Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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24/10/2013 13:32
 
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I. La levitazione 1517-1.

1517. La levitazione e` un fenomeno onde il corpo viene sollevato in
aria e vi rimane pendulo senza alcun naturale appoggio: e` l'estasi
ascensiva o salita estatica; talora il corpo viene rapito a grandi
altezze: e` il volo estatico; altre volte pare che corra rapidamente
rasente il suolo: e` la corsa estatica.

Molti fatti di levitazione si leggono nella vita di parecchi santi,
cosi` nei Bollandisti come nel Breviario; per esempio: S. Paolo della
Croce, 28 aprile; S. Filippo Neri, 26 maggio; S. Stefano d'Ungheria, 2
settembre; S. Giuseppe da Copertino, 18 settembre; S. Pietro
d'Alcantara, 19 ottobre; S. Francesco Saverio, 3 dicembre; ecc. Uno
dei piu` celebri e` S. Giuseppe da Copertino, il quale, vedendo un
giorno certi operai in grave difficolta` per erigere una pesantissima
croce di missione, preso l'aereo suo volo, afferra la croce e
agevolmente la pianta nella buca preparata.

Si collega a questo fenomeno quello di una pesantezza straordinaria,
onde il corpo non puo` essere smosso neppure da forza
potentissima 1517-2.

1518. I razionalisti tentarono di questo fenomeno una spiegazione
naturale recando in mezzo non so quale aspirazione profonda dell'aria
nei polmoni o un'ignota forza psichica o l'intervento di spiriti o di
anime separate; come a dire che non trovano alcuna spiegazione seria.
Ben piu` savio e` Benedetto XIV! Egli vuole prima di tutto che, a scanso
di inganni, il fatto sia bene accertato. Poi dichiara: 1) che la
levitazione bene accertata non puo` spiegarsi naturalmente; 2) ma che
non supera le forze dell'angelo e del demonio, i quali hanno potere di
sollevare i corpi; 3) che nei Santi questo fenomeno e` un'anticipazione
della dote dell'agilita` propria dei corpi gloriosi 1518-1.
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II. Le irradiazioni luminose 1519-1.

1519. L'estasi e` talora accompagnata da fenomeni luminosi; ora e`
un'aureola di luce che cinge la fronte, ora e` tutto il corpo che
diventa luminoso.

Compendieremo anche qui la dottrina di Benedetto XIV 1519-2.
Bisogna prima di tutto studiar bene il fatto in tutte le sue
circostanze, per vedere se la luce non possa spiegarsi naturalmente.

Si badi specialmente: 1) se il fenomeno accade di pieno giorno o
durante la notte, e, in quest'ultimo caso, se la luce e` piu` brillante
d'ogni altra; 2) se si tratta di semplice scintilla simile alla
scintilla elettrica, oppure se il fenomeno luminoso dura un tempo
notevole e si rinnova piu` volte; 3) se avviene durante un atto di
religione, un'estasi, una predica, una preghiera; 4) se produce frutti
di grazia, conversioni costanti, ecc.; 5) se virtuosa e santa e` la
persona da cui parte questa irradiazione.

Solo dopo aver maturatamente esaminate tutte queste particolarita` si
potra` concludere che si tratta veramente di fatti soprannaturali.
Anche qui si ha un'anticipazione della dote dello splendore onde
brilleranno i corpi gloriosi.

III. Gli effluvi odorosi.

1520. Dio fa che talora dai corpi dei santi, in vita o dopo morte,
esalino olezzi, a simbolo del buon odore delle virtu` da loro
praticate.

Cosi` dalle stimate di S. Francesco d'Assisi emanavano alcune volte
soavi odori. Alla morte di S. Teresa, l'acqua onde ne fu lavato il
corpo, rimase profumata; per nove mesi continui un'arcana fragranza
esalo` dalla sua tomba; e, quando ne fu esumato il corpo, ne flui` olio
odoroso 1520-1. E si hanno molti altri fatti simili.

Benedetto XIV insegna come si deve procedere per accertare il
miracolo; si esaminera`: 1) se il soave odore e` persistente; 2) se non
c'e` nulla nel corpo o nel suolo che ne possa dar spiegazione; 3) se ci
sono miracoli prodotti dall'uso dell'acqua o dell'olio provenienti dal
corpo del santo 1520-2.

IV. L'astinenza prolungata.

1521. Vi sono Santi, massime fra gli stimatizzati, che vissero
parecchi anni senz'altro cibo che la santa comunione.

Il Dr. Imbert-Goubeyre cita in particolare alcuni casi
mirabili 1521-1: "La B. Angela da Foligno rimase dodici anni senza
prender cibo; S. Caterina da Siena circa otto anni; la B. Elisabetta
di Rente piu` di quindici anni; S. Liduina ventotto anni; La
B. Caterina da Racconigi dieci anni... ai nostri giorni, Rosa Andriani
ventotto anni... e Luigia Lateau quattordici anni".

La Chiesa si mostra severissima nell'inchiesta di tali fatti ed esige
vigilanza lunga ed assidua di testimoni numerosi ed abili a scoprir le
frodi 1521-2. Devono esaminare se l'astinenza e` totale che
comprende bevande e cibi solidi, se e` costante, e se la persona
continua ad attendere alle proprie occupazioni.

E` pur da collegare con questo fenomeno l'astinenza del sonno: cosi`
S. Pietro d'Alcantara per quarant'anni non dormi` che on'ora e mezzo
per notte; S. Caterina de' Ricci non dormiva che un'ora per settimana.

V. Le stimate.

1522. 1^ Natura ed origine. Questo fenomeno consiste in una specie
d'impressione delle sacre piaghe del Salvatore sui piede, sulle mani,
sul costato e sulla fronte, che compaiono spontaneamente senza essere
provocate da esterna ferita ed emettono periodicamente vivo sangue.

Il primo stimatizzato che si conosca e` S. Francesco d'Assisi: stando,
il 17 settembre del 1222, sul monte Alvernia, vide in una mirabile
estasi un serafino che gli presentava l'immagine di Gesu` Crocifisso e
che gl'impresse le sacre stimate; piaghe che conservo` sino alla morte,
onde fluiva sangue vermiglio. Studiossi di tener nascosto il miracolo
ma non vi pote` ben riuscire; e alla morte, che avvenne l'11 ottobre
del 1226, il prodigio divento` pubblico. D'allora in poi questi casi si
moltiplicarono. Il Dr. Imbert ne conta trecentoventuno, di cui
quarantuno di uomini; e degli stimatizzati sessantadue vennero
canonizzati.

1523. Pare accertato che le stimate non avvengono che negli estatici
e che sono precedute e accompagnate da vivissimi patimenti fisici e
morali, che rendono cosi` la persona conforme a Gesu` sofferente.
L'assenza di tali patimenti sarebbe cattivo segni; perche` le stimate
non sono che il simbolo dell'unione col divin Crocifisso e della
partecipazione al suo martirio.

Il fatto delle stimate e` provato da testimonianze cosi` numerose che
anche gli increduli generalmente l'ammettono, cercando pero` di darne
una spiegazione naturale. Dicono che in certe persone dotate di
singolare sensibilita` si puo`, sovraeccitando la fantasia, provocar
sudori di sangue che assomigliano alle stimate. Ma veramente i pochi
risultati cosi` ottenuti sono tutt'altra cosa da cio` che avviene negli
stimatizzati.

1524. 2^ Segni per discernere le vere stimate. Bisogna dunque, per
ben distinguere le stimate dai fenomeni artificiali provocati in certi
individui, badar bene a tutte le circostanze che qualificano le vere
stimate.

1) Le stimate sono circoscritte a quelle parti ove Nostro Signore
ricevette le cinque piaghe, mentre l'essudazione sanguigna degli
ipnotizzati non e` circoscritta a questo modo.

2) Ordinariamente la rinnovazione delle piaghe e dei dolori degli
stimatizzati avviene nei giorni o nei tempi che ricordano la Passione
del Salvatore, come il venerdi` o qualche festa di Nostro Signore.

3) Queste piaghe non fanno suppurazione: il sangue che ne esce e` puro,
mentre che ogni minima lesione naturale su altre parti del corpo fa
suppurazione, anche negli stimatizzati. E non guariscono, per quanti
rimedi ordinari vi si adoprino, persistendo talora trenta e
quarant'anni.

4) Producono copiose emorragie: cosa che si capisce nel giorno in cui
compaiono, ma diventa inesplicabile nei giorni seguenti. Inesplicata
pure rimane la copia di sangue versato; benche` le stimate siano
ordinariamente alla superficie, lontane dai grossi vasi sanguigni,
pure emettono copioso sangue.

5) Da ultimo, ed e` la cosa precipua, le stimate non si riscontrano se
non in persone che praticano le piu` eroiche virtu` e che specialmente
hanno grande amore alla croce.

Lo studio di tutte queste circostanze chiaramente dimostra che non
siamo qui dinanzi a un caso patologico ordinario, ma che c'e`
l'intervento di una causa intelligente e libera, la quale opera sugli
stimatizzati per renderli piu` conformi al divin Crocifisso.

CONCLUSIONE : DIFFERENZE TRA QUESTI FENOMENI E I FENOMENI MORBOSI.

1525. I fenomeni che si connettono coll'estasi sono cosi` ben provati
che i positivisti non possono negarli; si sforzano pero` di
agguagliarli a certi fenomeni morbosi prodotti da psiconevrosi e
specialmente dall'isterismo; alcuni anzi ci vedono una forma di
pazzia. -- I Santi vanno certamente soggetti anch'essi alla malattie
come gli altri uomini, ma non di questo ora si tratta, bensi` di sapere
se, non ostante le malattie, abbiano le facolta` mentali sane ed
assestate. Ora su questo punto corrono tra i fenomeni mistici e le
psiconevrosi differenze cosi` sostanziali, che nessuna persona di buona
fede puo` ricusare di riconoscerle e conchiudere che non c'e` tra loro
alcuna possibile parita` 1525-1. Tali differenze si desumono
specialmente: 1^ dalle persone; 2^ dalla diversita` dei
fenomeni; 3^ dagli effetti.

1526. 1^ Differenze da parte delle persone. Paragonando i colpiti da
psiconevrosi cogli estatici, si vede che i primi sono fisicamente e
moralmente squilibrati, mentre i secondi sono, almeno sotto l'aspetto
morale, perfettamente sani.

A) I primi sono squilibrati cosi` nelle facolta` mentali come nel
fisico.

Si nota in loro una diminuzione dell'attivita` intellettuale e della
potenza della volonta`; alterata o sospesa e` la coscienza, l'attenzione
diminuita, immiserita l'intelligenza, la memoria sconvolta per guisa
che si crede a uno sdoppiamento della personalita`; presto non restano
piu` nella mente che poche idee fisse; onde un certo monoideismo che
s'accosta alla pazzia. Si indebolisce nello stesso tempo la volonta`;
le emozioni prendono il sopravvento; si diventa lo zimbello dei propri
capricci o delle suggestioni altrui; e non si e` piu` capaci di
governarsi. C'e` dunque un infiacchimento e una diminuzione della
personalita` e delle forze intellettuali e morali 1526-1.

1527. B) Nei mistici avviene tutto il contrario: l'intelligenza
s'allarga, la volonta` s'invigorisce, e diventano capaci di concepire e
compiere le piu` grandi imprese. Acquistano infatti, come abbiamo
veduto, cognizioni nuove su Dio, sui suoi attributi, sui dommi della
fede, su se stessi. Non possono, e` vero, esprimere tutto cio` che
vedono, ma dichiarano con tutta sincerita` di aver imparato piu` in
pochi istanti di contemplazione che in lunghe letture; convinzione che
produce un vero progresso nella pratica delle piu` eroiche virtu`. Si
vedono infatti piu` umili, piu` caritatevoli, piu` sottomessi alla
volonta` di Dio, anche in mezzo ai piu` duri patimenti, dotati di calma,
di pace, di serenita` inalterabili. Che differenza dalle agitazioni e
dagli appassionati movimenti degli isterici!

1528. 2^ Differenze da parte dei fenomeni. Non ci sono minori
differenze da parte del modo con cui si producono o fenomeni negli uni
e negli altri.

A) Nulla di piu` triste e di piu` nauseante delle crisi isteriche:

1) La prima fase assomiglia a un leggiero attacco d'epilessia, ma se
ne distingue per la sensazione d'una palla che sale alla gola, la
quale non e` in sostanza che un gonfiamento della gola con impressione
di soffocazione; e per una specie di zufoli`o sentito dall'orecchio.
2) La seconda consiste in gesti disordinati, in contorsioni di tutto
il corpo, e specialmente nell'arcuar la persona all'indietro. 3) La
terza e` quella degli atteggiamenti passionali di terrore, di gelosia,
di lubricita`, dettati dall'immagine o dall'idea che li domina.
4) Finiscono con accessi di pianto o di riso, con cui la crisi si
risolve. E la persona ne esce stanca e spossata con sequela di vari
incomodi.

B) Anche qui qual differenza! Negli estatici non convulsioni, non
violente agitazioni, ma calma e dolce rapimento dell'anima intimamente
unita a Dio; tanto che chi assiste all'estasi, come per esempio quelli
che vedevano la Bernardina nel momento delle visioni alla grotta di
Massabielle, non puo` trattenere l'ammirazione. Anzi, come dichiara
S. Teresa, n. 1456, il corpo, in cambio di rimanere spossato,
riprende nell'estasi novelle forze.

1529. 3^ Differenze da parte degli effetti. Ben diversi sono gli
effetti nei due casi.

A) Negli isterici quanto piu` le scene descritte si moltiplicano, tanto
piu` cresce lo squilibrio delle facolta`; dissimulazione, menzogna,
abbrutimento, lubricita`: tal e` il risultato delle esperienze fatte su
queste sventurate vittime.

B) Nei mistici invece e` un costante aumento di intelligenza, di amor
di Dio, di dedizione al bene del prossimo. Quando devono metter mano a
opere e fondazioni, danno prova di buon senso, di mente aperta e
sicura, di energica volonta`, coronati dalla buona riuscita.

S. Teresa, prima di morire, non ostante le molteplici opposizioni,
aveva fondato sedici conventi di donne e quattordici di uomini.
S. Coletta fondo` tredici monasteri e rimise in vigore la disciplina in
gran numero d'altri. La Signora Acarie, estatica fin dall'eta` di
sedici anni, visse trent'anni nel matrimonio, allevo` sei figli, rifece
il domestico patrimonio compromesso dalle imprudenze del marito, e,
rimasta vedova, contribui` alla fondazione del Carmelo in Francia.
S. Caterina da Siena, morta a trentadue anni, senza sapere per molto
tempo ne` leggere ne` scrivere, ebbe parte cosi` importante negli
avvenimenti contemporanei, e specialmente nel ritorno dei Papi a Roma,
che uno storico recente la disse uomo di Stato e grande uomo di
Stato 1529-1.

Come si vede, vi sono dunque tra gl'isterici e gli stimatizzati tali
differenze che il volerli agguagliare e` un calpestar tutte le regole
dell'osservazione scientifica.

1530. 4^ Obiezione. Resta pero` un'ultima difficolta` da risolvere: ci
son di quelli che pretendono col Ribot che l'estasi sia un progressivo
restringimento del campo della coscienza, che finisce in un
monoideismo affettivo; perche` i mistici piu` non pensano e non parlano
che di intima unione con Dio. -- Per rispondere a questa speciosa
difficolta`, si puo` distinguere un doppio monoideismo: l'uno e`
disorganizzatore e disgrega a poco a poco la personalita` falsando il
giudizio; tal e` l'idea fissa del suicida che cerca il nulla come bene
supremo; l'altro invece e` un monoideismo coordinatore, che fa, e` vero,
predominare nell'anima un'idea principale, a questa richiamando tutte
le altre, ma senza falsarle. Quest'ultimo non solo non disgrega la
personalita` ma anzi la fortifica; non e` forse per il fatto di avere
un'idea fissa, a cui collegano tutti i loro disegni, che i grandi
politici riescono a far cose grandi, quando per altro si tratti di
idea giusta?

Tal e` il caso dei mistici. Hanno un'idea predominante, un'idea fissa,
quella di attendere soprattutto al loro ultimo fine, vale a dire
all'intima unione con Dio, fonte di ogni felicita` e di ogni
perfezione: a lei coordinano tutti gli altri pensieri, tutti gli
affetti, tutte le energie. Ed e` idea intieramente giusta; che non
disgrega ma coordina tutti i pensieri e tutte le azioni, orientandole
verso quell'unico fine che solo puo` darci la perfezione e la felicita`.
Ecco perche` i Santi, anche umanamente considerati, sono persone di
grande operosita`, pieni di buon senso, d'energia, di costanza, che
concepiscono e conducono a buon fine grandi imprese. E` cosa notata
dagli increduli stessi, come abbiamo gia` detto al n. 43.

Siamo dunque giusti e confessiamo che i mistici sono nello stesso
tempo Santi e uomini superiori.

ART. II. FENOMENI DIABOLICI 1531-1.

1531. Spinto dalla gelosia ad imitare l'azione divina nelle anime
dei Santi, il demonio si sforza di esercitare anche lui il suo impero
o piuttosto la sua tirannia sugli uomini. Ora vessa l'anima dal di
fuori suscitando in lei orribili tentazioni; ora si fissa nel corpo e
lo muove a suo grado come ne fosse il padrone per riuscire a turbar
l'anima. Nel primo caso si ha l'infestazione, nel secondo
l'ossessione 1531-2.

Quanto all'azione del demonio bisogna schivare i due eccessi: vi sono
di quelli che gli attribuiscono tutti i mali che ci accadono,
dimenticando che ci sono in noi stati morbosi che non suppongono alcun
immediato intervento diabolico e inclinazioni cattive che provengono
dalla triplice concupiscenza: cause naturali certo biasimevoli a
spiegare molte tentazioni. Ci sono altri invece che, dimenticando
quanto la S. Scrittura e la Tradizione ci dicono dell'azione del
demonio, non vogliono in nessun caso ammettere l'intervento. A tener
la retta via, la regola da seguire e` questa: non accettare come
fenomeni diabolici se non quelli che o per il carattere straordinario
o per un complesso di circostanze dinotano l'azione dello spirito
maligno.

Tratteremo prima dell'infestazione e poi dell'ossessione.
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sez. I. Dell'infestazione.

1532. I. Natura. L'infestazione e` in sostanza una serie di
tentazioni ordinarie. E` esterna quando opera sui sensi esterni con
apparizioni; interna, quando produce interne impressioni. Trattandosi
non di luoghi ma di persone infestate dal demonio, e` raro che
l'infestazione sia puramente esterna, perche` il demonio non opera sui
sensi se non per turbare piu` facilmente l'anima. Vi sono pero` dei
Santi, che, pur essendo esteriormente infestati da ogni sorta di
fantasmi, conservano nell'anima inalterabile pace.

1533. 1^ Il demonio puo` operare su tutti i sensi esterni:

a) Sulla vista, apparendo ora sotto forme ributtanti, per atterire le
persone e distoglierle dalla pratica della virtu`, come fece con la
V. Madre Agnese de Langeac 1533-1 e con molti altri; ora sotto
forme seducenti, per attirare al male, come avvenne spesso a
S. Alfonso Rodriguez 1533-2.

b) Sull'udito, facendo sentire parole o canti blasfemi od osceni, come
si legge nella vita di S. Margherita da Cortona 1533-3; o
cagionando rumori per spaventare, come qualche volta accadeva a
S. Maddalena de' Pazzi e al S. Curato d'Ars 1533-4.

c) Sul tatto, in doppio modo: ora con percosse e ferite, come si legge
nelle bolle di canonizzazione di S. Caterina da Siena e di
S. Francesco Saverio e nella vita di S. Teresa 1533-5; ora con
amplessi provocanti al male, come narra di se` S.Alfonso
Rodriguez 1533-6.

Vi sono dei casi, come osserva il P. Schram 1533-7, in cui queste
apparizioni sono semplici allucinazioni prodotte da soverchia
eccitazione nervosa; ma sono anche allora terribili tentazioni.

1534. 2^ Il demonio opera pure sui sensi interni, la fantasia e la
memoria, e sulle passioni, per eccitarle. Uno si sente, quasi a suo
dispetto, invaso da fantasie importune, noiose, che persistono non
ostante i vigorosi sforzi di cacciarle via; si trova in preda a
fremiti d'ira, ad angosce di disperazione, a moti istintivi
d'antipatia; o prova invece pericolose tenerezze senza ragione alcuna
che le giutifichi. E` difficile, e` vero, molte volte determinare se si
tratti di vera infestazione diabolica, ma quando tali tentazioni sono
nello stesso tempo repentine, violente, tenaci, e difficili a spiegare
con cause naturali, vi si puo` vedere una speciale azione del demonio.
Nei casi dubbi, e` bene consultare un medico cristiano, che esamini se
tali fenomeni dipendano da stato morbosa che possa essere da buona
igiene attenuato.

