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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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19/10/2013 16:41
 
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sez. I. Del peccato mortale 710-1.

710. Per pronunziare un retto giudizio sul peccato grave, bisogna
considerare:
* 1^ che cosa ne pensa Dio;
* 2^ che cosa e` in se` stesso;
* 3^ i funesti suoi effetti.

Chi con la meditazione approfondisca queste considerazioni, avra` per
il peccato un odio invincibile.

I. Che cosa pensa Dio del peccato mortale.

Per averne una qualche idea, vediamo come lo castighi e come lo
condanni nella S. Scrittura.

711. 1^ Come lo castiga. A) Negli angeli ribelli: non commettono che
un solo peccato, un peccato interno, un peccato di superbia, e Dio,
loro Creatore e loro Padre, Dio che li amava non solo come opera delle
sue mani ma anche come figli adottivi, si vede obbligato, per punirne
la ribellione, a precipitarli nell'inferno, dove, per tutta
l'eternita`, saranno separati da lui e privi quindi di ogni felicita`.
Eppure Dio e` giusto e non punisce mai i colpevoli piu` di quanto
meritino; e` misericordioso perfino nei castighi temperandone il rigore
colla bonta`. Dev'essere dunque qualche cosa d'abbominevole il peccato
per meritare d'essere punito tanto rigorosamente.

712. B) Nei nostri progenitori: erano stati ricolmi d'ogni sorta di
beni, naturali, preternaturali e soprannaturali, n. 52-66. Ma
commettono essi pure un peccato di disubbidienza e di superbia, ed
ecco che perdono subito, con la vita della grazia, i doni gratuiti che
erano stati cosi` liberalmente loro largiti, vengono cacciati dal
paradiso originale, di cui subiamo ancora le tristi conseguenze
(n. 69-75). Ora Dio amava i nostri progenitori e se il Dio della
giustizia e della misericordia dovette castigarli tanto severamente,
perfino nella posterita`, vuol dunque dire che il peccato e` un male
orribile che non potremo mai detestare abbastanza.

713. C) Nella persona del Figlio. Per non lasciar eternamente perire
l'uomo e conciliar nello stesso tempo i diritti della giustizia e
della misericordia, il Padre manda il Figlio sulla terra, lo
costituisce capo del genere umano, commettendogli d'espiare e riparare
il peccato in vece nostra. Or che gli chiede per questa redenzione?
Trentatre` anni di patimenti e di umiliazioni, coronati dalla fisica e
morale agonia dell'orto degli Ulivi, del Sinedrio, del Pretorio, del
Calvario. Chi vuol sapere che cosa sia il peccato, segua passo passo
il divin Salvatore, dal presepio alla Croce: nella vita nascosta, ove
pratica l'umilta`, l'obbedienza, la poverta`, il lavoro; nella vita
apostolica, tra le fatiche, le delusioni, gli affanni, le persecuzioni
di cui e` vittima; nella vita paziente, ove soffri` tali torture fisiche
e morali, da parte degli amici e dei nemici, da venire a ragione
chiamato l'uomo dei dolori; e poi dica a se` stesso in tutta sincerita`:
ecco l'opera dei miei peccati, "vulneratus est propter iniquitates
nostras, attritus est propter scelera nostra". Cosi` stentera` meno a
comprendere che il peccato e` il piu` grande dei mali.

714. 2^ Come Dio condanna il peccato. La S. Scrittura ci presenta il
peccato come la cosa piu` abominevole e criminosa.

a) E` una disubbidienza a Dio, una trasgressione dei suoi ordini, che
viene severamente e giustamente punita, come si vede nei nostro
progenitori 714-1. Nel popolo d'Israele, che appartiene in modo
speciale a Dio, questa disobbedienza e` considerata come rivolta e
ribellione 714-2. b) E` un'ingratitudine verso il piu` insigne dei
benefattori, un'empieta` verso il piu` amabile dei padri: "Filios
enutrivi et exaltavi, ipsi autem spreverunt me" 714-3. c) E` una
mancanza di fedelta`, una specie d'adulterio, perche` Dio e` lo sposo
delle anime e giustamente esige inviolabile fedelta`: "Tu autem
fornicata es cum amatoribus multis" 714-4. d) E` un'ingiustizia,
perche` violiamo apertamente i diritti di Dio sopra di noi: "Omnis qui
facit peccatum et iniquitatem facit, et peccatum est
iniquitas" 714-5.

II. Che cosa e` il peccato mortale in se` stesso.

Il peccato mortale e` il male, l'unico vero male, perche` tutti gli
altri mali non ne sono che la conseguenza o il castigo.

715. 1^ Riguardo a Dio, e` un delitto di lesa maesta` divina: infatti
offende Dio in tutti i suoi attributi, ma soprattutto come primo
nostro principio, ultimo nostro fine, Padre nostro e nostro
benefattore.

