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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 27/04/2024 08:16
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21/04/2022 09:13
 
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«Pace a voi!»

Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT i Pulido
(Cerdanyola del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, Cristo risuscitato saluta i discepoli, di nuovo, con il desiderio della pace: «Pace a voi!» (Lc 24,36). Dissipa così le paure ed i presentimenti che gli Apostoli hanno accumulato durante i giorni di passione e di solitudine.

Lui non è un fantasma, è assolutamente reale, ma, a volte, nella nostra vita, la paura va prendendo forma come se si trattasse dell’unica realtà. A volte è la mancanza di fede e di vita interiore ciò che va cambiando le cose: la paura si trasforma in realtà e Cristo va cancellandosi dalla nostra vita. Invece, la presenza di Cristo nella vita del cristiano allontana i dubbi, illumina la nostra esistenza, specialmente quegli angoli che nessuna spiegazione umana può chiarire. San Gregorio Nazianzeno ci esorta: «Dovremmo vergognarci di prescindere del saluto della pace che il Signore ci lasciò quando stava per uscire da questo mondo. La pace è un nome e una emanazione, che sappiamo procede da Dio, come dice l’Apostolo ai filippesi: `La pace di Dio´; e che è di Dio, ce lo dimostra anche quando dice agli efesini:`Lui è la nostra pace´».

La risurrezione di Cristo è ciò che da senso a tutte le vicissitudine e sentimenti, è quello che ci aiuta a ricuperare la calma e a rassenerarci nelle tenebre della nostra vita. Le altre piccole luci che troviamo nella vita solo hanno senso in questa Luce.

«Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei salmi...Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,44-45), come già aveva fatto con i discepoli di Emmaus. Il Signore vuole aprire anche a noi il senso delle Scritture per la nostra vita; desidera trasformare il nostro povero cuore in un cuore che sia, anch’esso ardente, come il Suo: con la spiegazione della Scrittura e la frazione del Pane, l’Eucaristia. In altre parole: la missione del cristiano è osservare come la sua storia Lui vuole convertirla in una storia di salvezza.
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23/04/2022 09:12
 
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Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»

P. Jacques PHILIPPE
(Cordes sur Ciel, Francia)
Oggi, fiduciosi in Gesù risorto, dobbiamo riscoprire il Vangelo come "buona novella". Il Vangelo non è una legge che ci opprime. Abbiamo mai avuto la tentazione di pensare che coloro che non sono cristiani sono più calmi di noi e fare quello che vogliono, mentre noi dobbiamo soddisfare una lista di comandamenti. Si tratta di una visione puramente superficiale delle cose.

Personalmente, una delle mie maggiori preoccupazioni è che il Vangelo venga presentato sempre come una buona notizia, lieta notizia, che riempia il cuore di gioia e di consolazione.

L'insegnamento di Gesù è senz’altro esigente, naturalmente, ma Teresa del Bambino Gesù, ci aiuta a percepirlo davvero come una buona notizia, dal momento che per essa il Vangelo non è altro che la rivelazione della tenerezza di Dio, la misericordia di Dio con ogni uno dei suoi figli, e segnala le leggi della vita che conducono alla felicità. Il centro della vita cristiana è accettare con gratitudine la tenerezza e la bontà di Dio —rivelazione del suo amore sua misericordioso— ed lasciarsi trasformare da questo amore.

Il cammino spirituale preso da Santa Teresa, la "piccola via", è un vero e proprio cammino di santità, una strada con spazio per tutti, fatto in modo tale che nessuno possa scoraggiarsi, né i più umili, né i più poveri, né i più peccatori. Teresa è così in anticipo al Concilio Vaticano II che afferma con sicurezza che la santità non è un cammino eccezionale, ma un invito a tutti i cristiani, della quale nessuno deve essere escluso. Anche il più vulnerabile e miserabile degli uomini può rispondere alla chiamata alla santità.

Questa santità consiste in un «cammino di fiducia e di amore». Così, « L'ascensore che deve innalzarmi al cielo, sono le vostre braccia, oh Gesù! (...). O mio Dio, hai superato ogni mia aspettativa e io voglio cantare le tue misericordie» (Santa Teresa di Lisieux).
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24/04/2022 08:43
 
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«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati»

+ Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(Tremp, Lleida, Spagna)
Oggi, II Domenica di Pasqua, completiamo l’ottava di questo tempo liturgico; una delle due ottave —insieme a quella di Natale— rimasta nella liturgia rinnovata dal Concilio Vaticano II. Durante otto giorni contempliamo lo stesso mistero che cerchiamo di approfondirlo sotto la luce dello Spirito Santo.

A proposta del Papa Giovanni Paolo II, questa domenica viene chiamata Domenica della Divina Misericordia. Si tratta di qualcosa che va molto più in là di una devozione particolare. Come ha spiegato il Santo Padre nella sua enciclica Dives in misericordia, la Divina Misericordia è la manifestazione stessa dell’amore di Dio in una storia ferita dal peccato. “Misericordia” proviene da due parole: “Miseria” e “Cor”. Dio pone la nostra misera situazione, frutto del peccato, nel suo cuore di Padre, fedele al suo progetto. Gesucristo, morto e risorto, è la suprema manifestazione e attuazione della Divina Misericordia. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16) e lo ha inviato alla morte affinché potessimo essere salvati. «Per riscattare lo schiavo hai sacrificato il tuo Figlio!», abbiamo proclamato nel Preconio pasquale della Vigilia. E, risorto, lo ha costituito fonte di salvezza per tutti coloro che credono in Lui. Mediante la fede e la conversione accogliamo il tesoro della Divina Misericordia.

La Santa Madre Chiesa, che vuole che i suoi figli vivano della vita del Risorto, ordina che —almeno a Pasqua— si riceva la Comunione e che si faccia in Grazia di Dio. La cinquantina pasquale è il tempo opportuno per il compimento del precetto pasquale. È il momento adatto per la confessione e per accogliere il potere di perdonare i peccati che il Signore Risorto ha conferito alla Sua Chiesa, poiché Lui disse solo agli Apostoli: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23). Così andremo alla fonte stessa della Divina Misericordia. Non esitiamo quindi a portare i nostri amici a queste fonti di vita: Eucaristia e Penitenza. Gesù Risorto conta su di noi!
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25/04/2022 09:27
 
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Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»

Mons. Agustí CORTÉS i Soriano Vescovo di Sant Feliu de Llobregat
(Barcelona, Spagna)
Oggi, ci sarebbe molto da dire sulla essenza del perché non risuona con forza e convinzione la parola del Vangelo, perché i cristiani osserviamo un silenzio sospettoso su ciò che crediamo, nonostante la chiamata alla "nuova evangelizzazione". Ognuno farà la propria analisi e indicherà la sua particolare interpretazione.

Ma nella festa di San Marco, ascoltando il Vangelo e guardando l’evangelizzatore, non possiamo fare a meno di proclamare con sicurezza e gratitudine dov'è l'origine e in che consiste la forza della nostra parola.

L'evangelizzatore non parla così perché glielo raccomanda uno studio sociologico del momento, perché glielo detti una “prudenza” politica e nemmeno perché "nasce dal dire ciò che pensa”. Senza preamboli gli viene imposta una presenza e un mandato dall'esterno, senza coercizione, ma con l'autorità di chi è degno di tutto credito, "Vai in tutto il mondo e predica il Vangelo ad ogni creatura" (cf. Mc 16,15). Cioè, noi evangelizziamo per obbedienza, ma anche con gioia e fiducia.

La nostra parola, d’altra parte, non si presenta come una in più nel mercato delle idee e delle opinioni, ma ha tutto il peso dei messaggi forti e definitivi. Della sua accettazione o rifiuto dipendono la vita o la morte; e la sua verità, il suo potere di persuasione, arriva per la via testimoniale, ovvero, accreditato da segnali a favore dei bisognosi. Perciò è, propriamente, una "proclama" una dichiarazione pubblica, felice, emozionata, di un fatto decisivo e salvatore.

