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10/08/2013 17:53 | |
2. - La confessione e la penitenza rendono l'uomo infinitamente più degno d'onore di quanto il peccato l'abbia reso biasimevole.
“La confessione e la penitenza rendono l'uomo infinitamente più degno d'onore di quanto il peccato l'abbia reso biasimevole” (5). “O Dio! quale contento è per il cuore di un padre amantissimo, udire la figlia confessare umilmente d'essere stata invidiosa e maligna! Come diventa preziosa quest'invidia dal momento che è seguita da un'accusa sincera! La vostra mano, scrivendo quella lettera, compiva un'opera ben più valorosa di quelle fatte da Alessandro” (6).
Il Padre Da Ponte ha sullo stesso argomento delle riflessioni meravigliose. Egli mette in rilievo gli atti di virtù che, nella confessione delle nostre colpe, si moltiplicano addirittura, e non esita a chiamarla opera di virtù sovrumane. E quello che sembra insinuare Giobbe quando protesta davanti a Dio, di non aver mai, come gli altri uomini, nascosto il suo peccato, né celato la sua iniquità (Gb 30, 33).
S. Gregorio afferma che si richiede più coraggio a confessare che a evitare il peccato, e si sa che S. Agostino diceva: “Dio accusa le tue colpe; ma se le accuserai tu stesso, ecco che ti troverai di nuovo a lui unito”.
Ora se si pensa che un peccato commesso una sola volta può diventare, con l'accusarlo cento volte, occasione di virtù e di meriti innegabili, come si avrà sempre più diritto di esclamare: Felix culpa, o colpa felice!
3. - Meravigliosi effetti della contrizione sul peccato.
Le stesse riflessioni si applicano, e a più forte ragione, alla contrizione. Qui l'Autore del Teotimo ci svelerà l'ufficio vivificatore che compie la divina carità col “suo amoroso dolore e amore doloroso”.
“La natura, per quanto io sappia, non cambiò mai il fuoco in acqua, sebbene al contrario, certe acque si mutino in fuoco. Una volta però, Dio fece questo, con un miracolo. Infatti si legge nel libro dei Maccabei (7), che quando gli Israeliti furono condotti in Babilonia, al tempo di Sedecia, i sacerdoti, per consiglio di Geremia, nascosero il fuoco sacro in un pozzo secco, situato in fondo a una valle. Al ritorno dall'esilio, i loro figli andarono a ricercarlo, secondo che loro era stato detto dai padri; ma lo trovarono mutato in acqua fangosa. L'attinsero e, come ordinò loro Neemia, la sparsero sulle vittime pronte per il sacrificio; e appena i raggi del sole nascente l'ebbero toccata, si cambiò improvvisamente in un gran fuoco.
“Ben spesso Dio, in mezzo alle tribolazioni e rimpianti causati da un vivo pentimento, mette in fondo al cuore, o Teotimo, il sacro fuoco del suo amore. Quest'amore poi si cambia in acqua di molte lacrime, le quali, per un secondo mutamento, si cambiano in un nuovo e più grande fuoco d'amore. Così la grande peccatrice penitente dapprima amò il Salvatore, poi l'amore si mutò in lacrime, e queste in puro amore, per cui Gesù disse che le erano rimessi molti peccati, perché molto aveva amato.
Come il fuoco converte il vino in un'acqua che vien chiamata acquavite o anche acqua ardente, perché concentra e nutre con molta facilità il fuoco; così la considerazione amorosa della divina Bontà offesa col peccato, produce nell'anima l'acqua del pentimento, dalla quale nasce poi il fuoco dell'amor di Dio, per cui essa si potrebbe chiamare con parola appropriata acqua di vita e ardente” (8).
“Osservate, o Teotimo, come la diletta Maddalena piange d'amore: Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'han posto; ma quando, tra i sospiri e le lacrime, l'ha trovato se lo tiene e custodisce con amore. L'amore imperfetto lo desidera e lo cerca, la penitenza lo cerca e lo trova, l'amor perfetto lo tiene e se lo stringe. Si dice che i rubini d'Etiopia hanno per natura un fuoco assai pallido, ma se vengono posti nell'aceto splendono e mandano forti bagliori; così l'amore che precede il pentimento: ordinariamente è imperfetto; ma temprato nell'asprezza del pentimento, si rafforza e diventa amor puro” (9).
“Non è giusto che il peccato abbia tanta forza contro la carità, quanta ne ha la carità contro il peccato, poiché mentre il peccato nasce dalla nostra debolezza, la carità nasce dalla potenza divina. Se il peccato abbonda di malizia per rovinare, la grazia sovrabbonda per riparare; e la misericordia con la quale Dio cancella il peccato, trionfa sempre sul rigore della giustizia (Gc 2, 13). Così nelle guarigioni corporali che Nostro Signore operava miracolosamente, non solo ridava la salute, ma aggiungeva nuove benedizioni per far maggiormente risplendere la guarigione sulla malattia: tanto egli è buono verso gli uomini! ” (10).
S. Bernardo parla di un profumo speciale che chiama “profumo della contrizione, unguentum contritionis”. “E quello, dice, che l'anima coperta di molti peccati, si prepara quando, mettendosi a riflettere sul proprio stato, raccoglie, unisce e pesta nel mortaio della coscienza una moltitudine di peccati di ogni specie, e gettandoli poi nella caldaia d'un cuore tutto infiammato, li fa cuocere, per così dire, a fuoco nel pentimento del dolore. Allora essa può ripetere col profeta: Il mio cuore s’è acceso e un fuoco divampa e mi divora, tutte le volte che penso ai miei peccati (Sal 38, 4) (11). La materia di questo profumo non è molto lontana, ma possiamo trovarla senza fatica e raccoglierla in abbondanza nel nostro giardino, tutte le volte che ne abbiamo bisogno. Chi infatti - a meno di farsi illusioni - non trova in se stesso un cumulo più che sufficiente di peccati e d'iniquità?” (12). |