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Meditazioni per le festività (di Mons.Riboldi)

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2017 21:39
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13/05/2011 21:45
 
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IV Domenica di Pasqua (Anno A)

Un dono di Dio agli uomini: il sacerdote

Oggi la Chiesa celebra la festa del sacerdote. Un grande dono, che Dio ha fatto agli uomini: Gesù ha voluto che il sacerdote continuasse la Sua Opera tra gli uomini, scegliendo giovani, come fece con gli Apostoli, secondo un 'criterio', che Lui solo conosce.

Non è facile neppure per noi sacerdoti, scelti da Dio, capire le ragioni della 'nostra' dignità: COMPIERE IL BENE PER GLI UOMINI, CON POTERI CHE DAVVERO SONO DIVINI, È DAVVERO QUALCOSA CHE SFUGGE AL NOSTRO PENSIERO .... Sappiamo tutti che non si è sacerdoti per una scelta umana della vita, ma per una scelta vocazionale di Dio.

Viene da chiedersi: 'Perché io e non altri? Cosa ho di particolare per essere stato scelto?'

Ricordo l'inizio del mio cammino vocazionale. Ero chierichetto nella mia parrocchia. Un giorno, come era solito fare, il Cardo Schuster era presente in parrocchia per 1'amministrazione delle cresime e per rendersi conto dello stato di fede della comunità, a cominciare dai sacerdoti.

Avevo 10 anni. Improvvisamente mi chiese se sarei stato contento di diventare sacerdote. Non seppi rispondere. Ma quella domanda divenne un interrogativo persistente, che non lasciava pace.

Come saperlo? Mi affidai alla cura e alla saggezza del mio parroco, che alla fine mi incoraggiò e così mi decisi.

Oggi guardo ai tanti anni del mio sacerdozio e del mio vescovado e non finisco di stupirmi nel contemplare ciò che Dio ha saputo operare nelle Comunità affidatemi dall'obbedienza.

Come seguendo un disegno, mi furono sempre affidate Comunità in difficoltà.

L'Istituto a cui appartengo, avendo avuto l'invito di accettare una parrocchia nel Belice, a S. Ninfa, dove il parroco aveva abbandonato per sposarsi, la Comunità si era così tanto scandalizzata da rifiutare sacerdoti diocesani e voleva preti 'continentali'. Il vescovo di Mazara, da cui dipendeva la parrocchia, si rivolse al mio superiore, che, vedendo la grande povertà spirituale, accettò la Parrocchia e scelse tre Padri, tra cui io come parroco. Giungemmo in un vero deserto di fiducia ... e senza neppure una casa canonica, per cui alloggiavamo in qualche modo. La gente, che era buona, presto tornò e dopo qualche anno la Parrocchia mostrò la sua vitalità ... al punto che un giorno a fare testa vollero presenziare sia il Vescovo della Diocesi che il mio Superiore generale. Ricordo ancora la meraviglia del Vescovo che disse: 'Questa parrocchia era la mia spina, ora è la mia rosa'.

Sentendo questo intervento il mio superiore subito disse: 'Il prossimo anno tornerete nella nostra Comunità rosminiana per insegnare ai sacerdoti come si fa pastorale'.

Ma il terremoto del 1968 scompigliò tutto e fui costretto a esprimere tutta la mia passione di pastore per accelerare la ricostruzione. Dopo quasi dieci anni, terminato, o quasi, questo compito, ancora una volta intervenne il mio superiore, perché tornassi al Nord .... E subito, come ad intralciare la volontà degli uomini, Dio, attraverso Paolo VI mi affidò la diocesi di Acerra, che mancava di un vescovo residenziale da 12 anni. Una comunità da ricostruire. E, ancora una volta, la Grazia sostenne lo zelo, tanto da dare un volto nuovo e meraviglioso a questa Chiesa, al punto che il S. Padre, in due anni, scelse tra i suoi sacerdoti due vescovi.

Ogni volta ripenso e ricordo, sempre più scorgo 1'opera della Grazia, che si serve della nostra 'buona volontà' e del nostro fervore: ricordi e pensieri che fanno sgorgare dal cuore un ringraziamento di lode, in questa festa di oggi così vicina al cuore di ogni sacerdote.

Quando ero parroco, la Comunità celebrava la Festa del Buon Pastore, di oggi, donando un agnello, come a commentare il Vangelo che la liturgia ci propone.

"Gesù disse: 'In verità, in verità vi dico: Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale per un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce; egli chiama le pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui. perché non conoscono la voce degli estranei.'

