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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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17/10/2013 11:12
 
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CONCLUSIONE.

320. Poiche` l'essenza della perfezione consiste nell'amor di Dio, ne
viene che l'accorciatoia per arrivarvi e` d'amar molto, d'amare con
generosita` ed intensita`, e principalmente di amare con amor puro e
disinteressato. Ora noi amiamo Dio non solo quando recitiamo un atto
di carita` ma anche quando facciamo la sua volonta` o quando compiamo un
dovere sia pur minimo per piacergli. Ognuna quindi delle nostre
azioni, per quanto volgare ella sia in se stessa, puo` essere
trasformata in un atto di amore e farci avanzare verso la perfezione.
Il progresso sara` tanto piu` reale e piu` rapido, quanto piu` intenso e
piu` generoso sara` quest'amore e quindi quanto piu` il nostro sforzo
sara` energico e costante; perche` cio` che conta agli occhi di Dio e` la
volonta`, e` lo sforzo, indipendentemente da ogni emozione sensibile.

E poiche` l'amore soprannaturale del prossimo e` anch'esso un atto
d'amor di Dio, tutti i servizi che rendiamo ai nostri fratelli,
vedendo in loro un riflesso delle divine perfezioni, o, cio` che torna
lo stesso, vedendo in loro Gesu` Cristo, diventano tutti atti d'amore
che ci fanno avanzare verso la santita`. Amare dunque Dio e il prossimo
per Dio, ecco il segreto della perfezione, purche` su questa terra vi
si aggiunga il sacrificio.

sez. II. La carita` sulla terra suppone il sacrificio.

321. In paradiso ameremo senza bisogno di immolarci, ma sulla terra
la cosa corre altrimenti. Nello stato attuale di natura decaduta ci e`
impossibile di amare Dio con amore vero ed effettivo senza
sacrificarci per Lui.

E` cio` che risulta da quanto abbiamo detto piu` sopra, ai n. 74-75,
sulle tendenze della natura corrotta che restano nell'uomo rigenerato.
Noi non possiamo amar Dio senza combattere e mortificare queste
tendenze; e` lotta che comincia col primo svegliarsi della ragione e
termina solo con l'ultimo respiro. Vi sono, e` vero, momenti di sosta,
in cui la lotta e` meno viva; ma anche allora non possiamo disarmare
senza esporci ai contrattacchi del nemico. E` un fatto provato dalla
testimonianza della Sacra Scrittura.

1^ La Sacra Scrittura ci dichiara apertamente la necessita` assoluta
del sacrificio o dell'abnegazione per amar Dio e il prossimo.

322. A) A tutti i suoi discepoli rivolge Nostro Signore questo
invito: "Chi vuol seguir me, rinneghi se` stesso, prenda la sua croce e
mi segua: "Si quis vult post me venire, abnegat semetipsum, tollat
crucem suam et sequatur me 322-1". Per seguire Gesu` ed amarlo, e`
condizione essenziale il rinunziare a se` stesso, cioe` alle cattive
tendenze della natura, all'egoismo, all'orgoglio, all'ambizione, alla
sensualita`, alla lussuria, all'amore disordinato delle comodita` e
delle ricchezze; e` il portare la propria croce, accettare i patimenti,
le privazioni, le umiliazioni, i rovesci di fortuna, le fatiche, le
malattie, in una parola tutte quelle croci provvidenziali che Dio ci
manda per provarci, per rassodarci nella virtu` e facilitarci
l'espiazione delle colpe. Allora, e allora soltanto, si puo` essere
suoi discepoli e camminare per le vie dell'amore e della perfezione.

Gesu` conferma questa lezione col suo esempio. Egli che era venuto dal
cielo espressamente per mostrarci il cammino della perfezione, non
tenne altra via che quella della croce: Tota vita Christi crux fuit et
martyrium. Dal presepio al Calvario e` una lunga serie di privazioni,
d'umiliazioni, di pene, di fatiche apostoliche, coronate dalle
angoscie e dalle torture della dolorosa sua passione. E` il commento
piu` eloquente del "Si quis vult venire post me"; se ci fosse stata
altra via piu` sicura, ei ce l'avrebbe mostrata, ma sapendo che non
c'era, tenne quella per trarci a seguirlo: "Quando saro` elevato da
terra, attirero` a me tutti gli uomini: "Et ego, si exaltatus fuero a
terra, omnia traham ad me ipsum 322-2". Cosi` l'intesero gli
Apostoli che ci ripetono, con S. Pietro, che se Cristo pati` per noi,
lo fece per trarci alla sua sequela: "Christus passus est pro nobis,
vobis relinquens exemplum ut sequamini vestigia ejus 322-3".

