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CURIOSITA'

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2023 18:52
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21/03/2015 11:06
 
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Copernico.

Furono i Protestanti e non la Chiesa cattolica, contrariamente a quanto si pensa, i primi a scagliarsi contro l'astronomo polacco, il canonico Nicola Copernico. Come è noto, nel suo De revolutionibus, pubblicato postumo nel 1543, si affermava la centralità del Sole e non della Terra.

Martin Lutero (1483-1546), in uno dei suoi ben noti Discorsi a tavola, definì Copernico "un astrologo da quattro soldi [...], un insensato che vuole sovvertire l'intera scienza astronomica". Dopo di lui, un altro autorevole rappresentante della Riforma protestante, Filippo Melantone (1497-1560) giudicava una "mancanza di dignità e onestà sostenere pubblicamente tali concetti, un esempio pericoloso". Anche Giovanni Calvino (1509 - 1564) lanciava sfide contro Copernico chiedendosi: "Chi avrà l'ardire di porre l'autorità di Copernico al di sopra di quella dello Spirito Santo?".
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12/05/2015 15:15
 
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Mozambico. Un volto di gioia,
la storia di Anisio e della sua famiglia

Chamanculo C, è uno dei quartieri marginali, più antichi e problematici della capitale del Mozambico, dove i problemi economici e social segnano spesso una triste realtà, nonostante gli sforzi delle autorità locali e della società civile per risolverli.
Fondazione AVSI lavora all’interno del quartiere nel Centro Comunitario costruito dal Comune di Maputo, che ospita numerose attività rivolte alla comunità.

Anisio Abilio Langa, 17 anni, dallo sguardo timido e paziente, vive in una delle strade del quartiere dove lavora e alleva polli spesso però troppo piccoli per arrivare entro i temini stabiliti alla vendita a causa della mancanza di denaro per dar loro da mangiare.

Anisio è uno dei tanti ragazzi che vivono a Chamanculo C, ama guardare la televisione, passare il tempo com i suoi amici e fratelli. Quando può lavora anche a chiamata come operaio per arrotondare e affrontare i bisogni di casa.
La sua famiglia è una delle tante del quartiere che vive in condizioni di estrema povertà, povertà igienico-sanitari, povertà di vita, povertà sul lavoro e povertà di educazione.

Anisio conosce bene la parola sacrificio, troppo presto ha dovuto lasciare lo studio perche in famiglia non avevano soldi per pagare la retta scolastica, sua mamma contadina e suo papà molto anziano non sono riuscititi con il loro piccolo salario a garantire un’educazione per i figli.

Un giorno Anisio, venuto a conoscenza del progetto “Il mondo del lavoro” implementato nel quartire da AVSI e finanziato dall’Unione Europea, chiede subito di poter partecipare. Dopo la prima visita degli operatori del progetto a casa sua, Anisio contatta il Centro di Orientamento Professionale San Giuseppe, per iniziare un corso di formazione e di sviluppo.
Ha iniziato così il corso all’interno del progetto ricevendo una formazione umana e professionale che mira a promuovere la motivazione al lavoro nei giovani e la capacità di credere in se stessi. Dopo questa formazione è stata seguito da un tutor per organizzare un piano di lavoro per gestire meglio la sua attività di allevamento dei polli.

Grazie al progetto finanziato dall’Unione Europea ha inoltre ricevuto un aiuto finanziario che gli ha permesso di ampliare il suo pollaio e di alimentare in modo regolare i pulcini allevati.
Grazie a questo sostegno Anisio ha sviluppato sempre di più la sua attività riuscendo così a prendersi cura della sua famiglia.

“Non posso che essere grato alla persone del progetto che mi hanno sostenuto, che hanno creduto nel mio lavoro e mi hanno aiutato a decidere. Ora sono io che posso aiutare i miei genitori e ho intenzione di tornare a scuola l’anno prossimo”

 


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13/06/2015 22:09
 
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Il Volto misterioso delle Rocche di Borzone. La Sindone, i monaci? Giammai, strepitano i laicisti



Paolo Vites intervista lo studioso Duilio Citi


 


 


 


Con i suoi sette metri di altezza e quattro di larghezza è in assoluto la scultura rupestre su roccia più grande d'Europa e forse del mondo. E' un mistero che dura da secoli e che oggi, grazie agli studi del professor Duilio Citi, trova nuove emozionanti sviluppi. Sui monti della Val Penna, a pochi chilometri nell'entroterra dalle cittadine costiere turistiche di Chiavari e Sestri Levante, in Liguria, si erge un'incredibile testimonianza avvolta appunto in un mistero su cui forse solo oggi si comincia a far luce.


Ad accorgersene per primo in epoca moderna un assessore del comune di Borzonasca (Armando Giuliani) che stava facendo dei rilievi per la costruzione di un nuovo percorso stradale. E' il 1965 e la notizia appare anche sulla stampa. Il Corriere Mercantile del 1° febbraio1965 scrive: "…un colossale volto di uomo è apparso impresso su di una parete rocciosa, facente parte del gruppo montuoso denominato Rocche di Borzone".


Un volto inequivocabile spuntava su quella roccia. L'assessore fece disboscare al meglio la collina perché la roccia fosse il più possibile visibile. Ma quel volto era opera d'uomo o una configurazione formatasi in modo naturale, come succede spesso? E chi raffigurava quel volto? Duilio Citi, che da diversi anni studia il caso, ci dice di un ex abate della vicina abbazia di Borzonasca che sempre negli anni sessanta si recò ai piedi della roccia, la toccò e poté accertarsi che si trattava di opera di mani d'uomo, si poteva capire dove era passato lo scalpello e dove no, toccando la roccia. Ma Duilio Citi ha alimentato questo mistero scoprendo un'impressionante analogia con la sacra Sindone di Torino: "Non si può negare che il volto di Zolezzi assomigli alla Sindone compresi i segni della passione sul viso stesso".


 


Professore, davanti a questa immagine le obiezioni sono essenzialmente due: è opera dell'uomo o della natura? E nel primo caso, a quando risale?


Di quest'opera, perché di un'opera si tratta, pochi si sono limitati a vederne il frutto dell'erosione naturale della roccia. La maggior parte di coloro che se ne sono interessati hanno constatato la lavorazione da parte dell'uomo. Don Vittorio Gotelli, canonico della cattedrale di Chiavari che negli anni sessanta è stato parroco e abate di Borzone, è salito a toccarla riconoscendo e distinguendo molto bene la parte della roccia lavorata da quella ancora grezza. Chi scrive, in una serie di diapositive 135 mm fatte parecchi anni fa, ha constatato il confine netto tra la parte del volto vero e proprio e la parte esterna rimasta naturale.


 


E nel primo caso? Su wikipedia ad esempio si dice che si tratti di una scultura paleolitica, risalente tra i 20mila e i 12mila anni fa.


Purtroppo è quanto si legge quasi ovunque, un'indicazione chiaramente di parte che risale a quando il comune di Borzonasca incaricò un giornalista di scrivere un libro, con l'intenzione palese di escludere il coinvolgimento dei monaci nella realizzazione dell'immagine. 


 


In effetti non esistono testimonianze di sculture rupestri risalenti al Paleolitico fatte in questo modo, cioè un ritratto frontale…


Infatti. Tutte le immagini risalenti a quelle epoche sono sempre dei volti molto stilizzati, pensiamo ad esempio alle sculture dell'Isola di Pasqua. Nel libro di cui dicevo prima, l'autore pone a dimostrazione della sua tesi una testa ritrovata in Corsica che secondo lui sarebbe analoga al volto di Zolezzi. Per prima cosa le misure sono imparagonabili, la testa trovata in Corsica è di appena quaranta centimetri e poi anche in questo caso abbiamo un ritratto stilizzato che non è assolutamente un ritratto. C'è poi un altro dato indicativo: a lungo davanti a questo volto nella roccia le popolazioni della valle si sarebbero trovate a pregare e ringraziare, una sorta di pellegrinaggio persosi nel tempo quando i monaci di Borzone vennero allontanati dalla loro Abbazia.


 


Chi ha scolpito allora quel volto?


Io, ma non solo, sosteniamo che siano stati i monaci dell'Abbazia di Borzone, intorno all'anno mille o anche prima, nel IX secolo dopo Cristo. E il volto che si vede è quello del Cristo, con un'impressionante somiglianza al il volto della Sindone.


