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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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17/10/2013 11:16
 
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II. Obbligo fondato sulle Costituzioni e sulle Regole.

373. Chi entra nello stato religioso, si obbliga con cio` stesso a
osservarne le Costituzioni e le Regole, che sono spiegate nel corso
del noviziato prima della professione. Ora qualunque sia la
Congregazione che uno abbraccia, non ce n'e` alcuna che non si proponga
per fine la santificazione dei suoi membri, e che non determini,
talvolta in modo molto particolareggiato, le virtu` che si devono
praticare e i mezzi che ne agevolano l'esercizio. Chi e` sincero si
obbliga quindi ad osservare, almeno sostanzialmente, questi diversi
regolamenti, e con cio` ad elevarsi a un certo grado di perfezione;
perche`, quand'anche non si pratichino le regole che all'ingrosso, ci
sono pur sempre molte occasioni di mortificarsi in cose che non sono
di precetto; e lo sforzo che per questo si e` obbligati a fare e` uno
sforzo verso la perfezione.

374. Qui si presenta la questione se le mancanze alle regole
religiose siano peccato o semplice imperfezione. Per rispondervi
bisogna fare varie distinzioni.

a) Vi sono regole che prescrivono la fedelta` alle virtu` di precetto o
ai voti, o i mezzi necessari per osservarli, come sarebbe la clausura
per le comunita` claustrali. Coteste regole obbligano in coscienza,
appunto perche` non fanno che promulgare un obbligo risultante dagli
stessi voti; infatti facendoli uno si obbliga ad adempierli e ad usare
i mezzi necessari per la loro osservanza. Obbligano sotto pena di
peccato grave o leggiero, secondo che grave o leggiera ne e` la
materia. Sono quindi regole precettive, e in certe Congregazioni sono
nettamente indicate sia direttamente, sia indirettamente, con una
sanzione grave che implica una colpa dello stesso genere.

375. b) Vi sono invece regole che o esplicitamente o implicitamente
sono date come puramente direttive. 1) Il mancarvi senza ragione e`
certamente un'imperfezione morale; ma non e` in se` peccato neppur
veniale, non essendovi violazione d'una legge o d'un precetto.
2) Tuttavia S. Tommaso 375-1 fa giustamente notare che si puo`
peccar gravemente contro la regola se si viola per disprezzo
(disprezzo della regola o dei Superiori); leggermente, se si viola per
negligenza volontaria, per passione, per collera, per sensualita`, o
per qualsiasi altro motivo peccaminoso; in tali casi la colpa sta nel
motivo. Si puo` aggiungere con S. Alfonso che la colpa puo` essere grave
quando le mancanze sono frequenti e deliberate, sia per lo scandalo
che ne risulta e che induce gradatamente un notevole indebolimento
della disciplina, sia perche` il colpevole s'espone cosi` a farsi
cacciare dalla Comunita` con gran detrimento dell'anima.

376. Ne consegue che i Superiori sono obbligati per dovere del
proprio stato a fare diligentemente osservare le regole, e che chi
trascura di reprimere le trasgressioni anche leggiere della regola,
quando tendono a diventare frequenti, puo` commettere colpa grave,
perche` promuove in tal modo il rilassamento progressivo, che in una
comunita` e` grave disordine. Tale e` la dottrina del De Lugo, di
S. Alfonso, dello Schram 376-1 e di molti altri teologi.

Del resto il vero religioso non fa tutte queste distinzioni ma osserva
la regola piu` esattamente che puo`, sapendo che e` questo il mezzo
migliore di piacere a Dio: "Qui regulae vivit Deo vivit, vivere in
conformita` della regola e` vivere per Dio". Parimenti non si contenta
di osservar puramente i voti ma ne pratica anche lo spirito,
sforzandosi di progredire ogni giorno piu` verso la perfezione, secondo
le parole di S. Giovanni: "Chi e` santo si santifichi di piu`"; e allora
s'avverano per lui le parole di S. Paolo: "Chi seguira` questa regola
godra` la pace e potra` fare assegnamento sulla divina misericordia, pax
super illos et misericordia" 376-2.

