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CORSO BIBLICO SUI PROFETI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2012 23:45
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15/11/2012 23:12
 
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Osea

Affrontiamo la conoscenza di questo secondo profeta scrittore che è veramente eccezionale.

Seguiremo lo schema adoperato per Amos: daremo uno sguardo alla situazione politica, religiosa ed economico-sociale in cui opera il profeta e da questo cercheremo di trarre notizie sulla sua persona. Conosceremo poi il messaggio di Osea leggendo alcuni brani del suo libro.

Osea vive in una situazione politica molto diversa da quella dell'epoca del benessere, di opulenza in cui operò Amos.

Egli inizia il suo ministero negli ultimi anni del regno di Geroboamo II, proprio quando si erano manifestate grandi difficoltà per Israele e si era indebolita la monarchia a tal punto che dopo la morte di questo re si succederanno sul trono, in circa trent'anni, ben sei monarchi (Zaccaria, Sallùm, Menachem, Pekachia, Pekach e Osea), quattro dei quali

arrivati al potere con la violenza.

Il primo successore di Geroboamo II è suo figlio Zaccaria che regna per pochi mesi perché viene ucciso da Sallùm, il quale sale così al trono e vi rimane soltanto un mese in quanto, a sua volta, è ucciso da Menachem che prende in tal modo il suo posto. Veramente Israele è in mano a forze centrifughe che lo disgregano.

Lettura di 2 Re cap. 15,8-20

Il peccato di Zaccaria è stato, soprattutto, quello dell'idolatria. Nel v. 16 sono descritte le efferatezze compiute dal re Menachem.

Cambiano le dinastie, cambiano le persone, ma rimane 1'infedeltà dei re al Signore.

Durante il regno di Menachem avviene la prima invasione di Israele da parte degli assiri e il re israelita è costretto a versare un gravoso tributo al sovrano assiro per poter mantenere il trono. Finisce, così, 1'epoca del benessere nel regno del nord in quanto Menachem, dopo aver tassato i poveri, deve chiedere un consistente tributo anche alle persone facoltose.

Completare la lettura del cap.15

L'Assiria ritrova la sua stabilità attraverso un colpo di Stato militare che nel 745 a.C. porta al trono Tiglat-Pilèzer III (nel v. 19 viene indicato con il nome di Pul). Proprio a questo re aveva versato il suo tributo Menachem, così come avevano fatto anche i sovrani dei piccoli stati della zona.

Alla morte di Menachem sale al trono Pekachia il quale, dopo due anni, viene ucciso da Pekach che "si proclamò re al suo posto"(v. 24).

Costui, uomo orgoglioso, per sottrarsi al pagamento del tributo dovuto agli assiri, cerca di allearsi con i regni vicini e in particolare con la Siria (Aram) e con Giuda. Poiché il re di Giuda non aderisce all'alleanza proposta, i re di Israele e di Siria gli muovono guerra: è la guerra siro-efraimita.

Il monarca del regno del sud, allora, chiama in suo aiuto il re assiro Triglat-Pilèzen III che interviene occupando tutto il regno di Siria e gran parte del territorio d'Israele (Galilea e Galaad).

Pekach viene poi ucciso da Osea che gli subentra come re. Ormai il regno d'Israele si è molto ridotto avendo perso, tra 1'altro, la parte più fertile del suo territorio, cioè la Galilea.

Il re Osea, divenuto vassallo dei re di Assiria, cessa, ad un certo momento, di pagare il tributo provocando la reazione del sovrano assiro Salmanassar V che invade quanto era rimasto di Israele - cioè la Samaria -, imprigiona Osea; distrugge la capitale e deporta buona parte della popolazione in Assiria sostituendola con dei coloni provenienti dai suoi territori. La distruzione del regno di Samaria è avvenuta nel 722 a.C.

Da quel momento nella Samaria si costituisce una popolazione etnicamente e religiosamente ibrida proprio a causa della commistione fra i coloni assiri e i pochi israeliti rimasti. Gli abitanti di questa regione saranno chiamati samaritani e ad essi si farà più volte riferimento nei Vangeli.

In particolare da Giovanni (cap. 4) sappiamo dell'incontro, al pozzo di Sicàr, della samaritana con Gesù il quale le dice: “Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero.” (vv. 17 e 18).

A questo fatto reale 1'evangelista attribuisce un significato simbolico: la donna rappresenta il popolo samaritano che ha adorato cinque divinità. Si tratta di un popolo politeista che arnva poi a praticare una religione ibrida in cui si mischiano Jahve e queste cinque divinità. Jahve rimane la divinità suprema, ma non si può parlare di jàhvismo puro.

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I samaritani avevano, infatti, un loro tempio e proprie tradizioni e osservavano una legge che non era identica a quella di Mosè ("...quello che hai ora non è tuo marito...").

Ricordiamo in proposito il simbolismo sponsale: il popolo è la sposa (nel nostro caso una donna infedele) e Dio è lo sposo. Abbiamo, in realtà, un caso di concubinato: una donna "non" sposa con dei "non" mariti (le cinque divinità).