 


Come potevano quei monaci di un posto tanto isolato conoscere il volto della Sindone? Avevano visto una copia? Si erano basati su informazioni orali dell'epoca?


Va intanto detto che la somiglianza tra i due volti è del tutto certa. Mi aveva sempre colpito la somiglianza, ma in queste ultime settimane ho provato a sovrapporre le due immagini dopo avere fatto due negativi. Ho fatto le scansioni, li ho sovrapposti e sono venuti esattamente uguali. Più osservi la scultura rupestre e più ti accorgi di cose nuove. Lo zigomo destro gonfio, ad esempio, esattamente come quello della Sindone con il gonfiore che va sopra l'occhio. Pensavo fosse un particolare non finito, invece è proprio identico all'occhio destro della Sindone. Vista la coincidenza tra il volto della Sindone e quello della sindone di pietra si può dire con quasi assoluta certezza che gli "scultori" hanno copiato il volto della sindone o la sua "fotocopia".


 


Chi non è d'accordo dice anche che il volto dà le spalle all'Abbazia, cosa che i monaci non avrebbero fatto.


Invece è giusto così. Si tratterebbe infatti di un ex voto dei monaci dopo che avevano finito l'evangelizzazione di quelle valli e il volto guarda proprio la valle dove allora e ancora oggi vive più gente che nella zona dell'abbazia.


 


Si parla di piccole sculture, piccoli volti somiglianti a quello della scultura rupestre che nei secoli scorsi gli abitanti della valle includevano sui portoni di casa. Le risulta?


Queste sono scoperte recentissime, degli ultimi due o tre anni, ma non assomigliano alla sindone di pietra. Questi volti, dalle apparenze minacciose che possono anche ricordare il volto di un saraceno (ai tempi scorrazzavano per le coste liguri arrivando anche nell'entroterra, una sorta di Isis del Medioevo) vennero messi durante la costruzione del monastero sui magazzini del monastero stesso a guardia di coloro che scaricavano merci. Allora da Rapallo fino alla Fontanabuona passando da Borzone si portavano sale e altre merci e questo volto inserito tra due portali del magazzino era una sorta di minaccia: voi che scaricate le spezie non rubatele. Ma si tratta di due cose diverse rispetto alla scultura rupestre.


 


C'è davvero tanto di affascinante e da scoprire in queste zone oggi semi abbandonate della Liguria, una storia ricca di fatti ed eventi.


La cultura odierna tende a frantumare, spezzettare tutto. Se vediamo una cosa per volta facciamo critiche e osservazioni che rimangono fini a se stesse. Ma se le opere e i fatti li colleghiamo impariamo a vederli come un insieme. In questo modo queste testimonianze, se ammettiamo che sono tutte della stessa epoca, e le osserviamo, possiamo capire dopo una verifica quale si scarta da sola. 


 


Certo viene da chiedersi come uomini di un'epoca tanto antica abbiano potuto fare una tale scultura. Anche oggi non sarebbe facile. 


Ho girato molti paesi, ho osservato sculture analoghe ad esempio fatte nella roccia in Giordania. Certamente non fu un lavoro facile, anzi, ma basta mettere un ponteggio in alto e poi calarsi verso il basso lavorando sulla roccia. Una fatica notevole, ma i monaci potevano giungere qui direttamente dal monastero attraverso un percorso che non era neanche troppo in salita. Si alzavano la mattina e poi passavano la giornata a lavorare sulla roccia. 


 


Rimane l'interrogativo di come questi monaci fossero a conoscenza dell'immagine della Sindone. Quando la Sindone venne portata via da Gerusalemme?


Intorno al 600 dopo Cristo, quando i musulmani cominciavano ad avvicinarsi.


 


Che via hanno intrapreso i portatori della Sindone?


Si dovrebbe escludere la via per mare perché più pericolosa per la Sindone: in caso di naufragio sarebbe andata perduta per sempre.


 


Quindi si scelse la via di terra.


Il viaggio venne pianificato minuziosamente. In ogni località che si era deciso di toccare, la Sindone rimaneva esposta alla venerazione del popolo residente, ma anche ai "viaggiatori" essendo, quella prescelta, una strada di grande comunicazione. Gli unici pericoli che può avere una tela di lino, oltre a quello del naufragio, erano quelli accidentali, frutto di una trascuratezza nella custodia. Non erano sicuramente i furti a preoccupare perché non avendo alcun valore venale — non era intessuta di fili d'oro, né aveva pietre preziose a decorarla, — sicuramente non interessava ai ladri.


 


Noie solo accidentali, come lo smarrimento oppure il rimanere coinvolta in un incendio… come in seguito è successo.


Queste sono scoperte recentissime, degli ultimi due o tre anni, ma non assomigliano alla sindone di pietra. Questi volti, dalle apparenze minacciose che possono anche ricordare il volto di un saraceno (ai tempi scorrazzavano per le coste liguri arrivando anche nell'entroterra, una sorta di Isis del Medioevo) vennero messi durante la costruzione del monastero sui magazzini del monastero stesso a guardia di coloro che scaricavano merci. Allora da Rapallo fino alla Fontanabuona passando da Borzone si portavano sale e altre merci e questo volto inserito tra due portali del magazzino era una sorta di minaccia: voi che scaricate le spezie non rubatele. Ma si tratta di due cose diverse rispetto alla scultura rupestre.


 


C'è davvero tanto di affascinante e da scoprire in queste zone oggi semi abbandonate della Liguria, una storia ricca di fatti ed eventi.


La cultura odierna tende a frantumare, spezzettare tutto. Se vediamo una cosa per volta facciamo critiche e osservazioni che rimangono fini a se stesse. Ma se le opere e i fatti li colleghiamo impariamo a vederli come un insieme. In questo modo queste testimonianze, se ammettiamo che sono tutte della stessa epoca, e le osserviamo, possiamo capire dopo una verifica quale si scarta da sola. 


 


Certo viene da chiedersi come uomini di un'epoca tanto antica abbiano potuto fare una tale scultura. Anche oggi non sarebbe facile. 


Ho girato molti paesi, ho osservato sculture analoghe ad esempio fatte nella roccia in Giordania. Certamente non fu un lavoro facile, anzi, ma basta mettere un ponteggio in alto e poi calarsi verso il basso lavorando sulla roccia. Una fatica notevole, ma i monaci potevano giungere qui direttamente dal monastero attraverso un percorso che non era neanche troppo in salita. Si alzavano la mattina e poi passavano la giornata a lavorare sulla roccia. 


 


Rimane l'interrogativo di come questi monaci fossero a conoscenza dell'immagine della Sindone. Quando la Sindone venne portata via da Gerusalemme?


Intorno al 600 dopo Cristo, quando i musulmani cominciavano ad avvicinarsi.


 


Che via hanno intrapreso i portatori della Sindone?


Si dovrebbe escludere la via per mare perché più pericolosa per la Sindone: in caso di naufragio sarebbe andata perduta per sempre.


 


Quindi si scelse la via di terra.


Il viaggio venne pianificato minuziosamente. In ogni località che si era deciso di toccare, la Sindone rimaneva esposta alla venerazione del popolo residente, ma anche ai "viaggiatori" essendo, quella prescelta, una strada di grande comunicazione. Gli unici pericoli che può avere una tela di lino, oltre a quello del naufragio, erano quelli accidentali, frutto di una trascuratezza nella custodia. Non erano sicuramente i furti a preoccupare perché non avendo alcun valore venale — non era intessuta di fili d'oro, né aveva pietre preziose a decorarla, — sicuramente non interessava ai ladri.


 


Noie solo accidentali, come lo smarrimento oppure il rimanere coinvolta in un incendio… come in seguito è successo.

Era facile da portare: leggera, piegata sempre con la parte del viso in vista, così veniva esposta, oppure, più verosimilmente, confezionata in una custodia robusta, era esposta chiusa, con al di sopra appoggiata un'icona che  riproduceva fedelmente il volto come una fotocopia.


 


Che poi si sono diffuse fino a Borzonasca?


Questa icona devono aver visto i monaci dell'abbazia di san Colombano di Bobbio e che trasmisero a quelli del monastero di Borzone, nei vari pellegrinaggi verso Gerusalemme ampiamente documentati dalla presenza nel museo di Bobbio di ampolle palestinesi risalenti al VI-VII secolo, con le quali veniva portato in Occidente l'olio della Terrasanta. E' molto probabile che vendessero copie perfette del volto come oggi le nostre immaginette, visto che le ampolle con l'olio di Terrasanta assomigliano moltissimo alle bottigliette con dentro l'acqua di Lourdes.   




