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Dal libro 12 della TRINITA'

L’uomo esteriore e l’uomo interiore

1. 1. Vediamo ora dove si trovi ciò che è come il confine tra l’uomo esteriore e l’uomo interiore. Perché tutto ciò che nella nostra anima ci è comune con gli animali si dice, e a ragione, che appartiene ancora all’uomo esteriore. Infatti non solo il corpo costituisce l’uomo esteriore, ma va aggiunta questa specie di vita che dà vigore all’organismo corporeo e a tutti i sensi dei quali è dotato per sentire i corpi esterni; le immagini di questi corpi sentiti, fissate nella memoria e rappresentate con il ricordo, appartengono ancora all’uomo esteriore. In tutto questo non ci differenziamo dagli animali se non perché, per la conformazione del nostro corpo, non siamo proni ma eretti 1. Questo privilegio, secondo l’intenzione di Colui che ci ha creato, ci ammonisce di non essere con la nostra parte migliore, cioè con l’anima, simili agli animali, dai quali ci distingue la statura eretta. Non che noi dobbiamo fissare l’anima sui corpi che sono in alto, perché, cercare il riposo della volontà in tali cose, sarebbe ancora trascinare verso il basso l’anima. Ma come il nostro corpo, per natura, è eretto verso quelli che tra i corpi sono i più elevati, cioè verso i corpi celesti, così la nostra anima, che è sostanza spirituale, ha da volgersi verso quelle che sono le più elevate tra le realtà spirituali; non con un’esaltazione orgogliosa, ma con un pio amore della giustizia.

La conoscenza delle verità eterne

2. 2. Anche gli animali possono percepire, per mezzo dei sensi corporei, i corpi esteriori, ricordandosene dopo che si sono fissati nella memoria; desiderare, fra essi, quelli che sono utili, fuggire quelli che sono nocivi. Ma non possono invece fissare su di essi l’attenzione; ritenere, oltre ai ricordi spontaneamente captati dalla memoria, quelli che ad essa si affidano intenzionalmente; imprimerveli di nuovo, quando stanno già per cadere in dimenticanza, ricordandoli e pensandoli in modo che, come il pensiero si forma a partire dal contenuto della memoria, così lo stesso contenuto della memoria sia consolidato dal pensiero; costruire visioni immaginarie raccogliendo e, per così dire, ricucendo questi e quei ricordi presi di qui e di là; vedere come, in questo genere di cose, il verosimile si distingue dal vero, non nell’ordine spirituale, ma perfino nell’ordine materiale; tutti questi fenomeni, ed altri di tal genere, sebbene si svolgano e si trovino nell’ordine sensibile e nell’ordine delle conoscenze che l’anima ha attinto per mezzo dei sensi corporei, tuttavia non sono estranei alla ragione, né sono un qualcosa di comune agli uomini ed agli animali. Ma è compito della ragione superiore il giudicare di queste cose corporee, secondo le leggi incorporee ed eterne. Se queste non fossero al di sopra dello spirito umano, certamente non sarebbero immutabili; ma se esse non avessero alcun legame con quella parte di noi stessi che è loro sottomessa, non potremmo, in base ad esse, giudicare delle realtà corporee 2. Ora noi giudichiamo delle realtà corporee secondo la legge delle dimensioni e delle figure, legge di cui il nostro spirito conosce la persistenza immutabile.