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Origene di Alessandria

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Immagine rappresentante Origene di Alessandria.

Origène Adamanzio, greco Ὠριγένης (Ōrigénēs); latino Origenes Adamantius, raramente Horigenes (Alessandria d'Egitto, 185Tiro, 254), è stato un teologo, scrittore e catechista greco antico.

È considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani nei primi tre secoli. Di famiglia greca, si formò alla scuola catechetica di Alessandria d'Egitto (Didaskaleion).

Indice

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Biografia

Origene fu un grande filosofo cristiano e scrisse molti testi di natura teologica, anche se, per umiltà, non alluse quasi mai a se stesso nelle sue opere. Tuttavia, Eusebio di Cesarea gli dedicò quasi l'intero sesto libro dell'Storia ecclesiastica, inoltre, in collaborazione con Panfilo di Cesarea compose l'"Apologia per Origene"; tale opera, che pure ai suoi tempi poteva essere considerata di parte, dimostra tuttavia che Eusebio era ben informato sui dettagli della vita e del pensiero di Origene. Delle sue opere si trovano tracce anche nelle opere di Gregorio Taumaturgo, nelle controversie tra Sofronio Eusebio Girolamo e Tirannio Rufino, in Epifanio di Salamina (Haereses, LXIV) ed in Fozio I di Costantinopoli (Bibliotheca Cod. 118).

Origene ad Alessandria (185-232)

Nacque probabilmente ad Alessandria d'Egitto nel 185 da genitori cristiani di lingua greca. Origene era appena un diciassettenne quando, nel 202, la persecuzione di Settimio Severo si abbatté sulla Chiesa di Alessandria. Quando suo padre, Leonida, fu gettato in prigione, Origene avrebbe voluto condividere il suo destino, ma non fu in grado di farlo, poiché sua madre gli aveva nascosto gli abiti, pertanto riuscì solamente a scrivere una lettera ardente ed entusiastica a suo padre, con la quale lo esortava a perseverare coraggiosamente nella sua scelta. Quando Leonida patì il martirio e le sue fortune vennero confiscate dalle autorità imperiali, il ragazzo lavorò duramente per sostenere sua madre ed i suoi sei fratelli più giovani. Riuscì ad adempiere a questo gravoso compito diventando insegnante, vendendo i suoi manoscritti, e grazie al generoso aiuto di una ricca signora che ammirava il suo talento. Poco tempo dopo, alla fuga di Clemente in Cappadocia, assunse, di comune accordo con lui, la direzione della scuola catechetica, e l'anno seguente fu confermato nel suo ufficio dal patriarca Demetrio (Eusebio, Historia ecclesiastica, VI, II; Girolamo, De viris illustribus, LIV). La scuola di Origene, che era frequentata anche da pagani, presto divenne un asilo per neofiti, confessori e martiri. Tra questi ultimi: Basilide, Potamiena, Plutarco, Sereno, Eraclide, Erone, un altro Sereno, ed una catecumena, Herais (Eusebio, Hist. eccl., VI, IV). Origene li accompagnò al martirio incoraggiandoli con le sue esortazioni. Nonostante avesse iniziato ad insegnare ad un'età così giovane, riconobbe la necessità di completare la sua istruzione. Frequentando le scuole filosofiche, specialmente quella di Ammonio Sacca, che fu anche maestro di Plotino, si dedicò allo studio dei filosofi, in particolare di Platone e degli Stoici. In questo non faceva altro che seguire le orme dei suoi predecessori Panteno e Clemente, e di Eraclio, che gli sarebbe succeduto. In seguito, quando quest'ultimo mise a disposizione della scuola catechetica le sue opere, imparò l'ebraico, e si mise in contatto con alcuni ebrei che lo aiutarono a risolvere alcuni suoi dubbi. Verso il 210 il suo estremo rigore ascetico, spinto dalla lettura di un passo di Matteo, «e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi da se stessi, per il regno dei cieli» (19,12), lo portò ad autoevirarsi. Secondo alcuni autori, per questa automutilazione il vescovo Demetrio non lo volle mai ordinare sacerdote[1].

