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19/10/2013 16:43 | |
II. La pratica della penitenza.
A praticar la penitenza in modo piu` perfetto, conviene unirsi a Gesu`
penitente chiedendogli di vivere in noi col suo spirito di vittima
(n. 738); e poi associarsi ai suoi sentimenti e alle sue opere di
penitenza.
743. Questi sentimenti sono assai bene espressi nei salmi
specialmente nel Miserere.
a) Prima di tutto la memoria abituale e dolorosa dei propri peccati:
"peccatum meum contra me est semper" 743-1. Non conviene certi
riandarli distintamente nella mente potendosi con cio` turbar
l'immaginazione e cagionar nuove tentazioni. Bisogna ricordarsene in
generale e soprattutto nutrirne sentimenti di contrizione e
d'umiliazione.
Abbiamo offeso Dio alla sua presenza "et malum coram te
feci" 743-2, quel Dio che e` la santita` stessa e che odia
l'iniquita`, quel Dio che e` tutto amore e che noi abbiamo oltraggiato
profanandone i doni. Non ci resta che ricorrere alla sua misericordia
e implorarne il perdono, e bisogna farlo spesso: "Miserere mei, Deus,
secundum magnam misericordiam tuam" 743-3. Abbiamo, e` vero,
speranza d'essere stati perdonati; ma, bramosi di sempre piu` perfetta
mondezza, chiediamo umilmente a Dio di purificarci ognor piu` nel
sangue di suo Figlio: "amplius lava me ab iniquitate mea et a peccato
meo munda me" 743-4. Per unirci piu` intimamente a lui, vogliamo
che i nostri peccati siano distrutti, che non ne resti piu` traccia:
"omnes iniquitates meas dele"; desideriamo che la mente e il cuore
siamo rinnovati: "cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum
innova in visceribus meis", che ci sia resa la gioia della buona
coscienza: "Redde mihi laetitiam salutaris tui" 743-5.
744. b) Questa dolorosa memoria e` accompagnata da un senso di
perpetua confusione: "operuit confusio faciem meam" 744-1.
Confusione che portiamo davanti a Dio, come Gesu` Cristo porto` davanti
al Padre l'onta` delle nostre offese, massimamente nell'orto
dell'agonia e sul Calvario. La portiamo davanti agli uomini,
vergognosi di vederci carichi di delitti nell'assemblea dei Santi. La
portiamo davanti a noi stessi, non potendoci soffrire ne` sopportare
nella nostra vergogna, ripetendo sinceramente col prodigo: "Padre, ho
peccato contro il cielo e contro di voi" 744-2; e col pubblicano:
"O Dio, abbi pieta` di me, peccatore" 744-3.
745. c) Ne nasce un salutare timor del peccato, un orrore profondo
per tutte le occasioni che vi ci possono condurre. Perche`, non ostante
la buona volonta`, restiamo esposti alla tentazione e alle ricadute.
Rimaniamo quindi sommamente diffidenti di noi stessi e dal fondo del
cuore ripetiamo la preghiera di S. Filippo Neri: O Signore, non vi
fidate di Filippo, che` altrimenti vi tradira`; aggiundendovi: "non ci
lasciate cadere nella tentazione: et ne nos inducas in tentationem".
Questa diffidenza ci fa prevedere le occasioni pericolose in cui
potremmo soccombere, i mezzi positivi per assicurar la nostra
perseveranza e ci rende vigilanti a schivar le minime imprudenze.
Evita pero` con ogni premura lo scoraggiamento: quanto maggior
coscienza abbiamo della nostra impotenza, tanto maggior fiducia
dobbiamo riporre in Dio, sicuri che per l'efficacia della sua grazia
riusciremo vittoriosi, soprattutto se a questi sentimenti uniamo le
opere di penitenza. |