00 24/04/2011 20:08

La teoria dell’evoluzione

La teoria dell’evoluzione  sembrava contraddire il principio della creazione.
Una prima apertura fu quella di Pio XII con l’Enciclica “Humani generis” del 1950: il prossimo 12 agosto compie 70 anni.
Giovanni Paolo II afferma che “la creazione si pone nella luce dell’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una ‘creatio continua’ - in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del Cielo e della terra”. Papa Francesco sottolinea che “quando leggiamo nella Genesi il racconto della Creazione rischiamo di immaginare che Dio sia stato un mago, con tanto di bacchetta magica nel fare tutte le cose. Ma non è così.
Egli ha creato gli esseri e li ha lasciati sviluppare secondo le leggi interne che Lui ha dato ad ognuno, perché si sviluppassero, perché arrivassero alla propria pienezza (…)
Il Big-Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige.
L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di Creazione, perché l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono”.

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  « Davanti alla questione fondamentale irrisolvibile dalla stessa teoria dell'evoluzione – se comandi l'insensatezza o il senso – la fede esprime la convinzione che il mondo nella sua interezza, come dice la Bibbia , venga fuori dal logos, cioè dal senso creatore, e rappresenti la forma contingente del suo proprio compimento [...] Il riconoscimento del mondo in divenire come autocompimento di un pensiero creatore racchiude il suo ricondurre alla creatività dello spirito, al Creator Spiritus. »
 
(Joseph Ratzinger, Fede nella creazione e teoria dell’evoluzione[1])

Sin dalla pubblicazione de L'origine delle specie di Charles Darwin nel 1859, le gerarchie della Chiesa cattolica hanno lentamente definito e rifinito la loro posizione sulla teoria dell'evoluzione evitando inizialmente di prendere una posizione ufficiale, contrariarmene a quanto fecero quelle delle chiese protestanti che, maggiormente legate ad una interpretazione letterale della Bibbia, immediatamente avversarono il pensiero darwiniano [2]. Fino ai primi anni del XX secolo, nel mondo cattolico si riscontrava una generale ostilità all'evoluzionismo, tuttavia in quel periodo la Chiesa non prese mai una posizione ufficiale sulla questione. Nel corso del XX secolo alcune alte gerarchie ecclesiastiche con pubbliche affermazioni e documenti ufficiali hanno affermato che la fede cattolica e l'evoluzionismo, in particolare riguardo all'origine dell'uomo, non sono in conflitto; diversi papi si sono esplicitamente espressi favorevolmente riguardo alla conciliabilità dell'evoluzionismo con la fede cattolica. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, la teologia cattolica, confrontandosi con la teoria dell'evoluzione, ha fatto importanti progressi ed ha definito alcune fondamentali questioni di fede relative all'origine dell'uomo, all'azione di Dio nel mondo ed alla dottrina sul peccato originale.

Indice

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[modifica] Il pensiero cattolico di fronte all'evoluzionismo: 1859 - 1900

[modifica] Il problema storiografico

Un'analisi sintetica dei rapporti tra la teoria dell'evoluzione e la religione cattolica, e della posizione della Chiesa di Roma su questo tema, nei primi decenni di diffusione delle teorie di Charles Darwin, esposte per la prima volta ne L'origine delle specie (1859), risulta essere pressoché impossibile. All'incirca fino alla prima metà del ventesimo secolo, la tendenza prevalente era quella di inquadrare i rapporti storici tra scienza e religione in uno schema molto semplice: il perpetuo conflitto tra la ragione scientifica ed il dogma religioso[3]. Negli ultimi decenni del ventesimo secolo invece questo quadro è stato completamente superato[4]. La storiografia più moderna tende ormai ad allinearsi alla cosiddetta "tesi della complessità", esposta esplicitamente per la prima volta dallo storico della scienza John Hedley Brooke nel suo libro Science and Religion: Some Historical Perspectives (1991). Scrive Brooke[5]:

(EN)
« Serious scolarship in the history of science has revealed so extraordinarily rich and complex a relationship between science and religion in the past that general theses are difficult to sustain. The real lesson turns out to be the complexity. »
(IT)
« Studi rigorosi sulla storia della scienza hanno rivelato dei rapporti tra scienza e religione nel passato così straordinariamente ricchi e complessi, che risulta difficile sostenere delle tesi generali. L'unica lezione risulta essere la complessità »
 

I rapporti tra scienza e religione sono quindi stati, storicamente, una realtà molto varia e complessa, che non può essere ridotta ad alcuno schema semplice; la storiografia si trova quindi costretta a trattare in maniera organica questa vasta realtà, ed è per questo che risulta difficile riuscire ad esporre un'analisi concisa e sintetica.

Sulla cultura scientifica negli Stati pontifici nel XIX secolo, scrive Pietro Redondi[6]: «Si stabilirà così alla metà del secolo un saldo programma culturale. Esso sarà basato sulla possibilità di conciliare la scienza e la fede religiosa attraverso l'assunzione di alcune categorie dell'epistemologia positivistica, ossia alleando a una visione teistica lo sperimentalismo e la critica antimetafisica del causalismo avanzata dai positivisti. Scopo dichiarato e di grande importanza storica di questo programma culturale era l'affossamento delle idee materialistiche dell'illuminismo per rendere possibile una reale penetrazione della teologia cattolica nel pensiero moderno, ovvero il pensiero e la cultura della società industriale che stava nascendo e che riponeva un grande consenso nelle scienze positive. [...] Il problema della scienza nell'ultimo scorcio dello Stato pontificio non può perciò essere liquidato sbrigativamente in termini di semplice oscurantismo e merita un esame più approfondito».

Molti intellettuali cattolici si occuparono di evoluzionismo negli ultimi quattro decenni del XIX secolo, ovvero gli anni che videro la diffusione delle teorie di Darwin, e le loro variegate e multiformi posizioni sull'argomento devono essere trattate caso per caso. Ma per quanto riguarda specificamente la posizione della Santa Sede, si deve anche tener presente che i documenti del Sant'Uffizio e della Congregazione dell'Indice, riguardanti il dibattito sull'evoluzionismo, sono diventati accessibili solo nel 1998, quando gli archivi sono stati aperti agli studiosi. Prima di questa data, gli storici potevano essenzialmente basarsi sugli articoli de La Civiltà Cattolica (che al tempo si occupò molto della questione evoluzionista), su pochi altri articoli in altre riviste ed in certi casi su lettere private di intellettuali cattolici che si occuparono di evoluzione[7]. L'unico studio esistente basato sui nuovi documenti è il saggio Negotiating Darwin (2006) di Artigas, Glick e Martinez; prima del loro studio, e dal momento che non esisteva alcun pronunciamento ufficiale della Chiesa cattolica sull'evoluzionismo, gli storici (ad esempio Molari e O'Leary) ed i teologi cercavano di comprendere la posizione della Chiesa essenzialmente attraverso gli articoli de La Civiltà Cattolica; la redazione di questa rivista infatti lavorava, e tuttora lavora, a stretto contatto con la Segreteria di Stato Vaticana, che ne approva i testi; per questo motivo si riteneva che le posizioni sull'evoluzionismo espresse ne La Civiltà Cattolica, riflettessero fedelmente la posizione e le direttive della Santa Sede.

In realtà lo studio di Artigas, Glick e Martinez ha rivelato una situazione molto più complessa che non coincide con quanto si fosse fino a quel momento potuto dedurre dall'esame degli articoli ne La Civiltà Cattolica. In particolare si è scoperto che non è mai esistito alcun provvedimento del Sant'Uffizio verso l'evoluzionismo, contrariamente a quanto affermato invece più volte da La Civiltà Cattolica. Questo errore influenzò purtroppo molti testi di teologia dell'epoca ed anche autori più moderni; ad esempio, ancora nel 1953, Karl Rahner nel suo libro De Deo creante et elevante et de peccato originali attribuiva al Sant'Uffizio delle decisioni contro l'evoluzionismo, in realtà mai prese.

