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LA NUBE DELLA "NON-CONOSCENZA"

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2013 13:03
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07/09/2013 13:02
 
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10. [Chiamata alla salvezza e chiamata alla perfezione dell’amore contemplativo. La triplice testimonianza del padre spirituale, della coscienza e dello Spirito santo].

Ma ora torniamo a un argomento che è di particolare interesse per te, e per quanti si trovano nelle tue stesse disposizioni.
Mi dirai: se tale è la porta, quando un uomo l’ha trovata deve restare per sempre sulla soglia, o comunque varcarla appena appena, senza mai spingersi più in là? Rispondo io al tuo posto e dico che fa bene a rimanere così, finché non sia stata grattata via, almeno in gran parte, la spessa ruggine della sua rozza materialità, testimoni il suo direttore spirituale e la sua coscienza. Ma soprattutto deve attendere di essere chiamato più all’interno dalla segreta ispirazione dello Spirito di Dio. Tale ispirazione è l’attestazione più rapida e più sicura che uno possa avere in questa vita, per sapere se è chiamato e attirato più all’interno a compiere un lavoro di grazia più particolare.
Un uomo può costatare il tocco speciale della grazia a questo modo: egli sente dentro di sé, durante i suoi continui esercizi, come un soave desiderio sempre crescente di avvicinarsi di più a Dio, per quel tanto che è possibile quaggiù per mezzo di un sentimento spirituale del tutto speciale; e prova lo stesso fervore quando sente altri parlare di questo desiderio o ne trova scritto sui libri. Chi invece, nel sentire o nel leggere qualcosa attinente, il lavoro spirituale, e soprattutto negli esercizi giornalieri, non si sente mosso da un crescente desiderio di avvicinarsi di più a Dio, rimanga fermo sulla porta: ha la vocazione alla salvezza, ma non alla perfezione.
Ti voglio poi raccomandare una cosa, chiunque tu sia a leggere o ad ascoltare questo mio scritto, e in particolare questo punto in cui faccio una distinzione tra quanti sono chiamati alla salvezza e quanti sono chiamati alla perfezione. Quale che sia la tua vocazione, non ti permettere di giudicare o di discutere gli atti di Dio o quelli di un uomo; limitati a esaminare i tuoi. Non ti deve interessare, per esempio, di sapere chi Dio muova e chiami alla perfezione, e chi no; oppure, a proposito del: tempo, perché egli chiami uno più in fretta di un altro. Se non vuoi cadere in errore, non giudicare; ma ascolta e cerca di capire. Se sei stato chiamato, dà lode a Dio e prega di non cadere. Se invece non sei stato ancora chiamato, prega umilmente Dio di chiamarti, quando lui lo vorrà. Ma non pretendere di insegnargli il suo mestiere. Lascia fare a lui. Egli è abbastanza potente, saggio e benevolo per fare ciò che è meglio per te e per tutti quelli che lo amano. Qualunque sia la tua parte, ritieniti soddisfatto. Non c’è motivo che tu ti lamenti: le due parti sono entrambe preziose. La prima è buona e assolutamente indispensabile; la seconda è migliore: chi può ottenerla, la ottenga; o, più esattamente, la ottenga chi vi è portato dalla grazia e chiamato a tanto da nostro Signore. Noi da soli possiamo anche insistere orgogliosamente, ma alla fine inevitabilmente cadiamo; infatti, senza nostro Signore, tutto quello che facciamo è un niente. L’ha detto lui stesso: «Sine me nihil potestis facere». Se non sono io il motore primo e l’artefice principale, e voi solo soggetti passivi e consenzienti, non potete far niente che mi possa piacere perfettamente e in questo modo dovrebbe svolgersi il lavoro di cui parliamo.
Tutto questo lo dico per confondere la sbagliata presunzione di quanti, spinti dall’esuberanza del loro sapere o della loro intelligenza naturale, vogliono essere sempre loro gli artefici principali dei loro atti, lasciando a Dio di acconsentire e di restare passivo, mentre è vero proprio il contrario quando si tratta della contemplazione. In questa materia, tutte le argomentazioni sottili della propria scienza o perspicacia naturale vanno messe da parte, in modo che sia Dio l’agente principale.