Perché, allora, il nostro silenzio? Paura, timidezza? Diceva San Giustino che "gli ignoranti e incapaci di eloquenza, persuasero con la virtù tutta l'umanità". Il segno o miracolo della virtù è la nostra eloquenza. Lasciamo almeno che il Signore in mezzo a noi e con noi realizzi la sua opera «mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano» (Mc 16,20).
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26/04/2022 09:48
 
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Dovete nascere dall’alto»

Rev. D. Xavier SOBREVÍA i Vidal
(Sant Just Desvern, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù espone la difficoltà di prevenire e conoscere lo Spirito Santo: infatti, «soffia dove vuole» (Gv 3,8). Questo è legato alla testimonianza che Lui stesso sta dando e la necessità di rinascere dall'alto. «Dovete rinascere dall'alto» (Gv 3,7), dice il Signore in modo chiaro; abbiamo bisogno di una nuova vita per poter entrare nella vita eterna. Non è sufficiente tirare avanti alla meno peggio per raggiungere il Regno dei Cieli, Abbiamo bisogno di una nuova vita rigenerata dall'azione dello Spirito di Dio. La nostra vita professionale, familiare, sportiva, culturale, ricreativa e, soprattutto, la nostra vita di pietà deve essere trasformata dal senso cristiano per l'azione di Dio. Tutto, trasversalmente, deve essere impregnato dal suo Spirito. Nulla, assolutamente nulla, dovrebbe rimanere fuori dalla rinnovazione che Dio realizza in noi con il suo Spirito.

Una trasformazione che ha Gesù Cristo come suo catalizzatore. Lui, che doveva essere innalzato sulla croce e che doveva anche risuscitare, è chi può fare che lo Spirito di Dio ci venga inviato. Egli che è venuto dall'alto. Egli che ha mostrato con tanti miracoli il suo potere e la sua bontà. Egli che in tutto fa la volontà del Padre. Egli che ha sofferto fino a versare l’ultima goccia di sangue per noi. Grazie allo Spirito che ci invierà, noi «possiamo raggiungere il Regno dei Cieli, per Lui otteniamo l’adozione filiale, per Lui ci si dà la fiducia necessaria per nominare Dio con il nome di "Padre", la partecipazione della grazia di Cristo e il diritto a partecipare alla gloria eterna» (S. Basilio il Grande).

Lasciamo che l'azione dello Spirito sia accolta da noi, ascoltiamoLo e applichiamo le sue ispirazioni affinchè ognuno di noi sia -nel suo luogo abituale- un buon esempio elevato che irradi la luce di Cristo.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«[Cristo], nella sua venuta, ha portato con sé ogni novità» (Sant’Ireneo)

«Lui può sempre, con la sua novità, rinnovare la nostra vita e la nostra comunità e, anche se attraversi tempi oscuri e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai» (Francesco)

«L’acqua battesimale viene quindi consacrata mediante una preghiera di epiclesi (sia al momento stesso, sia nella Veglia pasquale). La Chiesa chiede a Dio che, per mezzo del suo Figlio, la potenza dello Spirito Santo discenda su quest’acqua, in modo che quanti vi saranno battezzati nascano ‘dall’acqua e dallo Spirito’ (Gv 3,5)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1238)
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27/04/2022 09:34
 
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«La luce è venuta nel mondo»

Fr. Damien LIN Yuanheng
(Singapore, Singapore)
Oggi, davanti alle miriade di opinioni della vita moderna, può sembrare che la verità non esista più, -la verità rispetto a Dio, la verità su questioni relative al genere umano, la verità sul matrimonio, le verità morali, e in ultima istanza, la verità su me stesso.

Il brano del vangelo di oggi identifica Gesù Cristo come «Il cammino, la verità e la vita» (Gv 14,6). Senza Gesù troviamo solo desolazione, inganno e morte. Solo c’è un cammino, e solo uno, che porta in Cielo, e si chiama Gesù Cristo.

Cristo non è una opinione qualsiasi. Gesù Cristo è l’autentica verità. Negare la verità è come insistere nel chiudere gli occhi alla luce del sole. Tanto se piace come se non piace, il Sole sarà sempre lì; ma l’infelice ha liberamente scelto di chiudere gli occhi davanti al Sole della verità. Nello stesso modo, molti si consumano nelle loro corse con una tremenda forza di volontà e che richiedono l'uso di tutto il loro potenziale, dimenticando che solo possono raggiungere la verità riguardo a loro stessi camminando assieme Gesù Cristo.

D’altra parte, secondo Benedetto XVI, "Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr Gv 8,32)» (Encíclica "Caritas in Veritate"). La verità di ciascuno è una chiamata a diventare il figlio o la figlia di Dio nella Casa del Padre, «Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Dio vuole figli e figlie liberi, non schiavi.

In realtà, l’"io" perfetto è un progetto congiunto tra Dio e me. Quando cerchiamo la santità, cominciamo a riflettere la verità di Dio nelle nostre vite. Il Papa lo ha detto in un bellissimo modo, «Ogni santo è come un raggio di luce che esce dalla Parola di Dio» (Esortazione Apostolica "Verbum Domini").
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29/04/2022 08:06
 
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«Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi la Chiesa celebra con gioia e gratitudine a S. Caterina da Siena (1347-1380), patrona d'Italia. Con gioia perché in essa sono diventate vere le parole di Cristo: «Perché tu hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Impressiona il grado di maturità interiore e d’unione amorosa —fino ai mistici desposori— in Gesù Cristo di una ragazza così giovane come Catalina.

Dio stesso ha nel suo “DNA” la semplicità, la discrezione. Così si ha agito il Messia: è nato e cresciuto in un fienile, senza trionfalismi. Egli era il Re annunciato e atteso da Davide, ma la sua corona reale è fatta di spine e il suo trono è la Croce. In una delle sue visioni mistiche, Catalina vide che Gesù gli ha mostrato due corone, una d'oro i l’altra di spine. Lei rispose che il suo riposo era il dolore del Signore e ha scelto le spine ... «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo» (Mt 11,28): Catalina riposa nella sofferenza di Cristo; Gesù risiede nella semplicità della giovane santa.

Catalina, che conosceva bene il suo Amato, aveva vivida consapevolezza della grandezza dell'uomo perché Dio stesso è innamorato di ciascuno di noi: «Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno»

Infine, la gratitudine della Chiesa verso Catalina per il suo compito conciliante. A quel tempo, la Chiesa ha vissuto un periodo triste di divisioni, interne ed esterne. La cosa più spiacevole è stata l’ "esilio di Avignone". Dal 1305, un totale di sette papa hanno riseduto ad Avignone. Le preghiere e gli sforzi di Santa Caterina, —anche di altre personalità, come santa Brigida— hanno ottenuto che nel 1367 papa Urbano V tornasse alla Città Eterna. Grazie siano date eternamente alle sante donne che hanno fatto tanto —spesso più di quanto sappiamo— per la Chiesa!
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30/04/2022 08:29
 
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«Sono io, non abbiate paura!»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, Gesù ci disorienta. Eravamo abituati ad un Redentore che, sempre pronto ad occuparsi di ogni tipo di indigenza umana, non dubitava nel ricorrere al suo potere divino. Di fatto, l’azione trascorre poco dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci in beneficio della folla affamata. Adesso, invece, ci sconcerta un miracolo —il fatto di camminare sulle acque— che sembra, a prima vista un’azione promozionale. Però no! Gesù aveva già scartato l’uso del suo potere divino per esibizionismo o per beneficio personale, quando all’inizio della sua missione rifiutò le tentazioni del Maligno.

Con il gesto di camminare sulle acque, Cristo sta dimostrando il suo dominio sulle cose create. Però allo stesso tempo possiamo vedere una messa in scena del suo dominio sul Maligno, rappresentato da un mare agitato e nell’oscurità.

«Sono io, non temete!» (Gv 6,20), diceva loro Gesù in quell’occasione. «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33), dirà loro più tardi nel Cenacolo. Finalmente è Gesù che dice alle donne, la mattina di Pasqua, dopo essersi alzato dal sepolcro: «Non abbiate paura». Noi, grazie alla testimonianza degli Apostoli, sappiamo della sua vittoria sui nemici dell’uomo: il peccato e la morte. Per questo, oggi, le sue parole risuonano nei nostri cuori con una forza speciale, perché sono le parole di Qualcuno che è vivo.

Le stesse parole che Gesù rivolgeva a Pietro e agli Apostoli, le ripeteva Giovanni Paolo II, successore di Pietro, all’inizio del suo pontificato «Non abbiate paura». Era una chiamata ad aprire il nostro cuore, la nostra essenza al Redentore, perché con Lui non abbiamo nulla da temere di fronte all’impeto dei nemici di Cristo.