[modifica] Sintesi dei risultati dello studio dei documenti del Sant'Uffizio e della Congregazione dell'Indice

Il risultato fondamentale dello studio di Artigas, Glick e Martinez è stato quello di appurare che la Chiesa non solo non aveva, al tempo, una posizione ufficiale sull'evoluzionismo né prese mai provvedimenti contro questa teoria, ma che nel trattare tale questione non si atteneva neanche ad una politica predefinita[8]. Analizzando vari testi di teologia dell'epoca si è scoperto che la maggior parte dei teologi erano molto critici verso l'evoluzionismo, ma soltanto pochi di essi, in particolare Matthias Joseph Schebeen (1835 - 1888), ed i gesuiti Camillo Mazzella (1833 - 1900) e Giovanni Perrone (1794 - 1876) affermavano che la creazione immediata del corpo di Adamo dal fango della terra dovesse esser considerata dottrina cattolica.

C'è comunque da premettere che a quel tempo la Chiesa si sentiva, letteralmente, sotto assedio[9]. Dopo il 1861, anno dell'unità d'Italia, dello Stato Pontificio rimaneva soltanto la città di Roma difesa dai francesi di Napoleone III; il 20 settembre 1871 l'esercito italiano entrò nella città: il potere temporale dei papi era finito e si apriva un periodo di forti contrasti tra la Chiesa e lo Stato italiano. Dal mondo scientifico arrivavano inoltre dure critiche alla religione cattolica, descritta spesso come causa di ignoranza, arretratezza e freno del progresso. La teoria dell'evoluzione veniva ampiamente utilizzata, affermando l'inattendibilità e la falsità delle Sacre Scritture, per criticare i fondamenti della dottrina cattolica; le teorie di Darwin, che per spiegare l'evoluzione facevano appello soltanto a cause naturali e contingenti, permettevano di sostenere filosofie atee e materialiste. Il darwinismo nel mondo cattolico fu quindi accolto, inizialmente, con profonda ostilità e disprezzo[10]. Per i teologi Dio aveva sempre fatto parte dell'interpretazione scientifica del mondo; per la teologia naturale la scoperta dell'ordine del mondo che si otteneva dallo studio delle scienze naturali forniva la prova dell'esistenza di Dio e della sua azione provvidenziale. Le teorie di Darwin inferivano un duro colpo a questa concezione.

In questa situazione è facile comprendere l'esistenza, nel mondo cattolico, di un generale clima di sospetto o di opposizione nei confronti dell'evoluzionismo. Ma nonostante queste condizioni, la Chiesa non prese mai alcuna posizione sull'evoluzionismo, né decise in generale di prendere provvedimenti verso quegli intellettuali cattolici che accettavano le nuove teorie e ne sostenevano la conciliabilità con la dottrina cattolica. Questi ultimi certamente venivano molto criticati da La Civiltà Cattolica, ma, come spiegato nel paragrafo precedente, essa non rifletteva le posizioni della Santa Sede. La Civiltà Cattolica partecipò vivamente alla polemica contro l'evoluzione[11]; quando le teorie di Darwin cominciarono a diffondersi in Italia, essa intervenne con critiche e puntualizzazioni praticamente su ogni nuovo libro od episodio relativo al dibattito filosofico-teologico-scientifico sull'argomento.