1535. II. Condotta del direttore. Deve associare la piu` oculata
prudenza alla piu` paterna bonta`.

a) Non prestera` certamente fede, se non ne abbia prove serie, a una
vera infestazione. Ma, infestazione o no, deve usar compassione coi
penitenti assaliti da tentazioni violente e tenaci e aiutarli con savi
consigli. Ricordera` loro in particolare quanto dicemmo sulla
tentazione, sul modo di resistervi, n. 902-918, e sui rimedi
speciali contro la tentazione diabolica, n. 223-224.

b) Se, sotto la violenza della tentazione, avvenissero disordini senza
alcun consenso della volonta`, rammenti che non si da` peccato senza
consenso. Nel dubbio, giudichera` che non ci sia stata colpa, almeno
grave, quando si tratti di persona abitualmente ben disposta.

c) Trattandosi di persone fervorose, il direttore esaminera` se queste
persistenti tentazioni non entrino forse nel novero delle prove
passive che abbiamo piu` sopra descritte, al n. 1426; e allora dara`
a queste persone consigli adatti al loro stato interiore.

1536. d) Se l'infestazione diabolica e` moralmente certa o molto
probabile, si possono adoperare, in forma privata, gli esorcismi
prescritti dal Rituale Romano o altre formole piu` brevi; e` bene in
questo caso non avvertire la persona che si sta per esorcizzarla, ove
si temesse che questo avviso possa turbarne o esaltarne la fantasia;
basta dirle che le si recita una preghiera approvata dalla Chiesa. Per
gli esorcismi solenni occorre la licenza dell'Ordinario e le
precauzioni che indicheremo parlando dell'ossessione.
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sez. II. Dell'ossessione 1537-1.

Ne spiegheremo:
* 1^ la natura;
* 2^ i rimedi prescritti dal Rituale.

I. Natura dell'ossessione.

1537. 1^ Gli elementi costitutivi. L'ossessione e` costituita da due
elementi: dalla presenza del demonio nel corpo dell'ossesso e dal
dominio che esercita su questo corpo e per esso sull'anima.
Quest'ultimo punto ha bisogno di essere spiegato. Il demonio non e`
unito al corpo come vi e` unita l'anima; non e` rispetto all'anima che
un motore esterno, e, se opera su di lei, lo fa solo per mezzo del
corpo in cui abita. Puo` operare direttamente sulle membra del corpo
facendo fare ogni sorta di movimenti; e opera indirettamente sulle
facolta` per quel tanto che nell'operare dipendono dal corpo.

Negli ossessi si possono rilevare due stati distinti: lo stato di
crisi e lo stato di calma. La crisi e` come una specie d'accesso
violento, in cui il demonio esercita il suo tirannico dominio
imprimendo al corpo un'agitazione febbrile che si palesa in
contorsioni, scoppi di rabbia, parole empie e blasfeme. I pazienti
perdono allora, a quanto pare, ogni coscienza di cio` che avviene in
loro e, tornati in se`, non serbano memoria di quanto dissero o fecero,
o piuttosto di cio` che disse o fece il demonio per mezzo loro.
L'irruzione del demonio sentono solo a principio, poi pare che perdano
la coscienza.

1538. Vi sono pero` eccezioni a questa regola generale. Il P. Surin
che, esorcizzando le Orsoline di Loudun, divento` ossesso egli pure,
serbava coscienza di cio` che dentro gli accadeva 1538-1. Descrive
in che modo si sentiva l'anima come divisa, aperta per un verso alle
impressioni diaboliche e per l'altro abbandonata all'azione di Dio; e
come pregava mentre il corpo andava ruzzolando per terra. Aggiunge:
"Il mio stato e` tale che mi restano ben poche azioni in cui io sia
libero. Se voglio parlare, la lingua mi si ribella; nella Messa, sono
costretto tutto a un tratto a fermarmi; a tavola, non mi posso
accostare i bocconi in bocca. Se mi confesso, i peccati mi sfuggono; e
sento che il demonio e` in me come in casa sua ed entra ed esce come
gli piace".

1539. Negli intervalli di calma, nulla scopre la presenza dello
spirito maligno e si direbbe che si sia ritirato. Qualche volta pero`
questa presenza si palesa con una specie di malattia cronica che
resiste a ogni arte medica.

Ci sono spesso parecchi demonii in un solo ossesso; il che mostra la
loro debolezza.

L'ossessione ordinariamente non avviene che in peccatori; ma vi sono
eccezioni, come nel caso del P. Surin.

1540. 2^ I segni dell'ossessione. Essendovi malattie nervose e
monomanie o casi d'alienazione mentale che s'accostano nelle esterne
manifestazioni all'ossessione diabolica, e` opportuno dare dei segni
onde poterla distinguere da questi fenomeni morbosi.

Stando al Rituale Romano 1540-1, ci sono tre segni principali che
possono far riconoscere l'ossessione: "parlare una lingua ignota
adoprandone parecchie parole, o capire chi la parla; scoprire cose
lontane ed occulte; dar prova di forze superiori all'eta` o alla
condizione della persona. -- Questi ed altri simili segni, quando
siano in molti in una stessa persona, sono i piu` forti indizi
dell'ossessione". Diciamone una parola di spiegazione.

a) L'uso di lingue ignote. Occorre, per accertarlo, un profondo esame
della persone, vedere se non ebbe occasione in passato d'imparare
alcuni vocaboli di queste lingue, se non dice solo qualche frase
imparata a memoria ma parla e capisce una lingua che prima le era
veramente ignota 1540-2.

b) La rivelazione di cose occulte inesplicabile con mezzi naturali.
Qui pure e` necessaria un'accurata inquisizione: trattandosi, per
esempio, di cosa lontana, bisogna assicurarsi che la persona non
l'abbia conosciuta per lettera, per telegramma o per altro mezzo
naturale; trattandosi di cose future, bisogna aspettarne
l'avveramento, per vedere se avvengono proprio come furono predette, e
se sono cosi` ben determinate da non prestarsi ad equivoci. Non si deve
quindi tener conto di certe vaghe predizioni di grandi sventure,
seguite da lieti eventi: sarebbe modo assai facile per acquistarsi
fama di profeti! Debitamente accertato il fatto, resta a vedere,
applicando le regole sul discernimento degli spiriti, se questa
preternaturale conoscenza provenga da spirito buono o da cattivo; e da
uno spirito cattivo attualmente presente nell'ossesso.

c) La prova di forze notevolmente superiori alle forze naturali della
persona, tenendo conto dell'eta`, delle abitudini, dello stato di
salute, ecc.; vi sono infatti casi di sovreccitazione in cui le forze
si raddoppiano. Abbiamo gia` detto che il fenomeno della levitazione,
quando e` ben accertato, e` cosa preternaturale; ora vi sono dei casi in
cui le circostanze non permettono di attribuirlo a Dio o agli angeli
suoi, onde vi si deve riconoscere un segno di intervento diabolico.

1541. Si possono a questi segni aggiungere quelli che vengono dagli
effetti prodotti dall'uso degli esorcismi o di oggetti sacri,
specialmente quando quest'uso si fa senza che il supposto ossesso lo
sappia. Vi sono infatti di quelli che, al contatto d'un oggetto sacro,
o quando si recitano su di loro preghiere liturgiche, montano in
indicibile furore e bestemmiano orribilmente. Ma tal segno non e` certo
se non quando la cosa si fa senza che lo sappiano, altrimenti, se se
ne accorgono, possono dare in ismanie o per avversione che abbiano a
cio` che e` religioso o per simulazione.

Non e` dunque facile riconoscere la vera ossessione, e non sara` mai
troppo il riserbo prima di darne giudizio.

1542. 3^ Differenze tra l'ossessione e i disturbi nervosi.
Esperienze fatte su persone colpite da malattie nervose mostrarono una
certa analogia tra questi stati morbosi e gli atteggiamenti esterni
degli ossessi 1542-1. Ne` c'e` da meravigliarne: il demonio puo`
produrre e malattie nervose e fenomeni esterni simili a quelli delle
nevrosi. Nuova ragione per essere molto riserbati nei giudizi su
pretesi casi di ossessione.

Queste analogie pero` riguardano unicamente i gesti esterni, che non
bastano da soli a provare l'ossessione. Non s'incontrano mai colpiti
da nevrosi che parlino lingue ignote i rivelino i segreti dei cuori o
predicano l'avvenire con precisione e certezza. Ora sono questi, come
dicemmo, i veri segni dell'ossessione; ove manchino tutti, si puo`
credere a una semplice nevrosi. Se vi furono qualche volta esorcisti
che s'ingannarono, lo dovettero al non essersi attenuti alle regole
fissate dal Rituale. A scanso di errori, e` opportuno far esaminare il
caso non solo da sacerdoti ma anche da medici cristiani.

1543. Cosi` il P. Debreyne, che prima di farsi Trappista, era stato
medico, narra di aver dovuto curare una comunita` di donne, il cui
stato presentava grandi somiglianze con quello delle Orsoline di
Loudun. Ed egli in breve le guari` adoprando mezzi igienici e
specialmente un assiduo e vario lavoro manuale 1543-1.

Bisogna diffidare specialmente delle ossessioni epidemiche: puo` darsi
che un vero caso di ossessione cagioni in chi vi assiste uno stato
nervoso esteriormente simile all'ossessione. Il miglior mezzo per
schivare questa specie di contagio e` di disperdere le persone cosi`
colpite e allontanarle dal luogo ove contrassero questa nervosita`.
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II. Rimedi contro l'ossessione.

I rimedi generali sono tutti quelli che possono indebolire l'azione
del demonio sull'uomo, purificar l'anima e fortificar la volonta`
contro i diabolici assalti; gli speciali sono gli esorcismi.

1544. 1^ Rimedi generali. Si adopreranno tutti quelli che abbiamo
indicati parlando della tentazione diabolica, n. 223-224.

A) Uno dei piu` efficaci e` la purificazione dell'anima con una buona
confessione, massime con una confessione generale, che, umiliandoci e
santificandoci, mette in fuga il demonio, spirito superbo ed impuro.
Il Rituale consiglia di aggiungervi il digiuno, la preghiera e la
santa comunione 1544-1. Quanto piu` si e` puri e mortificati tanto
minor presa ha su di noi il demonio. La santa comunione poi ci mette
dentro Colui che trionfo` di Satana; ma non dev'essere ricevuta
dall'ossesso che nei momenti di calma.

B) I sacramenti e gli oggetti benedetti hanno pure grande efficacia
per le preghiere fatte dalla Chiesa nel benedirli. S. Teresa aveva
speciale fiducia nell'acqua benedetta, fiducia ben fondata, perche` la
Chiesa vi annette la virtu` di cacciare il demonio 1544-2. Ma
bisogna usarne con grande spirito di fede, di umilta` e di confidenza.

C) Il crocifisso, il segno della croce, principalmente le autentiche
reliquie della vera croce sono terribili al demonio che con la croce
fu vinto: "et qui in ligno vincebat, in ligno quoque
vinceretur" 1544-3. Per la stessa ragione lo spirito maligno teme
assai l'invocazione del santo nome di Gesu`, che, secondo la promessa
stessa del divino Maestro, ha mirabile potere a mettere in fuga il
demonio 1544-4.

1545. 2^ Esorcismi. La Chiesa, avendole Gesu` Cristo lasciato il
potere di cacciare i demoni, istitui` presto l'ordine degli Esorcisti,
conferendo loro il potere d'imporre le mani sugli ossessi, catecumeni
o battezzati; e compose piu` tardi formule di preghiera di cui dovevano
servirsi. L'ufficio di esorcista e` pero` difficile nella pratica,
perche` richiede molta scienza, virtu` e prudenza; onde questo potere
oggi rimane in essi legato e non puo` in forma solenne esercitarsi se
non da sacerdoti scelti a tal fine dall'Ordinario. Ma possono i
sacerdoti fare esorcismi privati, giovandosi delle preghiere della
Chiesa o di altre formule; anzi anche i laici possono recitare queste
preghiere sebbene non in nome della Chiesa 1545-1.

1546. Il Rituale indica il modo di procedere a da` agli esorcisti
saviissimi consigli, di cui toccheremo solo i principali. Accertata
l'ossessione e ricevuta la debita delegazione per gli esorcismi:

1) Conviene prepararsi a questo terribile ufficio con un'umile e
sincera confessione, affinche` il demonio non possa rinfacciare agli
esorcisti le loro colpe; e col digiuno e colla preghiera, perche` ci
sono certi demoni che non cedono se non a questi mezzi 1546-1.

2) Gli esorcismi devono ordinariamente farsi in una chiesa o cappella,
tranne che, per gravi ragioni, non si giudichi opportuno farli in casa
privata. In ogni caso l'esorcista non dev'essere mai solo
coll'ossesso, ma accompagnato da testimoni gravi e pii e abbastanza
robusti da dominare il paziente nelle sue crisi. Trattandosi di donna,
a frenarla vi saranno donne di prudenza e virtu` provata; e il
sacerdote vi si terra` in grande riserbo e modestia.

1547. 3) Recitate le preci prescritte, l'esorcista procedera` alle
interrogazioni. Deve far le domande con autorita`, attenendosi solo
alle utili e consigliate dal Rituale: sul numero e sul nome degli
spiriti inabitanti l'ossesso; sul tempo e sui motivi dell'ossessione;
si inti`ma al demonio di dire quando uscira` e a quale segno se ne
conoscera` la fuga, minacciandolo, ove si ostini, di aumentarne i
tormenti a proporzione della resistenza. A questo fine si ripeteranno
gli scongiuri che paiono piu` efficaci ad irritarlo, le invocazioni dei
Santi Nomi di Gesu` e di Maria, i segni di croce e la aspersioni di
acqua benedetta; obbligandolo a prostrarsi dinanzi alla SS. Eucarestia
o al Crocifisso o alle sacre reliquie. -- Si badi bene a schivare la
loquacita`, le facezie, le domande oziose; se lo spirito maligno da`
risposte mordaci o ridicole o corre a digressioni, gli s'impone con
autorita` e dignita` il silenzio.

1548. 4) Non si ha da permettere ai testimoni, -- che devono per
altro esser pochi 1548-1 -- di far domande; ma stiano silenziosi
e raccolti, pregando in unione coll'esorcizzante.

5) Non deve l'esorcista, non ostante l'autorita` di cui e` rivestito,
rilegare il demonio piu` in un luogo che in un altro; badi solo ad
espellere lo spirito maligno, lasciandone la sorte alla divina
giustizia. Bisogna continuare gli esorcismi per parecchie ore e anche
per parecchi giorni, con intervalli di riposo, finche` il demonio esca
o almeno si dichiari pronto al uscire.

6) Certa che sia la liberazione, l'esorcista prega Dio di interdire al
demonio di mai piu` rientrare nel corpo da lui forzatamente
abbandonato; ringrazia il Signore e invita la persona liberata a
benedirlo e a diligentemente schivare ogni peccato per non ricadere
sotto l'impero del demonio.
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Conclusione.

1549. Questi fenomeni straordinari, divini o diabolici, mostrano da
un lato la misericordiosa bonta` di Dio per i privilegiati suoi amici,
a cui concede, associati a ineffabili patimenti come nel caso delle
stimate, insigni favori che sono quasi presagio e preludio della
gloria che largira` loro in paradiso; e dall'altro la gelosia e l'odio
del demonio, che vuole egli pure esercitare il tirannico suo potere
sugli uomini, sollecitandoli al male in modo straordinario,
perseguitandoli quando resistono ed estendono il regno di Dio, e
torturando coll'ossessione talune delle sue vittime.

Vi sono dunque sulla terra le due citta` cosi` ben descritte da
S. Agostino, e i due campi e le due bandiere di cui parla S. Ignazio.
I veri cristiani non possono restar dubbiosi: quanto piu` si danno a
Dio, tanto piu` sfuggono alla tirannia del demonio; se Dio permette che
siano tentati, lo fa per loro bene, e anche fra le angoscie possono
con ogni fiducia ripetere: "Si Deus pro nobis, quis contra
nos? 1549-1 ... Quis ut Deus?"
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1490-1 S. Teresa, Vita, c. XXV-XXX; Castello, Mansione sesta, et
alibi passim; S. Giovanni della Croce, Salita, l. II, c. XXI-XXX, et
alibi passim; Alvarez de Paz, op. cit., t. III, l. V, p. IV, De
discretione spirituum; M. Godinez, Praxis theol. myst., l. X;
Benedetto XIV, De beatificat, l. IV, p. I; Ribet, La mystique divine,
t. II; A. Poulain, Delle Grazie d'Orazione, c. XX-XXIII, (Marietti,
Torino); A. Saudreau, L'Etat mystique, ed. 1921, c. XVII-XXI;
P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation, t. II, p. 536-562;
Mgr A. Farges, Phe'nom. mystiques,
P. IIa..

1490-2 De serv. Dei beat., l. II, c. 32, n. 11: "Siquidem hisce
revelationibus taliter approbatis, licet non debeatur nec possit
adhiberi assensus fidei catholicae, debetur tamen assensus fidei
humanae, juxta prudentiae regulas, juxta quas nempe tales revelatione
sunt probabiles pieque credibiles"

1490-3 Decreto di Urbano VIII, 13 marzo 1625; di Clemente IX, 23
maggio 1668.

1491-1 Sum. theol., III, q. 76, a. 8. -- Il che risulta pure
dalla testimonianza di S. Teresa, Relat. XIII, t. II, dell'edizione
critica spagnuola: "Capi`i, da certe cose che mi disse, che, dopo
essere salito al cielo, non ne discese mai sulla terra per comunicarsi
agli uomini, tranne nel SS. Sacramento.

1492-1 Vita, c. XXVIII.

1492-2 Vita, c. XXIX.

1493-1 Vita, c. XXVII, n. 2 e segg.; (edizione italiana, p.
88-89).

1493-2 Castello, Mansione sesta, c. X, n. 2; (versione italiana,
p. 308).

1494-1 S. Giovanni della Croce tratta a lungo di tre sorte di
locuzioni o parole soprannaturali: successive, formali, sostanziali.
"Chiamo successive certe parole e ragioni che lo spirito, quando sta
raccolto in se`, suole seco andar formando e ragionando... Quantunque
sia il medesimo spirito che cio` fa come strumento, lo Spirito Santo lo
aiuta bene spesso a formar quei concetti, parole e ragioni vere...
Parole formali sono certe parole distinte e formali che lo spirito
riceve non da se`, ma da una terza persona, talora stando raccolto e
talora no. Parole sostanziali sono altre parole che si fanno pure
formalmente nello spirito, talora raccolto e talora no. Le quali fanno
e causano nella sostanza dell'anima quella sostanza e virtu` che
significano". Salita del Monte Carmelo, c. XXVI, n. 2 e c. XXVII, n.
1. Il che spiega poi piu` ampiamente nei capi XXVII-XXIX (alias
XXVIII-XXXI).

1495-1 S. Tom., Ia. IIae, q. 113, a. 8; De veritate, q. 28, a. 3;
cfr. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. 560.

1496-1 La Salita al Carmelo, l. II, c. XVI, n. 2, 3, 5. (alias
XVIII).

1500-1 Tale fu soprattutto Maddalena della Croce, francescana di
Cordova, del secolo XVI^, che, dopo essersi data al demonio fin
dall'infanzia, a diciassette anni entro` in convento e vi fu tre volte
badessa. Aiutata dal demonio, simulo` tutti i fenomeni mistici, estasi,
levitazione, stimate, rivelazioni, profezie piu` volte avverate.
Credendosi in punto di morte, confesso` la cosa, ma poi la ritratto`, fu
esorcizzata e rinchiusa in un altro convento dell'ordine. Cfr.
Poulain, Delle Grazie d'orazione,
c. XXI, n. 36 (Marietti, Torino).

1500-2 S. Teresa ne parla piu` volte: "Accade a certe persone (e
so che e` vero, avendomelo esse comunicato, e non tre o quattro ma
molte) di aver la fantasia cosi` debole o l'intelletto cosi` efficace o
non so che altro, che si fissano talmente nell'immaginazione da
credere di veder veramente tutto cio` che pensano". Castello, Mansione
sesta, c. IX, n. 9 (versione italiana, p. 305).

1501-1 Galat., I, 8.

1502-1 Cosi`, verso la meta` del secolo XIX, una visionaria,
chiamata Canzianilla, carpi` la fiducia d'un pio vescovo che pubblico`
una pretesa rivelazione contenente una pittura orribile dei costumi
dei sacerdoti della sua diocesi; onde fu presto obbligato a dimettersi
(Poulain, op. cit., c. XXII). E questa forse fu la ragione per
cui venne proibita la pubblicazione del Segreto di Melania.

