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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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17/10/2013 11:16
 
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ART. II. DELL'OBBLIGO PER I RELIGIOSI DI TENDERE ALLA
PERFEZIONE. 367-1

367. Vi sono tra i cristiani di quelli che, volendo darsi piu`
perfettamente a Dio e assicurarsi piu` efficacemente la salute
dell'anima, entrano nello stato religioso. Questo stato e`, secondo il
Codice di Diritto canonico, 367-2 "un modo stabile di vivere in
comune, nel quale i fedeli, oltre ai precetti comuni, prendono ad
osservare anche i consigli evangelici facendo i voti di obbedienza, di
castita` e di poverta`".

Che i Religiosi siano tenuti, in virtu` del loro stato, a tendere alla
perfezione, e` unanime dottrina dei teologi; e cio` che il Codice pure
rammenta dichiarando che "tutti e ciascuno dei religiosi, tanto i
superiori quanto gli inferiori, devono tendere alla perfezione del
loro stato" 367-3. Quest'obbligo e` talmente grave che S. Alfonso
de' Liguori non esita a dire che un religioso pecca mortalmente se
prende la ferma risoluzione di non tendere alla perfezione o di non
darsene alcun pensiero 367-4. Con cio` infatti manca gravemente al
dovere del proprio stato, che e` precisamente di tendere alla
perfezione. E` anzi per questa ragione che lo stato religioso vien
detto stato di perfezione, vale a dire stato ufficialmente
riconosciuto dal Diritti Canonico come uno stabile genere di vita in
cui uno si obbliga ad acquistare la perfezione. Non e` quindi
necessario aver acquistato la perfezione prima d'entrarvi, ma vi si
entra appunto per acquistarla, come bene osserva S. Tommaso 367-5.

L'obbligo per i religiosi di tendere alla perfezione si fonda su due
ragioni principali:
* 1^ i voti;
* 2^ le costituzioni e regole.

I. Obbligo fondato sui voti.

368. Chi si fa religioso intende di darsi e di consacrarsi piu`
perfettamente a Dio: per questo fa i tre voti. Ora questi voti
obbligano ad atti di virtu` che non sono comandati, e che sono tanto
piu` perfetti in quanto che il voto all'intrinseco loro valore aggiunge
quello della virtu` della religione; e hanno pure il vantaggio di
sopprimere o per lo meno di attenuare alcuni degli ostacoli maggiori
alla perfezione. Il che intenderemo meglio toccando in particolare di
questi voti.

369. 1^ Col voto di poverta` si rinunzia ai beni esterni che si
possedono o che si potessero acquistare; se il voto e` solenne, si
rinunzia al diritto stesso di proprieta`, per modo che tutti gli atti
di proprieta` che si volessero poi fare, sarebbero canonicamente nulli,
come il Codice dichiara al can. 579; se il voto e` semplice, non si
rinunzia al diritto di proprieta` ma al libero uso di questo diritto,
di cui non si puo` usare che col permesso dei Superiori e nei limiti da
essi fissati.

Questo voto ci aiuta a vincere uno dei grandi ostacoli alla
perfezione: lo smoderato amore delle ricchezze e i fastidi causati
dall'amministrazione dei beni temporali; onde e` un gran mezzo di
progresso spirituale. D'altra parte impone penosi sacrifici, perche`
non si ha quella sicurezza e quell'indipendenza che viene dal libero
uso dei propri beni; si devono talora soffrire certe privazioni
imposte dalla vita comune; e` penoso e umiliante il ricorrere a un
Superiore ogni volta che si ha bisogno di cose necessarie. Vi sono
dunque in cio` atti di virtu` a cui uno si e` obbligato per voto e che
non solo ci fanno tendere alla perfezione ma vi ci avvicinano.

370. 2^ Il voto di castita` ci fa trionfare di un secondo ostacolo
alla perfezione: della concupiscenza della carne; e ci libera dalle
occupazioni e dagli affanni della vita di famiglia. E` cio` che fa
rilevare S. Paolo quando dice: "Chi e` senza moglie, si da pensiero
delle cose del Signore, del come piacere a Dio: chi e` ammogliato, si
da invece pensiero delle cose del mondo, del come piacere alla moglie,
e resta diviso" 370-1. Ma il voto di castita` non toglie la
concupiscenza, e la grazia che ci vien data per osservarlo non e`
grazia di riposo ma grazia di lotta. Per serbarsi continenti tutta la
vita, bisogna vigilare e pregare, cioe` mortificare i sensi esterni e
la curiosita`, reprimere i traviamenti dell'immaginazione e della
sensibilita`, condannarsi a una vita laboriosa, e sopratutto dare
interamente il cuore a Dio con la pratica della carita`, cercar di
vivere in intima e affettuosa unione con Nostro Signore, come diremo
parlando della castita`. Ora e` chiaro che l'operare cosi` e` un tendere
alla perfezione, e` un rinnovare incessantemente gli sforzi per vincere
se stessi e padroneggiare una delle piu` violente tendenze della
corrotta nostra natura.

371. 3^ L'obbedienza va ancora piu` in la`, sottomettendo non solo a
Dio ma anche alle Regole e ai Superiori cio` che piu` ci preme, la
nostra volonta`. Infatti col voto d'obbedienza il Religioso si obbliga
a obbedire agli ordini del suo legittimo Superiore in tutto cio` che
riguarda l'osservanza dei voti e delle costituzioni. Ma per costituire
un obbligo grave, occorre un ordine formale e non un semplice
consiglio; cio` che si conosce dalle formole usate dal Superiore, per
esempio se comanda in nome o in virtu` di santa ubbidienza, in nome di
Nostro Signore, o intimando un precetto formale, o usando altra
espressione equivalente. Vi sono certamente dei limiti a questo potere
dei Superiori: bisogna che comandino secondo la regola,
"restringendosi a quanto vi si trova formalmente o implicitamente
inchiuso, come sarebbero le costituzioni, gli statuti legittimamente
stabiliti per procurarne l'osservanza, le penitenze inflitte per
punire le trasgressioni e prevenire le ricadute, tutto cio` che
riguarda il modo di ben adempiere gli uffici e una buona e retta
amministrazione" 371-1.

Ma, non ostante queste restrizioni, resta pur sempre vero che il voto
d'obbedienza e` uno di quelli che costano di piu` alla natura umana,
appunto perche` molto ci preme l'indipendenza della nostra volonta`. Per
osservarlo, ci vuole dell'umilta`, della pazienza, della dolcezza;
bisogna mortificare la vivissima propensione che abbiamo a criticare i
Superiori, a preferire il giudizio nostro al loro, a seguire i nostri
gusti e talora i nostri capricci. Vincere queste tendenze, piegare
rispettosamente la volonta` a quella dei Superiori vedendo Dio in loro,
e` certamente tendere alla perfezione, perche` e` coltivare alcune delle
virtu` piu` difficili; ed essendo la vera ubbidienza la miglior prova
d'amore, equivale in sostanza a crescere nella virtu` della carita`.

372. Come si vede, la fedelta` ai voti inchiude non solo l'osservanza
delle tre grandi virtu` della poverta`, della castita` e dell'ubbidienza,
ma anche di molte altre che servono alla loro tutela; e l'obbligarsi
ad osservarli e` certamente un obbligarsi a un grado di perfezione poco
comune. Il che risulta pure dal dovere di osservare le Costituzioni.
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