Dinanzi alla fragilità personale per portare a buon fine le missioni che Gesù ci richiede (una vocazione, un progetto apostolico, un servizio...), ci consola sapere che anche Maria —creatura come noi— sentì le stesse parole da parte dell’angelo, prima di affrontare la missione che il Signore le aveva assegnato. Impariamo da Lei ad accogliere l’invito di Gesù ogni giorno e in ogni circostanza.
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01/05/2022 08:07
 
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«Gesù disse loro: «Venite a mangiare»»

Rev. D. Jaume GONZÁLEZ i Padrós
(Barcelona, Spagna)
Oggi, terza Domenica di Pasqua, contempliamo ancora le apparizioni del Risorto, quest’anno secondo il vangelo di Giovanni, nell’impressionante capitolo ventuno, tutto permeato di riferimenti sacramentali, molto vivo per la comunità cristiana della prima generazione, colei che raccolse la tesmonianza evangelica degli Apostoli.

Questi, dopo gli eventi pasquali, sembra che tornano alle loro occupazioni abituali, come se avessero dimenticato che il Maestro li aveva convertiti in “pescatori di uomini”. Un errore che l’evangelista Giovanni riconosce, constatando che -malgrado essersi sforzati - «non presero (pescarono) nulla» (Gn 21,3). Era la notte dei discepoli. Tuttavia, all’alba, la presenza nota del Signore trasforma tutta la scena. Simon Pietro, che in precedenza aveva preso l’iniziativa nella pesca infruttuosa, ora raccoglie la rete piena: centocinquantatré pesci è il risultato, numero che è la somma dei valori numerici di Simon (76) e di ikhthys (=pesce,77). Significativo!

Così, quando sotto lo sguardo del Signore glorificato e con la sua autorità, gli Apostoli, con la primazia di Pietro- manifestata nella triplice dichiarazione di amore al Signore- esercitano la loro missione evangelizzatrice, avviene il miracolo: “pescano uomini”. I pesci, una volta pescati, muoiono se li togli dal loro ambiente. Analogamente, anche gli esseri umani muoiono se nessuno li salva dalle tenebre e dal soffocamento, di un’esistenza lontana da Dio e avvolta di assurdità, portandoli alla luce, all’aria e al calore della vita. Della vita di Cristo, che Lui stesso alimenta dalla spiaggia della sua gloria, splendida figura della vita sacramentale della Chiesa e, primordialmente, dell’Eucaristia. In lei il Signore dà personalmente il pane e, con lui, si dà se stesso, come indica la presenza del pesce, che per la prima comunità cristiana era il simbolo di Cristo e, di conseguenza, del cristiano.
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03/05/2022 08:20
 
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«Io sono la via, la verità e la vita. (...) Chi ha visto me, ha visto il Padre»

Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)
Oggi celebriamo la festa degli Apostoli Filippo e Tommaso. Il Vangelo fa riferimento a quei colloqui che Gesù aveva soltanto con gli Apostoli e in cui procurava istruirli, affinché avessero delle idee chiare rispetto alla sua persona e la sua missione. Gli Apostoli erano influenzati dalle idee che i giudei si erano fatte sulla persona del Messia: aspettavano un liberatore terrestre e politico, mentre Gesù non rispondeva in assoluto a questa immagine stabilita preventivamente.

Le prime parole che leggiamo nel Vangelo di oggi sono la risposta a una domanda fatta dall’Apostolo Tommaso. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Questa risposta a Tommaso introduce la richiesta di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). La risposta di Gesù è —in realtà— una riprovazione: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?» (Gv 14,9).

Gli Apostoli non finivano di capire l’unità fra il Padre e Gesù, non riuscivano a vedere che Dio è uomo nella persona di Gesù. Egli non si limita a dimostrare la sua uguaglianza con il Padre, non solo ma ricorda a loro che saranno quelli che continueranno la sua opera di salvezza: concede loro il potere di fare miracoli, gli promette di essere sempre fra di loro e che qualsiasi cosa chiederanno in suo nome Egli gliela concederà.

Queste risposte di Gesù agli Apostoli sono rivolte anche a noi. San Josemaria, commentando questo testo dice: «‘Io sono la via, la verità e la vita’, con queste inequivoche parole ci ha mostrato il Signore qual’è il sentiero autentico che porta alla felicità eterna (...). Lo dichiara a tutti gli uomini, però specialmente lo ricorda a chi come te e come me, abbiamo detto di essere disposti a prendere sul serio la nostra vocazione di essere cristiani».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Cristo stesso è la via, per questo dice: Io sono la via. Questo ha una spiegazione molto vera, poiché attraverso di Lui possiamo avvicinarci al Padre» (San Tommaso d'Aquino)

«Filippo ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con Lui e a invitare gli altri a condividere questa indispensabile compagnia; e, vedendo, incontrando Dio, a trovare la vera vita» (Benedetto XVI)

«Dio "desidera che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim 2,4), cioè alla conoscenza di Cristo Gesù. Bisogna dunque annunciare Cristo a tutti i popoli e a tutti gli uomini, affinché la Rivelazione giunga fino ai confini della terra» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 74)
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05/05/2022 09:04
 
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«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo»

Rev. D. Pere MONTAGUT i Piquet
(Barcelona, Spagna)
Oggi, cantiamo al Signore da cui ci viene la gloria e il trionfo. Il Risuscitato si presenta alla sua Chiesa con quel «Io sono colui che è» che lo identifica come fonte di salvezza: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell’atto di ringraziamento, la comunità riunita intorno al Vivente lo riconosce amorosamente e accetta il precetto di Dio, riconosciuto ora come l’insegnamento del Padre. Cristo, immortale e glorioso, ci ricorda nuovamente che il Padre è l’autentico protagonista di tutto. Coloro che lo ascoltano e credono vivono in comunione con chi proviene da Dio, l’unico che lo ha visto, così la fede è il principio della vita eterna.

Il pane vivo è Gesù. Non è un alimento che assimiliamo in noi, bensì ci assimila. Lui ci fa avere fame di Dio, sete di ascoltare la sua Parola, che è gioia e allegria del cuore. La Eucaristia è l’anticipo della gloria celeste: «Spezziamo lo stesso pane, che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire e per vivere per sempre in Cristo» (San Ignazio di Antiochia). La comunione con la carne del Cristo risorto ci deve abituare con tutto quello che scende dal cielo, ossia, a chiedere, a ricevere e assumere la nostra vera condizione: siamo fatti per Dio e solo Lui sazia pienamente il nostro spirito.

Però questo pane vivo non solo ci farà vivere un giorno, oltre alla morte fisica, bensì ci è dato ora «per la vita del mondo» (Gv 6,51). Il proposito del Padre, che non ci ha creato per morire, è legato alla fede e all’amore. Vuole una risposta attuale, libera e personale alla sua iniziativa. Ogni volta che mangiamo di questo pane, addentriamoci nell’amore stesso! Già non viviamo per noi stessi, già non viviamo nell’errore. Il mondo è ancora bello perché c’è chi continua ad amarlo fino all’estremo, perché esiste un Sacrificio del quale si beneficiano persino quelli che lo ignorano.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non fa altro che trasformare noi in ciò che riceviamo, e farci portatori, nel nostro spirito e nella nostra carne, di Colui nel quale e con il quale siamo periti, sepolti e risorti» (San Leone Magno)

«Dobbiamo vivere l'Eucaristia in uno spirito di fede, preghiera, perdono, penitenza, gioia comunitaria, preoccupazione per i bisognosi, nella certezza che il Signore realizzerà ciò che ci ha promesso: la vita eterna» (Francesco)

«L’Eucarestia è la ‘ fonte e il culmine di tutta la vita cristiana’ (Concilio Vaticano II). ‘Gli altri sacramenti, così come tutti i ministeri ecclesiali e le opere di apostolato, sono uniti all'Eucaristia e sono orientati ad essa. La Santa Eucaristia, infatti, contiene tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè Cristo stesso, la nostra Pasqua’ (Concilio Vaticano II)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1.324)
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06/05/2022 09:05
 
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«In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, Gesù fa tre dichiarazioni capitali quali: che si deve mangiare la carne del Figlio dell’uomo e bere il suo sangue; che se non si fà la Comunione non si può aver vita; e che questa vita è la vita eterna ed è condizione per la risurrezione (cf. Gv 6,53.58). Non vi è nient’altro nel Vangelo che sia così chiaro, così evidente e definitivo come queste affermazioni di Gesù.

