00 08/09/2011 15:24
    Molti chiedono come mai la Chiesa non paga l'ICI.

Riportiamo qui di seguito la risposta di
Mons. Rino Fisichella

Non c’è peggior nemico della voluta disinformazione. Non sono un esperto, ma si rivendica una cosa che è già in atto. Infatti «tutte le attività commercialmente rilevanti della Chiesa italiana sono già soggette a tassazione ordinaria», come ha avuto modo di precisare il vicario della curia
bolognese, don Giovanni Silvagni, rispondendo a una richiesta del sindaco Virginio Merola (e del segretario nazionale del Pd, Pierluigi Bersani). Riprendo ancora don Silvagni: «Se una parrocchia ha una scuola o dei locali che dà in affitto paga l’Ici come qualunque altro proprietario». Invece
per la casa del parroco, la chiesa, gli oratori, le aule del catechismo vale l’esenzione, perché lo Stato in certi ambiti riconosce il valore sociale della Chiesa, al pari di altre istituzioni. Così tutti i beni legati alle attività di culto e alle funzioni sociali della Chiesa godono di agevolazioni». Mi pare
chiaro…
Le notizie che si leggono sui privilegi della Chiesa italiana non solo sono presentate in maniera confusa, ma appaiono strumentali, per accreditare un’immagine poco coerente della missione che essa svolge nella società. Si usa in questi casi, come in passato, la provocazione gratuita,
giocando con una buona dose di populismo e demagogia, che ad alcuni sembra essere l’unica forma per fare politica. Negli anni scorsi, mentre si era ancora agli albori della crisi economica, che oggi mostra i suoi veri tratti, è stata per prima la Chiesa a rimboccarsi le maniche.
Tra le varie iniziative, si è creato il fondo “prestito della speranza”, per contribuire alle necessità di tante famiglie che la crisi aveva colpito con la
disoccupazione e con gravi conseguenze di povertà. La Chiesa può intervenire con queste forme di carità sia per la generosità di tante persone che credono alla sua opera, sia per gli strumenti che in ogni società civile e democratica sono messi a sua disposizione attraverso norme
giuridiche per agevolare la sua azione. Queste forme non appartengono solo alla Chiesa cattolica, ma a tutte le confessioni che sono riconosciute dallo Stato. Guardando alla prassi di altri Paesi europei, si potrà vedere come le stesse norme e altre ancora più importanti sono riconosciute alle Chiese per consentire di dare il proprio contributo peculiare là dove spesso lo Stato non riesce ad arrivare. Sarebbe tempo, comunque, che chi si
affanna in questi giorni a imporre le sue soluzioni sia più attento nel non mischiare le carte, per dare una visione distorta dell’attività della Chiesa, che è sotto gli occhi di tutti. Chi sa guardare con onestà non vede privilegi,maun prezioso servizio verso tanti poveri. Essere a loro disposizione è per noi il vero privilegio che ci contraddistingue da due mila anni.