Ma per quanto riguarda direttamente la Santa Sede, di fatto la Congregazione dell'Indice si occupò soltanto di tre casi di studiosi cattolici sostenitori dell'evoluzionismo: Raffaello Caverni, Dalmace Leroy e John Augustine Zahm. Tuttavia la Congregazione non si mosse mai di sua spontanea volontà, ma fu costretta ad agire in quanto aveva ricevuto delle denunce formali delle opere di questi autori. Ognuno di questi casi ha caratteristiche proprie e deve essere analizzato singolarmente, ma una caratteristica importante e comune a tutti e tre i casi la si è potuta trovare: una ragione importante che spingeva la Santa Sede ad evitare un pronunciamento ufficiale contro l'evoluzionismo era il timore di ritrovarsi con un nuovo caso Galilei. Si arrivò poi ad una condanna ufficiale solo nel caso di Caverni: tuttavia, affinché la condanna delle sole tesi di questo studioso non potesse essere interpretata come una condanna dell'evoluzionismo, la Congregazione decise di inserire il libro di Caverni nell'Indice dei libri proibiti senza esplicitarne, pubblicamente, le motivazioni. Per questo motivo la condanna di Caverni è stata completamente ignorata da tutti gli storici (ed anche, incredibilmente, da La Civiltà Cattolica) fino allo studio di Artigas, Glick e Martinez. A Leroy e Zahm invece ci si limitò soltanto a richiedere una ritrattazione, che poi, nel caso di Zahm, fu soltanto indiretta. Un altro studioso cattolico, George Mivart, importante biologo inglese che fu anche collaboratore di Darwin, è stato in passato citato molte volte per essere stato condannato dalla Congregazione dell'Indice[12]; ma in realtà il caso di Mivart non ebbe niente a che vedere con l'evoluzionismo, ma riguardava delle controversie prettamente dottrinali. Diversi altri autori cattolici, trattati separatamente nei successivi paragrafi, che accettarono le teorie evoluzioniste, non furono mai oggetto di indagine da parte della Santa Sede, benché alcuni di essi fossero stati comunque pesantemente criticati da La Civiltà Cattolica; due di essi, Geremia Bonomelli e John Cuthbert Hedley, ritrattarono spontaneamente le loro tesi sull'evoluzionismo, pur non essendo mai stato intrapreso alcun provvedimento ufficiale della Santa Sede contro di loro.

[modifica] Encicliche e concili

Nel 1860 il Concilio regionale di Colonia approvò un canone contenente la seguente formula[13]:

(LA)
« Primi parentes a Deo immediate conditi sunt. Itaque scripturae sacrae fideique plane adversantem illorum declaramus sententiam, qui asserere non verentur, spontanea naturae imperfectioris in perfectiorem continuo ultimoque humanam hanc immutatione hominem, si corpus quidem spectes, prodidisse. »
(IT)
« I primi progenitori sono stati creati immediatamente da Dio. Pertanto dichiariamo come contraria alla sacra scrittura e alla fede l'opinione di coloro che non temono di affermare che l'uomo, per ciò che concerne il suo corpo, è venuto ad essere attraverso una mutazione spontanea da una natura imperfetta ad una più perfetta e che, in un processo continuo, sia infine diventato umano. »
 

I canoni di questo concilio furono approvati, come di procedura, dalla Congregazione del Concilio a Roma. Ma Artigas, Glick e Martinez, citando lo Ius Decretalium di Franz Xaver Wernz, un'importante opera sul diritto canonico, fanno notare che le delibere di un concilio regionale non hanno mai valore dottrinale e che l'approvazione (recognitio) da parte della Santa Sede non conferisce ad esse maggiore autorità; l'approvazione da parte della Congregazione del Concilio è normale procedura per ogni concilio regionale e serve soltanto ad accertare che esso sia stato tenuto secondo le regole e che nelle sue delibere non ci sia niente da censurare. Artigas, Glick e Martinez spiegano che questo concilio è testimonianza del generale clima di ostilità verso l'evoluzionismo che al tempo caratterizzava il mondo cattolico, ma esso non costituisce affatto la prova di un pronunciamento ufficiale della Santa Sede contro l'evoluzionismo.

Nel settembre del 1863, in un congresso di studiosi cattolici tenutosi a Monaco e presieduto dal sacerdote, storico e teologo Ignaz von Döllinger (che in seguito divenne uno dei più illustri esponenti del vetero-cattolicesimo) si attaccò direttamente il Magistero della Chiesa Cattolica, affermando che esso costituisse un ostacolo al progresso delle scienze[14]. A queste tesi rispose nel 1864 Papa Pio IX condannando nel Sillabo le seguenti proposizioni: «I decreti della S. Sede e della Curia romana impediscono il libero progresso delle scienze»; «Il metodo ed i principi, con cui gli antichi dottori scolastici hanno sviluppato la teologia non sono adatti alle necessità dei nostri tempi e al progresso delle scienze».