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30/11/2015 20:54
 
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LE MERAVIGLIOSE MONTAGNE COLORATE
DELLA DANXIA CINESE

Danxia è il nome di una regione della Cina caratterizzata da paesaggi formatisi in seguito a maestose forze geologiche. Le formazioni montuose presentano colorazioni spettacolari, uno spettacolo naturale davvero unico nel suo genere.
danxia-cinese
 

Il pianeta Terra è straordinariamente bello. Ci sono luoghi capaci di suscitare nel nostro animo il senso della meraviglia, percependone, allo stesso tempo, la maestosa bellezza.

Uno di questi luoghi è la Danxia, una regione montuosa che si trova nella fascia sub-tropicale della Cina.

Il paesaggio si estende per circa 1700 km, formando una mezzaluna che va da Guizhou a ovest, fino alla Provincia di Zhejiang ad est.

La morfologia del territorio è il risultato di una modellazione geologica durata 24 milioni di anni, causata da forze endogene, cioè movimenti interni alla crosta terrestre, e forze esogene, erosione da agenti atmosferici.

Vagando per la regione, è facile imbattersi in pilastri naturali, torri, anfratti, valli e cascate. Ma ciò che più meraviglia è la straordinaria gamma di colori presenti nei vari strati delle rocce, i quali rendono la Danxia un luogo unico sul pianeta.

I colori insoliti delle rocce sono causate dalla presenza di arenaria rossa e da vari depositi minerali accumulatisi nel corso di milioni di anni. Il risultato è una meravigliosa “torta a strati” geologica. Vento e pioggia hanno poi completato il lavoro scolpendo forme strane e maestose, diverse per colore, consistenza, forma e dimensione.

 

La Danxia Cinese è un paesaggio suggestivo e di grande bellezza, tanto da essere stato inserito nella lista UNESCO del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Oltre alla bellezza, il territorio è significativo anche sotto l’aspetto biologico, in quanto conserva foreste sempreverdi di latifoglie e ospita molte specie di flora e fauna, circa 400 delle quali sono considerate rare o a rischio estinzione.

Le comunità locali sono a conoscenza del fatto che il territorio è stato inserito nella lista dell’Unesco e tutte le parti sono d’accordo nel sottoscrivere gli impegni finalizzati a garantirne la conservazione a lungo termine.


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14/12/2015 19:16
 
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Scoperte recenti


Nel 1992, un sacerdote cattolico di nome Carlos Vaca apre al pubblico il suo armadio pieno di ossa raccolte in Ecuador, ossa che per gli scienziati che le analizzano diventano un rompicapo. Frammenti di un teschio e di una tibia che porterebbero a pensare a qualcosa di inimmaginabile: erano identiche a quelle umani ma con delle proporzioni decisamente diverse.



Fra i resti conservati da Carlos Vaca c’è quello di un molare. Gli studiosi sembrano confermare che si tratti di un dente umano. Quello che desta sconcerto è che si tratta di un molare enorme: quale bocca potrebbe contenerlo se non quella di un gigante?


Nel 2009 è stata, inoltre, pubblicata la scoperta di un’equipe di ricercatori della Oxford University. Nel bacino prosciugato del lago Makgadikgadi, nel Deserto del Kalahari in Botswana, fra centinaia di reperti più convenzionali, sono venute alla luce quattro asce di pietra della grandezza di poco più di 30 centimentri. Facendo le dovute proporzioni, sarebbero dovute appartenere a uomini di almeno 3 metri.



 


I giganti nella Bibbia


L’origine di coloro che erano chiamati giganti risale ad epoche antidiluviane. In quei tempi, secondo le fonti, popolarono la Terra. Anche coloro che erano nati dall’unione tra figli degli dèi e donne terrestri sarebbero stati ‘giganti sulla terra’ (Genesi 6,4).


Nell’ Antico Testamento vengono nominati diversi giganti, come ad esempio gli Anakiti, i Refei, Og e il noto Golia, sconfitto da Davide. Nella Bibbia si legge:


“Davide corse contro il filisteo… trasse fuori un ciottolo, lo frombolò, colpì Golia alla fronte ed egli cadde con la faccia a terra […], Davide corse e si fermò sul filisteo, afferrò la spada di lui, la estrasse dal fodero e lo uccise troncandogli la testa” (Samuele 1, 17-51).


Da allora il suo trionfo vale come simbolo della vittoria del buono sulla violenza del malvagio. Questa storia del Vecchio Testamento è una delle tante tradizioni che raccontano di come un uomo riesca a sconfiggere un gigante con l’astuzia. Stando a quanto si legge, Golia raggiungeva i tre metri e mezzo di altezza, e la sua corazza doveva pesare 104 chilogrammi.


Og è un altro gigante citato nella Bibbia. Mosè lo sconfigge durante la conquista di Canaan da parte degli israeliti (Numeri 21, 32-35).


“Perché Og, re di Basan, era rimasto l’unico superstite dei Refaìm. Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabbà degli Ammoniti? È lungo nove cubiti e largo quattro, secondo il cubito di un uomo” (Deuteronomio 3,11).


Og dev’essere stato dunque un colosso di circa 4 metri di altezza. Secondo la mitologia ebraica, Og faceva parte dei numerosi giganti antidiluviani. Tra di loro egli è stato l’unico sopravvissuto, perché l’acqua gli arrivava appena fino alle ginocchia. Si dice anche che Noè lo abbia preso con sé nell’arca durante il diluvio. Dentro la nave il gigante non aveva posto, ma poté sedere sul tetto.


Un altro episodio biblico si svolge nei dintorni di Ebron. Lì vive da anni una stirpe di giganti che discende da Anak, gli Anakiti. In particolare tre figli di Anak, Achiman, Sesai e Talmai, gettano nel panico gli israeliti durante il loro cammino verso la terra promessa (Numeri, 13, 22 e 31 sgg.). Qui vi è una relazione col mondo greco, che venerava una stirpe di dèi e di antichi re, gli anachi. Il nome deriverebbe nuovamente dai giganti biblici.


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16/12/2015 17:17
 
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RILEVATA PER LA PRIMA VOLTA LA MATERIA OSCURA
CHE SI ANNIDA NELLA NOSTRA GALASSIA

Anche noi siamo circondati dalla materia oscura. La prima prova diretta della sua presenza viene da uno studio coordinato da ricercatori italiani. Così si aprono nuove, interessanti prospettive per lo studio del "dark side" dell'Universo.
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 Esiste un lato del cosmo invisibile ai telescopi, che è dominato dalla misteriosa materia oscura.

Come si intuisce dal nome, questa strana forma di materia non emette luce, tuttavia gli scienziati sono riusciti a scovarla in molte galassie, studiando l’attrazione gravitazionale che essa esercita sull’ambiente circostante.

La materia oscura si annida anche nella Via Lattea, la Galassia in cui viviamo, anche se è molto difficile capire con precisione quanta ce ne sia e dove si trovi. Ma un nuovo studio fa ora luce, è proprio il caso di dirlo, sul “lato oscuro” della nostra Galassia.

Tre ricercatori, di cui due italiani, hanno infatti studiato la velocità delle stelle e nubi di gas nelle regioni interne della Galassia, usandole per misurare il contenuto di materia oscura nel nostro “vicinato” galattico.

Lo studio, pubblicato su Nature Physics, è un passo fondamentale per capire meglio la struttura e l’evoluzione della Via Lattea, e apre nuove strade per le ricerche sulla natura della Materia Oscura.

L’Universo oscuro

La materia oscura è uno dei misteri più affascinanti della fisica moderna. A differenza della materia di cui siamo fatti tutti noi, detta materia barionica, la materia oscura non emette luce ed è quindi impossibile da vedere direttamente.

Per determinare la sua presenza ci si affida però allo studio delle perturbazioni gravitazionali esercitate sugli altri corpi, e da queste misure emerge uno scenario decisamente curioso.

Tutte le stelle, le nebulose e le galassie visibili sono una frazione minoritaria del bilancio cosmico: la materia oscura costituisce circa l’85% della materia dell’Universo, Via Lattea compresa.