1502-2 Sulla tomba del diacono giansenista Paris, morto nel 1727
e sepolto nel cimitero di S. Medardo a Parigi, avvenivano dei pretesi
miracoli, consistenti in convulsioni accompagnate da gesti poco
modesti, con cui si pretendeva di accreditare il Giansenismo
(N. d. T.)

1502-3 Cosi` si legge nella vita di S. Caterina da Bologna che il
demonio le appariva talora in forma di Cristo crocifisso, ordinandole
sotto pretesto di perfezione cose impossibili, nell'intento di
gettarla nella disperazione. (Vita altera, c. II, 10-13, nei
Bollandisti, 9 marzo).

1504-1 Castello, Mansione sesta, c. VIII, n. 4, 3; (versione
italiana, p.302-303).

1506-1 Mistica citta` di Dio, p. II, n. 128; p. I, n. 122.

1506-2 Bollandisti, 25 maggio, p. 247.

1506-3 Benedetto XIV (De beat.,
l. III, c. LIII, n. 16) discute un'estasi di S. Caterina da Siena, in
cui la SS. Vergine le avrebbe detto di non essere immacolata.

1506-4 Bollandisti, 13 gennaio, prefazione alla vita della
B. Veronica di Binasco; S. A. de' Liguori, Orologio della Passione.

1507-1 S. Bernardo, Lettere, LVI.

1507-2 Il P. Fages, O. P., nell'Histoire de S. V. Ferrier, spiega
che si trattava di profezia condizionata, come quella di Giona su
Ninive e che il mondo fu appunto salvato per le numerose conversioni
operate dal Santo.

1508-1 Rivelazioni supplementari, c. XLIX.

1508-2 Nei libri di Maria Lataste si rinvennero, tra le
rivelazioni, passi presi alla lettera dalla Somma di S. Tommaso.

1511-1 Castello, Mansione sesta, c. III, n. 3 (versione italiana,
p. 286).

1511-2 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. X, n. 10 (alias c.
XI); tutto il capitolo e` da leggersi attentamente.

1512-1 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XX, n. 18 (alias c.
XXII).

1513-1 Storia di S. Teresa, scritta da una Carmelitana di Caen
(Libreria Lega Eucaristica, Milano).

1514-1 F. Prat, La Teologia di S. Paolo, T. I, pp. 120-123;
405-498 (Salesiana, Torino); P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t.
II, p. 536-538.

1515-1 Bella ed utile lettura e` quella dell'articolo della Somma
in cui S. Tommaso compendia queste varie grazie (Ia. IIae, q. III, art.
4), mostrando quanto siano utili al predicatore della fede: 1) per
dargli una piena conoscenza delle cose divine; 2) per confermare con
miracoli cio` che dice; 3) per predicare la parola di Dio con maggiore
efficacia.

1517-1 Questo termine, ormai tecnico, non e` poi cosi` barbaro come
a prima vista potrebbe parere, avendo per radicale il latino levitas,
leggerezza, privazione di peso, agilita`. (N. d. T.)

1517-2 E` il miracolo di certe martiri che, condannate al
lupanare, non poterono per nessuna forza umana essere smosse dal luogo
in cui stavano (N. d. T.).

1518-1 De beatificat., l. III, c. XLIX.

1519-1 Ribet, La mystique, P. IIa., c. XXIX; Mgr Farges, op.
cit., P. IIa., c. III, a. 3.

1519-2 De beatificat., l. IV, P. Ia., c. XXVI, n. 8-30.

1520-1 Questo miracolo fu accuratamente esaminato nel processo di
canonizzazione, e gli esaminatori conchiusero che non v'era
spiegazione naturale. (Bollandisti, 15 ottobre, t. LV, p. 368, n.
1132).

1520-2 De beatificat., l. IV, P. I, c. XXXI, n. 19-28.

1521-1 La stigmatisation, t. II, p. 183.

1521-2 Benedetto XIV, op. cit., l. IV, P. I, c. XXVII.

1525-1 Questa differenza e` messa in luce anche da increduli come
il Signor De Montmorand, Psychologie des Mystiques, 1920, benche` poi
attribuisca questi fenomeni all'allucinazione. -- Per la confutazione
di tali teorie, cfr. A. Huc, Ne'vrose et mysticisme, Rev. de
Philosophie (P. Peillaube), luglio-agosto 1912, pp. 5, 128;
Mgr. A. Farges, op. cit., p. 522-585.

1526-1 Tale e` il compendio dei caratteri indicati da P. Janet,
L'automatisme psychologique, P. IIa., c. III-IV.

1529-1 Em. Gebhart, Rev. hebdomadaire, 16 marzo 1907.

1531-1 Del Rio, Disquisitiones magicae, 1600; Thyraeus, De locis
infestis; De spirituum apparitionibus; De Daemoniacis, 1699; Ribet,
Mystique divine, t. III; A. Poulain, op. cit., c. XXIV, sez. 6-8;
A. Saudreau, L'e'tat mystique, c. XXII-XXIII.

1531-2 Gli scrittori francesi sogliono chiamare ossessione
diabolica quella che per noi e` infestazione diabolica; e possessione
quella che noi diciamo ossessione. La terminologia italiana puo`
giustificarsi coll'uso nostro e coll'autorita` del linguaggio ufficiale
ecclesiastico, per esempio del Rituale Romano, che, nel titolo De
exorcizandis obsessis a daemone, denomina evidentemente ossessi quelli
che per i Francesi sono posseduti; e la terminologia francese puo`
giustificarsi coll'uso loro e coll'etimologia. (N. d. T.)

1533-1 M. de Lantages, Vie de la Ve'n. M. Agne`s, 1863, P. Ia., c.
X.

1533-2 P. Poulain, op. cit., c. XXIV, n. 94.

1533-3 Bollandisti, 22 febbraio, t. VI, p. 340, n. 178.

1533-4 A. Monnin, Il Curato d'Ars, l. III, c. II, (Marietti,
Torino).

1533-5 Storia di S. Teresa, t. II, c. XXVIII, (Lega Eucaristica,
Milano).

1533-6 P. Poulain, l. cit.

1533-7 Inst. theol. mysticae, sez. 219.

1537-1 Oltre gli autori citati, si confronti Mgr Waffelaert, al
vocabolo possessione nel Dict. d'Apologe'tique.

1538-1 Lettera del 3 maggio 1635 al P. d'Attichy.

1540-1 De exorcizandis obsessis a daemonio. [sic]

1540-2 Si citano infatti casi di esaltazione morbosa, che
risveglia nella memoria lingue dimenticate, o almeno frammenti
sentiti: cosi` una domestica di un ministro protestante recitava passi
greci ed ebraici sentiti leggere dal padrone. -- Prudente quindi e` il
Rituale che dice: ignota^ lingua^ loqui pluribus verbis vel loquentem
intelligere".

1542-1 J. M. Charcot et Richer, Les de'moniaques dans l'art;
Bourneville et Regnard, L'iconographie de la Salpe^trie`re; Richer,
Etudes cliniques sur la grande hyste'rie.

1543-1 Essai de the'ol. morale, c. IV, ed. rifusa dal Dr Ferrand,
1884, p. IV, c. III, sez. 2.

1544-1 "Admoneatur obsessus, si mente et corpore valeat, ut pro
se oret Deum ac jejunet et sacra confessione et communione saepius ad
arbitrium sacerdotis se communiat". (Rituale, De exorciz. obsessis).

1544-2 "Ut fias aqua exorcizata ad effugandam omnem potestatem
inimici, et ipsum inimicum eradicare et explantare valeas cum angelis
suis apostaticis"... (Rituale, Ordo ad fac. aquam benedictam).

1544-3 Prefazio della Croce.

1544-4 Marc., XVI, 17. -- S. Alfonso Rodriguez aveva costume di
far un gran segno di croce nel momento dell'infestazione e di
comandare al tentatore di prostrarsi e adorare Gesu`, in virtu` del
testo di S. Paolo: "Nel nome di Gesu` si pieghi ogni ginocchio in
cielo, in terra e nell'inferno". (Phil., II, 10); il che, dice il
Santo, lo metteva in fuga.

1545-1 Lehmkuhl, Theol. moralis, t. II, n. 574, ed. 1910.

1546-1 Marc., IX, 28.

1548-1 "Circumstantes, qui pauci esse debent, admoneat ne... ipsi
interrogent obsessum, sed potius humiliter et enixe Deum pro eo
precentur (Rituale, l. c.). -- Forse per aver trasgredito una tal
regola, si dovettero gli esorcismi di Loudun cosi` lungamente ripetere,
accompagnati da incresciosi episodi.

1549-1 Rom., VIII, 31.
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PARTE SECONDA
Le Tre Vie

LIBRO III
La via unitiva
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CAPITOLO IV.

Questioni controverse 1550-1.

1550. Abbiamo fin qui esposta la dottrina comunemente accettata
nelle varie scuole di spiritualita`; e il lettore si sara` accorto che e`
pienamente sufficiente a guidare e innalzare le anime alla piu` alta
perfezione, non avendo Dio voluto legare il progresso nella santita`
alla soluzione di questioni liberamente disputate. Ora pero` crediamo
opportuno di esporre brevemente i principali punti controversi; e lo
faremo con la maggiore imparzialita` possibile, non gia` col pensiero di
conciliare le discordi opinioni (cosa impossibile), ma per tentare un
ravvicinamento fra i moderati delle varie scuole.

1551. Cause di questi dispareri. Diciamo prima una parola sulle
principali cagioni di questa diversita` d'opinioni.

1) La prima viene certamente dalla stessa difficolta` ed oscurita` di
cosiffatte questioni. Non e` infatti cosa facile penetrare gli arcani
disegni di Dio sulla universale vocazione dei battezzati alla
contemplazione infusa e determinar la natura di quest'atto misterioso
in cui Dio ha la parte principale e l'anima e` piu` passiva che attiva e
dove riceve luce e amore senza perdere la liberta`. Non e` quindi da
stupire se gli autori che si studiano di darsi ragione di queste
mirabili cose non giungano sempre a uguali spiegazioni.

2) Altra causa e` la diversita` dei metodi. Come dicemmo al n. 28,
tutte le scuole si studiano di conciliare insieme i due metodi
sperimentale e deduttivo; ma mentre gli uni si attengono
principalmente all'esperienza, gli altri si fondano di piu` sul metodo
deduttivo. Onde conclusioni diverse: gli uni, colpiti dal piccolo
numero dei contemplativi, spiegheranno la cosa dicendo che non tutti
sono chiamati alla contemplazione; gli altri, considerando che abbiamo
tutti un organismo soprannaturale sufficiente per giungere alla
contemplazione, ne conchiuderanno che, se i contemplativi sono pochi,
n'e` causa l'esser poche le anime cosi` generose da fare i sacrifici
necessari alla contemplazione.

1552. 3) Il contrasto cresce a cagione del temperamento,
dell'educazione, del genere di vita che si conduce: vi sono persone
naturalmente piu` di altre atte alla contemplazione, e quando questa
attitudine venga fomentata dall'educazione e dal modo di vivere, si e`
spontaneamente inclinati a pensare che la contemplazione sia qualche
cosa di normale; altri invece, d'indole piu` attiva, trovando nel
temperamento e nelle occupazioni maggiori ostacoli alla
contemplazione, facilmente ne conchiudono che si tratti di uno stato
straordinario.

4) Non bisogna infine dimenticare che i sistemi filosofici e teologici
che uno segue sulla conoscenza e sull'amore, sulla grazia efficace e
sulla sufficiente, hanno il contraccolpo sulla teologia mistica; chi,
per esempio, ammette coi Tomisti che la grazia e` efficace per se
stessa, e` piu` disposto a vedere nello stato passivo la continuazione
dello stato attivo, perche` anche in quest'ultimo si opera gia` sotto la
efficace mozione della grazia.

Nessuno quindi si ha da stupire che su punti cosi` ardui vi siano
dispareri, ed e` libero di scegliere quel sistema che gli pare piu`
sodo.

A tre si possono ridurre le questioni oggi controverse:
* 1^ la natura della contemplazione infusa;
* 2^ la vocazione universale a questa contemplazione;
* 3^ il momento normale in cui comincia.
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sez. I. Controversia sulla natura della contemplazione.

1553. Tutti ammettono che la contemplazione infusa o mistica e`
gratuito dono di Dio, che ci mette nello stato passivo e ci da` di Dio
tal conoscenza ed amore che noi non abbiamo che da ricevere. Ma in che
propriamente consiste questa conoscenza? Ella e` certo distinta da
quella che acquistiamo col lume della fede; e`, a comune parere,
sperimentale o quasi sperimentale, n. 1394. Ma e` poi immediata,
senza intermedio, oppure mediata, con specie o acquisite od infuse?
Ecco quindi due sistemi.

1554. 1^ Teoria della conoscenza immediata. Questa teoria che
s'appoggia sull'autorita` del Pseudo Dionigi, della scuola di
S. Vittore e della scuola mistica fiamminga, afferma che la
contemplazione infusa e` una percezione o intuizione o visione
immediata, benche` oscura e confusa, di Dio; essendo immediata, si
distingue dalla ordinaria conoscenza della fede; essendo oscura,
differisce dalla visione beatifica. Vi sono poi piccole sfumature nel
modo di esporla.

Cosi` il P. Poulain 1554-1, fondandosi sulla teoria del sensi
spirituali, pensa che l'anima contemplativa senta direttamente la
presenza da [sic] Dio: "Durante quest'unione, quando non e` troppo
alta, siamo come chi sta presso un amico ma in luogo intieramente
oscuro e in silenzio. Non si vede, non si ascolta l'amico, si sente
soltanto che c'e` per mezzo del tatto, perche` lo teniamo per mano. E si
sta cosi` pensando a lui e amandolo".

1555. Il P. Mare'chal, avendo rilevato che i mistici affermano, nello
stato di alta contemplazione, di avere un'intuizione intellettiva di
Dio e dell'indivisibile Trinita`, pensa che l'alta contemplazione
inchiuda un elemento nuovo, qualitativamente distinto dalle attivita`
normali e dalla grazia ordinaria... la presentazione attiva, non
simbolica, di Dio all'anima, con cio` che psicologicamente le
corrisponde, l'intuizione immediata di Dio da parte
dell'anima" 1555-1. Il che, aggiunge, non deve parere poi troppo
strano, chi ammetta (come dissi piu` sopra) che l'intuizione
dell'essere e`, a cosi` dire, il centro di prospettiva dell'umana
psicologia.

Questa teoria e` perfezionata dal P. Picard 1555-2. Dopo aver detto
che, sotto l'aspetto naturale, un afferramento o intuizione immediata,
ma confusa ed oscura, di Dio non e` impossibile, dimostrata che ne sia
con le classiche prove l'esistenza, fa l'applicazione della teoria
alla contemplazione mistica. Questo Dio, la cui presenza si e` fatta
sentire nell'intimo dell'anima, "ora se ne impossessa traendola per le
facolta` conoscitive che concentra su di se`, nel silenzio,
nell'ammirazione e nella pace; ora l'afferra da padrone per la volonta`
e per le potenze affettive... quando cotesta presa da parte di Dio si
fa sentire all'anima piuttosto per le facolta` conoscitive, abbiamo
l'orazione di raccoglimento; quando invece l'anima si sente afferrata
per le potenze volitive ed affettive, e` allora nell'orazione di
quiete". L'autore poi mostra che, a mano a mano che Dio accresce il
vigore della sua stretta e le da` piu` assoluto, piu` esclusivo, piu`
profondo impero, l'anima va progredendo nei gradi superiori della
contemplazione.

Osserva infine che questa teoria e` cosa ben distinta dall'ontologismo;
perche` afferma che il concetto di essere nasce dalla percezione
dell'essere finito, che e` concetto analogo, e che non puo` essere
applicato a Dio se non dopo dimostratane l'esistenza. E rigetta pure
la visione in Dio; perche` e` la nostra mente finita ed imperfetta, che,
con le sue sole idee ed atti finiti ed imperfetti, afferra tutte le
verita` che viene a conoscere; ma poi cotesta intuizione e`
essenzialmente confusa ed oscura.

1556. 2^ Conoscenza mediata. L'opinione pero` comunemente ammessa e`
che la conoscenza del contemplativo, per quando perfetta, sia mediata
e insieme confusa ed oscura, benche` quasi sperimentale. Nei primi
gradi Dio si contenta di irradiar la sua luce, la luce dei doni, su
concetti che gia` abbiamo, sia con l'attirar vivamente la nostra
attenzione su una data idea sia col farci trarre da due premesse una
conclusione che ci fa viva impressione, n. 1390; negli stati
superiori poi, come nell'unione estatica, ci infonde nuove specie
intelligibili che rappresentano le divine verita` assai piu` vivamente
che non facciano i nostri concetti; e avviene allora il ratto
dell'anima percependo verita` che le erano finallora sconosciute. E
poiche` gusta e assapora queste verita`, ne ha una conoscenza quasi
sperimentale. E quindi sempre conoscenza di fede, ma molto piu` viva e
soprattutto molto piu` affettuosa della conoscenza ordinaria; la
differenza sta in questo che e` conoscenza ricevuta da Dio, perche`
l'anima riceve nello stesso tempo conoscenza ed amore e non ha che da
acconsentire all'azione divina che produce in lei questi cosi` preziosi
doni.

1557. Teniamo anche noi questa dottrina, gia` esposta nel capitolo
secondo, parendoci che salvi meglio la differenza essenziale che deve
correre tra la contemplazione, che resta mediata ed oscura, per
speculum et in aenigmate, e la visione beatifica, che e` immediata e
chiara. Ma siamo ben lontani dall'accusare di ontologismo coloro che
tengono per probabile l'opinione d'una intuizione immediata, dal
momento che la dicono confusa ed oscura e rigettano il principio
fondamentale dell'ontologismo affermando che la mente si innalza a Dio
dalle creature 1557-1.

Certo alcuni mistici usano espressioni ardite che, a prima vista,
paiono supporre che siano in immediato contatto con la sostanza divina
e che vedano Dio; ma, quando se ne esamina il contesto, si vede che
sono espressioni da riferirsi piuttosto agli effetti che l'azione
divina produce nell'anima 1557-2. Col dono della sapienza noi
gustiamo l'amore, il gaudio, la pace spirituale, che Dio ci mette
nell'anima; onde il nome di gusti divini dato da S. Teresa
all'orazione di quiete. Coi tocchi divini pare ai mistici che sia
investita la stessa sostanza dell'anima loro, tanto profonda e`
l'mpressione dell'amor di Dio! Ma quando si fanno a specificar le
proprie impressioni, le descrizioni che ne danno si riducono ai vari
effetti d'un amore ardente e generoso. Si puo` quindi arguire che, se
adoprano espressioni cosi` forti, ne e` causa la poverta` dell'umano
linguaggio nel descrivere le impressioni della grazia nell'anima.

sez. II. La vocazione universale alla contemplazione.

1558. Non si tratta qui della vocazione individuale e prossima alla
contemplazione infusa, di cui dicemmo al n. 1406; su questo punto
si e` tutti d'accordo e si accetta da tutti la dottrina del Taulero e
di S. Giovanni della Croce. Ma si tratta della vocazione remota
sufficiente e generale; in altre parole si chiede: se tutte le anime
in stato di grazia siano, in modo generale, remoto e sufficiente,
chiamate alla contemplazione infusa. Su questo determinato punto ci
sono due opposte soluzioni, che derivano, almeno in gran parte, dal
diverso concetto che uno si fa della contemplazione.

1559. 1^ La vocazione universale, remota e sufficiente, e` oggi, con
sfumature diverse, ammessa da gran numero di autori appartenenti a
vari Ordini Religiosi, come Domenicani 1559-1 e
Benedettini 1559-2; da alcuni pure tra i Francescani 1559-3,
Carmelitani 1559-4, Gesuiti 1559-5, Eudisti 1559-6 e da
sacerdoti del clero secolare 1559-7; si fondarono Riviste,
specialmente la Vie Spirituelle, per propugnare e propagare questa
opinione. -- Il P. Garrigou-Lagrange espone vigorosamente questa tesi,
studiandosi di provare che la vita mistica e` lo sviluppo normale della
vita interiore e che quindi tutte le anime in stato di grazia vi sono
chiamate. Ecco in breve i suoi argomenti:

a) Il principio radicale della vita mistica e` lo stesso di quello
della vita interiore comune: la grazia santificante o la grazia delle
virtu` e dei doni. Ora questi doni crescono con la carita`, e giunti che
siano al pieno sviluppo, operano in noi secondo il loro modo
sovrumano, mettendoci nello stato passivo o mistico. Onde il principio
della vita interiore contiene in germe la vita mistica, che e` quaggiu`
come il fiore della vita soprannaturale.