Il Concilio Vaticano I (1869 - 1870) non affrontò la questione evoluzionistica, tuttavia in un relazione venne ricordata[15] «quella turpe dottrina che cerca gli inizi del genere umano da una scimmia irsuta e pone l'avvio del genere umano non nel paradiso ma nello sporco e turpe fango». Ma alla fine, nei documenti approvati, non c'era niente contro l'evoluzionismo, e ci si limitava soltanto a reiterare la condanna del materialismo e a riaffermare la fede in Dio creatore dell'anima e del corpo.

Il 18 novembre 1893 Papa Leone XIII emanò l'enciclica Providentissimus Deus che era interamente dedicata agli studi biblici ed esegetici. In questa enciclica si ribadivano prima di tutto l'inerranza delle sacre scritture e l'autorità del Magistero; ma essa fu tuttavia molto interessante ed importante per via del fatto che, in pratica, veniva accettato[16] il criterio esegetico proposto a suo tempo da Galileo Galilei nella sua famosa lettera a Cristina di Lorena del 1615. Il nome di Galilei non viene mai menzionato esplicitamente nell'enciclica, ma la sua influenza è evidente sia per le tesi che nell'enciclica vengono sostenute, sia per il fatto che Leone XIII utilizzò gli stessi passi di Sant'Agostino utilizzati da Galilei. Riguardo al rapporto tra l'esegesi biblica e le scienze naturali l'enciclica contiene un passo che coincide perfettamente con le tesi galileane:

  « Dicendo che la difesa della sacra Scrittura deve essere condotta strenuamente, non ne segue che si debbano ugualmente sostenere tutte le sentenze che i singoli padri e successivamente gli interpreti affermano nello spiegarla, in quanto essi, date le opinioni del tempo, nell'interpretare i passi in cui si tratta di cose fisiche non sempre forse giudicarono secondo la verità oggettiva, di modo che alcune interpretazioni allora proposte, ora sono meno accettabili. Occorre perciò distinguere diligentemente quali siano di fatto le interpretazioni che essi tramandarono come spettanti alle cose di fede o strettamente connesse con essa; quali poi siano state tramandate con unanime consenso, poiché infatti "nelle cose che non sono di necessità di fede fu lecito ai santi, come anche a noi, pensare in modo diverso", secondo la sentenza di san Tommaso. Il quale in altro luogo molto prudentemente avverte: "Mi sembra cosa più sicura riguardo alle opinioni comunemente ammesse dai filosofi e che non ripugnano alla nostra fede, non asserirle come dogma di fede, anche se introdotte talvolta sotto il nome dei filosofi, ma neppure negarle come contrarie alla fede, per dar occasione ai sapienti di questo mondo di disprezzare la dottrina della fede". Quantunque sia certamente compito dell'interprete dimostrare che le cose proposte come certe per mezzo di argomenti certi dagli studiosi di scienze naturali non contraddicono affatto le Scritture, se rettamente spiegate, non deve tuttavia sfuggire all'interprete questo fatto e cioè che talora avvenne che alcune cose date come certe furono poi poste in dubbio e quindi ripudiate. Che, se poi gli scrittori di scienze naturali, oltrepassati i confini della propria disciplina, invadessero con errate opinioni il campo della filosofia, l'interprete teologo domandi ai filosofi di confutarle. »
   

Nel caso di Dalmace Leroy[17], anche se poi si concluse con una richiesta di ritrattazione, durante la disamina del libro, alla Congregazione dell'Indice fu sottoposto un rapporto iniziale in cui, citando proprio la Providentissimus Deus, si affermava che le tesi di Leroy sull'evoluzionismo fossero accettabili per la fede cattolica e che esse non fossero in contrasto con la sacra scrittura.


[Modificato da Credente 04/07/2020 15:38]