“I nostri risultati confermano per la prima volta, in maniera estremamente precisa e senza ombra di dubbio, la presenza della materia oscura nella ‘regione interna’ della Galassia, ovvero fra noi e il centro della Galassia”, ha raccontato a Repubblica.it Fabio Iocco, primo autore dello studio.

Iocco, che lavora all’ICTP-South American Institute for Fundamental Research di Sao Paulo in Brasile, ha deciso infatti di capire meglio il “lato oscuro” della nostra Galassia, “Sappiamo, grazie a osservazioni già esistenti, che la maggior parte della Galassia è fatta di materia oscura, ma prima d’ora non si era mai riusciti a guardare così in dettaglio, in una regione così piccola. Dalla teoria ci aspettiamo che ci sia materia oscura in questa regione, anche se meno della materia visibile. Noi siamo riusciti a raggiungere un livello di precisione tale da risolvere questa componente più piccola”.

Ma come si fa a “vedere” qualcosa di invisibile? È un problema con cui gli astronomi si scontrano abbastanza spesso, ma che hanno imparato ad affrontare. Per capire come, possiamo partire dalle leggi di Keplero studiate sui libri di scuola.

Semplificando un pochino, se prendiamo come esempio il Sistema Solare, la velocità orbitale di un pianeta dipende dalla massa del Sole e dalla distanza che lo separa dal pianeta. Per questo motivo i pianeti più lontani, come Nettuno o Urano orbitano più lentamente rispetto a quelli più vicini, come ad esempio la Terra.

Un discorso analogo vale per l’intera Galassia: misurando quindi le velocità delle stelle e delle nubi a varie distanze dal nucleo galattico è possibile stimare la quantità di materia, oscura e non, nelle regioni interne della Via Lattea.

In un certo senso, in questo modo è possibile “pesare” la Via Lattea, ed è proprio questo il metodo seguito da Iocco e colleghi, che negli anni hanno costruito un team affiatato. I ricercatori hanno infatti raccolto quasi 2800 misure di velocità di nubi di gas e di stelle e ne hanno studiato l’andamento in funzione della distanza dal centro galattico, costruendo quelle che sono chiamate in gergo “curve di rotazione”.

Ovunque intorno a noi. Queste misure sono state poi confrontate con quelle previste dai modelli basati sulla distribuzione della materia ordinaria visibile nella Galassia. La differenza fra queste previsioni e i dati osservativi è stata quindi usata per calcolare il contributo di materia oscura nella Via Lattea.

“Per la prima volta siamo in grado di dimostrare direttamente l’esistenza di grandi quantità di materia oscura nel cuore della Galassia in cui viviamo, dove si trovano la Terra e tutto il Sistema Solare”, sottolinea Gianfranco Bertone dell’Università di Amsterdam, coautore dello studio. “Che questo fosse il caso si sospettava da tempo, ma fino a oggi ne mancava la prova diretta: la misteriosa materia oscura che osserviamo nelle grandi strutture dell’universo è presente anche intorno a noi”.

I tre ricercatori hanno fornito un risultato che dimostra in modo convincente la presenza di materia oscura nelle regioni interne della Via Lattea, compresi i dintorni del Sistema Solare. Ma restano ovviamente molti enigmi da risolvere, ad esempio capire come essa sia distribuita nella Galassia.

“I nostri risultati aprono una nuova strada per misurare la quantità di materia oscura nella nostra galassia con una precisione mai raggiunta”, aggiunge Miguel Pato dell’Università di Stoccolma, che ha preso parte allo studio. “Questo sarà cruciale per i diversi esperimenti sparsi per il mondo che sono alla ricerca delle particelle di materia oscura”.

La natura stessa della materia oscura è ancora un mistero, e per scoprire di quali particelle sia fatta, gli scienziati hanno costruito molti esperimenti scientifici che operano a terra e nello spazio. Non facciamoci quindi ingannare dalle apparenze. Là fuori, nella Galassia, c’è ancora tanto da scoprire.


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19/12/2015 12:24
 
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L’INCREDIBILE PIETRA CON LA “NEBULOSA” ALL’INTERNO


Non è frutto di un sapiente fotomontaggio con Photoshp, ma una straordinaria opera della natura: la pietra opale nella foto è stata trovata in Oregon, nell'Opal Butte. Al suo interno, sembra essere intrappolata una nebulosa in miniatura.

 

opale-oregon


 

 




 

Nel film “Men in Black”, i due agenti MIB dovevano recuperare la galassia contenuta nella “Cintura di Orione”, praticamente un piccolo ciondolo con una galassia in miniatura al suo interno.


Ebbene, la madre terra sembra aver fatto qualcosa di meglio: un’intera nebulosa all’interno di un opale trovato in Oregon, nella miniera denominata Opal Butte, scoperta nel 1890 da un gruppo di minatori.


Come suggerisce il nome del luogo dove è stata trovata, la straordinaria pietra è un opale, un minerale amorfo con un colore variabile dal trasparente al bianco latte e con una infinità di differenti tonalità intermedie (verde, rosso, giallo, marrone, nero).


Il contenuto in acqua può arrivare fino al 20%. La formazione dell’opale avviene mediante lento deposito geologico di un gel colloidale di silice a bassa temperatura.



L’opalescenza, il gioco di colori e di luce presentato dai campioni di opale, è dovuta ad effetti di interferenza ed alla diffrazione della luce causata a sua volta dalla regolare disposizione delle sferette di silice le quali si dispongono in una forma impaccata, regolare e tridimensionale; è simile quindi alla disposizione dei cristalli.


Il riscaldamento di campioni di opale può causarne la disidratazione e, pertanto, la perdita dell’effetto di opalescenza. Una parziale reidratazione è ottenibile con prolungata immersione dei campioni danneggiati in acqua.


Gli opali sono gemme la cui fama e desiderabilità risale attraverso i secoli. La loro straordinaria bellezza ne ha fatto pietre molti ricercate per la realizzazione di gioielli. La pietra in questione è stata battuta all’asta da Bonhams per circa 20 mila dollari.




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02/02/2016 12:53
 
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Se leggete il capitolo 2 di Numeri, scoprirete calcolando il numero delle 12 tribú di Israele, che il modo in cui erano disposte le tribú formavano una gigantesca croce nel deserto.
Infatti al centro vi era il tabernacolo con la tribú di Levi, cioé i leviti.

A Settentrione (Nord) erano disposte 3 tribú, Dan, Ascer, Neftali, che in totale come numero erano di 157.600 uomini.
A Meridione (Sud) erano accampate 3 tribú, Ruben, Simeone, Gad, per un totale di 151.450 uomini.
A occidente (Ovest) erano accampate le 3 tribú in minoranza come numero. Ed erano le tribú di Efraim, Manasse, Beniamino, per un totale di 108.000 uomini, questa era dunque la linea piú corta del campo.
A Oriente (Est) vi erano accampate le 3 tribú con la linea piú lunga del campo, perché piú numerosi di numero, il totale era di 186.400 uomini.

Dalla lettura di Numeri capitolo 2 si comprende che il popolo d'Israele erá disposto nel campo COME A FORMARE UNA CROCE.
LE LINEE DEL CAMPO IN CUI LE TRIBU' ERANO ACCAMPATE NEL DESERTO. FORMAVANO QUINDI UNA GIGANTESCA CROCE.  



[Modificato da Credente 02/02/2016 12:58]
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02/03/2016 09:14
 
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IL BUS DELLA MISERICORDIA

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Con il titolo “Bus della Misericordia”, la diocesi di Salford ha trasformato un autobus a due piani in un confessionale ambulante come parte delle iniziative quaresimali per promuovere il ritorno dei fedeli che si sono allontanati dalla Chiesa.

Sul bus sono presenti dei sacerdoti con cui le persone possono parlare di Dio o accedere al sacramento della Confessione.

Il Bus della Misericordia è in servizio il sabato, ed è parcheggiato in zone affollate della città di Manchester e dei paesi vicini.

Mentre i sacerdoti assistono i fedeli, un gruppo di volontari si avvicina ai passanti regalando medagliette benedette dal papa.

I volontari offrono anche informazioni sulla fede cattolica e l’organizzazione della Chiesa locale, come l’ubicazione delle chiese e gli orari delle Messe.

L’avvicinamento alle persone che si sono allontanate dalla fede, che possono dialogare, ricevere una benedizione o confessarsi, ha “superato le aspettative”, ha affermato padre Frankie Mulgrew, uno degli organizzatori dell’iniziativa, al Catholic News Service.