ART. III. DELL'OBBLIGO PER I SACERDOTI DI TENDERE ALLA
PERFEZIONE 377-1.

377. I sacerdoti, in virtu` del loro ministero e della missione che
loro incombe di santificare le anime, sono obbligati a una santita`
interiore piu` perfetta di quella dei semplici religiosi non elevati al
sacerdozio. Tal e` l'espressa dottrina di S. Tommaso, confermata dai
piu` autentici documenti ecclesiastici: "quia per sacrum ordinem
aliquis deputatur ad dignissima ministeria, quibus ipsi Christo
servitur in sacramento altaris; ad quod requiritur major sanctitas
interior, quam requirat etiam religionis status" 377-2. I
Concilii, massime quello di Trento 377-3, i Sommi Pontefici,
specialmente Leone XIII 377-4 e Pio X 377-5, insistono tanto
sulla necessita` della santita` per sacerdote, che il negare la nostra
tesi sarebbe un mettersi in flagrante contraddizione con queste
irrefragabili autorita`. Ci basti ricordare che Pio X, in occasione del
cinquantesimo anniversario del suo sacerdozio, pubblico` una lettera
indirizzata al clero cattolico, ove dimostra la necessita` della
santita` per sacerdote e indica esattamente i mezzi necessari per
acquistarla, mezzi che, a dirlo di passata, sono quelli stessi che
inculchiamo noi nei nostri Seminarii. Dopo aver descritto la santita`
interiore (vitae morumque sanctimonia), dichiara che sola questa
santita` ci rende quali la divina nostra vocazione richiede: uomini
crocifissi al mondo, rivestiti dell'uomo nuovo, che non aspirino se
non ai beni celesti e che si studino con ogni mezzi possibile
d'inculcare agli altri gli stessi principi: "Sanctitas una nos efficit
quales vocatio divina exposcit: homines videlicet mundo crucifixos...
homines in novitate vitae ambulantes... qui unice in caelestia tendant
et alios eodem adducere omni ope contendant".

378. Il Codice sanci` queste idee di Pio X, insistendo, piu` che
l'antica legislazione non facesse, sulla necessita` della santita` pel
sacerdote e sui mezzi di praticarla. Dichiara nettamente che "gli
ecclesiastici devono condurre una vita interiore ed esteriore piu`
santa dei laici e dar loro buon esempio con le virtu` e le buone
opere". Aggiunge che i Vescovi devono fare in modo "che gli
ecclesiastici s'accostino frequentemente al Sacramento della Penitenza
per purificarsi delle loro colpe; che ogni giorno attendano per un po'
di tempo all'orazione mentale, visitino il SS. Sacramento, recitino il
rosario in onore della Vergine Madre di Dio, e facciano l'esame di
coscienza. Almeno ogni tre anni, i preti secolari devono fare, in una
casa pia o religiosa, gli esercizi spirituali per quel tempo che verra`
stabilito dal Vescovo; ne` potranno esserne dispensati se non in casi
particolari, per ragioni gravi e coll'espressa licenza dell'Ordinario.
Tutti gli ecclesiastici, massime i sacerdoti, sono obbligati in modo
particolare a porgere al proprio Ordinario rispetto e
obbedienza 378-1.

Del resto la necessita` pel sacerdote di tendere alla perfezione si
prova:
* 1^ con l'autorita` di Nostro Signore e di San Paolo;
* 2^ col Pontificale;
* 3^ dalla natura stessa degli uffici sacerdotali.

I. L'insegnamento di Gesu` e di S. Paolo.

379. 1^ Nostro Signore insegna eloquentemente, cosi` con gli esempi
che con le parole, la necessita` della santita` pel sacerdote.

