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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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19/10/2013 18:17
 
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sez. III. L'accidia o pigrizia 883-1.

883. L'accidia o pigrizia si connette con la sensualita`, perche`
sorge in sostanza dall'amor del piacere in quanto ci porta a fuggire
lo sforzo o l'incomodo. Vi e` infatti in noi tutti una tendenza al
minimo sforzo che intorpidisce o diminuisce la nostra operosita`.
Esponiamone: 1^ la natura; 2^ la malizia; 3^ i rimedi.

884. 1^ Natura. A) L'accidia e` una tendenza all'ozio o almeno alla
negligenza e al torpore nell'operare. E` talora disposizione morbosa
proveniente da cattivo stato di salute; ma ordinariamente e` malattia
della volonta` che paventa e rifiuta lo sforzo. L'accidioso vuole
schivare ogni pena, tutto cio` che puo` turbarne il riposo e indurre
qualche fatica. Vero parassita, vive, per quanto gli e` possibile, a
spese altrui. Dolce e rassegnato finche` non viene disturbato,
s'arrabbia e incattivisce quando si vuol trarlo dalla sua inerzia.

b) Vi sono vari gradi nell'accidia. a) L'indolente non pone mano al
lavoro che con lentezza, fiacchezza e indifferenza; se fa qualche
cosa, la fa male. b) Il fannullone non rifiuta assolutemente il
lavoro, ma indugia, va a zonzo e ritarda indefinitamente l'affare che
aveva accettato. c) Il vero accidioso o pigro o infingardo non vuol
far nulla di faticoso e mostra spiccata avversione per ogni lavoro
serio di corpo e di mente.

C) Quando la pigrizia riguarda gli esercizi di pieta` ritiene in
particolar modo il nome di accidia e consiste in un certo disgusto
alle pratiche spirituali, che induce a farle con negligenza, ad
abbreviarle, e talora anche ad ometterle sotto vani pretesti. E` la
madre della tiepidezza, di cui parleremo a proposito della via
illuminativa.

885. 2^ Malizia. A) A capire la malizia dell'accidia, bisogna
ricordarsi che l'uomo e` fatto per il lavoro. Quando Dio ebbe creato il
nostro primo padre, lo pose in un giardino di delizie perche` lo
coltivasse: "ut operaretur et custodiret illum" 885-1. L'uomo
infatti non e`, come Dio, un essere perfetto; possiede molteplici
facolta` che hanno bisogno di operare pre perfezionarsi: e` quindi per
lui necessita` di natura il lavorare per coltivar queste facolta`, per
provvedere ai bisogni del corpo e dell'anima e tendere cosi` al proprio
fine. La legge del lavoro precede dunque il peccato originale. Caduto
l'uomo nel peccato, il lavoro divento` per lui non solo legge di natura
ma castigo, nel senso che il lavoro gli riesce ora penoso ed e` come
mezzo per riparare il peccato; col sudore della fronte dobbiamo
mangiare il nostro pane, il pane dell'intelligenza e il pane che
nutrisce il corpo: "in sudore vultus tui vesceris pane" 885-2.

Ora a questa doppia legge, naturale e positiva, contravviene
l'accidioso; onde commette un peccato la cui gravita` dipende dalla
gravita` dei doveri da lui trascurati. a) Quando giunge fino a
trascurare i doveri religiosi necessari alla sua eterna salute o alla
sua santificazione, fa peccato grave. Cosi` pure quando trascura
volontariamente, in materia rilevante, qualcuno dei doveri del suo
stato. b) Se poi questo torpore non gli fa trascurare che doveri,
religiosi o civili, di non molta importanza, il peccato e` soltanto
veniale. Ma il pendi`o e` sdrucciolevole e, se questa indolenza non
viene combattuta, presto si aggrava e diventa piu` funesta e piu`
colpevole.

886. B) Rispetto alla perfezione, l'accidia o pigrizia spirituale e`
uno degli ostacoli piu` seri pei funesti suoi effetti.

a) Rende la vita piu` o meno sterile.. Si puo` infatti applicare
all'anima quanto la Sacra Scrittura dice del campo dell'uomo pigro:

"Passai accanto al podere di un neghittoso
e presso il vigneto d'un uomo privo di senno:
ed eccoli pieni di erbacce;
le ortiche ne coprivano la superficie,
e il muricciolo di pietre giaceva demolito.
A quella vista io riflettei:
quello spettacolo fu per me una lezione.
Un po' sonnecchiare, un po' dormire,
un po' con le mani in mano per riposare;
e ti sopraggiunge, come un vagabondo, la miseria
e l'indigenza come un accattone" 886-1.

E` proprio cio` che si trova nell'anima dell'accidioso: invece delle
virtu` vi crescono i vizi, e i muri che la mortificazione aveva eretto
a proteggerne la virtu`, a poco a poco si sgretolano e preparono la via
all'invasione del nemico, vale a dire del peccato.