Sappiamo che, anche ai tempi di Gesù, la Samaria era considerata un territorio quasi da evitare proprio per tutti i motivi ai quali abbiamo accennato.

Nell'ultima epoca del regno del nord, in cui maggiore era la decadenza, si era diffuso sempre di più il culto delle divinità cananee legate alla fecondità del suolo.

Ripensiamo alle vicende di Caino e di Abele, che rappresentano, rispettivamente, gli agricoltori sedentari e i pastori nomadi, in cui è implicita la condanna della sedentarizzazione del popolo. Caino è 1'agricoltore malvagio che offre in sacrificio al Signore gli scarti ed è talmente invidioso da uccidere il fratello che, invece, è il pastore. Abbiamo una rilettura dell'epoca dell'Esodo quando il popolo migrava, in quanto costituito da pastori; epoca nella quale nacquero le grandi festività. E' evidente una polemica fortissima contro la sedentarizzazione del popolo di Israele che, quando cessa di essere nomade, tende a cambiare religione.

Jahve è il Dio dei pastori, il Dio forte che accompagna il suo popolo. E' un Dio a volte duro, anche crudele. Pensiamo a come nasce la festa della Pasqua: nasce dal rito del sangue dell'agnello spruzzato sulle tende a protezione dagli spiriti malvagi.

La sedentarizzazione porta evidentemente all'esigenza di una divinità che procuri la pioggia necessaria e che impedisca la carestia. Ecco, allora, che Jahve comincia a trasformarsi e diventa il Dio non solo dei pastori, ma anche degli agricoltori: il Dio dell'universo.

Osea sposa una prostituta. Lettura di Os. 1,2-3

Siamo di fronte ai gesti simbolici (e ne troveremo tanti altri) dei profeti che, come in questo caso, coinvolgono una vita: " va, prenditi in moglie una prostituta....".

Ecco, il profeta non solo predica per gli altri ma rimane coinvolto dalla parola di Dio che gli cambia il modo di vivere. Sottolineo 1'obbedienza di Osea che, però, non viene compresa dal popolo ("...un pazzo è il profeta" Os. 9,7).

Non sappiamo di preciso in quali luoghi Osea abbia operato, anche se appare certo che abbia svolto la sua missione nel nord. Si tratta di un profeta itinerante che non parla mai di Gerusalemme e della Giudea. Secondo alcuni indizi contenuti nei libri delle Cronache la predicazione di Osea era conosciuta nel regno del sud.

Soffermiamoci ora sui punti salienti del messaggio del nostro profeta. Lettura di Osea 4,1-3.

Primo elemento importante del messaggio di Osea, che riprende in certo qual modo quello di Amos, consiste nella denuncia della corruzione e delle ingiustizie (elemento sociale).

Questa denuncia scaturiva dalle esigenze di Dio, dal rispetto della sua legge. Immaginiamo, poi, quale fosse la corruzione nel regno del nord, nel clima politico confuso e poco stabile che abbiamo prima esaminato per sommi capi.

Secondo elemento ugualmente importante è la critica del culto. Lettura di Os. 8,11-14.

Il popolo israelita crede nella propria potenza, ma non crede più nel Signore.

Come Osea, tutti i profeti denunceranno e condanneranno il culto esteriore. Sottolineamo il contenuto del v. 11: "Efraim ha moltiplicato gli altari, ma gli altari sono diventati per lui un'occasione di peccato". Siamo al sacrilegio. (Attualizziamo: è sacrilegio accostarsi alla Comunione in peccato mortale)

Lettura di Os. 6,4-6

Il culto esteriore, superficiale e falso, ha veramente un peso nel messaggio del nostro profeta.

L'originalità del messaggio di Osea sta nella fortissima condanna dell'idolatria sia culturale che politica. Ancora a proposito dell'idolatria culturale leggiamo '

Osea 10,1-10.

Qui si parla della vite e degli altri prodotti della terra. Mi viene spontaneo pensare all'offertorio della Messa. Nel pane e nel vino che io offro e che poi consacro sono davvero presenti 1'universo e il lavoro di tantissimi uomini. Secondo le attuali norme liturgiche, la formula dell'Offertorio andrebbe recitata chiaramente dal celebrante senza alcuna sovrapposizione di canto.

Una sottolineatura merita il v. 5 in cui incontriamo un elemento nuovo: il vitello di Bet-Avèn (idolatria cultuale). Noi ricordiamo che nei geni del popolo israelita è presente 1'idolatria del vitello d'oro (Esodo 32).

Geroboamo I al tempo della separazione dei due regni aveva fatto forgiare la statua di un vitello che avrebbe dovuto soltanto simboleggiare la presenza di Jahve. Con il passare del tempo il popolo e anche i sacerdoti avevano però cominciato a considerare quel vitello non più come il segno della presenza di Jahve ma come ciò che Lo rendeva presente: Dio veniva identificato con quella statua. Siamo nella totale idolatria, maledetta più volte nei salmi. Israele contravveniva, così, gravemente al comandamento fondamentale che impediva di farsi immagini di Jahve.

Lettura di Esodo 20,1-6 per constatare la gravità di questo peccato. Israele ha commesso il peccato più grave in assoluto: si è prostrato davanti a un idolo ritenendo che fosse Jahve stesso.

