È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

FIGLIO D'UOMO E FIGLIO DI DIO

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2022 10:58
Autore
Stampa | Notifica email    
31/10/2012 17:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Vi sono nella Scrittura, diversi brani da cui si può ricavare che il Figlio di Dio è vero Figlio, generato dal Padre, e quindi Dio, della stessa sostanza del Padre.

Riporteremo a conforto di questa evidenza scritturale anche alcuni brani di s.Agostino, nonchè anche alcuni commenti di evangelici, che con noi cattolici condividono questo importantissimo articolo di Fede


Dice s.Agostino:

6
. 9. Chi disse che il Signore Dio nostro, Gesù Cristo, non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è veramente immortale perché mutevole, fu convinto d’errore dalla evidentissima e unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 55. È chiaro che nel Verbo di Dio noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi 56, perché si è incarnato nascendo nel tempo dalla Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il Verbo era Dio, aggiunge: Questi era in principio presso Dio e tutte le cose per mezzo di lui furono fatte e niente fu fatto senza di lui 57. E poiché quando dice: tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma, se il Figlio non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata; ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di lui. Se però ogni cosa per mezzo di lui fu fatta, allora egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio ma anche vero Dio. È quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna 58.

Tutta la Trinità è immortale

- 10. Da ciò consegue che l’apostolo Paolo non si riferiva solo al Padre quando disse: Il solo che possiede l’immortalità 59, ma parlava dell’unico e solo Dio, che è la Trinità stessa. Infatti la vita eterna non può essere mortale per mutazione, ma il Figlio di Dio è la vita eterna; perciò anch’egli è compreso con il Padre nelle parole: Il solo che possiede l’immortalità 60. E noi stessi, fatti partecipi 61 della sua vita eterna, diventiamo immortali nel modo a noi concesso. Ma una cosa è la vita eterna di cui diventiamo partecipi, altra cosa siamo noi che, per quella partecipazione, vivremo in eterno. Nemmeno se l’apostolo Paolo avesse scritto: "Nei tempi stabiliti lo manifesterà il Padre, beato e solo sovrano, Re dei re, Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità", dovremmo escludere il Figlio. Infatti il Figlio dicendo in veste di Sapienza (egli è infatti la Sapienza di Dio 62): Da sola ho percorso la volta del cielo 63, non ha escluso il Padre. Quanto meno è dunque necessario intendere come dette solo del Padre e non anche del Figlio le parole: Il solo che possiede l’immortalità, parole che fanno parte del seguente passo: Osserva questi precetti senza macchia e senza rimprovero fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo che nei tempi stabiliti sarà manifestato dal beato ed unico sovrano, Re dei re, il Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità ed abita in una luce inaccessibile, che nessun uomo ha visto né mai può vedere. A lui onore e gloria nei secoli dei secoli 64. In questo passo non si nomina propriamente né il Padre né il Figlio né lo Spirito Santo, ma il beato ed unico sovrano, il Re dei reil Signore dei signori, cioè l’uno e solo vero Dio, la Trinità medesima.

 

 

Filippesi 2,6

Il passo in questione è un tipico esempio in cui la traduzione migliore deve obbligatoriamente tenere conto del contesto e della tradizione della traduzione. Senza tener conto di questi elementi, infatti, si possono fare due o più traduzioni grammaticalmente possibili, ma di significato opposto, e di cui una necessariamente non vera. Considereremo le due lezioni piu' comuni, ma proporremo anche una terza che, in parte, media fra le due.

Il passo in greco traslitterato e tradotto parola per parola recita:

 

ος ’ενμορφηθεου ‘υπαρχων ’ουχ ‘αρπαγμον ‘ηγησατοτο ’ειναι ’ισαθεω

hos en morfêi theou huparchôn ouch harpagmon hêgêsato to einai isa theô

che in forma di dio esistente non un ghermire-to? considerò l’ essere come dio

 

 

La traduzione prevalente di questo passo è resa così:

 

 

CEI

"il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio"

 LUZZI

"il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l'essere uguale a Dio"

 N. RIVEDUTA

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente"

 

Traducendo in questo modo è evidente che l’oggetto che Gesù non prese in considerazione era l’uguaglianza con Dio che aveva, non la considerò irrinunciabile (CEI-N. RIVEDUTA); per la LUZZI, addirittura, non considerò che questo fosse una rapina, quindi, qualcosa che gli spettava di diritto.

Una traduzione meno comune (ne esamineremo i motivi) è la seguente:

 

 

TNM

"il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio"

A titolo informativo riportiamo a seguito altre traduzioni bibliche che rendono il versetto in modo pressoché identico:

 

 "il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare". The New Testament, di G. R. Noyes.

"Egli — vera natura divina! — non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso". Das Neue Testament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.

"il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio". La Bibbia Concordata.

"Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire uguale a Dio". Today’s English Version.

"Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare". The New Jerusalem Bible.