Nelle prime due settimane, più di 400 persone hanno visitato il veicolo.

“Incontriamo le persone là dove sono, parcheggiamo accanto alla loro vita”, ha commentato il presbitero. “Stiamo cercando di ricollegare le persone alla fede e di dar loro uno spazio di accoglienza, di accettazione, un luogo in cui trovare la misericordia di Dio in modo tangibile”.

Lo stesso padre Mulgrew ha vissuto sulla propria pelle il processo che potrebbe avere uno dei visitatori del bus, visto che la sua conversione è avvenuta quando ha sperimentato la misericordia di Dio in una confessione sacramentale.

In seguito, ha smesso di fare il comico per servire Dio come sacerdote. Alcune delle persone che visitano il Bus della Misericordia, ha riferito, sono lontane dalla Chiesa da decenni.

Il bus è una delle iniziative dell’Anno Santo della Misericordia, e presuppone un investimento di 330 dollari al giorno visto che si tratta di un veicolo in affitto. Il grande successo dell’iniziativa ha tuttavia spinto la diocesi a valutare la possibilità di continuare a offrire questo servizio durante il resto dell’Anno Giubilare, che terminerà a novembre.


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13/04/2016 10:43
 
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SOPRA LA CROCE DI GESÙ NON ERA SCRITTO SOLO INRI. 
ECCO IL VERO SIGNIFICATO DELL’ISCRIZIONE EBRAICA

Sopra la croce di Gesù non era scritto solo INRI. Ecco il vero significato dell’iscrizione ebraica

di Daniele Di Luciano

 

In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:

“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto”

La parola tradotta con “il Signore” è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare:

“YHWH“, vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“. Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: “יהוה“, yod-he-waw-he. Ricordiamo che l’ebraico si legge da destra verso sinistra.

Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:

“Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».”

Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.

L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“, raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso. L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.

Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:

- il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città

- i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l’iscrizione

- Pilato che si rifiuta di cambiarla.

Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così – agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.

Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l’esatta traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro “Eva, la donna” nelle pagine da 216 a 220.

Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù il Nazareno e re dei Giudei“. Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע הנוצרי ומלך היהודים“. Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.

Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate “Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim“.

Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si ottiene “יהוה“, “YHWH“.

Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l’uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.

Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la frase del procuratore romano “Quel che ho scritto, ho scritto” acquista un senso molto più profondo.

Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto:

“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono” 

Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io Sono” allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:

“Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»”


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01/09/2016 23:22
 
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STALIN E MARIA


Vittorio Messori –  nel suo libro “Ipotesi su Maria” ha ricostruito il caso clamoroso diStalin (proprio quel satanasso, massacratore di cristiani!).


Un giornalista e storico russo, che proviene dalla nomenklatura sovietica, nel 1997, ha pubblicato documenti fino ad allora top secret che svelano una vicenda clamorosa.


E’ noto che nel momento in cui le truppe tedesche, invasero l’Urss e sembrarono sul punto di prevalere, Stalin fece qualcosa di inimmaginabile: fece riaprire al culto 20 mila chiese che aveva chiuso e i santuari più popolari, acconsentì all’elezione del Patriarca ortodosso, poi fece organizzare solenni processioni con la veneratissima icona della Madre di Dio di Kazan, protettrice della Russia e addirittura la fece portare in aereo a Stalingrado.


Fece perfino in modo che l’altra icona amata dal popolo, la “Madonna della tenerezza” di Vladimir, su un aereo militare, in segno di benedizione sorvolasse Mosca circondata dai tedeschi; fece appello al popolo della Santa Russia e addirittura recuperò la prassi zarista mandando i soldati in battaglia al grido “Avanti con Dio!”.


Fatto sta che i russi combatterono come leoni e i nazisti furono vinti. Gli storici, che conoscevano alcuni di questi fatti, seguiti da una svolta nell’atteggiamento verso i cristiani, ritennero che fossero dettati da Realpolitik. E che la mossa di Stalin fosse riuscita.


Oggi, con l’apertura degli archivi si è scoperto che all’origine di tutto c’è un religioso ortodosso libanese, padre Elia, un mistico che, pregando per la salvezza della Russia ebbe una visione della Madonna la quale – scrive Messori – “gli trasmise le disposizioni del cielo”.


Erano esattamente le cose che Stalin poi fece eseguire, dopo aver ricevuto la lettera del metropolita libanese attraverso l’ambasciata sovietica a Beirut.


La conferma è data dal fatto che nel 1947 proprio a quello sconosciuto asceta libanese fu assegnato – nella sorpresa generale – il Premio Stalin (che egli gentilmente rifiutò).


Evidentemente il Cielo non voleva che la Russia fosse conquistata e distrutta dal paganesimo nazista. E oggi, dalla Russia dove rifiorisce meravigliosamente la fede cristiana, quella stessa icona prodigiosa è stata portata da Putin in Vaticano.


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25/09/2016 09:54
 
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Una Bibbia incastonata tra le macerie delle torri gemelle


Tra le macerie delle Torri Gemelle è stata trovata una bibbia fusa con un blocco di acciaio. Sono visibili pochi versetti, che danno una lezione divina molto potente



Questa storia è successa un po’ di tempo fa, ma ha ripreso a circolare dopo il 15 anniversario dell’attentato dell’11 settembre 2001. Il 30 marzo 2002, mentre i pompieri continuavano a lavorare instancabilmente per rimuovere le macerie, uno di loro fece un ritrovamento alquanto singolare: una bibbia fusa con un blocco di acciaio. Il libro sacro, diventato un tutt’uno col metallo, era aperto sul Discorso della Montagna. Il vigile del fuoco diede quanto scoperto al fotografo Joel Meyerowitz, che lavorava sul posto.

Quando Joel Meyerowitz ricevette l’oggetto, fu fortemente colpito dal passaggio su cui rimase aperta la bibbia: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra”.

Nel 2012 Joel Meyerowitz donò l’oggetto al Museo della Memoria dell’11 settembre, in cui è esposto così com’è stato trovato.

Papa Francesco osserva la bibbia fusa con il blocco d’acciaio – Museo dell’11 settembre, New York
 

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07/10/2016 10:50
 
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william-maillis1Il ragazzo prodigio che vuole dimostrare l'esistenza di Dio

William Maillis





Il Community College si trova nella contea di Allegheny, in Pennsylvania (Sati Uniti). Il suo allievo più giovane si chiama William Maillis, ed è giovane davvero: si tratta di un “bambino prodigio” di appena 9 anni!





A 6 mesi, secondo quanto hanno raccontato i genitori, William già riconosceva i numeri, a 7 ha iniziato a pronunciare frasi complete. A 2 anni sapeva già leggere, scrivere e fare le moltiplicazioni. A 4 ha imparato a leggere in greco, a 5 conosceva la geometria e a 7 dominava concetti di trigonometria.


Uno dei professori di William, Aaron Hoffman, ha riferito che il bambino è l’unico che non prende appunti in aula. Si limita ad ascoltare, a leggere e ad assorbire conoscenze.

Se tutto questo non bastasse, la rivista People fornisce un’informazione significativa sul bambino prodigio. In un’intervista rilasciata a questa pubblicazione, William Maillis ha rivelato di voler diventare astrofisico per raggiungere un obiettivo molto specifico nella vita: aiutare la scienza a “provare che Dio esiste”.

William vuole attestare che solo una forza esterna è capace di formare l’universo.

Per avanzare nei suoi studi, progetta di approfondire le conoscenze di Fisica e Chimica, conseguire un dottorato e mostrare che le teorie dei fisici Albert Einstein e Stephen Hawking sull’universo non sono corrette.

“Vuole dimostrare a tutti che Dio esiste, perché solo una forza esterna potrebbe essere in grado di dar vita al cosmo”, ha spiegato il padre Peter, raccontando come il figlio si dedichi quotidianamente a sviluppare una propria teoria sulla creazione dell’universo (Huffington Post, 30 settembre).

Peter e la moglie Nancy hanno sempre sostenuto William nel suo percorso, incoraggiandolo e credendo nelle sue potenzialità anche quando, a 4 anni, non ha superato il test per accedere alla scuola materna.

Convinti che l’errore non stesse nelle risposte del figlio ma nello schema rigido dell’esame che non comprendeva la sua straordinaria intelligenza, Peter e Nancy hanno consultato uno psicologo del college che studia i bambini prodigio e ha definito William un “genio puro”.

