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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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15/10/2013 12:41
 
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I. Lotta contro la concupiscenza 193-1.

S. Giovanni descrisse la concupiscenza in quel celebre testo: "Omne
quod est in mundo concupiscentia carnis est et concupiscentia oculorum
et superbia vitae" 193-2.

1^ LA CONCUPISCENZA DELLA CARNE.

193. La concupiscenza della carne e` l'amore disordinato dei piaceri
dei sensi.

A) Il male. Il piacere non e` cattivo in se` stesso; Dio lo permette
ordinandolo ad un fine superiore, il bene onesto; se annette il
piacere a certi atti buoni, lo fa per renderli piu` facili e attirarci
cosi` all'adempimento del dovere. Gustare moderatamente il piacere
riferendolo al suo fine che e` il bene morale e soprannaturale, non e`
male; anzi e` atto buono, perche` tende a fine buono, che in ultima
analisi e` Dio. Ma volere il piacere indipendentemente da questo fine
che lo giustifica, volerlo quindi come fine in cui uno si ferma, e` un
disordine, perche` e` un andare contro l'ordine sapientissimo stabilito
da Dio. E questo disordine ne trae seco un altro: quando si opera per
il piacere, si e` esposti ad amarlo con eccesso, perche` non si e` piu`
guidati dal fine che impone dei limiti a questa smodata sete del
piacere che tutti ci punge.

194. Cosi` Dio sapientemente volle che fosse unito un certo piacere
all'atto del nutrirsi per stimolarci a sostenere le forze del corpo.
Ma, come dice Bossuet 194-1, "gli uomini ingrati e carnali
tolsero occasione da questo piacere per attaccarsi al loro corpo,
anziche` a Dio che ne e` l'autore. Il piacere del mangiare li fa
schiavi; invece di mangiare per vivere, pare, come gia` diceva un
antico e dopo di lui S. Agostino, che vivano per mangiare. Quelli
stessi che sanno regolare i loro desideri e vanno a cibarsi per
necessita` di natura, ingannati dal piacere e tratti dai suoi
allettamenti piu` in la` del bisogno, oltrepassano i giusti limiti; si
lasciano insensibilmente vincere dagli appetiti e non credono mai
d'avere intieramente soddisfatto al bisogno fin tanto che il bere ed
il mangiare ne solleticano il gusto". Di qui eccessi nel bere e nel
mangiare opposti alla temperanza. E che dire poi del piacere anche piu`
pericolosa della volutta`, "di quella profonda e vergognosa piaga della
natura, di quella concupiscenza che lega l'anima al corpo con vincoli
cosi` teneri e cosi` violenti che costano tanta pena a disfarsene, e che
cagiona nel genere umano disordini cosi` terribili?"

195. Questo sensuale diletto e` tanto piu` pericoloso, in quanto e`
diffuso per tutto il corpo. Ne e` infetta la vista, perche` con gli
occhi s'incomincia ad ingoiare il veleno dell'amore sensuale. Ne sono
infette le orecchie, quando, con conversazioni pericolose e molli
canti, si accendono o si alimentano le fiamme dell'amore impuro e
quella segreta disposizione che abbiamo ai sensuali diletti. E lo
stesso avviene degli altri sensi. -- Cio` che aumenta il pericolo e` che
tutti questi sensuali diletti si eccitano a vicenda: quelli che
parrebbero i piu` innocenti, se non si sta sempre in guardia, preparano
ai piu` colpevoli. Vi e` perfino una mollezza e una delicatezza diffusa
in tutto il corpo che, facendoci cercare riposo nel sensibile, lo
risveglia e ne alimenta la vivacita`. Si ama il corpo con un
attaccamento che fa dimenticare l'anima; un'eccessiva premura della
salute fa che si accarezzi il corpo in tutto; e cosi` questi vari
diversi sentimenti sono come altrettante diramazioni della
concupiscenza della carne 195-1.

196. B) Il rimedio a un si` gran male e` la mortificazione dei
sensuali diletti; perche`, dice S. Paolo: "Quelli che sono di Cristo,
crocifiggono la carne con i suoi vizi e le sue cupidigie: Qui sunt
Christi, carnem suam crucifixerunt cum vitiis et
concupiscentiis" 196-1. Ora crocifiggere la carne, come dice
l'Olier 196-2, significa legare, infrenare, soffocare
internamente tutti gli impuri e sregolati desideri che sentiamo nella
nostra carne; significa pure mortificare i sensi esterni che ci
mettono in comunicazione con gli oggetti del di fuori ed eccitano in
noi pericolosi desideri. Il motivo fondamentale che ci obbliga a
praticare questa mortificazione sono le promesse battesimali.