Al contrario, nelle questioni attinenti la vita attiva, il sapere dell’uomo e la sua intelligenza naturale devono collaborare con Dio, al quale spetta soltanto di dare il suo consenso spiritualmente, attraverso la testimonianza delle scritture, le indicazioni del direttore spirituale e i costumi che possono variare a seconda della natura, del grado, dell’età e del temperamento di ciascuno. Pertanto, nelle cose della vita attiva nessun uomo deve seguire un impulso spirituale, per quanto possa sembrare piacevole e santo, se questo non ricade nel campo della sua scienza o delle sue capacità naturali, anche nel caso in cui tutti e tre, o uno solo dei testimoni citati prima, dovessero caldeggiarlo con tutte le loro forze. È certamente saggio che un uomo debba essere superiore ai suoi compiti. È per questo motivo che gli statuti e i regolamenti della santa chiesa prevedono che nessuno possa essere ammesso all’episcopato, che è il grado più elevato della vita attiva, senza un serio esame che attesti che l’alto compito cui il candidato è chiamato non è superiore alle sue forze.
Quindi nella vita attiva il sapere dell’uomo e le sue facoltà naturali devono esercitarsi in pienezza, con il consenso e la grazia di Dio, a cui va aggiunta l’approvazione dei tre testimoni. Ed è bene che sia così, perché tutte le cose della vita attiva sono dominate e regolate dalla prudenza umana. Ma nelle cose contemplative, la più alta saggezza che l’uomo possa avere in quanto uomo, viene ricacciata in basso, perché Dio deve essere l’artefice principale; l’uomo deve solo acconsentire e rimanere passivo.
Quindi io interpreto queste parole del vangelo: «Sine me nihil potestis facere, senza di me non potete fare niente», in una maniera per gli attivi e in un’altra per i contemplativi. Quanto agli attivi, Dio consente o lascia fare, o tutt’e due le cose insiemi, a seconda che sia un atto lecito o meno, a lui gradito o no. Quanto ai contemplativi, è lui l’artefice principale, e a loro non chiede altro che di lasciarlo fare e acconsentire. In senso generale, quindi, è senz’altro vero che in tutte le nostre azioni, lecite o meno, attive o contemplative, senza di lui non riusciamo a combinare un bel niente. Egli è con noi anche quando pecchiamo, perché ci lascia fare, pur negandoci il suo consenso: e tutto ciò sarà a nostra dannazione finale, se non ci correggiamo in tempo con umiltà. Quando le nostre azioni riguardano la vita attiva e sono lecite, egli è con noi lasciandoci fare e dandoci il suo consenso: a nostro maggior biasimo se poi indietreggiamo, a nostra maggior ricompensa se invece avanziamo.
Ma in ciò che concerne la vita contemplativa, egli è con noi come motore primo e artefice principale: a noi non resta che acconsentire e rimanere passivi; siamo cosa condotti ad una perfezione più grande e all’unione spirituale della nostra anima con lui in carità perfetta.
Poiché gli uomini a questo mondo si possono dividere in tre categorie: i peccatori, gli attivi e i contemplativi, le parole del Signore si possono applicare a tutti in generale, ed è come se suonassero a questo modo: Senza di me che lascio fare ai peccatori pur negando il mio consenso alle loro opere, che nei riguardi degli attivi lascio fare e acconsento, e che, infine, per i contemplativi sono il motore primo e l’artefice principale, senza di me, dunque, non potete far niente.
Tante parole per un contenuto così semplice! Tuttavia, se mi sono dilungato su questo argomento è per insegnarti in quali casi tu debba esercitare le tue facoltà intellettuali e in quali no; e poi come Dio sia presente in maniera diversa a seconda dei tipi di azione. Può anche darsi che, grazie alla mia illustrazione, tu abbia a evitare degli errori in cui saresti altrimenti incorso.
Ma ora, visto che le ho già scritte, lasciamo da parte le riflessioni che non avevano troppa pertinenza con il nostro argomento, e portiamoci avanti invece con questo.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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