Sempre a proposito dell'idolatria cultuale si puo' leggere anche il cap. 13 di Osea.

Consideriamo, ora, 1'idolatria politica.

Lettura di Os. 7,8-16 e 8,1-4.

In un periodo difficile, come quello attraversato da Israele, 1'idolatria politica consisteva nel ricercare la salvezza non nell'accordo con Dio, nell'alleanza con Lui, ma nell'aiuto di una delle potenze confinanti e tra loro nemiche (mi alleo con 1'Egitto o con 1'Assiria?). La politica aveva perso qui la sua dimensione naturale perché non era considerata come emanazione di Dio di cui il re sarebbe dovuto essere il luogotenente. Al contrario, i sovrani si comportavano, per primi, da opportunisti, come se Jahve non esistesse. E, allora, le nazioni di Egitto e di Assiria apparvero come nuove divinità. Ecco, 1'idolatria politica.

Questa di Osea è una denuncia gravissima. Il nostro profeta, ovviamente, ritiene che le due divinità politiche (Egitto o Assiria) non possano assolutamente salvare il regno di Israele che presto, infatti, verrà distrutto.

Osea - continuazione

Riassumo brevemente la lezione precedente: 1'originalità di Osea consiste nella forte condanna dell'idolatria cultuale e dell'idolatria politica, in particolare, per 1'effetto della quale 1'Assiria e 1'Egitto si sostituiscono a Dio.

Un altro elemento importante per il nostro profeta, come per molti altri, è costituito dall'analisi del passato. Parecchi profeti, infatti, vedono nel passato la realizzazione del rapporto perfetto tra Jahve e il suo popolo. Notiamo che a partire dal cap. 9 è presente questa analisi che, però, in Osea ha un sottofondo che affiora in continuazione: tutto il passato è percorso dall'azione di Dio che cerca in ogni modo di salvare il suo popolo, il quale, invece, continua a resistergli.

Lettura di Osea 1l,l-6

Nei primi versetti il nostro profeta usa, a proposito di Jahve, 1'immagine dell'amore paterno, mentre nel v. 3 esprime addirittura un sentimento materno: "Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano...".

Ecco, il passato consiste proprio in un cammino: da una parte Dio che tenta di salvare il popolo e dall'altra il popolo che non si converte. '

Ultimo elemento da prendere in considerazione, e che appare come una svolta epocale, è 1'uso, da parte di Osea, dell'immagine sponsale per descrivere i rapporti fra Dio e il suo popolo. L'immagine si trova già nel cap. 1 nei versetti in cui si parla del matrimonio del profeta con una prostituta, segno di un Dio fedele che ha per sposa un popolo che è come una prostituta.

Questo tema viene sviluppato soprattutto nel cap. 2,4-15 (lettura). Nella prima parte del brano abbiamo un Dio che castiga ma dal v. 16 in poi cambia completamente la prospettiva. Lettura dei vv. 16-25.

Soffermiamoci sul v.17b: vi troviamo il ricordo dell'Esodo ("Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto."), 1'epoca in cui il popolo cantava, il Dio amava e il suo popolo corrispondeva.

Ecco, il profeta Osea si apre alla speranza: Dio è paziente e la sua fedeltà porterà alla conversione. Il Signore ci converte con la sua fedeltà e con la sua pazienza.

Lettura del cap. 11.7-12

Il brano richiama la parabola del figliol prodigo (Lc. 15,11-32) che è paragonabile a questo popolo che ritorna a Dio, il quale non si stanca mai di aspettarlo e lo riaccoglie sempre. Siamo di fronte a una grande intuizione profetica. I profeti erano veramente uomini di Dio e la loro esperienza di Dio non era semplicemente mistica e astratta ma si fondava, innanzi tutto, nella storia.

Possiamo ribadire che il Signore, nonostante molte infedeltà, non ha mai abbandonato il suo popolo e gli è stato fedele. Anche noi dovremmo imparare dai profeti a guardare la storia, nostra e dell'umanità, per comprendere Dio. La fede e la storia non procedono su due piani paralleli che, quindi, non si incontrano mai. La nostra fede permea tutti gli ambiti della vita, perché è storica. La nostra vita non può che essere impostata in ogni suo aspetto sulla base della nostra fede.

Lettura del cap. 13,1-11 ("Castigo dell'idolatria" e "Castigo dell'ingratitudine"; "Fine del regno").

Lettura di Osea 14,2-10

L'ultima nota del libro di Osea è positiva: il popolo si convertirà e il suo rapporto con Jahve tornerà ad essere come quello descritto nell'ultima parte del cap. 2. Ecco, allora, i profeti ci appaiono anche quali uomini di speranza.

Dopo aver conosciuto due profeti del regno del nord (Amos e Osea) ci accosteremo ai profeti del sud, i quali, operando in altro ambiente, si presentano, per alcuni aspetti, con caratteristiche diverse.

Scorriamo la nostra tabella cronologica e notiamo che il primo profeta del regno del sud è Isaia, definito da alcuni studiosi come il Dante Alighieri dell'ebraismo.

 

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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