1560. b) Nel progresso della vita interiore, la purificazione
dell'anima non diventa intiera che con le purificazioni passive. Ora
queste purificazioni sono di ordine mistico. Quindi la vita interiore
non puo` conseguire l'intiero suo progressivo sviluppo che con la vita
mistica.

c) Il fine della vita interiore e` lo stesso che quello della vita
mistica, cioe` una perfettissima disposizione a ricevere il lume della
gloria subito dopo morte, senza passare per il purgatorio. "Ora la
disposizione perfetta a ricevere la visione beatifica subito dopo
l'ultimo respiro, non puo` essere che l'intensa carita` di un'anima
pienamente purificata, e l'ardente desiderio di veder Dio, quale si ha
nell'unione mistica e specialmente nell'unione trasformativa. Questa
dunque e` veramente quaggiu` l'ultimo grado di sviluppo della vita della
grazia" 1560-1.

1561. 2^ Teoria d'una vocazione speciale e limitata. Non tutti pero`
sono convinti di questi argomenti: un gran numero d'autori spirituali,
Gesuiti, come il Card. Billot, i PP. de Maumigny, Poulain, Bainvel,
G. de Guilbert; Carmelitani Scalzi, come il P. Maria-Giuseppe del
Sacro Cuore; e altri fuori di queste scuole, come Monsignor Lejeune e
Monsignor Farges, pensano che la contemplazione infusa sia un dono
gratuito che non viene dato a tutti, e che del resto non e` necessario
per giungere alla santita`. Ne compendiamo qui gli
argomenti 1561-1.

a) La precedente teoria e` una magnifica costruzione teologica, non c'e`
che dire; pero` le pietre di quest'edifizio non paiono tutte ugualmente
solide. Cosi` non e` dimostrato "che i sette doni corrispondano a sette
distinti abiti infusi anziche` a sette ordini di grazie diverse al cui
ricevimento le facolta` dell'intelletto e della volonta` vengano
preparate ognuna da un solo abito. E poi, quand'anche cio` fosse
dimostrato, bisognerebbe ancora provare che i doni della Sapienza e
dell'Intelletto non possano esercitar pienamente il loro ufficio se
non nella contemplazione e non anche nel ricevimento delle grazie di
luce che non inchiudono necessariamente questa particolar forma
d'orazione; cosa anche questa che non e` fuori di
controversia 1561-2.

Parimente non e` dimostrato che i doni operino sempre nel modo
sovrumano; il Card. Billot 1561-3 pensa che questi doni operino in
doppio modo, ora in modo ordinario, adattandosi al nostro modo umano
di operare, e ora in modo straordinario, producendo in noi la
contemplazione infusa.

1562. b) Pare, e` vero, che le prove passive siano il piu` potente
mezzo a purificare un'anima, facendola passare per un vero purgatorio;
ma non e` forse possibile che, in questa valle di lagrime dove tante
sono le occasioni di soffrire e di mortificarsi, si giunga, con la
dolce rassegnazione alla volonta` di Dio e con mortificazioni positive
fatte sotto la guida dello Spirito Santo e d'un savio direttore, a
fare il proprio Purgatorio su questa terra? E` forse dimostrato che le
grazie della contemplazione siano la sola forma di grazie
privilegiate? Tutti ammettono che vi sono anime, non ancora innalzate
alla contemplazione infusa, che pure sono piu` perfette di altre che
Dio, per sua libera scelta, innalza alla contemplazione appunto per
renderle migliori, n. 1407; ora se sono piu` perfette, ne viene che
siano anche piu` purificate. Potrebbe quindi accadere che, al punto
della morte, la loro purificazione fosse completa.

c) E` vero che il fine della vita interiore come della vita mistica e`
di prepararci alla visione beatifica, e che l'unione trasformativa e`,
per certe anime, la preparazione migliore. Ma e` poi l'unica? Vi sono
anime che restano nell'orazione discorsiva ed affettiva e che pure
sono modelli di virtu` eroiche, comparendo sia esternamente come agli
occhi di chi le conosce a fondo, anche piu` virtuose di altre che sono
contemplative. E` forse provato che i doni dello Spirito Santo non
intervengano in modo eminente in quelle migliaia di giaculatorie,
fatte da certe persone ogni giorno mentre attendono alle loro
occupazioni, e nell'esercizio costante e soprannaturale dei doveri
professionali, che per la loro continuita` richiedono un coraggio
eroico? Eppure, interrogando queste persone, non si trova vestigio di
contemplazione propriamente detta, almeno abituale. -- Non si dovra`
quindi confessare che Dio, il quale sa adattare le sue grazie al
carattere, all'educazione, alla posizione provvidenziale di ognuno,
non guida tutte le anime per le stesse vie, e che, pur volendo da
ciascuna perfetta docilita` alle ispirazioni dello Spirito Santo, si
riserva di santificarle con mezzi diversi?

1563. 3^ Tentativo di avvicinamento. Riflettendo sulle ragioni
recate da una parte e dall'altra, ci pare che le due opinioni possano
avvicinarsi.

A) Rileviamo prima di tutto i punti comuni sui quali i moderati delle
due opinioni convengono.

a) Ci furono e ci possono essere contemplativi di ogni temperamento e
di ogni condizione; ma nel fatto ci sono temperamenti e generi di vita
piu` atti di altri alla contemplazione infusa. La ragione e` che,
quantunque la contemplazione sia un dono gratuito e Dio la conceda a
chi vuole e quando vuole, n. 1387, Dio per altro suole adattare le
grazie all'indole e ai doveri professionali di ciascuno.

b) La contemplazione non e` la santita` ma uno dei mezzi piu` efficaci
per giungervi; la santita` infatti consiste nella carita`, nell'intima e
abituale unione con Dio. Ora la contemplazione e` certo in se` la via
piu` corta per arrivare a quest'unione, ma non l'unica, e vi sono anime
non contemplative "che possono essere piu` progredite nella virtu`,
nella vera carita`, di altre che ricevettero piu` presto la
contemplazione infusa" 1563-1.

c) Abbiamo tutti ricevuto nel battesimo un'organismo soprannaturale
(grazia abituale, virtu` e doni) che, giunto al pieno suo sviluppo,
conduce normalmente alla contemplazione, nel senso che ci da` quella
pieghevolezza e quella docilita` onde Dio puo` metterci nello stato
passivo quando e come vuole. Ma in pratica, vi sono anime che, senza
lor colpa, non giungono quaggiu` alla contemplazione 1563-2.

1564. B) Non ostante l'accordo su questi punti importanti, rimangono
disparita` provenienti, a nostro parere, da tendenze piu` o meno
favorevoli allo stato mistico e dal carattere piu` o meno ordinario o
straordinario che si attribuisce a questo stato. Esporremo
modestamente la nostra soluzione che comprende due affermazioni: a) la
contemplazione infusa e` in se` una normale continuazione della vita
cristiana; b) nel fatto pero` non pare che tutte le anime in stato di
grazia siano chiamate a questa contemplazione, compresa l'unione
trasformativa.

a) La contemplazione infusa, considerata indipendentemente dai
fenomeni mistici straordinari che talvolta l'accompagnano, non e`
qualche cosa di miracoloso e di anormale, ma risulta da due cause:
dalla coltura del nostro organismo soprannaturale, massime del doni
dello Spirito Santo, n. 1355, e da una grazia operante che in se`
non ha nulla di miracoloso. S'e` detto infatti che l'infusione di nuove
specie intellettive non e` necessaria nei primi gradi di
contemplazione, n. 1390. Si puo` pure aggiungere, con Congresso
Carmelitano di Madrid, che la contemplazione e` in se` il piu` perfetto
stato di unione tra Dio e l'anima che si possa conseguire in questa
vita; e` l'ideale piu` alto e come l'ultima tappa della vita cristiana
in questo mondo nelle anime chiamate alla mistica unione con Dio; e` la
via ordinaria della santita` e della virtu` abitualmente
eroica 1564-1. Questa pare la dottrina tradizionale quale si trova
negli autori mistici da Clemente Alessandrino a san Francesco di
Sales.

1565. b) Pero` da tali premesse non ne viene necessariamente che
tutte le anime in stato di grazia siano veramente chiamate, sia pur
remotamente, all'unione trasformativa. Come vi sono in paradiso
diversissimi gradi di gloria, "stella enim a stella differt in
claritate" 1565-1, cosi` vi sono sulla terra diversi gradi di
santita` a cui le anime sono fin da questa vita chiamate. Ora Dio,
sempre libero nella distribuzione dei suoi doni, e che sa adattare la
sua azione al temperamento, all'educazione e al genere di vita di
ciascuno, puo` per vie diverse elevare le anime al grado di santita` a
cui le destina.

A quelle che, per l'indole piu` attiva e per le occupazioni piu` gravi,
paiono fatte piu` per l'azione che per la contemplazione, largira`
grazie per esercitare principalmente i doni attivi: tali anime
vivranno nell'intima e abituale unione con Dio, qualche volta anzi
moltiplicheranno le giaculatorie oltre quanto parrebbe umanamente
fattibile; e soprattutto adempiranno, alla presenza di Dio e per suo
amore e con eroica assiduita`, i mille piccoli doveri quotidiani,
costantemente docili alle ispirazioni della grazia. Onde conseguiranno
il grado di santita` a cui Dio le destina anche senza l'aiuto, almeno
abituale, della contemplazione infusa. Vivranno nella via unitiva
semplice, quale abbiamo descritta al n. 1303 ss.

Si dice, e` vero, che queste sono eccezioni e cha la via normale della
santita` e` la contemplazione 1565-2. Ma quando tali eccezioni sono
numerose, non se ne ha forse da tener conto nel problema della
vocazione remota, dacche` il temperamento e i doveri del proprio stato
sono elementi che aiutano a sciogliere la questione della vocazione?

In fondo si e` piu` d'accordo che non paia al vario modo di parlare. Gli
uni, guardando la cosa sotto l'aspetto astratto e formale, ammettono
numerose eccezioni alla vocazione universale, tenendo pero` fermo il
principio dell'universalita`; gli altri, stando piuttosto ai fatti,
preferiscono dire senz'altro che la vocazione non e` universale,
quantunque la contemplazione sia normale continuazione della vita
cristiana.

1566. c) La soluzione da noi proposta ci pare consona alla dottrina
tradizionale. 1) Per un verso quasi tutti gli autori spirituali, da
Clemente Alessandrino a S. Francesco di Sales, trattano della
contemplazione come di normale coronamento della vita
spirituale 1566-1. 2) Per altro verso sono pochi fra costoro
quelli che esaminino esplicitamente la questione della vocazione
universale alla contemplazione; chi lo fa, si rivolge per lo piu` ad
anime elette, viventi in comunita` contemplative o almeno molto
fervorose. Quindi, quando asseriscono che tutti o quasi tutti possono
arrivare alla fonte d'acqua viva (la contemplazione), intendono dei
membri della loro comunita` e non di tutte le anime in stato di grazia.
Del resto, a partire dal secolo XVII, che e` il tempo in cui
s'incomincia a determinar meglio le cose, un gran numero d'autori
richiedono per la contemplazione infusa una vocazione speciale, e
molti esplicitamente affermano che si puo` arrivare alla santita` senza
questa contemplazione 1566-2.

Onde s'hanno da tener distinte le due questioni; e si puo` ammettere
che la contemplazione sia la normale continuazione della vita
spirituale senza asserire che tutte le anime in stato di grazia siano
chiamate all'unione trasformativa.

1567. Aggiungiamo che l'acquisto della santita` e la direzione delle
anime che vi tendono, non dipendono dalla soluzione di questo cosi`
arduo problema. Insistendo sulla cultura dei doni dello Spirito Santo
e sul perfetto distacco da se` e dalle creature, guidandole a poco a
poco all'orazione di semplicita`, ammaestrandole ad ascoltare la voce
di Dio e a seguirne le ispirazioni, si pongono le anime sulla via
della contemplazione; il resto spetta a Dio, che solo puo` afferrar
queste anime e, secondo il grazioso paragone di S. Teresa, collocarle
nel nido, cioe` nel riposo contemplativo.
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sez. III. Del momento in cui principia la contemplazione.

1568. Col comune degli autori pensiamo che la contemplazione infusa
appartenga alla via unitiva. Vi sono, e` vero, casi eccezionali in cui
Dio innalza alla contemplazione anime meno perfette, appunto
nell'intento di perfezionarle piu` efficacemente, n. 1407; ma non e`
questo l'abituale suo costume.

Vi sono pero` gravi autori, come il P. Garrigou-Lagrange, che collocano
nella via illuminativa la purificazione dei sensi e l'orazione di
quiete. Si fondano sopra S. Giovanni della Croce, che nella Notte
oscura scrive 1568-1: "La notte o purificazione sensitiva e`
comune, e accade a molti e questi sono i principianti... Usci` l'anima
a principiare il cammino e la via dello spirito, che e` quello dei
proficienti e progrediti, e che con altro nome chiamano la via
illuminativa o di contemplazione infusa, con cui Dio da se` va pascendo
e ristorando l'anima, senza discorso ne` aiuto attivo con industria
della stessa anima". E` testo che conosciamo da molto tempo, ma
coll'Hoornaert 1568-2, traduttore del grande mistico, ne diamo
interpretazione diversa. S. Giovanni della Croce non parla nelle varie
sue opere che della contemplazione infusa, distinguendovi i
principianti e i perfetti: i principianti sono per lui quelli che
stanno per entrare nella purificazione passiva dei sensi; ecco perche`
ne parla fin dal primo capitolo della Notte oscura; i progrediti sono
quelli che entrarono nella contemplazione infusa, la quiete e l'unione
piena; i perfetti sono quelli che passarono per la notte dello spirito
e si trovano nell'unione estatica o nella trasformativa. E` quindi un
diverso aspetto.

1569. Del resto, la ragione didattica, che deve dominare in un
Compendio, vuole che si raggruppi insieme tutto cio` che riguarda i
vari generi di contemplazione, onde farne spiccar meglio la natura e i
vari gradi. Ecco perche` ci parve bene di conservare il disegno
comunemente tenuto. Noto pero` subito che Dio, le cui vie sono
molteplici e mirabili, non si attiene sempre ai quadri logici che noi
andiamo tracciando; l'importante per il direttore e` di assecondare i
movimenti della grazia e non di precederli.

1570. Ecco perche` terminando diremo coll'Ami du Clerge' 1570-1
che: "queste vive discussioni teoriche sulla Mistica non impediscono
che si sia sicuri sopra molte regole pratiche essenziali... Come per
giovarsi delle virtu` medicinali d'una pianta non e` assolutamente
indispensabile il conoscerne la famiglia e il nome scientifico, cosi` e`
della contemplazione. Non si e` pienamente d'accordo ne` sulla
definizione ne` sul posto che le conviene nelle classificazioni
teologiche... Ma i sacerdoti nostri confratelli, senza aspettare i
risultati tecnici e teorici di queste discussioni, ne sanno abbastanza
per conoscere la meta a cui sono avviate le anime generose e
predestinate e per aiutarle a conseguirla". Il che si vedra` anche
meglio dalle conclusioni che ora trarremo.
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24/10/2013 13:36
 
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CONCLUSIONI DEL LIBRO TERZO:
DIREZIONE DEL CONTEMPLATIVI.

Abbiamo gia` nel corso del libro toccato piu` volte delle regole da
tenere in questa direzione; conviene ora darvi uno sguardo complessivo
indicando quale debba essere la condotta del direttore per preparare
le anime alla contemplazione, per guidarle fra gli scogli che vi
s'incontrano, per rialzarle se avessero la disgrazia di cadere.

1571. 1^ E` dovere pel direttore che dirige anime generose, il
prepararle a poco a poco alla via unitiva e alla contemplazione. Qui
pero` si devono schivare due eccessi: quello di volere indistintamente
e sveltamente spingere tutte le anime pie alla contemplazione, e
quello di credere cosa inutile l'occuparsene.

1572. A) A schivare il primo scoglio: a) il direttore rammenti che
normalmente non si puo` pensare alla contemplazione se non quando si
siano lungamente praticate l'orazione e le virtu` cristiane, la purita`
di cuore, il distacco da se` e dalle creature, l'umilta`, l'obbedienza,
la conformita` alla volonta` di Dio, lo spirito di fede, di confidenza e
di amore.

Ripensera` all'insegnamento di S. Bernardo 1572-1: "Se vi sono tra
i monaci dei contemplativi, non sono certo i novizi nella virtu` che,
morti di recente al peccato, lavorano tra i gemiti e il timore del
giudizio a guarirsi le ancor fresche piaghe. Ma sono coloro che, dopo
lunga cooperazione alla grazia, fecero veri progressi nella virtu`, non
hanno piu` da volgere e rivolgere nella mente la triste immagine dei
loro peccati, ma si dilettano ormai di meditare giorno e notte e
praticare la legge di Dio.

b) Se notasse desideri troppo solleciti e presuntuosi per la
contemplazione, dovrebbe cercare di calmarli, facendo osservare che
nessuno vi si puo` ingerire da se` e che del resto le dolcezze
dell'orazione sono ordinariamente precedute da dure prove.

c) Badera` bene di non confondere le consolazioni sensibili
degl'incipienti o anche le spirituali dei proficienti coi gusti
divini, n. 1439, e aspettera`, per dichiarare che si e` entrati
nello stato passivo, di scorgere i tre segni distintivi esposti ai
nn. 1413-1416.

1573. B) A schivare il secondo scoglio, rammenti che Dio, sempre
liberale dei suoi doni, si comunica generosamente alle anime fervorose
e docili.

a) Senza parlar direttamente di contemplazione, formera` le anime buone
non solo alle virtu`, ma anche alla devozione allo Spirito Santo;
parlera` sovente dell'abituazione di questo divino Spirito nell'anima,
del dovere di pensare spesso a lui, di adorarlo, di seguirne le
ispirazioni, di coltivarne i doni.

b) Le aiutera` a poco a poco a renderne l'orazione piu` affettiva, a
prolungare gli atti di religione, di amore, di dono di se`, di
abbandono alla volonta` di Dio, atti che spesso ripeteranno nella
giornata con semplice elevazione di cuore, senza trascurare i doveri
del proprio stato e la pratica delle virtu`. -- Ove notasse che sono
portate a starsene silenziosamente alla presenza di Dio per ascoltarlo
e farne la volonta`, ve le animera` dicendo che e` ottima e
fruttuosissima orazione.

1574. 2^ Entrata che l'anima sia nelle vie mistiche, fa d'uopo al
direttore di somma prudenza per guidarla fra le aridita` e le divine
dolcezze.

A) Nelle prove passive bisogna confortar l'anima contro lo
scoraggiamento e le altre tentazioni, come abbiamo indicato nei
nn. 1432-1434.

B) Nella contemplazione soave si puo` essere esposti alla ghiottoneria
spirituale o alla vana compiacenza.

a) A schivare il primo difetto, conviene rammentar continuamente che
non i gusti divini ma Dio solo bisogna amare, che le consolazioni sono
soltanto mezzo per unirci a lui, e che si deve essere pronti a
rinunziarvi di cuore non appena gli piaccia di privarcene: Dio solo
basta!

b) Qualche volta pensa Dio stesso ad impedire i sentimenti d'orgoglio,
imprimendo vivissimo nell'anima il sentimento del proprio nulla e
delle proprie miserie e mostrandole chiaramente che questi favori sono
un puro dono di cui non si puo` in alcun modo prevalere. Ma quando le
anime non furono intieramente purificate dalla notte dello spirito,
hanno bisogno, come dice S. Teresa, di esercitarsi continuamente
nell'umilta` e nella conformita` alla volonta` di Dio, nn. 1447,
1474. Converra` premunirle specialmente contro il desiderio di
visioni, di rivelazioni e altri fenomeni straordinari: cose che non e`
mai permesso desiderare e che i santi per umilta` premurosamente
respingono, n. 1496.

1575. C) Non dimentichera` che l'estasi e` illusione quando non sia
accompagnata dall'estasi della vita, secondo l'espressione di
S. Francesco di Sales, vale a dire dalla pratica delle virtu` eroiche,
n. 1461. Grave illusione sarebbe il trascurare i doveri del
proprio stato per aver piu` campo di attendere alla contemplazione; il
P. Baldassarre Alvarez, che era stato confessore di S. Teresa,
dichiara nettamente che bisogna lasciare la contemplazione per
adempiere il proprio ufficio o soccorrere il prossimo nei suoi
bisogni; e aggiunge che Dio da` a chi sa cosi` mortificarsi maggior lume
ed amore in un'ora d'orazione che ad altri in piu` ore 1575-1.