Da qui il percorso di studi del bambino, che i genitori dicono di voler tenere con i piedi per terra senza tuttavia soffocare le sue aspirazioni.

“Voglio solo che apprezzi il dono che ha”, ha dichiarato Peter, sacerdote greco-ortodosso. “Dio ti ha dato un dono – dico sempre a mio figlio – La cosa peggiore sarebbe respingerlo e non usarlo per migliorare il mondo” (Morning Ledger, 2 ottobre).


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07/04/2017 13:14
 
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Perché il simbolo segreto dei cristiani era il pesce?



 



Oltre al codice per riconoscersi nei periodi di clandestinità,
l'anagramma era una proclamazione di fede

Il cristianesimo continua ad essere la religione più perseguitatadel pianeta. Considerando che Cristo stesso è stato crocifisso, è facile immaginare che gli inizi della fede cristiana non siano stati affatto facili. E non lo furono davvero: le persecuzioni contro i cristiani erano già frequenti e brutali nei primi tre secoli del cristianesimo, quando la fede in Cristo doveva essere vissuta in modo praticamente clandestino da gran parte dei convertiti.

In un contesto di tale crudeltà, come faceva un cristiano a sapere se un’altra persona era cristiana anche lei?

Oltre a prendere le precauzioni più evidenti, come informarsi sugli altri in precedenza se era possibile, i primi cristiani utilizzavano “codici segreti”per confermare se si trovavano davvero davanti a una persona che condivideva la loro religione.

Uno di questi codici era l’“Ichthys” o “Ichthus”, parola che in greco antico (ἰχθύς) significava “pesce”.


LEGGI ANCHE: Come si riconoscevano i primi cristiani al tempo della clandestinità?


L’ipotesi più accreditata è che il cristiano, quando pensava di trovarsi davanti a un altro cristiano clandestino, disegnasse una curva o mezza luna a terra. Se l’altro disegnava l’altra mezza luna sovrapposta alla prima, completando così la figura di un pesce, c’era una probabilità molto elevata che si trattasse proprio di un seguace di Gesù che conosceva il “codice segreto” cristiano.

Ma perché l’immagine di un pesce?

Perché le lettere che formano la parola “pesce” in greco, quando scritte in maiuscolo (ΙΧΘΥΣ), formano un acronimo con le iniziali dell’espressione “Iēsous Christos Theou Yios Sōtēr“, che significa “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore” (in greco antico Ἰησοῦς Χριστός, Θεοῦ ͑Υιός, Σωτήρ).

In questo modo, il pesce diventò uno dei primi simboli cristiani insieme all’immagine del Buon Pastore e in seguito al crocifisso.

L’Ichthys era usato anche per indicare le catacombe cristiane durante le persecuzioni contro la comunità, di modo che solo i cristiani sapessero quali erano i tumuli dei loro correligionari.

da aleteia.org


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09/05/2017 14:58
 
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In Cina c’è una metropolitana che passa in mezzo a un palazzo, al sesto piano



In Cina c'è una metropolitana che passa in mezzo a un palazzo, al sesto piano






 


A Chongqing, in Cina, la linea 2 della metropolitana passa attraverso un condominio di 19 piani: tra il sesto e l’ottavo c’è la stazione di Liziba, costruita in modo da ridurre l’inquinamento acustico causato dal passaggio del treno per chi vive negli appartamenti intorno. L’idea ha permesso di guadagnare spazio nella città, che si trova nel sud-ovest della Cina e si sviluppa in una zona collinare, con più di 30 milioni di abitanti. La linea 2 della città è una monorotaia che copre 31 chilometri con 25 stazioni, e ha aperto nel 2005.



 


metropolitana Chongqing


metropolitana Chongqing


metropolitana Chongqing






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20/06/2017 18:16
 
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Da "Ritorno al Futuro" a "Il quinto  elemento", le macchine volanti hanno sempre catturato l'immaginazione, simbolo di un futuro fantascientifico in cui il cielo sarà la strada più trafficata. Sono diversi i progetti in corso di sviluppo in tutto il mondo, ma quello olandese della società Pal-V sarà il primo ad essere messo in commercio. Il mezzo, chiamato "Liberty", è un incrocio fra una automobile e un elicottero, grazie a dei rotori e una elica applicati ad un veicolo a tre ruote. Le servono 10 minuti per passare da una modalità all'altra. Costo 300mila euro per il prototipo che potrebbe essere messo in produzione già nel 2018. I potenziali clienti fanno già la fila, sostiene Markus Hess, capo marketing. "In qualche modo c'è un cambiamento nella mentalità della popolazione. Improvvisamente non pensano più che una macchina volante sia una follia ma pensano 'sta diventando realtà', ed è su questo che stiamo lavorando". L'obiettivo della Pal-V è produrre 90 esemplari entro la fine del 2018. -
 http://www.rainews.it/dl/rainews/media/macchina-volante-elicottero-azienda-olanda-prototipo-pal-v-53fb14a7-7468-4147-bd69-516d912e933f.html



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19/09/2017 17:52
 
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Il mistero delle api che conservano le icone

Da una decina d’anni, un apicultore di nome Sidoros Ţiminis, che vive nella regione di Kapandriti, dalle parti di Atene, infila nelle arnie, ad ogni primavera, delle icone di Cristo, della Santa Vergine e di diversi santi.

Ogni anno si produce un fenomeno molto misterioso: le api confezionano i loro alveoli attorno alle immagini sacre, evitando scrupolosamente di ricoprirle. Può darsi che si tratti semplicemente di un fenomeno legato a un effetto repellente della pittura? E tuttavia è dolce il miele che da questa storia si ricava per l’anima.









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08/11/2017 16:54
 
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7 santuari uniti da una linea retta.
La misteriosa fede per San Michele Arcangelo

 
 

Secondo la leggenda rappresenta il colpo di spada che il Santo inflisse al Diavolo per rimandarlo all’inferno

Una misteriosa linea immaginaria unisce sette monasteri, dall’Irlanda fino a Israele. E’ solo una coincidenza? Sono sette santuari lontanissimi tra loro, eppure perfettamente allineati(siviaggia.it).

La Linea Sacra di San Michele Arcangelo è secondo la leggenda il colpo di spada che il Santo inflisse al Diavolo per rimandarlo all’inferno.

In ogni caso è sorprendente a disposizione di questi santuari sulla linea: i tre siti più importanti Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in val di Susa e il santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano sono tutti alla stessa distanza. Un monito del Santo affinché vengano sempre rispettati le leggi di Dio ed i fedeli proseguano nella rettitudine. Inoltre la Linea Sacra è in perfetto allineamento con il tramonto del sole nel giorno del Solstizio di Estate (www.viagginews.com).

1) SKELLING MICHEAL

Il tracciato comincia in Irlanda, su un’isola deserta, dove l’Arcangelo Michele sarebbe apparso a San Patrizio per aiutarlo a liberare il suo Paese dal demonio. E’ qui che sorge il primo monastero: quello di Skellig Michael (“roccia di Michele”)

2) SAINT MICHEAL’S MOUNT

La linea si dirige poi diritta verso Sud e si ferma in Inghilterra, a St. Michael’s Mount, un isolotto della Cornovaglia che con la bassa marea si unisce alla terraferma. Proprio qui San Michele avrebbe parlato a un gruppo di pescatori

3) MONT SAINT MICHEL

La linea sacra prosegue poi in Francia, su un’altra celebre isola, a Mont Saint-Michel, anch’esso tra i luoghi di apparizione dell’Arcangelo Michele. La bellezza del suo santuario e della baia in cui sorge sulla costa della Normandia lo fanno uno dei siti turistici più visitati di tutta la Francia ed è patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dal 1979. Questo luogo già dal tempo dei Galli era intriso di forte misticismo, poi nel 709 l’Arcangelo apparve al vescovo Avranches, Sant’Auberto intimandogli che gli venisse costruita una Chiesa nella roccia. I lavori presero il via ma fu con i monaci benedettini a partire dal 900 che l’Abbazia venne edificata.