 

Filippesi 2:6

Lui, che, essendo in forma di Dio, non ritenne con avidità il suo esser uguale a Dio ma annichilò se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini.

«Lui che, esistendo in forma di Dio... en morfh qeou, in forma di Dio». Forma, diciam noi, in mancanza di meglio; ma la morfh non designa la forma qualunque che un essere può assumere; designa la forma organica, nella quale l'essenza, la vita intima di cotest'essere si manifesta al di fuori. Non così invece lo schma della frase: «prendendo la forma (schma) d'un servo», ch'è più sotto, e che esprime la parvenza esterna d'un essere; parvenza, che è il risultato di circostanze più o meno accidentali. La morfh, insomma, si connette intimamente ed organicamente con la essenza, con la natura permanente della cosa a cui ella serve d'involucro o di estrinsecazione; lo schma, invece, non è che la configurazione esterna, transitoria della cosa, senz'alcuna relazione con l'essenza, con la natura permanente della cosa stessa. E la distinzione la facciamo anche noi quando parliamo, per esempio, di «morfologia», e non intendiamo parlare soltanto di «forme», ma di «forme organiche» e delle loro leggi; di «metamorfosi», e non intendiamo parlar soltanto di cambiamenti di «forma», ma dei cambiamenti di farina e di struttura, che alcuni animali ed alcune piante fanno, sviluppandosi. Mentre, per converso, quando parliamo dello «schema» d'un sermone, d'un discorso qualunque, d'una lezione, noi intendiam parlare del disegno, dell'ossatura, della forma esterna della cosa, senz'alcuna relazione con la sostanza della cosa stessa. «Esistendo in forma di Dio», dico, invece di «essendo in forma di Dio; l'esistendo rende meglio dell'essendo lo 'uparcwn del testo.

Non ritenne con avidità il suo essere eguale a Dio; così io rendo col Revel la frase del testo. La qual frase è molto variamente tradotta, secondo che lo 'arpagmon della frase 'arpagmon 'hghsato è presa in senso attivo o in senso passivo. Se preso in senso attivo, si ha l'idea di «un atto di rapina», di un «afferrare», e quindi il «non riputò rapina l'essere uguale a Dio» del Diodati, e il «non credette che fosse una rapina quel suo essere uguale a Dio» del Martini. Se preso in senso passivo, si ha l'idea di un «premio, di un qualcosa da essere afferrato, ritenuto con ansia, con avidità, e quindi la traduzione di quasi tutti i moderni (Reuss, Stapfer, Revis. franc., Revised Vers, Weymouth, Crampon). E quest'ultimo modo di tradurre è evidentemente più d'ogni altro in armonia col pensiero generale dell'apostolo. «Questo suo esser uguale a Dio, Gesù non lo ritenne con avidità, quantunque si trattasse di cosa legittimamente sua, ma vi rinunziò spontaneamente. Ed è quest'atto d'abnegazione, la cui descrizione l'apostolo continuerà a darci adesso, che è proposta come ideale all'abnegazione dei fratelli di Filippi.

Il suo essere uguale a Dio equivale esattamente all'essere in forma di Dio. Sono due espressioni che scolpiscono la divinità di Cristo.

Top of Form 1

Filippesi 2:6

Is7:14; 8:8; 9:6; Ger23:6; Mi5:2; Mat1:23; Giov1:1,2,18; 17:5; Ro9:5; 2Co4:4; Col1:15,16; 1Ti1:17; 3:16; Tit2:13; Eb1:3,6,8; Eb13:8; Gen32:24-30; 48:15,16; Ez8:2-6; Gios5:13-15; Os12:3-5; Zac13:7; Giov5:18,23; 8:58,59; 10:30,33,38; 14:9; 20:28; Ap1:17,18; 21:6

 

 

 

Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso

7. 14. Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l’unità e l’uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell’incarnazione del Verbo di Dio – incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l’uomo Gesù Cristo 86 – passi che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell’afferrare l’insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell’incarnazione e che è sempre eterna. Su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il Signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me 87. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo 88? Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina – poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre 89 nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l’uomo Gesù Cristo 90 – è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il Figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio. Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d’ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell’apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio, ma si esinanì prendendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d’uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre, per stato inferiore a lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al PadreNella natura di Dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte 91nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge 92. Perciò nella natura di Dio ha fatto l’uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre solamente e non anche il Figlio avesse fatto l’uomo, non sarebbe scritto: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza 93. Poiché dunque la natura di Dio ha assunto la natura di servo, Dio è l’uno e l’altro, come l’uomo è l’uno e l’altro. Ma Dio lo è, perché ha assunto l’uomo; l’uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell’incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell’altra: la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura 94.

