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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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15/10/2013 12:34
 
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II. Dell'organismo della vita cristiana 102-1.

102. Le tre divine persone che abitano nel santuario dell'anima
nostra si dilettano di arricchirla di doni soprannaturali e ci
comunicano una vita simile alla loro che si chiama la vita della
grazia o vita deiforme.

Ora in ogni vita vi e` un triplice elemento: un principio vitale che e`,
per cosi` dire, la sorgente della vita; delle facolta` che fanno
produrre operazioni vitali; e in fine degli atti, che ne sono
l'espansione e contribuiscono al suo accrescimento. Nell'ordine
soprannaturale, Dio, che vive in noi, produce nelle anime nostre
questi tre elementi. a) Ci comunica dapprima la grazia abituale, che
fa in noi l'ufficio di principio vitale soprannaturale^102-2 e
divinizza, a cosi` dire, la sostanza stessa dell'anima nostra,
rendendola atta, benche` remotamente, alla visione beatifica e agli
atti che la preparano.

103. b) Da questa grazia sgorgano le virtu` infuse^103-1 e i doni
dello Spirito Santo, che perfezionano le nostre facolta` e ci danno il
potere immediato di fare atti deiformi, soprannaturali e meritorii.

c) Per mettere in moto queste facolta`, Dio ci concede le grazie
attuali, che illuminano la nostra intelligenza, fortificano la nostra
volonta`, ci aiutano ad operare soprannaturalmente e ad aumentare cosi`
il capitale di grazia abituale che ci ha compartito.

104. Questa vita della grazia, benche` distinta dalla vita naturale,
non e` semplicemente a lei sovrapposta ma la compenetra tutta quanta,
la trasforma e la divinizza. Si assimila tutto cio` che vi e` di buono
nella natura, nell'educazione e nelle abitudini acquisite; perfeziona
e soprannaturalizza tutti questi elementi volgendoli verso l'ultimo
fine, che e` il possesso di Dio per mezzo della visione beatifica e
dell'amore che l'accompagna.

Spetta a questa vita soprannaturale il dirigere la vita naturale, in
virtu` del principio generale gia` esposto al n. 54, che gli esseri
inferiori sono subordinati agli esseri superiori 104-1. Non puo`
durare ne` svilupparsi se non a patto di dominare e serbare sotto la
sua influenza gli atti dell'intelligenza, della volonta` e delle altre
facolta`; con cio` non distrugge ne` diminuisce la natura, ma anzi la
esalta e la perfeziona. Il che dimostreremo, studiandone per ordine i
tre elementi.

1^ DELLA GRAZIA ABITUALE. 105-1

105. Dio, volendo nell'infinita sua bonta` elevarci a lui per quanto
e` permesso alla debole nostra natura, ci da` un principio vitale,
soprannaturale deiforme: la grazia abituale, grazia che si chiama
creata 105-2 per opposizione alla grazia increata che consiste
nell'abitazione dello Spirito Santo in noi. Questa grazia ci rende
simili a Dio e ci unisce strettissimamente a lui: "Est autem haec
deificatio, Deo quaedem, quoad fieri potest, assimilatio
unioque 105-3". Sono questi i due aspetti della grazia che
esporremo, dandone la definizione tradizionale e determinando l'unione
prodotta dalla grazia tra l'anima e Dio.

A) Definizione.

106. La grazia ordinariamente si definisce una qualita`
soprannaturale, inerente all'anima nostra, che ci fa partecipare in
modo reale, formale, ma accidentale, alla vita divina.

a) E` dunque una realta` di ordine soprannaturale ma non una sostanza,
perche` nessuna sostanza creata puo` essere soprannaturale; e` un modo
d'essere, uno stato dell'anima, una qualita` inerente alla sostanza
dell'anima nostra, che la trasforma, la eleva sopra tutti gli esseri
anche piu` perfetti; qualita` permanente di sua natura, che sta in noi
finche` non la scacciamo dall'anima nostra commettendo volontariamente
un peccato mortale. "La grazie, dice il Card. Mercier106-1
appoggiandosi su Bossuet, e` quella qualita` spirituale che Gesu`
diffonde nelle anime nostre, che penetra nel piu` intimo della nostra
sostanza, che s'imprime nel piu` secreto delle anime nostre, e che si
spande (per mezzo delle virtu`) in tutte le potenze e le facolta`
dell'anima, che possiede interiormente l'anima e la rende pura e grata
agli occhi di questo divin Salvatore, la fa suo Santuario, suo tempio,
suo tabernacolo, insomma suo luogo di delizie."