Ne da` l'esempio. A) Egli, che fin da principio era pieno di grazia e
di verita`, "vidimus eum... plenum gratiae et veritatis", volle
sottomettersi in quanto poteva, alla legge del progresso: "progrediva,
dice S. Luca, in sapienza, in eta`, in grazia davanti a Dio e davanti
agli uomini: "proficiebat sapientia^ et aetate et gratia^ apud Deum et
homines" 379-1. E per trent'anni si venne preparando al suo
ministero pubblico con la pratica della vita nascosta e con tutto cio`
che le e` connesso: preghiera, mortificazione, umilta`, obbedienza. Tre
parole compendiano trent'anni della vita del Verbo Incarnato: "Erat
subditus illis" 379-2. Per predicare piu` efficacemente le virtu`
cristiane, comincio` col praticarle: "coepit facere et
docere" 379-3; tanto che avrebbe potuto dire di tutte le virtu` cio`
che disse della dolcezza e dell'umilta`: "discite a me quia mitis sum
et humilis corde" 379-4. Quindi, verso il fine della vita,
dichiara con tutta semplicita` che si santifica e si sacrifica (la
parola sanctifico ha questo doppio senso) perche` i suoi apostoli, e i
suoi sacerdoti loro successori, si santifichino anch'essi in tutta
verita`: "Et pro eis ego sanctifico me ipsum ut sint et ipsi
sanctificati in veritate" 379-5. Ora il sacerdote e` il
rappresentante di Gesu` Cristo sulla terra, e` un altro Cristo: "pro
Christo ergo legatione fungimur" 379-6. Anche noi dobbiamo quindi
tendere incessantemente alla santita`.

380. B) La qual cosa del resto risulta pure dagl'insegnamenti del
Maestro. Durante i tre anni della vita pubblica, il grande suo lavoro
e` la formazione dei Dodici: questa l'occupazione principale, non
essendo la predicazione al popolo che un accessorio e, some a dire, un
modello del come i suoi discepoli avrebbero poi dovuto predicare. Dal
che derivano le seguenti conclusioni:

a) Gli altissimi insegnamenti sulla beatitudine, sulla santita`
interiore, sull'abnegazione, sull'amor di Dio e del prossimo, sulla
pratica dell'obbedienza, dell'umilta`, della dolcezza e di tutte le
altre virtu` cosi` spesso inculcate nel Vangelo, sono certamente rivolti
a tutti i cristiani che aspirano alla perfezione, ma prima di tutto
agli Apostoli e ai loro successori: sono essi infatti gli incaricati
d'insegnare ai semplici fedeli questi grandi doveri, piu` con l'esempio
che con le parole, come il Pontificale rammenta ai diaconi: "Curate ut
quibus Evangelium ore annuntiatis, vivis operibus exponatis". Ora,
come tutti convengono, quest'insegnamenti formano un codice di
perfezione e di altissima perfezione. I sacerdoti sono dunque
obbligati, per dovere del proprio stato, ad accostarsi alla santita`.

381. b) Agli Apostoli in modo tutto particolare e ai sacerdoti sono
dirette quelle esortazioni a maggior perfezione contenute in molte
pagine del Vangelo: "Voi siete il sale della terra... voi siete la
luce del mondo: Vos estis sal terrae... Vos estis lux mundi" 381-1.
La luce di cui si parla non e` soltanto la scienza, ma e` pure e
principalmente l'esempio che illumina e stimola piu` della scienza:
"Risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinche`, vedendo le
vostre opere buone, glorifichino il Padre vostro che e` nei Cieli: Sic
luceat lux vestra coram hominibus, ut videant opera vestra bona, et
glorificent Patrem vestrum qui in caelis est" 381-2. A loro pure in
modo speciale si rivolgono i consigli sulla poverta` e sulla
continenza, perche`, in virtu` della loro vocazione, sono obbligati a
seguir Gesu` Cristo piu` da vicino e sino alla fine.