Non sempre i cattolici siamo all’altezza di ciò che merita l’Eucaristia: a volte pretendiamo “vivere” senza le condizioni di vita segnalate de Gesù e, come scrisse Giovanni Paolo II, «l’Eucaristia è un dono troppo grande per ammettere ambiguità e diminuzioni».

“Mangiare per vivere”: mangiare la carne del Figlio dell’uomo per vivere come il Figlio dell’uomo. Questo mangiare si chiama “comunione”. Si tratta di un “mangiare”, e diciamo “mangiare” affinché rimanga chiara la necessità dell’assimilazione, dell’identificazione con Gesù. Si comunica per mantenere la unione: per pensare come Lui, per parlare come Lui, per amare come Lui. I cristiani avevamo bisogno dell’enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, La Chiesa vive dell’Eucaristia. Si tratta di un’enciclica appassionata: è “fuoco” perché l’Eucaristia è incandescente.

«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), disse Gesù la sera del Giovedì Santo. Dobbiamo recuperare il fervore eucaristico. Nessun’altra religione ha una simile iniziativa. È Dio stesso che scende fino al cuore dell’uomo per stabilire una misteriosa relazione d’amore. E da lì si costruisce la Chiesa e prende parte nel dinamismo apostolico ed ecclesiale dell’Eucaristia.

Stiamo toccando la profondità stessa del mistero, come Tommaso, che tocca le ferite di Cristo Risorto. Noi cristiani dovremo rivedere la nostra fedeltà al fatto eucaristico, così come Gesù lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone. Dobbiamo rivivere la “tenerezza” verso l’Eucaristia: genuflessioni pausate e ben fatte, incremento del numero delle comunioni spirituali... E, a partire dall’Eucaristia gli uomini ci appariranno sacri, così come sono. E li serviremo con una rinnovata tenerezza.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Lo stesso Creatore e Signore della natura, che fa produrre il pane alla terra, fa anche del pane il proprio corpo (perché lo ha promesso e ha il potere di farlo), e colui che ha trasformato l'acqua in vino fa del vino il suo sangue. È la Pasqua del Signore!» (San Gaudenzio da Brescia)

«L’Eucarestia rimane un ‘segno di contraddizione’ e non può che essere così, perché un Dio che si fa carne e si sacrifica per la vita del mondo mette in crisi la sapienza degli uomini» (Benedetto XVI)

«Il Signore ci rivolge un invito urgente a riceverLo nel sacramento dell'Eucarestia.: ‘In verità in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.’ (Jn 6,53)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1.384)
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07/05/2022 09:36
 
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«Tu hai parole di vita eterna»

Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, abbiamo appena finito di leggere nel Vangelo il discorso di Gesù sul Pane di Vita, che è Egli stesso che si darà a noi come alimento per le nostre anime e la nostra vita cristiana. E, come di solito succede, abbiamo visto due reazioni ben diverse, se non contrapposte, dal suo uditorio.

Per alcuni, il suo linguaggio è troppo duro, incomprensibile per le loro menti chiuse alla Parola salvifica del Signore, e San Giovanni dice -con una certa tristezza- che «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66). E lo stesso l'evangelista ci dà un indizio per capire l'atteggiamento di queste persone: non credevano, non erano disposte ad accettare gli insegnamenti di Gesù, spesso incomprensibili per loro.

D'altra parte, vediamo la reazione degli Apostoli, rappresentati da san Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto» (Gv 6,68-69). Non è che i dodici sono più perspicaci degli altri, nemmeno più buoni, forse nemmeno più esperti della Bibbia; quello che si sono: più semplici, più confidenti, più aperti allo Spirito, più docili. Li sorprendiamo ogni tanto nelle pagine dei Vangeli sbagliando, non comprendendo Gesù, discutendo su chi di loro è il più importante, anche correggendo il Maestro quando annuncia la sua passione, ma sempre li troviamo al suo fianco, fedeli. Il loro segreto: lo amavano veramente.

S. Agostino lo esprime così: «Non lasciano impronta nell’anima le buone abitudini, ma l'amore buono (...). Questo è vero amore, ubbidire e credere a chi si ama» Alla vista di questo Vangelo, possiamo domandarci: dove ho posto il mio amore? che fede e che obbedienza ho nel Signore e in quello che la Chiesa insegna? Con che docilità, semplicità e fiducia vivo con le cose di Dio?
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08/05/2022 09:46
 
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«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco»

P. Josep LAPLANA OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, lo sguardo di Gesù sugli uomini è lo sguardo del Buon Pastore, che prende sotto la sua responsabilità le pecore affidate a lui e si occupa di ognuna di loro. Fra Lui e loro crea un vincolo, un istinto di conoscenza e di fedeltà: «ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (Gn 10,27). La voce del Buon Pastore è sempre una chiamata a seguirlo, ad entrare nel suo circolo magnetico di influenza.

Cristo ci ha conquistati non solo con il suo esempio e il suo insegnamento, ma con il prezzo del suo sangue. Gli siamo costati molto perciò non vuole che nessuno dei suoi si perda. E, malgrado ciò, la evidenza si impone: alcuni seguono la chiamata del Buon Pastore e altri no. L’annuncio del Vangelo a qualcuno provoca rabbia, e ad altri gioia. Cosa hanno questi che non abbiano gli altri? Sant’Agostino, davanti al mistero abissale dell’elezione divina, rispondeva: “Dio non ti lascia se tu non lo lasci”; non ti abbandonerà se tu non lo abbandoni. Quindi, non incolpare Dio, ne la Chiesa, ne gli altri, perché il problema della tua fedeltà è solo tuo. Dio non nega la grazia a nessuno, e questa è la nostra forza: afferrarci forte alla grazia di Dio. Non è nessun merito nostro; semplicemente siamo stati “favoriti”.

La fede entra per l’orecchio, ascoltando la parola del Signore, e il pericolo più grande che abbiamo è la sordità, non sentire la voce del Buon Pastore perché abbiamo la testa piena di rumori e di altre voci di dissenso, o ciò che tuttavia è ancora più grave, quello che dice San Ignazio nei suoi Esercizi, “fare il sordo”, sapere che Dio ti chiama e non non darsi per alluso. Colui che si chiude alla chiamata di Dio consapevolmente, ripetutamente, perde la sintonia con Gesù e perderà l’allegria di essere cristiano per andare a pascolare in altri pascoli che non saziano ne danno la vita eterna. Tuttavia, Lui è l’unico che ha potuto dire: «Io do loro la vita eterna» (Gn 10,28).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«‘Chiunque entrerà per me sarà salvo’, avrà la libertà di entrare e di uscire, e troverà pascoli abbondanti. Infatti entrarà aprendosi alla fede; uscirà passando dalla fede alla visione; troverà pascoli nel banchetto eterno» (San Gregorio Magno)

«È proprio questa la differenza tra il vero pastore e il ladro: per il ladro, per gli ideologi e i dittatori, le persone sono solo cose che si possiedono. Ma per il vero pastore, al contrario, sono esseri liberi per raggiungere la verità e l'amore» (Benedetto XVI)

«La partecipazione alla celebrazione comunitaria dell'Eucaristia domenicale è una testimonianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. In questo modo i fedeli attestano la loro comunione nella fede e nella carità (…). Si rafforzano vicendevolmente sotto l'assistenza dello Spirito Santo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 2.182)
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09/05/2022 08:35
 
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«Chi entra dalla porta, è pastore delle pecore (...) le pecore ascoltano la sua voce (...) e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce»

Rev. D. Francesc PERARNAU i Cañellas
(Girona, Spagna)
Oggi, continuiamo a considerare una delle immagini più belle e più note della predicazione di Gesù: il buon Pastore, il suo gregge e l’ovile. Tutti abbiamo presente la figura del buon Pastore, che abbiamo contemplato fin dall’infanzia. Un'immagine che era molto cara ai primi cristiani e fa parte dell’ arte sacra del tempo delle catacombe. Quante cose ci evoca quel giovane pastore con la pecora ferita sulle sue spalle! Molte volte ci siamo visti noi stessi rappresentati in quel povero animale.