323. B) Tal e` pur l'insegnamento di S. Paolo: per lui la perfezione
cristiana consiste nello spogliarsi dell'uomo vecchio e rivestirsi del
nuovo, "exspoliantes vos veterem hominem cum actibus suis et induentes
novum 323-1". Or l'uomo vecchio e` il complesso delle cattive
tendenze ereditate da Adamo, e` la triplice concupiscenza che bisogna
combattere e infrenare con la pratica della mortificazione. Dice
quindi nettamente che coloro che vogliono essere discepoli di Cristo
devono crocifiggere i loro vizi e i loro cattivi desideri: "Qui sunt
Christi, carnem suam crucifixerunt cum vitiis et
concupiscentiis 323-2". E` condizione essenziale, tanto ch'egli
stesso si sente obbligato a castigare il suo corpo e a reprimere la
concupiscenza per non rischiare di essere riprovato: "Castigo corpus
meum et in servitutem redigo, ne forte, cum aliis praedicaverim, ipse
reprobus efficiar" 323-3.

324. C) S. Giovanni, l'apostolo dell'amore, non e` meno chiaro e
netto: insegna che, per amar Dio, bisogna osservare i comandamenti e
combattere la triplice concupiscenza che regna da padrona nel mondo; e
aggiunge che se si ama il mondo e cio` che e` nel mondo, cioe` la
triplice concupiscenza, non si puo` possedere l'amor di Dio: "Si quis
diligit mundum, non est caritas Patris in eo" 324-1. Ora per
odiare il mondo e le sue seduzioni, e` chiaro che bisogna praticare lo
spirito di sacrificio, privandosi dei piaceri cattivi e pericolosi.

325. 2^ Ed e` del resto necessaria conseguenza dello stato di natura
decaduta qual l'abbiamo descritto al n. 74, e della triplice
concupiscenza che dobbiamo combattere, n. 193 ss. E` impossibile
infatti amar Dio e il prossimo senza sacrificar generosamente cio` che
si oppone a questo amore. Ora, come abbiamo dimostrato, la triplice
concupiscenza s'oppone all'amor di Dio e del prossimo; bisogna quindi
combatterla senza tregua e pieta`, se vogliamo progredire nella carita`.

326. Rechiamo qualche esempio. I nostri sensi esterni corrono
avidamente verso tutto cio` che li solletica e mettono in pericolo la
fragile nostra virtu`. Che fare per resistervi? Ce lo dice Nostro
Signore coll'energico suo linguaggio: "Se il tuo occhio destro e` per
te occasione di caduta, cavalo e gettalo via da te: e` meglio per te
che perisca uno dei tuoi membri, anziche` tutto il tuo corpo venga
gettato nell'inferno" 326-1. Il che significa che bisogna saper
staccare con la mortificazione gli occhi, le orecchie, tutti i sensi
da cio` che e` occasione di peccato; altrimenti non c'e` ne` salvezza ne`
perfezione.

Lo stesso si dica dei nostri sensi interni, specialmente della
fantasia e della memoria; chi non sa a quali pericoli ci esponiamo se
non ne reprimiamo sul nascere i traviamenti?

Le stesse nostre facolta` superiori, l'intelligenza e la volonta`, sono
soggette a molte deviazioni, alla curiosita`, all'indipendenza,
all'orgoglio; quanti sforzi non sono necessari, quante lotte sempre
rinascenti per tenerle sotto il giogo della fede e dell'umile
sottomissione alla volonta` di Dio e dei suoi rappresentanti!

Dobbiamo dunque confessare che, se vogliamo amar Dio ed il prossimo
per Dio, bisogna saper mortificare l'egoismo, la sensualita`,
l'orgoglio, l'amore disordinato delle richezze, onde il sacrifizio
diventa necessario come condizione essenziale dell'amor di Dio sulla
terra.

E` questo in sostanza il pensiero di S. Agostino quando dice: "Due
amori hanno fatto due citta`: l'amor di se` spinto fino al disprezzo di
Dio ha fatto la citta` terrestre; l'amor di Dio spinto fino al
disprezzo di se` ha fatto la citta` celeste" 326-2. Non si puo`, in
altre parole, amar veramente Dio che disprezzando se stesso, cioe`
disprezzando e combattendo le cattive tendenze. In quanto a cio` che vi
e` di buono in noi, bisogna esserne grati al primo suo autore e
coltivarlo con sforzi incessanti.