197. Per il battesimo, che ci fa morire al peccato e c'incorpora a
Cristo, noi siamo obbligati a praticare questa mortificazione dei
sensuali diletti; perche`, "secondo S. Paolo, non siamo piu` debitori
alla carne da vivere secondo la carne, ma siamo obbligati a vivere
secondo lo spirito; e se viviamo secondo lo spirito, camminiamo pure
secondo lo spirito che c'imprime nel cuore l'amore alla croce e la
forza di portarla" 197-1.

Il battesimo d'immersione, col suo simbolismo, ci mostra la verita` di
questa dottrina: immerso nell'acqua, il catecumeno vi muore al peccato
e alle sue cause, e uscito che e`, partecipa ad una vita nuova, alla
vita di Gesu` risorto. Tal e` l'insegnamento di S. Paolo 197-2:
"Morti al peccato, come potremmo ancor vivere in esso? Non sapete
forse che quanti fummo battezzati in Cristo Gesu`, nella morte di lui
fummo battezzati? Fummo sepolti insieme con lui pel battesimo nella
morte, affinche` come fu Cristo risuscitato da morte dalla gloria del
Padre, cosi` anche noi in novita` di vita si cammini". L'immersione
battesimale significa dunque la morte al peccato e l'obbligo di
lottare contro la concupiscenza che tende al peccato; e l'uscita
dall'acqua esprime la nuova vita, onde partecipiamo alla vita risorta
del Salvatore 197-3. Il battesimo quindi ci obbliga a mortificare
la concupiscenza che resta in noi, e ad imitare Nostro Signore che,
crocifiggendo la carne sua, ci merito` la grazia di crocifiggere la
nostra. I chiodi con cui la crocifiggiamo sono appunto i vari atti di
mortificazione che facciamo.

Cosi` grave e` quest'obbligo di mortificare i sensuali diletti che ne
dipende la nostra salvezza e la nostra vita spirituale: "Perche`, se
vivete secondo la carne, spiritualmente morrete; se poi con lo spirito
darete morte alle azioni della carne, vivrete: Si autem secundum
carnem vixeritis, moriemini; si autem spiritu facta carnis
mortificaveritis, vivetis" 197-4.

198. Perche` intera sia la vittoria, non basta rinunziare ai piaceri
peccaminosi (il che e` di precetto), ma bisogna pure sacrificare i
piaceri pericolosi che conducono quasi infallibilmente al peccato, in
virtu` del principio: "qui amat periculum in illo peribit"; anzi e`
necessario privarsi di alcuni piaceri leciti per rinvigorire la nostra
volonta` contro gli allettamenti dei piaceri proibiti: chiunque infatti
vuol gustare senza freno alcuno di tutti i diletti permessi, e` molto
vicino a scivolare in quelli che non lo sono.

2^ LA CONCUPISCENZA DEGLI OCCHI (CURIOSITA` E AVARIZIA).

199. A) Il male. -- La concupiscenza degli occhi abbraccia due cose:
la vana curiosita` e l'amore disordinato dei beni della terra.

a) La curiosita` di cui qui si tratta, e` lo smodato desiderio di
vedere, d'udire, di conoscere cio` che avviene nel mondo, come i
secreti intrighi che vi si annodano, non per trarne spirituale
vantaggio ma per dilettarsi di una tal frivola cognizione. Si estende
pure ai secoli passati, quando frughiamo la storia, non per trarne
esempi utili alla vita umana, ma per pascere la nostra immaginazione
di tutte le cose che la dilettano. Abbraccia principalmente tutte le
false scienze divinatorie, con cui si pretende di conoscere le cose
segrete o future delle quali Dio s'e` riservata la conoscenza: "e`
questo un usurpare i diritti di Dio, e` un distruggere la confidenza
con cui dobbiamo abbandonarci alla sua volonta`" 199-1. Questa
curiosita` riguarda pure le scienze vere ed utili, quando uno ci si
applica con eccesso o intempestivamente e ci fa sacrificare doveri
assai maggiori, come avviene a quelli che leggono ogni specie di
romanzi, di commedie e di poesie. "Orbene, tutto cio` non e` altro che
intemperanza, malattia, disordine della mente, inaridimento del cuore,
miseranda schiavitu` che non ci lascia agio di pensare a noi, e fonte
d'errori" 199-2.

200. b) La seconda forma di questa concupiscenza e` l'amore
disordinato del denaro; talora si considera il danaro come mezzo per
acquistare altri beni, per esempio, piaceri od onori; talora uno si
attacca al denaro per se stesso, per contemplarlo, per palparlo, e per
trovare nel suo possesso una certa sicurezza per l'avvenire: questa e`
l'avarizia propriamente detta. Nell'uno e nell'altro caso uno si
espone a commettere molti peccati; perche` questo disordinato desiderio
e` fonte di molte frodi ed ingiustizie.