Non è da molto abbiamo celebrato la festa di Pasqua, e ancora una volta abbiamo ricordato che Gesù non parlava in linguaggio figurativo quando diceva che il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore. Realmente lo fece, la sua vita fu il pegno del nostro riscatto, con la sua vita comprò la nostra; grazie a questa decisione, noi siamo stati riscattati; «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10,9). Qui troviamo la manifestazione del grande mistero dell'amore ineffabile di Dio che raggiunge questi estremi inimmaginabili per salvare ogni creatura umana. Gesù porta il suo amore fino all'estremo, fino al punto di dare la propria vita. Ancora riecheggiano le parole del Vangelo di Giovanni, che ci introduce ai momenti della Passione: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).

Tra le parole di Gesù vorrei suggerire un approfondimento su queste: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14), a maggior ragione, «le pecore ascoltano la sua voce (...) lo seguono, perché conoscono la sua voce» (Gv 10,3-4). E' vero che Gesù ci conosce, ma possiamo dire noi che Lo conosciamo sufficentemente, che Lo amiamo e corrispondiamo come dovremmo?
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10/05/2022 07:43
 
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«Io e il Padre siamo una cosa sola»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)
Oggi, vediamo Gesù che «passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone» (Gv 10,23), durante la festa della Dedicazione in Gerusalemme. Allora i giudei gli chiesero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente», e Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete» (Gv 10,24-25).

Solo la fede, rende capace l’uomo di riconoscere Gesù come il figlio di Dio. Giovanni Paolo II parlava nell’anno 2000, in un incontro con i giovani a Tor Vergata, del “laboratorio della fede”. Per la domanda «Chi sono io secondo la gente?» (Lc 9,18) ci sono molte risposte... Però Gesù passa poi al livello personale: «E voi chi dite che io sia?». Per rispondere correttamente a questa domanda è necessaria la “rivelazione del Padre”. Per rispondere come Pietro —«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16)— bisogna essere in grazia di Dio.

Però, anche se Dio vuole che tutti credano e si salvino, solo gli uomini umili sono abilitati per ricevere questo dono. «Con gli umili invece c’è la saggezza» si legge nel libro dei Proverbi (11,2). La vera saggezza dell’uomo consiste nell’aver fiducia in Dio.

San Tommaso D’Aquino commenta questo brano del Vangelo dicendo: «Grazie alla luce del sole posso vedere, però se chiudo gli occhi non vedo; però non è per colpa del sole, ma per colpa mia».

Gesù dice loro che se non credono, che credano almeno per le opere che Lui fà, che manifestano il potere di Dio: «le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza» (Gv 10,25).

Gesù conosce le sue pecore e le sue pecore ascoltano la sua voce. La fede porta al rapporto con Gesù nella preghiera. Cos'è la preghiera, se non il rapporto con Cristo, che sappiamo che ci ama e che ci porta al padre? Il risultato e premio di questa intimità con Gesù in questa vita, è la vita eterna, come abbiamo letto nel Vangelo.
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11/05/2022 09:06
 
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«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)
Oggi, Gesù grida come chi dice parole che devono essere ascoltate chiaramente da tutti. Il suo grido sintetizza la sua missione salvatrice, perché è venuto a «salvare il mondo» (Gv 12,47) ma non per se stesso, però, ma nel nome del «il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare» (Gv 12,49).

Non è ancora trascorso un mese da quando celebravamo il Triduo Pasquale. Quanto presente stette il Padre nell’ora estrema, l’ora della Croce! Come ha scritto Giovanni Paolo II, «Gesù, oppresso dalla previsione della prova che l’aspetta, solo davanti a Dio, lo invoca con la sua abituale e tenera espressione di fiducia: «`Abba, Padre’». Nelle ore seguenti si fa palese lo stretto dialogo del Figlio con il Padre: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34); «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

La importanza di questo atteggiamento del Padre e del suo inviato, si merita una risposta personale di chi ascolta. Questa risposta è il credere, ossia, la fede (cf. Gv 12,44); fede che ci da —lo stesso Gesù— la luce per non seguire nelle tenebre. Invece, chi rifiuta tutti questi doni e manifestazioni, e non conserva queste parole «ha chi lo condanna: la parola» (Gv 12,48).

Accettare Gesù, allora, è credere, vedere, ascoltare il Padre, significa non trovarsi immerso nelle tenebre, ubbidire il mandato di vita eterna. Ci risulta opportuna l’ammonizione di san Giovanni della Croce: «[Il Padre] tutto ce lo disse insieme e in una sola volta, per questa sola Parola (...). Per cui, chi adesso volesse chiedere a Dio, o volesse qualche visione o rivelazione, non solo farebbe una sciocchezza, ma offenderebbe Dio, al non porre gli occhi totalmente in Cristo, evitando di volere qualche altra cosa o novità».
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12/05/2022 08:47
 
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«Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli...»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)
Oggi, come in quei film che iniziano ricordando un fatto del passato, la liturgia fa memoria di un gesto che appartiene al Giovedì Santo: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli (cf. Gv 13,12). Così questo gesto —letto dalla prospettiva della Pasqua— assume una validità perenne. Prestiamo attenzione, solamente, a tre idee.

In primo luogo, la centralità della persona. Nella nostra società sembra che fare sia il termometro del valore di una persona. In questa dinamica è facile che le persone siano trattate come strumenti; facilmente ci utilizziamo gli uni agli altri. Oggi il Vangelo ci incita urgentemente a trasformare questa dinamica in una dinamica di servizio: l’altro non è mai puro strumento. Si tratterebbe di vivere una spiritualità di comunione, dove l’altro —in una espressione di Giovanni Paolo II— arriva ad essere “qualcuno che mi appartiene” e un “dono per me”, al quale bisogna “dare spazio”. Il nostro linguaggio lo ha afferrato felicemente con l’espressione: “esserci per gli altri”. Ci siamo per gli altri? Li ascoltiamo quando ci parlano?

Nella società dell’immagine e della comunicazione, questo non è un messaggio da trasmettere, ma è un incarico da compiere, nel vivere quotidiano «Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Gv 13,17). Forse per questo, il Maestro non si limita a una spiegazione: fissa il gesto del servizio nella memoria di quei discepoli, passando immediatamente alla memoria della Chiesa; una memoria chiamata costantemente ad essere un’altra volta gesto: nella vita di tante famiglie e di tante persone.

Per concludere, un campanello d’allarme: «Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno» (Gv 13,18). Nell’Eucaristia Gesù risorto si fa nostro servitore, ci lava i piedi. Però non è sufficiente con la presenza fisica. Bisogna imparare nell’Eucaristia e prendere coraggio per convertire in realtà che «Avendo ricevuto il dono dell'amore, moriamo al peccato e viviamo per Dio» (San Fulgenzio di Ruspe).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Non c’é vera amicizia eccetto quella che nasce dall’unione di coloro che Tu riunisci per mezzo della caritá» (Sant’Agostino)

«La comunitá evangelizzatrice si mette nella vita quotidiana degli altri con opere ed azioni, toccando la carne del Cristo sofferente. Gli evangelizzatori hanno cosi ‟odore a pecora”» (Francesco)

«Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello: è ‟l'uomo perfetto” che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con il suo abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, con la sua preghiera, attira alla preghiera, con la sua povertà, chiama ad accettare liberamente la spogliazione e le persecuzioni» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n˚ 520)
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13/05/2022 07:45
 
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«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»

Rev. D. Josep Mª MANRESA Lamarca
(Valldoreix, Barcelona, Spagna)
Oggi, in questo Venerdì IV di Pasqua, Gesù ci invita alla calma. La serenità e l’allegria scorrono come un fiume di pace dal suo Cuore risuscitato fino al nostro, agitato ed inquieto, affannato tante volte da un attivismo così febbrile come sterile.

Sono tempi i nostri di agitazione, nervosismo e di stress. Tempi in cui il Padre della menzogna ha contagiato l’intelligenza degli uomini facendoli chiamare bene il male e male il bene , confondendo la luce con l’oscurità e l’oscurità con la luce, seminando nelle loro anime il dubbio e lo scetticismo che fanno appassire in esse ogni germe di speranza in un orizzonte di abbondanza che il mondo con le sue lusinghe non sa né può dare.