1576. Illusione anche piu` grave sarebbe il credere che la
contemplazione conferisca il privilegio dell'impeccabilita`. La storia
mostra che i falsi mistici i quali, come i Begardi e i Quietisti, si
credevano impeccabili, caddero nei piu` grossolani vizi. S. Teresa
insiste sempre sulla necessita` della vigilanza a schivare il peccato,
anche quando si sia giunti ai piu` alti gradi della contemplazione; e
S. Filippo Neri soleva dire: "O mio Dio, non vi fidate di Filippo, che`
altrimenti vi tradira`". Non possiamo infatti perseverare a lungo senza
una grazia speciale; grazia che e` concessa agli umili, i quali
diffidano di se` e pongono tutta la loro fiducia in Dio.

1577. 3^ Bisogna quindi prevedere il caso di anime contemplative che
cadessero in peccato. Tali cadute possono provenire da parecchie
cause:

a) L'anima era stata innalzata alla contemplazione prima di avere
sufficientemente signoreggiate le passioni; e, in cambio di continuar
vigorosamente la lotta, si addormento` in dolce riposo; insorsero
violenti tentazioni e, troppo fidente di se`, la poveretta e`
miseramente caduta. -- Il rimedio e` la compunzione, e` il ritorno a Dio
con cuore contrito ed umiliato, e` una lunga e laboriosa penitenza;
quanto piu` si e` caduti dall'alto e tanto piu` umili e costanti devono
essere gli sforzi per risalire il pendi`o e riguadagnar la vetta. Sta
al diretore il rammentarle sempre con bonta` e fermezza questo dovere.

b) Vi sono contemplativi che, dopo aver lottato vigorosamente a
dominar le cattive inclinazioni ed esservi riusciti, pensando che la
lotta sia ormai finita, rallentano gli sforzi, mancano di generosita`
nell'adempimento di certi doveri considerati come meno importanti, e
cadono in una specie di progressivo rilassamento che potrebbe generar
la tiepidezza. -- Si deve por freno a questo retrogrado movimento,
facendo osservare che quanto piu` il Signore si mostra generoso con
loro, tanto piu` devono essi raddoppiar di fervore; e che le minime
negligenze degli amici di Dio feriscono sul vivo Colui che prodiga
loro i suoi favori. Si leggano nell'autobiografia di S. Margherita
Maria i severi rimproveri che Nostro Signore le rivolgeva per
correggerla delle minime infedelta`, delle mancanze di rispetto e di
attenzione nel tempo dell'ufficio e dell'orazione, dei difetti di
rettitudine e di purita` d'intenzione, della vana curiosita`, delle
piccole infrazioni d'ubbidienza, anche che si trattasse di imporsi
maggiori austerita`; e se ne prenda lezione per ricondurre queste anime
al fervore.

1578. c) Altri poi s'aspettavano di trovar nella contemplazione,
passate le prime prove passive, soltanto soavita` e gusti divini; e Dio
invece continua ad alternare le desolazioni e le consolazioni a fine
di piu` efficacemente santificarli; onde, disanimandosi, sono in
pericolo di cadere nel rilassamento e nelle funeste sue conseguenze.
-- Il gran rimedio e` d'inculcare continuamente l'amor della croce, non
perche` la croce sia amabile in se stessa ma perche` ci rende piu`
conformi a Gesu` crocifisso.

Del resto, diceva il S. Curato d'Ars 1578-1, "la croce e` il dono
che Dio fa ai suoi amici. Bisogna chiedere l'amor delle croci e allora
le croci diventano dolci. Ne ho fatto l'esperienza... Avevo molte
croci io, ne avevo tante che quasi non le potevo portare! Mi diedi a
chiedere l'amor delle croci e diventai felice... E veramente la
felicita` sta soltanto li`".

Per dir tutto in breve, il direttore delle anime contemplative deve
studiare le opere e le biografie dei mistici, e chiedere a Dio il dono
del consiglio per non dir nulla a queste anime se non dopo aver
consultato lo Spirito Santo.
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24/10/2013 13:36
 
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EPILOGO: LE TRE VIE E IL CICLO LITURGICO 1579-1.

1579. Percorse le tre vie o le tre tappe che conducono alla
perfezione, non sara` inutile vedere come ogni anno la Chiesa ci inviti
nella liturgia a ricominciare e a perfezionare l'opera della nostra
santificazione coi suoi tre gradi, la purificazione, l'illuminazione e
l'unione con Dio. La vita spirituale e` infatti una serie di continui
ricominciamenti e il ciclo liturgico viene ogni anno a spronarci a
sforzi novelli.

Nella liturgia tutto si riferisce al Verbo Incarnato, mediatore cosi`
di religione come di redenzione, che ci viene presentato non solo come
modello da imitare, ma anche come capo di un corpo mistico che viene a
vivere nelle membra onde far praticare le virtu` di cui diede
l'esempio. Ogni festa quindi e ogni periodo liturgico ci richiama
qualcuna delle virtu` di Gesu`, recandoci le grazie da lui meritate onde
colla sua collaborazione le ricopiamo in noi.

1580. L'anno liturgico, che corrisponde alle quattro stagioni
dell'anno, armonizza pur bene con le quattro principali fasi della
vita spirituale 1580-1. L'Avvento corrisponde alla via purgativa;
il tempo di Natale e dell'Epifania e` in relazione colla via
illuminativa in cui seguiamo Gesu` imitandone le virtu`; il tempo della
Settuagesima e della Quaresima adduce una seconda purificazione
dell'anima piu` profonda della prima, il tempo pasquale e` la via
unitiva, con l'unione a Gesu` risuscitato, unione che si perfezione
coll'Ascensione e colla discesa dello Spirito Santo. -- Spieghiamo
brevemente questo ciclo liturgico.

1581. 1^ L'Avvento, che significa venuta, e` una preparazione alla
venuta del Salvatore e quindi un periodo di purificazione e di
penitenza.

La Chiesa ci invita a meditare sulla triplice venuta di Gesu`: la
venuta sulla terra con l'incarnazione, l'ingresso nelle anime con la
grazia, e la comparsa alla fine dei secoli a giudicar gli uomini. Vole
pero` richiamar la nostra attenzione principalmente sulla prima venuta;
onde ci rammenta i sospiri dei patriarchi e dei profeti per farci
desiderar con loro la venuta del promesso Liberatore e lo stabilimento
o il rassodamento del suo regno nell'anime nostre. E` quindi tempo di
santi desideri e di ardenti suppliche con cui chiediamo a Dio di far
discendere su di noi la rugiada della grazia e soprattutto lo stesso
Redentore: Rorate, caeli, desuper, et nubes pluant justum! La preghiera
si fa piu` premurosa colle antifone maggiori, O Emmanuel, o Rex gloriae,
o Oriens, etc., che, richiamandoci i gloriosi titoli dati dai profeti
al Messia e i tratti principali della sua missione, ci fanno
desiderare la venuta de Colui che solo puo` alleviare le nostre
miserie.

1582. Ma e` pur tempo di penitenza. La Chiesa ci rammenta il giudizio
universale a cui dobbiamo prepararci con l'espiazione dei peccati; e
la predicazione di S. Giovanni Battista c'invita a far penitenza per
preparare la via al Salvatore: "Parate viam Domini, rectas facite
semitas ejus" 1582-1. Anticamente si digiunava tre volte la
settimana, come si fa ancora in certi Ordini religiosi, e se ora la
Chiesa non impone piu` il digiuno ai suoi figli, li esorta pero` a
supplirvi con altre mortificazioni, adoprando a tal fine nelle Messe
del tempo il colore violaceo, che e` simbolo di duolo.

E` chiaro che questi santi desideri e queste pratiche di penitenza
tendono a purificar l'anima, preparandola cosi` al regno di Gesu`.

1583. 2^ Ed eccoci al tempo di Natale: il Verbo ci si presenta
nell'infermita` della carne, colle grazie ma anche colle debolezze
dell'infanzia, invitandoci ad aprirgli il cuore onde potervi regnar da
padrone e comunicarci le sue disposizioni e le sue virtu`. Comincia
cosi` la via illuminativa: purificati dalle colpe, distaccati dal
peccato e dalle cause che vi ci potrebbero far ricadere,
c'incorporiamo sempre piu` a Gesu` onde partecipare ai suoi
annientamenti, all'umilta`, all'obbedienza, alla poverta`, si` bene da
lui praticate nella nativita` e nelle circostanze che la seguirono. Ad
accoglierlo sulla terra, che viene a riscattare, ci sono appena pochi
pastori e pochi savi dell'Oriente che gli porgono i loro ossequi; i
Giudei che egli elesse per suo popolo non si degnano di riceverlo: "in
propria venit et sui eum non receperunt" 1583-1. E` costretto a
fuggire in Egitto, e, tornatone, si va a seppellire in un paesucolo
della Galilea, ove passa trent'anni, crescendo in sapienza e in
scienza insieme coll'eta`, lavorando manualmente come un povero operaio
e obbedendo in tutto a Maria e a Giuseppe: tal e` lo spettacolo
offertoci dalla liturgia nel tempo del Natale e dell'Epifania, per
metterci sott'occhio gli esempi che dobbiamo imitare. E nello stesso
tempo c'invita ad adorare il Figlio di Dio tanto piu` profondamente
quanto piu` si volle per noi annientare, a ringraziarlo ed amarlo: "sic
nos amantem quis non redamaret?"

1584. 3^ Ma, prima di potere assaporare i gaudii dell'unione divina,
ci vuole una nuova purificazione, piu` dura e piu` profonda della prima,
della quale il tempo della Settuagesima e della Quaresima ci porge
proprizia occasione.

La Settuagesima e` come il preludio della Quaresima. La Chiesa,
mettendoci sott'occhio nella assegnata lezione della S. Scrittura il
racconto della caduta dell'uomo, dei peccati che gli tennero dietro,
del diluvio che ne fu il castigo, della vita santa dei Patriarchi che
ne fu l'espiazione, c'invita a riandare nell'amarezza dell'anima tutti
i nostri peccati, a detestarli sinceramente, ad espiarli con generosa
penitenza. i mezzi da lei propostici sono: 1) il lavoro o il fedele
adempimento dei doveri del proprio stato per amor di Dio: "ite et vos
in vineam meam"; 2) la lotta contro le passioni: nell'Epistola ci
paragona ad atleti che corrono o che combattono per ottener la corona
e c'invita a castigare il corpo e a ridurlo in servitu`; 3) la
volontaria accettazione dei patimenti e delle prove a cui siamo
giustamente condannati, e l'umile preghiera onde trarne profitto:
"Circumdederunt me gemitus mortis... et in tribulatione mea^ invocavi
Dominum" 1584-1.

1585. A questi mezzi la Quaresima aggiunge il digiuno, l'astinenza e
l'elemosina, per lottar vittoriosamente contro le tentazioni; e noi li
praticheremo in unione con Gesu`, che si ritira quaranta giorni nel
deserto a farvi penitenza per noi e acconsente ad essere tentato per
insegnarci il modo di resistere al demonio. Il prefazio della Messa ci
dira` che il digiuno rintuzza i vizi, innalza i cuori e ottiene aumento
di virtu` e di meriti.

La scena del Tabor, narrata nella domenica seconda, ci mostrera` che la
penitenza ha le sue delizie quando e` associata alla preghiera e si
leva lo sguardo s Dio a chiedergli soccorso: "Oculi mei semper ad
Dominum, quia ipse evellet de laqueo pedes meos" 1585-1.
L'Introito della domenica quarte c'infondera` nuovo coraggio, facendoci
intravvedere i gaudi del paradiso "Laetare Jerusalem", di cui la santa
comunione, simboleggiata nella moltiplicazione dei pani, ci da` gia` un
saggio.

1586. Colla domenica di Passione s'inalbera il vesillo della Croce:
"Vexilla Regis prodeunt"; la nuda croce, perche` l'immagine del divin
Crocifisso viene velata in segno di duolo e di tristezza, ad
insegnarci che ci sono momenti in cui non vediamo che tribolazioni
senza sentire alcuna consolazione. Ma l'Epistola della Messa ci
confortera` presentandoci il nostro Pontefice che coll'effusione del
sangue entra nel Santo dei Santi, e ripetendoci che la Croce, simbolo
di morte, divenne per lui fonte di vita "ut unde mors oriebatur inde
vita resurgeret".

La domenica della Palme, seguita subito dai dolorosi misteri di
Cristo, c'insegnera` quanto effimeri siano anche i piu` ben meritati
trionfi della terra e come vi succedano spesso le piu` profonde
umiliazioni. L'anima angosciata leva allora un grido di dolore: Deus,
Deus meus, respice in me: quare me dereliquisti 1586-1"; e` il
grido di Gesu` nel giardino degli Ulivi e sul Calvario; e` il grido
dell'anima cristiana visitata da pene interiori o in preda alla
calunnia. Ma l'Epistola viene a riconfortarci, stimolandoci ad unirci
agli interni sentimenti di Gesu`, che obbedisce sino alla morte e morte
di croce e che viene presto ricompensato con tale esultazione che ogni
ginocchio si piega dinanzi a lui; onde, se ne partecipiamo i
patimenti, avremo pur parte ai suoi trionfi, come dice S. Paolo: "Si
tamen compatimur ut et conglorificemur" 1586-2.

1587. 4^ La Resurrezione e il ciclo pasquale ci richiamano la vita
gloriosa di Gesu`, immagine della vita unitiva. Vita piu` celeste che
terrestre: Gesu`, nel corso del suo ministero, era sempre vissuto sulla
terra, lavorando, conversando con gli uomini, esercitando
l'apostolato; dopo la risurrezione vive piu` separato che mai da tutte
le cose esterne, facendo solo rare apparizioni agli apostoli a dare
gli ultimi insegnamenti, e poi ritorna al padre: "apparens eis et
loquens de regno Dei" 1587-1.

E` immagine delle anime che, giunte alla via unitiva, cercano ormai la
solitudine per conversare intimamente con Dio; e se i doveri del loro
stato le obbligano a trattar cogli uomini, lo fanno solo per
santificarli; studiandosi di accostarsi all'ideale proposto da
S. Paolo: 1587-2 "Se dunque risorgeste con Cristo, cercate le cose
di lassu`, dove Cristo e` assiso alla destra di Dio; alle cose di lassu`
aspirate, non a quelle della terra; moriste infatti e la vostra vita e`
ascosa [sic] con Cristo in Dio".

Coll'Ascensione un nuovo gradino: Gesu` vive ormai in cielo alla destra
del Padre e prega continuamente per noi; il suo apostolato si fa anche
piu` fecondo, perche` ci invia lo Spirito Santo, lo Spirito
santificatore, che trasforma gli Apostoli e per mezzo loro milioni di
anime. Parimenti i contemplativi, che colla mente e col cuore abitano
gia` in cielo, non cessano di pregare e di sacrificarsi per la salute
dei fratelli, esercitando cosi` apostolato anche piu` fecondo.

1588. La Pentecoste e` la discesa dello Spirito Santo nelle singole
anime, ad operarvi in modo piu` lento e piu` nascosto la mirabile
trasformazione effettuata negli Apostoli. Il mistero della Santissima
Trinita` viene a rimetterci sott'occhio il grande oggetto della fede e
della religione, la causa efficiente ed esemplare della nostra
santificazione; e le feste del Santissimo Sacramento e del Sacro Cuore
ci ripetono che Gesu`, nell'Eucarestia ove palesa i tesori del Sacro
suo Cuore, merita le nostre adorazioni e il nostro amore e che e` nello
stesso tempo il gran Religioso di Dio, per cui e in cui possiamo
rendere all'adorabile Trinita` gli ossequi che le sono dovuti.

Le varie domeniche che seguono la Pentecoste rappresentano l'intiero
svolgimento dell'opera dello Spirito Santo non solo nella Chiesa ma
anche in ogni anima cristiana, e ci invitano quindi a produrre, sotto
l'azione dello Spirito Santo, copiosi frutti di salute fino a quel
giorno in cui andremo a raggiungere in cielo Colui che vi ci ha
preceduti a prepararci il posto.

1589. Stanno in questo ciclo liturgico le feste dei Santi. Possente
stimolo per noi gli esempi di costoro che, membri di Cristo come noi,
ne imitarono le virtu` non ostante tutte le tentazioni e tutti gli
ostacoli. Ci dicono con S. Paolo: "Siate imitatori miei come io di
Cristo: imitatores mei estote sicut et ego Christi" 1589-1; e
leggendo nel Breviario il racconto delle eroiche loro virtu`, ripetiamo
la parola di Agostino: "Tu non poteris quod isti, quod istae?".

Rammenteremo poi in modo particolare che la Regina degli Angeli e dei
Santi, la Madre del Salvatore, e` nella liturgia costantemente
associata al Figlio e che non possiamo onorare il Figlio senza
onorarne, amarne, imitarne pure la Madre.

A questo modo, sorretti e aiutati dalla Vergine Santissima e dai Santi
e incorporati al Verbo Incarnato, ci accostiamo a Dio percorrendo ogni
anno il ciclo liturgico.

1590. Ma, a trar veramente profitto dai copiosi mezzi di
santificazione offertici dalla Chiesa, conviene che attiriamo in noi
le interne disposizioni di Gesu`. Ora c'e` una bellissima ed
efficacissima preghiera che serve a ritrarre in noi questi sentimenti:
e` la preghiera O Jesu vivens in Maria; e una sua breve spiegazione ci
pare la miglior chiusa di questo Compendio.
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24/10/2013 13:37
 
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PREGHIERA: O JESU VIVENS IN MARIA 1590-1.
O Jesu vivens in Maria^, O Gesu` vivente in Maria,
veni et vive in famulis tuis, vieni e vivi nei tuoi servi,
in spiritu sanctitatis tuae, nello spirito della tua santita`,
in plenitudine virtutis tuae, nella pienezza della tua virtu`,
in perfectione viarum tuarum, nella perfezione delle tue vie,
in veritate virtutum tuarum, nella verita` delle tue virtu`,
in communione mysteriorum tuorum, nella comunione dei tuoi misteri,
dominare omni adversae potestati, domina ogni nemico potere,
in Spiritu tuo ad gloriam Patris. nel tuo Spirito a gloria del Padre.

In questa preghiera si possono distinguere tre parti di inuguale
lunghezza: nella prima si dice a chi si rivolge; nella seconda
l'oggetto; nella terza lo scopo finale.

1591. 1^ A chi si rivolge questa preghiera? A Gesu` vivente in Maria,
cioe` al Verbo Incarnato, all'Uomo-Dio, che nell'unita` di persona
possiede insieme la natura divina e la natura umana, e che e` per noi
causa meritoria, esemplare e vitale di santificazione, n. 132. Ci
rivolgiamo a lui in quanto vive in Maria. Visse una sola volta
fisicamente per nove mesi nel virginale suo seno, ma non si tratta qui
di questa vita che cesso` colla nascita` di Gesu` Bambino. Visse
sacramentalmente in lei colla santa comunione; presenza che ebbe fine
coll'ultima comunione di presenza che ebbe fine coll'ultima comunione
di Maria sulla terra. Visse e vive tuttora misticamente in lei, come
capo del corpo mistico di cui tutti i cristiani sono membri, ma in
grado assai superiore, perche` Maria occupa in questo corpo il posto
piu` onorevole, n. 155-162. Vive in lei col divino suo Spirito,
vale a dire con lo Spirito Santo che comunica alla santa sua Madre
perche` operi in lei disposizioni simili a quelle che opera nell'anima
sua. In virtu` dei meriti e delle preghiere del Salvatore, lo Spirito
Santo viene dunque a santificare e a glorificare Maria, a renderla
quanto piu` e` possibile simile a Gesu`, cosicche` ella ne diviene la piu`
perfetta copia vivente: "haec est imago Christi perfectissima quam ad
vivum depinxit Spiritus Sanctus".

La qual cosa viene bene spiegata dall'Olier 1591-1: "Cio` che
Nostro Signore e` per la Chiesa, lo e` per eccellenza per la santissima
sua Madre. Ne e` quindi la interna e divina pienezza; ed essendosi
sacrificato piu` specialmente per lei che per tutta la Chiesa, a lei
piu` che a tutta la Chiesa comunica la vita di Dio; gliela comunica
pure per gratitudine e in riconoscimento della vita che ricevette da
lei, perche`, avendo promesso a tutti i suoi membri di rendere
centuplicatamente cio` che avra` ricevuto dalla loro carita` sulla terra,
vuole rendere pure alla Madre il centuplo della vita umana che
ricevette dal suo amore e dalla sua pieta`; e questo centuplo e` la
infinitamente preziosa e stimabile vita divina... Bisogna quindi
considerare Gesu` Cristo nostro Tutto come vivente nella Vergine
Santissima nella pienezza della vita di Dio, tanto di quella che
ricevette dal Padre quanto di quella che acquisto` e merito` agli uomini
col ministero della vita ricevuta dalla Madre. In Maria fa pompa di
tutti i tesori delle sue richezze, dello splendore della sua bellezza
e delle delizie della vita divina... Abita in lei con pienezza; opera
in lei nell'estensione del divino suo Spirito; fa un cuore, un'anima,
una vita sola con lei". Questa vita diffonde continuamente in lei,
"amando in lei, lodando in lei, adorando in lei Dio Padre, come in
degno supplemento del suo cuore, in cui deliziosamente si dilata e si
moltiplica" 1591-2.