4) SACRA DI SAN MICHELE

A ben 1000 chilometri di distanza, in Val di Susa, Piemonte, sorge il quarto santuario: la Sacra di San Michele. La linea retta unisce anche questo luogo sacro al resto dei monasteri dedicati a San Michele. La costruzione dell’abbazia inizia intorno all’anno mille e nel corso dei secoli si sono aggiunte nuove strutture. I monaci benedettini l’hanno sviluppata aggiungendo anche la foresteria in quanto questo luogo era di passaggio per i pellegrini che affrontavano la via Francigena.

5) SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO

Spostandosi di altri 1000 chilometri in linea retta si arriva in Puglia, sul Gargano, dove una caverna inaccessibile è diventata un luogo sacro: il Santuario di San Michele Arcangelo. Il Santuario fu iniziato intorno al 490 anno della prima apparizione dell’Arcangelo Michele a San Lorenzo Maiorano

6) MONASTERO DI SYMI

Dall’Italia la traccia dell’Arcangelo arriva poi al sesto santuario, in Grecia, sull’isola di Symi: qui il monastero custodisce un’effigie del Santo alta 3 metri, una delle più grandi esistenti nel mondo.

7) MONASTERO DEL CARMELO

La linea sacra termina in Israele, al Monastero del Monte Carmelo ad Haifa. Questo luogo è venerato fin dall’antichità e la sua costruzione come santuario cristiano e cattolico risale al XII secolo.


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22/05/2018 14:34
 
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Questo fiore è una orchidea del Panama.
Fiorisce nei giorni prossimi alla Pentecoste e
viene denominato IL FIORE DEL SANTO SPIRITO




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07/06/2018 13:39
 
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Cosa ci fa un crocifisso sul petto di Toro Seduto?



Il famoso capo indiano Toro Seduto fu il leggendario leader dei Lakota Sioux, una figura nota nella storia del selvaggio West. Di lui si conosce la stoica resistenza contro i cowboy statunitensi e la sua sfortunata morte. Quel che pochi sanno è che Toro Seduto indossava sempre un crocifisso al collo.


E’ la storia di un’amicizia, che esemplifica il modo più classico di come si è trasmessa l’esperienza cristiana nei secoli. Non attraverso grandi discorsi o convincimenti filosofici, ma dalla stima per l’altro, dallo stupore per uno sguardo nuovo, diverso. Felice.


Tutto nasce dal grande lavoro svolto da parte dei missionari cattolici in difesa dei popoli indiani dai colonialisti, seminando la pace ed insegnando una pacifica convivenza tra le varie tribù pellerossa. Il più famoso tra questi sacerdoti fu il gesuita Pierre-Jean De Smet, grande amico di Toro Seduto e uno dei pochi bianchi che potevano recarsi nei territori Sioux. Le popolazioni native ammiravano molto le “toghe nere”, come chiamavano i missionari cattolici. De Smet incontrò per la prima volta Toro Seduto nel 1848, il vescovo Thomas O’Gorman ha scritto nel 1904: «Padre De Smet ha lasciato una registrazione completa di quella sua prima visita nell’estate del 1848, annotando che si recò lì in modo transitorio poiché desiderava raggiungere alcune tribù dei Sioux, nell’alto Missouri, nelle lontane montagne rocciose».


Toro Seduto aveva più di una moglie e questo fu un ostacolo alla sua accettazione della fede cattolica. Tuttavia intrattenne una profonda amicizia con padre De Smet. Fu quest’ultimo a fare da mediatore e convincere i Sioux, per la loro salvaguardia, a firmare il famoso trattato di pace di Fort Laramie con gli Stati Uniti. Tanto che il generale Stanley osservò: «solo padre De Smet, nell’intera razza bianca, poteva penetrare tra crudeli selvaggi e ritornare sano e salvo».


Come segno di stima reciproca, padre De Smet regalò il suo crocifisso a Toro Seduto nel 1868 e il capo indiano non se lo tolse più. Con esso volle farsi raffigurare nel suo ritratto più famoso, quello del 1885. Sullo sfondo si intravede un teschio, a conferma che era il tipico crocifisso dei missionari gesuiti. E’ il simbolo del Calvario, cioè il luogo dove Gesù venne crocifisso, che in latino significa “luogo del cranio”. 



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23/07/2018 09:43
 
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«Le campane delle chiese sono bellissime».
Dawkins sorprende ancora.

«Sto ascoltando le bellissime campane di Winchester, una delle nostre grandi cattedrali medievali». Questo l’ultimo tweet dell’ateo fondamentalista più famoso del mondo, Richard Dawkins, autore di God Delusion. Si è battuto per anni per annientare “il virus della religione cristiana” ma oggi, un po’ invecchiato, è seduto su una panchina ammirando la Winchester Cathedral. Chi l’avrebbe mai detto?

Dawkins, appurato di «aver fallito» la propaganda dell’ateismo -come ammise già nel 2008- sta maturando un ripensamento della sua posizione. I temi sull’inesistenza del Creatore hanno lasciato spazio a quelli più politici (anti-Trump, anti-Brexit ecc.) e sempre più frequentemente si mostra preoccupato dell’avanzata dell’islam in Europa, riscoprendosi per reazione «culturalmente cristiano», come si definì nel 2013.

Nel recente tweet che stiamo commentando infatti, ha aggiunto: «Le campane sono molto più belle dell’aggressivo “Allahu Akhbar”. O è solo la mia educazione culturale?». Dopo essere stato inondato di critiche ed insulti (quelli che mai ha ricevuto quando faceva l’haters dei cristiani), ha puntualizzato: «Le campane delle chiese sono bellissime. Anche la chiamata alla preghiera del muezzin può esserlo, ma “Allah Akbar” è l’ultima cosa che senti prima che il kamikaze si faccia saltare in aria». E via altre accuse di islamofobia. Come ha scritto Giulio Meotti: «L’ateo si porta sempre molto quando attacca Joseph Ratzinger, sant’Agostino e i polverosi arnesi giudeocristiani. Ma se tocca l’islam, è un’altra storia».

Un mese fa commentavamo proprio questa rivalutazione del cristianesimo da parte dell’evoluzionista ateo (o, meglio, agnostico come si è voluto definire), osservando come curiosamente Dawkins non stia scegliendo e proponendo un ateismo duro, razionalista e positivista come “baluardo” della società di fronte all’islamismo, come avrebbe fatto fino a pochi anni fa. Affatto. Ha optato per riabilitare il cristianesimo e non era affatto scontato.

Così, l’ultima è aver apprezzato le «bellissime» campane delle chiese cristiane, facendosi fotografare a pochi metri dall’ingresso della cattedrale di Winchester. Chissà se tra qualche mese si deciderà a varcare la soglia e dare un’occhiata all’interno…


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02/09/2018 09:52
 
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Gesù Cristo superstar del web.

Il personaggio più noto, la figura più contemporanea.

Son passati oltre duemila anni dal suo Natale,
ma la fama del Nazareno oltrepassa i confini del tempo.

Secondo due ricercatori americani, autori di Who's Bigger: Where Historical Figures Really Rank, un volume che misura l'indice di notorietà nel presente dei personaggi della storia, è lui il più grande. Più di Napoleone e Maometto. Gesù è la maggiore presenza per l'uomo d'oggi anche su internet, il più trasversale e indistinto degli strumenti moderni. Ne sarà felice Papa Francesco: questa ricerca in qualche modo suffraga la sua insistenza della necessità della Chiesa di aprirsi per annunciare il vangelo a tutti.

Nelle posizioni di rincalzo di questa originale classifica troviamo, nell'ordine, William Shakespeare, Abramo Lincoln, George Washington, Adolf Hitler, Aristotele, Alessandro Magno e Thomas Jefferson. Il primo italiano è Cristoforo Colombo, in ventesima posizione. I maggiori leader attuali si devono invece accontentare delle retrovie.

Barack Obama si ferma al centoundicesimo posto, Nelson Mandela al 356esimo. Tra i musicisti il più famoso risulta Mozart, ventiquattresimo, mentre Elvis Presley conquista la sessantanovesima piazza. Il software creato dai due studiosi si basa sui risultati di Wikipedia, le opinioni sul web e i libri scritti su ogni singolo personaggio.

La lista è lunghissima: imperatori, rockstar, icone del passato, politici, artisti, condottieri, scrittori, musicisti, filosofi, profeti. Il sistema in grado di calcolarne la fama nel tempo funziona un po' come il motore di ricerca di Google. E non a caso Charles Ward, uno dei due autori, è un ingegnere del colosso americano; l'altro è Steven Skiena della Stony Brook University. Ward ha ideato anche un algoritmo che può stabilire se una figura sarà ricordata duecento anni dopo la morte o se è destinata all'oblio. Britney Spears, per dire, titolare della ventisettesima posizione, dopo il trattamento del software sulla durata della fama precipita al 689esimo posto.