327. La conclusione che logicamente ne viene e` che, se per essere
perfetti bisogna moltiplicare gli atti d'amore, non e` meno necessario
moltiplicare gli atti di sacrificio, poiche` sulla terra non si puo`
amare che immolandosi. Del resto si puo` dire che tutte le nostre opere
buone sono insieme atti d'amore e atti di sacrificio: atti di
sacrificio in quanto ci distaccano dalle creature e da noi stessi,
atti di amore in quanto ci uniscono a Dio. Resta quindi da vedere in
che modo si possano conciliare insieme questi due elementi.

sez. III. Parte rispettiva dell'amore e del sacrificio nella vita
cristiana.

328. Dovendo l'amore e il sacrificio avere la loro parte nella vita
cristiana, quale sara` l'ufficio di ognuno di questi due elementi? Su
tale argomento, vi sono punti in cui tutti convengono e altri in cui
si manifesta qualche disparere, benche` poi in pratica i dotti delle
diverse scuole riescano a conclusioni pressoche` identiche.

329. 1^ Tutti ammettono che in se`, nell'ordine ontologico o di
dignita`, l'amore tiene il primo posto: e` lo scopo e l'elemento
essenziale della perfezione, come abbiamo provato nella prima nostra
tesi, n. 312. L'amore quindi occorre tenere primieramente in
vista, a questo mirare continuamente, e` lui che deve dare al
sacrificio l'intima sua ragione e il suo valore principale: "in
omnibus respice finem". Bisogna dunque parlarne fin dal principio
della vita spirituale e far rilevare che l'amor di Dio facilita
singolarmente il sacrificio senza pero` poterne mai dispensare.

330. 2^ Quanto all'ordine cronologico, tutti ammettono pure che
questi due elementi sono inseparabili e che devono quindi coltivarsi
insieme e anche compenetrarsi, poiche` non v'e` sulla terra amore vero
senza sacrificio, e che il sacrificio fatto per Dio e` una delle
migliori prove di amore.

Tutta la questione quindi si riduce in fondo a questa: nell'ordine
cronologico, su quale elemento bisogna maggiormente insistere,
sull'amore o sul sacrificio? Or qui ci troviamo di fronte a due
tendenze e a due scuole diverse.

331. A) S. Francesco di Sales, appoggiandosi su molti rappresentanti
della scuola benedettina e domenicana e confidando negli aiuti che ci
offre la natura rigenerata, da` la precedenza all'amor di Dio per farci
accettare e praticar meglio il sacrificio; ma non esclude
quest'ultimo, chiede anzi alla sua Filotea molto spirito di rinunzia e
di sacrificio; lo fa pero` con molto riguardo e con molta dolcezza
nella forma per meglio arrivare al suo scopo. Il che appare fin dal
primo capitolo dell'Introduzione alla vita devota: "La vera e viva
devozione presuppone l'amor di Dio, anzi non e` altro in se che in vero
amor di Dio... E appunto perche` la devozione sta in un certo grado di
eccellente carita`, non solo ci rende pronti, attivi, diligenti
nell'osservanza di tutti i comandamenti di Dio, ma ci stimola pure a
fare con prontezza ed affetto quante piu` buone opere possiamo, benche`
non siano in alcun modo comandate ma solamente consigliate o
ispirate". Ora osservare i comandamenti, seguire i consigli e le
ispirazioni della grazia, e` certamente un particare un alto grado di
mortificazione. Del resto il Santo chiede a Filotea che cominci dal
mondarsi non solo dai peccati mortali ma anche dei peccati veniali,
dall'affetto alle cose inutili e pericolose e dalle cattive
inclinazioni. E quando tratta delle virtu`, non ne dimentica la parte
penosa; vuole soltanto che tutto sia condito coll'amor di Dio e del
prossimo.