I frutti di tale diabolica impresa o attività sono evidenti: impadronandosi del “senzasenso” e della perdita della trascendenza di tanti uomini e donne, non solo hanno dimenticato, ma hanno anche smarrito il cammino, perché prima dimenticarono Colui che è il Cammino. Guerre, violenze di ogni genere, oscurità ed egoismo di fronte alla vita (anticoncezione, aborto, eutanasia...), famiglie distrutte, gioventù “snortata” e un lungo eccetera, costituisce la grande bugia sulla quale si fonda buona parte della triste impalcatura della società del così strombazzato “progresso”.

In mezzo a tutto ciò, Gesù, il Principe della Pace, ripete agli uomini di buona volontà con la sua infinita mansuetudine: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). Alla destra del Padre, Lui accarezza come un sogno illusionato nella sua misericordia il momento di tenerci vicini a Sé, «perché stiate anche voi dove sono io» (Gv 14,3). Non possiamo scusarci come Tommaso. Noi sì conosciamo il cammino. Noi, per pura grazia, sì conosciamo il cammino che conduce al Padre, nella cui casa ci sono molte stanze. Nel cielo ci aspetta un posto, che resterà vuoto per sempre se non lo occupiamo noi. Avviciniamoci, dunque, senza paura, con illimitata fiducia a Colui che è l’unico Cammino, l’irrinunciabile Verità e la Vita nella sua pienezza.
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14/05/2022 08:32
 
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«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»

+ Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)
Oggi la Chiesa ricorda il giorno in cui gli Apostoli scelsero quel discepolo di Gesù che doveva sostituire a Giuda Iscariota. Come ci narra opportunamente San Giovanni Crisostomo in una delle sue prediche, al momento di scegliere persone che usufruiranno di una certa responsabilità, possono esserci certe rivalità e discussioni. Per questo, San Pietro «si disinteressa dell’invidia che avrebbe potuto sorgere», lo lascia alla sorte, all’ispirazione divina, evitando così questa possibilità. Questo Padre della Chiesa, continua dicendo: «È certo che le decisioni importanti molte volte possono generare dispiaceri».

Nel Vangelo del giorno, il Signore parla agli Apostoli riguardo all’allegria che devono sentire: «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»(Gv 5,11). In effetti, il cristiano, come Mattia, vivrà felice e con una serena allegria, se assume i diversi avvenimenti della vita dalla grazia della filiazione divina. Altrimenti, finirebbe lasciandosi trasportare da falsi tormenti, da sciocche invidie o da pregiudizi di qualsiasi tipo. L’allegria e la pace sono sempre i frutti dell’esuberanza, dell’impegno apostolico e della lotta per arrivare a essere santi. È il risultato logico e soprannaturale dell’amore a Dio e dello spirito di servizio al prossimo.

Romano Guardini scriveva: «La sorgente dell’allegria, si trova nel più profondo dell’essere di una persona (...). Lì risiede Dio. Allora, l’allegria si espande e ci fa luminosi. E tutto ciò che è bello è percepito con tutto il suo splendore». Quando non siamo contenti dobbiamo saper pregare come San Tommaso Moro: «Mio Dio, concedimi il senso dell’umore affinché possa assaporare la felicità della vita e possa trasmetterla agli altri». Non dimentichiamo quello che Santa Teresa del Gesù chiedeva anche: «Dio, liberami dai santi con la faccia triste, giacché un santo triste è un triste santo».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Dalle realtà conosciute dall'anima, il discorso divino le ispira segretamente un amore che non conosceva» (San Gregorio Magno)

«La vocazione cristiana è questa: rimanere nell'amore di Dio. La relazione d'amore tra Lui e il Padre è la relazione d'amore tra Lui e noi» (Francesco)

«Gesù fa della carità il nuovo comandamento (cfr. Gv 13,34). Amando i suoi “fino alla fine” (Gv 13,1), egli manifesta l'amore del Padre che ha ricevuto. Amando gli uni gli altri, i discepoli imitano l'amore di Gesù che ricevono anche in se stessi. Per questo Gesù dice: “Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi; rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). E anche: 'Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi' (Gv 15,12)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1.823)
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15/05/2022 08:11
 
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«Che vi amiate gli uni gli altri»

Rev. D. Jordi CASTELLET i Sala
(Sant Hipòlit de Voltregà, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci invita ad amarci gli uni gli altri. Anche in questo mondo complicato in cui ci tocca vivere, complicato nel bene e nel male che si mescola e si amalgama, abbiamo frequentemente la tentazione di osservarlo come una cattiva notizia, come una fatalità. I cristiani, invece, siamo gl’incaricati di apportare in un mondo violento e ingiusto, la Buona Nuova di Gesù Cristo.

Infatti Gesù ci dice che «vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13,34). E una buona forma di amarci, un modo di mettere in pratica la Parola di Dio è quello di annunciare sempre e dovunque la Buona Nuova, il Vangelo che non è altro che annunciare lo stesso Gesù.

«Portiamo questo tesoro in vasi di creta» (2Cor 4,7). Qual’è questo tesoro? Quello della Parola, quello dello stesso Dio, mentre noi siamo i recipienti di creta. Questo tesoro, però, è un tesoro che non possiamo conservare in beneficio nostro solamente, ma dobbiamo diffonderlo:«Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole (…)ed insegnando loro tutto ciò che vi ho raccomandato.Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Infatti, Giovanni Paolo II scrisse: «chi ha incontrato veramente Cristo, non può conservarLo solo per sé, deve annunciarLo».

Con questa fiducia, annunziamo il Vangelo; facciamolo con tutti i mezzi disponibili ed in qualunque posto possibile: con la parola, con l’azione, con il pensiero, per mezzo del giornale, per Internet, nel lavoro e tra gli amici… «Che la vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil 4,5).

Dunque, e, come ricalca il Papa Giovanni Paolo II, bisogna utilizzare le moderne tecnologie, senza riserbo, senza vergogna, per far conoscere le Buone Notizie della Chiesa di oggi, senza dimenticare che solo se si è gente di buon tratto, solo cambiando il nostro cuore, otterremo che cambi anche il nostro mondo.
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16/05/2022 08:55
 
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«Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»

Rev. D. Norbert ESTARRIOL i Seseras
(Lleida, Spagna)
Oggi, Gesù ci insegna il suo immenso desiderio di farci partecipi della sua pienezza. Uniti a Lui, stiamo nella fonte di vita divina che è la Santissima Trinità. «Dio è con te. Nella tua anima in grazia abita la Trinità Beatissima. —Pertanto, tu, nonostante le tue miserie, puoi e devi stare in continua conversazione con il Signore» (San Josemaria).

Gesù assicura che sarà presente in noi per la dimora di Dio, nell’anima in grazia. Così, i cristiani non siamo più orfani. Visto che ci ama tanto, nonostante non abbia bisogno di noi, non vuole fare a meno di noi.

«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21). Questo pensiero ci aiuta a tenere presenza di Dio. Allora, non hanno posto altri desideri o pensieri che, almeno, a volte, ci fanno perder tempo e ci impediscono di compiere la volontà di Divina. Ecco qui una raccomandazione di san Gregorio Magno: «Che non ci affascini la prosperità, perché è un viandante sciocco quello che vede, lungo il suo cammino, campi deliziosi e si dimentica di quel posto dove voleva andare».

La presenza di Dio nel cuore ci aiuterà a scoprire e realizzare in questo mondo i piani che la Provvidenza ci abbia assegnato. Lo Spirito del Signore susciterà nel nostro cuore iniziative per metterle in cima a tutte le attività umane e fare, così, Cristo presente nel posto più alto della terra. Se abbiamo questa intimità con Gesù arriveremo a essere buoni figli di Dio e ci sentiremo amici suoi in tutti i luoghi e i momenti: per strada, nel bel mezzo del lavoro quotidiano, nella vita famigliare.

Tutta la luce e il fuoco della vita divina si riverseranno sopra ognuno dei fedeli che siano disposti a ricevere il dono della dimora. La Madre di Dio intercederà —come madre nostra— affinché possiamo entrare in questo tratto con la Santissima Trinità.
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17/05/2022 09:23
 
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«Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi»

Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla indirettamente della croce: ci lascerà la pace, ma al prezzo della sua dolorosa uscita da questo mondo. Oggi leggiamo le sue parole dette prima del sacrificio della Croce e che furono scritte posteriormente alla sua Risurrezione. Sulla Croce, con la sua morte vinse la morte e la paura. Non ci da la pace «come la dà il mondo» (cf. Gv 14,27), ma lo fà attraverso il dolore e l’umiliazione: così dimostrò il suo amore misericordioso all’essere umano.