Non così il Figlio del falegname di Nazareth, che supera di slancio i due millenni che ci separano dal suo avvento e sembra cavalcare l'onda delle nuove tecnologie. Da «Principe della pace» a «Figlio di Dio» a «Pastore di anime», sono innumerevoli le definizioni con cui compare nel grande mare di internet. Gli storici, tuttavia, si dimostrano scettici. «L'idea che un algoritmo possa fornire un approccio scientifico alla storia è piuttosto assurdo», ha osservato Antony Beevor. Secondo lo studioso britannico, i personaggi non possono essere analizzati soltanto attraverso calcoli al computer, perché rimangono aperte molte «incognite».

E, in effetti, è difficile attribuire una patente di scientificità a questo genere di ricerche. Ma nell'epoca dei sondaggi e delle indagini di mercato, la frequenza e l'insistenza con cui si interroga Wikipedia e più in generale il web sulla figura di Cristo qualche significato dovranno pur averlo. Il fatto che Gesù risulti campione di popolarità misurata con i parametri delle nuove tecnologie è quanto meno una dimostrazione di grande contemporaneità.

Abramo LincolnABRAMO LINCOLNADOLF HITLERADOLF HITLERWILLIAM SHAKESPEAREWILLIAM SHAKESPEARE

 

ELVIS PRESLEYELVIS PRESLEY
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03/09/2018 17:01
 
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05/10/2018 18:48
 
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La statua che “suda”:
il vescovo attende la scienza (mentre la sindaca vuole il miracolo)

Il video della statua che suda. Dedicata a San Filippo d’Agira, la statua ha iniziato ad essudare il 20 settembre scorso ma la Curia ha spento la corsa al miracolismo avviando indagini sul fenomeno.

 

Ad Agira, provincia di Enna, sta avvenendo un caso esemplare nel comportamento della Chiesa nei confronti di supposti prodigi o miracoli. La statua del santo patrono, San Filippo, lo scorso 20 settembre ha iniziato ad  “essudare”, richiamando i riflettori dei media e schiere di curiosi. Filippo fu un presbitero taumaturgo ed esorcista vissuto nel I secolo, venerato sia dalla Chiesa cattolica che dalla Chiesa ortodossa.

Il vescovo di Nicosia, mons. Salvatore Muratore, ha subito dato ordine di chiudere la sagrestia dell’Abbazia Reale di Agira, dove si trova la statua: «Ci sono accertamenti in corso», spiega la Curia ai giornalisti. Una prassi doverosa che spegne la corsa al miracolismo e permette di avviare accertamenti sul fenomeno, affidati ad una commissione d’inchiesta.

Una decisione, quella del vescovo, che ha scatenato le proteste del sindaco Maria Greco, del Partito democratico, che invece voleva sfruttare la vicenda per aumentare l’afflusso turistico. Tanto che ha inviato una protesta scritta in Vaticano per far “liberare” San Filippo. «Anche solo due autobus di pellegrini al giorno», afferma, «potrebbero essere una grande occasione per la nostra comunità, che ha investito nell’idea di paese albergo, valorizzando case che hanno una vista mozzafiato sulle montagne della Sicilia».

I presunti fenomeni di lacrimazione o essudazione di statue sono numerosi, ma pochissimi hanno superato i diversi iter che portano al “miracolo” e spesso sono risultati essere fenomeni naturali. Solitamente vi sono più commissioni chiamate ad occuparsi del caso, formate da teologi, tecnici e scienziati. Questi ultimi giungono a concludere se la lacrimazione (o la guarigione, in altri casi) è scientificamente spiegabile oppure inspiegabile, mentre saranno i teologi a doversi esprimere sull’atto miracoloso. E molto spesso è accaduto che proprio la commissione teologica abbia negato il miracolo, nonostante l’approvazione dell’equipe scientifica la quale, come dimostra il caso di Marie-Marguerite d’Youville, è spesso formata anche da scienziati atei o scettici.

Il caso di lacrimazione più famoso, su cui però la Chiesa non si è mai pronunciata, è quello della statuetta dedicata alla Madonna di Civitavecchia. Ce ne siamo occupati a lungo in un  dossier, in cui abbiamo descritto anche l’intervento della Magistratura italiana la quale, dopo lunghe e numerose indagini, ha archiviato il caso escludendo il dolo (cioè trucco o marchingegno da parte di uno o più soggetti) e concludendo che l’origine del fenomeno è da ricondursi ad un fatto di suggestione collettiva o ad un fatto soprannaturale. Ma le stesse analisi della magistratura, come abbiamo visto, permettono di escludere la prima ipotesi.

La questione dei miracoli anima il dibattito tra credenti e non, anche se spesso si perde il punto centrale. Nella misura in cui si ha ragione di credere che Dio esiste, allora non c’è ragione di escludere che Dio intervenga nella storia. E, come ha spiegatoJeffrey D. Rediger, psichiatra della Harvard Medical School: «solitamente si definisce “miracolo” una contraddizione della legge naturale. Io credo invece che i miracoli contraddicano solamente ciò che oggi sappiamo e conosciamo della natura e delle sue leggi» (J.D. Rediger, Harvard Medical School professor says ‘Miracles from Heaven’ and other remarkable cures could be real, Washington Post, March 29, 2016).

fonte: https://www.uccronline.it/2018/10/01/la-statua-che-suda-il-vescovo-attende-la-scienza-mentre-la-sindaca-vuole-il-miracolo/


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04/01/2019 11:54
 
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[Modificato da Credente 14/08/2020 19:29]
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19/01/2019 17:20
 
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L’INGANNO DELLA “MORTE CEREBRALE”

Gli staccano il respiratore, ma lui si risveglia. Scott Marr, padre di quattro figli ed ex speaker sportivo nel Nebraska, era stato ritenuto quasi cerebralmente morto e dopo appena due giorni in ospedale gli avevano staccato la ventilazione assistita. I suoi cari stavano pianificando il funerale, quando Scott si è risvegliato. Oggi sta bene e ringrazia Dio, ma la sua storia conferma quanto sia pericoloso il concetto di “morte cerebrale”. 


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11/02/2019 16:48
 
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11/02/2019 16:49
 
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20/03/2019 17:28
 
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Una domanda rimbalza sulle reti sociali...


 


L’immagine che riportiamo ha fatto esplodere le reti sociali, diventando immediatamente virale dopo che un uomo
identificato come Alfredo Lo Brutto – il presunto autore – l’ha resa pubblica attraverso Facebook.


 
 
 
 Nessuno può affermare che non susciti curiosità, perché per molti il gioco di luce con le nuvole fa pensare che si tratti di un’immagine di Cristo Redentore.

“Il fascio di luce che si fa strada attraverso le nubi al tramonto è senza dubbio suggestivo”, si afferma sul post di Facebook facendo riferimento a questa immagine sorprendente captata nel Mar Tirreno.

“Sembra davvero Cristo, la testa, le braccia… una scena veramente bella”, segnalano alcuni dei commenti in rete.


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01/04/2019 22:59
 
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SOPRA LA CROCE DI GESÙ NON ERA SCRITTO SOLO INRI.
ECCO IL SIGNIFICATO DELL’ISCRIZIONE EBRAICA

In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:

“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto”

La parola tradotta con “il Signore” è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: “YHWH“, vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“. Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: “יהוה“, yod-he-waw-he. Ricordiamo che l’ebraico si legge da destra verso sinistra.


Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:

“Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».”

Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.

L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“, raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso. L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.

Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:

– il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città

– i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l’iscrizione

– Pilato che si rifiuta di cambiarla.

Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così – agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.


Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l’esatta traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro “Eva, la donna. L’ingiustizia di sempre. Il più clamoroso errore giudiziario della storia” nelle pagine da 216 a 220.

Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù il Nazareno e re dei Giudei“. Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע הנוצרי ומלך היהודים“. Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.

Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate “Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim“.

Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si ottiene “יהוה“, “YHWH“.

Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l’uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.

Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la frase del procuratore romano “Quel che ho scritto, ho scritto” acquista un senso molto più profondo.

Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto:

“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”.

Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io Sono” allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:

“Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»”.
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