332. B) Per altro verso, la scuola ignaziana e la scuola francese
del secolo XVII, pur non dimenticando che l'amor di Dio e` lo scopo da
conseguire e quello che deve avvivare tutte le nostre azioni, mettono
al primo posto, sopratutto per i principianti, la rinunzia, l'amor
della croce o la crocifissione dell'uomo vecchio, come il piu` sicuro
mezzo per arrivare al vero ed effettivo amore 332-1. Pare che
temano che, se non v'insiste sul principio, molte anime cadano poi
nell'illusione, immaginandosi d'essere gia` molto avanzate nell'amor di
Dio mentre la loro pieta` e` piu` sensibile ed apparente che reale; onde
poi certe miserande cadute al presentarsi di violente tentazioni o al
sopravvenire delle aridita`. Del resti il sacrificio, virilmente
accettato per amor di Dio, conduce a una piu` generosa e piu` costante
carita`, e la pratica abituale dell'amor di Dio viene a coronare
l'edificio spirituale.

333. Conclusione pratica. Senza aver la pretesa di dirimere cotesta
controversia, proporremo alcune conclusioni ammesse dai dotti di tutte
le scuole.

A) Ci sono due eccessi da evitare: a) quello di voler lanciare troppo
presto le anime in quella che si chiama la via dell' amore, senza
esercitarle nello stesso tempo nella pratica austera della rinunzia
quotidiana. Cosi` si fomentano le illusioni e talora anche miserande
cadute: quante anime, provando le consolazioni sensibili che Dio
concede ai principianti e credendosi salde nelle virtu`, si espongono
alle occasioni di peccato, commettono imprudenze e cadono in colpe
gravi! Un poco piu` di mortificazione, di vera umilta`, di diffidenza di
se stesse, una lotta piu` corraggiosa contro le passioni, le avrebbe
preservate da queste miserie.

b) Un altro eccesso sta nel parlare soltanto di rinunzia e di
mortificazione senza far rilevare che sono soltanto mezzi per arrivare
all'amor di Dio o manifestazioni di quest'amore. E` questa la ragione
per cui certe anime di buona volonta`, ma ancor poco coraggiose, si
sentono ributtate ed anche disanimate. Si sentirebbero maggiore
slancio ed energia, se si mostrasse loro che questi sacrifici
diventano molto piu` facili quando si fanno per amor di Dio: "Ubi
amatur, non laboratur".

334. B) Evitati questi eccessi, il direttore sapra` scegliere per il
suo penitente la via piu` conveniente al carattere suo e alle
attrattive della grazia.

a) Vi sono anime sensibili e affettuose che non prendono gusto alla
mortificazione se non dopo aver gia` praticato per qualche tempo l'amor
di Dio. E` vero che questo amore e` spesso imperfetto, piu` ardente e
sensibile che generoso e durevole. Ma, se si bada a giovarsi di questi
primi slanci per mostrare che il vero amore non puo` perseverare senza
sacrificio, se si riesce a far praticare, per amor di Dio, alcuni atti
di penitenza, di riparazione, di mortificazione, quegli atti che sono
piu` necessari a evitare il peccato, la loro virtu` a poco a poco si
rinsalda, si fortifica la loro volonta`, e viene il momento in cui
capiscono che il sacrificio deve andare di pari passo con l'amor di
Dio.

b) Se si tratta invece di caratteri energici, abituati ad agire per
dovere, si puo`, pur mettendo loro avanti agli occhi l'unione con Dio
come scopo, insistere dapprincipio sulla rinunzia come pietra di
paragone della carita`, e far praticare la penitenza, l'umilta` e la
mortificazione, pur condendo queste austere virtu` con un motivo d'amor
di Dio o di zelo per le anime.

Cosi` non si separera` mai l'amore dal sacrificio, e si mostrera` che
questi due elementi si conciliano e si perfezionano a vicenda.

sez. IV. La perfezione consiste nei precetti o nei consigli?

335. 1^ Stato della questione. Abbiamo visto che la perfezione
essenzialmente consiste nell'amor di Dio e del prossimo spinto fino al
sacrificio. Ora intorno all'amor di Dio e al sacrificio vi sono nello
stesso tempo precetti e consigli: precetti che ci comandano, sotto
pena di peccato, di fare questa o quella cosa o di astenercene;
consigli che c'invitano a fare per Dio piu` di quello che ci e`
comandato, sotto pena d'imperfezione volontaria e di resistenza alla
grazia. Vi allude Nostro Signore quando dichiara al giovane ricco: "Se
vuoi entrar nella vita, osserva i comandamenti... Se vuoi essere
perfetto, va, vendi cio` che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel
cielo: "Si autem vis ad vitam ingredi, serva mandata... Si vis
perfectus esse, vende quae habes et da pauperibus, et habebis thesaurum
in caelo, et veni, sequere me" 335-1. Osservare dunque le leggi
della giustizia e della carita` in materia di proprieta` basta per
entrare in cielo; ma, se si vuole essere perfetti, bisogna vendere i
propri beni, darne il prezzo ai poveri e praticare cosi` la volontaria
poverta` 335-1. S. Paolo ci fa pure notare che la verginita` e` un
consiglio e non un precetto, che lo sposarsi e` cosa buona ma che
restar vergine e` anche migliore 335-2.