 

Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre

8. 15. Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 95, possono servire contro l’opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della Trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il Figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 96 possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 97 significhino: Allora lo stesso Figlio dell’uomo e la natura umana assunta dal Verbo di Dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il regno a Dio Padre 98. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il Figlio ha ricevuto dalla Vergine 99. Anche se alcuni sostengono che l’uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora, prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me 100, per cui ci pare non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole dell’Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare colui che tutto gli ha sottomesso 101, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose al Figlio, come se anche lo stesso Figlio non avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l’Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l’operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose 102. L’operare del padre e l’operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 103. Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 104. Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.

 

Il Figlio non consegnerà il regno al Padre, privandosene lui stesso

- 16. Non cadremo nell’errore di credere che Cristo consegnerà il regno a Dio Padre per privarsene lui stesso, anche se alcuni sciocchi l’hanno creduto. La Scrittura che dice: Consegnerà il regno a Dio Padre, non indica una separazione del Figlio dal Padre, perché il Figlio è un solo Dio con il Padre. Ma a trarre in inganno chi è indifferente alle Scritture ma per contro è amico delle dispute, c’è l’espressione: fino a che. Infatti il testo continua così: È necessario che egli regni fino a che ponga tutti i nemici sotto i suoi piedi 105, quasi che il suo regno dovesse aver fine quando ciò sarà accaduto. Questi non vedono che questa frase ha lo stesso senso di quest’altra: Il suo cuore è stabile e non temerà finché vedrà abbattuti i suoi nemici 106, dove non si vuol dire evidentemente che da quel momento egli dovrà incominciare a temere. Che significa dunque: Quando consegnerà il regno a Dio Padre?Che questi ancora non lo possiede? No, di certo. Significa invece che l’uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, condurrà tutti i giusti, sui quali ora regna, per la loro vita nella fede, a quella contemplazione che lo stesso Apostolo chiama visione a faccia a faccia. Perciò l’espressione: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, equivale a quest’altra: "Quando condurrà i credenti a contemplare Dio Padre". Come infatti dice il Signore: Ogni cosa mi fu consegnata dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vorrà rivelare 107allora il Figlio rivelerà il Padre, quando avrà abbattuto ogni principato, ogni potestà e virtù 108, quando cioè non sarà più necessario distribuire i simboli per mezzo degli ordini angelici, dei principati, delle potestà, delle virtù. È di essi che si può convenientemente intendere questo testo del Cantico dei cantici: Ti faremo ornamenti d’oro ageminati d’argento, fino a che il re è nel suo convito 109, cioè finché Cristo rimane nascosto perché la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi pure apparirete con lui nella gloria 110. Prima che ciò avvenga, noi vediamo per specchio, in enigma, cioè per mezzo di simboli, ma allora vedremo a faccia a faccia 111.

 

Uguaglianza totale del Figlio col Padre per quanto concerne la sostanza

- 5. Ma allora, in che cosa è più grande il Padre 20? Se è più grande, è più grande per la grandezza. Ma perché la sua grandezza è suo Figlio e questo non è certo più grande di colui che lo ha generato, né quest’ultimo più grande della grandezza per la quale è grande, ne consegue che è uguale, ma come uguale se non per quello che è, non distinguendosi in lui l’essere dall’essere grande? Se fosse per l’eternità che il Padre è più grande, il Figlio non è uguale a lui sotto ogni aspetto. Da che cosa proviene infatti la sua uguaglianza? Se si risponde che proviene dalla grandezza, è facile controbattere che non è uguale una grandezza che è meno eterna dell’altra e così di seguito. O forse è uguale per la forza, ma ineguale in sapienza? Ma come può essere uguale una forza che ha meno sapienza dell’altra? O è forse uguale in sapienza, ma non in forza? Ma come può essere uguale una sapienza che ha meno potenza dell’altra? Non resta dunque che concludere che, se in una cosa non è uguale, non è uguale da nessun punto di vista. Ma la Scrittura proclama: Non giudicò rapina l’essere uguale a Dio 21. Perciò, per quanto nemico della verità uno sia, purché rispetti l’autorità dell’Apostolo, è costretto a riconoscere l’uguaglianza del Figlio con Dio, sotto ogni aspetto, come in uno solo. Scelga quello che vorrà: sarà sufficiente per provargli l’uguaglianza del Figlio in tutto ciò che si predica della sua sostanza.

 

Filippesi 2:6 qui cum in forma Dei esset non rapinam arbitratus est esse se aequalem Deo

Filippesi 2:7 sed semet ipsum exinanivit formam servi accipiens in similitudinem hominum factus et habitu inventus ut homo

Filippesi 2:8 humiliavit semet ipsum factus oboediens usque ad mortem mortem autem crucis

Filippesi 2:9 propter quod et Deus illum exaltavit et donavit illi nomen super omne nomen

Filippesi 2:10 ut in nomine Iesu omne genu flectat caelestium et terrestrium et infernorum

Filippesi 2:11 et omnis lingua confiteatur quia Dominus Iesus Christus in gloria est Dei Patris

 

[Modificato da Credente 31/10/2012 18:16]
Amministra Discussione: | Riapri | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una TORRE, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un NOME...Gen 11,4
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:41. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com