1592. Gesu` vive in Maria con pienezza non solo per santificar lei,
ma per santificar per lei gli altri membri del suo corpo mistico:
Maria e` infatti, come dice S. Bernardo, il canale per cui ci
pervengono tutte le grazie meritate da suo Figlio: "totum nos habere
voluit per Mariam", n. 161.

Onde e` cosa insieme gratissima a Gesu` e utilissima all'anima il
rivolgerci a Gesu` vivente in Maria. "che vi puo` essere di piu` dolce e
piu` accetto a Gesu`, dell'andarlo a cercare nel luogo delle sue
delizie, su questo trono di grazia, in mezzo a quest'adorabile fornace
di sant'amore per il bene di tutti gli uomini? Qual piu` copiosa vena
di grazia e di vita di questo luogo in cui abita Gesu` come in fonte di
vita agli uomini e in madre e nutrice della Chiesa"?

Abbiamo quindi il diritto di essere pieni di fiducia quando preghiamo
cosi` Gesu` vivente in Maria.

1593. 2^ Qual e` l'oggetto di questa preghiera? E` la vita interiore
con tutti gli elementi che la costituiscono; vita interiore che non e`
se non una partecipazione della vita che Gesu` comunica alla Madre e
che lo supplichiamo di voler benignamente comunicare anche a noi.

A) Essendo Gesu` vivente in Maria la fonte di questa vita, noi
umilmente gli chiediamo di venire in noi e di viverci, promettendo di
docilmente sottomettere alla sua azione: "VENI ET VIVE IN FAMULIS
TUIS".

a) Viene in noi come viene in Maria col divino suo Spirito, colla
grazia abituale: sempre che questa cresce in noi, vi cresce pure lo
Spirito di Gesu`; onde ogni volta che facciamo un atto soprannaturale e
meritorio, questo divino Spirito viene in noi e ci rende l'anima
sempre piu` simile a quella di Gesu` e a quella di Maria. Qual possente
motivo per moltiplicare e intensificare gli atti meritori,
informandoli della divina carita`! (n. 236-248).

b) Opera in noi con la grazia attuale che ci merito` e che ci
distribuisce per mezzo del divino suo Spirito: opera in noi il volere
e il fare "operatur in nobis velle et perficere", si fa principio di
tutti i nostri moti e delle interne disposizioni, cosi` che i nostri
atti non provengono che da Gesu` che ci comunica la sua vita, i suoi
sentimenti, i suoi affetti, i suoi desideri. Onde possiamo dir con
S. Paolo: "Vivo non piu` io, ma vive in me Gesu`".

c) Perche` sia cosi`, e` necessario che come servi fedeli, in famulis
tuis, ci lasciamo guidare da lui e cooperiamo all'azione sua in noi;
dobbiamo, come l'umile Vergine, dire con tutta sincerita`: "Ecco
l'ancella del Signore, sia fatto a me seconda la tua parola: ecce
ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum". Consapevoli della
nostra miseria e della nostra incapacita`, non abbiamo che da obbedire
prontamente alle minime ispirazioni della grazia. Onorevole servitu`
per noi, "cui servire regnare est", servitu` di amore che ci assoggetta
a Colui che ci e` Padrone, e` vero, ma anche Padre, e amico, e che nulla
ci comanda che non ci sia utile al bene dell'anima. Apriamo, apriamo
dunque il cuore a Gesu` e al divino suo Spirito, perche` vi regni come
regno` nel cuore della Madre nostra Maria!

1594. B) Essendo Gesu` fonte di ogni santita`, gli chiediamo di vivere
e di operare in noi "in spiritu sanctitatis tuae", per comunicarci
l'interna sua santita`.

C'e` una doppia santita` in Gesu`: una santita` sostanziale che deriva
dall'unione ipostatica, e una santita` partecipata che altro non e` se
non la grazia creata: n. 105, questa lo preghiamo di comunicarci.
Santita`, che e` prima di tutto orrore del peccato e separazione da
tutto cio` che vi ci puo` condurre; sommo distacco dalle creature e da
ogni egoismo; ma anche partecipazione della vita divina, intima unione
con le tre divine persone, amor di Dio che signoreggia ogni altro
affetto, insomma positiva santita`.

1595. Ma essendo incapaci di acquistar da soli tale santita`, lo
supplichiamo di venire in noi con la pienezza della sua forza o della
sua grazia "in plenitudine virtutis tuae". E trepidi di possibili
ribellioni da parte nostra, aggiungiamo pure colla Chiesa che si degni
di assoggettare al suo impero le ribelli nostre facolta`: "etiam
rebelles ad te propitius compelle voluntates".

Una grazia efficace dunque invochiamo, quella grazia che, pur
rispettando la liberta`, sa operare sui segreti congegni della volonta`
per ottenere il consenso; una grazia che non si arrestera` dinanzi alle
istintive nostre ripugnanze o alle pazze nostre resistenze, ma operera`
dolcemente e fortemente in noi il volere ed il fare.

1596. C) E poiche` la santita` non puo` acquistarsi senza l'imitazione
del nostro divino Modello, lo supplichiamo di farci camminare nella
perfezione delle sue vie "in perfectione viarum tuarum", vale a dire
di farci imitare la sua condotta, il suo modo d'agire, i suoi atti
esterni ed interni in tutti cio` che hanno di piu` perfetto. Chiediamo
insomma di diventare viventi copie di Gesu`, altri Cristi, onde poter
dire ai nostri discepoli come S. Paolo: siate imitatori miei, come
anch'io di Cristo: "imitatores mei estote sicut et ego Christi".
Ideale cosi` perfetto che da noi non possiamo attuarlo! Ma Gesu` si fa
nostra via: "ego sum via", fulgida e vivente via, via, a cosi` dire,
ambulante che ci trae dietro a se`: "Et ego cum exaltatus fuero a
terra^, omnia traham ad me ipsum" 1596-1. Da te, o divino Modello,
ci lasceremo dunque trarre e ci studieremo di imitare le tue virtu`.

1597. D) Per questo aggiungiamo: "in veritate virtutum tuarum". Le
virtu` che chiediamo sono virtu` reali e non virtu` apparenti. Ci sono di
quelli che, sotto la vernice di virtu` puramente esterne, nascondono un
animo pagano, sensuale e superbo. Non sta qui la santita`. Virtu`
interne ci porta Gesu`, virtu` penose, l'umilta`, la poverta`, la
mortificazione, la perfetta castita` di mente, di cuore, di corpo;
virtu` unificative, lo spirito di fede, di confidenza e di amore. Ecco
cio` che fa il cristiano e lo trasforma in un altro Cristo.

1598. E) Queste virtu` Gesu` pratico` specialmente nei suoi misteri,
onde lo preghiamo di farci partecipare alla grazia dei suoi misteri
"in communione mysteriorum tuorum". Misteri sono certamente tutte le
principali azioni di Nostro Signore, ma specialmente i sei grandi
misteri descritti dall'Olier nel suo Catechismo cristiano:
l'Incarnazione, che c'invita a spogliarci di ogni amor proprio per
consacrarci totalmente al Padre in unione con Gesu`: "Ecce venio ut
faciam, Deus, voluntatem tuam"; la crocifissione, la morte e la
sepoltura, che esprimono i vari gradi di quella totale immolazione con
cui crocifiggiamo la guasta natura studiandoci di farla morire e
seppellirla per sempre; la risurrezione e l'ascensione, che
significano il perfetto distacco dalle creature e la vita tutta
celeste che bramiamo condurre per andare in paradiso.

1599. F) E` chiaro che cosiffatta perfezione non possiamo conseguire
se Gesu` non viene a dominare il noi su ogni potere nemico, la carne,
il mondo e il demonio: "dominare omni adversae potestati". Questi tre
nemici non desistono mai dai fieri loro assalti, e non potranno mai
essere annientati finche` saremo sulla terra; ma Gesu`, che ne trionfo`,
puo` infrenarli e soggiogarli, dandoci grazie efficaci per resistervi:
questo umilmente gli chiediamo.

3^ A piu` facilmente ottenere questa grazia, dichiariamo che non
miriamo con lui se non a un solo scopo, la gloria del Padre che
vogliamo procurare coll'opera dello Spirito Santo: "In spiritu tuo ad
gloriam Patris". Essendo venuto sulla terra a glorificare il Padre
"Ego honorifico Patrem", compia egli in noi l'opera sua e ci cominichi
l'interna sua santita`, onde possiamo con lui e per lui glorificar
questo Padre e fare che sia glorificato intorno a noi! Saremo allora
veramente membri del suo corpo mistico e religioso di Dio: Gesu` vivra`
e regnera` nei nostri cuori per la maggior gloria dell'adorabile
Trinita`.

Questa preghiera e` dunque una sintesi della vita spirituale e un
riepilogo del nostro Compendio.

Terminandolo non possiamo che benedire, e invitare i lettori a
benedire con noi questo Dio d'amore, questo amantissimo Padre, che,
facendoci partecipare alla sua vita, ci colmo` nel suo Figlio di tutte
le benedizioni.

BENEDICTUS DEUS ET PATER DOMINI NOSTRI JESU CHRISTI, QUI BENEDIXIT NOS
IN OMNI BENEDICTIONE SPIRITUALI IN CAELESTIBUS IN CHRISTO.

FINE.
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1550-1 A. Saudreau, L'Etat mystique, c. IX, XI, XIV e le
Appendici; A. Poulain, Delle grazie d'Orazione, 2a. ediz. ital. con
introd. del P. De Guibert (Marietti, Torino); Mgr. Lejeune, art.
Contemplation nel Dict. de The'ologie; Mgr. A. Farges, Phe'n. mystiques
e Controv. de la Presse; P. Joret, La contemplation mystique;
P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation.

1554-1 Delle Grazie d'orazione, c. VI, n. 16, (Marietti, Torino).

1555-1 La mystique chre'tienne, nella Revue de Philosophie, 1912,
t. XXX, p. 478.

1555-2 La saisie imme'diate de Dieu dans les e'tats mystiques, 1923.

1557-1 Quest'accusa sarebbe particolarmente ingiusta rispetto a
coloro che, come il Farges, (Phe'n. mystiq., p. 95 ss., e Re'ponses aux
controverses, ch. V-XII), ammettono che la contemplazione avviene fin
dal primo grado per mezzo di specie impresse infuse, e la chiamano
immediata, perche` la specie impressa non e` id quod videtur e nemmeno
id in quo videtur, ma id quo res ipsa videtur. Si puo` censurare questo
modo di vedere ma non vi si puo` scorgere l'ontologismo.

1557-2 A meglio giudicar di questo linguaggio, si leggeranno
volentieri i passi raccolti dal P. Poulain, Delle Grazie d'orazione,
c. V-VI, confrontando le interpretazioni date da lui con quelle che ne
da` in senso contrario A. Saudreau, L'Etat mystique, Appendice II.

1559-1 I PP. Arintero, Garrigou-Lagrange, Joret, Janvier, ecc.

1559-2 Don Louismet, Don Huyben, ecc.

1559-3 P. Ludovico di Besse.

1559-4 P. Teodoro di S. Giuseppe, Essai sur l'oraison selon
l'e'cole carme'litaine, 1923. -- Si vedano per altro le sue restrizioni,
p. 128.

1559-5 L. Peeters, Vers l'union divine per les Exercices de
S. Ignace, 1924.

1559-6 Il P. Lamballe, La contemplation.

1559-7 M. A. Saudreau, L'Ami du Clerge', ecc.

1560-1 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., p. 450.

1561-1 Questi argomenti si troveranno esposti dal P. R. di
Maumigny, Pratique de l'oraison mentale, t. II, P. Va.; Mgr Farges,
Phe'nome`nes mystiques, P. Ia., c. IV; Contr. de la Presse, c. IV;
G. de Guibert, Rev. d'Asce'tique et de Mystique,
Gennaio 1924, p. 25-32.

1561-2 G. de Guibert, l. cit., p. 26.

1561-3 De virtutibus infusis, tesi VIIIa..

1563-1 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. .

1563-2 "Il che puo` provenire, dice il P. Garrigou, op. cit.,
t. II, p. , non solo dal poco propizio ambiente e da mancanza di
direzione, ma anche del temperamento fisico. Ed e` bene qui ricordare
con G. Maritain, che, secondo molti Tomisti, come Bannez, Giovanni di
S. Tommaso e i Carmelitani di Salamanca, anche le doti fisiche sono,
nel predestinato, effetto in un certo senso della predestinazione.

1564-1 Congre`s carme'litain, 1923, the`me V. -- Il Congresso non
volle dichiararsi sulla questione della vocazione universale alla
contemplazione, certo perche` la teneva come dubbia.

1565-1 I Cor., XV, 41.

1565-2 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. [71-79].

1566-1 Molti documenti si possono trovare nelle opere seguenti:
Onorato di Sta Maria, Tradition des Pe`res et des auteurs
eccle'siastiques sur la Contemplation; A. Saudreau, La Vie d'union a`
Dieu, 3a. ed. 1921; P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p.
662-740; P. Pourrat, La Spiritualite' chre'tienne. Rimane pero` da fare
lo studio critico-storico di questi documenti sotto l'aspetto speciale
della vocazione universale alla contemplazione.

1566-2 Ci pare che sia questa la soluzione di Don V. Lehodey, Le
vie dell'orazione, P. IIIa., c. XIII (Marietti, Torino), Le saint
Abandon, P. IIIa., c. XIV; di Mgr Waffelaert, R. A. M., gennaio 1923,
p. 31, e nelle varie sue opere; della Scuola Carmelitana e di quelli
che ammettono uno stato di contemplazione acquisita sia pure di poca
durata. S'accosta a quella del P. M. de la Taille, L'oraison
contemplative, come pure alla soluzione proposta da G. Maritain, Vie
spirituelle, marzo 1923, che si trova nell'opera del P. Garrigou, t.
II, p. [58-71].

1568-1 Notte oscura, l. I, c. VIII, n. 1, e c. XIII, n. 1 (alias
c. XIV).

1568-2 Note sulla Notte Oscura, p. 5-6.

1570-1 Ami du Clerge', 8 dic. 1921, p. 697.

1572-1 In Cantica sermo LVII, n. 11; compendiamo qui il pensiero
del Santo.

1575-1 Vita scritta dal P. Da Ponte, c. XIII, c. XLI, 5a.
difficolta`.

1578-1 Monnin, Vita del Curato d'Ars, l. III, c. III (Marietti,
Torino).

1579-1 Dom Gue'ranger, L'Anne'e liturgique; Dom Leduc et Dom
Baudot, Cate'chisme liturgique; Dom Festugie`re, La liturgie catholique;
F. Cavallera, Asce'tisme et Liturgie.

1580-1 Sebbene non si distinguano che tre vie nella vita
spirituale, vi e` tale differenza tra le purificazioni passive e la
contemplazione soave da poterne fare due fasi nella via unitiva.

1582-1 Luc., III, 4.

1583-1 Joan., I, 11.

1584-1 Introito della domenica di Settuagesima.

1585-1 Introito della 3a. domenica di Quaresima.

1586-1 Introito della domenica delle Palme.

1586-2 Rom., VIII, 17.

1587-1 Act., I, 3.

1587-2 Col., III, 1-3.

1589-1 I Cor., IV, 16.

1590-1 Questa preghiera, composta dal P. de Condren e
perfezionata dall'Olier, si recita ogni giorno nel Seminario di
S.-Sulpizio dopo la meditazione. Il Ven. Libermann ne fece un pio
commento, Lettres, t. II, p. 506-522.

1591-1 G. G. Olier, Lettera CCCLXXXIII, t. I, p. 468, ed. 1885.

1591-2 G. G. Olier, Journe'e chre't., p. 395-396.

1596-1 Joan., XII, 32.
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APPENDICI
* I. La spiritualita` del Nuovo Testamento.
* II. Lo studio dei caratteri.
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I. La spiritualita` del Nuovo Testamento A1-1.

Perche` i nostri lettori possano cogliere meglio e ordinare i tesori
spirituali chiusi nel Nuovo Testamento, diamo qui una breve sintesi
della spiritualita` dei Sinottici, di S. Paolo e di S. Giovanni.

1^ LA SPIRITUALITA` DEI SINOTTICI.

L'idea centrale dell'insegnamento di Gesu` nei Sinottici e` quella del
regno di Dio. A far capire la spiritualita` che vi e` annessa, ne
esponiamo la natura, la costituzione e le condizioni per entrarvi.

A) La natura. Il regno di Dio predicato da Gesu` Cristo nulla ha di
terreno, contrariamente a cio` che nei loro pregiudizi pensavano i
Giudei, ma e` tutto spirituale, opposto a quello di Satana, capo degli
angeli ribelli. a) Si presenta sotto tre diverse forme: 1) ora e` il
paradiso o il regno riserbato agli eletti: "Venite, benedicti Patris
mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi" A1-2;
2) ora e` il regno interno quale gia` si trova sulla terra, vale a dire
la grazia, l'amicizia, la paternita` divina offerta da Dio e accettata
dagli uomini di buona volonta`; 3) infine e` il regno esterno che Dio
fonda a perpetuare l'opera sua sulla terra A1-3. b) Queste tre
forme non costituiscono che un solo e medesimo regno; perche` la Chiesa
esterna non e` fondata se non perche` il regno interno possa
pacificamente svilupparsi, e questo e`, a cosi` dire, il complesso delle
condizioni che schiudono il regno celeste.

B) La costituzione. Questo regno interno ha un capo, che e` Dio
stesso A1-4; ora questo Dio e` nello stesso tempo Padre dei suoi
sudditi, non della comunita` soltanto come nell'Antica Legge, ma di
ogni anima in particolare. La sua bonta` e` cosi` grande che si estende
anche ai peccatori A1-5 finche` vivono sulla terra; ma la sua
giustizia colpisce i peccatori ostinati che verranno condannati al
fuoco dell'inferno A1-6.

Questo regno fu fondato sulla terra da Gesu` Cristo, figlio dell'uomo e
figlio di Dio, che e` egli pure nostro re: per diritto di nascita,
perche` e` il figlio, l'erede naturale, il solo che conosce il Padre
come il Padre conosce lui; e per diritto di conquista, perche` venne a
salvare cio` che era perito e verso` il sangue a remissione dei nostri
peccati A1-7. E` re pieno di premure, che ama i piccoli, i poveri, i
derelitti, che corre dietro la pecorella smarrita per ricondurla
all'ovile e che sulla croce perdona ai suoi carnefici A1-8. Ma e`
pure giudice dei vivi e dei morti; e nell'ultimo giorno fara` la
separazione dei buoni dai cattivi, i giusti amorosamente accogliendo
nel suo regno definitivo, e i reprobi condannando all'eterno
supplizio A1-9.

Non v'e` dunque nulla sulla terra di piu` prezioso di questo regno; e` la
perla preziosa e il tesoro nascosto che bisogna acquistare ad ogni
costo.

C) Condizioni per entrare in questo regno. Per entrarvi si deve far
penitenza A1-10, ricevere il battesimo, credere al Vangelo e
osservare i comandamenti A1-11.

Ma a perfezionarvisi, l'ideale proposto ai discepoli e` di accostarsi
quanto piu` e` possibile alla perfezione stessa di Dio. Essendo suoi
figli, una tal nobilta` c'impone doveri, onde dobbiamo accostarci
quanto piu` e` possibile alle divine perfezioni: "Estote ergo vos
perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus est" A1-12.

A conseguire ideale cosi` perfetto occorrono due condizioni essenziali:
la rinunzia a se stesso e alle creature, onde uno si distacca da tutto
cio` che e` ostacolo all'unione con Dio; e l'amore, onde uno si da`
intieramente a Dio seguendo Gesu` Cristo: "Si quis vult post me venire,
abnegat semetipsum, et tollat crucem suam quotidie, et sequetur
me" A1-13.

a) La rinunzia ha vari gradi. Deve escludere per tutti quel
disordinato amore di se` e delle creature che costituisce il peccato, e
specialmente il peccato grave, ostacolo assoluto al nostro fine; il
che e` tanto vero che, se l'occhio destro ci scandalizza, non dobbiamo
esitare a strapparlo: "Quod si oculis tuus dexter scandalizat te, erue
eum et projice abs te" A1-14. Ma per coloro che vogliono essere
perfetti la rinunzia sara` assai piu` intiera e comprendera` la pratica
dei consigli evangelici: la poverta` effettiva, il distacco dalla
famiglia e la castita` perfetta o continenza A1-15. Chi poi non
volesse o non potesse arrivare a tanto, si contentera` della interna
rinunzia alla famiglia e ai beni di questo mondo; pratichera` lo
spirito di poverta` e l'interno distacco da tutto cio` che si oppone al
regno di Dio nell'anima; puo` cosi` assorgere ad alto grado di
santita` A1-16.