336. 2^ La soluzione. Alcuni autori ne hanno conchiuso che la vita
cristiana consiste nell'osservanza dei precetti e la perfezione nei
consigli. E` un modo di vedere un po' semplicista e che, frainteso,
potrebbe condurre a funeste conseguenza. La verita` e` che la perfezione
esige prima di tutto l'adempimenti dei precetti e secondariamente
l'osservanza d'un certo numero di consigli.

E` questo appunto l'insegnamento di S. Tommaso 336-1. Dopo aver
provato che la perfezione non e` altro che l'amor di Dio e del
prossimo, conchiude che in pratica consiste essenzialmente nei
precetti, di cui il principale e` quello della carita`, e
secondariamente nei consigli, i quali pure si riferiscono tutti alla
carita`, perche` allontanano gli ostacoli che si oppongono al suo
esercizio. Spieghiamo questa dottrina.

337. A) La perfezione esige prima di tutto e imperiosamente
l'adempimento dei precetti; e` necessario inculcar fortemente questo
concetto a certe persone che, per esempio, col pretesto della
devozione, dimenticano i doveri del proprio stato, oppure, per
praticar la limosina con maggior pompa, ritardano indefinitamente il
pagamento dei debiti, insomma a tutti quelli che trascurano questo o
quel precetto del decalogo con la pretesa di piu` alta perfezione. Ora
e` evidente che la violazione d'un precetto grave, come e` quello di
pagare i debiti, distrugge in noi la carita`, e che il pretesto di far
l'elemosina non puo` giustificare questa infrazione della legge
naturale. Parimente la violazione volontaria d'un precetto in materia
lieve e` un peccato veniale, che, senza distruggere la carita`, ne
impaccia piu` o meno l'esercizio e sopratutto offende Dio e diminuisce
la nostra intimita` con lui; il che e` vero principalmente del peccato
veniale deliberato e frequente, che crea in noi degli attacchi e
c'impedisce di slanciarci liberamente verso la perfezione. Bisogna
dunque, per essere perfetti, osservare prima di tutto i precetti.

338. B) Ma e` necessario aggiungervi l'osservanza dei consigli,
almeno di alcuni, specialmente di quelli impostici dall'adempimento
dei doveri del nostro stato.

a) Cosi` i Religiosi, essendosi obbligati per voto a praticare i tre
grandi consigli evangelici della poverta`, della castita` e
dell'obbedienza, non possono santificarsi senza essere fedeli ai loro
voti. Del resto questa pratica facilita singolarmente l'amor di Dio
distaccando l'anima dai principali ostacoli che s'oppongono alla
divina carita`: la poverta`, strappandoli all'amore disordinato delle
ricchezze, fomenta lo slancio del cuore verso Dio e i beni celesti; la
castita`, sottraendoli ai piaceri della carne, anche a quelli leciti
nel santo stato del matrimonio, li aiuta ad amar Dio senza divisione;
l'obbedienza, combattendo l'orgoglio e lo spirito d'indipendenza,
assoggetta la loro volonta` a quella di Dio ed e` in sostanza un atto
d'amore.

339. b) Quelli poi che non hanno fatto voti, devono, per essere
perfetti, praticarne lo spirito, ognuno secondo la propria condizione,
le ispirazioni della grazia e i consigli d'un savio direttore. Cosi`
praticheranno lo spirito di poverta`, privandosi di molte cose inutili
per poter fare qualche risparmio da erogare in elemosine e in opere di
beneficenza; lo spirito di castita`, anche se sono coniugati, usando
moderatamente e con qualche restrizione dei legittimi piaceri del
matrimonio e diligentemente evitando tutto cio` che e` proibito o
pericoloso; lo spirito di obbedienza, assoggettandosi docilmente ai
propri superiori, in cui vedranno l'immagine di Dio, e alle
ispirazioni della grazia accertate da un savio direttore.

Amar dunque Dio e il prossimo per Dio e saper sacrificarsi a fine di
meglio osservare questo doppio precetto e i consigli che vi si
riferiscono, ognuno secondo il proprio stato, qui sta la vera
perfezione.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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