107. b) Questa qualita` ci rende, secondo l'energica espressione di
S. Pietro, partecipi della natura divina, divinae consortes naturae; ci
fa entrare, come dice S. Paolo, in comunione con lo Spirito Santo
"communicatio Sancti Spiritus 107-1", in societa` col Padre e col
Figlio, come aggiunge S. Giovanni 107-2. Non ci fa certamente
uguali a Dio, ma esseri deiformi simili a lui; e ci da`, non la vita
stessa di Dio che e` essenzialmente incomunicabile, ma una vita simile
alla sua. Il che ora spiegheremo, per quanto l'umana intelligenza vi
puo` arrivare.

108. 1) La vita propria di Dio e` di contemplare direttamente se`
stesso e di infinitamente amarsi. Nessuna creatura, per quanto sia
perfetta, puo` contemplare da se stessa l'essenza divina "che abita una
luce inaccessibile, lucem inhabitat inaccessibilem" 108-1. Ma Dio,
per un privilegio intieramente gratuito, chiama l'uomo a contemplare
questa essenza divina nel cielo; ed essendone l'uomo incapace, ne
eleva, ne dilata, ne fortifica l'intelligenza col lume della gloria.
Allora, dice S. Giovanni, saremo simili a Dio, perche` lo vedremo come
egli vede se stesso, o, che e` lo stesso, come egli e` in se: "Similes
ei erimus, quoniam videbimus eum sicuti est 108-2". Lo vedremo,
aggiunge S. Paolo, non piu` attraverso lo specchio delle creature, ma
faccia a faccia, senza intermedio, senza nubi, con una fulgida
chiarezza: "Nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad
faciem 108-3". Cosi` parteciperemo, benche` in modo finito, alla
vita stessa di Dio, poiche` lo conosceremo come egli conosce se stesso
e lo ameremo come egli ama se stesso. Il che spiegano i teologi
dicendo che l'essenza divina verra` ad unirsi alla parte piu` intima
dell'anima nostra e ci servira` di specie impressa, per renderci capaci
di vederla senza alcuno intermedio creato, senza immagine alcuna.

109. 2) Ora la grazia abituale e` gia` una preparazione alla visione
beatifica e quasi un saggio di questo favore, praelibatio visionis
beatificae; e` la gemma che gia` contiene il fiore, benche` questo non
debba sbocciare che piu` tardi; e` quindi dello stesso genere della
visione beatifica e partecipa della sua natura.

Cerchiamo di spiegarci con un paragone, per quanto possa riuscire
imperfetto. Io posso conoscere un artista in tre modi: dallo studio
delle sue opere, -- dal ritratto che me ne fa un suo intimo amico -- o
finalmente dalle relazioni dirette che io ho con lui. La prima di
queste conoscenze di Dio, e` quella che abbiamo dalla vista delle sue
opere, conoscenza induttiva molto imperfetta, perche` le sue opere, pur
manifestandoci la sua sapienza e la sua potenza, nulla ci dicono della
sua vita interiore. La seconda risponde assai bene alla conoscenza che
ce ne da` la fede: sulla testimonianza degli scrittori sacri e
principalmente del Figlio di Dio, io credo tutto cio` che Dio si degno`
di rivelarmi non solamente sulle sue opere e sui suoi attributi, ma
anche sulla sua vita intima; io credo che da tutta l'eternita` egli
genera un Verbo che e` suo Figlio, che ama e dal quale e` riamato, e che
da questo mutuo amore procede lo Spirito Santo. Certo io non capisco,
e sopratutto io non vedo, ma io credo con incrollabile certezza, e
questa fede mi fa partecipare in modo velato, oscuro, ma reale, alla
conoscenza che Dio ha di se` stesso. Solo piu` tardi, per mezzo della
visione beatifica, si avverera` il terzo modo di conoscenza; ma, com'e`
chiaro, il secondo e` in sostanza della stessa natura di quest'ultimo,
e certamente molto superiore alla conoscenza razionale.