382. c) Vi e` poi una serie d'insegnamenti che sono direttamente ed
esplicitamente riservati agli apostoli e ai loro successori 382-1:
quelli che Gesu` da` ai Dodici e ai Settantadue inviandoli a predicare
nella Giudea e quelli che disse nell'ultima Cena. Ora questi discorsi
contengono un codice di perfezione sacerdotale cosi` alta da risultarne
per i sacerdoti uno stretto dovere di tendere incessantemente alla
perfezione. Dovranno infatti praticare il disinteresse assoluto, lo
spirito di poverta` e la poverta` effettiva, contentandosi del
necessario, lo zelo, la carita`, la piena dedizione, la pazienza e
l'umilta` in mezzo alle persecuzioni che li aspettano, la fortezza per
confessar Cristo e predicare il Vangelo a tutti e contro tutti, il
distacco dal mondo e dalla famiglia, il portamento della croce e la
perfetta abnegazione 382-2.

383. Nell'ultima Cena 383-1 Gesu` da` loro quel comandamento nuovo
che consiste nell'amare i fratelli come li ha amati lui, cioe` sino
alla intiera immolazione; raccomanda la fede viva, una piena
confidenza nella preghiera fatta in suo nome; l'amor di Dio che si
manifesti nell'osservanza dei precetti; la pace dell'anima per
accogliere e gustare gl'insegnamenti dello Spirito Santo; l'intima e
abituale unione con lui, condizione essenziale di santificazione e
d'apostolato; la pazienza in mezzo alle persecuzioni del mondo che
odiera` loro come odio` il Maestro; la docilita` allo Spirito Santo che
verra` a consolarli nelle tribolazioni; la fermezza nella fede e il
ricorso alla preghiera in mezzo alle prove: in una parola le
essenziali condizioni di quella che oggi chiamiamo vita interiore o
vita perfetta. E termina con quella preghiera sacerdotale, piena di
tanta tenerezza, con cui domanda al Padre di custodire i suoi
discepoli come li custodi` lui nella sua vita mortale; di preservarli
dal male in mezzo a quel mondo che devono evangelizzare e di
santificarli in tutta verita`. Questa preghiera ei la fa non solo per
gli Apostoli, ma anche per tutti coloro che crederanno in lui,
affinche` siano sempre uniti coi vincoli della fraterna carita` come
unite sono le tre divine persone, che siano tutti uniti a Dio e tutti
uniti a Cristo "affinche` l'amore con cui tu amasti me sia in loro e io
in essi".

Non e` questo in intiero programma di perfezione, anticipatamente
tracciatoci dal Sommo Sacerdote, di cui siamo i rappresentanti sulla
terra? E non e` cosa consolante il sapere che prego` perche` potessimo
attuarlo?

384. 2^ S. Paolo quindi s'ispira a quest'insegnamento di Gesu` quando
a sua volta descrive le virtu` apostoliche. Dopo aver notato che i
sacerdoti sono i dispensatori dei misteri di Dio, i suoi ministri, gli
ambasciatori di Cristo, i mediatori tra Dio e gli uomini, enumera
nelle Epistole Pastorali le virtu` di cui devono essere ornati i
diaconi, i presbiteri e i vescovi. Non basta che abbiano ricevuto la
grazia dell'ordinazione, ma devono risuscitarla, farla rivivere, per
tema che diminuisca; "Admoneo te ut resuscites gratiam quae est in te
per impositionem manuun mearum" 384-1. I diaconi devono essere
casti e pudici, sobri, disinteressati, prudenti e leali, esperti nel
governare la loro casa con prudenza e dignita`. Piu` perfetti ancora
devono essere i presbiteri e i vescovi 384-2: la loro vita
dev'essere talmente pura da riuscire irreprensibili; devono quindi
attentamente combattere l'orgoglio, la collera, l'intemperanza, la
cupidigia, e coltivare le virtu` morali e teologali, l'umilta`, la
sobrieta`, la continenza, la santita`, la bonta`, l'ospitalita`, la
pazienza, la dolcezza, e massime la pieta` che giova a tutto, la fede e
la carita` 384-3. Bisogna anzi dar l'esempio di queste virtu` e
praticarle quindi in alto grado: "In omnibus teipsum praebe exemplum
bonorum operum" 384-4. Tutte queste virtu` suppongono nello stesso
tempo il possesso di un certo grado di perfezione e lo sforzo generoso
e costante verso la perfezione.
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