Questa similitudine disse loro Gesù, ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: 'In verità, in verità, vi dico: lo sono la porta delle pecore. Tutti coloro, che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. lo sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo: entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere. lo sono venuto, perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". (Gv. L0, 1-10)

Gesù, con la parabola del pastore e il rapporto con le pecore, mostra il grande amore che ha per tutti noi. In un altro brano descrive poi la sua cura in modo stupendo, incredibile e particolareggiato, parlando di una pecora che si smarrisce e che Lui si preoccupa di cercare, incurante delle difficoltà e dei pericoli in cui lei si è cacciata. E non si dà pace fin a che non l'ha trovata! Se la mette sulle spalle, torna a casa e chiama gli amici per fare festa, “perché era perduta ed è stata ritrovata”… le stesse parole che Gesù mette sulla bocca del Padre, nel ritorno del figlio prodigo.

È davvero grande la passione di Gesù per noi, la stessa che dovrebbe essere nel sacerdote o nel vescovo per la gente loro affidata. Se da una parte “la messe è molta" davvero richiede tutta la nostra passione di pastori il coltivarla, con la testimonianza della vita, che rispecchi la Presenza di Gesù, la preghiera e tanto, ma tanto, amore.

Affermava il pontefice Giovanni XXIII, Pastore dal cuore davvero grande:

"Ogni bravo sacerdote deve poter rendere testimonianza la più fedele. Ed è in questo compito che si misura il buon giudizio ed il valore di ciascuno ... Inoltre il sacerdote è un uomo di cure: questa è la

nota felice che inizia un elogio a cui ordinariamente molta gente facilmente si unisce. E si unisce sovente a tal punto da perdonare anche qualche esuberanza di moti della testa meno opportuni. Il cure del sacerdote deve essere riempito di amore, come la testa deve essere splendente di verità e di dottrina. Amore di Gesù ardente, vibrante e aperto a tutte quelle effusioni di mistica intimità che rendono così attraente l'esercizio della pietà sacerdotale: un esercizio di pietà che è sorgente perenne di coraggio, di conforto, fra le inevitabili difficoltà. Amore alla Santa Chiesa e alle anime, specialmente quelle affidate alle nostre cure: anime appartenenti a tutti i ceti sociali, ma con particolare interesse e sollecitudine alle anime di peccatori e dei poveri. (Giovanni XXIII)

Oggi, di fronte a tanta scarsezza di sacerdoti, viene da pregare:

Chiama, Signore, quanti nel tuo misterioso piano di amore hai scelto. Chiamali, Signore!

Guarda i nostri seminari che ora hanno tanto spazio per accoglierli, ma a volte sembrano braccia di padri aperte, ma senza figli. Ti prenda compassione di questo mondo che Tu tanto ami da mandare tuo Figlio, perché si salvi: un mondo che attende, forse come non mai, la Buona Novella del Vangelo, un mondo che, anche se non lo dimostra, è stanco dei tanti 'ladri e briganti' che rubano letteralmente la gioia, ogni senso della vita, quasi a voler cancellare la realtà che Tu sei il solo nostro Padre.

In Te solo c'è l'Amore che desideriamo; un mondo che tende le mani disperatamente verso qualcuno che sia disposto ad amarlo fino a dare la vita, come ha fatto tuo Figlio, Gesù.

Ed allora ti preghiamo: suscita, chiama sacerdoti santi e zelanti.

Copri con il loro amore e il loro zelo apostolico tutta la faccia della terra.

Fa sentire alle famiglie quasi … l'orgoglio di sapere che un figlio è stato scelto da Te, per essere totalmente Tuo, e così essere mandato verso i fratelli per prenderli per mano ed indicare la Tua salvezza.

Fa provare al cuore delle mamme la stessa grande gioia che ebbe Maria, quando seppe che sarebbe stata la Mamma di tuo Figlio.

E fa capire ai nostri giovani, aperti a volte incredibilmente alla generosità, come fosse nel loro DNA la voglia di fare del bene, il desiderio quasi di donare la vita perché altri l'abbiano, che non c'è nulla di più grande che essere scelti da Te, per essere sempre con Te, operando il Bene a Nome Tuo e con la Tua potenza, il Tuo Amore.

Metti in chi chiami lo stupore e la meraviglia nello scoprire che sono chiamati a “essere - addirittura - tuo Figlio Gesù, presente ed operante in mezzo ai fratelli, come quando era tra noi.

Sono tanti anni che la mia vita è stata scelta da Te, Padre, che davvero mi hai 'usato' per attuare il progetto di amore che era nel Tuo Cuore. Ora so che tanti, ma tanti, per Te e in Te ho amati, e tanti, ma tanti, mi hanno amato e tanti già hanno conosciuto la gioia del Cielo .. Tutto è Grazia!

Per il Tuo Amore, chiamali i giovani, Signore e ... Ti seguano.

Antonio Riboldi - Vescovo –
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