Questi vari gradi risultano dalla distinzione tra precetti e consigli:
per entrar nella vita, basta osservare i comandamenti; ma per essere
perfetti, bisogna vendere i propri beni e darli ai poveri: "Si autem
vis ad vitam ingredi, serva mandata... Si vis perfectus esse, vade,
vende quae habes et da pauperibus" A1-17.

La perfetta rinuncia va sino all'amor della croce "tollat crucem
suam"; si finisce con amar la croce, non per se stessa ma per ragione
del divin Crocifisso che uno vuol seguire sino alla fine: "et sequatur
me". Si riesce anzi a trovar la perfetta letizia nella croce: Beati
pauperes spiritu... beati mites... beati qui persecutionem
patiuntur... Beati estis cum maledixerint vobis" A1-18.

b) Ma la rinunzia non e` che mezzo per giungere all'amor di Dio e del
prossimo per Dio. L'amore infatti compendia tutta la legge: "In his
duobus mandatis universa lex pendet et prophetae" A1-19; amore onde
uno si da` a Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la
mente: "Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et in tota^ anima^
tua^ et in tota^ mente tua^... Secundum autem simile est huic: Diliges
proximum tuum sicut te ipsum" A1-20. E` il massimo dei
comandamenti, quello che racchiude tutta la perfezione.

1) Quest'amore dev'essere filiale: c'induce prima di tutto a
glorificare il Padre celeste: "Pater noster... sanctificetur nomen
tuum, adveniat regnum tuum" A1-21; e per meglio glorificarlo, a
osservare i comandamenti: "fiat voluntas tua sicut in caelo et in
terra^"... "non omnis qui dicit mihi Domine, Domine, intrabit in regnum
caelorum, sed qui facit voluntatem Patris mei" A1-22.

2) Dev'essere confidente: perche` il Padre celeste si prende cura dei
suoi figli assai piu` che degli uccelli del cielo e dei gigli del
campo: "Nonne vos magis pluris estis illis?... Scit enim Pater vester
quia his omnibus indigetis" A1-23. Confidenza che si palesa colla
preghiera, la quale, secondo le promesse del divin Mediatore, ottiene
tutto cio` che chiede: "Petite et dabitur vobis; quaerite et invenietis;
pulsate et aperietur vobis. Omnis enim qui petit, accipit, et qui
quaerit invenit, et pulsanti aperietur" A1-24.

3) Genera l'amor del prossimo: essendo tutti figli dello stesso Padre
celeste, siamo tutti fratelli: "Unus est magister vester, omnes autem
vos fratres estis" A1-25. A dare a questa virtu` il piu` efficace
stimolo possibile, Nostro Signore dichiara che nel giorno del giudizio
considerera` come fatto a se` ogni servizio reso al minimo dei suoi
fratelli A1-26. Gesu` dunque si identifica coi suoi membri, onde,
amando il prossimo, amiamo Lui. Amore che abbraccia anche i nemici,
che dobbiamo sopportar con pazienza, pregar per loro e far loro del
bene A1-27; accompagnato quindi da dolcezza e da umilta`, come
quello del divino Modello: "Discite a me quia mitis sum et humilis
corde" A1-28.

Rinunzia ed amore: ecco dunque le due condizioni essenziali richieste
a conquistare il regno di Dio e la perfezione; esse infatti, come
abbiamo visto, racchiudono tutte le virtu` (n. 309 ss.).
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2^ LA SPIRITUALITA` DI S. PAOLO A1-29.

S. Paolo giunge alle medesime conclusioni ma per altra via. L'idea
centrale non e` piu` quella del regno, ma il disegno santificatore di
Dio, che vuol salvare e santificare tutti gli uomini, Giudei e
Gentili, per mezzo del Figliuol suo Gesu` Cristo, costituito capo
dell'umana stirpe, al quale tutti devono essere incorporati:
"Benedetto Dio e Padre del Signor Nostro Gesu` Cristo, che ci benedisse
con ogni benedizione spirituale, celeste, in Cristo... In cui abbiamo
la redenzione pel sangue suo... E lo diede capo sopra tutta la Chiesa,
che e` il corpo di lui e il complemento di lui che compie tutto in
tutti: "Benedictus Deus et Pater Domini nostri Jesu Christi, qui
benedixit nos in omni benedictione spirituali in caelestibus in
Christo!... in quo habemus redemptionem per sanguinem ejus... et ipsum
dedit caput supra omnem ecclesiam, quae est corpus ipsius et plenitudo
ejus" A1-30.

Dio dunque vuole da tutta l'eternita` santificarci e adottarci per
figli. Ma c'e` un ostacolo, il peccato: peccato di origine, commesso da
Adamo, primo capo dell'umanita`, e trasmesso ai discendenti colla
concupiscenza, legge della carne che ci rende schiavi della legge del
peccato. Ma Dio ha pieta` dell'uomo e gli manda un Redentore, un
Salvatore, il proprio Figlio, Gesu` Cristo, che sara` il nuovo capo
dell'umanita`, e ci riscattera` coll'ubbidienza spinta fino alla morte e
morte di croce. Onde Gesu` diverra` il centro della nostra vita: "mihi
vivere Christus est" A1-31.

I suoi meriti e le sue sodisfazioni ci sono applicati specialmente col
battesimo e con l'eucaristia. Il battesimo ci rigenera, c'incorpora a
Gesu` Cristo, e ci rende uomini nuovi, che, sotto la direzione e
l'azione dello Spirito Santo, devono incessantemente combattere contro
la carne o l'uomo vecchio A1-32. L'Eucaristia ci fa partecipare
piu` copiosamente alla morte e alla vita di Gesu` Cristo, agli interni
suoi sentimenti e alle sue virtu` A1-33.

Ma a fruttuosamente ricevere questi sacramenti, a coltivar la vita
divina da essi comunicataci, bisogna vivere della vita di fede,
"justus meus ex fide vivit" A1-34; riporre ogni confidenza in Dio
e in Gesu`; e specialmente praticar la carita`, ottima fra le virtu`, che
ci accompagnera` anche in cielo A1-35, ma che richiede sulla terra
la crocifissione della guasta natura A1-36.

Tutta quest'ascesi si compendia in una formola che ricorre spesso
sotto la penna dell'Apostolo: incorporarsi ognor piu` a Cristo Gesu`, e
quindi spogliarsi dell'uomo vecchio colle cattive sue inclinazioni e
rivestirsi dell'uomo nuovo con le sue virtu`: "expoliantes vos veterem
hominem cum actibus suis, et induentes novum, eum qui renovatur in
agnitionem secundum imaginem ejus qui creavit illum" A1-37.

A) Bisogna prima di tutto spogliarsi dell'uomo vecchio. a) L'uomo
vecchio, detto pure la carne, e` la nostra natura, non in se stessa ma
in quanto viziata dalla triplice concupiscenza. Onde opere della carne
sono tutti i peccati, non solo i peccati di sensualita` e di lussuria,
ma anche la superbia nelle varie sue forme A1-38.

b) E` stretto obbligo per noi mortificare o crocifiggere la carne,
fondato su due principali ragioni: 1) il pericolo di acconsentire al
peccato e andar dannati; perche` la carne o la concupiscenza, che non
viene distrutta dal battesimo, ci porta violentemente al male e ci
rende schiavi della legge del peccato, se inesorabilmente non la
combattiamo sorretti dalla grazia di Gesu` Cristo: "Quis me liberabit
de corpore mortis hujus? Gratia Dei per Jesum Christum" A1-39;
2) le promesse battesimali: morti e sepolti con Gesu` Cristo nel
battesimo per vivere con lui vita novella, ci obbligammo a schivare il
peccato e quindi a vigorosamente combattere contro la carne e contro
il demonio A1-40; onde la vita sara` una lotta, la cui posta e` la
corona di gloria tenutaci in serbo dal Dio d'ogni giustizia e d'ogni
amore A1-41.

c) A reggerci in questa lotta e renderci la vittoria relativamente
facile, non ostante la nostra debolezza e la nostra incapacita`,
soccorre la grazia di Dio meritataci da Cristo; cooperandovi, siamo
sicuri della vittoria: "Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos
tentari supra id quod potestis; sed faciet etiam cum tentatione
proventum A1-42... Omnia possum in eo qui me confortat".

d) In questa mortificazione vi sono due gradi: 1) prima di tutto cio`
che e` essenziale a schivare il peccato mortale e la dannazione:
"Castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne forte cum aliis
praedicaverim, ipse reprobus efficiar" A1-43; 2) poi cio` che e`
utile alla perfezione come la verginita`, l'umilta` perfetta, l'assoluto
disinteresse A1-44. -- Sotto un altro aspetto S. Paolo distingue
tre gradi di mortificazione: la crocifissione della carne ancor
ricalcitrante, poi una specie di morte spirituale, finalmente il
seppellimento A1-45.

B) Spogliandosi dell'uomo vecchio, il cristiano s'incorpora a Gesu`
Cristo e si riveste dell'uomo nuovo; onde l'uomo nuovo e` il cristiano
rigenerato col battesimo, unito allo Spirito Santo e incorporato a
Cristo, che si studia sotto l'azione della grazia di trasformarsi in
Gesu` Cristo. A ben capir questa dottrina, conviene spiegare qual e` la
parte dello Spirito Santo nell'anima rigenerata, la parte di Cristo e
la parte dell'anima.

a) Lo Spirito Santo, vale a dire tutta la SS. Trinita`, abita
nell'anima del giusto trasformandola in tempio santo: "templum enim
Dei sanctum est: quod estis vos" A1-46. b) Opera in quest'anima,
la muove con la grazia attuale, le da` una filiale confidenza nel Padre
e la fa pregare con singolare efficacia: "Operatur in nobis velle et
perficere... In quo clamamus: Abba, Pater. Spiritua est qui adjuvat
infirmitatem nostram... postulat pro nobis gemitibus
inenarrabilibus" A1-47.

c) Gesu` e` capo d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra e ci da`
il movimento, la direzione, la vita. Col battesimo veniamo incorporati
a lui; e colla comunione ci uniamo alla Passione sua che commemoriamo,
al suo sacrifizio, alla sua vita risuscitata a cui ci fa partecipare,
aspettando di salire con lui al cielo, dove gia` stiamo con la
speranza: "spe enim salvi facti sumus" A1-48. Comunione che poi si
prolunga con una specie di comunione spirituale onde, nel corso
dell'intiera giornata, facciamo nostri i pensieri, gli affetti e i
voleri di Gesu`: "Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo Jesu...
Vivo autem, jam non ego, vivit vero in me Christus" A1-49.
Cosicche` nulla ci puo` separare da Colui che e` il nostro tutto: "Quis
ergo nos separabit a caritate Christi?" A1-50.

d) Ci corre quindi il dovere di tenerci strettamente uniti a Gesu`,
nostro capo, principio della nostra vita, perfetto modello che
dobbiamo continuamente imitare fino a che non siamo trasformati in
Lui. 1) Dobbiamo primieramente imitarne le disposizioni interne,
l'umilta` e l'obbedienza: "Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo
Jesu, qui cum in forma^ Dei esset... exinanivit semetipsum... factus
obediens usque ad mortem... A1-51; la carita` che lo mosse a
sacrificarsi per noi: "dilexit nos et tradidit semetipsum pro
nobis" A1-52; 2) poi il contegno esterno, praticando la modestia,
la mortificazione corporale, la mortificazione dei vizi e delle
passioni, coll'intento di sottometterci piu` intieramente a Gesu` e al
suo Spirito: "Modestia vestra nota sit omnibus hominibus" A1-53...

In quest a imitazione di Cristo ci sono parecchi gradi: si e` dapprima
bambini, pensando, parlando, operando da bambini; poi si cresce e si
diventa uomini perfetti "in virum perfectum, in mensuram aetatis
plenitudinis Christi" A1-54; e finalmente uno si trasforma
intieramente in Cristo: "Mihi vivere Christus est... vivit vero in me
Christus" A1-55; si puo` allora dire ai fedeli: "Imitatores mei
estote sicut et ego Christi" A1-56.

La spiritualita` di S. Paolo non differisce dunque sostanzialmente da
quella dei Sinottici: spogliarsi dell'uomo vecchio e` praticar
l'abnegazione; rivestirsi dell'uomo nuovo e` unirsi a Gesu` Cristo e per
lui a Dio, e` amar Dio ed il prossimo.
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3^ LA SPIRITUALITA` DI S. GIOVANNI.

Negli scritti di S. Giovanni non domina piu` l'idea del regno ne` quella
del disegno santificatore di Dio sull'uomo; domina l'idea della vita
spirituale. S. Giovanni ci fa conoscere la vita interiore di Dio, del
Verbo Incarnato e oi del cristiano.

A) Dio e` vita, vale a dire luce ed amore. E` Padre e da tutta
l'eternita` genera un Figlio che e` il suo Verbo A1-57; e` con lui la
fonte onde procede lo Spirito Santo, Spirito di verita` e d'amore, che
verra` a dar compimento alla missione del Verbo Incarnato trasmessa
agli Apostoli, coi quali rimarra` sino alla consumazione dei secoli a
istruirli e fortificarli A1-58.

B) Questa vita Dio vuol comunicare agli uomini; onde manda sulla terra
il Figlio, che incarnandosi si fa uomo e, comunicandoci la sua vita,
ci rende figli addottivi di Dio A1-59. Uguale al Padre per la
natura divina, altamente proclama la sua inferiorita` come uomo e
l'assoluta sua dipendenza dal Padre: non giudica, non parla, no opera
da se`, ma i giudizi, le parole, le opere conforma al beneplacito di
Dio, mostrandogli cosi` il suo amore A1-60; e si fa ubbidiente fino
a dar la vita per glorificar Dio e salvare gli uomini A1-61.

Rispetto a noi il Verbo Incarnato e`: 1) la luce che ci illumina e ci
guida alla vita A1-62; 2) il Buon Pastore che pasce le pecorelle,
le difende contro il lupo rapace e da` la vita per loro A1-63;
3) il Mediatore necessario senza cui non si puo` andare al
Padre A1-64; 4) la vite di cui noi siamo i tralci che ne ricevono
la linfa o la vita soprannaturale A1-65.

C) Da lui quindi fluira` la nostra vita interiore, consistente in
un'intima e affettuosa unione con lui e per lui con Dio A1-66;
perche` egli e` la via che conduce al Padre A1-67.

a) Unione che si inizia nel battesimo, in cui riceviamo una seconda
nascita, nascita tutta spirituale A1-68, che c'incorpora a Gesu`
come il tralcio e` incorporato alla vite, facendoci produrre frutti di
salute A1-69.

b) Si accresce con la Santa Eucaristia, che spiritualmente ci alimenta
col corpo e col sangue di Gesu` Cristo e quindi pure coll'anima sua,
colla sua divinita`, collintiera sua persona, per guisa che noi viviamo
della sua vita e viviamo per lui com'egli vive per il Padre A1-70.

c) Si continua con una specie di comunione spirituale, onde Gesu`
dimora in noi e noi in lui A1-71; unione cosi` stretta che Nostro
Signore la paragona a quella che unisce lui al Padre: "Ego in eis et
tu in me" A1-72.

D) Unione che ci fa partecipare alle virtu` del divino Maestro e
specialmente all'amor suo per Dio e pel prossimo spinto sino
all'immolazione di se`.

a) Dio ci ama come figli, noi l'amiamo come Padre, e perche` l'amiamo
ne osserviamo i comandamenti A1-73. Onde le tre divine persone
vengono ad abitare nell'anima nostra in modo permanente: "Ad eum
veniemus et mansionem apud eum faciemus" A1-74. Dobbiamo amar Dio
perche` e` amore, Deus caritas est, e perche` ci amo` per il primo,
sacrificando per noi lo stesso suo Figlio A1-75.

b) Dall'amor di Dio deriva l'amor fraterno; dobbiamo amare i fratelli
non piu` solamente come noi stessi, ma come li amo` Gesu`, pronti quindi
a sacrificarci per loro: "Mandatum novum do vobis ut diligatis invicem
sicut dilexi vos" A1-76... "Quoniam ille animam suam pro nobis
posuit, et nos debemus pro fratribus nostris animas ponere" A1-77.
Non formiamo infatti che una sola famiglia spirituale di cui Dio e` il
Padre e Gesu` il salvatore; cosi` stretta dev'essere la nostra unione,
da venir paragonata a quella che corre fra le tre divine persone:
"Sint unum sicut et nos unum sumus" A1-78. Cosi` necessaria e`
questa virtu`, che pretendere d'amar Dio quando non si ama il prossimo
e` menzogna A1-79; mentre invece la carita` fraterna e` il pegno piu`
sicuro della vita eterna A1-80.

S. Giovanni e` dunque l'apostolo della carita`, da lui del resto cosi`
ben praticata. Carita` che e` fondata sulla fede, e soprattutto sulla
fede in Cristo, nella sua divinita` e nella sua umanita`. Carita` che
suppone pure la lotta contro la triplice concupiscenza e quindi la
mortificazione. Onde S. Giovanni si ricollega ai Sinottici e a
S. Paolo, pur insistendo piu` di loro sulla divina carita`.

Cosicche`, secondo i Sinottici, la perfezione consiste nella rinunzia e
nell'amore; secondo S. Paolo, nell'incorporazione a Cristo, che
inchiude lo spogliamento dell'uomo vecchio e il rivestimento del
nuovo; secondo S. Giovanni, nell'amore spinto fino al sacrifizio. E`
quindi quanto al findo la stessa dottrina, ma con varianti e con
aspetti diversi che meglio s'adattano all'indole e all'educazione
delle varie categorie di anime.

II. Lo studio dei caratteri A2-1.

Parlando della conoscenza di se stesso al n. 452, dicemmo che a
conoscersi meglio e` cosa utile studiare i temperamenti e i caratteri.

Due vocaboli che spesso si confondono; ma chi li volesse distinguere,
si puo` dire che il temperamento e` il complesso di tutte le profonde
tendenze derivanti dalla costituzione fisiologica della persona; e il
carattere e` il complesso di tutte le disposizioni psicologiche
risultanti dal temperamento modificato dall'educazione e dagli sforzi
della volonta` e fissato dall'abitudine.

Giova quindi piu` studiare i caratteri che i temperamenti; perche`,
sotto l'aspetto spirituale, il temperamento del corpo conta assai meno
che il carattere dell'anima. Anche gli antichi se ne erano accorti,
perche`, descrivendo i temperamenti, badavano piu` a rilevare le
diffrenze psicologiche che le fisiologiche.

Onde noi qui ci restringeremo alla trattazione dei caratteri,
giovandoci specialmente dell'opera di P. Malapert, Les e'le'ments di
Caracte`re, semplificandone pero` e qualche volta rettificandone le
divisioni. Esporremo brevissimamente:
* 1^ i fondamenti della nostra divisione;
* 2^ i vari caratteri che si possono distinguere rispetto alle
tre grandi facolta` dell'uomo.
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24/10/2013 13:39
 
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1^ FONDAMENTI DELLA DIVISIONE DEI CARATTERI.

A) Volendo specificare le principali tendenze onde sorge la diversita`
dei caratteri, il piu` sodo fondamento e` di attenersi all'ordine delle
diverse facolta` dell'uomo, Lasciando da parte le facolta` della vita
vegetativa, che hanno qui per noi poca importanza, vedremo quali sono
i principali caratteri rispetto alla sensibilita`, rispetto alle
facolta` spirituali, e rispetto alla vita di relazione. Un piccolo
schema fara` capir meglio il nostro pensiero.
* Rispetto alla sensibilita`.
+ Apatici
o Indolenti.
o Energici.
+ Affettivi
o Emotivi.
o Passionati.
* Rispetto alle facolta` spirituali.
+ Cerebrali
o Speculativi puri.
o Intellettuali passionali.
+ Volontari
o Padroni di se`.
o Padroni degli altri.
* Rispetto alla vita di relazione
+ Timidi o riserbati.
+ Attivi
o Irrequieti.
o Uomini d'azione.