887. b) Presto infatto le tentazioni diventano piu` vigorose e piu`
insistenti: "perche` l'ozio insegna molta malizia, multam malitiam
docuit otiositas" 887-1. Per questo vizio e per l'orgoglio rovino`
Sodoma: "Ecco quale fu il delitto di Sodoma: l'orgoglio, l'abbondanza
e l'accidioso riposo in cui vivevano le sue donne" 887-2. La
mente e il cuore dell'uomo non possono infatti restare inoperosi: se
non si occupano nello studio o in qualche altro lavoro, vengono subito
invasi da una folla di fantasmi, di pensieri, di desideri e d'affetti;
ora, nello stato di natura decaduta, cio` che domina in noi, quando non
le contrastiamo, e` la triplice concupiscenza; saranno quindi pensieri
sensuali, ambiziosi, orgogliosi, egoistici, interessati, quelli che
prenderanno il sopravvento nell'anima e la esporranno al
peccato 887-3.

888. C) Si tratta quindi non solo della perfezione dell'anima ma
anche della eterna salvezza. Perche`, oltre le colpe positive in cui
l'ozio ci fa cadere, il solo fatto di non adempiere gli importanti
nostri doveri e` sufficiente causa di riprovazione. Fummo creati per
servir Dio e adempiere i doveri del nostro stato, siamo operai mandati
da Dio a lavorar nella sua vigna; ora il padrone non chiede soltanto
agli operai di astenersi dal mal fare, ma vuole che lavorino; se
quindi, anche senza commettere atti positivi contro le leggi divine,
noi incrociamo le braccia invece di lavorare, il Padrone non avra`
ragione di rimproverarci, come agli operai evangelici, il nostro ozio?
"quid statis tota die otiosi?" L'albero sterile, pel solo fatto di non
produr frutti, merita di essere tagliato e gettato al fuoco: "omnis
ergo arbor, quae non facit fructum bonum, excidetur et in ignem
mittetur" 888-1.

889. 3^ Rimedi. A) A guarire il pigro bisogna prima di tutto
inculcargli convinzioni profonde sulla necessita` del lavoro, fargli
capire che ricchi e poveri sono soggetti a questa legge, e che il
mancarvi basta ad incorrere l'eterna dannazione. E` questa la lezione
che ci da` Nostro Signore nella parabola del fico sterile; per tre anni
viene il padrone a cercarvi frutti: non trovandovene, ordina al
vignaiuolo di atterrarlo: "succide illam, ut quid terram
occupat?" 889-1.

Ne` si dica: io sono ricco e non ho bisogno di lavorare. -- Se non
avete bisogno di lavorare per voi, dovete farlo per gli altri. Ve lo
comanda Dio, vostro padrone: vi diede le braccia, un'intelligenza, un
cervello, dei mezzi, perche` li utilizziate a gloria sua e a bene dei
fratelli. Non mancano certo le opere buone da fare: quanti poveri da
soccorrere, quanti ignoranti da istruire, quanti cuori affranti da
consolare, quante grandi imprese da fondare per dare a chi ne
abbisogna pane e lavoro! E volendo farsi una numerosa famiglia, non
bisogna forse penare e faticare per assicurare l'avvenire dei figli?
Non si dimentichi dunque la grande legge della solidarieta` cristiana,
in virtu` della quale il lavoro dei singoli serve a tutti, mentre la
pigrizia nuoce tanto al bene generale come al particolare.

890. B) Alle convinzioni conviene aggiungere il continuato e
metodico sforzo, applicando le regole esposte sulla educazione della
volonta`, n. 812. E poiche` il pigro indietreggia come per istinto
davanti allo sforzo, e` opportuno mostrargli che in fin dei conti non
vi e` uomo piu` infelice dell'ozioso: perche`, non sapendo come impiegare
o, com'egli dice, ammazzare il tempo, s'annoia, si disgusta di tutto,
e finisce col prendere in orrore la stessa vita. Non e` dunque meglio
fare un poco di sforzo, rendersi utile, e procurarsi un poco di
felicita` studiandosi di rendere felici quelli che gli stanno intorno?

Fra gli accidioso vi sono di quelli che adoprano una certa attivita`,
ma unicamente in giuochi, in divertimenti ginnastici, in riunioni
mondane. Si rammenti a costoro che cosa seria e` la vita e che si e`
obbligati a rendersi utili, cosicche` rivolgano l'attivita` a campo piu`
nobile e sentano orrore di essere parassiti. Il matrimonio cristiano,
con gli obblighi domestici che porta seco, e` spesso ottimo rimedio: un
padre di famiglia sente bisogno di lavorare per i figli, e di non
affidare a stranieri l'amministrazione dei loro beni.

Quello pero` che non bisogna cessar mai di richiamare, e` lo scopo della
vita: 890-1 siamo qui sulla terra, non per vivere da parassiti,
ma per conquistarci, col lavoro e con la virtu`, un posto nel cielo. E
Dio continuamente ci ripete: Che fate dunque qui, o pigri? Andate
anche voi a lavorare nella mia vigna. "Quid hic statia tota die
otiosi?... Ite et vos in vineam meam" 890-2.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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