110. c) Questa partecipazione della vita divina non e` semplicemente
virtuale ma formale. La partecipazione virtuale non ci fa possedere
una data qualita` che in un modo diverso da quello in cui si trova
nella causa principale; cosi` la ragione e` una partecipazione solo
virtuale dell'intelletto divino, perche` ci fa conoscere la verita`, ma
in un modo assai diverso dalla conoscenza che ne ha Dio. Non e` cosi`
della visione beatifica, e, salve le proporzioni, della fede; queste
ci fanno conoscere Dio some egli conosce se stesso, non certo nello
stesso grado ma nello stesso modo.

111. d) Questa partecipazione non e` sostanziale ma accidentale. Cosi`
essa si distingue dalla generazione del Verbo, che riceve tutta la
sostanza del Padre; e dalla unione ipostatica, che e` un'unione
sostanziale della natura umana con la natura divina nell'unica persona
del Verbo; noi conserviamo infatti la nostra personalita` e la nostra
unione con Dio non e` sostanziale. Tale e` la dottrina di
S. Tommaso: 111-1 "Essendo la grazia molto superiore alla natura
umana, non puo` essere ne` una sostanza, ne` la forma sostanziale
dell'anima; non puo` esserne che la forma accidentale". E, per spiegare
il suo pensiero, aggiunge che tutto cio` che e` sostanzialmente in Dio
ci vien dato accidentalmente e ci fa partecipare alla divina bonta`:
"Id enim quod substantialiter est in Deo, accidentaliter fit in anima
participante divinam bonitatem, ut de scientia patet".

Con queste restrizioni si evita di cadere nel panteismo, e si ha
nondimeno un'idea altissima della grazia, che ci apparisce come una
divina somiglianza impressa da Dio nell'anima nostra: "faciamus
hominem ad imaginem et similitudinem nostram 111-2".

112. Per farci intendere questa divina somiglianza, i Padri usano
diversi paragoni. 1) L'anima nostra, essi dicono, e` una immagine
vivente della Trinita`, una specie di ritratto in miniatura, poiche` lo
Spirito Santo stesso viene ad imprimersi in noi come il sigillo sulla
molle cera e vi lascia cosi` la sua divina somiglianza 112-1. Ne
concludono che l'anima in stato di grazia e` d'una meravigliosa
bellezza, poiche` l'artista che vi dipinge questa immagine e`
infinitamente perfetto, non essendo altri che Dio stesso: "Pictus es
ergo, o homo, et pictus es a Domino Deo tuo. Bonum habes artificem
atque pictorem 112-2". E ne conchiudono pure con ragione che noi
non solo non dobbiamo distruggere od offuscare questa immagine, ma
anzi renderla ogni giorno piu` rassomigliante. -- Paragonano anche
l'anima nostra a quei corpi trasparenti che, ricevendo la luce del
sole, ne sono come penetrati e acquistano un incomparabile fulgore che
diffondono poi tutto intorno a loro 112-3; cosi` l'anima nostra,
simile a un globo di cristallo illuminato dal sole, riceve la luce
divina, risplende di vivo fulgore e lo riflette sugli oggetti
circostanti.

113. 2) Per dimostrare che questa rassomiglianza non e` cosa
superficiale ma penetra nel piu` intimo dell'anima nostra, ricorrono al
paragone del ferro e del fuoco. Come, dicono essi, una verga di ferro,
immersa in un ardente braciere, acquista subito lo splendore, il
calore e la pieghevolezza del fuoco, cosi` l'anima nostra, immersa
nella fornace del divino amore, si libera dalle scorie e diviene
brillante, ardente e docile alle ispirazioni divine.

114. 3) Un autore contemporaneo, volendo esprimere l'idea che la
grazia e` una vita nuova, la paragona a un innesto divino fatto sul
ramo salvatico della nostra natura e che si fonde coll'anima nostra
per costituire un nuovo principio vitale e quindi una vita assai
superiore. Pero`, come l'innesto non conferisce al ramo salvatico tutta
la vita di quella natura onde e` stato tolto ma soltanto questa o
quella delle sue proprieta` vitali, cosi` la grazia santificante non ci
da` tutta la natura di Dio ma qualche cosa della sua vita che
costituisce per noi una nuova vita; noi quindi partecipiamo alla vita
divina ma non la possediamo nella sua pienezza 114-1.

E` chiaro che questa divina somiglianza prepara l'anima nostra ad una
intimissima unione con l'adorabile Trinita` che abita in lei.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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