B) Prima di spiegar questa divisione si richiedono alcune osservazioni
preliminari:

a) I caratteri che ci facciamo a descrivere non si trovano allo stato
puro: sono ordinariamente mescolati e in gradi assai vari. Cosi` gli
apatici non sono puramente apatici, ma hanno una certa dose di
sensibilita`, vengono pero` indicati da cio` che domina in loro. Vi sono
poi molti gradi cosi` nell'apatia come nella sensibilita`, che la sola
osservazione propria potra` rilevare.

b) Inoltre ogni persona particolare dev'essere esaminata sotto il
triplice aspetto da noi indicato. Cosi` un apatico puo` essere cerebrale
o volontario, come un cerebrale puo` essere attivo o indolente. Bisogna
quindi saper considerare tutti questi vari aspetti e poi farne la
sintesi.

c) I quadri qui tracciati anziche` quadri rigidi sono indici onde il
direttore possa osservare meglio ogni penitente e studiarne le
particolarita`: sarebbe doloroso che, dopo alcune conversazioni, si
desse prematuramente un giudizio definitivo, bisognoso poi di riforma;
solo adagino, con una serie di benevole osservazioni, si riesce a
conoscere il carattere d'una persona. d) E poi non si dimentichi che
alla conoscenza di se` e degli altri si richiedono i lumi dello Spirito
Santo frequentemente e fervidamente invocati.
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24/10/2013 13:40
 
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2^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLA SENSIBILITA`

Tutti siamo dotati di sensibilita`, ma ci sono di quelli che ne hanno
cosi` poca che son detti apatici, altri invece la possiedono in alto
grado e sono gli affettivi.

A) Gli apatici si distinguono per un a depressione anormale della
sensibilita` e del sentimento; hanno pochi desideri, poco ardore, poca
passione. Se ne possono fare due categorie: gli indolenti e gli
energici.

a) Gl'indolenti hanno andatura lenta e goffa. Sono egoisti ma non
cattivi, incuranti, senza gran bisogno d'amare o d'essere amati. Hanno
d'ordinario retto il giudizio, appunto perche` non sono appassionati.
Il lavoro attivo li attira poco; piegandosi al lavoro, riescono meglio
in lavori di pazienza che in quelli di immaginazione e di sentimento;
in collegio fanno bella figura nella scuola.

Sotto l'aspetto spirituale, non si sentono tratti ad alta virtu`, ma
non hanno neppure violenti passioni. Virtuosi finche` non ci sia da
lottare contro gravi tentazioni, non sanno gran resistere gran fatto
alle occasioni pericolose che si presentano, ne` correggersi quando
sciaguratamente abbiano contratto abiti viziosi. Accettano la
direzione che viene lor data, a patto che non se ne richieda alta
perfezione e non si stimolino troppo ad andare avanti.

Non tra costoro si possono trovare le vocazioni religiose o
sacerdotali; non sono fatti che per le professioni tranquille, poco
faticose, compatibili cogli onesti e moderati piaceri.

b) Gli apatici-energici, benche` lenti e pesanti, sono applicati al
lavoro, costanti e metodici negli sforzi, e a furia di paziente
lavoro, arrivano a grandi risultati. Spasseggiano tra i Fiamminghi e
gli Olandesi, ma ce n'e` dappertutto, e l'americano Franklin puo` essere
ascritto a questo tipo.

Sotto l'aspetto intellettuale, hanno poca immaginazione e poco brio,
ma riescono in lavori seri che esigano riflessione, pazienza, lunghe e
metodiche investigazioni.

Sotto l'aspetto morale, non hanno grande ardore ma operano per
convinzione, con instancabile costanza, onde sono capaci di alta
virtu`. Se ne puo` quindi trarre buon partito per lo stato sacerdotale o
religioso, inculcando loro profonde convinzioni, l'amore del dovere
per Dio, ed esigendo sforzi metodici e costanti verso la perfezione.
Sebbene lentamente, andranno sicuramente: "labor improbus omnia
vincit".

B) Gli affettivi invece hanno per carattere il predominio della
sensibilita`: sentono vivo bisogno di amare e di essere amati, in loro
e` il signore il cuore.

Se ne possono distinguere due tipi principali: gli emotivi e gli
appassionati.

a) Gli emotivi o sanguigni hanni, all'esterno, movimenti svelti e
graziosi, sorriso amabile, fisionomia aperta; amano le belle arti, la
musica, la danza. Cio` che interiormente li distingue e` la leggerezza e
una grande instabilita`: si abbandonano facilmente alle piu` varie
emozioni, operano sotto l'impressione del momento e sono quindi
incostanti.

Dotati di viva immaginazione e di cuore ardente, riescono nei lavori
letterari, maneggiano la parola con facilita` ed esercitano sulle
persone che li avvicinano una specie di seduzione.

Sotto l'aspetto morale, si lasciano facilmente andare ai sensuali
diletti, alla ghiottoneria e alla volutta`; ma si pentono presto e
sinceramente delle loro colpe, ricadendovi per altro alla prima
occasione. Buoni e amorevoli, si affezionano a chi li ama, sono
franchi ed aperti in confessione e in direzione, si lasciano
persuadere facilmente e prendono buone risoluzioni che poi presto
dimenticano.

Per la via del cuore bisogna prenderli e darli a Dio. Se si riesce a
fare che amino ardentemente Nostro Signore, se ne puo` trar buon
partito: faranno per amore molti sacrifici che a principio pareva
ripugnassero alla loro natura; per amore s'applicheranno all'orazione,
alla comunione frequente, alla visita al SS. Sacramento, alle opere di
zelo. Ma bisognera` ammaestrarli ad amar Dio cosi` nell'aridita` e nel
dolore come nella consolazione. A poco a poco le loro emozioni, con
l'opera della riflessione e della grazia, si trasformano in
convinzioni; e pur conservando lo slancio, si fanno piu` assidui e
costanti negli sforzi.

Ove non si riesca a infonder loro questa energia e questa costanza,
non si puo` animarli a scegliere uno stato di vita che, come il
sacerdozio, esige una soda virtu`.

b) I passionati, in cui dominano passioni ardenti e profonde, possono
ridursi a tre diversi tipi: i malinconici, gli irritabili, i grandi
passionati.

1) I malinconici sono naturalmente tratti a veder tutto nero, a
fissarsi sul lato difficile e penoso delle cose e ad esagerarlo; sono
quindi inclinati alla tristezza, alla diffidenza, a una specie di
misantropia. Soffrono molto e, senza volerlo, fanno soffrire gli
altri.

Se non cercano consolazione in Dio, che solo puo` confortarli e
attenuarne i tetri pensieri, cadono facilmente mella noia, nello
scoraggiamento o negli scrupoli.

Quindi S. Teresa A2-2 dice che, se la malinconia e` di forma
veramente grave, le persone che ne soffrono non sono atte alla vita
religiosa. Significa infatti uno spiccato predominio
dell'immaginazione e della sensibilita` sulla ragione, onde piu` dopo
qualche tempo degenerare in una specie di pazzia. In ogni caso, ad
attenuare questa morbosa disposizione, bisogna certo trattare i
malinconici con molta compassione ma anche con autorita` e fermezza,
non permettendo che seguano i propri capricci ne` che si lascino
dominar da sospetti; non avendo il giudizio abbastanza retto, e` d'uopo
che si sottomettano ai consigli d'un direttore o d'un amico prudente.

2) Gli emotivi irritabili o impulsivi si lasciano facilmente trarre
alle prime vive impressioni. Coll'anima in continua vibrazione,
passano rapidamente dall'allegria alla tristezza, dalla speranza
all'inquietudine, dall'entusiasmo allo scoraggiamento. Se vengono
contradetti od umiliato, prorompono in atti di collera, in parole e
gesti violenti. Insomma avviene spesso che perdano la padronanza di se`
e maltrattino chi sta loro d'attorno.

A combattere questo difetto, si deve fare energico e costante uso del
potere d'inibizione, infrenar subito i primi moti disordinati,
riflettere prima di operare, riprendere insomma a poco a poco la
padronanza di se stessi.

Chi non riuscisse a dominare abbastanza i nervi e le emozioni, non
pensi al sacerdozio, essendo la collera violenta, al dire di S. Paolo,
vizio redibitorio: "oportet enim episcopum sine crimine esse,... non
iracundum... non percussorem" A2-3.

3) I grandi passionati sono coloro che hanno passioni insieme violente
e durevoli, distinguendosi cosi` dagli emotivi: energici, longanimi,
tenaci, sono ordinariamente ambiziosi e cupidi di potere e di gloria.
Sono fatti per operar gran bene o gran male, secondo che volgono le
passioni a servizio della propria ambizione o al servizio di Dio e
delle anime. Sorgono fra costoro i conquistatori e gli apostoli. Il
mezzo di trar buon partito da queste ricche nature e` di volgerle
vigorosamente verso la gloria di Dio e la conquista delle anime, come
fece Ignazio con Francesco Saverio.
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24/10/2013 13:40
 
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3^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLE FACOLTA` SPIRITUALI

Le persone in cui dominano le facolta` superiori, l'intelligenza e la
volonta`, si dividono naturalmente in due gruppi, i cerebrali e i
volontari, secondo che predomina l'intelletto o la volonta`.

A) I cerebrali o intellettuali sono quelli la cui attivita` e`
concentrata in lavori di mente, e possono essere i speculativi puri o
intellettuali attivi.

a) Gli speculativi puri passano la vita a costruire sistemi
intellettuali; tali furono Kant, Cuvier, Ampe`re. Alcuni speculano pel
solo piacere di speculare, onde cadono facilmente in una specie di
pericoloso dilettantismo che finisce spesso in un certo scetticismo,
come Montaigne e Bayle.

b) Gli altri associano ai lavori mentali qualche ardente passione; vi
sono infatti intellettuali passionati, che agitando idee, vogliono
pure agitar gli uomini, e si appassionano pel trionfo di un'idea o
d'un sistema.

Sono in ambi i casi persone ricche di grandi espedienti. I primi pero`
sono esposti a diventar troppo sistematici, troppo astratti, e a
trascurare i doveri della vita ordinaria. Gli altri hanno bisogno,
come gli emotivi passionati, di volgere la scienza e l'attivita` al
servizio di Dio e della verita`; altrimenti cadono essi e fanno cadere
gli altri in terribili eccessi.

B) I volontari hanno volonta` ferma, tenace, indomabile, e vi
subordinano tutto il resto. Si dividono in due categorie: i padroni di
se` e gli uomini d'azione.

a) I primi adoprano specialmente la propria energia a dominar se
stessi e quindi a padroneggiar le passioni. Percio` lottano con
costante energia a signoreggiar la sensibilita` e sentono lo sforzo e
la premura di frenarsi; onde un certo riserbo e qualche volta pure un
che di rigido accompagnato da diffidenza verso cio` che potrebbe far
loro perdere questa padronanza di se`. Ma, conquistata che l'abbiano
con sforzi costanti, mostrano una mirabile uguaglianza d'animo e sanno
associare la forza colla dolcezza.

Sotto l'aspetto spirituale la cosa piu` importante e` di assoggettare
questa volonta` forte e disciplinata alla volonta` di Dio; cosi` uno
s'accosta a quell'equilibrio delle facolta` che vigeva nello stato di
giustizia originale.

b) Altri poi piu` che a dominar se stessi mirano a dominar gli altri;
vogliono imporre la propria volonta` e governare i propri simili.
Coll'occhio costantemente fisso allo scopo a cui mirano, non si
lasciano disanimar dagli ostacoli e non hanno requie finche` non sono
riusciti a farsi obbedire.

Sono uomini energici e costanti da cui si puo` trarre ottimo partito.
Ma devono disciplinar se stessi prima di disciplinar gli altri;
volgano la propria energia al servizio di Dio e delle anime e
sappiano, nell'esercizio dell'autorita`, associare la dolcezza alla
fermezza.
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4^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLA VITA DI RELAZIONE

Abbiamo qui due tipi ben distinti: i timidi e gli attivi.

A) I timidi diffidano troppo di se`, sono poco intraprendenti, il
timore di non riuscire nell'impresa li rende come inerti. Cosiffatte
persone non riescono bene se non quando sono messi al loro posto,
sorretti e enimati da superiori o da amici che ispirano loro
confidenza e li aiutano ad acquistare una certa franchezza.

Sotto l'aspetto soprannaturale, bisogna inculcare loro grande fiducia
in Dio, ripetendo continuamente che Dio si serve degli strumenti piu`
deboli, purche`, consci della propria impotenza, cerchino appoggio in
Colui che solo puo` fortificarli: "infirma mundi elegit Deus ut
confundat fortia A2-4... Omnia possum in co qui me
confortat" A2-5.

B) Gli attivi hanno naturale tendenza all'azione: intraprendenti,
audaci, forti ed energici, hanno bisogno di effondere l'esuberante
attivita` che si sentono dentro. Ve ne sono due diverse classi: gli
irrequieti e gli uomini d'azione.

a) Gli irrequieti sono talmente accesi di attivita` che non possono
star fermi e vogliono fare ad ogni costo, anche prima d'aver concepito
e maturato un disegno. Fantasticando sempre nuovi progetti, non hanno
tempo di eseguirne neppure un solo; vanno a destra e a sinistra
incapaci di quietare, si agitano, fanno rumore molto e bene poco.
Pronti a rendere servizio a tutti, presto dimenticano cio` che hanno
promesso e si mettono a disposizione di altri.

Onde a correggerli bisogna indurli a riflettere prima di operare, a
maturare i disegni prima di eseguirli, a consultare chi ha maggiore
prudenza ed esperienza; e quando in un affare tutto sia pronto,
dovranno applicarsi a mandarlo ad effetto, condannandosi in questo
frattempo a non intraprendere nulla di nuovo: riflessione e costanza
sono le condizioni necessarie al buon successo.

b) Gli uomini d'azione studiano a lungo i disegni prima di porli ad
esecuzione, discutono attentamente il pro ed il contro, pensano non
solo ai mezzi ma anche agli ostacoli che incontreranno, e tutto
dispongono nell'intento di giungere allo scopo voluto, non ostante le
difficolta`.

E` dote molto preziosa per gli addetti all'azione cattolica e per i
sacerdoti, che conviene saper coltivare con costanza. Onde pero` le
opere anche meglio concepite possano produrre buoni frutti, non
bisogna dimenticare di propiziarsi il Signore con la preghiera e con
la pratica della vita interiore: chi vuol essere cattolico d'azione
cerchi di essere uomo d'orazione. La volonta` umana e la grazia in tal
caso armoniosamente si uniscono a produrre ottimi effetti: "Dei enim
sumus adjutores" A2-6.

Rammentiamo terminando che la maggior parte dei caratteri sono
veramente il risultato di varie combinazioni, e che solo studiandosi
di acquistare le doti non avute da natura, uno riesce a perfezionare
se stesso, ad assestarsi e a dare cosi` tutto il frutto di cui e`
capace. Onde gli apatici debbono sforzarsi di acquistare un poco di
sensibilita`; i cerebrali di coltivare la volonta` e l'azione; i
volontari di riflettere prima di operare e di infondere un poco di
dolcezza nell'esercizio della forza. Collo sforzo e colla grazia di
Dio uno giunge a riformarsi, come si puo` vedere studiando le Vie
spirituali.
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A1-1 P. Pourrat, s. s., La spiritualite' chre'tienne, t. I, p. 1-15.

A1-2 Matth., XXV, 34.

A1-3 Ad. Tanquerey, Syn. Theol. fund., n. 608-611; ove si citano
molti testi a sostegno di questa asserzione.

A1-4 Matth., VI, 9-10; XXVI, 29.

A1-5 Matth., V, 16-45.

A1-6 Matth., XXV, 41.

A1-7 Matth., XI, 27; XIV, 33; XVI, 16; XX, 28; XXV, 31, 34, 40;
Luc., X, 22; XIX, 10; XXII, 20; XXIII, 2, 3.

A1-8 Matth., IX, 13-36; X, 6; XVIII, 12-24; XIX, 14; Marc., II,
16; Luc., XI, 12; ecc.

A1-9 Matth., XXV, 31-46.

A1-10 Matth., IV, 17; Marc., I, 15; Luc., V, 32.

A1-11 Marc., XVI, 16; Matth., XXVIII, 19-20.

A1-12 Matth., V, 48.

A1-13 Luc., IX, 23.

A1-14 Matth., V, 29.

A1-15 Matth., XIX, 16-22; Luc., XIV, 25-27; Matth., XIX, 11-12.

A1-16 Matth., V, 1-12.

A1-17 Matth., XIX, 16-22.

A1-18 Matth., V, 3-12.

A1-19 Matth., XXII, 40.

A1-20 Matth., XXII, 36-40.

A1-21 Matth., VI, 9.

A1-22 Matth., VII, 21.

A1-23 Matth., VI, 26-33.

A1-24 Matth., VII, 7-8.

A1-25 Matth., XXIII, 8.

A1-26 Matth., XXV, 40.

A1-27 Matth., V, 44.

A1-28 Matth., XI, 29.

A1-29 F. Prat, S. J., La Teologia di S. Paolo, T. I, l. IV, c. II
e III; T. II, l. II, c. II, a. II (Salesiana, Torino); Pourrat, s. s.,
La spiritualite' chre'tienne, t. I, p. 25; J. Duperray, Le Christ dans
la vie chre'tienne d'apre`s S. Paul, Lyon, 1922.

A1-30 Ephes., I, 3, 7, 22. Legga tutto il capitolo chi voglia
farsi un'idea dei fondamenti della spiritualita` di S. Paolo.

A1-31 Phil., I, 21.

A1-32 Rom., VI, 4; Ephes., VI, 11-17.

A1-33 I Cor., X, 14-22; XI, 17-22.

A1-34 Rom., I, 17.

A1-35 I Cor., XIII, 1-13.

A1-36 Galat., V, 24.

A1-37 Coloss., III, 10.

A1-38 Rom., VIII, 1-16; Gal., V, 16-25.

A1-39 Rom., VII, 24-25.

A1-40 Rom., VI, 1-23.

A1-41 I Cor., II, 12; IX, 25; Ephes., VI, 11-17; II Tim., IV, 7;
I Tim., VI, 12.

A1-42 I Cor., X, 13; Phil., IV, 13.

A1-43 I Cor., IX, 27.

A1-44 I Cor., VII, 25-34; Phil., II, 5-11; I Tim., VI, 8.

A1-45 "Qui sunt Christi, carnem suam cruxifixerunt... Mortui
estis et vita vestra est abscondita cum Christo in Deo... Consepulti
enim sumus cum illo per baptismum in mortem... (Galat., V, 24;
Coloss., III, 3; Galat., III, 27). Il senso spirituale di questo testo
e` assai bene spiegato dall'Olier, Cate'chisme chre'tien, P. Ia.,
lez. XXI-XXIII.

A1-46 I Cor., III, 17.

A1-47 Philip., II, 13; Rom., VIII, 15-26.

A1-48 Rom., VIII, 24.

A1-49 Philip., II, 5; Galat., II, 20.

A1-50 Rom., VIII, 35.

A1-51 Phil., II, 5-11.

A1-52 Ephes., V, 2.

A1-53 Phil., IV, 5.

A1-54 Ephes., IV, 13.

A1-55 Phil., I. 21; Galat., II, 20.

A1-56 I Cor., IV, 16.

A1-57 Joan., I, 1-5.

A1-58 Joan., XIV, 26; XV, 26; XVI, 7-15.

A1-59 Joan., I, 9-14.

A1-60 Joan., V, 19-30.

A1-61 Joan., X, 18.

A1-62 Joan., I, 9; VIII, 12.

A1-63 Joan., X, 11.

A1-64 Joan., XIV, 6.

A1-65 Joan., XV, 1-5.

A1-66 Joan., XV, 5-10.

A1-67 Joan., XIV, 6.

A1-68 Joan., III, 3.

A1-69 Joan., XV, 1-10.

A1-70 Joan., VI, 55-59.

A1-71 Joan., VI, 57.

A1-72 Joan., XVII, 23.

A1-73 Joan., XIV, 21.

A1-74 Joan., XIV, 23.

A1-75 Joann., IV, 19.

A1-76 Joan., XIII, 34.

A1-77 I Joan., III, 16.

A1-78 Joan., XVII, 22.

A1-79 I Joan., IV, 20-21.

A1-80 Joan., IV, 12-17.

A2-1 Debreyne-Ferrand, La The'ologie Morale et les sciences
me'dicales, Parigi, 1884, p. 9-46; Fouile'e, Tempe'rament et caracte`res,
1895; Paulhan, Les caracte`res, Parigi, 1902; Malapert, Les e'le'ments du
caracte`re et leurs lois de combinaison, 1897.

A2-2 Fondazioni, c. VII, (Versione italiana, T. II, P. II,
p. 23-26). Bene osserva il P. Silverio, in una nota apposta
nell'edizione spagnuola a questo capitolo, che i malinconici dei tempi
di S. Teresa sono i neurastenici o isterici dei nostri giorni
(N. d. T.).

A2-3 Tit., I, 7.

A2-4 I Cor., I, 27.

A2-5 Phil., IV, 13.

A2-6 I Cor., III, 9.
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