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COME FAR TESORO DEI PROPRI SBAGLI

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 18:16
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10/08/2013 09:46
 
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11.- Evitare il turbamento per rendere più facile la rinunzia al peccato.


E superfluo osservare che in tutti questi avvisi così caritatevoli, non si trova una sola parola che concilii il torpore dell'anima nel peccato. E come si può dormire con un serpe in seno? Come, soprattutto, non rabbrividirà chi è gravemente colpevole, al pensiero che la morte può improvvisamente rendere eterni il rimorso e il castigo? Come non svincolarsi con tutta fretta dalle strette d'un nemico che può ad ogni istante trascinarci in un abisso di disgrazie senza rimedio? E anche trattandosi di peccati veniali, com'è possibile sopportare la vista dell'anima coperta di quelle sozzure che dispiacciono tanto a Dio e carica d'un fardello che la trascina a poco a poco sulla china fatale del peccato mortale?
Ora l'amabile Dottore ci premunisce dal turbamento, precisamente per facilitare il rinnegamento del peccato. Egli sa che con l'agitarsi e l'indispettirsi non si conchiude nulla di buono; da abile medico, egli comprende che, per compiere un'amputazione difficile, conviene accarezzare il malato, anziché trattarlo duramente, e che la riuscita dell'operazione sarà tanto più pronta e sicura, quanto più si farà con posatezza. Ecco perché egli vuole prima di tutto stabilire nell'anima la calma.

12. - Come S. Francesco di Sales mostrava dispiacere pei peccati veniali senza turbarsi per nulla.

Quel che consigliava agli altri, S. Francesco lo praticava egli stesso, e pensiamo che il modo migliore per chiudere questo capitolo sia la citazione di un suo biografo contemporaneo. “Un giorno ebbi la fortuna di parlare con lui di cose spirituali e mi scappò detto che i peccati veniali, per quanto piccoli siano, causano sempre qualche turbamento e inquietudine al cuore. Egli mi corresse subito: -Scusatemi, i peccati veniali, debbono bensì arrecarci dispiacere, ma non mai turbarci o inquietarci. Perché - aggiungeva poi - l'inquietudine è causata dall'amor proprio, il quale s'adira per la pena che trova nell'esercizio della virtù e per la constatazione di essere sempre daccapo a ricominciare; mentre il vero dispiacere dei peccati è un effetto della grazia celeste, la quale c'ispira rincrescimento per aver contristato il divin beneplacito del nostro Creatore.
Ecco quel che egli pensava riguardo al rincrescimento delle colpe giornaliere, ed ecco anche quel che praticava in tante occasioni, chiedendo perdono al Redentore delle sue mancanze, senza però inasprirsi o corrucciarsi minimamente. Anteo, come raccontano i poeti greci, lottando contro Ercole, non cadeva mai a terra, senza poi rialzarsi con maggior forza e vigore di prima. Allo stesso modo il nostro Santo, trovandosi continuamente alle prese colle passioni, se gli accadeva di fare qualche passo falso, si rialzava coraggiosamente e riprendeva con pace e tranquillità la sua impresa, senza mai annoiarsi o disgustarsi” (38).
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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