che ce ne comunica il
pensiero e i disegni su di noi. 4) La Santa Chiesa e` per noi la Sposa
di Cristo, uscita dal sacro suo costato, che ne perpetua la missione
sulla terra, rivestita dell'infallibile sua autorita`; e la madre
nostra che ci genero` alla vita della grazia da lei alimentata coi
sacramenti. Prendiamo quindi parte a tutto cio` che prossimamente la
riguarda, ai suoi trionfi come alle sue umiliazioni; facciamo nostri
tutti gli interessi suoi, lieti di poterli promuovere; ne compatiamo i
dolori; abbiamo insomma per lei un amore filiale. Vi aggiungiamo pure
una cordiale ubbidienza, persuasi come siamo che l'assoggettarci ai
suoi precetti e` un ubbidire a Dio stesso: "qui vos audit, me
audit" 1326-1. 5) Il capo della Chiesa, il Sommo Pontefice, e` per
noi il luogotenente, il rappresentante visibile di Gesu` Cristo sulla
terra; onde riversiamo su lui la venerazione e l'amore che abbiamo pel
capo invisibile della Chiesa e dolce ci torna l'ubbidire a lui come a
Cristo stesso. 6) Questi sentimenti li proviamo pure verso i nostri
superiori, in cui vediamo volentieri Gesu` Cristo: "superiori meo
imaginem Christi imposui"; e se Dio ci affida degli inferiori, abbiamo
per loro quella filiale tenerezza che Dio ha per noi.

1327. 2^ Necessita`. A) Tutti i cristiani hanno bisogno di questo
dono per adempiere lietamente e premurosamente i doveri di religione
verso Dio, di rispettosa ubbidienza ai superiori e di condiscendenza
cogli inferiori. Senza di esso tratterebbero con Dio come con un
padrone: la preghiera riuscirebbe piu` un peso che una consolazione, le
prove provvidenziali parrebbero castighi severi ed anche ingiusti. Per
opera di questo dono, invece, Dio ci appare come Padre, a cui con
filiale contento porgiamo i nostri ossequi e con dolce sottomissione
baciamo quella mano che ci percuote solo per purificarci e unirci piu`
intimamente a lui.

1328. B) Questo dono e` assai piu` necessario ai sacerdoti, ai
religiosi, a tutte le persone che si consacrano a Dio pur vivendo nel
mondo. a) Senza di esso, i numerosi esercizi spirituali che formano
come la trama della loro vita, diverrebbero giogo insopportabile;
perche` non si puo` pensare lungamente a Dio che quando si ama; ora e`
appunto il dono della pieta` quello che, unito alla carita`, ci mette
nell'anima sentimenti di filiale tenerezza verso Dio, che trasformano
i pii esercizi in dolce conversazione col Padre celeste. Vengono
talora, e` vero, le aridita` a turbare questa conversazione, ma si
accettano pazientemente, anzi lietamente, come venienti da un Padre
che si nasconde solo per farsi cercare; e non desiderando che un'unica
cosa, di piacergli, si e` contenti di soffrire per lui: ubi amatur non
laboratur.

b) Non ci e` meno necessario questo dono per trattare con bonta` e
dolcezza le persone che non ci fossero naturalmente simpatiche; ed
avere paterna tenerezza per coloro che Dio si degna di affidarci,
appropriandoci i sentimenti di S. Paolo, che nei discepoli suoi voleva
formar Gesu` Cristo: "Filioli mei, quos iterum parturio donec formetur
Christus in vobis" 1328-1.

1329. 3^ Mezzi per coltivar questo dono. A) Il primo e` di meditar
frequentemente quei bei testi della Sacra Scrittura che descrivono la
bonta` e la misericordia paterna di Dio, verso gli uomini e
principalmente verso i giusti (n. 93-96). Il titolo di Padre e`
quello sotto cui si compiace di essere conosciuto ed amato, massime
nella Nuova Legge; onde dobbiamo ricorrere a lui, in ogni difficolta`,
con la premura e la confidenza di figli. Percio` amorosamente compiremo
le pratiche di pieta`, cercando prima di tutto il beneplacito di Dio e
non la nostra consolazione.

B) Il secondo e` di trasformare le azioni ordinarie in atti di
religione, facendole per piacere al Padre celeste (n. 527); cosi`
l'intiera nostra vita diventa una preghiera, e quindi un atto di pieta`
filiale verso Dio e di fraterna pieta` verso il prossimo. Onde mettiamo
perfettamente in pratica la parola di S. Paolo: "Exerce teipsum ad
pietatem... pietas autem ad omnia utilis est, promissionem habens vitae
quae nunc est et futurae: la pieta` e` utile a tutto: ha delle promesse
per la vita presente e per la futura" 1329-1.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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