201. B) Il rimedio. a) Per combattere la vana curiosita` bisogna
ricordarsi che tutto cio` che non e` eterno e` indegno di fissare e
ritenere l'attenzione di esseri immortali come noi. La figura di
questo mondo passa, una sola cosa rimane: Dio e il cielo che e` eterno
possesso di Dio. Non diamoci quindi pensiero che delle cose eterne;
perche` cio` che non e` eterno e` un nulla, quod aeternum non est, nihil
est. Gli avvenimenti presenti, come quelli dei secoli passati, possono
e devono certamente premerci, ma solo nella misura in cui
contribuiscono alla gloria di Dio o alla salvezza degli uomini. Quando
Dio creo` il mondo e tutto cio` che esiste, non ebbe che uno scopo solo:
comunicare la sua vita divina alle creature intelligenti, agli Angeli,
agli uomini, e raccogliere degli eletti. Tutto il resto e` accessorio e
non dev'essere studiato che come mezzo per andare a Dio o al cielo.

202. b) Per cio` che riguarda l'amore disordinato dei beni della
terra, bisogna ricordarsi che le ricchezze non sono un fine ma un
mezzo che la Provvidenza ci da` per sovvenire ai nostri bisogni; che
Dio ne resta il supremo Padrone, che noi in fondo non ne siamo che
amministratori, e che dovremo rendere conto del loro uso: redde
rationem villicationis tuae" 202-1. E` quindi savia cosa dare larga
parte del proprio superfluo in elemosine e in buone opere; a questo
modo si assecondano i disegni di Dio, il quale vuole che i ricchi
siano, a cosi` dire, gli economi dei poveri; e si fa un deposito sulla
Banca del cielo, che ci sara` reso centuplicato quando entreremo
nell'eternita`: "Accumulatevi, dice Gesu`, tesori nel cielo, dove la
ruggine e la tignuola non corrodono; e dove i ladri non forano muri ne`
rubano: thesaurizate autem vobis thesauros in caelo, ubi nec aerugo,
neque tinea demolitur, et ubi fures non effodiunt nec
furantur" 202-2. E` il mezzo sicuro per distaccare i nostri cuori
dai beni della terra ed elevarli a Dio: "perche`, aggiunge Nostro
Signore, dov'e` il tuo tesoro, ivi e` il tuo cuore: "Ubi enim est
thesaurus tuus, ibi est et cor tuum" 202-3. Cerchiamo dunque
innanzitutto il regno di Dio, la santita`, ed il resto ci sara` dato per
giunta.

A diventar perfetti, occorre ancora qualche cosa di piu`, praticare la
poverta` evangelica: "Beati, infatti, sono i poveri di spirito: Beati
pauperes spiritu" 202-4. Il che puo` farsi in tre modi, secondo
l'inclinazione e la possibilita` di ciascuno: 1) vendendo i propri beni
e dandoli ai poveri: "Vendite quae possidetis et date
eleemosynam" 202-5; 2) mettendo ogni cosa in comune, come si
pratica in certe congregazioni; 3) serbando il capitale e privandosene
dell'uso, col non spendere nulla se non col consiglio d'un savio
direttore 202-6.

203. In ogni caso il cuore dev'essere distaccato dalle ricchezze per
volarsene a Dio. E` pur quanto ci raccomanda Bossuet: "Beati coloro,
egli dice, che, ritirati umilmente nella casa del Signore, si
dilettano della nudita` delle loro cellette e di tutto il misero
corredo di cui hanno bisogno in questa vita, che non e` che un'ombra di
morte, per non considerare altro che la loro infermita` e il giogo
pesante di cui il peccato li ha oppressi. Beate le sacre Vergini, che
non vogliono essere piu` lo spettacolo del mondo e che bramerebbero
nascondersi perfino a se stesse sotto il sacro velo che le circonda!
Beata la dolce violenza che si fa ai propri occhi per non vedere le
vanita` e dire con David: 203-1 Distogliete i miei occhi perch'io
non le veda. Beati coloro che, stando secondo il loro stato in mezzo
al mondo, non ne sono tocchi e vi passano senza attaccarvisi... che
dicono con Ester sotto il diadema: "Voi sapete, o Signore, quanto
disprezzo questo segno d'orgoglio e tutto cio` che puo` servire alla
gloria degli empi; e come la vostra serva non si e` mai rallegrata che
in voi solo, o Dio d'Israele" 203-2.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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