Il corso dei suoi lavori ad Alessandria fu interrotto da cinque viaggi. Intorno al 213, sotto Papa Zefirino e l'imperatore Caracalla, desiderò vedere "l'antichissima Chiesa di Roma", ma non vi rimase a lungo (Eusebio, Storia ecclesiastica, VI, XIV). Poco dopo fu invitato dal governatore d'Arabia, che era desideroso di incontrarlo (VI, XIX). Fu probabilmente nel 215 o 216, quando la persecuzione di Caracalla imperversava in Egitto, che visitò la Palestina, dove Teoctisto di Cesarea ed Alessandro di Gerusalemme, lo invitarono a predicare nonostante fosse ancora un laico. Verso il 218 l'imperatrice Mammea, madre di Alessandro Severo lo portò ad Antiochia (VI, XXI). Finalmente, molto più tardi, sotto Ponziano di Roma e Zebino di Antiochia (Eusebio, VI, XXIII), si recò in Grecia. Al suo passaggio a Cesarea, Teoctisto[2], vescovo di quella città, assistito da Alessandro, vescovo di Gerusalemme, lo consacrò sacerdote. Demetrio, nonostante avesse fornito Origene di lettere di accredito, fu offeso moltissimo da questa ordinazione che aveva avuto luogo senza che ne fosse a conoscenza e, come pensava, in deroga ai suoi privilegi. Se si deve dar retta ad Eusebio (VI, VIII), quest'ultimo era invidioso della crescente influenza del suo catechista. Al suo ritorno ad Alessandria, Origene percepì presto l'ostilità del suo vescovo, intuì la bufera che si stava addensando e lasciò l'Egitto (231). I dettagli di questa vicenda furono riportati da Eusebio nel secondo libro perduto dell' Apologia per Origene; secondo Fozio che aveva letto l'opera, furono convocati ad Alessandria due concili, il primo di questi esiliò Origene, mentre l'altro lo depose dal sacerdozio (Bibliotheca Cod. 118). Girolamo, comunque, affermava espressamente che non fu condannato per alcun punto della sua dottrina.

Origene si rifugia a Cesarea (232-254)

Espulso da Alessandria, Origene fissò la sua dimora a Cesarea in Palestina (232), dove, insieme al suo protettore ed amico Teoctisto, fondò una nuova scuola, e ricominciò il suo Commentario su San Giovanni dal punto in cui era stato interrotto. Presto fu nuovamente circondato di discepoli. Il più famoso di questi fu, sicuramente, Gregorio Taumaturgo, che, insieme a suo fratello Apollodoro, seguì i corsi di Origene per cinque anni. Durante la persecuzione di Massimino il Trace (235-237), Origene si recò presso il suo amico Firmiliano, vescovo di Cesarea in Cappadocia, che lo trattenne per un lungo periodo. In questa occasione, fu ospitato da una signora cristiana chiamata Giuliana, che aveva ereditato gli scritti di Simmaco l'Ebionita, un traduttore dell'Antico Testamento (Palladio, Hist. Laus., 147). Gli anni successivi furono dedicati quasi ininterrottamente alla composizione dei "Commentari". Eusebio fa menzione solamente di alcune escursioni sui luoghi santi, di un viaggio ad Atene (Eusebio, VI il XXXII), e di due viaggi in Arabia, uno dei quali (244) fu intrapreso per la conversione di Berillo di Bostra, un patripassiano (Eusebio, VI, XXXIII; Girolamo, De viris illustribus, LX), l'altro per confutare certi eretici che negavano la Risurrezione (Eusebio, Storia ecclesiastica, VI, XXXVII). L'età non ne diminuì le attività: quando scrisse il Contra Celsum ed il "Commentario su San Matteo" aveva 60 anni. La persecuzione di Decio (250) gli impedì dal continuare questi lavori. Origene fu imprigionato e barbaramente torturato, ma il suo coraggio non venne meno nella sua prigionia, da dove scrisse lettere che trasmettono lo spirito dei martiri (Eusebio, Historia ecclesiastica, VI, XXXIX). Alla morte di Decio (251), Origene era ancora vivo, ma non gli sopravvisse per molto. Morì, probabilmente, per le sofferenze patite durante la persecuzione nel 253 o nel 254, all'età di 69 anni (Eusebio, Historia ecclesiastica, VII, I). Passò i suoi ultimi giorni a Tiro, sebbene la ragione per cui si ritirò là è ignota. Fu sepolto con tutti gli onori come confessore della Fede. Per molto tempo il suo sepolcro, dietro l'altare maggiore della cattedrale di Tiro fu meta di pellegrinaggio. Oggi, poiché della cattedrale restano solo un cumulo di rovine, l'ubicazione esatta della sua tomba è ignota.