A) Essendo Dio il primo nostro principio, il nostro Creatore, da cui
ci viene tutto cio` che siamo e tutto cio` che possediamo, e` per cio`
stesso il nostro supremo Padrone, a cui dobbiamo ubbidienza assoluta.
Ora, col peccato mortale, noi lo disubbidiamo, facendogli l'ingiuria
di preferire la volonta` nostra alla sua, una creatura al Creatore!
Facciamo anzi di peggio: ci rivoltiamo contro di lui, noi che per
creazione siamo sudditi suoi assai piu` che non siano sudditi gli
uomini soggetti ad un principe. a) Rivolta tanto piu` grave in quanto
che e` Padrone infinitamente sapiente e infinitamente buono che nulla
ci ordina che non sia nello stesso tempo utile alla nostra felicita`
come alla sua gloria, mentre la nostra volonta`, ben lo sappiamo, e`
fiacca, fragile, soggetta all'errore: eppure la preferiamo a quella di
Dio! b) Questa rivolta poi e` tanto meno scusabile, perche`, istruiti
fin dall'infanzia da genitori cristiani, abbiamo conoscenza piu`
chiara, piu` esatta dei diritti di Dio su di noi, e della malizia del
peccato, cosicche` operiamo sapendo bene quello che facciamo. c) E
perche` tradiamo cosi` il nostro Padrone? Per un vile piacere che ci
avvilisce e ci abbassa al livello dei bruti; per uno stolto orgoglio
con cui ci appropriamo la gloria che appartiene solo a Dio; per un
interesse, per un guadagno passeggiero a cui sacrifichiamo un bene
eterno!

716. B) Dio e` pure l'ultimo nostro fine: ci creo` e non pote` creare
che per se`, non essendovi fuori di lui bene alcuno piu` grande in cui
possiamo trovar la nostra perfezione e la nostra felicita`; ma poi e`
giusto e necessario che, usciti da Dio, a lui ritorniamo; essendo cosa
sua e sua proprieta`, dobbiamo riverirlo, lodarlo, servirlo e
glorificarlo 716-1; teneramente amati da lui, dobbiamo anche noi
riamarlo con tutta l'anima: nell'amarlo e nell'adorarlo troviamo la
felicita` e la perfezione. Ha quindi stretto diritto che l'intiera
nostra vita con tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le azioni,
sia rivolta a lui e lo glorifichi.

Ora, col peccato mortale, ci stacchiamo volontariamente da lui per
dilettarci in un bene creato; gli facciamo l'ingiuria di preferirgli
una sua creatura o meglio l'egoistica nostra soddisfazione; perche` in
fondo piu` che alla creatura ci attacchiamo al diletto che in lei
troviamo. E` una flagrante ingiustizia, perche` si tende a privar Dio
degli imprescrittibili suoi diritti su di noi e di quella gloria
esterna che gli dobbiamo; e` una specie d'idolatria, che erige, nel
tempio del nostro cuore, un idolo a fianco del vero Dio; e` un
disprezzar la fonte d'acqua viva, che sola puo` dissetar le anime, e
preferirgli quell'acqua fangosa che si trova in fondo alle cisterne
scrostate, secondo l'energico linguaggio di Geremia 716-2: Duo
enim mala fecit populus meus: me dereliquerunt fontem aquae vivae, et
foderunt sibi cisternas, cisternas dissipatas, quae continere non
valent aquas".

717. C) Dio e` pure per noi un Padre, che ci adotto` per figli e ci
tratta con sollecitudine tutta paterna (n. 94), colmandoci dei piu`
preziosi suoi benefici, dotandoci di soprannaturale organismo onde
farci vivere di vita simile alla sua, e largheggiando con noi di
copiose grazie attuali onde porre in atto i suoi doni e accrescerci la
vita soprannaturale. Ora, col peccato mortale, disprezziamo questi
doni, ne abusiamo anzi per volgerli contro il nostro benefattore e il
nostro Padre, profaniamo le sue grazie e l'offendiamo nel momento
stesso in cui ci colma dei suoi beni. Non e` ingratitudine tanto piu`
colpevole quanto maggiori sono i doni ricevuti, che grida vendetta
contro di noi?

718. 2^ Rispetto a Gesu` Cristo, nostro redentore, il peccato e` una
specie di deicidio. a) E` infatti il peccato che cagiono` i patimenti e
la morte del divin Salvatore: "Christus passus est pro
nobis 718-1... Lavit nos a peccatis nostris in sanguine
suo" 718-2. Perche` questo pensiero ci faccia impressione dobbiamo
richiamare la parte che abbiamo personalmente avuta nella dolorosa
Passione del Salvatore. Son io che con un bacio ho tradito il mio
maestro, e qualche volta anche per qualche cosa di meno di trenta
denari; io che fui causa del suo arresto e della sua condanna a morte;
io ero la` col popolaccio a gridare: Non hunc, sed Barabbam...
Crucifige eum 718-3; io ero la` coi soldati a flagellarlo con le
mie immortificazioni, a coronarlo di spine con gl'interni miei peccati
di sensualita` e d'orgoglio, a porgli sulle spalle la pesante croce e a
crocifiggerlo. Come bene spiega l'Olier 718-4, "la nostra avarizia
inchioda la sua carita`, la nostra collera la sua dolcezza, la nostra
impazienza la sua pazienza, il nostro orgoglio la sua umilta`; e cosi`
con i nostri vizi attanagliamo, stringiamo in catene e facciamo a
brani Gesu` Cristo abitante in noi". Quanto dobbiamo odiare il peccato
che ha cosi` crudelmente inchiodato alla croce il nostro Salvatore!

b) Ora non possiamo certamente infliggergli piu` nuove torture perche`
non puo` piu` patire; ma le presenti nostre colpe continuano ad
offenderlo perche`, commettendole volontariamente, disprezziamo il suo
amore e i suo benefici, rendiamo inutile per noi il sangue da lui cosi`
generosamente versato, lo priviamo di quell'amore, di quella
riconoscenza, di quell'ubbidienza, a cui ha diritto. Non e` un
corrispondere al suo amore con la piu` nera ingratitudine e chiamar
quindi sul nostro capo i piu` gravi castighi?
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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