Nella vita degli uomini è inevitabile la sofferenza, a partire dal giorno in cui il peccato è entrato nel mondo. Alcune volte si tratta di dolore fisico; altre di quello morale; in altre occasioni si tratta di un dolore spirituale..., e per tutti arriva la morte. Dio però, nel suo amore infinito, ci ha dato il rimedio per avere pace nel dolore. Lui ha accettato di “andarsene” da questo mondo con una “uscita” sofferente e avvolta di serenità.

Perché lo fece così? Perché in questo modo il dolore umano —unito a quello di Cristo— si trasforma in un sacrificio che salva dal peccato. «Sulla Croce di Cristo (...), la stessa sofferenza umana è rimasta redenta» (Giovanni Paolo II). Gesù Cristo soffre con serenità perché compiace al Padre celeste mediante un atto di costosa obbedienza, e con il quale si offre volontariamente per la nostra salvezza.

Un autore sconosciuto del II secolo mette sulle labbra di Cristo le seguenti parole: «Guarda gli sputi sul mio volto, che ho ricevuto per te, per restituirti il primo alito di vita che ho soffiato sul tuo volto. Guarda gli schiaffi sulle mie guance, che ho sopportato per riformare d’accordo alla mia immagine il tuo aspetto deteriorato. Guarda la mia spalla flagellata per togliere dalla tua il peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani, saldamente immobilizzate con chiodi sull’albero della croce, per te, che un tempo stendesti funestamente una delle tue mani verso l’albero proibito».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Ciò che il nostro spirito, vale a dire, la nostra anima, è per le nostre membra, simil modo è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il Corpo di Cristo, che è la Chiesa» (Sant’Agostino)

«La pace è un autentico dono della presenza di Gesù nella sua Chiesa. -Signore, custodisci la tua Chiesa nella tribolazione affinché non perda la fede, perché non perda la speranza» (Francesco)

«La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo (…). Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto ‘in sé stesso l'inimicizia’ (Ef 2,16), ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e della sua unione con Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2305)
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18/05/2022 08:34
 
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«Rimanete in me e io in voi»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all’ultimo momento, nell’istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.

Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell’amore fraterno e li ha consolati con il dono dell’Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l’esortazione all’unità nella carità.

Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbatersi ne demoralizzarsi di fronte all’odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell’invio del Difensore, garantisce loro l’assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro –per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).

Il nostro pericolo non viene dall’esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l’amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all’unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).

Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant’ Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l’indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
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19/05/2022 07:06
 
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Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi»

Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)
Oggi, ascoltiamo di nuovo l’intima confidenza che Gesù ci fece il Giovedì Santo: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» (Gv 15,9). L'amore del Padre al Figlio è immenso, tenero, irrazionale. Lo leggiamo nel libro dei Proverbi, quando afferma che, molto prima di cominciare le attività, «io ero con lui, come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante» (Pr 8,30). Così ci ama noi e, annunziandolo profeticamente nello stesso libro, aggiunge che «dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo» (Pr 8,31).

Il Padre ama il Figlio, e Gesù non perde occasione per dircelo: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8, 29). Il Padre l’ha proclamato con forza nel Giordano, quando ascoltiamo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Mc 1,11) e, più tardi, sul Tabor: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!» (Mc 9,7).

Gesù ha risposto, «Abba», papà! Adesso ci rivela, «come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi». E, cosa faremo noi? Ebbene, mantenerci nel suo amore, osservare i suoi comandamenti, amare la Volontà del Padre. Non è questo l’esempio che Lui ci da?: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

Ma noi che siamo deboli, incostanti e pusillanimi e —perché non dirlo— financo, cattivi, perderemo, poi, per sempre la sua amicizia? No, Egli non permetterà che siamo tentati al di sopra delle nostre forze! Ma se qualche volta ci allontanassimo dai suoi comandamenti, chiediamoGli la grazia di ritornare correndo come il figlio prodigo alla casa del Padre e di ricorrere al sacramento della Penitenza per ricevere il perdono dei nostri peccati. «anch'Io ho amato voi —dice Gesù—. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Mio Dio, Trinità che adoro, pacifica la mia anima. Rendila il tuo cielo, la tua amata dimora e il luogo del tuo riposo. Possa io non lasciarti mai solo in essa, ma possa io essere lì interamente, totalmente sveglia nella mia fede, nell’adorazione, donata senza riserve alla tua azione creatrice» (Beata Elisabetta della Trinità)

«Dio sa trasformare in amore anche le cose difficili e travolgenti della nostra vita. L’importante è che ‘rimaniamo’ sulla vite, in Cristo» (Benedetto XVI)

«La carità, frutto dello Spirito e pienezza della Legge, osserva i comandamenti di Dio e del suo Cristo: ‘Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore’ (Gv 15,9-10)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1824)
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20/05/2022 09:34
 
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Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»

Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Signore c’invita all’amore fraterno: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15,12), vuol dire, come avete visto fare a me e come ancora mi vedrete fare. Gesù ti parla come ad un amico, perché ti ha detto che il Padre ti chiama, che vuole che tu sia apostolo e che ti destina a produrre frutto, un frutto che si manifesta nell’amore. San Giovanni Crisostomo afferma: «Se l'amore si trovasse sparso dappertutto, nascerebbero da esso un’infinità di beni».

Amare è dare la vita. Lo sanno i coniugi che, perché si amano, fanno un dono reciproco della loro vita e prendono su di loro la responsabilità di essere genitori, accettando pure l’abnegazione ed il sacrificio del loro tempo, della propria esistenza a vantaggio di quelli che devono assistere, proteggere, educare e formare come persone. Lo sanno i missionari che danno la loro vita per il Vangelo, con uno stesso spirito cristiano di sacrificio e di abnegazione. E lo sanno religiosi, sacerdoti e vescovi, lo sa qualunque discepolo di Gesù che s’impegna con il Salvatore.

Gesù ti ha detto poc’anzi qual´è la condizione dell’amore, di dare frutto: «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Gesù ti invita a perdere la tua vita, a consegnarla a Lui senza paura, a morire a te stesso per poter amare tuo fratello con l´amore di Cristo, con amore soprannaturale. Gesù t’invita ad arrivare ad un amore operante, benefattore e concreto; così l’ha capito l’apostolo Giacomo quando disse: «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in sé stessa» (Gc 2,15-17).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Se cerchi un esempio di amore: nessuno ha più amore di chi dà la vita per i suoi amici. Questo è ciò che Cristo ha fatto sulla croce. E, per questo, se ha dato la vita per noi, non dovremmo considerare gravoso alcun male che dobbiamo soffrire per lui» (San Tommaso d'Aquino)

«Nella sua morte in croce si realizza quel mettere Dio contro se stesso. È lì, sulla croce, che si vede questa verità. E da lì è ora necessario definire cos'è l'amore. E, da questo punto di vista, il cristiano trova l'orientamento del suo vivere e del suo amore» (Benedetto XVI)

«Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù “li amò sino alla fine” (Gv 13,1) “perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici” (Gv 15,13). Così nella sofferenza e nella morte la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini. Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 609)

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21/05/2022 07:54
 
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«Faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato»

Rev. D. Ferran JARABO i Carbonell
(Agullana, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo contrappone il mondo ai seguaci di Cristo. Il mondo rappresenta tutto ciò che di peccato troviamo nella nostra vita. Una delle caratteristiche di chi segue Gesù è, dunque, la lotta contro il male e il peccato che si trova nell’intimo di ogni uomo e nel mondo. Perciò, Gesù risuscitato è luce, luce che illumina le tenebre del mondo. Karol Wojtyla ci esortava a «che questa luce ci renda forti e capaci di accettare la intiera verità di Cristo ed amarla di più quanto di più la contraddice il mondo».

Ne il cristiano, ne la Chiesa possono seguire le mode o i criteri del mondo. Il criterio unico, definitivo e ineludibile è Cristo. Non è Gesù che si deve adattare al mondo nel quale viviamo; siamo noi che dobbiamo trasformare le nostre vite in Gesù. «Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre». Questo deve farci pensare. Quando la nostra società secolarizzata chiede certi cambi o facoltà ai cristiani e alla Chiesa, semplicemente ci sta chiedendo di allontanarci da Dio. Il cristiano deve mantenersi fedele a Cristo e al suo messaggio. Dice sant’Ireneo: «Dio non ha bisogno di niente; ma l´uomo ha bisogno di stare in comunione con Dio». E la gloria dell’uomo sta nel preservare e mantenersi al servizio di Dio.

Questa fedeltà può trarre molte volte la persecuzione: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Non dobbiamo aver paura della persecuzione; Dobbiamo temere piuttosto di non cercare con sufficiente desiderio adempiere la volontà del Signore. Siamo coraggiosi e proclamiamo senza paura Cristo risuscitato, luce e allegria dei cristiani! Lasciamo che lo Spirito Santo ci trasformi per essere capaci di comunicare questo al mondo!
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22/05/2022 07:33
 
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«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»

+ Rev. D. Francesc CATARINEU i Vilageliu
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, prima di celebrare l'Ascensione e la Pentecoste, rileggiamo ancora le parole del sermone chiamato dell'Ultima Cena, nelle quali dobbiamo interpretare diversi modi di presentare un unico messaggio, giacché tutto sorge dalla unione di Cristo con il Padre e dalla volontà di Dio di associarci a questo mistero d’amore.

A Santa Teresina del Bambino Gesù, un giorno le vennero offerti diversi regali affinché scegliesse, e lei -con grande decisione nonostante la sua giovane età- disse: «scelgo tutto». Poi, da grande, intese che questo scegliere tutto si doveva concretare nel voler essere l'amore nella Chiesa, poiché un corpo senza amore non avrebbe senso. Dio è questo mistero di amore, un amore concreto, personale, incarnato nel Figlio Gesù che arriva a darlo tutto: Se stesso, la sua vita e le sue opere sono il miglior e più chiaro messaggio di Dio.

È da questo amore che lo comprende tutto, da dove nasce la "pace". Oggi, questa è ormai una parola per la quale sentiamo nostalgia: vogliamo la pace e tutto sono allarmi e violenze. Solo otterremo la pace se ci rivolgiamo a Gesù, in quanto è Lui che ce la dona il come frutto del suo amore totale. Ma non ce la dà come il mondo lo fa (cfr Gv 14,27), perché la pace di Gesù non è la quietudine e la spensieratezza, ma bensì tutto il contrario: la solidarietà che diventa fraternità, la capacità di guardarci e di guardare gli altri con occhi nuovi, come fa il Signore, e così perdonarci. Da lì nasce una grande serenità che ci fa vedere le cose così come sono, e non come sembrano. Seguendo per questo cammino raggiungeremo la felicità.

«Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). In questi ultimi giorni di Pasqua chiediamo aprirci allo Spirito: lo abbiamo ricevuto nel battesimo e nella cresima, ma è necessario che -come ulteriore dono- rigermogli in noi e ci faccia arrivare là, dove non oseremmo.
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23/05/2022 08:06
 
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«E anche voi mi renderete testimonianza»

Rev. P. Higinio Rafael ROSOLEN IVE
(Cobourg, Ontario, Canada)
Oggi, nel Vangelo Gesù annuncia e promette la venuta dello Spirito Santo: «Ma quando verrà il Paraclito, (...) che procede dal Padre mio, egli testimonierà di me» (Gv 15,26). “Paráclito” significa letteralmente “colui che è chiamato vicino a uno”, e di solito viene tradotto come "Consolatore". Così, Gesù ci ricorda della bontà di Dio, perché pur essendo lo Spirito Santo l'amore di Dio, Egli infonde nei nostri cuori la pace, la serenità nelle avversità e la gioia per le cose di Dio. Egli ci fa guardare verso l’alto e unirci a Dio.

Inoltre Gesù dice agli apostoli: «E anche voi mi renderete testimonianza» (Gv 15,27). Per dare testimonianza è necessario:

1º Avere comunione ed intimità con Gesù. Ciò deriva dal rapporto quotidiano con Lui: la lettura del Vangelo, ascoltare le Sue parole, conoscere quello che Gesù ci insegna, frequentare i sacramenti, essere in comunione con la Chiesa, imitare il suo esempio, osservare i comandamenti, vederlo nei santi, riconoscerlo nei nostri fratelli, avere il suo spirito e amarlo. Si tratta di avere una esperienza personale e viva di Gesù.

2º La nostra testimonianza è credibile se appare nelle nostre opere. Un testimone non è soltanto una persona che sa che qualcosa è vero, ma è anche disposta a dirlo e viverlo. Ciò che noi sperimentiamo e viviamo nella nostra anima deve passare all'esterno. Siamo testimoni di Gesù non solo se conosciamo i suoi insegnamenti , ma anche se facciamo —e soprattutto— quando vogliamo che altri conoscano e lo amino. Come dice il proverbio: «Le parole muovono , gli esempi trascinano».

Papa Francisco ci disse: «Apprezzo «Ringrazio per il bell’esempio che mi danno tanti cristiani che offrono la loro vita e il loro tempo con gioia. Questa testimonianza mi fa tanto bene e mi sostiene nella mia personale aspirazione a superare l’egoismo per spendermi di più”». E poi aggiunse: «desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa " Quello è sempre una luce che attrae.

Pensieri per il Vangelo di oggi
«E come la virtù della santa umanità di Cristo forma uno stesso corpo tutti colora in cui si trova, pensso che allo stesso modo lo Spirito di Dio che abita in tutti, unico e indivisibile, lo reduce a tutti la unità spirituale» (San Cirilo de Alessandria)

«Chiedete al Signore la grazia di ricevere lo Spirito Santo que ci farà ricordare le cose di Gesù, che ci guiderà a tutta la verità e ci preparerà ogni giorno per dar testimonianza secondo la volontà del Signore » (Francesco)

«Gesù Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del cielo, intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura la perenne effusione dello Spirito Santo.» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 667)
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24/05/2022 08:59
 
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«È bene per voi che io me ne vada»

Fr. Joseph A. PELLEGRINO
(Tarpon Springs, Florida, Stati Uniti)
Oggi il Vangelo ci offre una comprensione più profonda della realtà dell’Ascensione del Signore. Nella lettura del Vangelo di Giovanni della Domenica di Pasqua, Gesù dice a Maria Maddalena che non lo trattenga perché «non sono ancora salito al Padre» (Gv 20,17). Nel Vangelo di oggi Gesù si rende conto che «perché vi ho detto questo, la tristezza ha invaso il vostro cuore», ma «è bene per voi che io me ne vada» (Gv 16,6-7). Gesù deve ascendere al Padre. Tuttavia, è ancora tra noi.

Come può andarsene e rimanere allo stesso tempo? Questo mistero lo spiegò il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI: «E dato che Dio abbraccia e sostiene l’intero cosmo, l’Ascensione del Signore significa che Cristo non si è allontanato da noi, ma che adesso, grazie al fatto di stare con il Padre, è vicino ad ognuno di noi, per sempre».

La nostra speranza si trova in Gesù Cristo. Con la sua conquista sulla morte ci diede una vita che la morte non potrà mai distruggere, la sua Vita. La sua risurrezione è la dimostrazione che lo spirituale è reale. Nulla può separarci dall’amore di Dio. Nulla può diminuire la nostra speranza. Le cose negative del mondo non possono distruggere tutto ciò che di positivo Cristo ci ha donato.

Il mondo imperfetto in cui viviamo, un mondo in cui soffrono gli innocenti, può portarci al pessimismo. Ma Gesù ci ha trasformato in eterni ottimisti.

La presenza viva del Signore nella nostra comunità, nelle nostre famiglie, in quegli aspetti della nostra società che, con ogni diritto, possono essere chiamati “cristiani”, ci conferiscono una ragione per la speranza. La Presenza Viva del Signore in ognuno di noi ha portato la gioia. Non importa la enorme alluvione di notizie negative che i mezzi di comunicazione ci si compiacciono in presentarci; la positività del mondo supera di molto la negatività, perché Gesù è asceso.

Egli, infatti, è asceso, ma non ci ha abbandonato.
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TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
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